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I n o r g a n i c Landscapes
VERONA 27/02 - 26/03 2016 Via Garibaldi 18/A - +39 045 597753
PIETRASANTA 23/04 - 22/05 2016 P.zza Duomo 22, Via Garibaldi 16 +39 0584 71799
Catalogo a cura di / Catalogue curated by Cristina Ghisolfi Testo di / Text by Andrea Lerda Traduzioni di / Translation by Joanne Roan Fotografie / Photos David Lindberg Direzione artistica / Art director Marco Ruffo Stampa / Print Lizea sas, Acqui Terme
Si ringrazia / Thanks to Elena Zuin
© Diritti riservati Lizea Arte Edizioni Via San Lazzaro, 16 - 15011 Acqui Terme (AL) e-mail: edizioni@lizea.com È vietato ristampare, riprodurre o utilizzare qualsiasi parte di questo libro in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo meccanico, digitale o di altra natura, ivi comprese le fotografie su pellicola e digitali, le fotocopie e la scannerizzazione senza il permesso scritto dell’autore.
ISBN: 9788896630594
a cura di / curated by
Andrea Lerda
Il tuo creato è informe: è l’informe Your creation is without form: it is the Formless di / by Andrea Lerda
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David Lindberg è un artista silenzioso, raccolto, con un animo tanto gentile quanto fragile, che racconta sottovoce il proprio lavoro e le proprie sensazioni. La sua arte è il frutto di un bisogno autentico di esprimere un mondo interiore, colmo di sensazioni spesso indecifrabili. Un mezzo indispensabile per raccontare il proprio modo di essere, che diventa percorso per sublimare emozioni e processo di genesi artistica. Il suo anno di nascita è il 1964, momento che si colloca a cavallo tra due decenni saturi di fermenti a livello artistico. Possiamo credere che probabilmente Lindberg abbia immagazzinato, in maniera certamente inconsapevole, tutta una serie di stimoli che nel frattempo si vanno accumulando all’interno della scena dell’arte americana di quel periodo e non solo. Gli anni Sessanta sono il momento in cui a Parigi Pierre Restany conia il termine Nouveau Rèalisme, in cui si afferma il New Dada, che in anticipo sulla Pop Art, mette al centro della scena l’oggetto di uso comune. Materiali presi in prestito dall’universo quotidiano allo scopo di creare relazioni impegnate con il reale, oltre quelli che sono i limiti dell’arte astratta. E’ il momento in cui si affermano, tra le altre, le ricerche minimaliste, ma anche anni di reazione al dominio delle “Strutture Primarie”, in favore di creazioni eccentriche realizzate con materiali spesso precari, fluidi, trasparenti: il periodo della Process Art e dell’Antiform. Probabilmente, a posteriori, il lavoro di Lindberg subirà, per sua stessa ammissione, proprio il fascino
David Lindberg is a silent, self-collected artist with a polite and fragile soul who speaks very quietly of his work and his sensations. His art is the product of an authentic need to express an inner world full of sensations which are often indecipherable. An essential way of talking about his way of being, which becomes a pathway to sublimation of emotions and a process of artistic genesis. He was born in 1964, astride two decades of great ferment in the world of art. We might imagine that Lindberg already, and certainly unconsciously, assimilated a series of stimuli which were accumulating on the American art scene and elsewhere at the time. The Sixties were the time when Pierre Restany coined the term Nouveau Rèalisme in Paris, including the New Dada, which, anticipating Pop Art, puts ordinary objects for everyday use in the center of the scene. Materials were borrowed from the everyday world to create a committed relationship to reality, going beyond the limitations of abstract art. This was the age of Minimalism, but also the time of reaction to the dominion of “Primary Structures”, in favour of eccentric creations often made out of precarious, fluid, transparent materials: the age of Process Art and Antiform. With hindsight, Lindberg’s work probably, by his own admission, was affected by the fascination and influx of the latter current. In 1985 the artist was studying architecture in New York, where he came into contact with the
e gli influssi di quest’ultima corrente. L’artista, nel 1985 sta studiando architettura a New York, dove viene a contatto con la teoria del Post-structuralism e le letture di scrittori come Deleuze, Foucault, Virilio e Guattari, dalle quali deriveranno numerosi atteggiamenti propri del suo modo di essere e di esprimersi a livello artistico. Dietro l’Antiform non ci sono significati né intenzioni progettuali, perché qualunque tipo di premeditazione dello sviluppo di un’opera ne altera il significato, cosicché il risultato del lavoro dell’artista, al quale non è richiesta alcuna abilità, è del tutto superfluo e inutile. L’Antiform non fa che rendere visibili le proprietà tautologiche dei materiali utilizzati, lasciati liberi di assumere l’andamento più naturale possibile, non costruito dall’azione dell’artista, acquistando in tal modo un’anti-forma, cioè una forma non forzata né stabilita a priori, per un’arte puramente visiva che non vuole suggerire nulla, non vuol essere né emotiva né allusiva e che la mente dell’osservatore analizza compiendo collegamenti propri. Fin da subito l’interesse di Lindberg è dunque rivolto al tentativo di presentare forme non premeditate e alternative alla normalità (chiamando in causa realtà che in maniera differente impersonano il non limite della condizione marginale, come ad esempio la malattia mentale). Come sostiene l’artista, “ci sono molti modelli di strutture base che costituiscono una persona. Un cromosoma extra (quel qualcosa in più), genera la Sindrome di Down, producendo qualità specifiche all’interno di un individuo”. Questo,
theory of Post-structuralism and read writers such as Deleuze, Foucault, Virilio and Guattari, who determined many of the attitudes characteristic of his way of being and of expressing himself artistically. Behind the Antiform there is no significance or intention of design, because any kind of premeditation of the development of a work of art alters its meaning, so that the result of the artist’s work, which requires no particular ability, is entirely superfluous and useless. Antiform merely makes visible the tautological properties of the materials employed, left free to taken on the most natural form possible, not built by the artist’s action, thus acquiring an anti-form, that is, a form which is not forced upon it or established a priori, for a form of art that is purely visual, not intended to suggest anything, not meant to be either emotional or allusive, which the mind of the observer analyses, making its own connections. Lindberg immediately demonstrated an interest in the attempt to present forms not premeditated, alternatives to normality (summoning forms of reality which, in a different way, impersonate the non-limit of marginal condition, such as mental illness). As he himself has said, “there are many models of basic structures constituting a person. An extra chromosome (that little something extra) causes Down’s Syndrome, producing specific qualities in an individual”. This perfectly represents Lindberg’s conviction that
