Sembra assurdo, ma è così. Siamo circondati da scorie, e forse è un bene. Scorie? Bene? Certamente non sembrerebbe la “prima associazione logica” tra questi due termini, eppure è così. Probabilmente senza scorie questo testo non esisterebbe. Per le città rappresentano un fardello opprimente dovuto ai lasciti delle incongruenti e instabili economie e dei rapidi mutamenti sociali. Ma noi “fortunatamente” viviamo tra le scorie. Ad un osservatore attento, la città appare come un essere vivente, dotato di un suo metabolismo, che si nutre, si trasforma e produce scorie in un processo forte e inarrestabile, tanto da diventare una opprimente eredità. Le città producono scorie per incuria, per eccesso di sviluppo, per abbandono o per catastrofi naturali: depositate tra le pieghe e gli strati rappresentano momenti di discontinuità dello spazio e del tempo. Sono luoghi emblematici, inospitali e senza futuro che lentamente affollano lo spazio fino
a modificarne la percezione, sacche di memoria collettiva vissute con acritico distacco. Le scorie sono i nuovi archetipi della metamorfosi urbana. Testimonianza concreta di questa condizione è il caso Detroit, da motown a città fantasma: relitti urbani, carcasse di auto arrugginite, muri che cadono a pezzi e vegetazione al posto dell'intonaco. Sotto una coltre di oscurità e incuria si respira un senso di abbandono. Un deserto pericoloso di crolli, tetti e bordi discontinui, il relitto colossale della vecchia fabbrica Packard, edifici fatiscenti descrivono un paesaggio urbano in balia del tempo che ne cancella lentamente l'esistenza... Un racconto quasi apocalittico, in cui lo sguardo riconosce e fa propria un’immagine multiforme, nella quale coesistono segni usuali e non. Emerge un’idiosincrasia deprimente di una realtà instabile, dove i paesaggi urbani sono prigionieri di un destino sincopato, lacerato, indirizzato verso una completezza non finita e a volte disintegrata.
Una realtà spersonalizzata, una contraddizione di termini approdo ineluttabile di uno stato di parossismo. La parola scoria è inequivocabile: è immondizia, escremento cioè il rifiuto eliminato, la parte inutile che eccede dopo la selezione e che si passa al setaccio. Ci troviamo quotidianamente ingabbiati nelle scorie, negli scarti dei prodotti, nei linguaggi urbani avariati e privi di valore. Ogni cosa, ogni paesaggio che vediamo, può diventare sublimazione di scorie. Le scorie sfociano in un’indagine critica delle tracce, poiché ci restituiscono l’immagine di ciò che è dismesso e faticosamente eliminabile. Le individuiamo nei territori inquinati, aree industriali dismesse, interstizi, friche industrielle, drosscape, terrain vague. Questi paesaggi “contaminati” sono accomunati dal medesimo legame con la città, poiché generati da essa e al contempo ripudiati per la fine del loro ciclo vitale, per
COSTELLAZIONI . Scritture dell’architettura Collana ideata e diretta da Marco Navarra Comitato scientifico Eduard Bru (Barcellona) Davide Tommaso Ferrando (Torino/Madrid) Kurt W. Forster (New York) Mario Lupano (Venezia) Gian Luca Porcile (Genova) Li Xiangning (Shangai)
Nella stessa collana: 01. Giacomo Borella, Per un’architettura terrestre 02. Giovanni Corbellini, Lo spazio dicibile. Architettura e narrativa 03. Alessandro Rocca, Lo spazio smontabile
Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. Walter Benjamin
Ci sono libri che come lampi aprono un’improvvisa e urgente comprensione del presente e, nella conoscenza stessa, trovano immediatamente gli strumenti per trasformare il mondo. Questa condizione felice ritrova “il tempo della verità” laddove passato e presente perdono i loro confini. I libri della collana, liberi dalla forzature delle intenzioni, scoprono con naturalezza le ragioni di necessità per immaginare punti di vista differenti dalle vulgate dominanti. Le “Costellazioni” presentano scritti che affrontano nuove questioni attraversando trasversalmente discipline diverse. Si tratta di testi irriverenti e eretici che guardano al di là di codici disciplinari consolidati cercando in altri campi stimoli e procedure per ripensare gli strumenti dell’architettura. I libri della collana trasformano occasioni, episodi, cronache in idee che fanno dello spostamento dello sguardo un’affilata pratica critica. A partire dall’architettura, attraverso la qualità e l’espressività della scrittura, le “Costellazioni” esplorano questioni decisive della cultura contemporanea proponendo punti di vista inediti.
