![](https://assets.isu.pub/document-structure/230408174933-9cbe7766d78be858e49395420bb7c1ad/v1/3aec1a54d3a02562df4cf04f521ee506.jpeg?width=720&quality=85%2C50)
7 minute read
Smarrimento
“An hyper realistic businessman standing beside a blindfolded child in plastic material with newspapers in the style of Gottfried Helnwein”
L’intero soggetto dell’opera poggia su due figure cardine: un bambino e un uomo adulto, entrambi volutamente lasciati nell’anonimato. Essi sono disposti all’interno di uno spazio minimale, quasi asettico, simile a quello di un moderno studio fotografico.
Advertisement
A rendere più intrigante l’esperienza visiva è sicuramente lo studio dell’azione: le due figure interagiscono in maniera diretta fra loro, eppure mantengono un rapporto enigmatico che stimola il fruitore ad interrogarsi a riguardo. Questa impostazione è recuperata da uno studio della “Pietà Rondanini” del maestro Michelangelo Buonarroti: classica e contemporanea allo stesso tempo, la sua scultura è incredibilmente all’avanguardia dal punto di vista dell’interazione tra i corpi, i quali sembrano quasi arrivare a fondersi l’uno con l’altro.
Anche l’oggettistica in “Smarrimento” non è lasciata al caso: l’uso del materiale che avvolge per tre quarti la sagoma del ragazzo è un riferimento alla mostra antologica del fotografo italiano Mario Cresci - “La fotografia del no”. Essa si articola in 12 sezioni tematiche che ripercorrono tutte le fasi di sperimentazione dell’artista: a colpirmi è stato però il suo intimo rapporto proprio con la “Pietà Rondanini”, come lui stesso dichiara - «Andavo spesso di lunedì a guardarla, quando non sono aperte le visite al pubblico. Avevo il permesso di stare lì quanto volevo: portavo con me la macchina fotografica, ma spesso non la usavo. Me ne stavo a osservare quel capolavoro, tra le icone più entusiasmanti, complesse e misteriose della storia dell’arte». Ciò su cui si focalizza Cresci è nello specifico il ruolo della materia, poiché il suo scopo è quello di trasfigurare gli insegnamenti ricevuti dalla Pietà in 8 nuove sculture, fotografate 1:1 (e qui riportate)
I materiali portanti sono delle coperte termiche (largamente diffuse per il soccorso marittimo dei migranti) che attraverso le loro pieghe e i loro riflessi sono in grado di ricordare le scalpellature dell’opera del Michelangelo: il loro scopo è quello di dotare di luce propria e forza volumica i soggetti delle foto, in modo da andare oltre l’interpretazione tradizionale di un’opera celeberrima e offrirne un punto di vista personale. Tutto questo processo è pertanto citato in “Smarrimento” attraverso un materiale plastico-cartaceo, così da giocare in maniera dinamica con l’effetto visivo del ragazzino.
Dal punto di vista compositivo, le fondamenta strutturali dei due protagonisti delineano un primo piano dirompente, enfatizzato da un forte contrasto costruito con lo sfondo. Attraverso il ricorso alle sfumature in secondo piano e alle scelte di posizionamento si genera un certo senso di dimensionalità, senza dover impiegare particolari artifici prospettici.
Non si ricorre a specifiche simmetrie, ma parte della composizione sembra inscrivibile in una struttura triangolare (i cui lati coincidono idealmente in un vertice posto sul volto dell’uomo, il quale però è celato). Si denota un lieve squilibrio nella sezione sinistra dell’opera, dovuto sia alla preponderanza dell’adulto che alla presenza di una linea di forza individuabile tra le braccia sinistre dei soggetti; tuttavia esso risulta bilanciato dalla direzionalità assegnata allo sguardo del bambino, il quale sembra stia scorgendo qualcosa o qualcuno di cui ci è negata la conoscenza.
L’ispirazione tecnica nella realizzazione dei soggetti è molto variegata: nella sezione di destra, l’uomo mostra un forte rigore compositivo sia nell’incarnato (particolare della mano) che nella definizione dei contorni e dei dettagli del vestiario, simbolo di attenzione per il dettagli. Questa necessità rappresentativa è stata esalta da un filone artistico collocabile verso la metà degli anni ‘60 denominato Iperrealismo: nato dal desiderio di un ritorno alla figurazione, si afferma soprattutto per il tentativo talvolta provocatorio di ripristinare un realismo integrale, volto a riprodurre la realtà al massimo grado di fedeltà. Ne è dimostrazione scultorea il percorso tracciato da Duane Hanson (di cui riporto “Man on a Bench”), riconosciuto come uno dei maggiori esponenti del movimento: il suo soggetto prediletto è il cittadino borghese immerso nelle vicende quotidiane tipiche della società statunitense e riprodotto attraverso l’impiego di fibra di vetro o resine sintetiche, le quali permettono una sbalorditiva caratterizzazione fisionomica. Ho voluto pertanto dirigere in tal senso gran parte dell’esteriorità del busto dell’uomo in “Smarrimento”.
