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Il futuro siamo noi pag
IL FUTURO SIAMO NOI Ecco perché Fridays for Future
Si è scritto e si scrive tanto sul cambiamento climatico, sull’inquinamento, sulla crisi climatica, ma quello che costituisce il maggior freno alla nostra lucidità siamo proprio noi stessi. Quel che da tempo è noto è che forse l’uomo non è più solo homini lupus, ma ormai è diventato un predatore assai più pericoloso che dimora in un consumismo febbrile. Non è un caso se le popolazioni indigene, aliene alla mentalità predatoria che da secoli scandisce le nostre vite, vivono in simbiosi con i ritmi della natura, della foresta, della savana. Non è il classico “si stava meglio quando si stava peggio”, perché indubbiamente l’umanità ha compiuto considerevoli passi in avanti, in tanti ambiti. Questo progresso, però, è costato un caro prezzo, e soltanto ora, costretti a pagarne le conseguenze sulla nostra pelle, ce ne rendiamo conto. Eppure, siamo sempre così impegnati a combatterci l’un l’altro, a erigere muri fra di noi, a inseguire il nostro personale e labile interesse. Quanto sarebbe bello, io mi chiedo, se
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unissimo le forze per combattere davvero, non contro qualcuno, bensì per qualcuno. Batterci per il nostro futuro, per le prossime generazioni e per difendere questa terra così bella, che è
la nostra casa. Tacitamente sappiamo da chi questo mondo vada difeso. Perché se scendessimo veramente in campo, comprenderemmo che non ci scontreremmo con altri, se non contro noi stessi. La schiera nemica non sarebbe che lo specchio della nostra cupidigia, la battaglia, allora, l’unico vero tentativo di miglioramento. Non ci è permesso ripartire da zero, non è il nostro obiettivo quello di costruire un mondo tanto perfetto, quanto utopico. Utopico sarebbe anche sperare di poter cambiare questo mondo che da secoli va delineandosi. Possiamo per ò cambiare noi stessi, quello sì, ed è qui che è riposta la speranza. Se noi siamo la causa, in noi giace la soluzione. Il solo appiglio che ci resta è lenire le ferite che noi stessi ci siamo inflitti, asciugare il pianto provocato dal nostro stesso agire. Il terreno di battaglia si concretizzerebbe nella nostra vita, nelle nostre abitudini, nei nostri acquisti. Costruire, anziché distruggere; amare, anziché violentare. Quando si parla di lotta per il clima subito viene alla mente l’immagine della giovane attivista Greta Thumberg con l’impermeabile giallo e il cartellone con la scritta “sciopero scolastico per il clima”; e tutti noi ricordiamo bene le strade e le piazze invase dalle folle di studenti con cartelli, striscioni e strumenti musicali. Ebbene, Fridays For Future è la voce di chi ama. È la voce di chi ama questa terra e non sopporta di vederla depredata. È la speranza che muove le bocche e infiamma gli animi di tanti, di giovani; è l’urgenza che grida nelle piazze e freme dentro i cuori. FFF nasce come un atto di amore e preoccupazione, ma ancor più, di sentita consapevolezza. Per capire meglio di cosa si tratta ci parla Giovanni Mori, ingegnere, attivista ambientale e
portavoce bresciano del movimento: Fridays For Future è nato con gli scioperi studenteschi per il clima, ma presto abbiamo sentito l’esigenza di portare queste proteste a un piano più alto. Non siamo un’associazione, non c'è nemmeno bisogno di iscriversi, fare tessere o altro, semplicemente ci impegniamo quanto più possiamo. In ogni caso FFF è un gruppo sempre apertissimo a chiunque voglia entrare a dare il suo contributo in ogni modo, tutto si basa sull’unione di giovani (ma non solo) volenterosi. Il coordinamento del movimento a Brescia avviene prevalentemente su piattaforme social per organizzare riunioni in presenza quando riusciamo, oppure online se qualcosa va storto. C'è gente di ogni età ma soprattutto giovani, mediamente dai 14-16 anni fino ai 25-28. Cosa facciamo? Di tutto un po'. Organizziamo gli scioperi per il clima che sono un po’ la nostra essenza, richiedono impegno e partecipazione, ma tutto ciò è affiancato anche da un lavoro continuo in collaborazione con attivisti da ogni parte d’Italia e dall’estero. Di fatto il movimento nasce per fare sentire le nostre voci, le proteste, quindi, quasi ogni venerdì, scendiamo in piazza con cartelli & sound. L'ultima volta prima dello strike abbiamo organizzato un intero mese per il Clima di eventi: presentazioni libri, spettacoli teatrali e di stand up comedy, conferenze di divulgazione scientifica, giornate dedicate alla pulizia pubblica e alla raccolta rifiuti. Si aggiungono poi i tre giorni di formazione Friday, in collaborazione con la facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia, a cui hanno preso parte giovani da varie regioni. Sul piano locale abbiamo lanciato una campagna che riguarda la mobilità sostenibile. Si chiama Brescia al Passo coi Tempi. Si tratta di valorizzare la città in vista del 2023, quando Brescia sarà orgogliosamente capitale italiana della cultura. Vogliamo restituire alle persone il centro città, migliorando la viabilità, rendendo gli spazi del centro storico il più possibile pedonali e ciclabili. È una campagna importante, non solo perché riducendo una delle principali fonti di inquinamento, i trasporti, ridurremo le emissioni, ma contemporaneamente avremo una città molto più bella e vivibile. Dentro FFF siamo divisi in gruppi di lavoro dove ognuno partecipa come e quanto riesce: gruppo scuole, gruppo social, gruppo Campagne. C’è spazio davvero per chiunque! Unica qualità richiesta: tanta voglia di fare!