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2005 | Something else | Epoxy resin, various materials, glass cloth, pigment | 83 x 40 x 19 cm
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ben rappresenta la convinzione di Lindberg che non esistono modelli più o meno comuni, solo una zona grigia di variazione continua. “Con questo in mente, spesso trovo nuove funzioni per gli oggetti di consumo, diverse da quelle indicate dal produttore o comprese dal pubblico. Tutto ciò che si può opporre a questa idea precostituita di normalità mi affascina e mi interessa”. Lindberg comprende molto presto che i suoi studi di architettura e di design lo spingono a rivolgersi alla scultura come luogo più adatto per l’intermediazione tra il reale e l’irreale. Questo rapporto indissolubile con l’oggetto (che sia artistico, di design o una presenza borderline molto vicina all’architettura) non lo abbandonerà mai. Inizia a raccogliere elementi come pane, rotoli di carta, cuscini, legno, ferro, latta, cartone, oggetti di svariata natura che non rappresentano null’altro se non se stessi. Si avvia così un lungo e variegato percorso di “assemblaggi” che non seguono nessun criterio predefinito, né tanto meno rispettano specifiche categorizzazioni estetiche o formali. La forma è pressoché casuale, ma Lindberg persegue una lucida e attenta ricerca del Something else, per citare un lavoro del 2005, al grido di “denormalizzare!”. Come era accaduto nelle opere di Kurt Schwitters, l’artista ricicla oggetti consumati per distil-
there are no more or less common models, simply a grey area of continual variation. “With this in mind, I often find new functions for consumer objects, different from those identified by the manufacturer or understood by the public. Everything that can be opposed to this pre-constituted idea of normality interests and fascinates me”. Lindberg understood very early on that his studies in architecture and design were driving him towards sculpture as the best place for intermediation between the real and the unreal. This indissoluble link with the object (whether artistic, designed, or a borderline presence very much like architecture) has remained with him throughout his career. He began collecting elements such as bread, rolls of paper, cushions, wood, iron, tin, cardboard, objects of various kinds which represent nothing other than themselves. Thus he began a long, varied series of “assemblages” which are not based on any particular predefined criterion and do not fit into specific aesthetic or formal categories. Their form is pretty much random, but Lindberg pursues a lucid, attentive study of Something else, to cite the title of a 2005 work, in pursuit of “denormalization!”.
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2009 | Organizer | Epoxy resin, various materials, glass cloth, pigment | 105 x 105 x 90 cm | Photo: Edo Kuipers
larne una nuova energia estetica che scaturisce da una libertà espressiva assoluta e totalitaria. Citando le parole di Roberto Melli (in Prima rinnegazione della scultura, Standing Sculpture, catalogo della mostra presso il Castello di Rivoli, 1987-1988), “l’Informe è il tuo concreto e la tua purità: puro perché informe”.
As in the work of Kurt Schwitters, the artist recycles consumed objects to distil a new aesthetic energy from them, inspired by absolute, totalizing freedom of expression. In the words of Roberto Melli (in Prima rinnegazione della scultura, Standing Sculpture, catalogue for an exhibition held at Castello di Ri-
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Dunque, in tutto questo agglomerarsi di materiali (come avviene in Void/Comp, del 1991, Atavism 1993 o nel più recente Organizer, del 2009), Lindberg è principalmente interessato al processo di creare cose che nascono in presa diretta, di fronte a lui; al processo di scoperta che scaturisce dal costruire qualcosa di positivo, usando un processo di addizione, con “quello che c’è a disposizione”, dando vita a nuovi e affascinanti modi di vedere e di sentire. Il legante che permette all’artista di concretizzare questo suo modo di sentire le cose, l’elemento che consente di rendere visibile e tangibile questa formalizzazione para-normale della realtà è la resina epossidica. Si tratta di un elemento che ha la capacità di generare forme infinite, sempre nuove e imprevedibili. Un materiale che ha una propria indipendenza creativa, quasi come fosse dotato di vita propria, che “va per la sua strada”, sovvertendo e assecondando solo in parte l’intenzionalità decisionale e l’estro creativo dell’artista. La resina epossidica è stata una presenza che lo ha accompagnato fin dall’età di undici anni, quando Lindberg la utilizza in maniera ludica, già affascinato dalle sue potenzialità. Fin da giovane ne conosce le caratteristiche aggreganti, contenitive, espressive e si rende conto che con essa è in pratica possibile ottenere qualsiasi tipo di forma. Opere scultoree e installative dalle forme ibride: lavori più o meno grandi che possono essere appesi a parete, cadere dall’alto (come nel caso di Bisphenol A, 2012, recentemente esposta presso l’Università Bocconi di Milano, commissionata per LUMC Beeldhaal, 2012), nascere in maniera site specific (come è avvenuto per Here (Tenda), prodotto ed esposto per gli spazi di Studio la Città a Verona nel 2009), interagendo ogni volta in maniera differente con lo spazio (fino a poterlo soffocare e saturare) e con lo spettatore (come non citare la grande installazione Standard Options realizzata nel 2011 presso il New Dakota, commissionata per Marian Cramer Projects). Lindberg, ricorrendo all’uso della resina, genera creature amorfe, dando vita a un plotone infinito di presenze vitree. L’artista non può proprio fare a
