l’Unità Laburista - Fuorigioco! - Numero 45 del 3 dicembre 2021

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numero 45 del 3 dicembre 2021

FUORIGIOCO!


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L’editoriale del Direttore

“IL MONDO E’ MALATO (?)”

pag 6

DI ALDO AVALLONE

“SE UN ALGORITMO AVRÀ CURA DI NOI”

DI GIOVANNI AIELLO

pag 10

“QUEL GRAN PEZZO DI LEOPOLDA” DI ANTONELLA GOLINELLI

pag 14

“ALLA FIERA DELL’EST”

DI ROSANNA MARINA RUSSO

pag 18

“MENTRE IL MEDICO STUDIA L’AMMALATO MUORE” DI RAFFAELE FLAMINIO

pag 22

“SALUTE/AMBIENTE, UNA NUOVA PROSPETTIVA: LA SANITÀ È PRONTA ALL’ULTIMA SFIDA?”

DI ANGELA MADDALENA

pag 26

“ALCUNE TAPPE PER LA FORMAZIONE DI UNA COSCIENZA AMBIENTALISTA” DI GIOVAN GIUSEPPE MENNELLA

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O pag 28

“LA GUARIGIONE DEL GUERRIERO”

DI CHIARA TORTORELLI

pag 32

“L’EFFETTO FARFALLA” DI ANTONIA SCIVITTARO

pag 34

“TEMPI MODERNI”

DI ANTONELLA BUCCINI

pag 36

“DIVENTARE CESARINE, CUOCHE DELLA TRADIZIONE” DI VERONICA D’ANGELO

pag 38

“LA VISITA DI UN MUSEO PER SCOPRIRE LA CURA?” DI ANITA NAPOLITANO

pag 40

“LA MIA VITA È FANTASTICA” DI LUCIA COLARIETI


l’editoriale del direttore

Il mondo è malato (?) ALDO AVALLONE

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la quale saranno spesi nei prossimi anni una barca di miliardi. Il passaggio dalle fonti energetiche tradizionali ed inquinanti a fonti pulite è certamente cosa buona e giusta ma occorre prendere atto che le fonti rinnovabili non potranno mai coprire al cento per cento il bisogno energetico di un Paese dall’economia avanzata come il nostro. Senza contare che anche le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici hanno un impatto ambientale non indifferente. Occorre, quindi, allargare il discorso e dirsi davvero le cose come stanno: o si operano scelte fondamentali sul modello di sviluppo che la società intende percorrere nei prossimi anni oppure, se si vogliono mantenere gli stessi livelli di consumi e di crescita del PIL, non si potrà prescindere dal prendere in considerazione l’unica alternativa di energia “pulita” disponibile, il nucleare. Con tutti i rischi che ben conosciamo e che, credo, nessuno intende correre. Io penso che su questo occorrerà riflettere e chiedere ai decisori politici, a livello nazionale e sovranazionale, di esprimersi con la massima chiarezza e trasparenza, aprendo, altresì, un forte dibattito a livello di opinione pubblica affinché le scelte che si dovranno operare abbiamo la più vasta partecipazione democratica possibile.

uando in sede di riunione di redazione abbiamo discusso della scelta del tema di questo numero era in pieno svolgimento a Glasgow COP26. A qualcuno venne in mente di trattare dell’ambiente e di tutto ciò che oggi rende il mondo “malato”. “Il mondo malato” mi sembrò subito un buon titolo. Avremmo certamente approfondito un argomento particolarmente sentito e di forte attualità. Subito dopo, però, ci chiedemmo se per caso non fosse stato eccessivamente pessimista e per questo abbiamo deciso di aggiungervi un punto interrogativo, una legittima domanda che apre uno spazio di speranza su un futuro che non deve né può essere completamente negativo.

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e ne è discusso tanto, ma per chi non lo sapesse COP26 è l’acronimo di Conference of Parties, dove le parti sono le 197 nazioni aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui mutamenti climatici, giunta alla ventiseiesima edizione, particolarmente importante in quanto la prima svoltasi dopo l’inizio dell’emergenza COVID. Saprete bene che i risultati della Conferenza non sono stati lusinghieri, per usare un eufemismo. India e Cina, dopo giorni di estenuanti trattative, all’ultimo momento hanno bloccato la risoluzione con cui si sarebbe messo da parte il carbone fossile, uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico, allontanando di fatto l’obiettivo minimo di contenere di un grado e mezzo l’aumento della temperatura terrestre entro il 2050. Ma di questo parleremo ampiamente in questo numero. Un breve ragionamento, a mio avviso, va fatto sulla transizione ecologica di cui addirittura abbiamo nel governo del nostro Paese un ministero dedicato e per

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l mondo, però, non è malato solo di inquinamento. Come ampiamente prevedibile, con l’avvicinarsi della stagione invernale ha ripreso vigore la pandemia. L’Europa tutta vede aumentare giorno dopo giorno i contagi da COVID 19 e, di pari passo, i ricoveri e, purtroppo, i decessi. Alcuni Paesi, in particolare quelli dell’Est e la Germania, mostrano numeri davvero preoccupanti, altri, come il nostro,

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proposte, dei dinieghi, dei ripensamenti da parte di tutte le forze politiche in cerca di visibilità. Non merita nemmeno commento la richiesta di Renzi di abolire il reddito di cittadinanza che ha trovato sponda in Salvini e Meloni ma anche il rigetto da parte di Berlusconi. Sembrerebbe che con qualche doveroso aggiustamento la misura verrà salvaguardata. Resta il dato politico di un ex segretario del Partito democratico che si schiera con la destra più becera che abbiamo mai avuto nel nostro Paese. Se ne tenga conto per il futuro. Italia morta non dovrà mai più far parte di una coalizione di centrosinistra.

