CORTINA ARTE MILANO
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Milano
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Ringraziamo / Special Thanks go to Guido Anelli, Bruno Bordignon, Lorenzo Brocca, Marco Bottelli e Giovanna Mantovani, Matteo Castelli, Stefano Cortina, Corrado De Luca, Silvia Daccò, Giuseppe Fossati, Carlo Gentili, Andreas Kuhn, Mariantonia Madau, Andrea Palmieri, Stefano Pausa, Maurizio Pedrazzini, Nicola Ricolfi, Davide e Maurizio Riva, Maria Antonia Rossini, Nicolas Rostokwski, Carlo Sangalli (Presidente di Confcommercio), Salvatore A. Sanna, Gianluca Santambrogio, Roberto Smerigli, Barbara Thurau, Giacomo Marco Valerio, Beatrice e Stefano Vazzana, Stefano Vitali Mostra / Exhibition Giovanni Cerri Milano ieri e oggi La città: le memorie del tempo - Unione del Commercio - 17 luglio – 10 settembre 2014 Corso Venezia 51 - Palazzo Bovara - Milano Milano e i luoghi simbolo - Cortina Arte - 5 maggio – 23 maggio 2015 Via Mac Mahon 14 - Milano Viaggio nella periferia - Galleria Palmieri - 9 maggio – 13 giugno 2015 Via Mameli 24 - Busto Arsizio (VA) Milano ieri e oggi - Istituto Italiano di Cultura di Varsavia - 24 settembre – 17 ottobre 2015 ul. Marszalkowska 7200-545 Warszawa A cura di / Curator: Stefano Cortina e Bruno Bordignon Progetto mostra a cura di: Anna Caserini e Gaetano Incremona Testo critico / Text by: Stefano Crespi Testi introduttivi / Introduction: Stefano Cortina, Mauro Raimondi, Paola Ciccolella Intervista / Interview: Alberto Figliolia Fotografie di Milano ‘La poesia della periferia’ / Photos ‘The Poetry of the Outskirts’: Isabella Dovera Fotografie delle opere e in studio / Photos: Valeriano Borroni Traduzione / Translation: Roanna Weiss Ufficio stampa / Press: Veronica Riva Progetto grafico / Graphic design: Fabio Valenti (www.total-machine.com) Stampa / Publisher: Lizea – Acqui Terme (AL) In copertina (dettaglio) / On the cover (detail): Giovanni Cerri, Se il Duomo fosse rosso, 2014, olio, cm. 130x180
GIOVANNI CERRI Milano ieri e oggi
Unione del Commercio, Milano 17 luglio – 10 settembre 2014 Cortina Arte, Milano 5 maggio – 23 maggio 2015 Galleria Palmieri, Busto Arsizio 9 maggio – 13 giugno 2015 Istituto Italiano di Cultura di Varsavia 24 settembre - 17 ottobre 2015
Foto Valeriano Borroni
Sommario / Contents 6 MILANO E LA SUA STORIA NELL’OPERA DI GIOVANNI CERRI MILAN AND ITS HISTORY IN THE WORKS OF GIOVANNI CERRI Mauro Raimondi 13 MILANO IERI E OGGI / MILAN: YESTERDAY AND TODAY Direttore Istituto Italiano di Cultura a Varsavia Director Italian Cultural Institute in Warsaw Paola Ciccolella 14 LA MILANO DI GIOVANNI CERRI GIOVANNI CERRI’S MILAN Stefano Cortina 18 MILANO NELLA PITTURA DI GIOVANNI CERRI: VIAGGIO SENZA FINE MILAN IN GIOVANNI CERRI’S PAINTING: AN ENDLESS VOYAGE Stefano Crespi 22 MILANO IERI E OGGI / MILAN: YESTERDAY AND TODAY Gaetano Incremona
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Opere - Works
50 Intervista - La poesia della periferia Interview - The Poetry of the Outskirts Alberto Figliolia
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Biografia - Biography
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Mostre personali - Personal Exhibitions Mostre collettive - Group Shows
Gruppo Nextam Partners
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MILANO E LA SUA STORIA NELL’OPERA DI GIOVANNI CERRI Mauro Raimondi
Milano, 2015
“C
hì dedree l’è trii mes che fann tonina di cà de Milan vècc: e picchen, sbatten giò camin, soree, finester, tôrr e tècc, grondaj, fasend on catanaj in mezz a on polvereri ch’el par propi sul seri la fin del mond”¹. Così, scriveva in Milanin Milanon Emilio De Marchi, uno tra i più addolorati testimoni della distruzione della città vecchia avvenuta a partire dalla seconda metà del 1800, quando furono rase al suolo chiese, edifici storici, mura spagnole e, per l’appunto, le case di quelle persone che fino ad allora si erano addormentate guardando il Duomo o “soa Majestaa la Madonna”, come l’aveva chiamata Carlo Porta. In nome della nuova città borghese, quella del Camparino e dell’Esposizione Internazionale, il caterpillar della modernità regalava il centro al terziario (e ai suoi danee), espellendo quel popolo che l’aveva da sempre abitato e risparmiando solo il non demolibile, tanto che lo stesso Castello Sforzesco si salvò a stento. Una devastazione a cui sarebbero seguiti l’inqualificabile (perché un adeguato insulto non esiste) “piccone risanatore” fascista e le bombe alleate, causa di una ricostruzione che, “basata esclusivamente su scopi speculativi, ha ripetuto, ingigantendoli, tutti gli errori delle architetture precedenti”, come denunciò l’architetto Piero Bottoni in Milano 19401955. Bombardata e ricostruita. Parole confermate dal professor Federico Oliva, che nel suo libro L’urbanistica di Milano ha scritto: “In fondo la storia urbanistica di Milano contemporanea è una storia molto pragmatica, dove l’urbanistica ha sposato le ragioni e gli interessi del regime immobiliare”. In meno di un secolo, i milanesi videro sbriciolarsi davanti agli occhi la città che avevano conosciuto direttamente o nelle parole dei propri genitori. Un “furto di identità” che ha generato quel sentimento di nostalgia spesso presente nelle parole dei milanesi più consapevoli dell’antico fascino dell’attuale metropoli, anziani ma non solo. Tra l’altro, come si sa, gente pratica, che non ha mai amato piangersi addosso. Ma che, quando si cita el vecc Milan, non può fare a meno di intristirsi, e non per la perduta giovinezza o le case di ringhiera con i loro improponibili cessi in comune. Bensì, per la consapevolezza che quella era una città diversa, urbanisticamente più “umana” e quindi più bella. E perché sanno che, a una città brutta, non si può voler bene: e se a una città non si vuole bene, muore. La modernità (e si perdoni un termine così generico) ha dato molti vantaggi, nessuno lo discute. Ma ha anche preteso qualcosa a tutti i luoghi del mondo: a Milano, di mutarsi da città d’acqua in città di cemento. Decisamente troppo. E di questo Giovanni Cerri, uno tra i milanesi che conosce le vicende della sua città (i quali, purtroppo, non sono mai stati molti, come già sottolineava nel ‘700 Pietro Verri nella sua Storia di Milano), è piena-
mente consapevole. Nonché testimone non neutrale perché, a un’attenta analisi, si nota come la sua opera rinunci a una comoda lettura acritica o indulgente del reale, ma faccia trasparire la sua opinione su quello che è accaduto (e accade ancora…) in modo chiaro, esattamente come uno storico che non si limita a registrare gli avvenimenti ma li giudica. Infatti, il primo filone in cui racchiudere i quadri di questo catalogo può essere battezzato la “Milano evocata”. La città, cioè, chiamata fuori dal destino di morte in cui i suoi amministratori l’hanno fatta cadere, in quanto Cerri è andato a cercare proprio la Milano scomparsa sfidando la nitidezza di fotografie che molti conoscono e vincendone il confronto attraverso una pittura densa di emozioni davvero impossibili da trasmettere a dei semplici scatti. Grazie a questo approccio “sentimentale”, quei luoghi che l’artista ha ritratto sembrano riprendere vita e ridarla a tutti quei milanesi che di lì sono passati pensando ai fatti loro, magari soffrendo o sognando. Basti osservare, ad esempio, Le cinque vie, il Verziere, quelle Case di ringhiera con sfondo il Duomo, simbolo di una Milano popolare svenduta agli interessi immobiliari e finanziari. Così come, spostandoci in periferia, la Pirelli Bicocca ora trasformata in un village tutto (o quasi) di cemento, la demolita Villa Angelica sulla Martesana. Oppure, quei siti di Milano che esistono ancora, seppur modificati: una Darsena precedente alla follia di voler costruire dei parcheggi sotterranei (!), uno stadio di San Siro prima dei salotti vip e di un terzo anello che l’ha fatto diventare simile a un’astronave. Infine, Piazza S. Marco prima del barbaro interramento del Naviglio. Uno scempio che indignò Alberto Vigevani (“iniqui o stolti furono coloro che si batterono con eloquente arroganza e tortuosi raggiri affinché il padre Naviglio fosse inumato ancor vivo sotto un sudario d’asfalto”, scrisse in Milano ancora ieri) e commosse il napoletano Giuseppe Marotta. Il quale, in A Milano non fa freddo, gli dedicò un toccante “coccodrillo”: “Vecchio Naviglio, ma ci sei davvero, qui sotto? Continui ad arrivare e a partire, oppure il tuo letto non contiene ormai che sassi e sterpi come l’animo di molta gente che ti conobbe e che ti volle bene? Abbracci ancora, qua sotto, le ginocchia di Milano? Posso almeno pensarla, una semplicissima preghiera sulla tua tomba, o non è il caso?”. “L’è la nostra Milan veggia – tiremm el fiaa – l’è la nostra Milan, zion, che canta e che sona e che balla a carneval!”², scriveva in A Carlo Porta l’immortale Delio Tessa. Quella era la nostra vecchia Milano, e di conseguenza non sono casuali gli omaggi ai testimoni del “tempo che fu”: ad Angelo Inganni, con un Teatro alla Scala prima dell’apertura della piazza, le case ancora attaccate al tempio della musica; a Pompeo Calvi, con l‘antica Porta Ticinese;
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a Giovanni Migliara, con Porta Nuova. Giovanni Cerri cita volutamente le loro opere, perché quella Milano non vada dimenticata. E in questa “necessità della memoria” si accosta di nuovo al lavoro degli storici, con l’innegabile vantaggio di potere utilizzare il fascino dell’arte. Non solo: dopo averla accarezzata, Cerri nella Storia ci si tuffa proprio, scegliendo due momenti di epocale importanza per la città. Innanzitutto, il massacro del 20 ottobre 1944, provocato dalle bombe degli alleati. Da Gorla a Gaza, l’artista ha intitolato il quadro, perché i quattro bambini che emergono sdraiati in primo piano, dopo che l’iniziale sconcerto dell’osservatore si è sedimentato, sono le vittime innocenti di ogni guerra passata, presente e futura. I banchi rovesciati, i piccoli ovali dei morti, come si usava fare allora, si intuiscono poi in un lavoro di grande spessore e intensità. Quindi, la Storia ci si ripresenta in 15 dicembre 1969, quando una Milano costernata affollò la Piazza del Duomo per stringersi attorno ai morti di una strage che sarebbe rimasta vergognosamente impunita (come quasi tutte, del resto). Lo stesso giorno, Giuseppe Pinelli precipitava da una finestra della Questura per un “malore attivo”, una formula che, quando ricordata, rischia costantemente di far cadere nel ridicolo una tragedia. Nel presente catalogo, comunque, Giovanni Cerri volge il suo sguardo anche verso quello che è “sopravvissuto”. Ed è una “Milano reinterpretata”, quella che esce dalle sue tele, come testimonia il quadro del principale monumento meneghino, definito durante i secoli nei più svariati modi: Ghiacciaio da Théophile Gautier, Poesia scolpita nel marmo, Canto sbozzato nella pietra e Visione da Mark Twain, Giocattolo secolare, quasi tutto zucchero da Rainer Maria Rilke, Montagna di marmo da Jacob Burckhardt ma anche una Torre di Babele e un Carciofo di marmo per Karel Capek, addirittura Mostro per un sarcastico Jean Giono. Giuseppe Marotta, in A Milano non fa freddo, scrisse che la città “comincia e finisce in piazza del Duomo. Un giorno moriremo e ripenseremo disperatamente a tutto quello che ci capitò o che poteva capitarci in piazza del Duomo”. Mentre sempre per l’affettuoso De Marchi, “el noster Domm, l’è la gesa di vècc, l’è la cà de Milan, l’è tutt de màrmor, l’è grand, l’è bell, l’è lù, domà lù in tutt el mond, inscì bell, inscì grand”³. Cerri, invece, in Se il Duomo fosse rosso rifiuta ogni esaltazione e trasforma la cattedrale in tutt’altro, spiazzando l’occhio abituato alle cartoline. Con quel colore che nessuno le aveva mai dato, la chiesa sembra bruciare: un nuovo e suggestivo punto di vista riproposto ne Il Cremlino è a città studi, dove il Politecnico ci appare avvolto da un rosso potente. La volontà di negare qualsiasi celebrazione ritorna, poi, in tutto questo secondo filone caratterizzato da un vero campionario di vedute tipiche della città. Emblematici, a riguardo, Nuova Babilonia e quel Gotico milanese che inserisce il grattacielo Pirelli e la Stazione Centrale in un’atmosfera alla Blade Runner, forse proprio quella che provarono gli immigrati vedendolo per la prima volta dopo essere appena “sbarcati” a Milano.