voli, 1987-1988), “the Formless is your concrete and your purity: pure in that it is formless”. And so, in all this agglomeration of materials (as in Void/Comp, 1991, Atavism, 1993, or the more recent Organizer Organizer, 2009), Lindberg is primarily interested in the process of creating things, which come to life before his very eyes; in the process of discovery that comes out of building something positive, using a process of addition, with “that which is available”, giving life to fascinating new ways of seeing and hearing. The binder that allows the artist to give concrete form to this way of feeling things, the element that allows him to make this para-normal formalization of reality visible and tangible, is epoxy resin: an element that has the capacity to generate infinite, ever-new, unforeseeable forms. A material that has a creative independence of its own, almost a life of its own, that “goes its own way”, subverting and only in part supporting the artist’s intentional decisions and creativity. Epoxy resin has been a presence accompanying the artist since the age of eleven, when Lindberg used it in play, already fascinated by its potential. And so he has been familiar with resin’s aggregating, containing, and expressive properties since he was very young, and he is aware that with it he can obtain practically any kind of form. Sculptural works and installations in hybrid forms: works of various sizes that can be hung on the wall, drop down from above (like Bisphenol A, 2014, recently exhibited at Bocconi University in Milan, Courtesy LUMC Beeldhaal, 2012), or serve as site-specific creations (such as Here, produced and exhibited for Studio la Città in Verona in 2009), interacting with space in a different way each time (even suffocating and saturating it) and with the spectators (as in the big installation Standard Options, made in 2011 for New Dakota, Courtesy Marian Cramer Projects). Lindberg uses resin to generate amorphous creatures, creating an infinite platoon of glassy presences. The artist really cannot help
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2014 | Bisphenol A | Epoxy resin, glass cloth, carbon fiber, pigment | 800 x 500 x 30cm Installation view: Bocconi Art Gallery, Milan | Courtesy LUMC Beeldhaal, Leiden | Photo: Ettore Buganza
2009 | Here | Epoxy resin, glass cloth, pigment | 650 x 50 cm Installation view: Studio La CittĂ , Verona
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2005 | Various states | Epoxy resin, glass cloth, mirrors, pigment | 147 x 82 x 40 cm | Collection: Thom Schaar | The Netherlands
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meno di ricoprire ogni cosa con questo materiale, che si tratti di oggetti esausti, che hanno esaurito il loro ciclo vitale o di materiali nuovi, appena prodotti. L’elenco è infinito, la varietà di figure, di colori, di consistenze altrettanto lunga; tuttavia i tratti comuni sono molti: la resina, appunto, la luce (diretta o indiretta, naturale o artificiale), il colore, la forma e non ultimo lo specchio (elemento che compare sovente e che conferisce a chi guarda
covering everything with the material: exhausted objects which have completed their life cycle and new materials just made. The list is infinite, and the variety of figures, colors, and consistencies is just as long; but they have a lot in common: resin, of course, light (direct or indirect, natural or artificial), color, shape, and, last but not least, the mirror (an element that appears frequently and allows the viewer
2005 | Consolidator | Epoxy resin, TV, various materials, glass cloth, pigment | Approximately 60 x 90 x 70 cm | Courtesy: art consultancy Tanya Rumpff
2009 | Orange Applique (detail) | CAMP commission
un ruolo di attore partecipe al gioco delle parti). Un lavoro molto interessante, che esprime in maniera netta questo bisogno di Lindberg di imprigionare l’oggetto è rappresentato da Consolidator (l’opera è stata esposta nel 2005 presso la galleria Tanya Rumpff di Amsterdam). Qui, un vecchio televisore è diventato preda della forza pietrificatrice della resina. Una volta afferrato non vi è più possibilità di scampo e da creatura in grado di trasmettere immagini, ne nasce una presenza inquietante, silenziosa, inerte. Dagli anni Novanta fino ad oggi, questa necessità di ricoprire ogni cosa non si è esaurita. La recente mostra realizzata presso la Camp Design Gallery a Milano ne è la prova. In quell’occasione l’artista “immerge” grandi strutture ferrose all’interno della resina, che lascia colare su di esse nel vero senso della parola, fino a ricoprirne ogni singola parte. Si tratta di grandi circuiti elettrici, abitati da centinaia di piccoli LED che Lindberg riveste con una seconda pelle (Blue Applique, 2015; Orange Applique, 2009, commissioni CAMP). La luce diretta delle lampadine è, dunque, attenuata dallo strato colorato di resina, che l’artista vi impone come filtro. In questi lavori, (che sono già sono comparsi in passato), la luce riveste un ruolo fondamentale. Qui troviamo l’elemento elettrico vero e proprio. L’elettromorfismo è tangibile e la resina, con la sua consistenza fluida e il suo andamento irregolare, esprime in maniera fedele la trasmissione ondulatoria propria dell’energia elettrica. I “bulbi” che celano al loro interno questi piccoli LED sono tappeti elettrici che possiamo paragonare e mettere in relazione con le superfici
to play an active role in the game of the parts). A very interesting work clearly expressing Lindberg’s need to imprison the object is Consolidator (exhibited at Tanya Rumpff’s gallery in Amsterdam in 2005). Here, an old television falls prey to the petrifying force of resin. Once it is in the resin’s hold, it cannot escape, and it is transformed from a creature capable of conveying images to a disturbing silent, inert presence. This need to cover everything over since the nineties has not yet been satisfied. The recent exhibition at Camp Design Gallery in Milan proves this. On that occasion the artist “immersed” big iron structures in the resin, letting it drip onto them in the true sense of the word, covering every part of them. These are big electric circuits, inhabited by hundreds of little LEDs which Lindberg then covers with a second skin (Blue Applique, 2015; Orange Applique, 2015, CAMP commissions). The direct light from the bulbs is therefore attenuated by the colored layer of resin, which the artist imposes on it as a filter. Light plays a key role in these works (which have already appeared in the past). Here we find the electrical element itself. The electromorphism is tangible and the resin, with its fluid consistency and its irregular course, faithfully expresses the wave transmission characteristic of electric energy. The “bulbs” concealing within them these little LEDs are electric carpets which we might compare with the surfaces of other works, such as Dispersion (2001) or Wandering Em-