sembrano tenere meglio sotto controllo il propagarsi del virus. Merito, probabilmente, di un clima più mite che consente di restare maggiormente all’aria aperta dove è più difficile il contagio e di una campagna vaccinale che ha raggiunto percentuali di popolazione molto elevata. Stiamo meglio che altrove ma non siamo assolutamente tranquilli. La curva dei casi è in crescita da alcune settimane e l’avvicinarsi della stagione più fredda non deve farci allentare la guardia. In una situazione in bilico come quella che stiamo vivendo fanno davvero ribrezzo le posizioni assunte da frange estremiste di no vax e no green pass. Il rispetto della libertà individuale e della libertà di manifestare il proprio pensiero sono cardini fondamentali della nostra democrazia ma violenza e prevaricazione da parte di una minoranza non possono essere più tollerate. Si è giunti al punto che la maggioranza dei cittadini che ha scelto responsabilmente di vaccinarsi per proteggere se stessi e la comunità è in balia di quattro scalmanati senza cervello, la maggior parte di estrema destra, che si sono arrogati la libertà di diffondere il virus non solo non vaccinandosi ma scendendo in piazza senza alcuna precauzione. Le manifestazioni no vax a Trieste hanno infatti portato il Friuli tra le regioni con l’indice di contagio più alto nel Paese, un Paese che non può permettersi più chiusure e restrizioni. Nel momento in cui scrivo queste note sono all’esame dell’esecutivo misure più stringenti sull’obbligo di vaccinazione per alcune categorie di lavoratori e sul green pass, relativamente a chi sceglie di non vaccinarsi. È auspicabile che il governo adotti rapidamente questi ulteriori provvedimenti a tutela della salute collettiva.

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uperamento della legge Fornero, contrasto alla precarietà del lavoro e salario minimo garantito, strumenti ispettivi maggiormente incisivi ed efficaci contro la strage dei morti sul lavoro, una fiscalità molto più progressiva. Queste, a mio avviso, sono le priorità per cui bisognerebbe battersi. Ma, tranne qualche lodevole eccezione, non mi sembra che siano di primario interesse delle forze politiche. Da parte della destra non ci si può ovviamente aspettare nulla ma anche nel campo del centrosinistra vi è una certa “timidezza” a farsi carico di queste battaglie. Troppo supinamente si sta nell’accettare una eccessiva subalternità culturale alle logiche del liberismo che ha ampiamente dimostrato di aver fallito. Le tante, troppe, malattie di cui soffre oggi il mondo ne sono l’esempio lampante. A livello di dibattito politico restano in primo piano i progetti del Partito democratico che apre un’Agorà per discutere di programmi futuri mentre nel Movimento 5 Stelle si assiste al tentativo di riposizionamento nell’area progressista da parte di Conte. Ma avremo tempo di parlare di questi argomenti.

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nfine, un brevissimo cenno sulla situazione economica. In questi giorni si sta esaminando la legge di Bilancio 2022. Probabilmente si tratterà di una manovra di circa trenta miliardi di euro. Come al solito si assiste al balletto delle

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SE UN ALGORITMO AVRÀ ‘CURA’ DI NOI Controllare i controllori.

DI GIOVANNI AIELLO

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il cinismo con cui la macchina prova ad approfittare delle nostre compulsioni consumistiche. Niente di tutto questo, perché in realtà siamo di fronte ad una storia molto più bella e appassionante che inizia in Asia centrale, nell’attuale Uzbekistan, dove oltre mille anni fa nasce un geniale matematico che poi opererà alla corte di Bagdad e produrrà vari studi, tra cui quello sulle “Regole di ripristino e riduzione” (poi importato dai latini), in cui per la prima volta si codificano modelli di schemi logici per problemi da risolvere. Quel matematico si chiamava Muḥammad ibn Mūsā al-Khwārizmī , da cui i termini algoritmo e ancora di più algebra, della quale è considerato uno dei padri. È a lui, tra le altre cose, che si deve la diffusione del sistema numerico indo-arabico, prima in Medio Oriente e successivamente in Europa.

Suggerito per te». «Scelto per te». «Contenuti consigliati in base ai tuoi interessi». A prima vista queste frasi potrebbero somigliare alle attenzioni di un caro amico che ti conosce bene e si prende cura di te. Se non fosse che l’amico di cui stiamo parlando ti conosce molto meglio di quanto immagini, ma purtroppo è tutt’altro che disinteressato.

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uesto perché l’”amico” algoritmo, che tanto apprezza le tue preferenze, fino al punto da anticiparti desideri che tu stesso nemmeno sognavi di avere, ha ricevuto proprio questo preciso ordine: invoglia l’utente (nel mio caso Giovanni) a vedere, leggere, ascoltare e, possibilmente, comprare un sacco di cose e di contenuti digitali!

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lgoritmo, due domande. Ma che cos’è un algoritmo? Certamente si tratta di una parola decisamente di moda (se la batte con ‘resilienza’ per il primato assoluto). Ma non è detto che chi ne parli abbia veramente idea di cosa sia. Le definizioni più ricorrenti fanno riferimento ad una “sequenza logica e finita di operazioni (procedura) che ci permette di risolvere un problema o di raggiungere un obiettivo”. Ma come prevedibile è nella sua accezione algebrica ed informatica che l’algoritmo comincia a somigliare al “mostro” che noi immaginiamo abiti nei nostri pc. E questo perché i problemi da risolvere hanno in quel caso natura computazionale, sono codificati in un linguaggio di programmazione e sono risolvibili da una macchina che per mezzo dei processori trasforma l'input (le istruzioni iniziali - teniamo a mente questo concetto) in output (i risultati finali).

