Giacomo Modolo, Portrait’s from K’s diary

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GIACOMO MODOLO Portraits from K.’s diary


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GIACOMO MODOLO Portraits from K.’s diary a cura di Elisabetta Chiono

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PORTRAITS FROM K.’S DIARY Elisabetta Chiono Portraits from K.’s diary è una mostra inserita nel progetto Giovani Curatori di Areacreativa42 e raccoglie un inedito ciclo pittorico dell’artista Giacomo Modolo. Partendo dai racconti di una Karin bambina nei suoi primi anni di vita nell’ex Cecoslovacchia ed a quelli successivi degli anni ’70 in Italia, il giovane artista vicentino ha rielaborato ed interpretato “la vita di un altro”, ma al tempo stesso le esperienze di molti. Le circostanze narrate a Giacomo hanno come fulcro gli anni vicini alla Primavera di Praga del 1968, quando una Praga mitteleuropea e culturalmente attiva improvvisamente si trasforma in un Paese “sull’orlo della disperazione e della rassegnazione” (Jan Palach). Con l’invasione sovietica la famiglia di Karin, come molte altre, è costretta all’asilo politico in Italia. Di antichi fasti la piazza vestita grigia guardava la nuova sua vita: come ogni giorno la notte arrivava, frasi consuete sui muri di Praga. …

Son come falchi quei carri appostati; corron parole sui visi arrossati, corre il dolore bruciando ogni strada e lancia grida ogni muro di Praga.

Francesco Guccini, Primavera di Praga

La sua infanzia prosegue in un Paese molto diverso dalla realtà della Repubblica Ceca ed i ricordi di quegli anni riaffiorano a poco a poco nella memoria di donna adulta, sempre più vividi. Giacomo definisce questo progetto “un incontro del destino, una sinergia che ha agevolato il suo percorso artistico che si unisce ad uno reale di vita”. La centralità del vissuto dell’interlocutrice, però, non lo porta a rappresentare la sfera intima e personale così come raccontata, ma viene utilizzata come fonte di ispirazione e punto di partenza per lo sviluppo di un lavoro tematico di figure senza spazio, come proprio della produzione dell’artista, imperniata soprattutto sugli avvenimenti storici del ‘900. Giacomo unisce i racconti, le immagini fotografiche, i particolari scoperti durante il viaggio a Praga a circostanze immaginate, ricostruendo rappresentazioni universali di fatti, luoghi e persone che ci guardano dalla tela, accompagnandoci in un viaggio temporale. L’artista raggiunge l’obiettivo: il dialogo tra le raffigurazioni e l’osservatore. La pittura diventa non un’entità fine a se stessa, ma una presa di coscienza ed il progetto-mostra permette di giungere ad un’esperienza condivisa, lasciata alla libera sensibilità dello spettatore. Un’opera fra tutte, particolarmente importante per l’artista, La vittoria del/sul popolo nasce dalla visita a Praga e dalla ironica statua di David Cerny all’interno della Kavarna Lucerna dove San Venceslao, patrono della Città, viene rappresentato a cavalcioni su un cavallo rovesciato. Mariusz Szczygiel scrive “Al simbolo nazionale della Cechia è morto il cavallo”, ossia non c’è mai pace, non c’è un vinto o un vincitore, nel passato come ora e Giacomo ne esplicita il pensiero. Non solo in riferimento alla Repubblica Ceca, ma ai Paesi tutti. Nello stesso modo le bandiere “prive di Stato” presenti nelle opere sottintendono il ciclico ritorno della Storia, che continuamente si ripete nei propri errori, senza conceder tregua alcuna all’umanità. A completamento del progetto, sono stati inseriti nelle pagine del catalogo estratti dal romanzo che la scrittrice Ilaria Polastro sta portando a compimento ispirandosi agli appunti e racconti di Karin.

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PORTRAITS FROM K.’S DIARY Elisabetta Chiono Portraits form K.’s diary is an exhibition part of the Young Curators project of Areacreativa42 and comprehendes an unpublished series of paintings by Giacomo Modolo. Based on the memories of a young Karin in her early years in ex- Czechoslovakia and later on in the Seventies in Italy, the young artist from Vicenza has reworked and interpreted “someone else’s life”, but at the same time the experiences of many others. The stories Giacomo was told are centred in the years of Prague Spring of 1968, when a Mitteleuropean and culturally active Prague suddenly becomes a country “on the edge of desperation and resignation” (Jan Palach). With the soviet invasion Karin’s family, like many others, is forced to seek for political asylum in Italy. In its ancient luxury still dressed the square looked at his new life, grey. Night was drawing near, as every day, the walls of Prague did show usual words. …

The tanks are ready as hawks for catching preys the words are running on people’s faces sorrow is running and burning every street and every wall in Prague is launching cries.