Allo stesso tempo però, il gusto rappresentativo della cravatta, trattata con pennellate a campiture più larghe, assieme all’inserimento di alcuni guizzi di colore distesi attraverso tratti distinguibili e alla scelta di tonalità prevalentemente sobrie sembra suggerire un ritorno a concezioni pittoriche ben più precedenti (es. Realismo francese, Impressionismo), risultanti in un “appiattimento” dal punto di vista spaziale di tale elemento rispetto a quanto lo circonda.
Questi tentativi sono tuttavia in parte smentiti dal chiaroscuro ancora presente nel colletto, cui si aggiunge l’intenso gioco di luci e ombre che si estende per tutto l’abito.
Risulta inoltre interessante notare come le squillanti pennellate citate in precedenza adempiano anche a una duplice funzione: assecondano la sorgente luminosa proveniente dall’alto e aiutano a rafforzare l’interazione tra le due figure, andando a colpire le dita della mano dell’uomo con delle picchiettate di colore, mentre si accinge a toccare il bambino (si ritrovano nuovamente i veloci tocchi virgolati degli impressionisti).
Nella sezione di sinistra troviamo invece ciò che lascia attonito l’osservatore, ovvero il ragazzino: diametralmente opposto all’adulto per tecnica compositiva, cela dietro di sé numerose chiavi di lettura del secolo scorso, che cerco di esaurire sinteticamente.
Tutto ha inizio dall’approccio inedito di Paul Cézanne, generalmente categorizzato come Post-impressionista ma padre delle riflessioni alla base delle maggiori avanguardie del Novecento. Con lui lo sguardo dell’artista non si ferma più alla riproduzione della realtà o, come si era tentato nell’Impressionismo, alla ricerca di una sua impressione visiva (inevitabilmente schiava del tempo) da catturare e riportare sulla tela, bensì decide di distaccarsi da questa sua interpretazione effimera e riduttiva per andare alla ricerca della verità essenziale delle cose.
E come strumento di indagine di cui servirsi, Cézanne sceglie la geometria: questo processo avrà come conseguenze una progressiva semplificazione e schematizzazione delle forme, una scansione del paesaggio attraverso piani di colore, una nuova tecnica di “modulazione” delle tonalità e un isolamento dei corpi, ridotti ai volumi puri (cilindro, sfera e cono) che ne costituiscono la geometria tridimensionale originaria. La portata rivoluzionaria di questo artista sta nell’aver posto le basi di una nuova volontà, quella di andare oltre la realtà evidente [riporto: studio su “I giocatori di carte”, “La montagna Sainte-Victoire vista di Lauves” - Cézanne | “Violino e candele” - Braque]
Al suo insegnamento si rifaranno così i futuri pionieri del Cubismo (Pablo Picasso, Georges Braque) e dell’Astrattismo (Franz Marc, Paul Klee), rispettivamente per creare una nuova realtà da quella di partenza dotata di prospettive multiple e in grado di stupire, e per indagare nel profondo la sua essenza nascosta e le sue leggi attraverso la trasformazione della natura in una sua versione complessa, multiforme e ramificata. [riporto “Il Föhn nel giardino di Marc” - Klee | Foliage - Cézanne]
Partendo dalle riflessioni elencate, è apprezzabile il dinamismo presente nella convergenza dei molteplici piani in cui si avvolge la figura del bambino e l’interazione di forme che tra loro si configurano come accenni ad un riduzionismo geometrico. Volendo invece fare confronto con una produzione artistica ancor più recente, è possibile notare nella decisione delle pennellate adottate per questo personaggio una correlazione alla forza con cui Lucian Freud (nipote di Sigmund Freud), appartenente alla Transavanguardia di fine Novecento, mette a nudoi propri soggetti di fronte agli altri. [riporto “Autoritratto” - Freud]
In “Smarrimento” il peso della corporeità non viene abbandonato, proprio come nell’arte del pittore tedesco, volta a scuotere il pubblico facendo percepire l’incombenza della dimensione carnale, insita nell’uomo. Il ragazzo trasmette la propria fisicità nel tentativo di opporsi alla penetrazione proveniente dall’esterno (particolare della mano destra), tentativo che però fallisce e al quale viene sostituito uno struggente senso di smarrimento e sottomissione.