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e intenzioni dell’algoritmo. La ex Cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto che “i dati sono il petrolio dei giorni nostri”. Ma per ricavarne qualcosa occorrono programmi che li sappiano anche analizzare, distinguere e a vario titolo correlare fra loro, restituendo informazioni sensibili e quindi utili per diversi scopi. Gli algoritmi hanno questa precisa funzione. Tanto per farsi un’idea sugli obiettivi più o meno virtuosi e sulle contrastanti implicazioni di questi processi, si va dal celebre algoritmo inventato dall’italoamericano Andrew Viterbi, che consente a miliardi di utenti di chiacchierare contemporaneamente con gli smartphone senza che le frequenze e le relative conversazioni si sovrappongano (pensate altrimenti il caos), fino al clamoroso caso di Joseph Snowden, tecnico informatico che nel 2013 rivelò l’esistenza di un programma di sorveglianza elettronica progettato dall’agenzia governativa statunitense NSA (National Security Agency) e denominato PRISM, che si faceva forte anche della collaborazione dei più grandi colossi del digitale.

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a perché si chiama ‘algoritmo’? Forse il termine deriva dal verbo latino algēre (esser freddo), pensano alcuni, per cui saremmo di fronte al ritmo algido del calcolo. Mentre qualcun altro pensa finanche di tirare in ballo “Algos”, il dio greco del dolore, per giustificare

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enendo poi alla strettissima attualità, ad esempio con riguardo alla pandemia, si va dall’algoritmo messo recentemente a punto in Italia per prevedere lo sviluppo del contagio (il metodo ha anticipato l’insorgere della variante Delta ed è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports - Nature.com), fino a quello in grado di accelerare il percorso diagnostico-terapeutico, individuando dai sintomi quale paziente avrà più probabilmente bisogno di un trattamento in terapia intensiva e chi no (esperimenti in questa direzioni sono in corso anche nel nostro Paese in alcune università, tra le quali quelle di Trento, Napoli, Roma, Pavia, Milano), fino ad arrivare invece ai tanti studi sull’ambiguità del marketing politico, del politelling e dell’organizzazione del consenso (si pensi in proposito a ‘la Bestia’ di Salvini e Morisi, o alla torbida vicenda di Steve Bannon, l’ex addetto alla propaganda di Donald Trump, recentemente arrestato per oltraggio al Congresso americano, per essersi rifiutato di testimoniare riguardo l’assalto a Capitol Hill, di cui pare sia uno dei ciberfomentatori).

Tok e tutte le altre che ci sono e che presumibilmente verranno (si pensi anche alla rapidissima diffusione delle piattaforme che gestiscono le valute digitali). E risulterà altrettanto complicato disciplinare lo sviluppo e l’utilizzo del machine learning, dell’intelligenza artificiale e di quello che viene definito come ‘l’algoritmo definitivo’, teorizzato dallo studioso Pedro Domingos, che presto potrebbe essere in grado di apprendere, programmare se stesso e (forse) automatizzare le scoperte.

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uale algoritmo controlla l’algoritmo: ‘ingabbiare il mostro’. Siamo sempre noi, dunque, a stabilire quale sia il problema che l’algoritmo dovrà risolvere e come dovrà farlo (vi ricordate le istruzioni?). E siamo sempre noi ad utilizzare più o meno in buona fede intellettuale le sue risposte. Sorvegliare quindi la nuova filiera digitale, renderla più trasparente ed accessibile, potrebbe rivelarsi decisivo d’ora in avanti. E a riassumere con chiarezza questo tema è il giornalista Michele Mezza, che nel suo libro “Algoritmi di libertà” (Donzelli Editore, 2018) ci spiega come una realtà sempre più standardizzata e individualizzata, per non diventare dispotica debba essere sempre sottoposta al sindacato e alla volontarietà degli utenti, passando da schema rigido e unilaterale a spazio di partecipazione.

La domanda è, ma come si fa a ingabbiare questo mostro?”, si chiede proprio Michele Mezza nel corso di una recente intervista rilasciata alla Rai. Secondo lo scrittore ci si riesce nella maniera più semplice, ovvero usando altri algoritmi. “Ci devono essere algoritmi pubblici spiega infatti Mezza, rispondendo al suo stesso interrogativo -, strumenti, macchine, potenze di calcolo in grado di monitorare gli algoritmi privati. Bisogna riprodurre un meccanismo di confronto e di garanzia”. Come prevedibile si rivelerà tutt’altro che facile scontrarsi su questo terreno contro realtà quali le solite Google, Microsoft, Meta, Amazon, Tik

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QUEL GRAN PEZZO DI LEOPOLDA DI ANTONELLA GOLINELLI

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uel gran pezzo della Leopolda (Sì, lo so, una facile e vecchia battuta).

Oh! E anche quest'anno, implacabile come una cambiale, si è svolta la Leopolda. Sono 11 anni che ci tediano con questa manifestazione prima correntizia ora partitica. Sono partiti i tre caballeros, ne è rimasto uno solo. L'highlander de noartri. Ho ascoltato con blando interesse il dibattito suscitato dagli interventi nella stazione dismessa fiorentina. Gli argomenti di riflessione e dibattito son parecchi e soprattutto sono sempre quelli. Inevitabilmente i fatti del giorno, del mese e, credo, anche dell'anno hanno portato a discutere del finanziamento pubblico ai partiti. Quando si partì con la bislacca idea che il finanziamento pubblico fosse il male del paese tutti, indistintamente, si gettarono su questo declivio, col risultato di trasformare il finanziamento in base a canoni precisi in una sorta di scelta sulla dichiarazione dei redditi, rendendo i partiti una specie e alla stregua di associazioni onlus.

