Pantaleoni. Un percorso verso l'astrazione.

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Ideo Pantaloeoni Un percorso verso l’astrazione dal 3 al 28 Novembre 2015

Cortina Arte

Via Mac Mahon, 14 interno 7 - Milano www.cortinaarte.it artecortina@artecortina.it

Catalogo a cura di: Susanne Capolongo Stefano Cortina Ufficio stampa: Veronica Riva, A.C.R.C. Crediti fotografici: Archivio Ideo Pantaleoni, Luciano Donadonibus, Stefano Meroni, Zeno Zotti Ringraziamenti: Paolo Berra, Luigi Cavadini, Gillo Dorfles, Daniela Palazzoli, Luca e Daniele Palazzoli della Galleria Blu Progetto grafico: Li.Ze.A. Crediti fotografici a disposizione degli aventi diritto.

ISBN: 9788896630563


Ideo Pantaleoni

Un percorso verso l’astrazione

A cura di Susanne Capolongo e Stefano Cortina Testo di Marco Meneguzzo

Cortina Arte Edizioni



Indice Ideo Pantaleoni, un inizio, un ritorno

pag. 7

Introduzione di Stefano Cortina

Astrazione A/R

pag. 11

di Marco Meneguzzo

Interviste

pag. 15

a cura di Susanne Capolongo

Gillo Dorfles Daniela Palazzoli Luigi Cavadini

pag. 15 pag. 21 pag. 25

Opere

pag.

Apparati Note biografiche Mostre personali Mostre collettive

pag. 71 pag. 73 pag. 77 pag. 80

Testi in inglese

pag. 85

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Pantaleoni, 1960


Ideo Pantaleoni, un inizio, un ritorno di Stefano Cortina Ho iniziato a lavorare con mio padre nel 1976, appena finito il liceo, per tradizione familiare, parallelamente all’università era dovere affiancare il genitore nell’attività di famiglia: la libreria. La nostra era la libreria Cavour, in Piazza Cavour ma a differenza delle altre librerie di famiglia, mio padre si occupava di arte sin dal 1962 e nel ridotto della libreria aveva sede quella fucina di attività culturali che era la Pantaleoni, 1948 Galleria Cortina. Io lavoravo in libreria, una passione oltre che una tradizione familiare, e dal bancone vedevo sfilare tutti coloro che per una ragione o per l’altra venivano a trovare mio padre anche solo per chiacchierare o bere un bicchiere di bianco che tenevamo sempre in fresco. Giornalisti, scrittori, artisti, Indro Montanelli, Gaetano Afeltra, Gillo Dorfles, Alberto Bevilacqua, Nantas Salvalaggio, Luciano Minguzzi, Bruno Cassinari, Gianni Dova, Dadamaino e un’infinita serie di nomi che risulterebbe sin presuntuoso citare. Uno di questi era Ideo Pantaleoni. Ricordo benissimo il suo cipiglio quando entrava, passo deciso, un sorriso cortese indicando il basso, ovvero che doveva scendere a incontrare il Cortina (mio padre naturalmente), gli occhiali delle lenti affumicate, l’inseparabile pipa, quasi sempre in mano o tra denti. Io chiedevo a mio padre notizie di quei personaggi , lui rispondeva e descriveva, talvolta a modo suo, ovvero mettendo del proprio sui giudizi individuali. Di Pantaleoni mi diceva «E’ un grande pittore!», «Allora gli farai una mostra?» rispondevo di rimando, «Non è ancora il momento» concludeva. In quegli anni infatti la Galleria era fortemente dedicata al figurativo e alla figurazione materica ma la stima di mio padre per Pantaleoni era indubbia. Gli era stato presentato, oltre che da Dorfles, da James Pichette, un pittore informale francese col quale Pantaleoni aveva esposto a Parigi e cui mio padre era molto legato avendo allestito una sua mostra nel gennaio’69 ed avendolo rappresentato in Italia per alcuni anni. Io stesso li sentivo argomentare di future esposizioni ma sembrava che non avessero nessuna fretta di concludere certi che il tempo fosse dalla loro parte. Invece, ahimè, come sempre accade la vita dispose diversamente, mio padre si ammalò nel 1980 e se ne andò nell’87 e quel progetto rimase tale. 7


Personalmente ho sempre amato la pittura non figurativa iniziato in questo periodo dai maestri dello Spazialismo che mio padre frequentava assiduamente e non solo per lavoro. Sin da bambino sono stato indotto all’amore per Crippa, Dova, Fontana ma anche per Manzoni di cui ricordo una “Merda in scatola” che girava per casa. Poi mi sono inoltrato per i sentieri del Cubismo, del Futurismo e naturalmente Pantaleoni a Parigi, 1948 del M.A.C., il Movimento Arte Concreta fondato da Gillo Dorfles per il quale l’ammirazione di mio padre era grande così come l’orgoglio di averlo amico e frequentatore della libreria-galleria. Ed ora, a quasi quarant’anni da quei ricordi quel fatidico momento tanto procrastinato è arrivato, l’incontro con Paolo Berra dà concretezza a quello che per alcuni versi è un inizio ma soprattutto un ritorno! Cambiano i personaggi ma resta l’idea e l’amore per la pittura. Susanne Capolongo mi ha presentato il progetto e io l’ho sposato con entusiasmo trovando lo stesso sentimento in Paolo Berra, erede morale dell’opera di Pantaleoni. E la scelta del M.A.C. con opere inedite, dei Rilievi, che occhieggiavano all’Arte Concreta che imperava nelle ricerche delle nuove generazioni degli anni ’60 (cui Pantaleoni non ha mai aderito ma di cui ha anticipato taluni sviluppi) e dei Geometrici, rigorosi nella costruzione formale e cromatica, è coerente con la proposizione dei periodi più fecondi ed espressivi del maestro veneto di nascita ma autentico cittadino del mondo. Carla Accardi, Nino Di Salvatore, Gianni Monnet, Ideo Pantaleoni, Ideo Pantaleoni, “Panta”, prota- Giulia Sala Mazzon alla Libreria Salto, 1951 8


Pantaleoni, la moglie, Bianca Magri e Dadamaino alla Galleria Blu Milano, 1975. Photo: Courtesy Galleria Blu

gonista di un’epoca irripetibile, la rinascita dopo l’epopea tragica della guerra, fervide menti fecondavano l’assemblarsi di nuovi pensieri, la nascita di gruppi e movimenti Forma 1, M.A.C., Spazialismo, Nucleare, Realismo esistenziale, Arte programmata, Azimut. E’ l’afflato europeo che, come agli inizi del ‘900, avvolgeva e conglobava il melting pot d’idee e iniziative. In linea con ciò i frequenti viaggi e soggiorni tra Milano e Parigi del “Panta”, lui stesso trait d’union tra le due capitali, italiana ed europea, della cultura e delle arti figurative. È un omaggio che rendo a Pantaleoni ed un ricordo di mio padre fiero di aver reso finalmente possibile (con l’aiuto di amici quali Susanne Capolongo e Paolo Berra) il loro incontro d’arte, il suggello di quell’idea “in nuce” che ora finalmente si realizza. 9


Interno dello studio di Milano via Rossini 3, 1935

Pantaleoni nello studio di Milano via Wildt 5, 1968

A Parigi nel 1948

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Astrazione A/R di Marco Meneguzzo Il cammino verso l’astrazione – o, nella sua variante storica, verso l’Astrattismo – conosce gli andamenti più disparati, che vanno dalla dura e lunga disciplina che impiega anni a raffinare il proprio linguaggio, all’improvvisa illuminazione che mette sulla tela quello che già era dentro di sé da tanto tempo. Gli esempi più fulgidi di questa polarità di atteggiamenti sono da una parte Mondrian, dall’altra Kandinsky: in mezzo ci sono tutte le infinite sfumature di infiniti artisti che nel corso di poco più di un secolo hanno affrontato questo “salto nel linguaggio”, che oggi sembra assodato – e forse anche un po’ obsoleto – ma che fino alla metà del XX secolo era tutt’altro che scontato. “Essere astrattisti” o “diventare astratOlio su tela, 1947, cm 50x40 tisti” significava partire per un viaggio il cui arrivo non era per nulla chiaro, e il percorso irto di ostacoli, primo fra tutti l’incomprensione di gran parte del proprio pubblico. Così, se si guarda a un “Nudo” del 1946 di Ideo Pantaleoni, così obbediente ai canoni novecentisti da costituirne quasi un esempio, e si osserva il “Senza titolo” del 1947, già completamente astratto, nonostante un vago residuo di figura nel tondo che ricorda la testa e lo slancio degli elementi verticali che rimandano al corpo, sembra di trovarsi di fronte a due artisti diversi, oppure a opere di uno stesso artista che però distano svariati anni tra l’una e l’altra. Invece, l’artista è lo stesso, e son passati solo pochi mesi … destino comune a qualcun’altro, in quei precisi anni che vanno dal 1946 al 1948, se si pensa al passaggio all’astrazione di Carla Accardi, per esempio, o di Antonio Sanfilippo o, anche, perché no, di Giuseppe Capogrossi, ma in questi ultimi la sensazione è che il salto sia stato meno repentino, formalmente più giustificato dalle opere precedenti, cui mancava solo un passo per eliminare ogni residuo realistico. Invece, per Pantaleoni, tutto avviene improvvisamente e, vien da dire – conoscendo anche tutto il suo lavoro successivo -, con una grande 11