Teatro alla Scala (da Angelo Inganni) - 2014, olio, cm. 120x80 Coll. privata, Milano
Con i loro cieli-non cieli (tipicamente meneghini), la loro decontestualizzazione, la mancanza di uno sfondo preciso che funga da punto di riferimento, i quadri non fissano particolari ma lasciano spazio all’immaginazione e all’interpretazione dell’osservatore. Così l’Arco della pace, il Castello Sforzesco, Palazzo Castiglioni e Palazzo Bovara, Sant’Ambrogio, San Lorenzo, San Cristoforo e San Maurizio, Porta Romana e Porta Garibaldi, Piazza Piemonte,
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Piazza Mercanti e Piazza Vetra (“dove una volta conveniva venirci col coltello”, come scrisse Giovanni Raboni in una sua poesia), paiono emergere dal nulla, avvolti da una luce particolare, indefinita, che inquieta più che tranquillizzare. Al pari del dipinto del Palazzo della Borsa di Paolo Mezzanotte, intitolato Il tempio, che nel suo titolo richiama un’altra delle caratteristiche di Milano: la vicinanza al denaro e al potere finanziario di una città dove “la grana sarebbe quella che si prende, i danè quelli che si pagano”, come scrisse Luciano Bianciardi ne La vita agra. “Quanto sei brutta Milano dei quartieri ghetto e come devono essere brutti dentro quelli che ti hanno disegnato e fatto crescere così, i palazzinari, i Ligresti, gli assessori ladri, le giunte di sinistra e di destra”. Così tuonava Giorgio Bocca in Metropolis, e le sue parole annunciano adeguatamente il terzo filone in cui si può comprendere la Milano di Giovanni Cerri: quello delle periferie. In un’intervista televisiva del gennaio 2015, Renzo Piano ha affermato che il futuro delle città starà proprio nella rivalutazione delle sue aree marginali. Tutti noi speriamo che ciò avvenga, ma sono parecchi i dubbi sull’effettiva possibilità di realizzarla, questa trasformazione, dopo gli scempi che privati senza scrupoli, geometri comunali ma anche i suoi colleghi hanno perpetrato nei decenni precedenti. “La città si allarga, e noi sempre più indietro. Una volta eravamo più vicino, o mi sbaglio? Ora le nostre case si allontanano sempre più dalla città. Ma chi c’è nella città? E’ stata venduta? Per chi costruiscono? Comprata… Venduta… A chi, poi?”. Queste, le parole di un tassista che Anna Maria Ortese registrò nel suo Silenzio a Milano del 1958, quando la scrittrice napoletana venne a visitare la “capitale del boom”. Restando allibita di fronte agli “scarsi, rarissimi colloqui avuti in questa città; il senso di vergogna di fronte al pensiero, al colloquio, che avevano tutti”, e domandandosi “se qui, e soprattutto qui, in questo suo violento tentativo di farsi moderna, l’Italia non perdeva definitivamente il suo equilibrio, non entrava in crisi”. La Milano “laboratorio della modernità” fu antesignana in questo radicale mutamento sociale ed economico paventato pure da Bianciardi, il quale pregò invano “che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, anzi a rinunziare a quelli che ha”, perché “i miracoli seri sono quando si moltiplicano pani e pesci e pile di vino, e la gente mangia gratis tutta insieme”. E la Milano dello sfaccettato “Miracolo” fu anche e soprattutto quella delle periferie, Il confine della città, come recita il titolo di un quadro. Che già c’erano, come ci viene mostrato in Case popolari anni ’30, ma che nell’ingigantirle vennero snaturate, diventando quel non-luogo di cui si è tanto discusso (invano?) in tempi non lontani. I Gasometri della Bovisa, Le officine, Via Padova con il tram mostrano questo mondo passato ma in realtà ancora vivo, immerso nell’estraniante bianco e nero in cui Cerri l’ha volutamente avvolto. Lo stesso che Luchino Visconti scelse per ritrarre la città in Rocco e i suoi fratelli, perché era così che un
Il Verziere, 2014, olio, cm. 100x100 Coll. privata, Milano
immigrato vedeva Milano. Questa periferia è qualsiasi periferia, nei decenni sempre uguale se stessa, sembra che dicano i quadri, sia quando ci si presentano davanti le Torri bianche del Gratosoglio o via Tofane a Crescenzago. Quasi tutti senza persone, tranne nell’opera in cui l’artista ci fa vedere una ragazza nel cortile di una casa di ringhiera durante la Seconda Guerra Mondiale, come si evince dalla scritta US indicante la presenza di un rifugio. Molto probabilmente, un omaggio alla madre Zina, che al figlio ha saputo meritoriamente trasmettere quell’amore per Milano che appare profondo e malinconico in tutta l’opera di Giovanni Cerri.
1. Qui dietro son tre mesi che fanno scempio della case della vecchia Milano; e picchiano, abbattono camini, solai, finestre, torri e tetti, grondaie, facendo un pandemonio in mezzo a un polverone che pare davvero la fine del mondo. 2. E’ la nostra Milano vecchia – tiriamo il fiato – è la nostra Milano, zione, che canta e che suona e che balla a carnevale! 3. Il nostro Duomo è la chiesa dei nostri vecchi, è la casa di Milano, è tutto di marmo, è grande, è bello, è lui, soltanto lui in tutto il mondo, così bello, così grande.
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Piazza Vetra - 2014, olio,cm. 100x120 Coll. privata, Segrate (Mi)
Mauro Raimondi, insegnante, ha pubblicato vari libri su Milano, tra cui Dal tetto del Duomo (Touring Club, 2007). Ha inoltre curato la biografia del poeta Franco Loi in Da bambino il cielo (Garzanti, 2010) ed è coautore di alcuni testi di letteratura sportiva, tra cui Il derby della Madonnina (Book Time, 2014).
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MILAN AND ITS HISTORY IN THE WORKS OF GIOVANNI CERRI Mauro Raimondi
Milan, 2015
“C
hì dedree l’è trii mes che fann tonina di cà de Milan vècc: e picchen, sbatten giò camin, soree, finester, tôrr e tècc, grondaj, fasend on catanaj in mezz a on polvereri ch’el par propi sul seri la fin del mond”1. Thus wrote Emilio De Marchi in Milanin Milanon, one of the most painful testimonies of the destruction of the old city which happened at the beginning of the second half of the 1800s, when churches, historical buildings, the Spanish walls and the homes of those who until that point had fallen asleep watching the Duomo or “soa Majestaa la Madonna”, as Carlo Porta called her, were burned to the ground. In the name of the new middleclass city, that of Camparino and of the International Exposition, the caterpillar of modernity gave the centre to the service industry (and to its danee), expelling the population that had always inhabited it and saving that which could not be demolished, so that even Castello Sforzesco was saved with difficulty. A devastation that would be followed by the unspeakable (because an adequate insult does not exist) fascist “restoring pickaxe” and the allied bombs caused a reconstruction that, “based exclusively on speculative aims, repeated and enlarged all the errors of previous architecture”, as the architect Piero Bottoni said in Milano 1940-1955. Bombardata e ricostruita. Words confirmed by professor Federico Oliva, who in his book L’urbanistica di Milano wrote: “In the end, the urban history of contemporary Milan is a very pragmatic one, where town planning joined the reasons and interests of the real estate regime.” In less than a century, the Milanese saw the city they knew directly or through the words of their parents crumble before their eyes. An “identity theft” that generated a nostalgia often present in the words of the Milanese who knew well the ancient charm of the present-day metropolis, the elderly, and practical people, who never enjoyed feeling sorry for themselves. But who, when el vecc Milan is named, become sad, and not for the loss of youth or the blocks of flats with courtyard balconies with their unacceptable shared toilets, but with the knowledge that that was a different city, in urban terms more “human” and therefore prettier. And because they know that an ugly city isn’t loveable: and if a city isn’t loved, it dies. Modernity (please forgive the generic term) has undeniably offered a lot of advantages. But it has also demanded something from all places in the world: Milan to transform itself from a city on canals to a city of cement. Decidedly too much. And of this, Giovanni Cerri, one of the Milanese who knows a lot about his city’s history (of which, unfortunately, there are not many, as underlined in the 1700s by Pietro Verri in his Storia di Milano), is fully aware. As well as being a biased witness because, through careful
analysis, you can see how his works reject an easy uncritical reading or one indulgent of reality, but allows his opinion regarding what has happened (and still happens…) to show through, exactly as an historian who does not limit himself to events, but also judges them. In fact, the first thread of paintings in this catalogue could be baptised the “evocative Milan”. That is the city called away from the destiny of death in which its administrators made it fall into, inasmuch as Cerri went in search of his vanished Milan, challenging the clarity of photographs that many know and winning the competition through a painting dense with emotions that are impossible to transmit through simple photographs. Thanks to this “sentimental” approach, those places that the artist has portrayed seem to take on life and give it back to all those Milanese who have passed through on their own business, perhaps even suffering or dreaming. It’s sufficient to see in, for example, Le cinque vie, il Verziere, those Case di ringhiera con sfondo il Duomo, the symbol of a working class Milan sold to real estate and financial interests. Just as, in moving to the outskirts, the Pirelli Bicocca has now been transformed into a village totally (or almost) of cement, the demolished Villa Angelica sulla Martesana. Or those locations in Milan that still exist, although changed: a Darsena from before the madness of wanting to construct underground parking lots (!), the San Siro stadium before the VIP rooms and the third ring that made it look like a spaceship. Finally, Piazza S. Marco before the barbarous filling in of the Naviglio. A slaughter that made Alberto Vigevani indignant (“unjust or stupid were those who beat with eloquent arrogance and tortuous tricks so that father Naviglio was buried alive under an asphalt shroud”, he wrote in Milano ancora ieri) and moved the Neapolitan Giuseppe Marotta, who, in A Milano non fa freddo, dedicated a touching “pre-obit”: “Old Milan, but are you really here, underneath? Do you continue to come and go, or does your bed contain no more than rocks and twigs like the souls of many people I know and who love you? Will you embrace us again, underneath, the knees of Milan? Can I at least think a simple prayer over your tomb, or is it not appropriate?” “L’è la nostra Milan veggia – tiremm el fiaa – l’è la nostra Milan, zion, che canta e che sona e che balla a carneval” ², the immortal Delio Tessa wrote in A Carlo Porta. That was our old Milan, and as a consequence, the homage and testimonies of “bygone days” are not casual, like that to Angelo Migliara, with a Teatro alla Scala before the opening of the piazza, the house were still attached to the temple of music; to Pompeo Calvi, with
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the anciet Porta Ticinese; to Giovanni Migliara with Porta Nuova. Giovanni Cerri intentionally cites their works, so that Milan won’t be forgotten. And in this “necessity for memory” again nears the work of historians, with the undeniable advantage of being able to use the charm of art. But not just this: after having caressed it, Cerri dives into the History, choosing two epoch-making moments for his city. First, the massacre of 20 October 1944 provoked by the allied bombs. The artist entitled the painting Da Gorla a Gaza, because the four children who emerge laying in the foreground, after the initial bewilderment of the viewer has settled, are the innocent victims of every past, present and future war. The overturned desks, the small oval-shaped portraits of the dead, as were used then, are then seen in a work of great depth and intensity. History returns in 15 dicembre 1969, when a dejected Milan filled Piazza del Duomo coming together around the dead of a massacre that would remain shamefully unpunished (as almost all massacres are). That same day, Giuseppe Pinelli fell from a window of the central police station due to an “fainting spell”, a formula that, when remembered, constantly risks making the tragedy fall into the realm of the ridiculous. Therefore, in the current catalogue, Giovanni Cerri turns his glance also to that which has “survived”. A “reinterpreted Milan” comes from his canvases, as witnessed in the painting of the main Milanese monument, defined during the centuries in the most various ways: Glacier by Théophile Gautier, Poetry sculpted in marble, Poem drafted in stone and Vision by Mark Twain, A centuries old toy, almost completely made of sugar by Rainer Maria Rilke, Marble Mountain by Jacob Burckhardt, but also The Tower of Babel and Artichoke in marble for Karel Capek, and even Monster for the sarcastic Jean Giono. Giuseppe Marotta, in A Milano non fa freddo, wrote that the city “begins and ends in piazza del Duomo. One day we will die and desperately think back to all that happened to us or that could have happened to us in piazza del Duomo”. While ever for the affectionate De Marchi, “el noster Domm,, l’è la gesa di vècc, l’è la cà de Milan, l’è tutt de màrmor, l’è grand, l’è bell, l’è lù, domà lù in tutt el mondo, inscì bell, inscì grand”3. Instead, Cerri in Se il Duomo fosse rosso rejects every exaltation and transforms the cathedral into something completely different, flooring the eye used to seeing postcards. With that colour that no one had ever given it, the church seems to burn: a new and suggestive point of view proposed again in Il Cremlino è a città studi, where the Polytechnic university appears enshrouded by a powerful red. The desire to reject any celebration returns, then, in this second thread characterised by a real collection of typical sites of the city. Emblematic, with regard to Nuova Babilonia and that Gotico Milanese that inserts the Pirelli skyscraper and Central Station in a Blade Runner atmosphere, perhaps precisely that which the immigrants felt in seeing it for the first time
Ricordo della Bovisa - 2014, olio, cm. 36x44 Coll. privata, Milano
as they “disembarked” in Milan. With their skys-not-skys (typically Milanese), taken out of context, the absence of a precise background acting as a reference point, the paintings do not define details, but leave space to the viewer’s imagination and interpretation. Thus Arco della pace, Castello Sforzesco, Palazzo Castiglioni and Palazzo Bovara, Sant’Ambrogio, San Lorenzo, San Cristoforo and San Maurizio, Porta Romana and Porta Garibaldi, Piazza Piemonte, Piazza Mercanti and Piazza Vetra (“where once it was advisable to carry a knife with you”, as Giovanni Raboni wrote in one of his poems), seem to emerge from nothing, enveloped by a particular light, undefined, which is unnerving more than calming. In the same way as the painting of Palazzo della Borsa of Paolo Mezzanotte, entitled Il tempio, which in its title recalls another of Milan’s characteristics: the closeness to money and financial power of a city where “grana would be what you get, danè is what you pay”, as Luciano Bianciardi wrote in La vita agra. “How ugly you are Milan in the ghetto areas and how ugly are those who designed you and made you grow that way, the building speculators, the Ligresti, the dishonest council members, the left junta and the right junta”, Giorgio Bocca shouted in Metropolis, and his words adequately announced the third thread in which Giovanni Cerri’s Milan can be understood: that of the outskirts. In a television interview from January 2015, Renzo Piano stated that the future of the city is in the re-evaluation of its outskirts. All of us hope this
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happens, but there are many doubts of it coming to fruition, this transformation, after the slaughter that private industry without scruples, council surveyors, and also his colleagues have perpetrated in previous decades. “The city grows, and we are always behind. Once we were closer, am I wrong? Was it sold? Who are we building for? Bought… Sold… To whom, then?”. These are the words of a taxi driver that Anna Maria Ortese recorded in her Silenzio a Milano in 1958, when the Neapolitan writer came to visit the “capital of the boom”. Stunned in front of the “inadequate, rare interviews she had in this city; the sense of shame in front of the thought, the interview, that they all had”, and asking herself “if here, and above all here, in this violent attempt to make it modern, Italy wasn’t definitively losing its equilibrium, it wouldn’t have entered recession”. Milan as “a laboratory of modernity” was the forerunner in this radical social and economic change dreaded even by Bianciardi, who begged in vain “that people learn to not move, to not collaborate, to not produce, to not create new needs, even to reject those they have”, because “serious miracles are when bread and fish and heaps of wine are multiplied, and the people eat together for free”. And the Milan of the multifaceted “Miracle” was also and above all that of the outskirts, Il confine della città is the title of one painting, which was already there, as is shown in Case popolari anni ’30, but that in enlarging them become unnatural, become that of nonlocations in which bygone times are discussed (in vain?). Gasometri della Bovisa, Le officine, Via Padova con il tram show this world of the past, but which is still alive, immersed in the estranged black and white in which Cerri wanted to envelope it. The same that Luchino Visconti chose to depict the city in Rocco e i suoi fratelli, because that was how an immigrant saw Milan. These outskirts are any outskirts, in the decades always the same, as the paintings seem to say, whether they are presented in front of the Torri bianche del Gratosoglio or via Tofane a Crescenzago. Almost all are without people depicted, except for one work in which the artist shows us a little girl in a courtyard of a block of flats with balconies during World War II, as is seen by the “US” written on the wall indicating the location of a bomb shelter. This is very likely an homage to his mother, Zina, who knew how to properly transmit that love for Milan which appears deep and melancholy in every work of Giovanni Cerri.