Irene Reboldi, 4°DL
BOOKCLUB STUDENTI Prossimo appuntamento: 27 gennaio 2022
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Un viaggio in Ucraina e Transcarpazia
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Oggi voglio raccontarvi qualcosa del mio secondo paese di origine: l’Ucraina, concentrandomi in particolare sulla regione più occidentale e più europea. La capitale è Kiev (Київ), classificata anche come regione a sé stante. Kiev è famosa per il museo della guerra, la cattedrale di Santa Sofia e la metro più profonda del mondo. È una capitale che ha affrontato, e sta ancora affrontando, forti investimenti infrastrutturali ed economici a causa dei vari problemi con la vicina Russia. L’Ucraina stessa è ritenu-
ta ancora oggi, dal collasso dell’Unione Sovietica, la nazio-
ne più povera d’Europa: il guadagno mensile medio, infatti, tende a non superare i 200€. La valuta officiale, la Hrivnia (1€=31₴), inoltre, è la più corrotta d’Europa a causa della forte inflazione che sta subendo l’economia nazionale e per le forti sanzioni che ottiene dagli stati vicini come Russia e Ungheria o dagli USA.
La lingua ufficiale, l’ucraino, appartiene come il ceco e lo slovacco alla famiglia delle lingue slave. La sua origine precede la nascita dell’Ucraina stessa; agli inizi del Novecento si rinnovò, attingendo a prestiti da altre lingue come il polacco, lo slovacco e il russo. L’alfabeto è cirillico come in Serbia, Bulgaria, Russia e Bielorussia. Si tratta di una lingua molto iotizata, come in Bielorussia, perché si sente spesso la lettera “i”; esistono, infatti, quattro lettere “i”: (И ,І ,Ї ,Й). Dove sta la differenza? La И, che potrebbe ingannare anche i Russi, non è la classica I russa , ma una “I” che si pronuncia come se ci fosse anche una “A” bassa in mezzo. Per pronunciarla correttamente provate a sorridere mentre dite la “I”; stessa cosa per la Й: pronunciate la И, ma allungata. “I” si pronuncia come una normale i italiana, mentre Ї, ovvero I con dieresi, si pronuncia allungata. Un bel minestrone di pronunce l’abbiamo fatto, ma per finire la cottura mancano altre due lettere: la Г e la Ґ. Entrambe sono lettere G, ma un russo potrebbe confondere la prima per la normale “G”, perché questa si pronuncia come una “H” mischiata alla “G”. Per pronunciarla dovete mimare l’azione di voler appannare il vetro di un finestrino pronunciando una “G” quasi trasparente (Khghe). È difficile, ma non impossibile!