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di altri lavori come Dispersion (2001), o Wandering Emphasis (2004), nei quali dalla base piatta emergono in maniera altrettanto irregolare una miriade di forme rotondeggianti, gravide di chissà quali creature. Che si tratti di luce elettrica, proveniente dall’interno, o di luce naturale, che dall’esterno interagisce con la materia, questo è un elemento fondamentale nei lavori di Lindberg. Il gioco di riflessi, il dialogo tra la luce e le differenti sfumature dei pigmenti che l’artista usa e che stratifica nei suoi lavori, è in grado di generare un’infinità di pattern multicolor. E’ allora fondamentale camminare fisicamente attorno alle sue opere, lasciare che la luce le attraversi, che l’atmosfera interagisca con esse. Solamente in questo modo è possibile entrare fisicamente al loro interno e facendosi piccoli piccoli, passeggiare sulle strade di questi mondi, tra le colline di questi paesaggi irreali. In parallelo con questo tipo di ricerca, che tende costantemente a utilizzare l’oggetto come parte integrante dell’opera e a creare figure tridimensionali, a partire dal 2000, la produzione artistica di Lindberg scopre nuove frontiere e cambiando
2011 | Of/From (detail)
phasis (2004), in which a myriad of rounded forms emerges from the flat base in an equally irregular fashion, pregnant with who knows what kind of creature. Whether it is electric light from within or natural light interacting with the material from the outside, light is an essential element in Lindberg’s work. The effects of reflections, the dialogue between light and the different hues of the pigments the artist uses and stratifies in his work, are capable of generating an infinity of multicolored patterns. And so it is important to walk physically around his works, let light flow through them, and allow the atmosphere to interact with them. Only in this way can we physically enter them and make ourselves very small, walking the roads of these little worlds, between the hills of these unreal landscapes. In parallel with this type of work, which tends constantly to use the object as an integral part of the work and create three-dimensional figures, starting in 2000 Lindberg discovers new frontiers and changes direction in his artistic production: after numerous at-
2008 | Untitled (detail)
rotta, dopo tanti tentativi di espandersi verso l’esterno, inizia a marciare anche verso l’interno. Le superfici si appiattiscono e la resina prende il sopravvento. Gradualmente, tutti quegli oggetti che hanno caratterizzato la sua produzione fino a quel momento, tendono a scomparire. La forma dei suoi lavori si regolarizza, le opere privilegiano formati che vanno da quello quadrato a quello più allungato e rettangolare. Questa sostanza, che nulla ha a che vedere con la naturalezza organica della natura, si impossessa dello spazio in maniera totalizzante, espellendo pian piano ogni residuo oggettuale sopravvissuto al suo interno. Sembrerebbe quasi che l’artista abbia deciso di andare al sodo e impugnando una lente d’ingrandimento, di consentirci di immergerci nelle viscere dei suoi lavori. Ciò che conta ora è la capacità della resina di dare vita a infiniti motivi colorati. L’inorganico, o meglio, l’innaturale simula l’organicità fluida della natura, permettendo di tuffarsi nelle profondità marine che quelle grandi zolle di resina sembrano ricordare. Trasformandosi in lastre vitree le superfici sembrano aver fossilizzato per sempre le sostanze che vi sono celate oltre (Making room for more, 2008; Untitled, 2007). Quelli che abbiamo di fronte sono luoghi fan-
tempts to expand outwards, he also begins marching inwards. His surfaces are flattened, and the resin takes over. All the objects that have characterized his production so far gradually begin to disappear. The shape of his works becomes more regular, privileging formats ranging from the square to the elongated rectangle. This substance, which has nothing in common with the organic naturalness of nature, takes over the space entirely, gradually expelling all residues of objects that may have survived within it. It would seem that the artist had decided to get to the heart of things, to pick up a magnifying glass and allow us to immerse ourselves in the bowels of his work. What counts now is the ability of the resin to create infinite colored patterns. The inorganic, or rather, the unnatural, simulates fluid, organic nature, allowing us dive into the marine depths that these big clumps of resin seem to recall. Transforming themselves into sheets of glass, the surfaces seem to have fossilized the substances concealed beyond them forever (Making room for more, 2008; Untitled, 2007). What we have before us now are fantastic places, unreal landscapes evoking reality, the
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tastici, paesaggi irreali, che evocano la realtà, frutto della messa in posa di molteplici strati di resina, di colori e trasparenze differenti. Il gioco semiotico di piani sovrapposti è molto affascinante e i colori che Lindberg usa (sono spesso tinte tenui, che ricordano la terra, il mare, il cielo) rendono ancora più intimo il rapporto tra l’occhio di chi osserva e il messaggio che delicatamente ne giunge (Little Cloud, 2006). Ma l’artista non si limita ad appiattire, o forse la resina non è ancora disposta ad accogliere di buon grado questo tentativo di riduzione. In una serie di lavori molto affascinanti (già citati sopra) che a partire da quella data egli realizza, la superficie dei quadri sembra fiorire, germogliare, eruttare, come ricoperta da un’infinità di piccole sporgenze rotondeggianti. Forse stalagmiti o stalattiti di ultima generazione, che per loro natura procedono silenziose nel lento processo di crescita (Of/From, 2011). 1
fruit of application of multiple layers of resin, of different colors and transparencies. The semiotic game of overlapping layers is very fascinating, and the colors Lindberg uses (often the subtle hues of the earth, the sea and the sky) make the relationship between the observer’s eye and the message delicately reaching it even more intimate (Little Cloud, 2006). But the artist does not simply flatten, or perhaps the resin is not yet ready to accept this attempt at reduction. In a series of very fascinating works (mentioned above) produced starting on that date, the surface of the paintings seems to bloom, to bud, to erupt, as if covered with an infinite number of little rounded bumps. They might be a new generation of stalagmites or stalactites, which by nature proceed silently in the slow process of growth (Of/From, 2011).
