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Prove di sopravvivenza: le case del popolo

Prove �i sopravvivenza: le case del popo�o

di Matteo Chiapponi e Giacomo Alberto Vieri foto di Susanna Stigler

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Qualche settimana fa, nel silenzio illuminato dei più Grandi, se n'è andato Carlo Bordini, poeta e uomo magnifico: “così questo rammendare piccole cose porta le cose migliori”, è un suo verso tratto da “Sasso”, che forse vi dirà poco e nulla. E forse, a molti di voi, diranno poco e nulla anche le case del popolo, i circolini, sì proprio loro, quei fortini di Storia (con la S maiuscola, non badate a Instagram) e camparini alle 5 il pomeriggio, quei bunker sicuri fra Partito, bestemmie, Cuore Viola, dibattiti sociali, che non sono rimasti immuni ai decreti governativi sulle chiusure di locali ed esercizi e, nella sofferenza goffa, ma sempre orgogliosa di chi regge una bandiera, si sono fermati una seconda volta. Le porte chiuse, ora: come a Vicchio nelle notti d'inverno, quando i ragazzi si fermavano davanti al circolo, prima di tornare a casa dopo una serata in giro a diventare grandi, per fumare l'ultima sigaretta. Quel luogo era, anche sprangato, la matrice d'inizio e il punto di fine, il “bona raga, vado in branda”. Al circolo di Settignano, Naima e Gianluca, fotografi e innamorati, un giorno di giugno, si sono sposati fra biliardino e amici. Si sono sposati altrove ma anche lì, ci sono arrivati per dedicare al proprio futuro insieme, il frequentava il circolo senza che nessuno bicchiere della staffa. sapesse chi fosse, qui è stato omaggiato un Per Duccio Tebaldi, storico barista e presi- anno fa; c’è un suo verso tratto dalla poesia dente dell’associazione culturale La Chute, “L’abbandono” che sembra parlare di quanil Circolo Progresso è un vero e proprio do, straniero, andava al circolo per trovare laboratorio di trasformazione culturale e so- rifugio: “Un’altra volta come uomo perduto ciale. Quando arrivò, il circolino era popo- sto tornando verso te”. E anche Angiolino, lato da loschi personaggi dall’aura pesante I'becco, come lo chiamano da anni i suoi che ci bivaccavano dentro mettendo i piedi amici ottuagenari, compagni di lotte sinsul tavolo. dacali, tombolate e riunioni di quartiere, i Un giorno tolse la tv: la rivolta. mercoledì sera d'inverno dalle “Il circolo è casa mia!” dicevano. parti di Firenze Nord, ora sta Molti di loro però, dopo esser stati buttati fuori a calci nel sedere, Il circolo seduto su una panchina, guarda l'insegna spenta del suo circolo, si presentarono, durante la chiusura estiva, armati chi di pennello e vernice, chi di cencio e granata. Negli anni è diventato un luogo è anche casa mia! aspira una boccata di M&S rosse, assorto regala una confidenza: “E mi chiamano i'becco perché qui ce n'ho portate neanche una, ma in cui ascoltare artisti suonare e due, di donne. Non ho fatto a magari bersi anche un amaro con tempo a sposarle che l'eran belle loro dopo il concerto. “Casa nostra” in- scappate con un altro. E allora, o come tu somma. la metti?”. Leonardo Sgatti, presidente del Circolo San Guardiamo altrove, poi sorridiamo. Passa Niccolò, ci racconta il mutamento del tes- una ventata ancora calda nel primo buio di suto sociale in cui il circolo è nato: da rione novembre, nel rammendare le piccole cose “pitiglioso” (pulcioso ndr) dove nacque la che porta le cose migliori. prima società di mutuo soccorso dei lavora- Il sipario per ora si chiude. Ma voi contitori di San Niccolò nel 1897, siamo passati nuate ad applaudire. I circoli, come gli attraverso due guerre e due alluvioni senza attori migliori, tornano sempre per un bisse. che però si perdesse il significato profondo di “mutuo soccorso” che, come ci spiega la consigliera Chiara Burgio, adesso è “fioritura collettiva” grazie alla poesia. Il poeta iracheno Hasan, ad esempio, che

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