La Basilica di S. Ambrogio - 2008, olio, cm.100x100 Coll. privata, Milano 1. Inside here it’s three months that they massacre the houses of old Milan; and beat up, demolish chimneys, windows, towers and roofs, gutters, making pandemonium in the middle of dust making it look like the end of the world. 2. She is our old Milan – we breathe easy – she is our Milan, dear uncle, who sings and plays and dances at Carnival! 3. Our Duomo is the Church of our forefathers, is the home of Milan, is made all of marble, is great, is beautiful, is him, only him in all the world, so beautiful, so great.
Mauro Raimondi is a teacher and has published several books about Milan, among which Dal tetto del Duomo (Touring Club, 2007). He has furthermore edited the biography of the poet Franco Loi in Da bambino in cielo (Garzanti, 2010) and is co-author of several texts of sports literature, among which Il derby della Madonnina (Book Time, 2014).
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MILANO IERI E OGGI / MILAN: YESTERDAY AND TODAY Direttore - Istituto Italiano di Cultura di Varsavia
Paola Ciccolella
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appresentare la città è sempre stata una sfida per un artista. Davanti ai molteplici aspetti di una metropoli l’artista si chiede quali elementi scegliere, cosa mettere in evidenza. Come riprodurre lo stato d’animo davanti ai luoghi, alle cose e agli esseri di una città. Se è meglio descrivere il movimento oppure la staticità degli spazi. Nella sua ricerca artistica Giovanni Cerri ha scelto di seguire le orme dei suoi illustri predecessori da De Chirico a Sironi, privilegiando luoghi per lo più inanimati, talvolta angoli di periferia, fabbriche dismesse, conferendo loro un aspetto metafisico e fisso nel tempo, avvalendosi di una tecnica e di uno stile molto personale. In questa occasione Cerri dedica la mostra interamente a Milano, la sua città, dando rilievo ai luoghi simbolo come il Castello Sforzesco, il Duomo, i palazzi storici, come anche ai nuovi grattacieli che incessantemente cambiano il panorama della città. Siamo molto lieti di accogliere alcune opere dell’artista presso l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia come omaggio ad una delle principali città italiane quest’anno sede dell’Expo 2015.
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epicting the city has always been a challenge for an artist. Faced with the multiple aspects of a metropolis, the artist asks himself which ones he should chose and what to highlight, and how to reproduce the mood of places, things and other beings in a city. Whether it is better to depict the movement or the static nature of the spaces.
In his artistic research, Giovanni Cerri has chosen to follow in the footsteps of illustrious predecessors from De Chirico to Sironi, favouring places that are more inanimate, at times corners of the outskirts and abandoned factories, giving them a metaphysical aspect fixed in time, using a very personal technique and style. In this occasion, Cerri dedicates the exhibition entirely to his city, Milan, giving importance to symbolic locations like Castello Sforzesco, the Duomo, historic palaces, as well as the new skyscrapers that incessantly change the panorama of the city.
Le case di ringhiera, 2014, olio, cm. 100x80 Coll. privata, Milano
We are very happy to welcome the works of this artist at the Istituto Italiano di Cultura in Warsaw as homage to one of the main Italian cities, which this year hosts Expo 2015.
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La Milano di Giovanni Cerri Stefano Cortina
Milano, 2015
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a Milano di Giovanni Cerri ha radici antiche. Le radici di un ragazzo nato pittore, figlio di Giancarlo, artista puro che ama la pittura oltre ogni cosa, che ha trasmesso al figlio la sua eredità morale sin dall’infanzia. Giovanni è un uomo di città cresciuto a contatto profondo col tessuto urbano, la metropoli e l’universo mondo che ne fa parte. L’uomo e il suo habitat, protagonisti della sua ricerca, pittorica e poetica insieme perché mai come lo scorrere l’evoluzione stilistica di un autore riconduce nel caso di Cerri alla sostanza poetica della sua opera. Una poesia dura, aspra, per niente didascalica, che passando dagli esordi espressionisti, dove indagava l’anima, l’essenza dell’uomo, ne esplorava poi l’ambiente circostante, iniziando dalla periferia, i lunghi viali solitari di uomini e caotici di traffico, i rottami e le carcasse delle auto, Art Brut che popola le desolate aree popolari dove le “case minime” si alternano ai lampioni che illuminano aree dismesse, terra di nessuno e da nessuno considerata, dove abitano gli invisibili, coloro che non hanno identità né dignità di essere. La città vuota del correre senza senso, la città dei muri vuoti, delle frasi e dei graffiti di ignari e ignoti cantori della moderna epica. La Milano di Cerri, nata dalle periferie è anche la città dei Palazzi, della Storia, dell’Arte, di cui questa città è colma, nonostante il disattento errare dei suoi abitanti. Dopo lungo vagare è ora il momento di celebrare la bellezza, oltre il disadorno paesaggio delle banlieu. E l’autore lo fa attraverso il suo occhio curioso, studiando non solo ciò che è ma ciò che era. Quello che noi ora vediamo sulle sue tele è frutto di un approfondito studio del presente ma anche del passato, di una ricerca sistematica di immagini antiche affinché nella rappresentazione del presente rimangano e siano riconoscibili gli elementi della genesi. Ecco i palazzi, i luoghi come sempre estrapolati dal contesto affinché siano incontrastati protagonisti e padroni della scena. E non solo i celebrati e ultra-conosciuti luoghi dell’urbe. Il Duomo, i Navigli, ma anche e soprattutto quegli autentici tesori che il distratto milanese non immagina nemmeno di possedere. Milano, città dura, forte, spietata ma giusta dispensatrice di occasioni, possibilità, bellezza e negazione di tutto ciò. Una città che ti respinge ineludibilmente, o ti avvinghia di un amore imperituro. Con i semafori lampeggianti alle quattro del mattino, nell’ora dei ricordi sommersi, alla lattiginosa luce dei lampioni. L’ora che precede il risveglio quando anche le ultime creature della notte rientrano nei loro involucri, consegnandosi al convulso ripetersi dei propri incubi diurni. L’alba come il tramonto quando la luce è debole ad introdurre la magia che sempre si ripete. La città, parafrasi dell’uomo moderno. Il nostro incubo, il nostro rifugio, il
Periferia - 1986, pastello su carta, cm. 24x18 nostro paradiso. Il nostro premio e il nostro castigo. Mai noi, che ben conosciamo e riamati la amiamo, le rendiamo omaggio. Lo sguardo esperto di Cerri osserva, trasfigura, riporta il cuore pulsante della finanza italiana, la Borsa, il Palazzo Mezzanotte, polmone degli affari,
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La Darsena - 2014, olio, cm. 70x100 Coll. privata, Gallarate (Va)
dove si decidono i destini del paese o dove guerre incruente (ne siamo sicuri?) vengono combattute. I luoghi antichi della Milano leonardesca quand’era città d’acqua, la Darsena, Piazza San Marco quando l’acqua aveva il posto degli attuali parcheggi. Le colonne di San Lorenzo, dove si agita la movida giovanile milanese. Piazza dei Mercanti, l’Arco della Pace, il Castello Sforzesco. Simboli del passato e del presente come il nuovo sky line meneghino, che non a caso Cerri titola “Nuova Babilonia”, dove un intero quartiere, il Garibaldi, è stato sacrificato ai nuovi dei, affari & moda, e consegnato ai nuovi ricchi del pianeta. Ma rimane la memoria, non nostalgia, né rammarico, solo memoria pulsante e vivida per dare vita eterna a ciò che non può e non deve essere dimenticato. Giovanni Cerri rimane un formidabile “raccontatore per immagini”, dal contenuto dell’anima all’ambiente che la circonda e la contiene.
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Giovanni Cerri’s Milan Stefano Cortina
Milan, 2015
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iovanni Cerri’s Milan has ancient roots. The roots of a boy born a painter, the son of Giancarlo Cerri, a pure artist who loves painting above anything else, and who gave his moral inheritance to his son from infancy. Giovanni is a man of the city, raised in close contact with the urban fabric, the metropolis and universal world that he is part of. Man and his habitat, protagonists of his research, pictorial and poetic together because never has the style and evolution of an author brought, as in Cerri’s case, the poetic substance of his works. A hard, harsh, not at all didactic poetry, which passing from the expressionist beginnings where he investigated the soul, the essence of man, he then explored the surrounding environment, beginning with the outskirts, the long lonely streets of men and chaotic traffic, the scraps and carcases of cars, Art Brut that populates the desolate working-class areas where the “cheaply-made houses” alternate with streetlights illuminating abandoned areas, a no man’s land considered by no one where the invisible live, those who have no identity nor dignity to live. The empty city of rushing without a sense of the city of empty walls, of phrases and graffiti unaware and unknown poets of the modern epic. Cerri’s Milan, born from the outskirts, is also the city of Palazzos, of History, of Art, which this city is full of, in spite of the distracted roamings of his inhabitants. After long wanderings, it is now time to celebrate the beauty, beyond the unadorned landscape of the banleiu. And the author does this through his curious eye, studying not just what is, but also what was. That which we see on the canvas is the fruit of an in-depth study of the present and past, of a systematic research of ancient images so that in the representation of the present the elements of the genesis remain and are recognisable. Here are the palazzos, the places are always extrapolated from the context so that they are the undisputed protagonists and masters of the scene. And not just the celebrated and ultra well-known places of the city. The Duomo, the Navigli, but also and above all those authentic treasures that the distracted Milanese don’t even know they have. Milan, a hard, strong city, an unscrupulous but just giver of occasions, possibilities, beauty and negation of all that. A city that unavoidably repulses you, or that catches you in an eternal love. With flashing traffic lights at four in the morning, at the hour of hidden memories, to the milky light of the streetlights. The hour that precedes the reawakening when even the last creatures of the night return to their shells, giving themselves to the convulsive repeating of their own daily dreams. Dawn like sunset when the light is weak to introduce the magic that is ever repeated.
The city, paraphrase of modern man. Our nightmare, our refuge, our paradise. Our prize and our punishment. But we, who know her well and love her, pay homage. The expert glance of Cerri observes, transfigures, brings the beating heart of Italian finance, the Borsa, Palazzo Mezzanotte, the lungs of business, where the destiny of countries is decided or where bloodless wars (are we sure?) are fought. The ancient places of Leonardesque Milan when the city was on canals, the Darsena, Piazza San Marco when water was where today are parking lots. The columns of San Lorenzo, where the young Milanese movida is. Piazza dei Mercanti, Arco della Pace, Castello Sforzesco. Symbols of the past and present like the new Milanese skyline, which Cerri does not entitle by chance “Nuova Babilonia”, where an entire neighbourhood, the Garibaldi, was sacrificed to the new gods, business and fashion, and given to the new rich of the planet. But memory remains, not nostalgia, nor remorse, only the pulsating vivid memory that gives eternal life to that which can not and must not be forgotten. Giovanni Cerri remains a formidable “storyteller through images”, from the contents of the soul to the environment surrounding and enclosing it.