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2008 | Making Room for More | Epoxy resin, foam core, glass cloth, pigment | 122 x 204 cm
2006 | Little Cloud (detail)
La materia, priva di ogni altra interferenza oggettuale, ora è libera di esprimersi come meglio crede. La vivacità, la “frizzantezza” dell’energia in essa contenuta, per sua natura indomabile, dà forma di sé grazie al dialogo sinergico con il colore. L’importanza di quest’ultimo è fondamentale: i pigmenti che Lindberg utilizza sono sapientemente dosati con l’obiettivo di guidare le forme e le ombre. L’applicazione degli strati di resina, che avviene in tempi diversi, per sedimentare più e più strati, richiede necessariamente l’impiego di tinte differenti, di spessori non omogenei, che siano in grado di rendere viva e tangibile quella sensazione gelatinosa di una fluidità organica propria dei suoi lavori. Osservare i suoi quadri implica poi molte considerazioni di natura percettiva, che racchiudono buona parte del fascino della sua tecnica; significa abbandonare lo sguardo e lasciarsi guidare dall’immaginazione. Tutte queste atmosfere le ritroviamo nei lavori che Lindberg presenta in occasione della mostra Inorganic Landscapes, presentata da Marcorossi Artecontemporanea nella sede di Verona e poi in quella di Pietrasanta. Da un lato, possiamo osservare Of/from-umes, 2015-2016, oppure Gluculus, 2016, che rappresentano il trait d’union con la sua pratica artistica passata; dall’altro, opere come Black fights grey, del 2016, che incarna il recente percorso che l’artista ha intrapreso verso nuove esperienze estetiche e formali. Credo sia interessante a questo punto soffermarsi sulla sua produzione recente. E’ innegabile il bisogno che l’artista sente di pulire le forme e andan-
Matter, without any other interference from objects, is now free to express itself as it wishes. The vivacity, the “fizziness” of the energy it contains, by nature untamable, gives form to itself thanks to the synergy with color. The importance of color is the key: the pigments David uses are skillfully dosed with the aim of guiding shapes and shadows. Application of layers of resin, which takes place at different times, to sediment more and more layers, necessarily requires use of different colors, uneven thicknesses, which make the gelatinous sensation of the organic fluidity associated with his work live and tangible. Observing his paintings also implies numerous perceptive considerations, containing much of the attraction of his technique; it means giving up on the sense of sight and allowing ourselves to be guided by our imaginations. All these atmospheres may be found in the work Lindberg presents at the exhibition Inorganic Landscapes, presented by Marcorossi Artecontemporanea in Verona and then in Pietrasanta. On one hand we may observe Of/from-umes, 2015-2016, or Gluculus, 2016, representing the trait d’union with his past artistic practice; on the other, works like Black fights grey, dated 2016, incarnate the artist’s recent voyage toward new aesthetic and formal experiences. At this point I believe it would be interesting to look at Lindberg’s most recent production. The artist undeniably feels a need to clean up
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do per sottrazione, di lavorare con linee più pulite e nette. Lindberg, ora, più che in passato, usa la forma come mezzo di supporto al colore (l’artista introduce anche un nuovo formato: il 70x70). Le possibili connessioni attribuitegli con l’arte minimalista degli anni Sessanta, stanno forse emergendo, anche se è a mio avviso importante ricordare come questo accostamento con la Minimal Art può risultare antitetico. Non è mai stata data una definizione esatta a tale termine, che tuttavia indica uno stile prevalentemente scultoreo, un genere costituito da 2016 | Black fights grey (detail)
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his forms, working by subtraction, working with cleaner, clearer lines. Now, even more than in the past, Lindberg uses form to support color (the artist even introduces a new format: 70x70). Possible links with the Minimal Art of the seventies may be emerging, though in my opinion it is important to remember that this juxtaposition may be antithetical. The term Minimal Art has never really been defined with precision, but it is used to refer to a prevalently sculptural style, a genre made up of single or repeated geometric shapes. Produced
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2016 | Mantyluoto (studio detail)
forme geometriche singole o ripetute. Prodotto a livello industriale o realizzato da operai specializzati l’artefatto minimal elimina dal suo interno ogni traccia di emozione e di intuizione creativa. Le opere minimaliste dunque non alludono a nulla se non alla loro presenza concreta e il colore, quando presente, non è referenziale. Lindberg non va nella stessa direzione e nonostante realizzi da sé le intelaiature per i suoi lavori (scoprendo la bellezza di supporti in legno lavorati e assemblati a mano), non elimina di certo l’espressività e la vitalità. Anzi, le condensa, le raffina, costringendo la resina in uno spazio estremamente definito e compatto. Le forme stesse che ne emergono sembrano più forti, chiare, nitide. In alcuni casi si allude alla natura, in altri, l’ispirazione è effettivamente diretta, come per Rhodas and phospho, 2016: un’opera nata dal fascino che i luoghi attorno al traforo del Frejus hanno suscitato in Lindberg.
on an industrial level or by specialized craftsmen, the minimal artefact does away with all traces of emotion and creative intuition. And so minimalist works do not allude to anything other than their own concrete presence, and color, when present, is not referential. Lindberg does not go in the same direction, and though he produces the frames for his work himself (discovering the beauty of wooden substrates worked and assembled by hand), he has by no means eliminated expressiveness and vitality. In fact, he condenses them, refines them, forcing the resin into a very well-defined, compact space. The very forms that result seem stronger, clearer, sharper. In some cases they allude to nature, while in others the inspiration is effectively direct, as in Rhodas and phospho, 2016: a work emerging out of Lindberg’s fascination with the places around the Frejus tunnel.
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Dall’alto / From top: 2016 | Morning | exiting the Frejus tunnel - 2016 | Rhodas and Phospho (detail)
Se da un lato la biologia sintetica di questi lavori si fa più riconoscibile, permettendoci di osservare presenze vegetali di diversa natura, dall’altro compaiono colori che Lindberg raramente ha usato in passato, che hanno il potere di rafforzare la sensazione di osservare paesaggi inorganici, innaturali, sintetici, prodotti nel suo laboratorio. Di fianco a colori terrosi, dai sapori vegetali, troviamo nei suoi ultimi lavori colorazioni che aprono a una nuova evoluzione della sua pratica artistica (Nuovo-bula, Plus, Mantyluoto, 2016). E’ dunque evidente che la reinvenzione del reale da parte di Lindberg non ha ancora esaurito la sua inarrestabile corsa.
If on one hand the synthetic biology of these works becomes more recognizable, allowing us to observe vegetable presences of various kinds, on the other colors appear that Lindberg had used only rarely in the past, colors with the power to reinforce the sensation that we are observing inorganic, unnatural, synthetic landscapes produced in his laboratory. Alongside earthy colors, with a vegetable flavor, in his latest works we find colors that open up the way to a new evolution of his artistic practice (Nuovo-bula, Plus, Mantyluoto, 2016). And so it is obvious that Lindberg’s reinvention of reality has not yet exhausted its unstoppable progress.
