UNA LUCE NUOVA La pittura di Giuseppe Cavallini
Galli in lotta, tempera su tela cm. 90 x 80
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UNA LUCE NUOVA La pittura di Giuseppe Cavallini Livorno 1916 - 2000
Catalogo e mostra a cura di Lorenzo Belli Progetto grafico di Giuseppe Joh Capozzolo
Casa Museo Ugo Guidi Via Civitali n.33 Forte dei Marmi (LU) 16 - 30 giugno 2019 Atelier Giuseppe Cavallini Via Indipendenza 33 Livorno 1 settembre 2019
Giuseppe Cavallini
è nato a Livorno nel 1916 dove ha vissuto e lavorato
tutta la vita. Alla sua terra è rimasto tenacemente abbarbicato, nonostante lusinghe ricevute da altre città e da altri Paesi, fino alla morte sopraggiunta nel gennaio 2000. E’ stato ricordato: “Se ne è andato in punta di piedi, in assoluto silenzio come nel suo costume uno dei più validi pittori livornesi…”. Cavallini iniziò a dipingere autodidatta da giovanissimo e nell’immediato dopoguerra iniziò un
percorso che progressivamente lo portò a dedicarsi interamente all’arte, fin quasi ad esserne ossessionato, a subirne il fascino ammaliatore come di una dea spietata che tutto esige dai suoi fedeli fino a spingerli all’estremo sacrificio. Significativi questi suoi versi:
“Arte,
spremo tutta la mia vita in te. Tu vivi io larva muoio…”
L’esordio di Cavallini si può datare con la pubblicazione, nel 1949, di alcune illustrazioni su “Il Martello”, periodico d'informazione degli operai dello storico cantiere navale Luigi Orlando di Livorno, dove Cavallini lavorò come operaio fino al 1956 traendo da quel mondo la prima ispirazione artistica e i primi riconoscimenti a livello nazionale. Dopo nemmeno due lustri Italo Spinetti (Firenze 1963) potè definire Giuseppe Cavallini uno dei più premiati d’Italia fra gli artisti dell’età di mezzo. 3
Innumerevoli sono stati i premi conseguiti da Cavallini, tra questi: il premio Modigliani nel 1956, il premio Seravezza nel 1959, il premio Città Marina di Ravenna e il premio Golfo del Sole di Follonica nel 1963, il Premio Casale di Monferrato nel 1965, il "Paesaggio del Garda" nel 1966. Ha partecipato dietro invito al Premio Suzzara. Ha esposto, sempre dietro invito, alla Galerie International des Musee de Beaux Arts e alla Galerie Temple des Art di Vienne a Lione. Nel 1970 è stato invitato dalla Galerie Internationale di New York al fine di far conoscere e propagandare maggiormente negli Stati Uniti e a New York in particolare, l'Arte Italiana contemporanea. Di lui hanno scritto con sincero apprezzamento molti critici legati dapprima al realismo socialista e successivamente alla pittura figurativa in genere: Guttuso, Treccani, Carrà, De Grada, Trombadori, Loffredo, Giovanni March, ecc. Ha fatto parte di giurie qualificate e le sue opere si trovano in importanti collezioni sia private che pubbliche. Nel 1975 a Cavallini è stato conferito il titolo di Accademico benemerito dall’Accademia Universale G.Marconi di Roma.
Autoritratto Olio su tavola
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“E ascolto dalla voce le ragioni invisibili di cui le città vivevano e per cui forse, dopo la morte, rivivranno” Italo Calvino, Le città invisibili
Giuseppe Cavallini si forma respirando l’area salmastra del mare di Livorno e, partendo dall’eredità stilistica dei macchiaioli, afferma un personale linguaggio d’espressione oggettivo carico di colore e pathos. Fin dal primo esordio artistico ritrae gli affetti, i luoghi a lui cari e la quotidianità lavorativa senza soffermarsi sulla bellezza stereotipata della città labronica come il mare, i fossi, i bagni ma preferendo i luoghi segreti, del popolo, dove può ritrarre anche se stesso tra la moltitudine della massa . In Cavallini è il cuore che asseconda la mano e non viceversa, i tratti ripercorrono il suo stato d’animo, i suoi pensieri, la sua vita; le opere pittoriche e gli scritti che ci ha lasciato
narrano
parole che descrivono ambienti, situazioni e stati d’animo affinati negli anni da una pittura d’emozione di fonte naturalistica. Negli anni ’50 I temi centrali del dibattito sul realismo innescato dal Partito Comunista furono prontamente accolti da Cavallini, che si pose come uno dei testimoni più attivi della nuova rivoluzione industriale italiana che mutava luoghi ed abitudini. Il Realismo socialista si poneva allora come esaltazione del mondo popolare, basandosi sull’ideologia politica figlia del suo tempo e dei suoi luoghi più rappresentativi,
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così quello che per Fattori era il lavoro nei campi per Cavallini è la realtà della fabbrica, i luoghi della vita quotidiana, la piazza del mercato. Cavallini, divenuto il massimo esponente labronico di questa corrente, viene invitato a partecipare al Premio Suzzara, rassegna artistica che si poneva in modo alternativo ai canoni accademici aprendo ad un’idea di arte del popolo per il popolo, che in quel periodo storico era rappresentato da intellettuali come Zavattini e pittori come Sughi, Zigaina e Mucchi. Cavallini nelle sue composizioni artistiche fa vivere quel micromondo, animato e non, che caratterizza il substrato sociale di Livorno descrivendo ciò che vede con quel cinico realismo che racchiude una severa critica verso un’epoca di forti contrasti. Nell’opera degli anni ’60 “Artisti che protestano per la Biennale di Venezia” nel continuare a farsi interprete di una società che sta mutando come teatro di profondi cambiamenti e contraddizioni, Cavallini ci propone un linguaggio di figure che riempiono il paesaggio con una moltitudine di singole individualità alla ricerca, nella propria isolata solitudine, dell’essenza del proprio scopo di esistere. Questi scenari sono parte integrante della sua anima schiva e orgogliosa, della sua purezza intuitiva che contamina ed interpreta la neutralità del reale con l’amore per i luoghi del popolo cogliendone l’elemento sociale preminente. Come per Gertrude Stein “da una generazione all’altra non cambia niente della gente, tranne il modo di vedere ed essere veduti” (Picasso, 1973) oggi più che mai vi è una necessità di riscoprire questo periodo storico per comprendere il percorso della società che ci ha portato ai giorni nostri. Negli anni successivi Cavallini prende parte attiva al dibattito tra realismo pittorico e astrattismo scegliendo una propria terza via personale rendendo solidi gli insegnamenti dell’espressionismo e dei maestri dell’arte gestuale come Vedova e Pollock e della violenza espressiva di De Pisis, unendo a questi l’uso del colore che fu di Benvenuto Benvenuti. Cavallini in questa nuova fase, con la tecnica del realismo materico, con le sfumature accentuate e cumuli di colori puri e incrostati dichiara amore ai luoghi, all’inanimato e ci porta all’esteriorizzazione della propria personalità artistica più profonda.
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Cavallini è maestro nel catturare la luce con potenza e gestualità figlia della tradizione labronica, usando i colori come cartina tornasole dei suoi sentimenti: come una nuvola che attraversando il sole, passa dal grigio torpore alla luce abbagliante, cosicché i soggetti e le situazioni cambiano a seconda del suo stato d’animo. Dagli anni Sessanta comincia a dipingere su carta di giornale incollata su tavola, accentuando la sua carica emotiva grazie a colpi di spatola sempre più vibranti e materici uniti a pennellate gestuali. I suoi ritratti si muovono in punta di pennello con la loro carica espressiva di tensione dirompente: il segno e la pittura così istintiva ed irruente mostra una natura sempre più affine alla parola. Fermo alla fiducia nella verità
dell’arte ha preso il rischio di porsi fuori dalle regole del
commercio, relegando al mercato la produzione di alcuni ritratti e nature morte che prepara e vende direttamente nel suo atelier livornese e durante le numerose esposizioni personali allestite nella sua città ed in tante altre parti d'Italia, dal Lago di Garda a Termini Imerese, nonché durante l'annuale Premio Rotonda di Livorno. Nei suoi dipinti più autentici e personali vi è, oltre ad una ricerca stilistica, un profondo e sincero sentire dei luoghi e dei tempi, in particolare nelle sue opere mature l’immagine pittorica descrive un fotogramma interiore, un frammento della memoria di attimi vissuti. Le sue composizioni di elementi e di architetture sono vere e proprie nature viventi. Nell’arco di una carriera di oltre quarant'anni Cavallini affina e muta la tecnica assecondando costantemente il suo particolare sentire: un suo ritratto, un paesaggio, un vaso di fiori, scavano in tutti noi motivi di riflessione sull’animo umano. Cavallini ha dichiarato amore ai luoghi ma soprattutto all’inanimato aldilà dell’apporto umano.
Lorenzo Belli Curatore della Mostra
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Atelier Cavallini a Livorno
 