Per riuscire a trasmettere questo clima agghiacciante e disperato, mi sono lasciato guidare dalle atmosfere angoscianti che l’artista austriaco Gottfried Helnwein riesce a proporre in maniera magistrale. Nel suo poliedrico percorso si cimenta nella pittura, nella scenografia e nell’arte performativa, ma il motivo conduttore di tutta la sua opera è lo studio dell’ansia psicologica e sociologica tipica del nostro tempo, fatto di drammi privati della loro narrazione e che riempiono di paure: esse sono spesso analizzate proprio attraverso l’immagine metaforica del bambino: un bambino ferito, costretto a rapportarsi nella sua innocenza con le violazioni subite dal mondo esterno. [riporto Epifania III (Presentazione al Tempio) - Helnwein]
La forza espressiva dell’opera risiede appunto nella sua psicologia: tutto ruota attorno all’interpretazione dei ruoli e degli scopi dei soggetti, la cui incompatibilità è messa in risalto dalla stabilità dell’uomo opposta alla fragilità del ragazzo. Il messaggio individuabile è duplice: da un lato si può cogliere l’idea di rappresentare il sentimento di incertezza e indeterminazione tipico dei primi anni 2000: durante tutto il Novecento, il mondo è andato incontro a stravolgimenti sociali, ideologici, politici ed economici di ogni tipo; tutti hanno visto la propria vita mutare, talvolta positivamente talvolta negativamente, senza riuscire a definire prospettive chiare per il futuro; futuro spesso percepito come inafferrabile o imperscrutabile. Dopo questa successione di implacabili scosse civili, intimamente introiettate, l’avvento di un nuovo millennio dovrebbe seminare nei cittadini un rinnovato entusiasmo; eppure l’affermazione di massicci modelli economici globali (teorizzati a partire dagli anni ’80), l’avvento di Internet sembrano far riaffiorare le fragilità interiori di molte anime travagliate, impreparate a vedere la loro quotidianità modificarsi di nuovo. Ecco allora la scelta del bambino: esso diventa un’allegoria del timore e dell’innocenza di molti che, ancorati ai costumi del passato (come l’uso del quotidiano), si trovano ora a essere risucchiati da un nuovo mondo (l’uomo in giacca e cravatta che è in procinto di “assorbire” il ragazzo), fatto di telecomunicazioni e attuazione del progresso, deciso e spesso incurante di coloro che non sono ancora pronti a voltare pagina.
Dall’altro, rivolgendo lo sguardo all’attualità, si può riflettere sull’impersonalità diffusa nel sistema sociale contemporaneo: durante il nostro cammino di vita, ci immergiamo costantemente in ciò che ci circonda, comprese le vicende altrui; d’altronde la curiosità è ciò che ha reso l’uomo un animale sociale, spingendolo a inserirsi nella collettività. Lo sviluppo comunitario è così andato avanti per secoli sino a giorni nostri; ora però siamo spesso travolti da una tempesta di informazioni diffuse ad altissima frequenza, le quali conducono inevitabilmente alla creazione di affermazioni altisonanti impiegate per dare vita a schieramenti d’opinione. L’effetto di quanto descritto è palesato dalla sempre più prominente impersonalità e incapacità di spirito critico rilevata nei cittadini, i quali vengono ridotti dai media e dal sistema a semplici pedine da sfruttare a discrezione del miglior offerente. Da ciò, l’immagine dell’uomo ben composto che conduce “calorosamente” il bambino (simbolo di inconsapevolezza e ingenuità) verso il suo tragico destino di alienazione.
Infine, per ciò che concerne l’esperienza avuta con l’AI, posso ritenermi piuttosto soddisfatto del risultato ottenuto: dal punto di vista compositivo, la richiesta enunciata nell’input è stata rispettata sin da subito, permettendomi di ottenere la versione finale dell’opera dopo 3 soli tentativi. Sono state invece le caratteristiche tecniche a lasciarmi inizialmente in leggero disappunto, poiché parzialmente distanti dalla mia idea d’origine. Nonostante ciò, attraverso un’attenta ricerca di collegamenti e riferimenti, credo di essere riuscito a costruire una visione d’insieme coerente con i miei intenti iniziali: anche gli elementi attesi sono stati in grado di ispirare interpretazioni ambivalenti, permettendomi di arricchire notevolmente l’opera.