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2016 | Studio of Milan
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2016 | Studio of Milan
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OF/FROM Epoxy resin, pigment, glass fiber, foam core 100 x 100 cm
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BL ACK FIGHTS GREY Epoxy resin, pigment, wood frame 152 x 150.5 cm
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NEBUL A Epoxy resin, glass fiber, pigment 52 x 97 cm
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S U P P L E H I T H E R TO Epoxy resin, pigment, foam core 121 x 205 cm
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NEWO (R) LD Epoxy resin, pigment, wood frame 70.5 x 70 cm
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RHODAS AND PHOS PHO Epoxy resin, pigment, wood frame 152 x 150 cm
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2 016
GLUCULUS Epoxy resin, pigment, glass fiber, foam core 100 x 100 cm
5
3
6
2 016
NUOVO - BULA Epoxy resin, pigment, wood frame 70.5 x 70 cm
3
3
8
3
2 015
OF/FROM - UMES Epoxy resin, pigment, glass fiber, foam core 100,5 x 100,5 cm
9
4
2 016
BISPHENOL A+ ONE/POT OF FLOWERS Epoxy resin, pigment, wood frame 70.5 x 70 cm
1
4
2
4
2 016
UNTITLED Epoxy resin, pigment, foam core 100 x 100 cm
3
2 016
N U OVA FA M I L I A R Epoxy resin, pigment, wood frame 118 x 196 cm
4
6
4
2 013
SWEEPING Epoxy resin, pigment, foam core 71.5 x 51 cm
7
4
2 0 0 9 - 2 013
MAPL AKESUN THERMOSET Epoxy resin, pigment, foam core 74 x 50 cm
9
5
O
5
2 016
AMINE SURF Epoxy resin, pigment, wood frame 70.5 x 95 cm
1
5
2
5
2 016
AMINE PLUS Epoxy resin, glass fiber, wood, pigment 152 x 150.5 cm
3
2 014
UNTITLED Epoxy resin, pigment, glass fiber, foam core 126 x 203 cm
5
8
5
2 016
P O LYO X Y P R O P Y L E E N D I A M E Epoxy resin, wood, pigment 71 x 70 cm
9
6
O
6
2 016
ATTEMPT GROUP 3 Epoxy resin, wood, pigment 71 x 70 cm
1
6
2
6
2 016
UNTITLED MOUNTAIN S Epoxy resin, wood, pigment 71 x 70 cm
3
2 016
STEP INTO ARCHITECTURE Epoxy resin, glass fiber, wood, pigment 103 x 174 cm
6
6
6
2 016
POSSIBLE
EFFECTS
Epoxy resin, wood, pigment 24 x 24 cm
7
6
8
6
2 016
UNTITLED Epoxy resin, wood, pigment 18 x 68 cm
9
7
0
2 016
N O T
TV
Epoxy resin, glass fiber, pigment 47 x 66 x 43 cm
7
2 016
SHELF Epoxy resin, glass fiber, pigment 30 x 55 x 41 cm
1
7
4
7
2 016
WARM IN TH E S UN Epoxy resin, glass fiber, wood, pigment 54 x 149 cm
5
2 016
MIXED DREAM GLUE Epoxy resin, glass fiber, wood, pigment 123 x 203 cm
7
8
7
2 016
UMESUMES Epoxy resin, glass fiber, wood, pigment 152 x 150 cm
9
I n o r g a n i c
L a n d s c a p e s
2016 | Of/From 100x100 cm pag. 23
2016 | Black fights grey 152x150,5 cm pag. 25
2014 | Nebula 52x97 cm pag. 27
2016 | Supple hitherto 121x205 cm pag. 28
2016 | Newo(r)ld 70,5x70 cm pag. 31
2016 | Rodas and phosho 152x150,5 cm pag. 32
2016 | Gluculus 100x100 cm pag. 35
2016 | Nuovo-bula 70,5x70 cm pag. 36
2015 | Of/from-umes 100,5x100,5 cm pag. 39
2016 | Bisphenol a + one / pot of flowers 70,5x70 cm pag. 41
2016 | Untitled 100x100 cm pag. 43
2016 | Nuovofamiliar 118x196 cm pag. 44
2016 | Sweeping 71,5x51 cm pag. 47
2019-13 | Maplakesun thermoset 74x50 cm pag. 49
A
R
T
W O
R
K S
I
N
D
E
X
2016 | Amine surf 70,5x95 cm pag. 51
2016 | Amine plus 152x150 cm pag. 53
2014 | Untitled 126x203 cm pag. 56
2016 | Polyoxypropyleendiame 71x70 cm pag. 59
2016 | Attempt group 3 71x70 cm pag. 61
2016 | Untitled mountains 71x70 cm pag. 63
2016 | Step into architecture 103x174 cm pag. 64
2016 | Possible Effects 24x24 cm pag. 67
2016 | Untitled 16x68 cm pag. 69
2016 | Not TV 47x66x43 cm pag. 70
2016 | Shelf 30x55x41 cm pag. 71
2016 | Warm in the sun 54x149 cm pag. 75
2016 | Mixed dream glue 123x203 cm pag. 76
2016 | Umesumes 152x150 cm pag. 79
David Lindberg nasce nel 1964 a Des Moines nell’Iowa (USA), dopo la laurea in architettura si occupa parallelamente di arte e design, naturalizzato in Olanda, vive ad Amsterdam da molti anni; attualmente si è trasferito a Milano dove sta lavorando ad un progetto che viene presentato nelle Gallerie Marcorossi artecontemporanea di Verona e Pietrasanta. L’artista ha esposto in gallerie di fama internazionale quali Tanya Rumpff Gallery (Haarlem, Olanda), Studio La Città (Verona), Baukunst Gallery (Colonia), Nouvelles Images (Olanda), Mimmo Scognamiglio (Milano) ed è presente nelle principali fiere internazionali di arte contemporanea come Art Basel, Art Brussels, Art Chicago, Art Cologne e FIAC Parigi ed è del 2013 un suo noto intervento installativo presso l’università Bocconi a Milano. David Lindberg was born in 1964 in Des Moines, Iowa (USA). After graduating with a degree in architecture, he began working on art and design in parallel. He moved to the Netherlands and lived in Amsterdam for many years; he currently lives in Milan, where he is working on a project to be presented at the Marcorossi artecontemporanea Gallery in Verona and Pietrasanta. The artist has exhibited in world-famous galleries such as Tanya Rumpff Gallery (Haarlem, the Netherlands), Studio La Città (Verona), Baukunst Gallery (Cologne), Nouvelles Images (the Netherlands), and Mimmo Scognamiglio (Milan), and participates in major international contemporary art fairs such as Art Basel, Art Brussels, Art Chicago, Art Cologne and FIAC Paris. He produced the well-known installation at Bocconi University in Milan in 2013.