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na porcheria già di per sé. Lo svilire la funzione dei partiti quali corpi rappresentativi di pezzi congrui della popolazione ha contribuito parecchio sia alla disintermediazione sia al populismo demagogico che vede nel rapporto diretto col “capo” uno dei cardini del sistema. Ovviamente tutti erano in possesso di fondazioni atte allo scopo di raccogliere fondi. Chi più chi meno. Alcuni, pare da inchieste passate e in corso, erano piuttosto bravi. Solo che, come dicevamo allora noi gufi&rosiconi, la faccenda si prestava al lobbismo per non dire che ci si metteva in vendita al maggior offerente, portando quindi avanti politiche assolutamente a favore di qualcuno, pochi, a sfavore della stragrande maggioranza. In quest'ottica in effetti si comprendono molte delle posizioni tenute nel tempo da vari soggetti. Posizioni che ci parevano, a naso, strumentali a qualcosa. Ma

non credo, temo siamo in tanti, fossero utili al bene della nazione. Non so perché ma qualcosa mi dice che è così. Ci si "dimenticò" di eliminare i finanziamenti pubblici ai comitati referendari. Sostanzialmente per due ordini di motivi: i) che i referenda sono transpartitici e di approvazione o meno assolutamente personali; ii) che molte volte i referenda sono fumo gettato negli occhi di chi guarda. Nell'illusione propinata della democrazia diretta e dell'uno vale uno e' andata a finire così. Tant'è che sono tornati di moda prepotentemente (anche se non sempre riescono) e alcuni partitucoli si finanziano in questo modo. Dubito che questa volta gli esiti dei referenda siano accolti dalla politica. Perché dovrebbero, in fondo? Hanno mandato al macero altre scelte, compresa l'acqua pubblica, uno dei più partecipati in assoluto. Ora che questa disintermediazione forzata non serve più, che la democrazia rappresentativa parlamentare è effettivamente a rischio si torna indietro. O almeno ci si prova. Del resto, rasenterebbe quasi un colpo di stato abolire i partiti per mancanza di soldi. Non è che ci possiamo ritrovare in parlamento le fondazioni. Sarebbe un po' troppo. #mognint

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oi c’è il tema giustizia e inchieste. Il vivaista in capo che afferma in maniera decisionista chi deve fare inchieste su cosa, che è tempo perso e che l'acquisizione della prove per lui non è legale. Ho letto una roba tipo "hanno controllato i telefonini di 40 contribuenti la fondazione per..." beh sì. Normalmente succede così. Come l'acquisizione dei movimenti bancari. Mi pare sia più che normale. Ora, io capisco bene che cerchi di difendere i suoi finanziatori (se li mette nei guai potrebbe farsi gnara per il ragazzo) e capisco pure cerchi di intortare i suoi elettori (forse dediti agli stessi passatempi finanziari) ma vediamo di non eccedere nelle

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 voltate. #mognint Aggiungo: siccome stucaque' ha in odio i poveretti si scaglia contro il reddito di cittadinanza identificando totalmente i truffatori con i milioni di poveri che sono sopravvissuti con quattro soldi. Tra l'altro tutti esclusi dalla platea dei suoi provvedimenti. Per lui questa gente non esiste o deve sparire dalla faccia della terra. Sarà' lo spirito scoutistico tanto sbandierato? Chi può dirlo. #mognint

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ltima chicca: il pronostico e la dichiarazione d'intenti. Il vivaista in capo, in conclusione di una tre giorni di lai con lacrime a corredo e un'infinita serie di recriminazioni e autoelogi corrispondenti, pronostica le politiche nel 2022. Ohi, parliamone. È un pronostico fondato o è un semplice auspicio? L'aruspice lì è solito prenderci con le predizioni o, come sospetto, si sbaglia? Magari mandando un messaggio.

Oltre tutto, Silvio dove lo mettiamo? Lo sa che ambisce a portargli via sedia e ruolo? Intanto i contagi crescono. In alcune, parecchie, aree in maniera violenta. Si contraggono i tempi per i booster, si dichiarano comuni rossi e si riempiono reparti e terapie intensive. E io non sopporto più i no vax, no pass, no sobeme. Alla prossima gente.

Dichiara, sempre il giovine di cui sopra, che lui (immagino seguito da torme di affezionati elettori) vuole fondare un grande centro, che vuole essere l'ago della bilancia. A tal proposito mi pongo delle domande: cosa si intende per centro? Come si definisce? Liberale, repubblicano, democristiano? Non significa nulla una collocazione prettamente fisica nel panorama politico. Lasciatemi disquisire sulle possibilità: a) liberale. Libdem? Ma questo cozza come un ariete con le sue idee. Nulla hanno a che fare le declinazioni libdem con il renzismo; b) repubblicano. Forse lo intenderà un po' alla garibaldina. Mi par strano che un principe come il signore in questione si sottometta ai principi repubblicani. Forse mi sbaglio ma non ho molta inclinazione per questa ipotesi; c) democristiano. Un altro? Oramai siamo pieni di offerte democristiane. Ce n'è per tutti i gusti. +uno. Pensa convergano su di lui? La vedo improbabile.

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nyway starà al centro a far l'ago della bilancia. Si scorda il poverino che potrebbe essere una stadera che l'ago non ce l'ha. O forse dimentica le bilance elettroniche, quelle coi numeretti che ci sbattono in faccia con poco garbo l'incrementato peso mattutino. Non sarà rimasto ai gettoni telefonici? Che qui con le offerte di acquisto totale per ritirare dalla borsa il titolo non si sai mai non tornino utili.

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ALLA FIERA DELL’EST IL CANE SI MORDE LA CODA DI ROSANNA MARINA RUSSO

E venne il gatto che si mangiò il topo…” cantava Branduardi. Una ballata presa da una filastrocca d’altri tempi, fatta di sequenze che si ripetono, allo scopo di creare una rappresentazione metaforica o traslata di un concetto: tutto è collegato e l’ultimo evento riporta al primo e tutto ciò che capita, anche lontanissimo da noi, ci influenza. E in senso ecologico è ancor più evidente il sentiero della “fiera”da percorrere. Sappiamo ormai che una cosa impatta sull’altra fino a farci ritornare, come un gioco dell’oca, al punto di partenza. Un cane che si morde la coda o, ad essere più spietatamente precisi, l’essere umano che distrugge sé stesso. In sintesi: l’alta percentuale di CO2 nell’aria, generata soprattutto dalle industrie che sfruttano risorse umane e ambientali, provoca i cambiamenti climatici, dalla siccità agli alluvioni, che

trascinano i paesi colpiti, già in difficoltà, verso una povertà estrema e questa induce i grandi esodi di massa. I migranti diventano forza lavoro a basso costo e grazie a questo sfruttamento, unito a quello delle risorse ambientali, la produzione aumenta, così come la CO2. E si ricomincia.