San Cristoforo - 2014, olio, cm. 70x70 Coll. privata, Milano
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Milano nella pittura di Giovanni Cerri: viaggio senza fine Stefano Crespi
Milano, 2015
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ell’anno, nello stimolo, nelle motivazioni di “Expo”, Giovanni Cerri dedica un progetto a Milano, la sua città, in un percorso espositivo, itinerante (Cortina Arte a Milano, Galleria Palmieri a Busto Arsizio, Istituto italiano di cultura a Varsavia). In una considerazione generale si può notare come recentemente ci sia stata una grande attenzione in mostre sul tema della città (Ritratti di città è un titolo significativo). E ciò quasi in relazione, in una dialettica con la contemporaneità. Da una parte emerge sempre più una dimensione linguistica virtuale, dove scompare il vissuto delle parole, dove l’arte sembra consumarsi in una visibilità mediatica. Proprio rispetto alla globalizzazione, la città viene a esprimere uno spazio-tempo, il «territorio della memoria» (in un’espressione di Mario Botta). La città è identità, storia, il qui e l’altrove dell’esistenza (dalla metafisica di de Chirico, al primitivismo di Sironi, alla inesauribile epifania dell’attimo nelle testimonianze fotografiche). Giovanni Cerri nell’esperienza artistica porta una coscienza riflessiva confermata dall’intuizione dei suoi scritti (testi, presentazioni di mostre, note di studio). In una intervista (riportata nel catalogo di una mostra nella ex chiesa di S. Pietro, a Como, nel 2009), Cerri afferma: «Io mi sono trovato il tema della città, ho capito che era mio, l’ho percorso e lo terrò finché altre cose non mi troveranno. Forse, pensandoci, posso dire che il lavoro fra i primi quadri e quelli attuali mi ha fatto ragionare molto sul colore e la città, così come io la rappresento, mi ha dato la possibilità di usare le tonalità che sento mie. Diciamo che un soggetto e i colori per rappresentarlo mi hanno cercato e trovato». C’è la consapevolezza che è stato questo tema della città (della sua città di Milano) a scegliere, a determinare il senso esplorativo della pittura, l’atto emotivo della vocazione espressiva (il colore, il non colore, le tonalità, i simboli, le tracce, le rovine, il senso misterioso del tempo). Rispetto a tipologie tematiche, rispetto a situazioni formalizzanti, la città, nell’esemplarità biografica, psicologica di Milano, diventa il viaggio: un viaggio senza fine nell’eventicità, nella trama e nella metafora della vita che accade, nelle intermittenze, nella ricerca e nell’indecifrabilità delle illusioni. Un viaggio, come scrive nei suoi libri lo psichiatra Eugenio Borgna, nella temporalità, dove sconfinano presente, passato, futuro: non un tempo esteriormente cronologico, ma un tempo interiore, soggettivo, nel fluire dell’esistenza. La pittura di Cerri può trascorrere da un mondo perduto, da un’archeologia di figure, resti, frammenti (come in una sua mostra a Copenaghen nel
2014) a un congedo di Città fantasma, a un umanesimo disabitato (tralicci, lampioni, segnaletica). Milano, come si potrà esemplificare, rimane la centralità, lungo questa metamorfosi. Non so rinunciare al richiamo di un artista amato come Alberto Giacometti. Avevo avuto l’occasione nel 1993 di dedicare la presentazione a una mostra di Giacometti, nelle centocinquanta litografie di Paris sans fin. Vive il sentimento di città che è luogo e mito: visioni, figure dell’esistenza, l’interno e l’esterno, la realtà delle cose e la durata interiore. Tutto, nella città di Parigi, tende a diventare cifra di un viaggio. Nelle immagini, nelle cadenze, nell’orizzonte, nel percorso della pittura a Milano, si possono richiamare momenti significativi. Anzitutto la “pagina originaria” della pittura di Cerri che tiene la prima mostra a diciassette anni in una piccola sala di via Ciovasso a Milano. Nella passione (nel ricordo) rivivono i tratti segreti della sua Milano: il paesaggio urbano, il quartiere spettrale della Bovisa, la stazioncina, le strade, i fatiscenti edifici, le fabbriche dismesse, le voci perdute, un «silenzio di abbandono». È il primo sguardo, fuori da un realismo apparente: il primo sguardo che si apre a un mondo ignaro e struggente, come a un alfabeto nella coniugazione della pittura. L’aspetto tematico della periferia continua nei dipinti di Cerri. La periferia non va sempre intesa nella connotazione di un luogo specifico. La periferia diviene infatti variamente una condizione psicologica, memoriale; una visione perduta; la segretezza di una solitudine nelle mutazioni urbanistiche della città. Ognuno può trovare un riscontro, un’intermittenza nello scorrere tematico di questi dipinti: i ricordi toccanti, indimenticabili della Bovisa, una Stimmung poetica della darsena, una geometria delle officine, la frase dell’esistenza nelle case di ringhiera e nelle case popolari, quel suono vagamente anonimo di località come Crescenzago, Gratosoglio, una feriale magia di Chiaravalle, l’attimo di stupore lontano di una bambina. Questi dipinti citati sono solo degli esempi in un richiamo di immediatezza. Ma suggeriscono un lascito espressivo nella pittura. Si può comprendere come Cerri abbia amato Sironi: il tempo che precipita in uno sgomento senza cielo. Con un tratto di singolarità ha saputo attraversare la situazione milanese del realismo esistenziale: una rinnovata nostalgia dell’immagine; una vivezza che si coniuga tra incontri, arte, letteratura, musica. Ho avuto occasione di leggere un suo saggio di presentazione a Giancarlo Cazzaniga (Cortina Arte, Milano). C’è un’apertura all’ambiente urbano, notturno, alla musica del jazz («i suoni, i silenzi, le dissonanze, le voci»). L’esplorazione di Milano continua nel simbolo, nella nobiltà delle testimonianze storiche, nel segno, nel ritmo delle architetture. Il simbolo del
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Vicolo Lavandai - 2014, olio, cm. 50x70
Duomo nell’accensione emotiva del colore ma anche in una atmosfera di visione, la Basilica di S. Ambrogio, Piazza della Scala, la suggestione di Gotico milanese, le vie, la sequenza dei palazzi (Palazzo Bovara, Palazzo Castiglioni). Tutto è rivissuto nel tempo, nella materia toccante, nella tonalità, nello “sguardo” del colore. Nel suggerimento di relazioni letterarie, per il ciclo della periferia il riferimento è certamente Giovanni Testori: l’eccentricità, il pathos, il fondo oscuro della sua opera rispetto ai linguaggi appariscenti. Per la Milano nel connotato della sua centralità, pensiamo a Eugenio Montale. Si recava da via Bigli a via Solferino, alla redazione del «Corriere della Sera»: la sua figura nella riservatezza, in una aristocratica austerità diventava un’espressione di Milano. Ulteriori attenzioni suscita il viaggio nella pittura di Milano. Giovanni Cerri, nelle sue note, scrive di avere avuto spunti ispirativi, per qualche quadro, anche dalla pittura dell’Ottocento (Giovanni Migliara, Angelo Inganni, Pompeo Calvi). Il contesto della contemporaneità ha, tra le sue definizio-
ni, l’espressione «declino dell’affetto». Rispetto alle categorie dello spazio, questi quadri sembrano custodire la visione trattenuta del silenzio, del tempo, dell’«affetto». Infine in una breve visita a Giovanni Cerri nel suo atelier mi sono trovato davanti alcune opere dedicate al tema della natura morta (in una riproposta La tavola del vivere, del convivere per una esposizione a Confcommercio). Dalla canestra di frutta di Caravaggio (Pinacoteca Ambrosiana) con un titolo bellissimo, Natura morta che non c’è più, ad altre due grandi composizioni tematiche sulla natura morta. È stata una commozione. Ho ritrovato un tratto segreto di Milano. Ho ritrovato Milano, con un’espressione di Henry James da Ore italiane, nei suoi «grigi misteri».
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Milan in Giovanni Cerri’s painting: an endless voyage Stefano Crespi
Milan, 2015
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n the year of, with the stimulus of and the motivations of “Expo”, Giovanni Cerri dedicates a travelling exhibition (Associazione Culturale Renzo Cortina in Milan, Galleria Palmieri in Busto Arsizio and Istituto Italiano di Cultura in Warsaw) to Milan, to his city. As a general consideration we notice how recently there has been great attention given to exhibitions on the theme of the city (Ritratti di città is a meaningful title). And that is closely in relation, in a dialectic with the present-day. From one side an ever more virtual linguistic dimension emerges, where the experience of words has disappeared, where art seems to exhaust itself of media visibility. It is with respect to globalisation that the city comes to express a space-time, the “territory of the memory” (in the words of Mario Botta). The city is identity, history, the here and there of existence (from the metaphysics of de Chirico, to the primitivism of Sironi, to the inexhaustible epiphany of the moment in photographic testimonies). Giovanni Cerri in the artistic experience brings a conscious reflection confirmed by the intuition of his writings (texts, introductions to exhibitions, study notes). In an interview (published in the catalogue for the exhibition in the deconsecrated church, S. Pietro, in Como, in 2009), Cerri stated: “I found the theme of the city, I understood that it was mine, I followed it and I will follow it until other things find me. Perhaps, in thinking about it, I can say that the work between my first paintings and those of the present have made me think a lot about colour and the city, how I represent it, giving me the possibility to use shades that I feel my own. Let’s say that a subject and the colour representing it searched for me and found me”. There is the awareness that it was this theme of the city (of his city, Milan) to choose, to determine the explorative feeling of the painting, the emotional act of the expressive vocation, the colour, shades and symbols, the signs, ruins and mysterious sense of time). With respect to the types of themes, with respect to the official situations, the city, in the biographical and psychological exemplar of Milan, become a voyage: an endless voyage in the happenings, in the plot and metaphor of life that happens, in the intermittence, in the search and in the indecipherability of illusions. A voyage, as the psychiatrist Eugenio Borgna wrote in one of his books, into different time periods, where the present, past, future border: not an outwardly chronological time, but an interior, subjective time in the flow of existence. Cerri’s painting can pass from a lost world, from an archaeology of figures, or remains, of fragments (as in his exhibition in Copenhagen in 2014) to
a liberty of Città fantasma, to an uninhabited humanism (trellises, streetlamps, traffic lights). Milan, as can be exemplified, remains central, along this metamorphosis. I am unable to not refer to a loved artist like Alberto Giacometti. In 1993, I had the opportunity to dedicate an introduction to an exhibition of Giacometti, in the one hundred and fifty lithographs of Paris sans fin. They lived the emotion of the city that is place and myth: visions, figures of existence, the inner and exterior, the reality of things and the inner duration. In Paris, everything seems to become an element of a voyage. In the images, in the cadence, in the horizon, in the path of painting in Milan, important moments can be recalled. First of all, the “orogins” of Cerri’s painting whose first exhibition was at age seventeen in a small room of via Ciovasso in Milan. In the passion (in the memory) the secret traces of his Milan live: the urban landscape, the spectral neighbourhood of Bovisa, the small station, the streets, the run-down buildings, abandoned factories, the lost voices, a “silence of abandon”. It is the first glance, outside an apparent realism: the first glance that opens an unaware and moving world, like an alphabet in the conjugation of painting. The thematic aspect of the outskirts continues in Cerri’s painting. The outskirts are not always to be understood in the connotations of a specific locations. The outskirts, in fact, become variously a psychological condition, memorial; a lost vision; the secrecy of a solitude in the urban changes of a city. Everyone can find a reference, an intermittency in the thematic flow of these paintings: the touching memories, unforgettable of Bovisa, a poetic Stimmung in the darsena, that vaguely anonymous sound of places like Crescenzago, Gratosoglio, a working day magic in Chiaravalle, the long gone moment of surprise of a little girl. These paintings cited are only some examples of a reference to immediacy. But they suggest an expressive legacy in the painting. We can understand how Cerri has loved Sironi: the time that falls in shock without a sky. With a trace of singularity he knew how to cross the Milanese situation of existential realism: a renewed nostalgia of the image; a vivacity that is united in meetings, art, literature, music. I had the opportunity to read one of Cerri’s texts on Giancarlo Cazzaniga (Associazione Culturale Renzo Cortina). There is an opening to the urban, nocturnal environment, to jazz music (“the sounds, the silences, the dissonance, the voices”). The exploration of Milan continues in the symbol, in the nobility of historical testimony, in the sign, in the rhythm of architecture. The symbol of Duomo in the emotional lighting up of colour but also in the atmosphere
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In studio con Stefano Crespi - Foto Fabio Valenti nineteenth century painters (Giovanni Migliara, Angelo Inganni, Pompeo Calvi). The context of the present-day has, among its definitions, the expression “decline of affection”. With respect to the categories of space, these paintings seem to hold the vision held back by silence, by time, by “affection”. Finally, in a brief visit to Giovanni Cerri’s studio, I found myself before two still life paintings (in one La tavola del vivere, del convivere reinterpreted for an exhibition at Confcommercio). From Caravaggio’s basket of fruit (Pinacoteca Ambrosiana) with the beautiful title Natura morta che non c’è più, to other two great thematic compositions of still lives. It was moving. I found a secret trace of Milan. I found Milan, with an expression of Henry James from Italian Hours, in his “grey misery”.
of vision, of the Basilica di S. Ambrogio, Piazza della Scala, the grandeur of Gotico milanese, the streets, the sequence of palazzos (Palazzo Bovara, Palazzo Castiglioni). Everything is relived in time, in the touching material, in the shades, in the “glance” of colour. In the suggestion of literary relations, for the cycle of the outskirts the reference is certainly Giovanni Testori: the eccentricity, the pathos, the dark background of his works with respect to garish languages. For Milan, in its characteristic of centrality, we think of Eugenio Montale. He went from via Bigli to via Solferino, to the newsroom of “Corriere della Sera”: his figure in his discretion, in an aristocratic austerity becomes an expression of Milan. Further attentions inspire the voyage in Cerri’s painting. Giovanni Cerri, in his notes, writes of having got inspiration, for some paintings, also from
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Milano ieri e oggi / Milan: Yesterday and today Gaetano Incremona
Milano, 2015
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Siate curiosi e ne sarete ricompensati.
Be curious and you will be rewarded.
f you asked me to summarise in a few words what it means for me to have actively participated in the realisation of Milano Ieri e Oggi, I would say that it represents a journey rich in meetings and discoveries, a journey that has given me the means to deepen my knowledge of a city that I loved straight away and in which I felt immediately at home when I moved here from Sicily in September 2011. My journey began with a meeting, upon invitation of my supervisor and professor of Multimedia Publishing, Prof. Francesco Tissoni, which took place on an afternoon in June 2014 near Piazza Duomo. There I met Giovanni Cerri, Anna Caserini and Isabella Dovera, with whom I have collaborated with up to today to bring to life the first artistic project curated by myself and Anna. Within the group, a strong common objective was immediately evident and which took form around the initial idea of Giovanni: the realisation of an artistic project that had a cultural and social aim and which would focus on Milan, giving visibility to its many faces. From here attention to symbolic locations, monuments and the most famous buildings as well as to the outskirts and the more hidden or forgotten locations. In the months that followed that June afternoon, there were many meetings, exchanges of ideas, suggestions offered and received on what and how to realise the project. The official website for the project was born (www.milanoierieoggi.it), with information always up-to-date on the exhibitions and multimedia contents regarding the subjects painted by Giovanni, as well as a Facebook page to interaction with the public and all the various subjects involved in the exhibitions. Giving life to these exhibitions and to the instruments useful for their communication has enriched me from many points of view. Above all, I contributed to realising this because I hope that the public can experience that same enrichment. At the end of my journey, I can indeed confirm that Milan really has a lot to offer if you know where to look and even if these exhibitions do not reveal all its hidden treasures, they are however a good starting point in that direction.
e mi si chiedesse di sintetizzare in poche parole cosa ha voluto dire per me partecipare attivamente alla realizzazione di Milano Ieri e Oggi, direi che essa ha rappresentato un percorso ricco di incontri e scoperte, un percorso che mi ha dato modo di approfondire la conoscenza di una città che ho subito amato e in cui mi sono sentito immediatamente a casa quando qui mi sono trasferito dalla Sicilia a settembre del 2011. Il mio viaggio è cominciato con un incontro, a cui mi invitò il mio relatore e docente di Editoria Multimediale, il prof. Francesco Tissoni, che ha avuto luogo un pomeriggio di [mese] del 2014 nei pressi di Piazza del Duomo. Lì ho fatto la conoscenza di Giovanni Cerri, Anna Caserini e Isabella Dovera, con i quali ho collaborato fino ad oggi per dar vita al primo progetto artistico da me curato insieme ad Anna. Nel gruppo è risultata evidente da subito una forte comunità di intenti che è venuta a costruirsi attorno all’idea iniziale di Giovanni: realizzare un progetto artistico che avesse anche una finalità culturale e sociale e che fosse totalmente incentrato su Milano per renderne visibili le molteplici facce. Da qui l’attenzione per i luoghi simbolo, i monumenti e gli edifici più famosi così come per le periferie e i luoghi più nascosti o dimenticati. Nei mesi che hanno seguito quel pomeriggio di [mese] sono stati molti gli ulteriori incontri, gli scambi di idee, i suggerimenti dati e ricevuti su cosa realizzare e come realizzarlo. È nato il sito web ufficiale del progetto (www.milanoierieoggi.it), con informazioni sempre aggiornate sulle mostre e contenuti multimediali riguardanti i soggetti dipinti da Giovanni, ed una pagina Facebook su cui interagire con il pubblico e tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nelle mostre. Dar vita a queste esposizioni e agli strumenti utili alla loro comunicazione mi ha arricchito sotto diversi punti di vista. Ho contribuito a realizzarle soprattutto perché spero che il loro pubblico possa sperimentare quello stesso arricchimento. Alla fine del mio percorso posso infatti affermare che Milano ha davvero molto da offrire se si sa dove cercarlo e se anche queste mostre non rivelano tutti i suoi tesori nascosti, costituiscono comunque un buon punto di partenza in tale direzione.