A Parigi, 1959

disinvoltura, che gli permetterà anche di tornare indietro, di riprendere a dipingere figurativo, poi ancora a ricercare nel campo dell’astratto, come se ciò che veramente conta in un artista sia il vitalismo che questi sa mettere in campo, e di cui la pittura – e la scultura – non sono altro che la forma assunta da questa capacità di slancio vitale. E’ un’attitudine che ha il sapore del Futurismo (benché negli anni Trenta Pantaleoni si sia maggiormente rivolto al coté figurativo dei Sironi e dei Carrà), di cui Pantaleoni porta su di sé almeno l’aspetto, non troppo dissimile da quello di Marinetti, certi atteggiamenti e il vezzo di un soprannome – “Panta” – che nella formulazione ricorda gli automi di Depero e la velocità di “Futurballa”: se a questo poi si aggiunge la “folgorazione” parigina, che lo colpisce non appena vi si reca, nel 1948, per poi prendervi casa e ritenersi per metà transalpino, si ha un quadro “atmosferico” del contesto in cui Pantaleoni matura queste decisioni repentine (ma non irreversibili). In altre parole, l’astrattismo di Pantaleoni è il frutto di una intuizione personale, dello spirito dei tempi, e del gusto della sperimentazione innestati in uno spirito irruente e libero. Tra Parigi e Milano trova i suoi modelli e soprattutto a Milano sviluppa quella sua eleganza formale, testimoniata da tutte le opere astratte rimasteci di quel periodo, 12


in stretto contatto con gli artisti del Movimento Arte Concreta, di cui entra a far parte prestissimo, e di cui assorbe – contribuendo da par suo – i moduli stilistici, da Atanasio Soldati prima, da Gianni Monnet – a nostro avviso – immediatamente dopo, come si vede nelle sue “composizioni” attorno al 1955, di chiara matrici modulare e “tipografica”, come stava allora sperimentando anche l’amico Monnet, Pantaleoni in studio con opere MAC Parigi, 1952 infaticabile animatore del M.A.C. . E’ la Modernità che irrompe nella sua vita, e che per la prima volta lo fa uscire dagli spazi ormai troppo angusti di un Novecento superato nelle idee e nelle forme, e frequentato negli anni Trenta e primi Quaranta da Pantaleoni più per diligente obbligo di formazione che altro, nonostante i discreti successi espositivi e commerciali: è nell’astrazione, affrontata quasi “a testa bassa” che Panta si realizza, non più giovanissimo ormai. In effetti, quella stagione degli anni Cinquanta è per Pantaleoni anche l’uscita da un isolamento in cui rischiava di rientrare: la vicinanza del gruppo, la lotta contro i detrattori dell’astrazione, le frequentazioni parigine – e la contemporanea creazione del gruppo MAC/Espace, cui forse in nostro ha in qualche misura contribuito, facendo la spola tra le due città ora “gemellate” dal comune credo astrattista – lo vedono coprotagonista di tanti avvenimenti che di lì a pochi anni favoriranno la grande stagione degli anni Sessanta. Paradossalmente, è proprio tra la fine dei Cinquanta e quasi tutti i Sessanta che Pantaleoni ripensa al suo impegno nell’astrattismo – come molti altri del M.A.C., per altro – e si ritrova per quel periodo a tornare prima a un Informale gestuale, poi a una vera e propria figu- Nel suo studio di Milano via Wildt 5, 1961 13


razione, per ritrovare infine alle soglie degli anni Settanta la sua strada nella ricerca astratta. E’ il momento delle composizioni all’aerografo e degli altorilievi monocromi, che costituiscono davvero il suo periodo più autonomo e riconoscibile. E’ tardi per lo spirito del tempo, per il contesto linguistico (e infatti anche oggi il mercato cerca soprattutto il suo periodo del M.A.C.), ma non è tardi per Pantaleoni che, finalmente solitario, prosegue diritto per la sua strada, senza badare alle Con delle sculture di Lucio Fontana, Albisola 1966 seduzioni del momento. In questi anni Pantaleoni è attorno alla settantina, e questo è un torto per la situazione della sua arte, difficile da “collocare”, ma è un privilegio per l’essere umano che riesce a concentrarsi su se stesso e su quella porzione di linguaggio che ha eletto a suo campo d’indagine: questa condizione esistenziale consente infatti di misurarsi senza distrazioni e senza strategie solo sul lavoro, che di fatto emerge nel suo coté di originalità. E se le “composizioni” all’aerografo mostrano una freschezza e una velocità di costruzione che riflette l’analoga freschezza di pensiero (quel pensiero che lo aveva volto così repentinamente all’astrazione, e che allo stesso modo l’aveva fatto tornare alla figurazione), i rilievi, con la loro lentezza “fisica” di elaborazione, mettono alla prova quelle stesse composizioni e ne valutano la tenuta di fronte alla materia, una volta eliminato dalle superfici il colore. E se si astrae dalla storia dell’arte, dal momento, dalla narrazione corale dei mutamenti del linguaggio, si ritrova un percorso personale altamente degno d’attenzione. Nel suo studio di Milano via Wildt 5, 1968 14


Intervista a Gillo Dorfles di Susanne Capolongo S.C. - Il Movimento Arte Concreta nasce nel 1948, lei ne fu il fondatore, insieme a Atanasio Soldati, Bruno Munari e Gianni Monnet. Il M.A.C. può essere considerato il movimento promotore di un’arte avulsa da tutti i canoni figurativi, siete stati i maestri delle prime forme pure e concrete in Italia, liberando l’arte da implicazioni referenziali, mi racconta la genesi? Gillo Dorfles e Susanne Capolongo durante l’intervista. Milano, 2015

G. D. - Il Movimento Arte Concreta mi vide partecipe sia come teorico, che come artista insieme a Soldati, Monnet e Munari a partire proprio dal 1948. L’idea nacque dal desiderio di creare una reale rottura non solo con il figurativo ma con tutte le tendenze artistiche italiane e americane. Abbiamo voluto dare un segno di unità di azione contro tutte quelle correnti che ai tempi dilagavano a Milano e in tutta Italia. Il movimento è stato profondamente e indiscutibilmente un movimento di rottura. Si distingueva per il suo rigore, per la volontà di esprimere la creazione pittorica entro i limiti di un’arte non oggettiva, allontanandosi volutamente dall’oggetto naturalistico, operando liberamente nella composizione dell’opera. Ritengo che sia stato l’unico movimento che si è basato su un programma razionale, mentre altri gruppi erano di tendenza post-impressionista e espressionista di origine mitteleuropea, oppure erano informali a imitazione degli artisti americani, mentre il M.A.C. sin dall’inizio si è riallacciato al razionalismo costruttivista. Difatti il M.A.C. ha rappresentato in Italia quello che il costruttivismo è stato in Russia o in Olanda, per esempio Nicolas De Stael è stato fonte d’ispirazione per molti di noi. Eravamo in costante contatto con i gruppi svizzeri, olandesi e inglesi, soprattutto con il gruppo del concretismo zurighese come Richard Paul Lohse, Max Bill, Max Huber, che grazie alla moglie di Gianni Monnet svizzera di origine, ci mise in contatto e mantenne negli anni i rapporti. S.C. – Qual’ era il collante che portò innumerevoli artisti ad aderire all’arte concreta?