Francesco Guccini, Praga Spring

A her childhood continues in a very different country compared to Czech Republic and the memories of those years slowly resurface in the mind of an adult woman, more and more vivid. Giacomo describes this project “a meeting of fate, a synergy that facilitated his artistic journey that joins a real life one”. The centrality of the past life of the interlocutor, however, doesn’t lead him to represent her intimate and personal sphere as it was narrated, but he used it as a source of inspiration, a starting point to develop a thematic work dominated by shapes without space, a characteristic of the artist previous production, particularly centred on the historical events of the ‘900. Giacomo links together stories, photographs and particulars discovered during his trip to Prague, with imagined circumstances, recreating universal representation of events, places and people that look at us from the canvas, leading us on a temporal journey. The artist achieves his goal: a dialogue between the representations and the observer. Painting doesn’t become an end-in-itself, but awareness, and the exhibition-project allows for a sharing experience left to the sensibility of each observer. A work above the others, particularly important for the artist, “Victory of/on people” takes inspiration from the visit of Prague and of the ironic statue of David Cerny inside the Kavarna Lucerna where St. Wenceslaus, patron of the City, has been represented riding an upside-down horse. Mariusz Szczygiel wrote: “The Czech Republic national symbol lost his horse”, meaning that there is never peace, there is no winner nor loser, in the past as well as in the present and Giacomo clearly represent this thought. Not only referring to Czech republic but to all the Countries. In the same way the “countryless” flags represented in the works underline the historical cicles of history, which continuously repeats its own mistakes without granting a truce to humanity. To complete the project, several extracts from the novel that the writer Ilaria Polastro is completing taking inspiration from Karin’s notes and memories have been included in the catalogue. 6

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Forse in quei personaggi che dipinge in qualche modo si riconosce. Loro stanno lì. Uomini, ma soprattutto figure femminili e infantili che sventolano bandiere, con lo sguardo fisso su di te. Fieri e vittoriosi, ma allo stesso tempo intrappolati negli strati di colore e insicuri del proprio status, tesi tra il passato e il presente, tra la figura e l’astrazione. Vivono perché animati dall’energia di chi li crea, carica di entusiasmo per i soggetti storici e in particolare per il Novecento, con le sue ideologie, le contraddizioni e i crolli di sistema. Carica di fascino per le figure sbiadite nelle fotografie d’epoca e per vecchi ricordi raccontati. Ma l’energia vitale trae origine anche dalla condizione di insicurezza e debolezza che porta l’artista al continuo interrogarsi e mettersi in discussione, verso lo scenario di una guerra quotidiana vissuta, nella solitudine dell’atelier e in compagnia dello stereo acceso, come un intenso confronto-scontro con l’esperienza personale passata, con il proprio spazio vitale, con i maestri della pittura realista di tutti i tempi. Ed è in questo caos che si riconosce il senso della pittura: quando l’elemento imprevisto ottiene la meglio sul piano prestabilito significa incontrare se stessi, scoprire un nuovo linguaggio per esprimersi, compiere quello che per l’artista è l’atto “rivoluzionario” che lo tiene in vita. La rivoluzione sta proprio qui, nel costruire e animare attraverso una ricerca estetica capace di porre ciò che è forma sopra ciò che si definisce retorica, concettualismo o giudizio etico. Così tanto da risultare ai limiti dell’ambiguità. Perché tutto può crollare se si lotta in nome della composizione, dei colori e della pittura: nulla rimane. Qualche volta una bandiera. Silvia Maria Carolo