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iò che sta succedendo nel mondo, da un punto di vista ambientale, ricorda quel film di fantascienza di qualche anno fa “The Butterfly effect” in cui venne pronunciata quella frase tante volte ripresa: ” Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo” Questa affermazione che può sembrare solo poetica e senza alcuna rilevanza scientifica, invece scaturisce dalla teoria matematica di Edward Norton Lorenz che si chiama “dipendenza sensibile

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 alle condizioni iniziali”. Teoria che ha cancellato la concezione ottocentesca di Pierre-Simon Laplace del “determinismo casuale”. Significa, in poche parole, che una variazione piccolissima di parametri del clima può produrre perturbazioni grandissime, lontanissime e inattese. Insomma, se in Brasile non piove come al solito, è probabile che in Texas avvenga un tornado. E non è un caso.

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a c’è dell’altro. Il cambiamento climatico determina anche l’acuirsi di criticità in termini di giustizia sociale a livello globale e locale. La metà più povera della popolazione mondiale, lo sappiamo bene, contribuisce solo al 10% delle emissioni, mentre il 10%, più ricco, è responsabile del 50%. Ma anche all’interno dei Paesi più ricchi il 10% della popolazione più ricca contribuisce molto più del resto della popolazione alle emissioni di gas serra. Le problematiche ambientali impattano quindi sulle disuguaglianze di classe, etnia e genere, scavando ancora di più i divari esistenti e creandone anche nuovi. L’Africa, ad esempio, continente a minor produzione di anidride carbonica dopo l’Antartico, responsabile solo del 3% delle emissioni globali, soffre di fenomeni intensi che creano inondazioni e devastazioni e paga un prezzo altissimo al posto di altri. Un recente report avverte che nell’Africa meridionale si potrebbero avere nei prossimi anni 86 milioni di persone coinvolte in desertificazione, che vuol dire mancanza d’acqua e scarsità di cibo. Ma noi, Paesi ricchi, crediamo davvero che 86 milioni di persone rimarranno a veder morire i figli senza cercare altri luoghi e altra vita? Noi lo faremmo?

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ppure, è stata prevista da tempo la situazione che stiamo vivendo. Non ci ha sorpreso. Dal 2014 si parla addirittura di effetti quasi irreversibili nei cambiamenti climatici e di uno scenario conseguente apocalittico, fatto di danni irreparabili, di spostamenti di interi popoli e di forzati “adattamenti” della vita dei singoli individui. (Anche se io mi chiedo come sia possibile “adattarsi” alla perdita di culture, di tradizioni e di storia.) Gli sbalzi climatici, difatti, incancreniscono situazioni già gravi, utilizzate spesso come scappatoie dalla povertà. Pensiamo al fenomeno tristemente famoso delle spose bambine. Nel Bangladesh dove si sono già spostati sei milioni di persone, ci sono realtà rurali, quelle più povere e devastate dai cataclismi naturali, in cui il matrimonio delle bambine sembra essere l’unica soluzione per risolvere i problemi economici di una famiglia ed è considerato dai genitori una forma di

protezione per le proprie figlie. E anche qui i dadi ci riportano indietro e forse ci fermano per molti giri.

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crive Vanessa Nakate: “Per quanto le bambine verranno date in matrimonio dopo che le famiglie hanno perso tutto? Per quanto i bambini dovranno addormentarsi affamati per le condizioni estreme del tempo?” E mi soffermo solo un attimo su questa ultima invocazione dell’attivista africana, ricordando che abbiamo visto un bambino morire di freddo sotto i nostri occhi e non ci siamo particolarmente indignati. E siamo nel 2021. Ci pare che i tempi siano maturi e le congiunture favorevoli. Ci sono voluti anni, pensiamo noi fiduciosi, ma ora finalmente abbiamo un piano ad hoc per salvare il pianeta con iniziative certe, in particolare nell’ambito di quella che si chiama “decarbonizzazione”. Purtroppo, non è proprio così. Devono ancora mettere a punto cose, convincere nazioni… si incontrano in pochi o in tanti e parlano di strategie integrate, di transizione, di contrasto all’effetto serra…parlano, parlano e parlano. Uno Stato firma, un altro no. Uno vuole diminuire i fattori di rischio, un altro ritiene di dover diventare prima ricco e poi preoccuparsi delle conseguenze della ricchezza. Bla, bla, bla, dice la Thunberg.

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irmano trattati come quelli che finora non si sono mai tradotti in piani d’azione specifici per invertire sul serio la rotta. Da qui i guai del pianeta. E nascono paradossi: questi smottamenti climatici stanno colpendo sempre di più i paesi ricchi che, se prima erano scettici sugli effetti della causa, ora, spaventati, spingono per agire su quella causa, mentre i paesi poveri, divenuti molto poveri per colpa di quella causa, non hanno intenzione di modificarla. Un’altra fiera dell’est, un altro cane impazzito. Il fatto è che i paesi ricchi hanno, nel paniere della responsabilità ecologica, anche la paura dell’accoglienza di un numero sempre maggiore di migranti. Sanno che entro il 2050 il 70% delle coste svanirà sott’acqua creando 30 milioni di rifugiati e hanno già constatato che molte isole del Pacifico sono ormai inabitabili. Sono, dunque, preoccupati.