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Gillo Dorfles, Pantaleoni e Nigro. Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 1951

G. D. - La libertà di espressione artistica coniugata al rigore e alla ricerca concreta nelle forme e nei colori, la nostra arte non si configurava che nello spirito del singolo artista, questa è la motivazione per cui al movimento aderirono molti altri artisti provenienti da tutta Italia. S.C. - Quindi foste promotori e catalizzatori di una nuova forma alla quale aderirono artisti come Mazzon, Regina, Nativi e tra questi anche Ideo Pantaleoni, che ricordi ha dell’artista? G.D. - Ricordo molto bene Ideo Pantaleoni e ancor di più le sue opere. Era una persona colta e simpatica, era l’unico che aveva un’ufficialità didattica, veniva dalla scuola delle arti, gli altri erano architetti, critici, design, mentre Pantaleoni aveva una sua precisa attività culturale. È stato il trait d’union tra l’ufficialità dell’epoca e il M.A.C. Era partecipe anche nell’attività per la pubblicazione dei bollettini di “Arte Concreta”. S.C. - Nel 1952 la mostra “Materie plastiche in forme concrete “ alla Saletta dell’Elicottero con Garau, Fontana, Di Salvatore, Casarotti c’era anche Panta, ricorda l’evento? 16


G.D. - Si, prima ancora aveva partecipato, nel 1951, alla mostra “Arte Astratta e Concreta in Italia” alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma organizzata da L’Age d’or e tramite Dorazio da Art Club, esponevamo noi milanesi insieme agli artisti romani, campani e torinesi; nello stesso anno alla Galleria Bergamini insieme a Munari, a Regina e gli altri c’era anche Pantaleoni. Mentre la mostra che citavi alla Saletta dell’Elicottero, era una stanza sopra al Bar dell’Annunciata in via Fatebenefratelli. Era un spazio, dove organizzammo numerose esposizioni, in contemporanea alla Libreria Salto così come alla Galleria Bergamini. Ricordo che in quella mostra esponemmo oggetti plastici, plexiglas, lastre, tubi, laminati e fili, una nuova materia malleabile e industriale al Invito alla mostra Arte Concreta alla Galleria d’Arte Moderna servizio dell’arte. Ci furono altre di Roma, 1951 esposizioni che ci videro partecipi insieme, come a Genova alla Galleria San Matteo e allo Studio “b24”, se non mi sbaglio era il 1953. S.C. – Quindi lo possiamo considerare una figura di spicco del movimento? G.D. - Nonostante la sua presenza a Milano si alternasse ai soggiorni parigini, Pantaleoni era un collante per il movimento, anche grazie a lui si deve il contatto con i gruppi di Parigi. Già nel 1952 avevamo un vero e proprio comitato esecutivo, ogni anno ci alternavamo nei ruoli di presidente e segretario e sicuramente Pantaloni ne ha fatto parte, anche se per brevi periodi, ricordo che nel 1955 Pantaleoni era presente insieme a Prampolini, Nigro, Mesciulam, Nativi e molti altri. Sicuramente nella documentazione del M.A.C., depositata presso la Galleria d’arte moderna di Gallarate, si possono trovare le tracce di queste partecipazioni e tante altre informazioni. 17


Gillo Dorfles nel suo studio, Milano 2015

S.C. – Agli inizi degli anni ‘70, in occasione della mostra di Pantaleoni alla Galleria Vismara, scrisse il testo critico, ricorda l’evento? G.D. - Se non mi sbaglio rividi Pantaleoni alla fine degli anni ’60, esponeva alla Vismara delle opere monocrome su legno, rigorose e geometriche, su più livelli, di assoluta influenza costruttivista. Scrissi per lui, il testo critico, in occasione della mostra dei rilievi su metallo nel 1971 alla Vismara e nel 1977, quando espose delle opere su tela colorate dove usava l’areografo. Di certo si può confermare che Pantaleoni, abbandonato il periodo figurativo, fu sempre fedele all’arte concreta. 18


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Pantaleoni nel suo studio di Cantello (Varese), 1944

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Intervista a Daniela Palazzoli di Susanne Capolongo S.C. - Nel 1994 alla Civica Galleria D’Arte Moderna di Gallarate fu organizzata un’esposizione dedicata a Ideo Pantaleoni concentrata sul periodo che lo vede partecipe al Movimento Arte Concreta. Che ricordi ha di Pantaleoni e della mostra? D.P. - Non ho avuto il piacere di conoscere personalmente Ideo Pantaleoni anche se ricordo vagamente la sua presenza durante le Bianca Magri Pantaleoni, Daniela Palazzoli, Franco Passoni inaugurazioni alla Galleria Blu. La e Silvio Zanella alla Civica Galleria d’Arte di Gallarate, 1994 mia presenza in galleria era saltuaria: ai tempi degli studi universitari ero troppo impegnata con gli esami e la tesi che feci sulla grande scuola del Bauhaus. Appena laureata in lettere sia l’architetto Ernesto Rogers che il Prof. Gregotti, mi invitarono ad insegnare nei loro corsi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove andai senza abbandonare il corso di Specializzazione di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere dell’Universita di Milano. Cominciai anche a viaggiare per lavoro, a cominciare dagli Stati Uniti, dove venni anche invitata ed andai ad insegnare alla Rutgers University, dando così uno slancio ancora maggiore alla mia conoscenza dei grandi sviluppi creativi che stavano avvenendo, e quindi anche ai miei progetti curatoriali, incluso quelli legati a Fluxus. A New York frequentavo anche George Maciunas, Nam June Paik, Dick Higgins e molti altri: una grande scuola che anticipava di decenni il mondo globale a cui mi pregio di appartenere, consapevole ancora oggi del privilegio che ho avuto. A Milano avevamo anche una casa editrice, la ED912, per cui dirige- Remo Brindisi, Bianca Magri, Giordano Pavan, Ideo Pantaleoni vo la rivista BIT Arte oggi in Italia e Federico Berra alla Galleria Vismara, Milano 1977 21


Di Ideo Pantaleoni ricordo molto bene la mostra alla Galleria di Arte Moderna di Gallarate, curata da Franco Passoni: allora ero Assessore alla Cultura di Gallarate. Apprezzai molto quella mostra che aveva anche il pregio di essere collegata con l’importante Movimento di Arte Concreta. L’inaugurazione fu viva e ricca di notevoli partecipazioni da parte di artisti, critici e collezionisti. La moglie di Ideo Pantaleoni, Bianca Magri, fu attiva e consapevole nel valorizzare il lavoro creativo dell’artista e l’importanza della mostra. La mostra era ben costruita e organizzata da Franco Passoni, le opere di grande qualità, d’altronde parliamo di un artista di spicco del novecento italiano che ha lavorato per tanti anni a Parigi al fianco del gruppo Réalités Nouvelles, dove venne soprannominato il “Maestro dei Grigi” proprio per la sua capacità di esaltare le forme geometriche utilizzando il nero, il grigio e il bianco, tornati oggi di grande attualità. Durare nel futuro è per ogni artista un premio non indifferente! S.C. - E’ vero. Mi fa piacere che lei confermi quanto aveva scritto nel catalogo della mostra: “Ideo Pantaleoni ha tracciato e percorso una sua vita creativa, senza cedere alla tentazione dell’effetto facile, mantenendosi fedele alla sua vocazione e al suo stile”.

Peppino Palazzoli e Ideo Pantaleoni alla Galleria Blu, Milano 1967. Photo: Courtesy Galleria Blu

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Pantaleoni, 1980

Con Lorenzo Guerrini alla Biennale di Venezia, 1948

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Con Raffaele De Grada, Milano 1957


Nel suo studio di Milano via Teodosio, 1977

Opere post-cubiste

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Intervista a Luigi Cavadini di Susanne Capolongo SC: Lei è il Curatore del Catalogo generale di Ideo Pantaleoni a seguito del mandato conferito dagli eredi, quale è stata la motivazione per accettare l’incarico? LC: Innanzi tutto perché Ideo Pantaleoni è un artista ancora da scoprire per il grande pubblico. In qualità di studioso conoscevo in parte la sua storia e il percorso artistico e da semNel suo studio a Parigi, 1948 pre reputo che meriti una riscoperta. Ne è la prova l’interesse che si è riscontrato in occasione della mostra commemorativa dei 110 anni dalla nascita dello scorso anno dedicata principalmente agli anni del MAC, Movimento Arte Concreta fondato nel 1948 da Atanasio Soldati, Gillo Dorfles, Bruno Munari, Gianni Monnet, alla cui attività Pantaleoni partecipò fin dalle prime esposizioni. SC: Come procedono i lavori del catalogo generale LC: Il catalogo generale delle opere di Pantaleoni, che interessa circa sessant’anni di vita professionale dell’artista, è in avanzata fase di realizzazione; sono documentate circa un migliaio di opere corredate da foto d’epoca, corrispondenza con le istituzioni, scritti inediti, cataloghi di mostre, varie pubblicazioni oltre alle singole schede tecniche, che permettono, per quanto possibile, di tracciare il percorso collezionistico delle singole opere. E’ un lavoro molto impegnativo che richiede tempo, pazienza e grandi risorse e che alla fine permetterà di far conoscere la vera storia di un maestro che parte da un naturalismo proprio degli anni della sua formazione - gli interni, le nature morte, i paesaggi, le composizioni di figura – per sviluppare nell’immediato dopoguerra una ricerca postcubista e per inserirsi poi nelle esperienze dell’astrattismo di carattere geometrico, approdando più avanti, per un breve periodo, alla forza espressiva dell’informale che diventa sorgente di una narrazione pittorica in cui si ricomprendono tutte le esperienze del dopoguerra, in novità di proposta sia compositiva che coloristica. SC: Ideo Pantaleoni non era soltanto pittore ma anche scultore, ceramista, incisore, designer di gioielli, designer di arredi e complementi per la casa, designer industriale, fotografo e poeta. Nel catalogo generale saranno riportati tutti questi aspetti? 25