Perhaps he recognises himself in the characters he paints. They remain there. Men but most of all female and juvenile figures waving flags, their eyes fixed on you. Proud and victorious but at the same time trapped within the layers of colour and unsure of their status, between past and present, figure and abstraction. They live thanks to the energy that creates them, full of enthusiasm for historical subjects especially those of the ‘900, with its ideologies, contradictions and social crisis. Full of charm for the faded figures of old photographs and for old memories told once again. However, the vital energy originates also from this condition of uncertainty and weakness that leads the artist to continuously question himself, towards a scenario dominated by the war fought daily in the isolation of a studio, with a stereo as the only company, as an intense comparison and confrontation with his past personal experience, with his own vital space, with the masters of realist painting of all times. And it’s in this chaos that one recognises the meaning of painting: when the unforeseen element wins over the plan one can finally find himself, discovering a new language to express himself, accomplishing what for each artist is the“revolutionary”act that keeps him alive. The revolution lies precisely in creating and animating objects through an aesthetic research able to place forms over rhetoric, conceptualism and ethic. At the point of being almost ambiguous. Because everything can crumble if one fights in the name of the composition, the colours and painting: nothing lasts. Sometimes only a flag. Silvia Maria Carolo

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Ho scritto una lunga serie di appunti ripensando alla mia infanzia, che sono confluiti da un parte in un racconto ancora inedito e dall’altra in questo ciclo di dipinti e disegni di Giacomo Modolo. Niente di particolare, parti di una storia come tante altre, la particolarità se c’è è quella di non prendersi troppo sul serio, ma forse è il modo per riuscire a raccontare cose che non sono importanti se non per chi le vive. La malinconia che le accompagna e il distacco sono gli elementi centrali che Giacomo ha colto immediatamente. La struttura del lavoro pittorico, la forza degli sguardi, il gioco dei gesti e le costruzioni spaziali, raccontano un passato descritto attraverso figure umane. Sono le figure che emergono dai miei ricordi. Mai in tanti anni mi era capitato di incontrare una intesa come quella con Giacomo: l’intesa di chi registra, si accosta ed elabora in modo autonomo senza condizionamenti, senza paure. Il suo lavoro non giudica il mio, lo prende così com’è e ne esce semplice, crudo. Brevi immagini che capisce chi capisce il silenzio. Giacomo si interroga, non ha tempo, versa sulla sua tela e sulla carta le immagini che si è fatto. E’giusto così. La vibrazione dei suoi lavori sta nell’intelligenza di capire quanto soffermarsi… e non farsi prendere dal desiderio di spiegare e di dare per forza colore. È una storia legata agli anni della Primavera di Praga, ad un Italia di benessere, fatta di immagini e capitoli slegati che non chiudono il racconto. E’ qualcosa che mi sono portata dentro cercando una scusa nascosta per indagare su me stessa. L’indagine è ora condivisa e lasciata a giovani di un’altra generazione che ne fanno una mostra e un romanzo: l’artista, Giacomo Modolo, la scrittrice Ilaria Polastro, e le giovani curatrici Silvia Maria Carolo ed Elisabetta Chiono. Karin Reisovà I have written many notes thinking about my youth that in part became a yet unpublished book and in part a cycle of paintings and drawings by Giacomo Modolo. Nothing big, just fragments of a story like many others, with the particularity, if one wants to find one, of not taking myself too seriously. It is however a way to tell stories that are not so important for anyone in particular, apart from who lived them.Their melancholy and aloofness are the central elements that Giacomo immediately picked. The structure of the pictorial work, the power of the looks, the game of gestures and the spatial constructions tell a past described through human figures. Figures that emerge from my memories. Never in so many years I came to find such an intellectual understanding like the one with Giacomo: the understanding of someone who records, understands and autonomously records, free from prejudices and fears. His work never judges mine, it takes it as it is and the result is simple, raw. Brief images understood by those who value silence. Giacomo questions himself. He’s short of time, he pours the images on canvas and on paper. It’s right, though. The vibration of his works lies in the understanding of how long one should linger... and not trying to question and find a colourful meaning. It’s a story directly linked to the years of Prague Spring, of a wealthy Italy, made of images and chapters completely unrelated that don’t conclude the story. It’s something I kept inside, looking for a hidden reason for investigating myself. The search is now shared and left to youngsters of a different generation that created an exhibition and a novel: the artist Giacomo Modolo, the writer Ilaria Polastro, and the young curators Silvia Maria Carolo and Elisabetta Chiono. Karin Reisovà