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Foto Valeriano Borroni
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Foto Valeriano Borroni
Opere - Works
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S. Ambrogio, 2015, olio, cm. 80x70
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Il Tempio (Palazzo Mezzanotte), 2014, olio, cm. 110x180 (collezione privata, Milano)
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Se il Duomo fosse rosso, 2014, olio, cm. 130x180 (collezione privata, Roma)
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Piazza Mercanti, 2014, olio, cm. 80x80
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Le colonne di San Lorenzo, 2014, olio, cm. 70x80
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Arco della Pace, 2014, tecnica mista, cm. 50x50
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Castello sforzesco, 2014, pastello ad olio, cm. 61x68
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Corso Magenta, 2014, olio, cm. 63x123
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Le cinque vie, 2014, olio, cm. 100x80
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Antica Porta Ticinese (da Pompeo Calvi), 2014, olio, cm. 100x100
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Piazza San Marco, 2015, olio, cm. 50x70
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Piazza della Scala, 2015, olio, cm. 50x70
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Palazzo Bovara, 2014, olio, cm. 89x112
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Palazzo Castiglioni, 2014, olio, cm. 150x100 (collezione Unione del Commercio, Milano)
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Porta Garibaldi, 2014, olio, cm. 78x100
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Porta Romana, 2014, olio, cm. 70x90
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Porta Nuova (da Giovanni Migliara), 2014, olio, cm. 70x100 (collezione privata, Milano)
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Darsena, 2014, olio, cm. 70x90
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Nuova Babilonia, 2015, olio, cm. 110x200
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15 dicembre 1969, 2015, olio, cm. 110x100
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La poesia della periferia Alberto Figliolia
Milano, 2015
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a nostalgia che attanaglia viscere, gola e anima. L’atavica potenza, nel loro sereno perenne fluire, delle acque che la solcavano creando effetti da sogno, antichi mestieri, fascinose immaginazioni. Le pietre dei più nobili monumenti, simulacri di antiche e condivise memorie, testimoni della Storia e delle innumerevoli storie individuali che ne costellano l’ineffabile itinerario. Sprazzi violenti di luce o impenetrabili grigi. La delicata e mistica ovatta della nebbia e vialoni che si perdono nelle distanze, all’infinito. La maestà della Cattedrale: una mole che è stata anche consolazione per coloro alla cui ombra han vissuto i propri giorni, ombre anch’esse del tempo che ineluttabile scorre. Ciò che c’era e ciò che non c’è più. La dirompente forza del mutamento e le idee che ne derivano o che ricompongono unità spezzate, monadi del tutto. Quanto da sempre coinvolge e trascina, in termini sentimentali e intellettivi, la pittura di Giovanni Cerri! Non fa certo eccezione questa mostra dedicata a Milano, la sua città, la nostra città, della quale, dopo avere ammirato la specifica (ri)produzione di Giovanni, abbiamo ricavato tutte le suggestioni (e altre ancora) del presente incipit. Una pittura altamente evocativa (e rievocativa nel segno della massima originalità) per luoghi presso i quali sovente si sosta, trascorre o transita con occhi (fisici e mentali) distratti. Come se un travolgente e frenetico ritmo esistenziale ci impedisse di scorgere il cuore segreto delle cose, l’Anima Mundi di cui siamo figli e che tutti ci compenetra e intride. Ah se solo lo sapessimo! È un genuino e intelligentissimo atto d’amore verso la propria città questa teoria di quadri: dal centro alla periferia e ritorni, incroci e incontri di generazioni e generazioni, fatica e dolore e gioia comuni. Appartenenza e identità, in un senso non deteriore. I simboli della miglior comunanza. E la magica vista dell’artista...
che tratteggiano Milano e ne danno uno sguardo generale, allargato. Milano è Piazza del Duomo ma anche la Bovisa, i quartieri della Martesana, Chiaravalle o Cascina Gobba, lontani “avamposti” di un immaginario confine. Poi ho voluto ricordare luoghi molto trasformati come il Verziere nell’odierno Largo Augusto o addirittura scomparsi ma suggestivi, facenti parte della memoria milanese, come Le Cinque Vie. L’assioma, anzi il luogo comune, che la periferia sia un non-luogo viene bellamente smontato. Le periferie sono luoghi, oltre che popolari, estremamente propositivi, un laboratorio di tendenze in permanente fermento, catalizzatori di idee e movimenti, spazio per nuove interpretazioni artistico-letterarie o sociologiche o di sperimentazioni architettoniche. (Non è un caso che Milano sia una città oltremodo interessante sia per quel che concerne l’architettura contemporanea, una stupenda fioritura, sia per quel che riguarda la cosiddetta archeologia industriale, viatico di stimolanti contaminazioni) Che cos’è oggi la milanesità? Milano, fra passato, modernità e prospettive future... Milano, come molte altre grandi città, ha affrontato negli ultimi anni un processo di mescolanza di culture ed etnie diverse. La “milanesità” di un tempo si è un po’ persa; difatti il dialetto ormai potrebbe essere quasi una materia da scuola, mentre un tempo, non lontanissimo peraltro, era la “lingua” che si parlava. La milanesità è un modo generoso di essere, di accogliere, di dare opportunità; un fatto, credo, innegabile, come conferma la nostra storia. Si dice che Milano sia una città “di lavoro”, ed è vero, il ritmo è veloce, incessante. Ma Milano nasconde anche diversi tesori che gli stessi milanesi, o abitanti di questa grande città, non conoscono. Ecco, spero che la modernità, con l’ausilio anche dei nuovi mezzi di comunicazione, aiuti a far conoscere le bellezze che Milano possiede. Come ti rapporti con la tradizione artistica e pittorica della tua città? Mi piace confrontare i luoghi reali di oggi con i dipinti di un tempo – quelli di Giovanni Migliara, Angelo Inganni, Pompeo Calvi, Giannino Grossi, Emilio Gola – e mi piace osservare come la città si sia trasformata, immaginandola, appunto, come deve essere stata un tempo. E passeggiare lungo quelle stradine del centro rimaste ancora abbastanza “originali” consente di avviare una sorta di viaggio a ritroso negli anni. La mia preferenza, comunque, va alle visite di alcune chiese milanesi, in solitudine, per rivedere una tela di Camillo o Giulio Cesare Procaccini, un affresco di Vincenzo Foppa o del Bergognone o un Daniele Crespi. Una delle mie mete preferite è la Chiesa di San Maurizio in Corso Magenta, troppo poco conosciuta. Le chiese mi consentono una provvisoria separazione, seppur breve, dal mondo che esiste al di fuori: sono dei rifugi e le mie “gallerie d’arte” preferite. Così come per le stesse ragioni lo è il Cimitero Monumentale.
Giovanni, perché questo itinerario monografico su Milano e i suoi luoghi, vene, vie, ventre e cuore? Milano è la mia città e da tempo era mia intenzione lavorare sul territorio che più ho vissuto. Perciò un anno e mezzo fa ho iniziato a progettare un “viaggio” dentro ai luoghi milanesi, lungo le strade più o meno conosciute. Hai detto bene, riferendoti a vene, ventre e cuore; Milano è un corpo che pulsa e vibra. Perché alcuni luoghi sì e altri no? Ho fatto una scelta dettata da interessi miei e da possibilità interpretative. A grandi linee è una mostra divisa in due parti: il centro e i suoi luoghi simbolo più conosciuti e la parte “periferica”, che io sento in modo particolare in quanto vengo dalla periferia sud di Milano, tra la zona del Naviglio Pavese e Corso Lodi: quelle sono le zone della mia infanzia. Mi sono concentrato su quei luoghi
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Bovisa, 2015
Periferia, 2012, olio, cm. 34x48
San Maurizio al Monastero Maggiore può stimarsi come una delle più belle chiese non solo meneghine, ma della Lombardia e d’Italia. Non è certo usurpata, per il suo incredibile e vastissimo ciclo d’affreschi cinquecenteschi di scuola leonardesca, la fama di Cappella Sistina di Milano. Una chiesa da Sindrome di Stendhal (il genio di Grenoble difatti l’amava molto). E il Cimitero Monumentale? Se vi capitasse di aggirarvi per i suoi sentieri una domenica mattina d’inverno, calpestando una fresca neve, fra bagliori di miste luci e sculture che parlano un potente linguaggio muto, capireste... Giovanni, sempre di gran suggestione la tua tecnica, con l’impiego di elementi che non sono solo i meri colori. L’impressione che se ne riceve è quella di una pittura molto tattile. E spessori, rughe, crepe, increspature e colature creano effetti assolutamente evocativi. Che cosa vuoi dire al riguardo? L’uso della carta, spesso riciclata e rimessa in gioco dopo puliture di pennelli o rimediata strappando lavori non convincenti, mi permette libertà d’azione. Più la carta “soffre” di strappi, pieghe, rotture e più comunica la “vita” del materiale, una vita che non è disgiunta da quello che vuole rappresentare. La mia intenzione è sempre quella di raccontare qualcosa che si sia “rovinato” nel tempo, che ne ha passate di brutte! E l’immagine, con quel suo resistere al tempo e all’incuria, è giunta a noi, con le proprie imperfezioni, le “ammaccature”, le ferite. Un viaggio, il tuo, con queste opere dal centro alla periferia. Con la medesima carica emozionale? Assolutamente sì. Una partecipazione diversa però, in quanto il centro storico ha qualcosa di sacro, di intoccabile; c’è quasi timore ad affrontare un territorio che ha secoli e secoli, anche ben oltre il millennio, di storia alle spalle. Nella parte della Milano periferica ho avuto modo di interpretare maggiormente il
soggetto. Alcune zone o quartieri non sono così riconoscibili a prima vista. Le periferie poi presentano alcuni luoghi simili, nel senso che ci sono strade anonime, palazzi l’uno uguale all’altro, lunghi viali che sembrano non aver fine o destinazione. Sono città nelle città, agglomerati di edifici che diventano un corpo unico, di cemento, asfalto, vetro, auto parcheggiate a schiera, supermercati, centri commerciali. E come risolvi l’incontro-scontro nella tua arte fra emozione e ragione? Ti cito un esempio, per il quadro del Duomo. Il nostro Duomo nell’immaginazione è bianco o grigio. Io invece l’ho sentito “rosso”, un colore assolutamente estraneo al contesto. L’ho pensato completamente diverso, “dipinto”. Ecco la differenza, la ragione ti presenta una cosa come la vedi, l’emozione ti offre la possibilità di cambiarla completamente stravolgendone la fisionomia. Come in un ritratto. L’incursione in alcuni lavori dei grandi temi civili e dei drammi della storia... Desideravo affrontare, almeno in una grande tela, un evento storico importante di Milano. Così, avevo pensato alla strage di Piazza Fontana, avvenuta nel 1969, l’anno stesso in cui sono nato. Invece ho preferito un altro episodio: i martiri di Gorla del 20 ottobre 1944. Una tragedia più remota e meno nota, ma “universale”. Ossia quasi duecento bambini di una scuola elementare uccisi da una bomba degli Alleati. Da Gorla a Gaza l’ho intitolato, perché la strage degli innocenti è sempre attuale purtroppo ed Erode è continuamente in agguato, in qualsiasi parte del mondo. È un quadro su Milano, perché il fatto ricordato è accaduto qui, ma potrebbe riferirsi a qualsiasi altro luogo. Ecco perché i corpi stesi in primo piano non hanno un’identità riconoscibile; è un quadro quasi “informale”, il soggetto rappresentato lo si intuisce a poco a poco. Ho fatto, a ogni modo, un quadro che ricorda Piazza Fontana; la tela in realtà rappresenta il Duomo, grigio questa volta. Un grigio tenebroso, da paramento
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funebre, luttuoso. Infatti, ho pensato al giorno dei funerali delle vittime, il 15 dicembre 1969, quando una gran folla si radunò sul sagrato del Duomo, per vedere scorrere le tante bare dei morti di quell’attentato, ancora oggi tetramente “oscuro”, proprio come quella giornata. In quella stessa data finì la vita dell’anarchico Giuseppe Pinelli, misteriosamente precipitato dal quarto piano della Questura. Fu proprio una giornata scura. L’arte, con la sua scintillante e arcana forma (che, per paradosso, potrebbe bastare a sé stessa) non può sottrarsi all’impegno civile. Da Gorla a Gaza è un’opera commovente nella sua voluta indefinitezza: un allucinato nodo di colori, un groviglio di corpi senza volto, anonimi e pure esattamente riconoscibili nel loro astratto silenzio e nell’immobi-
Bicocca Pirelli, 2014, olio, cm. 50x60
Viale Certosa, 2015
lità della fine. Vittime della cecità e dell’iniquità umana. Bambini così simili fra loro, al di là delle coordinate spazio-temporali. Una cicatrice nel tessuto connettivo della società milanese. Un episodio storico protagonista a un certo punto, per ragioni di realpolitik, di una clamorosa e vergognosa rimozione. La foto di quei corpicini senza respiro, allineati sulla dura terra, ancora adesso ha il potere di sconvolgere. Come non paragonare quell’assurda strage, per un “errore umano” (le bombe avanzate dall’incursione aerea mirata non avrebbero dovuto essere sganciate sulla città indifesa), a quella, più recente e altrettanto dolorosa, di Gaza? E come non ricordare i bui giorni di Piazza Fontana, una bomba a straziare troppi innocenti e la caduta mortale, eterna vergogna di chi e che cosa lo permise, di Giuseppe Pinelli? La sensibilità del pittore è giustamente desta e l’artista non vuol venir meno alle proprie responsabilità. La bellezza ha in sé la denuncia del Male.
A parte un’eccezione non vi sono figure umane nei quadri. Perché? Ho scelto di confrontarmi col territorio, le strade, i palazzi, le chiese, i Navigli, i luoghi di oggi e di ieri. I luoghi parlano, raccontano, come se fossero figure, volti. I luoghi hanno rughe, malattie, soffrono, muoiono, scompaiono, vengono per la maggior parte dimenticati. L’unico quadro dove ho inserito una figura umana ben visibile è Storia di una bambina. Lì ho rappresentato una bambina di tanto tempo fa, durante la Seconda Guerra Mondiale; ho pensato a mia madre, quando mi raccontava dei rifugi, dei bombardamenti. Mi sembrava una giusta origine, mia e di questa mostra, partire simbolicamente da lì, dall’infanzia di una madre. Così come in un altro, Dopoguerra, c’è un ragazzino in bicicletta che pare venirci incontro; potrebbe essere mio padre lungo Corso Lodi, vicino alla Chiesa di San Luigi verso lo Scalo Romana. Insomma, laddove ho inserito accenni di figure umane, si evoca la Milano del passato, la generazione dei miei genitori.