LC: Il catalogo generale prevede al momento di affrontare e documentare la ricerca pittorica e scultorea di Pantaleoni, senza trascurare, quando utile ad una maggiore comprensione, i riferimenti ad altre tipologie di espressione, che potranno trovare documentazione in una successiva pubblicazione che potrà comprendere anche una sezione dedicata alle ceramiche, che realizzò alla fine degli anni ’50 su sollecitazione dell’amico Lucio Fontana. Nel suo studio di Milano via Wildt 5, 1968

SC: Per questa mostra l’archivio Ideo Pantaleoni ha dato un notevole contributo per la reperibilità delle opere, mi spiega il percorso e qualche aneddoto? LC: La funzione di un archivio, al di là di quella fondamentale di documentazione di definizione dell’opera intera di un autore, è anche quella, nel caso di esposizioni, di mettere a disposizione tutte le conoscenze acquisite al fine di riuscire ad individuare le opere più rappresentative dell’artista e di mettere in contatto i curatori con i collezionisti, in quanto la reperibilità di opere importanti è fondamentale per la riuscita dell’evento e la valorizzazione dell’artista. Nel caso di questa mostra sono state identificate opere con un passato espositivo ragguardevole e singolari storie legate ad ogni, opera, cito il primo rilievo su legno del 1967 che non fu mai esposto al pubblico perché dal 1967 adornava la parete dell’abitazione dell’artista, come pure due opere del MAC presumibilmente del 1955 non firmate, custodite con cura nello studio insieme ad altre opere dello stesso periodo di cui abbiamo documentazione fotografica d’epoca. Seguono i rilievi che furono oggetto d’esposizione del 1968 alla Galleria Vismara o le opere del 1977 esposte nello stesso anno nella personale sempre alla Galleria Vismara oltre che a Venezia e a Parigi nel 1978, in buona parte riprodotte nei cataloghi e documentate nelle foto storiche delle Nel suo studio di Milano via Wildt 5, 1977 esposizioni. 26


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Opere

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Nudo, 1946 olio su tela, cm 132x55 30


Senza titolo, 1947 olio su tela, cm 80x40 31



Senza titolo, 1953 olio su tavola, cm 60,5x37,3

Composizione, 1951 tempera su masonite cm 108x38 33


Composizione, 1953 olio su tavola, cm 49,8x59,5 34


Composizione, 1953 metallo/anticorodal su supporto di legno, cm 55,2x45,2x6 35


Composizione, 1955 olio su tela, cm 73x54 36


Composizione, 1955 olio su tela, cm 81x61 37


Composizione, 1955 olio su tela, cm 73x54 38


Composizione, 1955 olio su tela, cm 60x50 39


Composizione, 1955 olio su tela, cm 60x50 40


Rilievo, 1967 idropittura su legno, diametro cm 50x2,5 41


Rilievo, 1967 idropittura su legno, cm 59,5x90x10 42


Rilievo, 1967 idropittura su legno, cm 81x100x5 43


Rilievo, 1967 idropittura su legno, cm 102x102x5 44


Rilievo, 1968 idropittura su legno, cm 89x105x6 45


Composizione sulla diagonale, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50

Composizione simmetrica, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 46


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Composizione sulla diagonale, 1977 nitroacrilico su tela, cm 90x60

Elevazione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 49



Composizione (La PoupĂŠe), 1977 nitroacrilico su tela, cm 90x60

Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 51


Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 52


Il grande cerchio, 1977 nitroacrilico su tela, cm 90x60 53


Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50

Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 54


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Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50

Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 56


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Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50

Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 90 x 60 58


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Composizione ritmica, 1977 nitroacrilico su tela, cm 90x60 60


Composizione sulla diagonale, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 61


Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 62


Composizione simmetrica, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 63


Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 50x70

Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 64


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Composizione simmetrica, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 66


Composizione, 1977 nitroacrilico su tela, cm 70x50 67


Composizione verticale, 1978 nitroacrilico su cartone, cm 50x35 68


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Apparati

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Ideo Pantaleoni

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Ideo Pantaleoni note biografiche a cura di Susanne Capolongo Nasce a Legnago, in provincia di Verona, il 12 ottobre 1904 da Paolo Pantaleoni e Lucilla Sabbioni, secondogenito. La sorella Maria, più grande di lui di quattro anni, gli rimane vicina per tutto il corso della sua vita. La famiglia è in continuo movimento, a causa della professione del padre che è un assicuratore; si trasferiscono prima a Mantova e poi a Ferrara, dove Ideo frequenta le scuole fino al Ad Albisola seduto su un bronzo di Fontana, 1966 diploma conseguito presso la Scuola d’Arte Dosso Dossi. Sin dalla tenera età mostra una notevole propensione alle arti, disegna su qualsiasi supporto trovi disponibile: famoso è il ricordo dei suoi “piccoli capolavori”sul ciottolato del marciapiede antistante la sua casa nel centro di Ferrara, dove amava riprodurre qualsivoglia immagine catturasse il suo vivido interesse. In seguito a Bologna frequenterà l’Accademia di Belle Arti. Nel 1923 si trasferisce a Milano dove entra da subito in contatto con l’ambiente artistico. A Milano, che in quegli anni era il punto cardinale nella geografia dell’arte e della cultura, frequenta i maestri De Pisis, Carrà e Sironi che lo aiutano a comprendere il“mestiere artistico”, la maestria compositiva, la perizia tecnica e le consonanze cromatiche, accostandolo alla sperimentazione di nuove tecniche, aiutandolo ad arricchire così le sue opere di forme e soggetti per lui inediti. Tutto questo gli permise di crearsi una clientela di collezionisti che lo seguì con ammirazione e continuità. Scoppia la II Guerra Mondiale, il suo studio di Via Fontana a Milano viene bombardato, perde molte delle sue opere e si vede costretto a lasciare la città. Nel suo migrare da un luogo all’altro, a Rapallo incontra Bianca Magri che diviene sua compagna e moglie di tutta un’esistenza. Nel 1948 si reca a Parigi, dove viene travolto dal fascino della Ville Lumière e dell’ambiente arti- Nello studio di Milano via Teodosio, 1975 73


Nello studio di Milano Via Wildt 5, 1968

stico bohémien; ne rimane affascinato e decide di abbandonare quasi del tutto il figurativo tradizionale avvicinandosi così all’astrazione, opere d’ispirazione cubista, ottenendo un largo successo di pubblico e di critica: venne definito il “Maître des Gris” (il maestro dei grigi). Ritornato a Milano entra a far parte del movimento “M.A.C.”, (Movimento Arte Concreta) in qualità di socio accanto ai fondatori Atanasio Soldati, Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Bruno Munari, continuando però a fare la spola con Parigi dove negli anni ha consolidato i suoi rapporti con artisti quali Klein, Poliakoff, Pillet, Hartung, Atlan, Seuphor, Huber, Dewasne e galleristi come Monsieur Guy Resse della “Galerie La Roue” suo noto estimatore e mecenate. A lui si deve il contatto con istituzioni e musei francesi: l’opera “Composition” del 1958 fu acquistata dal Musée de la Ville de Paris, e opere di Pantaleoni furono esposte anche alle mostre del gruppo “Réalités Nouvelles” dove venne accolto quale Socio Onorario. Anche in Italia partecipa a importanti mostre nazionali quali la Biennale di Venezia, la Triennale di Milano, le Quadriennali romane. Dal 1957 si allontana dalla pittura astratto-concreta per avvicinarsi a nuove strutture d’impronta astratto-informale che denotano un nuovo rigore pittorico, sviluppando effetti cromatici di trasparenze a piani sovrapposti. Nei due anni successivi l’esperienza del 74