SOLO EXHIBITIONS 2016 2015 2015 2015 2014 2014 2012 2011
2010 2009 2007 2006 2005 2004 2003 2001 2000 1996 1995 1994 1992
Marcorossi artecontemporanea, Verona, Pietrasanta, IT Camp Design Gallery, Milan, IT Galerie Nouvelles Images, Den Haag, NL Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea, Milan, IT Bisphenol-A, Bocconi Art Gallery, Milan, IT Escape from Sanctuary, Haarlem Historical Museum, Haarlem, NL Chinese Purple, LUMC gallery, Leiden, NL Chinese Purple 45, LUMC Beeldhaal, Leiden, NL Works 1994-2010, Kunsthandel Thom Schaar, Middelburg, NL various schedules, planning systems…, Marian Cramer Projects, Amsterdam, NL Standard Options, Nieuw Dakota, Amsterdam, NL from heaven to earth, NDSM vitrine, Amsterdam, NL outLINE, Amsterdam, NL Galleria Alquindici, Piacenza, IT Studio la Città, Verona, IT Traghetto Gallery, Rome, IT Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL Rhode Island School of Design, Architecture Gallery, Rhode Island, USA Works 1994-2006, Kunsthandel Thom Schaar, Middelburg, NL Baukunst Gallery, Cologne, DE Studio La Città, Verona, IT Art Felchlin Gallery, Zurich, CH Kunstvereniging Diepenheim, Diepenheim, NL Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL Plus Min, Renesse, NL Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL Swart Gallery, Amsterdam, NL Black and Herron Gallery, NYC, USA Swart Gallery, Amsterdam, NL Black and Greenberg Gallery, Project Room, NYC, USA Van Esch Gallery, Eindhoven, NL Coupons to Jesus, Winston Basement, Amsterdam, NL Test-Site, Installation, Brooklyn, USA WaTER Gallery, Los Angeles, USA
GROUP EXHIBITIONS 2015 Oysterponds Historical Society, Orient, NY, USA 2015 Summer Show, Nieuw Dakota, Amsterdam, the Netherlands 2015 Camp Design Gallery, Milan, IT 2014 Lucio Pozzi’s White Dream, Museo di Arte Contemporanea, Lissone, IT 2014 We’re a Happy Family, Provinciehuis Haarlem, Haarlem, NL 2013 The Eye of the Beholder, Art Affairs, Amsterdam, NL
2013 ROSA PIERO, ROSA TIEPOLO, ROSA SPALLETTI, ROSA....Studio La Città, Verona, IT Aanwinsten, Leiden University Medical Center gallery, Leiden, NL 2012 Storage Space Exhibtion, Hesterveld, Bijlmer, NL 2011 Annual Smash and Grab Fundraiser, Locust Projects, Miami, USA Meanwhile, Mercato Della Frutta, curated by Luccio Pozzi, Valeggio, IT De Fouten Beeld, Galerie Nouvelles Images, Den Haag, NL ...Ik mis je, I miss you, De Krabbedans, Eindhoven, NL 2010 Parsons Alumni, Caridi Gallery, Miami, USA We like 6%, Nieuw Dakota, Amsterdam, NL PUSH, RC de Ruimte, Amsterdam, NL PIMA, Deiska, Amsterdam, NL De Piramide van Ijmuiden, RC de Ruimte, Ijmuiden, NL Common Ground, Nieuw Dakota, Amsterdam, NL Haven Safari, North Sea Canal, NL last group show, Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL 2009 Bianconi Gallery, Milan, IT Casello delle Polveri, 'Naturasnaturans,' Venice, IT Retour New York-Amsterdam, Huis Frankendael, Amsterdam, NL Art Minded V, Collection Breteler, Stedelijk Museum Schiedam, Schiedam, NL Remain in Light, W139, Amsterdam, NL Traghetto Gallery, Venice, IT 2008 Mare Street Biennale, London, UK Inbetween, Deiska, Amsterdam, NL 2006 Studio la Città, Verona, IT Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL 2005 Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL 2004 ABN AMRO windows, DEISKA, Rembrantsplein, Amsterdam, NL Unstaged, Arti et Amici, Amsterdam, NL 2002 Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL West Coast, Art Affairs, Amsterdam, NL not i, N.I.C.C., Antwerp, BE 2001 tick-tick, Consortium, Amsterdam, NL Nieuwe Vide, Haarlem, NL 2000 Twentyone Interchangable Parts, Watertoren, Vlissingen, NL INMO Gallery, Los Angeles, USA 1999 Packing a Punch, Eyewash Gallery, Brooklyn, USA 1998 Seeing and Believing, Sculpture Center, NYC, USA Multiplicity, W139, Amsterdam, NL Shake, PS 122, NYC, USA 1997 Permutations, Artists Space, NYC, USA Making It, The Work Space, NYC, USA Curtains, Brooklyn Brewery, NYC, USA From the Hip, Eight Floor Gallery, NYC, USA 1996 Swart Gallery, Amsterdam, NL Central Museum, Utrecht, NL Het Venijn van de Muze, Stedelijk Museum Roermond, Roermond, NL lick my temple, W139, Amsterdam, NL Meet Me in Stockholm, The Konstakuten, Stockholm, SE 1995 A Night at the Show, W139, Fields Zepressesstraat, Zurich, CH Oooze, Black and Herron Gallery, NYC, USA
Way Cool, Exit Art, NYC, USA Fun House, 121 Van Dam, curated by Sol Ostrow and Annie Herron, NYC, USA 1994 BEAM Gallery, Nijmegen, NL Dyad, Sauce Space, Brooklyn, USA Van Esch Gallery, Eindhoven, NL Caravanserail, W139, Amsterdam, NL 1993 139#New York, W139, Amsterdam, NL Out of Town, Krannerts Museum and Kinkead Pavilion, Champaign-Urbana, USA 1992 Salon of the Mating Spiders, Test-Site, Brooklyn, USA COLLECTIONS Martin Z. Margulies, USA / Rijksmuseum Twenthe, NL / Rijksgebouwendienst public art collection, NL / Shoes Or No Shoes? Museum, BE / Codarts University, NL / Achmea Kunstcollectie, NL / Interpolis, NL / Lease Plan, NL / Leiden University Medical Center, NL / Studio La Città, IT / ABN Amro, NL / Peter Schaufler collection, DE (Works held in private collections in Italy, the Netherlands, the United States, Germany, Switzerland) COMMISSIONS AND AWARDS 2014 2013 2011 2009 2008 2006 2005 2001