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OVUNQUE, DA NESSUNA PARTE Ilaria Polastro Fuori l’aria era sempre frizzante, qualunque fosse la stagione. E se non era quella a mordermi le gambe nude dal ginocchio alle caviglie, la calzamaglia lo faceva al posto suo. Ho sempre avuto l’impressione che a Karlovy Vary non si facesse altro che passeggiare. Nessuno aveva fretta. Il tempo gocciolava piano, dilatato, tra un passo e l’altro. Le fontane del centro stillavano l’acqua termale allo stesso modo. Allora credevo che la gente ne ereditasse la lentezza sorseggiandola dal beccuccio dei boccali di porcellana. Per questo evitavo di bere, per non diventare come loro, per non ammalarmi di lentezza. * L’impatto con l’autunno precoce di Cheb fu durissimo. Come quello delle foglie secche che il vento scagliava contro le facciate segnate dalla guerra. Superati gli edifici nuovi della periferia infatti si incontravano quelli dissestati del centro storico. Antichi, tutti stretti intorno a una grande piazza, con i tetti molto spioventi che lasciavano intuire un inverno rigido. * Poi l’inverno arrivò davvero. La neve restituì a Cheb l’armonia perduta e per un po’ sembrò che non ci fosse mai stata nessuna guerra. Centro e periferia si strinsero nella stessa coperta bianca e una slitta sostituì il triciclo che era scomparso improvvisamente dalla mia vita insieme a Karlovy Vary. * Il resto della notte lo passammo ad aspettare il giorno e appena fu luce ci recammo al negozio. Era una luce calda, il sole beffardo veniva fuori promettendo una bella giornata, mentre l’ombra di una guerra si allungava sulla fila di quelli che come noi aspettavano il turno davanti alla drogheria. Nelle borse di rete finivano qualche pomodoro e un po’ di lattuga, poi le mani si fermavano perché il buono dello stato imponeva il limite, mentre avrebbero voluto prendere ancora, nel terrore di una dispensa vuota per chissà quanto tempo. * Tre giorni dopo il discorso della radio eravamo a Praga. Gli insetti corazzati avevano fatto il nido nelle piazze e lì si moltiplicavano a vista d’occhio. Da vicino erano ancora più spaventosi e ostili. Il loro passaggio aveva lasciato il segno nelle strade: qua e là si alzavano cumuli di macerie e divampavano incendi. Le vetture militari scorrazzavano per la città cariche di soldati armati. Questi erano ovunque, seduti sui muretti, in piedi, e tutti scrutavano, come il falco studia la lepre. * Non era la prima volta che andavamo a trovare la bisnonna Hana. E ancora non sapevo che sarebbe stata l’ultima. Aveva un carattere spigoloso quanto il suo corpo magro. Le linee del volto sembravano tracciate da un disegnatore arrabbiato. Non nutrivo alcuna simpatia nei suoi confronti, e del resto nemmeno lei riusciva a dissimulare il fastidio che le procuravano le nostre visite. Bussammo trafelati alla porta del suo appartamento nel quartiere di Karlin. Avevamo fatto le scale di corsa senza che ce ne fosse bisogno, tanto forte era il desiderio di allontanarci dal ribollire della città. Ci accolse bruscamente e un momento dopo fumava già nervosa il bocchino. La fotografia appesa nel corridoio sarebbe bastata ad allarmare chiunque: ritraeva la bisnonna mentre imbracciava con aria intimidatoria un fucile da caccia. 13

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In stazione la calca toglieva il fiato. La gente sgomitava e gridava cose. Nessuno arrivava, tutti partivano. L’aria sapeva di fuliggine e sudore. In carrozza la nonna si sedette composta come al solito.Teneva la borsetta stretta in grembo quasi temesse che gliela portassero via. Dentro c’erano i nostri passaporti verdi che, a parte le tre valigie, erano tutto ciò che avevamo. * Forse il nome lo doveva alla lunga fila irta di gaggìe che lo isolava da una parte, forse al campanile che spuntava dai tetti come una lunga spina. Il borgo, sistemato nella pianura canavese, si chiamava Spineto. Le valigie strisciarono per una strada sterrata, alzando una gran nuvola di polvere. Ero stanca e i piedi facevano male. L’odore forte del letame e quello del fieno appena tagliato nei campi pizzicavano le narici e i cani abbaiavano rabbiosi al nostro passaggio di estranei. Non avevo mai visto un cielo così terso né avevo mai sentito un sole così caldo bruciare la pelle, nonostante fosse già settembre. Le case erano malandate e non si capiva dove finiva una e iniziava l’altra. Tutte avevano i gerani sui davanzali e una rosa che cresceva lungo il muro. Qualche volta facevano posto a un cortile affollato di donne di ogni età che chiocciavano raccolte. * Entrare nell’ufficio stranieri della questura di Torino significava imbattersi nella faccia ostile del funzionario di turno. Estraeva i documenti, dei fogli a protocollo ingialliti, dalle cartelline di cartone su cui campeggiava la scritta “KRUMPHANSL ARNOST, KRUMPHANSLOVA SCHUSTER ELDA”. Se li rigirava tra le mani, scuotendo la testa: c’era sempre qualcosa che non andava, per un motivo o per l’altro. Allora ci indirizzava sguardi carichi di fastidio che attribuivano a noi tutta la colpa e dicevano che sarebbe stato molto meglio se ce ne fossimo rimasti a casa nostra. * Nella fotografia c’è il ponte. E il fiume Teplá che manda bagliori rossastri oltre la balaustra. Poi ci sono le gambe stecchite, proprio in centro, fasciate nella prima calzamaglia della mia vita. Sbucano da sotto una giacca di pelle nera, rigida come un’armatura, troppo larga sulle spalle, troppo lunga nelle maniche. Le braccia, scostate dal corpo, sembrano ali pronte al volo.