movimento M.A.C. volge al suo termine, e Pantaleoni passa le sue estati ad Albissola, nota residenza di artisti dediti alla scultura. Tra questi Lucio Fontana che lo convince ad avvicinarsi alla ceramica, ottenendo anche in questo campo un apprezzabile successo. Nel 1962 la sua ricerca passa all’astratto-gestuale, nascono opere di elevata qualità, ormai rarissime in quanto disperse in varie collezioni private e musei. A Milano ha come amici gli artisti Bertini, Dorfles, Fontana, Grossi, Mazzon, Mocenni, Monnet, Munari, Pozzi, Regina, Soldati, Veronesi, Bozzolini, Dangelo, Falchi, Nigro, Guerrini e Righetti. Molti di loro sono assidui frequentatori dello stesso ambiente artistico parigino frequentato da Pantaleoni. Gli anni ‘70 lo vedono impegnato nella produzione di opere plastiche tridimensionali in legno, acciaio e anticorodal, le forme divengono geometrie costruttiviste che danno vita a opere scultoree, composizioni di cerchi, linee, piani, rombi e rettangoli, sovente sovrapposti a più livelli, con rimandi all’arte programmata. La sua prima opera, in anticorodal, vicina all’arte che poi sarà denominata “programmata” è datata 1953: definirlo quindi precursore di tali movimenti è quanto meno doveroso e lecito. Queste opere, come in precedenza per l’arte astratta, riscuotono notevole successo di pubblico e tra le innumerevoli mostre di quel periodo, menzioniamo quelle tenute alla Galleria Vismara e al Museo della Permanente. E così avviene per le opere pittoriche prodotte con l’uso dell’aerografo che anticipano, di almeno dieci anni, quella che diverrà la Street Art. Gli anni ‘80 sono pura esplosione di colore che con maestria e sensibilità catturano lo sguardo e l’animo dello spettatore. I rimandi ai grandi maestri come Monet sono evidenti, non per nulla questo ciclo di opere di Pantaleoni sono state denominate “ Mon jardin imaginaire”. Per tutta la sua lunga vita Pantaleoni ha perseguito una personale ricerca cromatica e compositiva rigorosa e raffinata, partecipando a molteplici manifestazioni d’arte italiana ed estera. Storiche gallerie hanno esposto le sue opere (Galleria Annunciata, Galleria Gian Ferrari, Galleria Vismara e molte altre) in mostre cui sono seguite importanti acquisizioni da parte di collezionisti e di Musei nazionali e internazionali (a Parigi e New York in primo piano). Ideo Pantaleoni si spegne a Milano il giorno di Natale del 1993 a 89 anni.

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Mostre personali 1939 Galleria Gian Ferrari, Milano 1941, Enotrio Mastrolonardo

1943 Galleria Annunciata, Milano; Galleria Varese, Varese 1944 Galleria Gavioli, Milano; Galleria Sant’Andrea, Milano

1943, Galleria Varese

1945 Galleria Sant’Andrea, Milano 1958 Galerie La Roue, Parigi

1946, Galleria S. Andrea

1960 Galerie La Roue, Parigi 1962 Galleria del Grattacielo, Legnano 1958, Galerie La Roue

1968 Galleria Vismara, Milano 1971 Galleria Vismara, Milano 1971, Galleria Vismara

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1975 Galleria Pianella, Cantù 1977 Galleria Vismara, Milano 1975, Galleria La Pianella

1978 Galleria Ravagnan, Venezia 1985 Galleria Civica d’Arte Moderna, Palazzo dei Diamanti, Ferrara; Studio d’Ars, Milano

1978, Galleria Ravagnan

1990 Pinacoteca Comunale “Loggetta della Pinacoteca”, Ravenna; Galleria Martini & Ronchetti, Genova

1985, Palazzo Dei Diamenti

1991 Museo Alternativo di Remo Brindisi, Lido di Spina (FE) 1993 Galleria Radice, Lissone (MI); Museo d’Arte Moderna di Ferrara

1990, Martini E Ronchetti

1994 Galleria Radice, Lissone (MI); Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate (VA) 1991, Museo Alternativo Remo Brindisi

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1996 Galleria il Segno - Europ Art Génève, Ginevra (CH) 1998

1993, Museo Arte Moderna Ferrara

Galleria Arte Centro, Milano 1999 Galleria Radice, Lissone (MI) 1994, Civica Galleria d’Arte Moderna

2000 Ex Chiesa di San Pietro in Atrio, Como 2001 Galleria Radice, Lissone (MI) 2002

2000, San Pietro in Atrio, Como

Galleria il Salotto, Como Galleria Vismara, Milano 2007 Galleria TI.VA, Colorno (PR) 2008

2008, Galleria Sartori, Mantova

Galleria Arianna Sartori, Mantova 2014 Ferrarin Arte, Legnago (VR) 2015 Cortina Arte, Milano

2014, Ferrarin Arte, Legnago

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Mostre collettive

1935 Premio Banca popolare di Novara, Milano 1937 II Mostra Nazionale Sindacale, Napoli 1939 III Quadriennale d’Arte, Roma 1940 II Premio Bergamo 1941 III Mostra Nazionale Sindacale, Milano; III Premio Cremona; Mostra d’Arte Italiana, Hannover 1942 IV Premio Bergamo 1946 II Mostra d’Arte Contemporanea del Fondo Matteotti, Milano; Premio “Gatto Nero”, Milano 1947 Premio Galleria Bompiani 1948 XXIV Biennale di Venezia, Venezia; Premio “Forte dei Marmi”, Forte dei Marmi (LI) 1949 IV Salon des Réalités Nouvelles, Parigi 1950 V Salon des Réalités Nouvelles, Parigi 1951 Arte Astratta e Concreta, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; Arte Concreta, Galleria Bergamini, Milano; VI Salon des Réalités Nouvelles, Parigi 80

1940, II Premio Bergamo

1941, III Mostra Permanente

1948, XXIV Biennale Venezia

1949, Salon des Realites Nouvelles Paris


1951 Galleria Annunciata, Milano; Forme concrete nello spazio realizzate in materiale plastico, Saletta dell’Elicottero, Milano 1952 VII Salon des Réalités Nouvelles, Parigi 1953 Astratto/Concreto, Galleria San Matteo, Genova; Mostra della collezione dello studio b24 di Milano, Bergamo; VIII Salon des Réalités Nouvelles, Parigi 1954 Decima Triennale di Milano, Milano; IX Salon des Réalités Nouvelles, Parigi; XXXVI Salone dell’Automobile di Torino,Torino 1955 Esperimenti di Sintesi delle arti, MAC/ Espace, Galleria del Fiore, Milano 1956 Mostra d’Arte Contemporanea, Galleria Schettini, Milano 1957 Rassegna Nazionale di Arte Concreta, Galleria Schettini, Milano; Cinquante ans d’art abstrait, Galerie Creuze, Parigi; Micro Salon, Galleria La Tartaruga, Roma 1958 Mostra Edizioni Arte Concreta, Libreria Salto, Milano 1965 IX Quadriennale d’Arte, Roma 81

1950-51, Mostra Arte Concreta

1951, Bollettino di Arte Concreta n. 2

1951, Bollettino di Arte Concreta n. 5

1951, Mostra Arte Concreta, Galleria Bergamini

1953, VIII Salon des realites nouvelles


1966 IV Biennale di Pittura, Saronno 1970 Mostra internazionale di scultura all’aperto, Fondazione Pagani, LegnanoCastellanza 1978 Cinque Scultori, Minigalleria, Serravalle Sesia; Aspects de l’Art Italien d’aujourd’hui, Galerie de l’Université, Parigi 1982 XXXIII Mostra d’Arte Contemporanea, Civica Galleria d’Arte Contemporanea, Torre Pellice 1983 Aniconicità Europea 1950/1960, Galleria Vismara, Milano 1984 M.A.C., movimento arte concreta 19481958, Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate (VA) 1996 M.A.C. Movimento Arte Concreta 19481958, Galleria Niccoli, Parma 1997 M.A.C. e dintorni, Galleria Credito Valtellinese, Palazzo Sertoli, Sondrio 1999 M.A.C./Espace, Acquario Romano, Roma; Generazioni Italiane del ‘900, Museo “G.Bargellini”, Pieve di Cento (FO) Arte a Milano 1946-1959 M.A.C. e dintorni, Galleria Gruppo Credito ValtellineseGalleria San Fedele, 16 giugno, Milano 82