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Lambrate (Via Rubattino), 2015
Piazza Gasparri, 2012, olio, cm. 34x48
Vale la pena di ricordare Zina Smerzi, la madre di Giovanni Cerri, scomparsa alcuni anni or sono. La dolce Zina, volontaria al Carcere di San Vittore, amante della poesia, figlia di Bonifacio, portiere dell’Inter negli anni Trenta, un temperamento vulcanico, una curiosità culturale onnivora, specchio della migliore anima della vecchia Mediolanum. Bonomia e saggezza, sensibilità, che tanto avranno giovato nell’educazione dell’artista in pectore che Giovanni era. Quella tenera figura di bambina nel quadro citato la ricorda come meglio non si può. Con una silente commozione. Nella realtà metropolitana che rappresenti e riporti all’attenzione si mescolano elementi visionari e di surrealtà... Ci spieghi il tuo atteggiamento in merito e le tue scelte? Nell’affrontare alcuni temi e paesaggi molto riconoscibili ho sentito la necessità di interpretare molto l’immagine, come nel caso del Duomo, con un colore completamente insolito, estraneo. In altri ho cercato un’ambientazione particolare, ti cito il quadro Il Cremlino è a Città Studi. L’Istituto Ronzoni è appunto detto Il Cremlino per la sua somiglianza con l’edificio moscovita. Così ho pensato di fare un quadro completamente rosso, sovietico! E poi ho inserito una palma: potresti essere a Milano, Mosca, o Tripoli, chissà... Mi piace inoltre pensare che alcune cose non siano lì dove si trovano, ma in un altro luogo o dimensione. Nel quadro Piazza Piemonte: l’ora dei cannibali cito, per esempio, un film di Liliana Cavani del 1969, anno in cui sono nato. Una rivisitazione apocalittica dell’Antigone di Sofocle ambientata proprio lì, nel centro di Milano. Un’opera che mi ha suggerito l’interpretazione teatrale di questo luogo, con quei due palazzi che sembrano l’ultimo confine prima di un misterioso orizzonte dell’ignoto, di un lontano altrove. Oppure, nel quadro dedicato all’Abbazia di Chiaravalle, mi attraeva quel clima sospeso tra città e campagna, un’atmosfera da sogno ovattato nel silenzio di una luce mistica, spirituale.
Infine, al di là degli splendidi esiti formali e del potente sentimento che trapela, la tua è un’indagine intellettuale, aspetto sovente sottovalutato per quel che concerne le figure dei pittori. Concordi? Certamente questa mostra è anche un progetto, un itinerario studiato e meditato per esplorare la città in numerose e molteplici sue componenti, che ha imposto necessariamente delle scelte. E nella scelta è subentrato il lato emotivo nei confronti di certi luoghi piuttosto che di altri. È stato un lavoro comunque molto libero, nella sua articolata messa in opera. Il porticato di Sant’Ambrogio in blu. La Darsena dagli operosi traffici. La sublime vetustà di Piazza Mercanti e le Colonne di San Lorenzo, che agli ignari turisti possono parere posticce. La mobilità del Verziere e il Tombone di San Marco, altro lago colpevolmente scomparso dal cuore della metropoli. I caseggiati della gente minuta e l’allegra pensosità della Scala. Lampioni che accendono scene stranite e la meravigliosa concentrica babele di San Siro, spirali prodromiche di gioia per idoli mai spenti nell’immaginario collettivo. Ciminiere e grattacieli. E ancora pietre di edifici, antiche e nobili, umili o ricche, del lavoro o di utilizzo civico, e acque, acque, acque, che solcavano la città, creando effetti da sogno, antichi mestieri, fascinose immaginazioni... El Domm... La nostalgia che attanaglia viscere, gola e anima... Il dinamismo che contraddistingue i nipotini di Sant’Ambrogio, todesch venuto a svernare, predicare e insegnar sapienza a Milano, soavemente avviluppato dalle sue chiome e brume e cieli azzurri... Ancora la nostalgia, sentimento di cui non ci si deve vergognare, anzi fecondo. Una mostra da vedere, soprattutto da vivere.
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Da Gorla a Gaza, 2014, olio, cm. 140x220
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The Poetry of the Outskirts Alberto Figliolia
Milan, 2015
A nostalgia that grips the insides, throat and spirit. An atavic power, in the serene never-ending flow, of the waters that cut through creating dreamy effects, ancient crafts, fascinating imaginations. The stones of the noblest monuments, simulacrums of ancient and shared memories, witnesses to History and the numerous individual histories that scatter the ineffable itinerary. Violent flashes of light or impenetrable grey. The delicate and mystic muffle of the fog and the long roads that lose themselves in the distance, in the infinite. The majesty of the Cathedral: a mountain that has also been consolation for those who under its shadow have lived their days, shadows also those of time that inescapably flows. That which was and that which isn’t yet. The explosive force of change and the ideas that derive from it or that lead back to broken unities, monads of everything. Oh how captivating, in both sentimental and intellectual terms, Giovanni Cerri’s painting has always been! This exhibition dedicated to Milan, his city, our city, certainly isn’t an exception, from which after having admired the specific (re)production of Giovanni, we have obtained all the suggestions (and more) of the present incipit. An highly evocative painting (and commemorative in the sign of maximum originality) for places where one often stops, passes time or passes with distracted eyes (both physical and mental). As if an overwhelming and frenetic existential rhythm stops us from glimpsing the secret heart of things, the Anima Mundi of which we are all children and that immerses us. Ah, if only we knew! This series of paintings is a genuine and very intelligent act of love towards his city: from the centre to the outskirts and back again, generational intersections and meetings, common labour, pain and joy. Belonging and identity, not in a second-rate sense. The symbols of the best community. And the magic seen by the artist…
those places that trace Milan and give it a general, enlarged view. Milan is Piazza del Duomo, but also Bovisa, the areas around the Martesana, Chiaravalle or Cascina Gobba, farther “outposts” of an imaginary border. Then I wanted to recall places that have been transformed like the Verziere in what is now Largo Augusto or even which have disappeared but are suggestive, making up part of Milanese memory, like Le Cinque Vie. The axiom, rather the stereotype, that the outskirts are a non-place is beautifully disassembled. The outskirts are places, beyond workingclass, extremely assertive, a laboratory of tendencies in permanent ferment, catalysts of ideas and movements, space for new artistic-literary or sociological interpretations or of architectonic experimentations. (It’s not by chance that Milan is extremely interesting both for contemporary architecture, splendid development, as well as so-called industrial archaeology, supplies for stimulating contamination). What is Milanese today? Milan, between the past, present and future prospective… Milan, as many other cities, has faced, in recent years, a process of mixing of different cultures and ethnicities. “Milanese” has for some time been lost; in fact the dialect could almost be a school subject, while at one time, not so long ago, it was a spoken “language”. Milanese is a generous manner, of welcoming, of giving opportunities; an undeniable fact, I believe, confirmed by our history. They say that Milan is a “working” city, and it’s true, the rhythm is fast paced and incessant. But Milan also hides different treasures that the same Milanese, or inhabitants of this great city, do not know. Here, I hope that modernity, with the assistance of new means of communication, helps the city to be known for the beauty it has. How do you relate with the artistic and painting traditions of your city? I like to compare the real places of today with the paintings of the past – those of Giovanni Migliara, Angelo Inganni, Pompeo Calvi, Giannino Grossi, Emilio Gola – and I like to see how my city changes, imagining it, indeed, as it must have been in the past. And walking along those streets of the centre that have remained much like they “originally” were allows one to start a trip in reverse through the years. My favourite thing, then, is to visit churches alone to see canvases of Camillo or Giulio Cesare Procaccini, a fresco by Vincenzo Foppa or Bergognone or Daniele Crespi. One of my favourites is the Chiesa di San Maurizio in Corso Magenta, so little known. Churches have allowed me a temporary separation, albeit short, from the outside world: they are refuges and my favourite “art galleries”. Also Cimitero Monumentale for the same reasons. San Maurizio at Monastero Maggiore can be considered one of the most beautiful churches not just in Milan, but of Lombardy or Italy. Not certainly usurped, for its incredible and vast cycle of sixteenth-century
Giovanni, why have you done this monographic itinerary on Milan and its places, veins, streets, belly and heart? Milan is my city and it has been my intention for a long time to work on a territory that I have lived the most. Thus, a year and a half ago I began to plan a “voyage” inside Milanese locations, along the well- and lesser known streets. You said it well referring to veins, belly and heart; Milan is a body that pulses and vibrates. Why certain locations and not others? I made a choice dictated by my interests and by interpretive possibilities. In broad terms, it is an exhibition divided into two parts: the centre and its symbolic well-known locations and the “outskirts”, which I feel closer to since I come from the southern Milan outskirts, between Naviglio Pavese and Corso Lodi: those are the places of my childhood. I concentrated on
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Periferia, 2012, olio, cm. 34x48
communicates the “life” of the material, a life that is not separate from that which it represents. My intention is always to tell something that is “ruined” through time, that has been through a lot! And the image, with its resistance to time and neglect, has reached us, with our imperfections, “dents” and wounds. Yours is a voyage through the outskirts with these operas with the same emotional charge? Absolutely yes. However, with a different participation, because the historical centre has something sacred, something untouchable; there is almost a fear of facing a territory that has centuries and centuries, over a thousand years, of history. In the outskirts of Milan I had the opportunity interpret the subject more. Some areas or neighbourhoods aren’t easily recognisable at first glance. The outskirts then present some similar locations, in the sense that there are anonymous streets, buildings that are all the same, long avenues that seem to have no end or destination. They are cities within the city, conglomerated buildings that become a single body, of cement, asphalt, glass, parked cars one attached to another, supermarkets, shopping centres. And how do you resolve the meeting-conflict in your art between emotion and reason? I’ll cite an example. For the painting of Duomo. Duomo in the our collective imagination is white and grey. Instead, I felt it was “red”, a colour that is completely foreign to the context. I thought of it completely different “painted”. This is the difference, the reason I present something as I see it, the emotion that gives you the possibility to change it completely revolutionising its physiognomy. Like a portrait. The exploration in some works of great civil themes and dramas of history… I wanted to face, at least in a large canvas, an important historical event of Milan. So, I thought about the Piazza Fontana massacre, which happened in 1969, the same year I was born. Instead I preferred another episode: the martyrs
Lambrate, 2015
paintings of the Leonardo school, the fame of the Cappella Sistina of Milan. A church that causes Stendhal Syndrome (in fact, the genius of Grenoble loved it greatly). And Cimitero Monumentale? If you get the chance to walk through its paths on a beautiful winter’s morning, treading on fresh snow, between the flashes of mixed lights and sculptures that speak a powerful silent language, you would understand… Giovanni, your technique is very suggestive, with the use of elements that are not just mere colours. The impression that one receives is that of a very tactile painting. And thickness, wrinkles, fissures, folds and drippings create incredibly evocative effects. What would you like to say about that? The use of paper, often recycled and put back into play after using it to clean paintbrushes or reused after tearing up unconvincing works allows me freedom of action. The more the paper “suffers” from being torn, folded, broken, the more it
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of Gorla of 20 October 1944. A farther and lesser-known, but “universal” tragedy. That is, almost two hundred children in an elementary school killed by an ally bomb. I called it Da Gorla a Gaza because the massacre of the innocents is unfortunately always actual and Herod is continually in hiding, in any part of the world. It is a painting of Milan, because the fact happened here, but could be in any other place. That is why the bodies strewn in the foreground have no recognisable identity; it is almost an “informal” painting, the subject represented is captured little by little. I did, however, paint a canvas to commemorate Piazza Fontana; the canvas in reality represents Duomo, this time grey. A gloomy grey, of funerary vests, mournful. In fact, I thought about the day of the funerals of the victims, the 15 December 1969, when a large crowd gathered on the parvis of Duomo, to see the many caskets of the dead pass by from that attack, which still today is gloomily “obscure”, just as on that day. On that same day the life of the anarchist, Giuseppe Pinelli, ended when he mysteriously precipitated from the fourth floor of the central police station. It was truly a dark day. Art, with its brilliant and arcane form (that, by paradox, could be enough in itself) can not be separated from civil obligation. Da Gorla a Gaza is a moving work in its desired non-definition: a crazed note of paint, a tangle of bodies without faces, anonymous and yet exactly recognisable in their abstract silence and the immobility of the end. Victims of humanity’s blindness and wickedness. Children so similar, beyond the timespace coordinates. A scar in the connective tissues of Milanese society. An historical episode that is protagonist at a certain point, for realpolitik reasons, of a clamorous and shameful removal. The photo of those small breathless bodies, lined up on the hard earth have the power to shock still today. How not to compare that absurd massacre, caused by “human error” (the bombs nearing during the air raids shouldn’t have been dropped on the defenceless city), to that, more recent and just as painful massacre in Gaza? And how not to remember the dark days of Piazza Fontana, a bomb that kills too many innocents and the mortal fall, eternal shame of who and what allowed it, of Giuseppe Pinelli? The sensitivity of the artist is awake and the artist doesn’t want to give up his responsibilities. Beauty has within it the denouncing of Evil. Except for one exception there are no human figures. Why? I chose to work on the territory, the streets, buildings, churches, the Navigli, the places of today and yesterday. The places speak, tell, as if they were figures, faces. The places have wrinkles, illnesses, suffer, die, disappear, come to be forgotten for the most part. The only painting where I inserted a visible human figure is Storia di una bambina. There I painted a little girl from long ago, during World War II; I thought of my mother when she would tell me about the refuges, about the bombings. It seemed like the right origin, mine and for this exhibition, symbolically beginning from there, from my mother’s childhood. So, just like in another painting, Dopoguerra, there is a little boy on a bicycle that seems to come towards us; he could be my father in Corso Lodi, near the Chiesa di San Luigi towards the Scalo Romana. So, where I inserted signs of human figures, Milan’s past, the generation of my parents, is evoked. It’s worth remembering Zina Smerzi, Giovanni Cerri’s mother, who passed away a few years ago. Sweet Zina, volunteer at San Vittore pris-
Bovisa, 2015
on, lover of poetry, daughter of Bonifacio, goalkeeper for Inter in the 30s, a volcanic temperament, an omnivorous cultural curiosity, mirror of the best souls of Mediolanum. Good nature and wisdom, sensitivity, that must have helped in the education of the artist in pectore that Giovanni was. That tender figure of a little girl in the painting cited recalls her as nothing else can. With a silent emotion. In the metropolitan realty that you represent and bring to the attention visionary and surreal elements are mixed… Can you explain your attitude about it and your choices? In facing certain themes and recognisable landscapes, I felt the need to interpret the image more, as in the case of Duomo, with a completely foreign and unusual colour. In others, I tried for a particular environment, for example, the painting Il Cremlino è a Città Studi. The Istituto Ronzoni is called Il Cremlino because it resembles a building from Moscow. So, I thought of making a completely Russian, Soviet painting! And then I inserted a palm tree: you could be in Milan, Moscow or Tripoli, who knows… Furthermore, I like to think that some things aren’t where they are, but in another place or dimension. In the painting Pizza Piemonte: l’ora dei cannibali, I cite, for example a film by Liliana Cavani from 1969, the year I was born. An apocalyptic revisitation of Sophocles’ Antigone set right there in the centre of Milan. An opera that reminded me of the theatrical interpretation of this place, with those two buildings that seem like the border before a mysterious horizon of the unknown, of a faraway location. Likewise, in the painting dedicated to the Chiaravalle Abbey, I was attracted by that climate suspended between the city and countryside, an atmosphere of a muffled dream in the silence of a mystical, spiritual light. Finally, beyond the splendid formal results and the powerful sentiment that becomes known, yours is an intellectual investigation, an aspect often undervalued for that which concerns the figures of painters. Do you agree? Certainly this exhibition is also a project, a studied itinerary meditated upon to
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Periferia, 2012, olio, cm. 34x48
scenes and the wonderful concentric chaos of San Siro, spiral warning signs of joy for idols never shut off in the collective imagination. Chimneys and skyscrapers. And still stones of buildings, antique and noble, humble and rich, from work and civic use, and water, water, water, that cut through the city, creating a dreamy effect, ancient trades, fascinating imaginations… El Domm… The nostalgia that grips the insides, throat and soul… The dynamism that distinguishes the nephews of Sant’Ambrogio, todesch came to winter, preach and teach knowledge to Milan, suavely enveloped by its crowns and mists and blue skies… Still nostalgia, an emotion that one shouldn’t feel shame over, rather it is fecund. An exhibition to see, above all to live.