04 . COSTELLAZIONI ISBN 978-88-6242-243-7 Prima edizione italiana novembre 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Michael Jakob Edizione originale: Cette ville qui nous regarde, Editions B2, Parigi, 2015. Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’editore si augura che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione: Francesco Trovato, Martina Distefano Traduzione: Paolo Scotini Stampato in Pantone su carta Fedrigoni Woodstock Cipria nel mese di novembre 2017 presso lo Stabilimento Tipolitografico Priulla S.r.l. (Palermo) LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni
michael jakob
dall'alto della cittĂ dalla Promenade plantĂŠe allo High Line Park
prefazione di Alessandro Villari
Indice Prefazione di Alessandro Villari 5 Dalla Promenade plantée allo High Line Park 7 Incipit
27 La passeggiata della passeggiata della passeggiata...
13 Le tracce del passato o la città infrastrutturale
45 Scopie postmoderne, o uno sguardo sorprendente sulla città
125 camminando e mirando…
79 Paesaggio urbano? Architettura del paesaggio? 97 Atmosfere 115 Note
Dalla Promenade plantée allo High Line Park
Sulla Promenade plantée di Parigi e sullo High Line Park di Manhattan, universalmente celebrati, anche dall’industria globalizzata del turismo, è già stato detto tutto, eccetto forse l’essenziale, ovvero che questi dispositivi complessi sono generati dalla città stessa, che ci comunica in tal modo qualcosa di fondamentale. È per questa ragione che dobbiamo prestare la massima attenzione a ciò che è stato realizzato a New York e a Parigi tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, convinti che dietro a queste piattaforme – assieme ai temi del cammino e della deambulazione urbana, della flânerie e della deriva, della rovina e della ruggine, della trama verde e dello spettacolo – ci sia tutto un mondo da scoprire. Vorremmo situare queste due realtà urbane nel contesto dei campi concettuali della traccia, della passeggiata, dello sguardo, dell’architettura del paesaggio e dell’estetica dell’atmosfera. Ma prima di iniziare il nostro percorso intendiamo ripercorrere brevemente la genesi delle due “linee”. 5
Incipit
La Promenade plantée è il frammento di un vecchio sistema ferroviario, abbellito e ampliato (nella sua forma attuale) attraverso operazioni di estetizzazione urbana. Tale frammento faceva infatti parte della “Linea della Bastiglia” o “Linea V” che dal 1859 al 1969 univa la Gare de la Bastille e la parte est di Parigi con le rive della Marna, passando per il Bois de Vincennes. Creata sia per la richiesta dei pendolari di raggiungere rapidamente la capitale, sia per gli spostamenti, in senso inverso, dei parigini, in particolare con i cosiddetti trains de plaisir domenicali, questa linea dal tracciato relativamente breve (66,3 km al momento della sua lunghezza massima) conobbe per mezzo secolo una fase di crescita continua. A causa della concorrenza di altre linee ferroviarie e della linea 1 della metropolitana, entrò a partire dal 1937 in un lungo periodo di decadenza (come testimonia un progetto di pura e semplice soppressione, abbandonato solo per la resistenza degli utenti). La prima fase della Ligne de la Bastille iniziò con la concessione del 1853 – l’anno dell’arrivo nella 7
capitale del prefetto Haussmann – e si concretizzò con l’avvio dei lavori nel 1855, interrotti nel 1857 e ripresi nel 1858, per terminare con la solenne inaugurazione del 22 settembre 1859. La circolazione dell’ultimo treno a vapore, il 14 dicembre 1969, alle ore 0.50, segnò la fine di questo tragitto temporale che aveva avuto il proprio apice verso il 1900, con quasi 19 milioni di viaggiatori trasportati nell’arco di un solo anno. La costruzione della linea comportò, soprattutto al cuore della città squarciata dal sistema ferroviario, degli interventi complessi e di grande impatto visivo: appena dopo l’uscita