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ppure non convince che i Paesi abbiano compreso davvero il significato di ecosistema biologico, biosferico ed economico e quanto questo sia globale. Non lo hanno capito nemmeno durante questa pandemia, nonostante il mondo scientifico abbia spiegato bene le diverse correlazioni. La Politica segue imperterrita i suoi schemi. Qualche tentativo di allineamento alla realtà dei fatti pare adesso intravedersi, ma è ancora poca cosa. Mi sono imbattuta in un

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 testo depositato al Consiglio federale svizzero nel quale le preoccupazioni per i cambiamenti climatici esposte dagli economisti sono sui costi e sulla strategia di prevenzione dei danni, sulle conseguenze sul turismo, sull’occupazione… in definitiva, sul futuro della Svizzera. E, solo alla fine, si chiede di partecipare, in seno alla Banca mondiale, alla creazione di un fondo per il clima per supportare i paesi poveri.

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ppare evidente che l’idea del paese povero da aiutare, se da una parte è nobilissima, dall’altra rivela una frattura quasi ideologica, una spartizione delle acque tra un noi e un loro, tra la preoccupazione del Paese che si chiama fuori dal Pianeta. L’esempio usato è della Svizzera, ma vale per tutti i Paesi. Ricchi e non ricchi. L’india non reclama, forse, il diritto di sporcare come hanno fatto gli altri finora? Ma come, sostiene, ora che possiamo farlo non dobbiamo? Non bastava il cane, ora c’è anche un elefante a mordersi la coda.

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MENTRE IL MEDICO STUDIA L’AMMALATO MUORE DI RAFFAELE FLAMINIO

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”: l’iter della manovra finanziaria o Legge di Bilancio 2022, al di là del trambusto mediatico, è solo all’inizio. Le linee e i capitoli di spesa sono stati tracciati e possibilmente definiti dai numeri, ma i numeri, come siamo ormai abituati per consuetudine, sono mobili. Lo stesso ammontare della manovra, annunciato per 23 miliardi di euro, è stata poi aumentato a 30 miliardi. La mediazione tra i partiti di maggioranza, tra ripicche, prese di posizione e inciuci vari, ha portato ritocchi di ben 7 miliardi in più. Un aumento considerevole come quello apportato auspicherebbe un miglioramento della vita di tutti noi. Come dicevo, però, i lavori per l’approvazione sono lunghi è dettati dai regolamenti delle commissioni, da quelli delle due Camere, dal via libera, eventuale, della Commissione Europea. Tutte forme di garanzia imprescindibile in Democrazia. Il dubbio che mi lacera è il seguente: atteso l’importo di 30 miliardi di euro definito, che cosa ci riserveranno i numeri specificati dalle parole? Le tensioni e i distinguo nella maggioranza sono continui, come è naturale che sia in una condizione di grande coalizione. La voce della galassia di sinistra agglomerata in questo strano asteroide è flebile è indecisa, stretta tra l’esigenza di dare sussistenza

numerica alla maggioranza e la forte personalità del Presidente del consiglio incaricato, depositario di una stima e una competenza inesauribile presso gli organismi continentali e intercontinentali, legata, anche, alla imminente scadenza del mandato del Presidente della Repubblica.

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sondaggi fanno da fiocco al pacco che io temo si possa rompere lasciando i cocci nelle nostre precarie mani di cittadini, piegati su noi stessi tra l’avvilimento e la speranza. Comunque, la prima data utile è stata il 18 novembre, termine entro il quale tutte le commissioni dovevano far pervenire alla quinta commissione “Bilancio” le loro osservazioni. L’altra data è, poi, quella del 30 novembre, scadenza questa, che attende il parere della commissione europea per la verifica dell’attinenza nella nostra legge di bilancio rispetto agli impegni del Next Generation Youth. Insomma, un cammino pieno di suscettibili sorprese rispetto ad una politica nostrana incline al canto incantatore di molteplici sirene. Il Presidente del Consiglio, intanto ha chiuso i giochi in Consiglio dei ministri passando la palla al Parlamento, quindi, alla sua maggioranza. Ora i nostri eroi, intendo proprio i nostri, che cosa faranno? Quello che risalta di più in questa dolorosa genesi e che alcuni corpi

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 intermedi di rappresentanza, quali i sindacati dei lavoratori, non siano stati interpellati ne ascoltati sulle proposte che unitariamente avevano intenzione di formulare al Governo. La certezza di ciò la percepisco dall’esultanza di Bonomi e i suoi sodali. I Sindacati confederali hanno avuto il merito di sostenere efficacemente il Paese nella fase acuta della pandemia, con i protocolli sanitari e, in questa fase la capacità di elaborazione condivisa di una piattaforma che guardasse al lavoro, dopo che mille incentivi, giusti, fossero piovuti sulle imprese che dovrebbero dare lavoro, rinnovare i Contratti collettivi, salvaguardare e vigilare sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. E’ sicuro che la mia visione sia di parte ma, per esempio, le misure previste in Sanità e cioè i due miliardi annui fino al 2024 per il Fondo Sanitario Nazionale più il miliardo e ottocento milioni per i farmaci innovativi, per i vaccini e farmaci anti Covid, da dove vengono fuori, se il cuneo fiscale ed in particolare l’Irap, tassa che grava sulle imprese per il finanziamento della Pubblica Sanità, sarà diminuito di un importo quasi di due miliardi previsti per l’incremento del Fondo Sanitario? I saldi della manovra restano invariati e in ragioneria i mastri contabili funzionano come i vasi comunicanti. Assisteremo a un roboante annuncio e a un misero passa mano? La mia impressione e che ci rimettano sempre gli stessi:la Sanità Pubblica, i cittadini e gli operatori sanitari; infatti di stabilizzare i precari del comparto non se ne parla proprio, come pure per gli insegnati assunti a tempo determinato per l’emergenza che saranno prorogati fino a giugno. Mentre i capitoli per le imprese sono chiari e stabiliti: 900 milioni di euro per la Nuova Sabatini; Crediti di imposta Transizione 4.0 fino al 2025; Fondo di Garanzia Pmi, rifinanziamento con 3 miliardi di euro; sostegno all’internazionalizzazione.