explore the city in its numerous and various components, that has necessarily imposed choices. An in the choice emotions have followed in the comparison of certain locations more than others. However, it was a very free work, in its implementation. The portico of Sant’Ambrogio in blue. The Darsena from the hard-working traffic. The sublime history of Piazza Mercanti and the Colonne di San Lorenzo, which to unknowing tourists may seem false. The movement of the Verziere and the Tombone di San Marco, another lake guiltily vanished from the heart of the metropolis. The apartment blocks of small people and the happy melancholy of La Scala. Steetlights that light up dazed
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Via Padova, 2014, olio, cm. 60x50
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Via Tofane, 2014, olio, cm. 50x70
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Crescenzago, 2014, olio, 50x70
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Piazza Piemonte, 2014, olio, cm. 102x138
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Gotico milanese, 2014, olio, cm. 120x170
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Storia di una bambina, 2015, olio, cm. 121x196
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Villa Angelica, 2014, olio, cm. 65x81
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Ventiquattromaggio, 2014, olio, cm. 61x71
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Il confine della cittĂ (Cascina Gobba), 2014, olio, cm. 50x70
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Case popolari, 2014, olio, cm. 100x140
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Dopoguerra, 2014, olio, cm. 60x90
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Chiaravalle, 2014, olio, cm. 100x150
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Gratosoglio, 2014, olio, cm. 120x170
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Officine, 2014, olio, cm. 30x35
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Bovisa, 2014, olio, cm. 30x35
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Il Cremlino è a Città Studi, 2014, olio, cm. 100x150
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La fontana, 2015, olio, cm. 70x70
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Corvetto, 2015, olio, cm. 50x70 (collezione privata, Milano)
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Periferia, 2014, olio, cm. 30x40
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Un tram che si chiama desiderio, 2015, olio, cm. 50x70
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Villa Simonetta, 2014, olio, cm. 25x48
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Luci a San Siro, 2015, olio, cm. 80x100
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BIOGRAFIA
BIOGRAPHY
Giovanni Cerri è nato nel 1969 a Milano, dove vive e lavora. Ha iniziato a esporre nel 1987 e da allora ha tenuto mostre in Italia e all’estero. Parallelamente all’attività artistica, ha svolto il ruolo di promotore, organizzatore e curatore di mostre in spazi pubblici e gallerie private, collaborando tuttora con riviste, siti web e blog che si occupano di arte moderna e contemporanea. Da sempre attratto dal territorio urbano di periferia, la sua ricerca si è sviluppata nell’indagine tematica dell’archeologia industriale, con raffigurazioni di fabbriche dismesse, aree abbandonate e relitti di edifici al confine tra città e hinterland. Dal 2001 al 2009, con il ciclo delle «città fantasma», ha lavorato dipingendo sulla carta di quotidiano. Un supporto che – attraverso alcuni frammenti di scritte – raccontava la nostra contemporaneità, come una sorta di cronaca affiorante dalla materia pittorica. Nel 2008 espone con il padre Giancarlo al Museo della Permanente a Milano nella mostra «I Cerri, Giancarlo e Giovanni. La pittura di generazione in generazione». Nel 2009 realizza il grande trittico dal titolo «Gomorra, l’altro Eden», ispirato al best-seller di Roberto Saviano. In questi anni, diversi suoi cataloghi sono stati accompagnati dai testi dell’amico scrittore Raul Montanari. Nel 2010 è tornato alla pittura su tela, presentando nell’ambito del Premio «Riprogettare l’archeologia», un altro grande trittico dal titolo «Habitat» alla Triennale Design Museum di Milano. Nel 2011, invitato dal curatore Vittorio Sgarbi, espone al Padiglione Italia Regione Lombardia alla 54° Biennale di Venezia, e successivamente alla mostra «Artisti per Noto. L’ombra del divino nell’arte contemporanea» a Palazzo Grimani a Venezia. Una sua opera è presente nella collezione del Museo della Permanente a Milano.
Giovanni Cerri was born in 1969 in Milan, where he lives and works. He began exhibiting in 1987 and since then has exhibited in Italy and abroad. Alongside his artistic activity, he has worked as a promoter, organiser and curator of exhibitions in public and private galleries, collaborating still today with magazines, websites and blogs in the field of modern and contemporary art. Always attracted by the urban and hinterland territories, his research has developed in the thematic investigation of industrial archaeology, with depictions of disused factories, abandoned areas and wreckages of buildings on the border of city and outskirts. From 2001 t0 2009, with the cycle of “ghost cities”, he painted on newspaper, a support that – through some fragments of text – tells of the present-day, like a sort of emerging chronicle of the pictorial material. In 2008, together with his father, Giancarlo, at the Museo della Permanente in Milan, he held the exhibition “The Cerris: Giancarlo and Giovanni: Painting from Generation to Generation”. In 2009, he completed a large triptych entitled: “Gomorra: The Other Eden”, inspired by Robert Saviano’s bestseller. In these years, several of his catalogues were accompanied by texts written by his friend and writer, Raul Montanari. In 2010, he returned to painting on canvas, presenting another great triptych entitled “Habitat” at the Trinnale Design Museum in Milan, in occasion of the “Redesigning Architecture” Prize. In 2011, he was invited by the curator, Vittorio Sgarbi, to exhibit in the Lombardy Section of the Italy Stand at the 54th Biennale di Venezia, and successively in the exhibition “Artists for Noto. The Shadow of the Divine in Contemporary Art” at Palazzo Grimani in Venice. One of his works is present in the collection of the Museo della Permanente in Milan.
Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri: Vera Agosti, Simona Bartolena, Rolando Bellini, Luisa Bergomi, Felice Bonalumi, Cinzia Bossi, Chiara Canali, Gemma Clerici, Mauro Corradini, Stefano Cortina, Stefano Crespi, Antonio D’Amico, Andrea B. Del Guercio, Mimmo Di Marzio, Gianfelice Facchetti, Alberto Figliolia, Lorenza Fragomeni, Vania Frare, Flaminio Gualdoni, Cristina Guerra, Franco Migliaccio, Bruno Milone, Raul Montanari, Elisabetta Muritti, Luca Pietro Nicoletti, Carlo Perini, Dimitri Plescan, Veronica Riva, Claudio Rizzi, Steve Rockwell, Gabi Scardi, Giorgio Seveso, Gian Marco Walch.
www.giocerri.com
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Foto Valeriano Borroni
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MOSTRE PERSONALI / PERSONAL EXHIBITIONS 1995 Galleria Cortina – Milano Palazzo Martini – Cremona 1998 Fantasmi apolidi – Galleria Ragno – Milano 1999 Fantasmi apolidi – Galleria Prisma - Verona 2000 In-corpo-reo – Galleria Magrorocca – Milano 2002 Galleria Monogramma – Roma 2004 Places – Museo Pagani – Castellanza (VA) 2005 Sopravvivenze – Cortina Arte – Milano Sopravvivenze – Casa G. Cini – Ferrara 2006 Sixteen-a – Galleria Blanchaert – Milano Galleria Cappelletti – Milano Bianchi e neri - Cortina Arte – Milano 2007 News-papers – Galleria Palmieri – Busto Arsizio (VA) 2008 Acute presenze – Como Arte – Como I Cerri, Giancarlo e Giovanni. La pittura di generazione in generazione – Museo della Permanente - Milano La città che scende – Spazio Tadini – Milano C’era una volta la città – Avanguardia Antiquaria – Milano 2009 Gomorra, l’altro Eden – Gli Eroici Furori – Milano L’inquieto esistere – Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti (MN)
L’inquieto esistere – Ex Chiesa di San Pietro in Atrio – Como Archéologie du present – Orenda Art International – Paris 2010 L’inquieto esistere – Cortina Arte – Milano A hurricane of light – De Luca Fine Art – Toronto Habitat – Galleria Cappelletti – Milano Habitat – Galleria Palmieri – Busto Arsizio (MI) Pastorale – Galerie Kuhn & Partner – Berlin 2011 La seconda vita – Spazio Arte – Milano Il regno – Galleria Berga – Vicenza 2012 LPortraits – De Luca Fine Art – Toronto Lo sguardo dentro, lo sguardo fuori – Area 35 – Milano 2013 Voyage en Italie – Orenda Art International – Paris Giancarlo e Giovanni Cerri. Due generazioni di artisti milanesi – Frankfurter Westend Galerie – Frankfurt am Main 2014 Habitat – Auinger Werkstatt für möbel & objekte – Zell a/Main Würzburg The great country – Istituto Italiano di Cultura – Copenaghen The great country – Istituto Italiano di Cultura – Köln The great country – Riva1920 – Cantù – (CO) La città: le memorie del tempo - Unione del Commercio – Milano Giancarlo e Giovanni Cerri. Due generazioni di artisti milanesi a confronto – Istituto Italiano di Cultura a Stoccarda – Stuttgart 2015 Milano ieri e oggi. La città e i luoghi simbolo – Cortina Arte – Milano Milano ieri e oggi. Viaggio nella periferia – Galleria Palmieri – Busto Arsizio (VA) Milano ieri e oggi – Istituto Italiano di Cultura di Varsavia - Warszawa
MOSTRE COLLETTIVE E RASSEGNE / GROUP SHOWS 1991 Artisti di via Manzoni – Palazzo Bagatti Valsecchi – Milano 1993 Premio San Carlo Borromeo – Museo della Permanente – Milano Premio Internazionale d’Arte “Bice Bugatti” – Nova Milanese (MI) 1995 Milano, cento artisti per la città – Museo della Permanente – Milano
1996 Premio Suzzara – Galleria Civica d’Arte Contemporanea – Suzzara (MN) 1997 Figurazioni – Museo della Permanente – Milano 1998 Milano/Berlino – Metropoli a confronto – Galerie Verein – Berlin Biennale Postumia Giovani – Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti (MN)
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Di padre in figlio – Antica pretura di Castell’Arquato (PC) 1999 Premio Ennio Morlotti – Imbersago (LC) 2001 Giovane Arte Europea – Castello Visconteo – Pavia M.I.M. Museo in movimento – Castello di S. Pietro in Cerro (PC) Molteplici frequenze – Cortina Arte – Milano 2002 La Galleria Cortina, 40 anni d’arte e cultura a Milano – Galleria Civica d’Arte Contemporanea “Cascina Roma” – San Donato Milanese (MI) Premio Ennio Morlotti – Imbersago (LC) Arte per tempi nuovi – Galerie Die Ecke – Augsburg A tutto tondo – Museo della Permanente – Milano Premio La Fenice – Hotel la Fenice – Venezia 2003 Naturarte – Ex Ospedale Soave – Codogno (LO) Dialoghi incrociati – Galleria Luka – Pola 2005 Biennale Internazionale d’Arte – Museo di Ankara Infinity – Cern – Ginevra 2006 Antologhia Machon – Galleria delle Battaglia – Brescia 60x60, una collezione in crescita – Young Museum – Revere (MN) Premio Michetti – Museo Michetti – Francavilla a Mare (CH) 2007 Mai dire Mao – Mercante in Fiera – Parma Ri-tratti dalla memoria – Complesso Agostiniano di Montecosaro (MC) 2008 Donazioni dal 1970 a oggi – Museo della Permanente - Milano Maestri di Brera – Museo Nazionale d’Arte Moderna – Shanghai 2009 Acquisizioni 2009 – Museo Civico “Parisi Valle” – Maccagno (VA) Luci della ribalta – Spazio Tadini - Milano 2010 Riprogettare l’archeologia – Triennale Design Museum – Milano Le Meduse – Fabbrica del Vapore – Milano Impreviste presenze – Galleria Alba d’Arte - Brescia 2011 Cinque per Masolino – Museo Branda Castiglioni – Castiglione Olona (VA) Territori del Sud – Martadero - Cochabamba Artisti per Noto – L’ombra del divino nell’arte contemporanea – Palazzo Grimani – Venezia Freunde der Galerie – Galerie Kuhn & Partner – Berlin
54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Regione Lombardia – Palazzo Lombardia – Milano 2012 Le Meduse, the black sea – Avalon Gallery – Orlando, U.S.A. Premio Sulmona – Ex Convento di Santa Chiara – Sulmona (AQ) Tracce di contemporaneo in ville aperte – Castello Lampugnani Cremonesi – Sulbiate (MB) Articolo 4 – Torre Viscontea – Lecco Freunde der Galerie – Galerie Kuhn & Partner - Berlin Colori – Biblioteca di Mezzago (MI) 2013 Dall’immagine all’orizzonte – Museo Civico “Parisi Valle” – Maccagno (VA) 50 e oltre. La Galleria Cortina 1962-2013 – Galleria d’Arte Contemporanea “V.Guidi” – Cascina Roma – San Donato Milanese (MI) Footballspacegallery – Ex Università degli Studi, Casa Suardi – Bergamo Artisti per Tazio Nuvolari – Casa Museo Sartori – Casteldario (MN) 9th Asian and African Exhibition – Luo Qi International Art Gallery – Sui Chang County, Zeijang Province - CHINA Freunde der Galerie – Galerie Kuhn & Partner – Berlin Hommage à la Gallerie Cortina de Milan – Orenda Art International – Paris Veleni – Centro Civico di Oltrisarco (BZ) Save the dreams – Spazio Tadini - Milano 2014 “Omaggio a Michelangelo” – Frankfurter Westend Galerie – Frankfurt am Main LINK – Biffi Arte – Piacenza Asian & African and Mediterranean Contemporary Art annual exhibition – Luo Qi Museum of International Art di Hang Zou, China Le Renaissance Italienne revisitèe – Orenda Art International – Paris 2015 Arte senza confini – Palazzo Calderara – Vanzago (MI) La tavola del vivere, del convivere – Unione del Commercio, Palazzo Bovara - Milano
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asa Ponti, in Via Bigli 11 a Milano, è dove si trova la sede operativa del Gruppo Nextam Partners. Il palazzo è stato la sede provvisoria del comitato dei patrioti insorti contro l’invasore austriaco, durante le cinque giornate di Milano. L’iniziativa imprenditoriale di Nextam Partners cerca di rievocare lo stesso spirito d’indipendenza che mosse allora Cattaneo, Manara e Correnti, anche se per un fine certo meno eroico, ma sicuramente altrettanto civile: una gestione del risparmio e un servizio di consulenza in materia di investimenti corretta, autonoma, trasparente e libera da conflitti d’interesse. Nextam Partners opera nel settore del risparmio gestito e della consulenza e fornisce i suoi servizi agli investitori privati e istituzionali, specializzandosi nel Private Banking, nella gestione dei fondi di investimento e nella consulenza finanziaria personalizzata. La missione di Nextam Partners consiste nel tutelare ed accrescere il valore degli investimenti, attraverso una selezione meticolosa di portafogli di alta qualità e nel rispetto del mandato conferitole dagli investitori. Esperienza, indipendenza, affidabilità, centralità dell’investitore e trasparenza rappresentano le fondamenta su cui si basa il gruppo. Nextam Partners è la prima e l’unica società di gestione del risparmio e di consulenza in Italia fondata e amministrata da un team di gestori con oltre venticinque anni di esperienza maturata insieme nell’area del risparmio gestito, con un approccio orientato alla qualità e i cui eccellenti risultati sono stati riconosciuti da agenzie di rating internazionali. Caratteristica fondamentale di Nextam Partners è l’assoluta indipendenza rispetto al sistema bancario e assicurativo. I soci fon-
datori (i Partners) controllano il gruppo consentendo un perfetto allineamento tra i loro interessi e quelli degli investitori. L’assenza di conflitti di interesse e la comprovata qualità dei risultati di gestione conseguiti dai Partners nella loro lunga esperienza professionale, costituiscono il pilastro su cui è fondata l’affidabilità del gruppo. La creazione di un rapporto diretto e personale con l’investitore è una caratteristica che rende Nextam Partners unico ed è qualcosa immediatamente percepibile appena vengono varcate le soglie del gruppo. La missione di Nextam Partners consiste nel creare e mantenere, non a parole ma nei fatti, quel rapporto di fiducia e di accessibilità nella relazione con l’investitore che sta alla base del Private Banking nella sua accezione originaria. La trasparenza costituisce l’elemento prioritario che deve caratterizzare il rapporto con gli investitori in ogni suo aspetto, a partire dall’individuazione e presentazione delle migliori soluzioni di investimento che si adattano ai diversi profili di rischio, fino alla particolare intellegibilità e ricchezza dei dati forniti nei rendiconti relativi alla performance e alla composizione dei portafogli. Noi crediamo fortemente che l’essenza di una gestione mobiliare consiste nella selezione di attività di elevato livello qualitativo in grado di generare valore per gli investitori. É per questo che dedichiamo gran parte del nostro tempo e dei nostri sforzi nell’individuazione di società caratterizzate da rendimenti elevati e crescenti sul capitale investito nella convinzione che essi costituiscano la base di un portafoglio ben strutturato. Il nostro obiettivo è quello di identificare le società migliori, ope92
1. Analisi delle esigenze personali e determinazione del profilo di rischio/rendimento del singolo investitore 2. Individuazione di una gestione patrimoniale coerente con il profilo di rischio/rendimento determinato 3. Rigorosa selezione delle componenti del portafoglio 4. Attento e continuo monitoraggio della composizione del patrimonio 5. Oggettività nell’analisi della performance 6. Assoluta trasparenza e analiticità nell’informazione e nella rendicontazione 7.Accesso diretto al gestore e personalizzazione del rapporto Nextam Partners struttura i singoli conti gestiti coerentemente con le priorità elencate, definite individualmente con ogni investitore.