1954, 1 X Triennale

1965, XXIV Biennale Permanente

1966, IV Premio Saronno

1978, Minigalleria


2001 Galleria Radice, Lissone (MI) 2001 Arte in Italia nel secondo dopoguerra, Civico Museo Parisi Valle, Maccagno (VA) 2002 Arte astratta e concreta, Galleria d’Arte Moderna, Roma 2002 Anni ’40 - ’60, Galleria il Salotto, Como 2003 Movimento Arte Concreta 1948-1952, Fondazione Roma Museo, Roma 2006 Il treno dell’arte, Trenitalia, Mostra itinerante in 28 città d’Italia 2007 Nowheremen, Acciaierie Arte Contemporanea, Cortenuova (BG) 2007 Il treno dell’arte, Trenitalia, Mostra itinerante in 22 città d’Italia 2010 Nudi a Taormina, Fondazione Mazzullo, Taormina (ME) 2010 Museo d’arte contemporanea - Il Grande Gioco. Forme d’arte in Italia 1947-1989, sezione 1947-1958, Lissone (MB) 2013 DI-SEGNI, Ex Chiesa di San Francesco da Paola, Taormina (ME) 2015 L’arte italiana dalla terra alla tavola, Casa Museo Sartori, Castel d’Ario (MN) 83

1978, Galerie de l’Université

1983, Museo sperimentale di Torino

1996, Galleria Niccoli Parma

1996, Collezione Comit


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Ideo Pantaleoni: a Beginning and a Return by Stefano Cortina I began to work with my father in 1976, just after having finished school. Following the family’s tradition, at the same time as my university studies I was also helping my father in the family business: the bookshop. Ours was the Cavour bookshop in Piazza Cavour, but differently from the family’s other bookshops, my father’s had been involved with art since 1962, and in the bookshop’s entrance hall there was the Galleria Cortina, a hotbed of cultural activities. I worked in the bookshop, which was a passion rather than simply a family tradition, and from the counter I could see passing by all those who for one reason or another came to see my father, perhaps even just for a chat or to drink a glass of the white wine he always kept cool. Journalists, writers, artists: Indro Montanelli, Gaetano Afeltra, Gillo Dorfles, Alberto Bevilacqua, Nantas Salvalaggio, Luciano Minguzzi, Bruno Cassinari, Gianni Dova, Dadamaino and an endless series of names that it would be presumptuous to quote. And one of these was Ideo Pantaleoni. I perfectly remember his frown as he entered, his heavy footsteps, his courteous smile as he looked downwards to indicate he had to descend to meet Cortina (my father of course), his glasses with their dark lenses, and his inseparable pipe, almost always in his hand or clenched between his teeth. I asked my father about this person and he answered and gave a description of him in his own particular way - in other words, making his own individual judgment. He said to me about Pantaleoni, “He’s a great painter!”; “So will you give him a show?” I asked. “It’s not yet the right moment” he concluded. In fact, at the time the gallery was mostly dedicated to figuration and impasto painting, but my father’s respect for Pantaleoni was genuine. The artist had been introduced to him, not just by Dorfles, but also by James Pichette, a French abstract expressionist with whom Pantaleoni had exhibited in Paris and to whom my father was very close: ha had organised a show by him in January 1969, and had also been his Italian representative for some years. I personally heard them discussing future shows but it seemed to me that they were in no great hurry because time was on their side. Sadly, as always happens, life decided otherwise. My father became ill in 1980 and died in 1987, so the project remained just that. I have always loved the non-figurative painting done in this period by the masters of Spatialism, painters my father frequented, and not just for work. Since childhood I have been indoctrinated to love Crippa, Dova, and Fontana, but also Manzoni, one of whose cans of shit was kept at home. Then I began to follow the paths of Cubism, Futurism, and of course M.A.C., the Concrete Art movement founded by Gillo Dorfles: my father’s admiration for him was as great as his pride in having him for a friend and visitor to the bookshop-gallery. And now, almost forty years after these times I am looking back on, the moment I have been putting off has arrived, and my meeting with Paolo Berra has made concrete what in a certain sense is a beginning but, above all, is also a return! The people have changed but there remains the same idea and love of painting. Susanne Capolongo showed me the project and I enthusiastically welcomed it; I discovered Paolo Berra, the moral heir to Pantaleoni’s work, felt the same way too. And so the choice of M.A.C. - with some previously unexhibited reliefs which have a hint of the Concrete Art that besotted the younger generation in the 1960s (Pantaleoni was never a strict follower of it but anticipated some of its aspects), and some geometric pieces with a rigorous formal and chromatic construction - is in line with the proposal of the most fruitful and expressive periods of this master, a Veronese by birth but a genuine citizen of the world. Ideo Pantaleoni, “Panta”, was a protagonist of an unrepeatable epoch which marked a rebirth after the epic tragedy of the war, a period when lively minds fertilised new ideas and gave rise to new groups and movements: Forma 1, M.A.C., Spatialism, Nuclear, Existential Realism, Programme Art, and Azimut. This was the European creative impulse that, just as happened at the beginning of the twentieth century, enveloped and merged into a melting pot of ideas and initiatives. In line with this were “Panta’s” journeys from Milan to Paris, and his long residencies there, where he acted as a link between the Italian and European capitals of culture and the figurative arts. This is my tribute to Pantaleoni and a memento of my father. I am proud at last to have made possible (with the help of such friends as Susanne Capolongo and Paolo Berra) their artistic meeting, and to bring that embryonic idea to its maturity in this show.

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Abstraction A/R by Marco Meneguzzo The road to abstraction - or, in its historical variant, Abstractionism - was followed in the most disparate ways: from a tough, lengthy discipline that took years for the artist to refine his language, to a sudden illumination that allowed another artist to put onto the canvas what had already been maturing within him for a long time. The most evident examples of this polarity see Mondrian placed on one side and Kandinsky on the other: in the middle are all those infinite shadings of infinite artists who, in little more than a century, have dealt with this “linguistic shift” which now seems consolidated - perhaps even rather obsolete - but which, until the middle of the twentieth century, was anything but taken for granted. To “be an abstractionist” or to “become an abstractionist” meant leaving on a journey whose outcome was anything but clear, and the path was also dotted with obstacles. Among the first of these was the incomprehension of most of the public. When we look at “Nudo”, 1946, by Ideo Pantaleoni, it is so obedient to the rules of the Novecento movement as to be almost an exemplar; but then “Senza titolo”, painted the following year, is already completely abstract despite a vague figurative residue to be seen in the circle that is reminiscent of a head, and the upward rising vertical elements that allude to the body. We might well be looking at the works of two different artists, or else the works of the same artist but separated from each other by years. Instead, the artist is the same and only a few months had passed... This was something also to be found in other artists in those same years from 1946 to 1948: just think, for example, of Carla Accardi’s abstraction, or that of Antonio Sanfilippo or even, and there is no reason not to, of Giuseppe Capogrossi, though in his case the shift was less sudden and more formally justified by his earlier works which needed only a short step in order to eliminate any realistic residue. For Pantaleoni, instead, everything happened suddenly and, we are tempted to say - in the light of all his following work - with great nonchalance, an attitude that was also to permit him to go back and paint in a figurative manner only to turn back again and continue his researches into abstraction, as though what really counts for artists is the vitality that they can emanate and of which their painting or sculpture is nothing other than the form taken on by this vital capacity. This is an attitude reminiscent of Futurism (even though in the 1930s Pantaleoni was most interested in the figurative approach of Sironi and Carrà) with which Pantaleoni shared more than one aspect. His position was not all that dissimilar from that of Marinetti; even the formulation of his nickname, “Panta”, brings to mind Depero’s automatons and the speed of “Futurballa”: if we then add to this his Road to Damascus moment, which struck him as soon as he went to Paris for the first time in 1948, and which led him to consider himself virtually half French and half Italian, we then have an “atmospheric” idea of the context in which Pantaleoni made these sudden, though not irreversible, decisions. In other words, Pantaleoni’s abstraction was the outcome of personal intuition, of the spirit of the times, and of the taste for experimentation all grafted onto a free and impulsive mind. He was to find his models in Paris and Milan, and it was in Milan above all that he developed his formal elegance, something testified to by all the abstract works from that period, a period when he was in close contact with the artists of the Arte Concreta movement, a group he joined early on and from which he absorbed - and gave as much in return - its stylistic modules: from Atanasio Sondati, first of all, and immediately after - in my own view - from Gianni Monnet, as can be seen in his compositions from around 1955; these are clearly modular and “typographical”, as was being experimented with at the same time by Monnet, the tireless animator of M.A.C. Modernity had entered his life and, for the first time, allowed him to leave behind the narrow confines of the Novecento: this by now offered him little in the way of the ideas or forms that he had used in the 1930s and 1940s, more from the need for learning his way than for anything else, even though he had had a success with his exhibitions and also with the market. It was abstraction that Panta plunged into, almost “headlong”, though by now he was no longer young. In fact, for Pantaleoni the 1950s also meant his exit from an isolation which he then risked being pushed back into: the nearness of the group, the fight against the detractors of abstraction, his periods in Paris - and the contemporary creation of the MAC/Espace group to which he probably made a great contribution by commuting between two cities by now “twinned” by their mutual abstract belief - made him one of the leaders

