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It’s not goodbye USA!

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Il ‘prom’ e alcune riflessioni sulla mia fantastica esperienza americana

Il ‘prom’, ossia il ballo scolastico di fine anno, è stato anche più divertente di quanto mi aspettassi. Va detto che qui negli Stati Uniti si tratta di un vero e proprio evento che tutti aspettano con ansia, sia perché si tratta di una festa ufficiale molto importante, sia perché segnala che la scuola è praticamente finita. L’abbigliamento deve essere elegante: le ragazze mettono abiti lunghi mentre i ragazzi indossano la giacca (e il farfallino se vogliono ma io ho evitato) e devono portare un fiore all’occhiello della giacca che sia uguale ai fiori del bouquet che le ragazze portano in mano. Per poter partecipare bisogna essere un senior, cioè uno studente dell’ultimo anno, o essere stati invitati da un senior e i posti sono limitati. Il biglietto di ingresso costa 50 dollari a cui bisogna aggiungere il costo della cena e del cosiddetto ‘party bus’, ossia il bus che accompagna i ragazzi nelle varie locations dove si svolgono i vari momenti del ‘prom’. Io, mia sorella ed il nostro gruppo di amici abbiamo scelto di cenare a bordo di uno yacht che durante la cena ci ha fatto fare una mini crociera intorno al lago Minnetonka: è stata un’esperienza fantastica anche perché qui i laghi sono tantissimi e tutti molto belli, soprattutto al tramonto. Il bus ci ha poi portati al ballo vero e proprio che quest’anno si teneva nel grande stadio di football di Edina il quale era addobbato con fiori, giganti sculture illuminate e catene di luci, c’era anche un mega screen su cui venivano proiettati video musicali. Una volta arrivati abbiamo ballato tutti insieme e devo dire che, a differenza di quanto si vede nelle serie tv, al ‘prom’ non ci sono balli lenti ma è proprio come essere in una discoteca e io mi sono divertito un sacco. È poi tradizione finire la serata con un ‘after party’ che normalmente si svolge a casa di qualcuno, nel nostro caso siamo stati ospitati da un’amica di mia sorella che ha una casa enorme. Per arrivare a questa casa abbiamo usato nuovamente il ‘party bus’ che già di per sè è un’esperienza da provare perché è allestito come se fosse una discoteca con un impianto audio pazzesco e chiaramente non ci si siede affatto ma si balla. L’ ‘after’ è comunque sicuramente il momento più divertente della serata, noi ci siamo prima cambiati mettendo vestiti comodi e poi abbiamo chiacchierato, ballato e riso tantissimo. Sono tornato a casa a tarda notte sentendomi emozionato per aver vissuto un evento di cui avevo sempre sentito parlare e a cui non avrei mai immaginato di poter partecipare! But time flies... ed eccomi alle mie ultime due settimane negli Stati Uniti, a dir la verità non mi sembra ancora vero che tra pochissimo tornerò a casa dalla mia famiglia e dai miei amici. Cinque mesi sono letteralmente volati ma adesso che posso fare un bilancio definitivo, devo dire che sono stati mesi fantastici e ricchi da tantissimi punti di vista. Anzitutto essere un exchange student richiede un bel po’ di coraggio perché significa buttarsi, prendere un aereo per un posto che non si conosce e vivere in una famiglia di persone mai viste senza avere la minima idea di come sarà la propria vita nei mesi successivi. A dirla tutta prima di partire avevo un po’ di paura ed ero molto agitato, il giorno della partenza mi ricordo di essermi sentito quasi perso anche se avevo davvero il desiderio di fare questa esperienza. Poi sono stato fortunatissimo: la mia famiglia americana è stata davvero fantastica con me, mi ha accolto come un vero figlio e ha reso il distacco dalla mia famiglia italiana molto meno traumatico di quanto pensassi, forse perché i miei genitori host sono in realtà abbastanza simili ai miei genitori italiani. Fin dall’inizio mi hanno incoraggiato quando facevo fatica ad esprimermi e non conoscevo nulla della cultura americana, se non quello che avevo visto nei film, e mi hanno sempre ascoltato ed aiutato. Insieme abbiamo fatto un meraviglioso viaggio in Cali-