ranti nei settori più promettenti, a prezzi attraenti. Noi siamo investitori, non siamo traders. Una volta individuate le opportunità di investimento sulla base dell’analisi fondamentale, pianifichiamo di mantenere i titoli in portafoglio per un periodo esteso di tempo, ciò nella consapevolezza dello scarso peso che il Market Timing, l’abilità di anticipare le tendenze temporanee di mercato, esercita sui risultati della gestione nel lungo termine e del forte incremento della rischiosità dei portafogli quando le decisioni sono basate su un approccio di breve termine. “Se ti piace saltare dentro E fuori dal mercato, Vorrei essere il tuo Broker, sicuramente non il tuo partner”
Warren Buffett
Quali investitori professionali, intendiamo gestire anzichè evitare il rischio e intendiamo educare i nostri investitori circa la natura dei rischi di investimento. Dal momento che la tolleranza del rischio degli investitori può variare, noi adattiamo i portafogli alla particolare predisposizione di ciascun investitore. Controllo del rischio significa, da un lato, sviluppare preventivamente strategie di investimento tali da evitare errori con un impatto irreversibile sulle performance del portafoglio e, dall’altro, perseguire, su base continuativa, una attenta attività di monitoraggio sul portafoglio attraverso sofisticati sistemi di proprietà. La diversificazione è l’essenza del nostro approccio. Una reale diversificazione del portafoglio permette di controllare il rischio di investimento nel lungo termine. Gestiamo il rischio dei portafogli dei nostri investitori diversificando le posizioni nell’ambito delle classi di attività selezionate a livello globale. Riducendo il rischio complessivo di portafoglio, possiamo assumere rischi maggiori in singoli investimenti che giudichiamo particolarmente attraenti. Il fatto che il gestore e il socio siano la stessa persona è la migliore garanzia di stabilità contro gli alti livelli di turnover del personale che accade tipicamente all’interno delle società di investimento e che spesso disorentano gli investitori. I principali servizi offerti dal gruppo, composto da Nextam Partners SGR, Nextam Partners SIM e Nextam Partners LTD, sono: Le gestioni patrimoniali individuali, ritenute lo strumento più efficace per rispondere alle esigenze più sofisticate e per ottimizzare la composizione del patrimonio mobiliare di ogni singolo investitore privato o istituzionale. Una corretta definizione di una gestione patrimoniale individuale può essere riassunta nei seguenti punti fondamentali:
I fondi comuni di investimento, istituiti e promossi da Nextam Partners, rispondono pienamente alla filosofia di gestione del gruppo. Essi infatti costituiscono i “blocchi” essenziali di lungo termine per la strutturazione di portafogli che soddisfino i reali profili individuali di rischio/rendimento. C’è stata una chiara intensione di evitare una eccessiva specializzazione dell’offerta dei fondi tipica delle grandi società di gestione del risparmio ed che è motivato unicamente da logiche di marketing e di espansione che spesso non hanno nulla a che fare con gli interessi degli investitori. Un’alta frammentazione, quando non realizzata all’interno di una gestione di portafoglio individuale, tende a ridurre il senso di responsabilità del gestore del fondo e a casuare confusione e aumentare la tentazione di fare trading speculativo a breve temine. L’attività di advisory rivolta ad istituzioni e a investitori privati. Nextam Partners possiede tutte le caratteristiche indispensabili per 93
from the banking and insurance systems. The founding Partners control the Group allowing a perfect alignment of their interests with those of the investors. The absence of conflict of interests and the proven quality of the investment results achieved by the founding Partners throughout their career are at the basis of the company’s reliability. The building of a direct and personal relationship with the investor is what makes Nextam Partners unique and is something immediately perceived when walking through the doors of the Group. The aim of Nextam Partners is to build and maintain, not just with words, that sense of trust and accessibility in the investment relationship, which is the basis of the original concept of private banking. Transparency represents a priority element when dealing with all the aspects of the relationship with our investors, starting from the identification and presentation of the best investment solutions for each risk profile up to the clarity and richness of data provided in the portfolio composition and performance statements. We strongly believe that the core of asset management consists in the selection of high-quality assets which are able to generate value to the investor. Therefore, we spend most of our time and efforts identifying shares of companies with elevated and growing returns on invested capital, on the conviction that these issuers are the basis for a well structured portfolio. Our objective is to identify the best companies operating in the most promising sectors at attractive prices. We are investors, not traders. Once we identify investment opportunities through deep fundamental analysis, we plan to hold the assets in the portfolio for a long period of time, being aware of the scarce impact that market timing – the ability to forecast temporary market trends – has on long term performances and of the huge increase in the investment risk when decisions are based on a short-term approach.
svolgere tale delicata attività: la lunga esperienza nella gestione del risparmio, l’assoluta indipendenza e l’assoluta assenza di qualsiasi conflitto di interesse. Il nostro stile d’investimento fondamentale si riflette pienamente nei servizi di consulenza che forniamo, attraverso la selezione di fondi di investimento che siano perfettamente allineati con i principi fondamentali che guidano la nostra gestione del risparmio: analisi fondamentale, capacità di stock picking, indipendenza, trasparenza e collaborazione con le migliori boutique d’investimento. La selezione delle classi di attività è costantemente in linea con il profilo di rischio dell’investitore e focalizzata sui migliori gestori di fondi, così da consentire a Nextam Partners di mantenere una posizione di vantaggio nel servizio di consulenza e di guadagnare nuovi e più sofisticati investitori privati e istituzionali. Nextam Partners possiede tutti i requisiti per fornire e garantire un servizio di lunga durata ed esclusività: esperienza, riservatezza, assoluta indipendenza e assenza di conflitti d’interesse.
Milan
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asa Ponti, in Via Bigli 11, Milan is where the headquarters of Nextam Partners Group are located. The building was the temporary seat of the patriots’ committee who fought against the Austrian invader during the “Five days of Milan” (Cinque giornate di Milano). The Nextam Partners business initiative aims at evoking the same spirit of independence that spurred at the time Cattaneo, Manara and Correnti, although for a far less heroic purpose, but definitely just as civil: fair, autonomous, transparent investment management and consulting services, with no conflict of interests. The Nextam Partners Group operates in the investment management and consulting businesses and provides its services to private and institutional investors, specializing in private banking, investment fund management and tailored investment advisory. The mission of Nextam Partners is to protect and increase the value of investments through a meticoulous selection of high-quality portfolios, in compliance with the mandate granted by the investors. Expertise, indipendence, reliability, customer-oriented approach and transparency represent the foundation priciples of the Group. Nextam Partners is the first and only investment management and advisory company in Italy founded and managed by a team of fund managers with over twentyfive years of experience matured together in the specific area of investment management, with a quality-oriented approach and whose excellent achievements have been recognised by international rating agencies. The main feature of Nextam Partners is its absolute indipendence
“If you like to jump In and out of the market, I would like to be your broker, Surely not your partner” Warren Buffett As professional investors, we intend to manage rather than avoid risks and aim to educate our investors with regard to their investment risks. As individual risk tolerance may vary, we customise the portfolios to the specific tolerance of each investor. Risk managemnt means, in the first place, developing specific investment strategies which tend to avoid errors with an irreversible effect on a portfolio performance and, on the other hand, constantly monitoring the portfolio thorough sophisticated proprietary systems. 94
Diversification is the essence of our approach. A real diversification of the portofolio allows controlling the investment risk in the long term. We manage our investors’ portfolio risks by diversifying their positions across asset classes selected on a global basis. By reducing the overall portfolio risk, we can assume greater risks in single investments which we consider as particularly attractive. The fact that the company’s portfolio managers and Partners are the same persons is the best guarantee of stability against the high personnel turnover that tipicaly occurs within the investment management business and that so often disorient investors. The main services provided by the Group, composed by Nextam Partners SGR, Nextam Partners SIM and Nextam Partners LTD, are: Individual portfolio management, considered as the most effective instrument to meet the highest sophisticated requirements and to optimise the portfolio composition of each private and institutional investor. The correct definition of an individual portfolio management can be summarised in the following fundamental points: 1. Analysis of personal needs and definition of the risk/return profile of each investor 2. Identification of a specific portfolio management framework that is consistent with the defined risk/return profile 3. Rigourous selection of the portfolio components 4. Dedicated and continuous monitoring of the assets’ composition 5. Objectivity in the performance analysis 6. Absolute transparency and analyticity of information and reporting 7. Direct access to the portfolio manager and personalization of the relationship. Nextam Partners structures every account in compliance with the priorities listed above, defined individually with each investor. Investment funds, created and managed by Nextam Partners, comply fully with the investment philosophy of the Group. Indeed, they are the essential long-term “blocks” for building portfolios able to satisfy the real individual risk/return profiles. There is a clear intention to avoid the excessive specialisation of offered funds that is typical of the big asset managers and is motivated only by marketing and expansion purposes which often have nothing to do with investor interests. A high fund fragmentation, when not realized within an individual portfolio management, tends to reduce the fund manager’s sense of responsibility and to cause confusion and stimulate speculative short term trade temptations. Investment advisory services for institutional and private investors. Nextam Partners has all the necessary features to perform such delicate services: the long-time expertise in asset management, the absolute independence and total absence of conflicts of interests. Our fundamental investment style is fully reflected in the advisory
services we provide, through a selection of investment funds that is perfectly alligned with the core principles which guide our investment management: fundamental analysis, stock picking know how, independence, transparency and partnerships with the most attractive investment houses. The asset classes’ selection is constantly complaiant with the investors risk profiles and focused on the best fund managers, thus allowing Nextam Partners to maintain a leading position in investment advisory and to gain new and more sophisticated private and institutional investors. Nextam Partners meets all the requirements to guarantee the provision of a long-lasting and exclusive service: expertise, discretion, absolute independence and absence of conflicts of interests
Nextam Partners Sgr
Sede legale, uffici amministrativi e operativi: Via Bigli, 11 – 20121 Milano Uffici operativi: Via Maggio, 7 - 50125 Firenze
Nextam Partners Sim S.P.A.
Sede legale, uffici amministrativi e operativi: Via Bigli, 11 – 20121 Milano Uffici operativi: Via Maggio, 7 - 50125 Firenze
Nextam Partners Ltd
Sede legale, uffici amministrativi e operativi: 5 Hollywood Court, Hollywood Road London SW10 9HR
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Finito di stampare in aprile 2015 Lizea – Acqui Terme (AL)
ISBN: 9788896630501
9 788896 630501