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of many events that were to mature, in just a few years, into the great period of the 1960s. Paradoxically, it was at the very end of the 1950s and for almost the whole of the 1960s that Pantaleoni rethought his adherence to abstraction - in fact, as others from M.A.C. had done - and he returned once more to an Informale, impasto painting, and then to genuine figuration, until at the end of the 1960s he rediscovered his own particular road back to abstraction. This was the period of the airbrushed compositions and the monochrome high-reliefs which were the true representatives of his most autonomous and recognisable period. It was late for the spirit of the times and for the period’s linguistic context (and in fact even today the market is most interested in works from his M.A.C. period), but it was not too late for Pantaleoni who, finally alone, followed his own path without being attracted by momentary seductions. In these years Pantaleoni was coming up to his seventies, and this has made “placing” his art difficult; but it is a privilege for a human being to manage to concentrate on himself and on that portion of language that he has decided to inquire into: this existential condition, in fact, allowed him to concentrate on his work without distractions and strategies, and this is part of his originality. And if the airbrushed “compositions” show a freshness and speed of construction that reflect an analogous freshness of thought (the thought that had so quickly led him to abstraction and that, in the same way, turned him back to figuration), then the reliefs, with their “physically” slow elaboration, test the compositions themselves and evaluate their compatibility with the material, now that he had eliminated colour from the surface. And if we separate his changes of language from art history, from the times, and from choral narratives, we discover a personal art worthy of the greatest attention. An interview with Gillo Drofles by Susanne Capolongo S.C. - The Movimento Arte Concreta, the Concrete Art Movement, began in 1948 and you were its founder, together with Atanasio Soldati, Bruno Munari and Gianni Monnet. M.A.C. could be considered a movement that promoted an art completely free of any figurative criteria. You were the masters of the first pure and concrete forms in Italy, thus liberating art from referential implications. What was the movement’s genesis? G.D. - From 1948 onwards I took part in the Movimento Arte Concreta, both as a theoretician and as an artist, together with Soldati, Monnet and Munari. The idea began with a wish to make a real break with, not just figuration, but all Italian and American art trends. We wanted to give a sign of united action against the trends that at the time were dominant in Milan and the rest of Italy. The movement was deeply and undoubtedly a break with all that. It was distinguished by its rigour and by its will to express the creation of painting within the limits of a non-objective art by purposely moving away from naturalistic objects and by acting freely to compose the work. I believe it is the only movement based on a rational programme; other groups, originating in Central Europe, followed Post-Impressionist and Expressionist trends, or else there were Abstract Expressionist imitations of American artists. M.A.C., on the other hand, linked up with Constructivist rationalism from the very beginning. In fact M.A.C. was for Italy what Constructivism was for Russia or the Netherlands: Nicolas De Stael, for example, was a source of inspiration for many of us. We were in constant contact with Swiss, Dutch and British groups, above all with such artists from the Zurich Concretist group as Lohse, Max Bill, and Huber. Thanks to Monnet’s wife, who was of Swiss origins, we were put in contact with them and maintained our relationships with them for many years. S.C. - What was it that led so many artists to adhere to Concrete Art? G.D. - The freedom of artistic expression married to rigour and concrete research into forms and colours. Our art was concerned only with the spirit of individual artists: this was the reason why many artists from all over Italy adhered to the movement. S.C. - So you were the promoters and the inspiration for a new form that was followed by such artists as

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Mazzon, Regina, Nativi and, among others, Ideo Pantaleoni too. What memories do you have of him? G.D. - I remember Ideo Pantaleoni very well, and his works even more. He was an educated and friendly person, the only one of us backed by studies at art school. Whereas the others were architects, critics, and designers, Pantaleoni had a precise cultural activity. He was the link between the officialdom of the period and M.A.C. He also took part in the publication of the “Arte Concreta” news bulletins. S.C. - Panta was also in the “Materie plastiche in forme concrete” show at the Saletta dell’Elicottero with Garau, Fontana, Di Salvatore and Casarotti. Do you remember this event? G.D. - Oh yes. But before then, in 1951, he had already taken part in the “Arte Astratta e Concreta in Italia” show at the Rome gallery of modern art, organised by L’Age d’Or and, through Dorazio, by Art Club. We Milanese exhibited together with artists from Rome, Campania and Turin. Pantaleoni was also present at the Galleria Bergamini in the same year, together with Munari and Regina. The show you refer to at the Saletta dell’Elicottero was in a small room above the Bar dell’Annunciata in Via Fatebenefratelli. This was a space in which we organised numerous exhibitions, at the same time as in the Salto bookshop and the Galleria Bergamini. I remember that in the show we exhibited plastic objects, works in Plexiglas, and sheets, tubes, laminates, and threads of plastic: a new material that was malleable, industrial, and at the service of art. There were also other shows that we took part in together: in Genoa, for instance, at the Galleria San Matteo, and at the Studio “b24” which, if I remember rightly, was in 1953. S.C. - So can he be considered an important figure in the movement? G.D. - Even though he alternated his presence in Milan with periods in Paris, Pantaleoni was the glue that held the movement together; our contact with the groups in Paris was also due to him. Already in 1952 we had a genuine executive committee; every year we alternated the roles of president and secretary and certainly Pantaleoni took part in this, even if only for a short time. I remember that in 1955 Pantaleoni was president together with Prampolini, Nigro, Mesciulam, Nativi and many others. Certainly the M.A.C. records held by the Gallarate gallery of modern art can reveal the outlines of his participation as well as giving much more information. S.C. - At the beginning of the 1970s, on the occasion of the Pantaleoni show at the Galleria Vismara, you wrote the catalogue essay. Do you remember this event? G.D. - If I’m not mistaken, I saw Pantaleoni again at the end of the 1960s; at the Vismara gallery he was showing rigorous and geometric monochrome works constructed on various levels, completely Constructivistinspired. I wrote the critical essay for him for a show of metal reliefs at the Vismara in 1971 and again in 1977 when he exhibited works on coloured canvas on which he had used an airbrush. I can certainly confirm that Pantaleoni, once he had abandoned his figurative period, was always faithful to Concrete Art. An interview with Daniela Palazzoli by Susanne Capolongo S.C. - In 1994, in the Gallarate gallery of modern art, there was organised a show of work by Ideo Pantaleoni that concentrated on the period when he took part in the Movimento Arte Concreta. What memories do you have of Pantaleoni and of the exhibition? D.P. - I never had the pleasure of knowing Ideo Pantaleoni personally, even though I have a vague memory