dalla Gare de la Bastille fu realizzato un imponente viadotto di 1300 m (il viaduc de Paris o viaduc de la rue Daumesnil, attualmente: Viaduc des Arts), seguito da un terrapieno di circa 350 m. Alla Gare de Reuilly i binari ritornavano al livello cittadino per 600 m, per poi sfociare, prima di arrivare al Bois de Vincennes, in un lungo terrapieno. Extra muros il tracciato risultò sinuoso e ugualmente complesso, visto l’elevato numero di fermate che si volevano servire. Tale progetto ambizioso – la linea n° 956.000 della rete ferroviaria nazionale francese – si interruppe bruscamente nel 1969. Cominciò a questo punto un secondo periodo all’insegna della malinconia e della decadenza (distruzione o abbandono di stazioni e tratte, parziale integrazione in nuovi sistemi, come il RER A), ma anche della riflessione su possibili usi futuri degli elementi che erano rimasti. 8
Nel 1979, a soli dieci anni dalla chiusura della linea, l’APUR (Atelier parisien d’urbanisme) iniziò uno studio della questione. Esso condusse nel 1987 all’approvazione del progetto da parte del Consiglio di Parigi e nel 1995 alla conclusione dei lavori. Lo spettacolare risultato finale è composto da una serie di elementi distinti: una prima parte, sopraelevata, prende il nome di Viaduc des Arts. Il viadotto reinventato è formato, in basso, dalle antiche volte recuperate e, in alto, al livello della piattaforma, dalla “passeggiata alberata”. La “promenade” ha una struttura relativamente semplice, viste le dimensioni piuttosto strette della fascia a disposizione (nove metri di larghezza), che alterna tigli e giardini tematici (il più grande dei quali è il giardino Hector-Malot). Delle “porte vegetali” scandiscono la passeggiata e forniscono una cornice al percorso. Più avanti la passeggiata ritrova il livello della strada: una passerella (BZ/12) permette di scavalcare l’ampio spazio del giardino di Reuilly. Una volta oltrepassato il tunnel, lungo l’Allée Vivaldi il percorso prende la forma di un viale alberato. L’ultimo tratto, infine, offre la possibilità di continuare fino al Boulevard périphérique o di terminare il percorso allo Square Charles Péguy. Per quanto riguarda la High Line newyorkese, la sua preistoria coincide con la crisi iniziale della Ligne de la Bastille, ovvero con gli anni Trenta del XX secolo. Già a metà degli anni Venti la New York Central Railroad elaborò un primo progetto di una 9
camminando e mirando…
Oggetti complessi come la Promenade plantée di Parigi o lo High Line Park di Manhattan sono, ovviamente, impossibili da rappresentare. Generatrici di sguardi infiniti sul proprio tracciato e su quanto le circonda, queste due straordinarie piattaforme urbane riguardano una realtà ancor più ricca, cioè la metropoli. L’album fotografico nelle pagine seguenti va inteso come un invito alla passeggiata, immaginaria o reale, che va ad aggiungersi a quella ricostruita nel nostro saggio. 1. In alto: Treno della linea di Vincennes, verso il 1900 / In basso: IRT Ninth Avenue Line, New York, verso il 1896 2. In alto: “High Line Cowboy” presso la Tenth Avenue / In basso: Cantiere della High Line 3. In alto: La High Line passa attraverso la Chelsea Meatpacking Factory / In basso: La High Line presso il 463 della West Street (edificio del Bell Lab) 4. Harvey Wiley Corbett, City of the Future (1913) 5. Fritz Lang, Metropolis (1927) 6. Tratto abbandonato della Linea Bastille (Linea V) 7. La High Line in rovina 8. Un angolo ‘romantico’ della Promenade plantée 9. La High Line in rovina 10. Piattaforma della Promenade plantée (Boulevard Daumesnil) 11. La High Line crea la “sua” architettura 12. La Promenade plantée guarda la città 13. La Promenade plantée come linea direttrice 14. La Promenade plantée e il suo contesto 15. La High Line come nuova linea urbana 16. La Viewing Frame della High Line 125
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