Mondriaan Foundation, Grant Rijswijk Lyceum, entrance hall commission Stichting Stokroos sudsidie, for Nieuw Dakota solo exhibition Rijksgebouwendienst artwork commission, Europol Headquarters, The Hague, NL Fonds BKVB, Basissstipendium Grant Material Fonds Loan Mondriaan Foundation supported solo exhibition at Studio la Città, Verona, IT Rijksgebouwendienst artwork commision, District Attorney building, Dordrecht, NL Nationale Galerie Prijs, with Tanya Rumpff at the Kunst RAI
LECTURES 2010 Materialfonds, 'Art talk and material demonstration', Amsterdam, NL Huize Frankendael, "Same but Different(lecture)", Amsterdam, NL PROFESSIONAL MEMBERSHIPS Deiska 'follow you art,' Amsterdam, NL Stichting Toekomst, NDSM terrein, Amsterdam, NL Juries 2010 Juror for the Europol Art Competition, NL Publications “Rosa Piero, Rosa Tiepolo, Rosa Spalletti, Rosa...,” group exhibition, Studio La Città, 2013 “Naturasnaturans” Nomos Edizion 2009, p. 52-55 Retour New York-Amsterdam, book by Sachas de Boer, 2009, p. 50-63 Solo exhibition catalogues, Studio La Città, 2005, 2009 "Solo 8" catalogue, 2004
ART FAIRS 2016 Arte Fiera, Bologna (Marcorossi Artecontemporanea, Milan, IT) Dubai Art Fair (Camp Design Gallery, Milan, IT) 2015 Arte Fiera, Bologna (Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea, Milan, IT) 2011 Art Cologne, Cologne, DE (Studio la Città, Verona, IT) Art Amsterdam, Amsterdam, NL (Marian Cramer Projects) 2010 Art Verona, Verona, IT, (Studio la Città, Verona, IT) Art Verona, Verona, IT, (Gallery Alquindici, Piacenza, IT) Art Cologne, Cologne, DE, (Studio La Città, Verona, IT) Art First (Arte Fiera), Bologna, IT (Studio La Città, Verona, IT) 2009 Art Cologne, Cologne, DE(Studio la Città, Verona, IT) Art Amsterdam, Amsterdam, NL (Gallery Tanya Rumpff, Haarlem, NL) Roma, Rome, IT (Traghetto Gallery, Rome/Venice, IT) Arte Fiera, Bologna, IT (Studio la Città, Verona, IT) 2008 Arte Fiera, Bologna, IT (Studio la Città, Verona, IT) Art Basel, CH (Studio la Città, Verona, IT) FIAC, Paris, FR (Studio la Città, Veronaz, IT) 2007 Art Cologne-Palma de Mallorca, Palma, ES (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Shanghai Contemporary, Shanghai, CN (Studio la Città, Verona, IT) Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Viennafair, Vienna, AT (Baukunst Gallery, Cologne, DE) Art Amsterdam, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2006 FIAC, Paris, FR (Studio la Città, Verona, IT) Art Basel, Basel, CH (Studio la Città, Verona, IT) Arte e Fiera, Bologna, IT (Studio la Città, Verona, IT) Art Cologne, Cologne, DE (Studio la Città, Verona, IT) Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Kunst Zurich, Zurich, CH (Art Felchlin Gallery, Zurich, CH) KunstRAI, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2005 Art Basel-Miami Beach, Miami, USA (Studio la Città, Verona, IT) Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Art Basel, Basel, CH (Studio La Città, Verona, IT) KunstRAI, Amsterdam NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2004 Art Basel-Miami Beach, Miami, USA (Studio La Città, Verona, IT) Kunst Zurich, Zurich, CH (Art Felchlin Gallery, Zurich, CH) Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Art Cologne, Cologne, DE (Studio La Città, Verona, IT) KunstRAI, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2003 Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Art Cologne, Cologne, DE ( Studio La Città, Verona, IT) Art Brussels, Solo Room, Brussels, BE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) KunstRAI, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2002 Art Cologne, Cologne, DE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) KunstRAI, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2001 Maastrict Art Fair, Maastrict, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) KunstRAI, Solo Room, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Art Brussels, Brussels, BE (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) Art Twente, Holten, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL) 2000 KunstRAI, Amsterdam, NL (Tanya Rumpff Gallery, Haarlem, NL)
L.A. International, Los Angeles, USA (INMO gallery, Los Angeles, USA) 1996 Art Amsterdam, Amsterdam, NL (Swart Gallery, Amsterdam, NL) 1994 Art Chicago, Chicago IL, USA (Paul van Esch Gallery, Eindhoven, NL) Art Cologne, Cologne, DE (Paul van Esch Gallery, Eindhoven, NL) EDUCATION 1984-1989 1985-1986 1982-1984
Parsons School of Design, Environmental Design, NYC, USA Otis Art Institute, Environmental Design, Los Angeles, USA University of Minnesota, Fine Arts, Minneapolis, USA
RELATED WORK EXPERIENCE 1996 Diller and Scofidio, Assistant, NYC, USA 1995 Assistant for the renovation of Tony Smith’s ‘Smug,' St, John’s Rotary, NYC, USA 1994 Tadashi Kawamata, ‘Roosevelt Island Project,' Assistant, NYC, USA 1993 Alexander Lieberman, Studio Assistant, NYC, USA 1986-1989 Michele Saee, Project Designer, Los Angeles, USA 1985 Allan Wexler, Assistant, NYC, USA 1984 Mary Ann Goodman Gallery, Intern, NYC, USA JURIES 2010 Juror for the Europol Art Competition, NL PUBLICATIONS “Rosa Piero, Rosa Tiepolo, Rosa Spalletti, Rosa...,” group exhibition, Studio La Città, 2013 “Naturasnaturans” Nomos Edizion 2009, p. 52-55 Retour New York-Amsterdam, book by Sachas de Boer, 2009, p. 50-63 Solo exhibition catalogs, Studio La Città, 2005, 2009 “Solo 8” catalog, 2004