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Il cinema salva l'anima
di Caterina Liverani
«Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.» Queste le parole con cui il Professor Keating ne L’Attimo Fuggente cercava di spronare i suoi raggiamento che, malgrado le circostanze, è più che mai attuale. Se bellezza, poesia e romanticismo in questo nuovo lockdown sono di sostegno a noi che siamo a casa, per chi lavora a stretto contatto col virus fin dalla prima ondata si rivelano talvolta vitali. Proprio de L’Attimo Fuggente mi ha parlato Elena, odontoiatra a Pistoia, che sottolinea quanto la sua professione sia a rischio di contagio per la frontalità col paziente “anche i complottisti e i negazionisti hanno il mal di denti. L’Attimo Fuggente non parla di cure o medicina in senso stretto ma è di grande ispirazione”. Di ispirazione mi parlano anche una coppia di infermieri toscani trasferitisi da alcuni anni a Parma: “Jojo Rabbit è il film che ho visto di più durante la prima emergenza, il senso di speranza che accompagna il finale è liberatorio” racconta Viola che lavora
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studenti ad ampliare le proprie vedute. Un inco-
L’orizzonte di gloria
LOVE & ANARCHY Dio benedica gli svedesi e la loro sanissima e liberatoria noncuranza nell’affrontare anche i temi più scabrosi. In questa deliziosa mini-serie una madre di famiglia professionalmente molto affermata intreccia con un giovane collega un pericoloso gioco di seduzione che li condurrà a un profondo e inaspettato livello di comprensione l’una dell’altro. Che guardiate la serie su una smart tv o su un laptop la chimica tra i due protagonisti, Ida Engvoll e Björn Moste, farà incendiare il vostro schermo. in Pronto Soccorso, mentre Dario, infermiere in una REMS, mi fa scoprire un film che non conoscevo “American Animals è stato il film che mi ha sostenuto in questo periodo. È bizzarro perché si parla di una rapina e di come essa sia un obiettivo vitale per i protagonisti. L’ho fatto vedere anche agli ospiti della struttura in cui lavoro che lo hanno molto apprezzato”.
Come è vissuta l’emergenza in un luogo dove i pazienti sono sottoposti a misure restrittive? “Per qualcuno è una preoccupazione, per altri un’ossessione. Noi sanitari però siamo fortunati perché non esposti a fattori infettivi come altri colleghi”. Lino è pediatra a Lucca ed è un grande appassionato di cinema “Quest’anno dopo tanto tempo ho rinunciato all’appuntamento con la Mostra del Cinema di Venezia, sono stato frenato dalla generale scarsa attenzione che ho notato questa estate”. Favolacce è il film di cui mi parla: “l’ho rivisto per 6 volte. Non reca certo conforto, ma il modo favolistico in cui descrive la nostra società è decisamente catartico”. La fantasia è ciò a cui è ricorso Gabriele, medico al pronto soccorso di Careggi: “nella prima ondata sentivo solo il bisogno di staccare e così mi sono rivisto tutto Miyazaki. Ora è diverso, avrei tanta voglia di tornare in sala ma sono riuscito a vedere solo Tenet prima della chiusura”. Non va spesso in sala ma è una grande appassionata Grazia, radiologa a Santa Maria Nuova che invece di un film descrive una sensazione: “Ci sono talmente tanti cambiamenti che alle volte sembra di sentire quella voce fuori campo caratteristica dei film apocalittici che descrive quello che succede nelle diverse parti del mondo: Trump che perde le elezioni, le rivolte in Polonia…”. Cristina, psichiatra in pensione che grazie a RaiPlay ha scoperto la cinematografia di Yoji Yamada, mi racconta che sua figlia, anche lei medico, e la sua famiglia hanno contratto il virus: “Con i bambini a casa i film sono una risorsa e una continua scoperta. L’importante è che appena possibile anche loro ricomincino a vivere l’esperienza insostituibile della visione in sala.
up & down
Il cinema salva l’anima”.
Il viale del tramonto
WE ARE WHO WE ARE Luca Guadagnino è un buon regista che però non ha ancora una sua cifra, una dimensione che contenga le sue (buone) intenzioni, che si frammentano perdendo intensità. We Are Who We Are è una bella sceneggiatura, ma sono troppi i temi in ballo. Raccontare l’adolescenza e la scoperta della sessualità senza cadere nello stereotipo è già difficilissimo, ambientarla in una base militare americana a Chioggia e infarcirla di problematiche socio-culturali, difficoltà di comunicazione e politica, è equilibrismo e si finisce per sbandare.