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EVERYWHERE, NOWHERE By Ilaria Polastro The air outside was always crisp, no matter the season. And if it wasn’t that biting my legs, nude from knees to ankles, the tights did instead. I’ve always had the impression that in Karlovy Vary all people did was strolling. No one was in a hurry. Time was dripping slowly, dilated, between a step and the other. The fountains of the centre sprayed water in the same way. I then believed that people inherited the slowness by sipping it from its porcelain spouts. This is why I avoided drinking, not to become like them, not to get sick of slowness. * The impact with the early autumn of Cheb was hard. Like the one of the dry leaves thrown by the wind against the building facades bearing the sign of the war. Past the new buildings of the suburbs one would indeed meet those ruined of the city centre. Old, tight around a large square, with the gables roofs that suggesting rigid winters. * Then winter came. The snow gave back Cheb its lost harmony and for a while it looked like no war passed there. Centre and suburbs were bound by the same white blanket and a sled took the place of the tricycle suddenly disappeared from my life together with Karlovy Vary. * We spent the rest of the night waiting for the day to come and as soon as light came we went to the shop. It was a warm light, the mocking sun came out promising a fine day, while the shadow of the war lengthened on those in line in front of the grocery. Some tomatoes and lettuce filled the net bags then the hands had to stop for the Government voucher enforced the limit, even if they truly wanted to take something more, fearing an empty pantry for who knows how long. * Three days after the radio announcement we where in Prague. The armoured bugs had nested in the squares, visibly multiplying themselves. Up close they were even more terrifying and hostile. Their passage left a mark on the streets: piles of rubbles and fires here and there. Military vehicles hopped through the city filled with armed soldiers. They were everywhere, sitting on the low walls, standing, and each one scanning, like a hawk studies the hare. * It wasn’t the first time we went visiting great grandmother Hana. And I didn’t know yet that it would have been the last. She had a sharp character, just like her thin body. The lines on her face looked like they had been traced by an angry designer. I had no sympathy for her, and neither did she dissimulate the nuisance procured by our visits. We knocked the door of her flat in Karlin neighbourhood, breathless. We ran up the stairs even if there was no need for it, so much we wanted to go away from the bubbling city. She roughly greeted us and a moment later she was already nervously smoking from her cigarette holder. The photograph hanging in the hallway would have been sufficient to alert anyone: it pictured an intimidating great grandmother cradling a hunting rifle.

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At the station the crowd was breath taking. People elbowing and screaming things. No one arriving, everyone leaving. The air smelled of soot and sweat. The grandmother sat in the carriage, politely as usual. She kept her handbag close, like she feared someone would take it from her. Inside there were our green passports that, excluding our three bags, were all we had. * Perhaps it owed its name to the long line bristling with acacias that isolated it from one side, perhaps to the bell tower rising from the roofs like a long thorn. The village, lying in the Canavese plan, was called Spineto. The bags crawled on a dirt road, raising a cloud of dust. I was tired and my feet hurt. The strong smell of manure and freshly cut hay of the fields itched the nose and dogs barked alerted by our passing. I had never seen a sky so clear nor felt such a warm sun burning my skin, even though it was already September. The buildings where shabby and one couldn’t guess where one finished and the other began. They all had geraniums on the windowsills and roses growing along the wall. Sometimes they made place for a yard crowded by women of every age, cackling. * Entering the foreign office of the police headquarter of Turin meant facing the hostile face of the officer on duty. He picked out documents, yellowed foolscap sheets from the paper folders showing the writing “KRUMPHANSL ARNOST, KRUMPHANSLOVA SCHUSTER ELDA”. He was twirling them in his hands, shaking his head: there was always something wrong, for a reason or another. His looks, full of annoyance, attributing us the entire fault, implying that it would have been better for us to remain where we came from. * There’s a bridge in the photograph. And the river Teplà sending red glares over the banister. Then there are the skinny legs, right in the middle, wrapped in the very first tights of my life. They emerge below a black leather jacket, stiff as an armour, too large on the shoulders, too long on the arms. Those arms, sticking out of the body, looks like wings ready to fly.

