Lungarno n. 83 - aprile 2020

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sipario

Il dipinto della discordia

di Camilla Guidi

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i è parlato molto della polemica riguardo il prestito di un’opera di Raffaello da parte degli Uffizi alla mostra che a Roma ne celebra il cinquecentenario. Si è parlato della dimissione in blocco del comitato scientifico del museo fiorentino e della replica seccata del suo direttore. Diversamente, ed è un peccato, si è parlato poco dell’opera in questione, il Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi. Lo splendido dipinto, realizzato da Raffaello nel 1518, fu inviato a Firenze da parte del pontefice come dono in occasione del matrimonio del nipote Lorenzo di Piero con la nobildonna francese Madeleine de La Tour d’Auvergne (dalla cui unione nascerà la futura regina di Francia Caterina de’ Medici). Leone X, figlio del grande Lorenzo il Magnifico, quando fu eletto pontefice nel 1513 fu acclamato come iniziatore di una nuova era di pace e in effetti fu un papa colto e raffinato che amò circondarsi di artisti e poeti e contribuì ad arricchire il clima culturale della città di Roma. Il dipinto in questione – ottimo esempio per comprendere la funzionalità delle committenze artistiche nella creazione del consenso e nella diffusione di messaggi politici – raffigura il pontefice insieme ai due nipoti cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Ros-

si (aggiunti in un secondo momento e forse attribuibili in parte alla mano di Giulio Romano) e proprio in virtù di questa triade diviene strumento di esaltazione dinastica del casato mediceo. Le tre figure sono rappresentate in un tipico ambiente rinascimentale e in un trionfo di materiali preziosi e splendenti oggetti dorati: particolarmente sontuosa e pregiata la veste del papa, dal morbido velluto al meraviglioso damascato bordati di pelliccia. La luce entra nella stanza da una finestra in alto a destra che vediamo riflessa nel magnifico pomello della seggiola papale che superbamente rispecchia l’intero ambiente circostante e che è forse esso stesso un’allusione al soggetto araldico della palla medicea. Splendido anche il campanello da camera cesellato (forse davvero esistito e disegnato dallo stesso Raffaello) così come gli altri oggetti nelle mani del pontefice: nella sinistra una lente, come richiamo alla sua caratteristica miopia, e nella destra un prezioso codice miniato. Il dipinto giunse a Firenze nel 1518 e lasciò la città solamente tra il 1799 e il 1816, quando fu preda delle campagne napoleoniche. Oltre a essere uno dei capolavori di Raffaello per qualità e perizia tecnica, è una straordinaria opera di esaltazione della famiglia Medici e di quel Papa Leone X che salvò la vita a Machiavelli e incaricò Raffaello di disegnare i più importanti edifici della Roma imperiale, atto fondamentale e fondante per la nascita del concetto di tutela e di conservazione del patrimonio culturale.

Una straordinaria opera di esaltazione della famiglia Medici

Raffaello: pop star del Rinascimento di Martina Vincenzoni

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iglio d’arte, impara i trucchi del mestiere dal padre, esordisce a 17 anni e diventa l'idolo della sua città d’adozione: potrebbe essere la descrizione di Leo Gassman e invece parliamo di Raffaello. Muore a 37 anni, ma solo perché il club dei 27 ancora non esisteva: una vera e propria pop star che è riuscita a trovarsi il suo pubblico in una Firenze che offriva la concorrenza di Leonardo e Michelangelo. Tra 1504 e 1508 tutti lo vogliono; lui si tiene lontano da complesse e snervanti commissioni pubbliche (che lascia all’ombroso Buonarroti) e diventa il ritrattista più acclamato. Tutte le famiglie che intendono rappresentare il proprio status symbol passano dal suo pennello di pubblicitario ante litteram. Tante anche le donne ritratte e amate, di ogni fattezza e rango. La sua fama è tale che nell’Ottocento nasce una vera e propria moda nel dipingere scene di disperazione alla sua morte. Quest'anno è il cinquecentenario dalla sua morte: peccato solo aver perso il firma-copie da Feltrinelli Red.

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