fornia, abbiamo riso, cucinato, festeggiato, abbiamo imparato a capirci e piano piano ci siamo conosciuti sempre meglio fino a creare un piacevolissimo clima familiare. Lori, mia mamma host, è sempre stata super sorridente e disponibile senza mai essere invadente, mentre mio papà host Alan mi ha aiutato in tutte le mie esigenze oltre ad accompagnarmi e venirmi a prendere ad allenamento tutti i giorni. Con mia sorella host Harper, anche lei sempre allegra e molto gentile, abbiamo fatto un sacco di risate, soprattutto per via del mio accento italiano e delle mie difficoltà di comunicazione i primi mesi. Rispetto a queste difficoltà ho imparato ad avere pazienza con me stesso, a darmi tempo e a sopportare anche momenti di solitudine che in Italia non avevo mai vissuto. Integrarsi a metà anno scolastico non è infatti stato facile anche perché io abito in uno stato del nord, il Minnesota, dove le temperature sono polari per gran parte dell’anno, le persone sono riservate, stanno molto in casa e le occasioni di socializzazione non sono molto frequenti. Per fortuna mia sorella Harper, che è capitana delle cheerleaders, mi ha fatto conoscere i suoi amici e grazie a lei sono andato a numerose feste, inoltre fare sport dopo la scuola mi ha aiutato ad integrarmi meglio e mi ha dato grandi soddisfazioni oltre che qualche frustrazione quando non sono riuscito ad avere i risultati sperati. Ho imparato a prendere con filosofia anche questi momenti e ad impegnarmi ancora di più per superare i miei limiti. Tra l’altro sono diventato un perfetto ‘casalingo’ perché il programma exchange prevede che gli exchange students tengano in ordine la camera, lavino i loro vestiti e in generale aiutino i genitori host. Nel mio caso ho quindi imparato a fare il bucato e in teoria avrei dovuto anche stirare, anche se in realtà ho rinunciato dopo qualche tentativo fallito. I miei genitori host hanno stabilito turni precisi per apparecchiare e sparecchiare la tavola e ho sempre provveduto a lavare i piatti e a rimettere tutto a posto dopo mangiato. L’impatto con la scuola è stato all’inizio un po’ traumatico: ricordo ancora quando mi perdevo nei corridoi infiniti e mi vergognavo un po’ a chiedere dove fossero le aule, inoltre a lezione facevo davvero molta fatica a capire e a parlare e mi spaventava moltissimo l’idea di dover poi superare dei tests. Col tempo ho imparato ad apprezzare il metodo scolastico americano, il mio inglese è migliorato enormemente e anche con i compagni e i professori ho stabilito un rapporto di grande confidenza, tanto che anche loro mi mancheranno moltissimo. Essere un exchange student mi ha reso decisamente più autonomo ed indipendente, in qualche modo anche più forte e più consapevole delle mie capacità. Ho scoperto aspetti del mio carattere che non pensavo di avere e che non so se avrei mai scoperto se non avessi fatto questa esperienza, anzitutto la mia capacità di adattamento. Lasciare l’ambiente sicuro di casa, i miei amici e la mia routine mi ha infatti decisamente messo alla prova e ho dovuto imparare ad adattarmi al meglio ad ogni situazione. Sono convinto che sia necessario aprire la mente se si vuole capire una diversa cultura per arrivare a farne parte e io penso di esserci riuscito perché adesso qui mi sento perfettamente a mio agio e non ho più alcun tipo di difficoltà. Mi mancherà davvero tutto degli Stati Uniti, a partire dalla mia famiglia americana fino al quotidiano ‘good morning’ che dico all’autista del bus che mi porta a scuola tutti i giorni, ho amato ogni singolo momento della mia vita qui ed è stata davvero un’esperienza indimenticabile.

In questi giorni sono triste all’idea di lasciare tutto e tutti anche perché ho la consapevolezza che non potrò mai più rivivere ciò che sto vivendo adesso, potrò magari trascorrere qui una vacanza ma non sarò integrato in una famiglia dove sentirmi un vero e proprio americano. Mi consola sapere che tornerò a casa profondamente cambiato, sicuramente molto arricchito e con una nuova prospettiva sul mondo.

Till soon USA and thank you for everything! Federico Capra, 4DRIM

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