Dopo questo piccolo tour linguistico, iniziamo il vero tour geografico. La scorsa volta eravamo a Košice (in ucraino Кошице), in Slovacchia; ora, invece, entriamo
nella nostra primissima dogana non UE per il controllo di passaporto e merci (l’Ucraina non fa parte dell’Unione Europea). Dopo un’attesa di quasi due ore, possiamo raggiungere - ahimé tramite una strada piena di buche chilometriche - la città di Uz’horod (Ужгород), Ungva’r in Ungherese, il capoluogo della Transcarpazia (Закарпатська область). Uz’horod è una delle città più antiche e multiculturali dell’Ucraina; storicamente era una città ungherese di grande importanza, ma a causa del comunismo e del patto di Trianon in Ungheria, molti dei suoi territori furono rivendicati da Croazia, Serbia, Romania, Ucraina e Slovacchia. Uno di questi è la Transcarpazia, chiamata così perché attraversata dalla catena
Esempio di cartello bilinguistico in transcarpazia, nella città di berehovo (terza città piu’ grande della regione). è scritto in ucraino, ungherese e in rovas (antico alfabeto ungherese). Ciò significa che questa citta appartenne per lungo tempo all’Ungheria
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dei Carpazi; la cima più grande è il Monte Hoverla, a sud est della regione. Uz’horod , è il suo capoluogo e si trova tra i due confini, ungherese (Zahonyi , Чоп) e slovacco (Vys’ne Nemecke /Ужгород). È una città unica in Ucraina, ma penso anche in Europa, la cui popolazione è formata da ucraini, magiari, tedeschi, ruteni e ebrei. La mia sincera opinione è che sarebbe molto meglio se questa città fosse ancora ungherese perché gli ucraini non la amministrano in modo efficace, però mantiene una certa funzionalità rispetto ad altre città del Paese. Uz’horod è famosa per la sua ex sinagoga, per i palazzi austro-ungarici e per il centro storico. È una città dotata di servizi ferroviari transfrontalieri e non, ed è servita anche di bus che portano a Leopoli (Львів, non più Transcarpazia), Mukac’evo (Мукачево), Ivana Frankijvsk (Івано-Франківськ, non più Transcarpazia) e verso altre città vicine in Transcarpazia. Camminando, si può vedere anche il fiume Uz’ (Уж), da cui deriva il suo nome, Уж е Город (città in ucraino e in russo). Ma prima di lasciare Uz’horod, perché non mangiare un piatto di Gulyas ungherese oppure di vero ed originale Борщ Ucraino? Una volta rifocillati, possiamo continuare il nostro viaggio, questa volta andando verso sud est a Mukac’evo (Мукачево, in ungherese Munka’cs), la seconda città più grande della Transcarpazia, famosa per la sua ex Sinagoga, per il castello più grande della Transcarpazia e per il suo centro storico. La città è stata rinominata dal 2017 da Мукачеве а Мукачево (nome ruteno) per ragioni fonetiche. Qui possiamo mangiare una buona grigliata di carne di maiale; sfortunatamente questo paese è sconsigliato ai vegetariani. Ma andiamo oltre, questa volta a Berehove (Береговe), in ungherese Beregszasz, terza città più grande della Transcarpazia, dove possiamo ammirare il centro storico, la chiesa protestante più grande della Transcarpazia e il teatro di tragedie ungheresi più
importante della Regione. Dopo aver visitato alcune zone decisamente ungheresi, proseguiamo a sud-est, verso il confine rumeno. Le strade non sono un granché, perciò vi avverto di essere prudenti, soprattutto perché qui in Ucraina, nonostante l’obbligo di carta verde, non siete assicurati affatto; non è come in Bosnia o in Macedonia. Dopo un’ oretta in auto, arriviamo a Hust (Хуст), in ungherese Huszt, la quarta città più grande della Transcarpazia. È una citta con poche attrattive, eccetto i suoi palazzi pre e post comunisti, le case zingare e ungheresi e la sua fortezza ormai distrutta nella montagna dei Carpazi. Infine, percorrendo altri 25 chilometri, si arriva all’ultimissima città prima dell’ingresso nella foresta dei Carpazi: Solotvino (Солотвино) in Ungherese Aknaszlatina, una città di enor me importanza in Ucraina perché, insieme a Odessa (Одесса), è la maggiore produttrice di sale. Essa ospita, infatti, sia uno dei principali laghi salati del continente europeo, sia una miniera di sale. Si trova, inoltre, proprio accanto al confine con la Romania e perciò molti Ucraini si spostano nella città rumena accanto, Sighiet,u Marmatei, per lavoro o direttamente per vivere in Unione Europea. Prima di concludere il tour di oggi, vi lascio qualche curiosità: sapevate che l’elicottero è un’invenzione ucraina? E che la prima e vera lampada a gas è stata inventata a
Leopoli, probabilmente da uno scienziato armeno polacco? In Ucraina, poi, si trovano ancora molti treni, sia della metro che della ferrovia, risalenti ai tempi dell’Unione Sovietica. È interessante sapere, inoltre, che numerosi piatti tipici della cucina russa, come
Борщ, Kaша е Пироги, siano di origine ucraina. Per salutarvi vi lascio uno scioglilingua ungherese: Варка варила вареника, Василь взяв вареника. Варка Василя варехою. Василь Варку вареником (Varka varila var-
enika, vasilj vsiav varenika. Varka vasilja varehojo. Vasilj
Varku varenikom). Riuscir ete a pronunciarlo? Nazar Vodopyan, 2°FL
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