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OPERE

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Diffidenza 2015 100x80 cm acrilico su tela 18

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Italian Kid 2014 100x80 cm acrilico su tela 20

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In prospettiva Karlovy Vary 2015 130x100 cm acrilico su tela 17

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Quartiere 2015 100x100 cm acrilico su tela 22

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Young, bored and beauty 2014 100x100 cm tecnica mista su tela 24

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Working class hero Auf Wiedersehen 2015 130x100 cm tecnica mista su tela 21

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Al paese 2015 100x70 cm acrilico su tela 26

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Al paese 2015 25x25 cm olio su tavola 27

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Burocrate 2015 27,5x28 cm olio su tavola 28

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A boy 2015 31x27,5 cm olio su tavola 29

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Tra le cose 2015 80x100 cm tecnica mista su tela 30

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New home / new flag 2015 130x100 cm tecnica mista su tela 27

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Old friend 2015 120x100 cm acrilico su tela 32

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Kid 2014 50x35 cm tecnica mista su carta 34

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Paccotiglia 2014 100x70 cm tecnica mista su carta 33

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La vittoria del / sul popolo 2015 130x100 cm tecnica mista su tela 36

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Young soldier 2015 50x50 cm tecnica mista su tela 38

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Home 2015 130x100 cm tecnica mista su tela 37

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Biografia Giacomo Modolo, (1988) dopo il Liceo Artistico a Vicenza, consegue la laurea di primo livello in Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel febbraio 2011 e, presso la stessa istituzione, la laurea di secondo livello in Decorazione nel febbraio 2013. Da sempre grande appassionato del mondo underground, dal 2009 è componente della formazione rap/hardcore Superficie Ruvida con la quale ha prodotto tre album e numerose esperienze live nel territorio nazionale. Durante l’anno accademico 2011/2012 ha svolto attività di tutor presso il laboratorio di Calcografia del Prof. Alberto Ballettiall’ Accademia di Belle Arti di Venezia. Da novembre 2012 è parte del Collettivo La Qasba ed è impegnato nell’organizzazione di eventi artistico-espositivi. Collabora in qualità di artista con Areacreativa42 e dal 2013 le sue ope-re sono presenti a Casa Toesca, Rivarolo Canavese, Torino. Attualmente è docente di Cultura del territorio nel corso serale di indi-rizzo turistico alberghiero dell’Istituto San Gaetano di Vicenza.

Biography Giacomo Modolo (1988), after graduating at the Art School of Vicenza, obtained his bachelor degree in Graphic Arts at the Academy of Fine Arts in Venice onFebruary 2011 and, at the same institution, a postgraduate degree in Decoration on February 2013. Being a great lover of the underground world, since 2009 is part of a rap/hardcore group called Superficie Ruvida with whom he has released three studio albums and performed in several live shows across the country. During the academic year 2011/2012 he worked as a tutor at the laboratory of chalcography of Prof. Alberto Balletti at the Academy of Fine Arts in Venice. From November 2012 he is part of The Collective Qasba and is involved in the organization of exhibitions and artistic events. He works as an artist with Areacreativa42 and in 2013 his works were shown at Casa Toesca, in Rivarolo Canavese, Turin. He is currently Professor of Culture of the territory in the experimental course of tourism-hospitality industry at the Institute San Gaetano in Vicenza.