Ritratto di Vera cm. 50 x 70 - Tempera su compensato
L’urlo cm.17,5 per 25 - Olio su legno (1947)
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Riposo cm. 121 x 70 - Olio su legno
 
Quelli del loggione cm. 20,5 x 13,7 - Tecnica mista su tavola
Artisti che protestano per la Biennale di Venezia
cm. 25 x 15,5 - Tecnica mista su tavola (1968)
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Ponte alle zattere (Venezia) cm. 90 x 70 - Tecnica mista su tavola
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Piazza XX Settembre cm. 70 x 50 - Tecnica mista su tavola
 
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Vaso di fiori con ritratto cm.100 x 150 - Tecnica mista su tavola (1966)
Relitti in spiaggia cm. 80 x 60 - Tecnica mista su tavola
 
Natura Morta (Scorfano) cm. 60 x 40 - Olio su compensato
Aragoste cm. 50 x 35 - Tecnica mista su tavola
 
Stradina con fiori cm. 25 x 25 - Olio su tavola
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Gioventù inquieta cm. 161 x 98 - Tecnica mista su tavola
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Natura viva cm. 54 x 54 - Tecnica mista su compensato
Cesto di fiori gialli e viola cm. 59 x 44 - Tempera su tavola
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Cancello in Via delle Panacce cm 50 x 35 - Olio su tavola (1990)
Non rincorrere la gloria. Anche se l’acchiappi, Prima o poi ti sfuggirà. Non ti prostituire. Lascia che la gloria rincorra te. G.C. 20
La pittura è una cosa di grande amore, ma soprattutto di grande angoscia. Del resto senza angoscia non si può fare dell’arte. G.C.
@2019 Eredi Giuseppe Cavallini - Tutti i diritti riservati Finito di stampare Maggio 2019 da pixel pixrtprinting