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er l’irpef si prevede o meglio si ipotizza una modifica delle aliquote del terzo scaglione, che dovrà decidere il Parlamento. Le pensioni a quota 102 immagino siano un’anticamera per il ritorno alla legge “Fornero” con gli incrementi anagrafici dovuti all’allungamento dell’aspettativa di vita.

I

l rinnovo dell’Ape social allargata ad ulteriori categorie sottoposte a usura da lavoro era assolutamente pertinente. Opzione donna per quanto concerne le nostre compagne di vita e di lavoro può andar bene ma la ritengo una misura discriminatoria tenuto conto che si incentra tutto sul sistema contributivo e non tiene conto del lavoro di cura che una donna compie insieme al lavoro ordinario. Queste sono le uniche proposte che il governo ha accettato su sollecito del ministro Orlando

che segna una bandierina a favore del PD, rispetto alle proposte organiche dei sindacati. La sugar tax è stata rinviata, la plastictax è stata rinviata alla faccia del G20 e della Cop 26. Viva il ricatto occupazionale che si traveste da equilibrata transizione. Queste due tasse se applicate avrebbero potuto meglio finanziare la ricerca e la sanità. Pure di ciò ce ne faremo una ragione, ascoltando le buone ragioni di chi decide. Per le pubbliche amministrazioni ci sono aumenti dei fondi riservati ad esse; dalla mobilità, alla coesione sociale, agli asili nido, alle strutture scolastiche ma, certamente per mia incapacità, non ho rintracciato le somme stanziate. Insomma, credo si tratti del famigerato minimo sindacale. Fine del cash back e proroga, approvata anche, dal consiglio d’Europa per la fatturazione elettronica che qualche beneficio erariale ha riversato nella casse esauste dell’erario nazionale. Luci e ombre come di consueto. Le ombre nere minacciano sempre e solo chi lavora. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

C

’è così tanto mare che il Transatlantico balla e i passeggeri vanno di stomaco, sicuramente, fuori di testa. Il primo test per la manovra di bilancio dicevo, era il 18 del mese in corso e sempre per rimanere in tema acquatico, le cataratte si sono aperte. Fiumi di emendamenti e mance destinate a chi ne ha fatto richiesta sono state approntate e presentate nei volumoni delle commissioni. Intanto il mondo è andato avanti, chi ne è più consapevole è il dott. Draghi, seppur nella sua visione; gli altri, con l’acqua alla gola, puntellano le loro precarie e scandalose posizioni. Il sistema sanitario ricomincia a ballare privo, com’è, di qualsiasi mezzo legislativo ed economico. Intanto i tromboni cantano le mirabolanti gesta italiche che sono d’esempio per il mondo intero. Meno male, almeno un po’ di patema ce lo stiamo scrollando di dosso. Il Paese ha la febbre alta, la temperatura la segna la pandemia ormai alla quarta ondata, il pianto greco si solleva dai flutti di alcune categorie – le solite – mentre, invece, chi ogni sacrosanta mattina deve lavorare subordinatamente si dimena tra la spesa, la salute, le bollette, la scuola per i figli. Mi sento di ripetere sempre le stesse cose “Repetita Juvant” almeno per quelli che come noi sanno in quale campo devono stare. Si parla di elezioni, la pretattica è la Presidenza della Repubblica, la roulette russa si è messa in moto, Renzi intanto Leopolda, Salvini fa l’oca del Campidoglio, Giorgia è una donna, una madre, una cristiana, Conte va alla ricerca della contea perduta, Letta compone e scompone il suo puzzle cervellotico. Concludendo: mentre il medico studia l’ammalato muore.

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SALUTE/AMBIENTE, UNA NUOVA PROSPETTIVA: LA SANITÀ È PRONTA ALL’ULTIMA SFIDA? DI ANGELA MADDALENA

U

n ambiente sano determina fortemente il benessere degli esseri umani, sia in termini di prevenzione delle malattie sia di qualità della vita. Di frequente, però, il progresso industriale e tecnologico e le nuove abitudini di vita hanno inciso negativamente sull’habitat naturale. È quanto mai attuale il dibattito sui cambiamenti climatici, presente nell’agenda dei più grandi Paesi del mondo riunitisi in questi giorni. L’inquinamento dell’aria, l’emissione di gas serra sono tra i responsabili non solo di disastri geologici, ma anche di effetti negativi sulla salute. L’Agenzia Europea dell’Ambiente, esaminando i dati dell’anno 2019, ha dichiarato che il primato per il numero di morti per biossido di azoto (più di 10 mila e in aumento rispetto all’anno precedente) spetta all’Italia. Il Rapporto 2021 sancisce, quindi, che in Italia sono presenti i rischi più alti per l’esposizione ad agenti inquinanti, sia per numero di morti che per anni di vita persi. Ma questa importante notizia ha avuto poco risalto, forse perché offuscata dai “bla bla” del G20 e della Cop26 di Glasgow.

I L P

l rapporto strettissimo tra salute e ambiente è influenzato da fattori sociali e demografici. L’incrocio tra dati ambientali, epidemiologici, demografici e culturali può indicare alla politica le azioni da intraprendere. e condizioni economiche e strutturali, i comportamenti a rischio, gli agenti fisici sono assolutamente collegati ai problemi sanitari e di lavoro (vedi Ilva di Taranto).

roviamo a immaginare cosa comporta, dal punto di vista economico e sociale, l’aumento delle temperature: sicuramente maggiori eventi estremi, maggiore siccità al Sud e meno neve al Nord, danni a flora e fauna. Quindi meno attività turistiche, allarme coltivazioni (soprattutto

ulivo e vite), estinzione di specie animali utili (api) e crescita di specie invasive.

I

nfine, ma non ultimo, il prezzo che deve pagare il sistema sanitario per i danni alla salute, sia in termini di mortalità dei cittadini sia di costi reali per ricoveri, medicinali e prestazioni. Le principali cause di morte, ma anche di accesso ai servizi sanitari, sono le patologie riguardanti gli apparati respiratorio e cardiocircolatorio.