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of his presence during the openings at the Galleria Blu. At the time my visits to the gallery were occasional: I was studying at university and I was very involved with exams and my thesis on the great Bauhaus school. As soon as I graduated, both the architect Ernest Rogers and Professor Gregotti invited me to teach on their courses in Milan Polytechnic’s architecture faculty. I accepted but without abandoning the art history specialisation course in the faculty of literature at Milan University. I began to travel for work, starting with the United States where I had been invited to teach at Rutgers University; this led to a greater knowledge of the great creative developments that were underway and, as a result, it was also a stimulus for my curating projects, including those linked to Fluxus. In New York I also frequented George Maciunas, Nam June Paik, Dick Higgins, and many others: Fluxus was a great school, one which anticipated by decades the global world I am honoured to belong to. I am still aware of the privilege I have had. In Milan there was also a publishing house, ED912, for which I edited the BIT Arte oggi in Italia magazine. I remember very well the Ideo Pantaleoni show, curated by Franco Passoni at the Gallarate gallery of modern art: at the time I was Gallarate’s councillor for cultural affairs. I greatly appreciated this show which also had the virtue of being linked to the important Concrete Art movement. The opening was lively and there was a notable number of artists, critics, and collectors. Ideo Pantaleoni’s wife, Bianca Magri, was active and knowledgeable in evaluating the artist’s creative work, and she appreciated the importance of the show. The show was both well constructed and well organised by Franco Passoni, and the works were of the highest quality - but then we are dealing with an important twentieth century Italian artist who had worked for many years in Paris side by side with the Réalités Nouvelles group; here he became known as the “Master of Greys” for his ability to exalt geometric forms through the use of black, grey, and white, which have now become extremely relevant. To be remembered over the years is not an indifferent prize for any artist! S.C. - That’s true. I am pleased that you have confirmed what I have written in the exhibition catalogue: “Ideo Pantaleoni traced out and experienced his creative life without giving in to the temptation of easy effects, and stayed faithful to his vocation and style”. An interview with Luigi Cavadini by Susanne Capolongo SC: You are the editor of the catalogue raisonné of Ideo Pantaleoni’s work, having been given the assignment by his heirs. What were your reasons for accepting? LC: Above all because Ideo Pantaleoni is an artist yet to be discovered by the general public. As a scholar I already knew a part of his history and the development of his art, and I had always thought he merited being rediscovered. A proof of this was to be found last year on the occasion of the show marking the 110th anniversary of his birth. It was mainly devoted to the M.A.C. period, the Movimento Arte Concreta founded in 1948 by Atanasio Soldati, Gillo Dorples, Bruno Munari, and Gianni Monnet, a movement whose activities Pantaleoni took part in from the very first exhibition. SC: How is the work going on the catalogue raisonné? LC: The catalogue raisonné of Ideo Pantaleoni’s work, which is concerned with some sixty years of the artist’s professional life, is at an advanced stage. We have recorded about a thousand works accompanied by photos of the time, correspondence with institutions, unpublished writings, exhibition catalogues, and various publications as well as individual technical files allowing us, as far as is possible, to trace the collecting history of the individual works. It is a very demanding work that needs time, patience, and great resources but, at the end, it will allow us to know the real history of a great artist who started with naturalism in his formative years - interiors, still-lifes, landscapes, figure compositions - and then, immediately after the war, developed

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a post-Cubist art, and then practiced a geometrical kind of abstraction. For a brief period he exploited the expressive strength of the Informale movement which became the source of a painterly narration including all his post-war experiences expressed through innovative compositional and colouristic means. SC: Ideo Pantaleoni was not only a painter but also a sculptor, ceramicist, etcher, jewellery designer, an interior and industrial designer, and also a poet and photographer. Will the catalogue raisonné include all these aspects? LC: For the moment the catalogue raisonné will be concerned with documenting Pantaleoni’s paintings and sculptures , though without ignoring, where useful for a greater understanding, references to other kinds of expression that could well be documented in a later publication: this might also include the ceramics that he made at the end of the 1950s on the advise of his friend Lucio Fontana. SC: For this show the Ideo Pantaleoni archive has made a notable contribution in tracing the works. Can you explain how, and perhaps relate some anecdotes? LC: The function of an archive, apart from the basic one of documenting the whole of an artist’s work, is also, in the case of exhibitions, to make available its knowledge with the aim of pinpointing the artist’s most representative works and of putting curators in contact with collectors, because the availability of important works is fundamental for the success of an event and for the evaluation of the artist. In the case of this show, we have pinpointed works with an impressive exhibition history, and we have also come across background stories about each work; for instance, the first wood relief dating from 1967 was never exhibited to the public because from 1967 it hung on the wall of the artist’s home; the same was true with regard two unsigned M.A.C. works, presumably dating from 1955, which had been carefully conserved in the studio together with other works from the same period, and of which we have contemporary photographic records. Then there were the reliefs that were exhibited in 1968 at the Galleria Vismara, or the works from 1977 shown in the same year in a solo show again at the Galleria Vismara as well as in Venice and in Paris in 1978. Most of these were reproduced in the catalogues and were recorded in historical photographs of the exhibitions. Ideo Pantaleoni Biography Born in Legnago in the province of Verona on 12 October 1904, he was the second son of Paolo Pantaleoni and Lucilla Sabbioni. His sister Maria, four years older than him, was to remain close to him for the rest of his life. The family was always on the move due to their father’s profession as an insurer. They first moved to Mantua and then to Ferrara where Ideo went to school until he gained his diploma at the Dosso Dossi school of art. From a very early age he showed a marked leaning towards art and would draw on whatever came to hand: there is a famous anecdote of his “little masterpieces” on the paving stones in front of his house in the centre of Ferrara, where he loved to reproduce any image that caught his lively interest. He later studied at the art school on Bologna. In 1923 he moved to Milan where he at once came into contact with its art world. Milan at the time was the cardinal point of the geography of art and culture; here he frequented the artists De Pisis, Carrà, and Sironi who all helped him to understand the “art profession”, compositional mastery, technical expertise, and colour harmony, showing him experiments with new techniques and so helping him to enrich his works with forms and subjects which were new to him. All this allowed him to create a circle of admiring collectors who followed him faithfully. The war broke out and his studio in Via Fontana was bombed. He lost many of his works and was forced to

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leave the city. During his wanderings from place to place he found himself in Rapallo where he met Bianca Magri who was to be his wife and companion for the rest of his life. In 1948 he went to Paris where he was overwhelmed by the fascination of the Ville Lumière and its bohemian milieu. He was fascinated, and at once decided to abandon almost completely his traditional figuration in favour of abstraction with works inspired by Cubism which had great success with the critics and the public: he was known as the “Maître des Gris” (the Master of Greys). Back in Milan he joined the M.A.C. group (Movimento Arte Concreta) as an associate beside the founders Atanasio Soldati, Gillo Dorfles, Gianni Monnet, and Bruno Munari; he continued, however, to frequent Paris where over the years he consolidated his relationships with such artists as Klein, Poliakoff, Pillet, Hartung, Atlan, Seuphor, Huber, Dewasne, and gallery owners such as Monsieur Rosse of the “Galerie La Roue”, a well-known admirer and sponsor of his. In 1958 his work “Composition” was acquired by the Musée de la Ville de Paris, and work by Pantaleoni were also exhibited in the shows of the “Réalités Nouvelles” group where he was accepted as an honorary associate. In Italy too he took part in such important national exhibitions as the Venice Biennale, the Milan Triennale, and the Rome Quadriennale. In 1957 he shifted from abstract-concrete painting towards new structures with an abstract-informal basis which showed a new painterly rigour by developing chromatic effects with superimposed transparent planes. In the following two years his experience with the M.A.C. movement came to an end, and Pantaleoni began to pass his summers at Albissola, a well-known residence of artists involved with sculpture. Among these was Lucio Fontana who convinced him to experiment with ceramics with which he had an appreciable success. In 1962 his art became concerned with gestural abstraction which gave rise to works of the highest quality, though by now they are rare, having been dispersed into various private collections and museums. In Milan he counted among his friends the artists Bertini, Dorfles, Fontana, Grossi, Mazzon, Mocenni, Monnet, Munari, Pozzi, Regina, Soldati, Veronesi, Bozzolini, Dangelo, Falchi, Nigro, Guerrini and Righetti. Many of them assiduously frequented the same Parisian art world as Pantaleoni. The 1970s saw him involved in the production of three-dimensional work in wood, steel, and Anticordal alloy; the forms became constructivist geometries which created sculptures composed of circles, lines, planes, rhomboids, and rectangles, often superimposed on various levels, reminiscent of Programme Art. His first work in Anticorodal, similar to the art that was later to be known as “programmed”, was dated 1953: to define it as a precursor is its due, to say the least. These works, as previously with his abstract art, had a great success with the public; among the numerous exhibitions of this period mention must be made of those held at the Gallerie Vismara and the Museo del Permanente in Milan. The same success met the paintings he produced with the use of an aerograph, works which anticipated by at least ten years what was to become Street Art. The 1980s were a pure explosion of colour which, with mastery and sensibility, captured the eye and heart of the viewer. The references to such great masters a Monet are evident, but this does not detract in the least from this series of works by Panta which he called “Mon jardin imaginaire”. For the whole of his long life Pantaleoni pursued a personal research into colour and compositional that was both rigorous and refined with works that were seen in numerous exhibitions in Italy and abroad. Historical galleries exhibited his work (Galleria Annunciata, Galleria Gian Ferrari, Galleria Vismara, and many others) in shows which were followed up by important acquisitions by national and international museums (above all in Paris and New York). Ideo Pantaleoni died in Milan on Christmas day 1993 at the age of 89.

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Finito di stampare nel mese di Ottobre 2015 presso la litografia Li.Ze.A. in Acqui Terme (AL) Stampato in 600 esemplari PRINTED IN ITALY 2015 Li.Ze.A. - Acqui Terme



ISBN: 9788896630563


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