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Principali esposizioni / Main exhibitions

2015 2014

2013

2012

2011 2010 2009

Portraits from K. ‘s diary, mostra personale, Spazio Punto Ottico, Vicenza L’abito del male, Centro di cultura La Medusa, Este, Padova Bodies-Family Banker Office di Banca Mediolanum, Lonigo, Vicenza Parsing Properties Palazzo Pisani, Lonigo, Vicenza Ricostruzioni, Casa Toesca, Rivarolo Canavese, Torino, mostra personale Guerra e Pace, Polo B55, Vicenza Premio Carlo Bonatto Minella, Villa Vallero, Rivarolo Canavese, Torino Alètheia, Palazzo Pisani, Lonigo, Vicenza Schorndorf Kunstnacht, Kunstverein, Schorndorf, Germania Craft of Mind, Sanbapolis, Trento Al Quadrato, Palazzo Oddo, Albenga, Savona I Territori della mente, La Qasba/Bocciodromo, Vicenza ArtItaly, Domagk Ateliers, Monaco di Baviera, Germania Premio Art Caffè Letterario, Caffè Letterario, Roma Biennale del Disegno, Sofia, Bulgaria IntuAzioni, Galleria Fluida di Venezia 7° Premio Internazionale Biennale d’incisione Città di Monsummano Terme, Pistoia Il velo della sposa, Forte Marghera/padiglione 35, Mestre ... et noli contristari, Piccola Galleria U.C.A.I. Brescia Corpo EX/Posto, Accademia di Belle Arti di Venezia, Magazzini del Sale, Venezia Corpo EX/Posto, Accademia di Belle Arti di Sofia, Bulgaria Il figliol prodigo, Chiesetta di San Zenone, Piccola Galleria U.C.A.I, Brescia Nuovi orizzonti in laguna, Centro Culturale Borges, Buenos Aires, Argentina

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Catalogo realizzato in occasione della mostra Catalogue realised for the exhibition

GIACOMO MODOLO Portraits from K.’s diary a cura di / curated by Elisabetta Chiono 28 marzo - 29 aprile 2015 / 28 March - 29 April 2015 Organizzata da Areacreativa42 Associazione Culturale in collaborazione con Associazione Lumen (Vicenza). Organised by Areacreativa42 Cultural Association in collaboration with Lumen Association (Vicenza). Direzione artistica / Artistic direction Karin Reisovà Sede della mostra / Exhibition seat Spazio Punto Ottico Contrà Manin, 22 - Vicenza Grafica / Graphics Indaco Creativiteam Stampa / Printing Lizea Arte Edizioni Foto / Photography RGM Photography Traduzioni / Translations Davide Romano Si ringraziano Ilaria Polastro, SIlvia Maria Carolo e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del catalogo e all’organizzazione della mostra. Special thanks to Ilaria Polastro, SIlvia Maria Carolo and to all those who contributed to realise the catalogue and to organise the exhibition.

COMUNE DI VICENZA

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L’associazione culturale Areacreativa42 è nata nel 2008 ed ha sede a Casa Toesca, nel centro storico di Rivarolo Canavese (Torino). L’impegno è di promuovere e valorizzare l’arte storica e contemporanea, con attenzione alle nuove generazioni attraverso mostre, eventi, workshop, percorsi educativi e residenze d’artista. La dimora settecentesca di Casa Toesca si articola in più aree intorno ad un incantevole giardino e cinque sale espositive accolgono le mostre su due livelli della casa padronale. L’attività di Areacreativa42 si è consolidata nel tempo e all’estero, sino a giungere ad importanti collaborazioni con curatori, enti, ambasciate, istituti di cultura ed altre associazioni. Molte sono state le mostre e gli eventi organizzate in altre sedi ed in ultimo la III Edizione del Premio Carlo Bonatto Minella (ART PRIZE CBM 2015/2016) che si svolgerà a Rivarolo, Torino, Praga e Londra.

The Cultural Association Areacreativa42 was born in 2008 and it’s located at Casa Toesca, in the historic centre of Rivarolo Canavese (Turin).The purpose of Areacreativa42 is to promote and value historic and contemporary art, with a particular attention to new generations, by creating exhibitions, events, educational paths, workshops and artist residencies.The eighteen-century house Casa Toesca is composed of several areas around an enchanting garden and five showrooms over two floors in the main house.The activity of Areacreativa42 has been consolidated during the years, in Italy and abroad, with important collaborations with curators, embassies, artistic institutions and other cultural associations. From 2010, Areacreativa42 has organised the ART PRIZE CBM (Premio Biennale Carlo Bonatto Minella) that in its III Edition will be in Rivarolo,Turin, Prague and London.

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