E

ntrambe richiedono le cure più costose per il nostro sistema: sia per gli elevati costi dei farmaci antitumorali sia per la tipologia di indagini, altamente avanzate dal punto di vista tecnologico, da effettuare. Attualmente, si assiste anche ad un considerevole aumento degli effetti ambientali sul sistema immunitario: soprattutto nei bambini, si osserva un incremento delle allergie e di problemi della pelle.

M

a l’investimento maggiore che il sistema sanitario sarà necessariamente chiamato ad affrontare, sarà il costo della reingegnerizzazione dell’intero sistema. Attualmente la nostra sanità è organizzata per discipline, osservando una rigida divisione tra aree, che raramente comunicano o interagiscono tra loro (ospedali divisi in reparti, il servizio veterinario separato dai servizi che si occupano di prevenzione, il dipartimento di sanità pubblica diviso dalla medicina del lavoro).

L

a salute non è solo assenza di malattie, ma uno stato di benessere fisico e sociale, che consente ai cittadini di realizzare i bisogni, le aspirazioni. Migliorare la qualità della vita significa prendersi carico, da parte delle istituzioni, in modo globale delle problematiche inerenti all’ambiente, il lavoro, l’ecologia, la necessità di cura.

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R M P

agionare in termini di salute, e non di sanità, significa sviluppare l’integrazione tra i diversi attori coinvolti, collaborare per raggiungere obiettivi comuni, soprattutto rafforzando i principi di solidarietà, prevenzione e integrazione. a siamo realmente pronti a raccogliere questa sfida, a rimodulare il nostro stile di vita, magari rinunciando a qualche comfort acquisito, a favore di un ritorno a un ambiente più sano?

ensiamo, ad esempio, ai vantaggi per l’ambiente se si incentivassero innovazioni tecnologiche legate alla sostenibilità, alla sicurezza e ai trasporti. Un servizio pubblico efficiente, con l’utilizzo di tram o vetture senza emissioni tossiche dallo scarico, potrebbe essere un primo passo per rendere più respirabile l’aria delle nostre città. L’utilizzo di auto elettriche o auto a idrogeno potrebbe costituire la prospettiva futura. Allo stato, le batterie agli ioni di litio delle auto elettriche sono difficili da riciclare e smaltire. Le auto a idrogeno, pur non avendo il problema della fine del ciclo di vita della batteria, hanno il problema della produzione dell’idrogeno. Pertanto, è allo studio il miglioramento del processo di ottenimento dell’idrogeno, che oggi richiede grande consumo di energia. Un esempio brillante di progettazione, con una prospettiva sul lungo periodo e sulla gestione efficace degli impatti sull’ambiente, è quello della costruzione dello stadio Johan Cruiyff ArenA di Amesterdam. A livello tecnologico, quello che balza subito all’occhio è l’attenzione alla sostenibilità ecologica, dal momento che per garantire energia elettrica all’impianto si utilizza un sistema di batterie sia nuove che rigenerate di veicoli full electric. Questo sistema riutilizza le batterie fornite dal partner Nissan, contribuendo così all'economia circolare per le batterie delle auto elettriche. Ma, cosa ancora più importante, fornisce un ecosistema energetico più efficiente e sostenibile per lo stadio, riducendo l'uso di generatori a combustibile fossile. L’investimento nell’impianto è destinato a ripagarsi nel giro di pochi anni dato che il sistema consente di accumulare energia per tre megawatt e, complessivamente, offre una fonte energetica efficiente e più affidabile anche per l’area circostante e per la rete energetica olandese. Per fare ciò, Amsterdam ArenA ha creato una propria società energetica, la Amsterdam Energy ArenA bv, che si occupa di produrre, immagazzinare, distribuire e vendere l’energia.

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uanto descritto rappresenta un efficace esempio di attenzione verso l’ambiente. Questa “buona pratica” ci indica la strada da seguire: riconvertire, riprogettare le attività, avere una visione di insieme in cui ogni soggetto coinvolto deve fare la sua parte. Naturalmente alla base c’è una visione alternativa del ruolo dell’architettura: progettare edifici ecosostenibili non significa solo riduzione dei consumi e risparmio energetico. Oggi più che mai c’è la tendenza a costruire nuovi edifici, nuovi ospedali, nuove scuole. Ma l’edilizia che tende alla salvaguardia dell’ambiente è quella che progetta il riuso degli spazi, che opera una scelta accurata dei materiali, che coinvolge un insieme di agenti e di fattori, proprio come è avvenuto in Olanda.

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erto, oggi c’è più attenzione, rispetto al passato, verso le problematiche ambientali, ma purtroppo alle parole spesso non seguono fatti concreti. Non è possibile ritenere di aver conseguito un risultato soddisfacente, quando invece di pretendere la riduzione delle emissioni si consente a Cina e India di rimandare ulteriormente la data. Ciò dimostra che purtroppo siamo ancora incapaci di ragionare con prospettive a lungo termine, senza una visione di insieme, senza far prevalere ragioni opportunistiche di settori economici.

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hiediamoci tutti: “Che mondo vogliamo lasciare alle prossime generazioni?”


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ALCUNE TAPPE PER LA FORMAZIONE DI UNA COSCIENZA AMBIENTALISTA DI GIOVAN GIUSEPPE MENNELLA

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el 1902 il Presidente statunitense Theodor Roosevelt rifiutò di uccidere un orso nero durante una battuta di caccia organizzata espressamente per lui. I suoi compagni di caccia, convinti che il Presidente non avesse avuto molta fortuna venatoria e desiderasse comunque abbattere un animale, lanciarono i cani per immobilizzare sotto tiro un orso nero che passava nelle vicinanze. Dopo la violenta lotta tra i segugi e l’animale selvatico, durante la quale rimase ucciso uno dei cani, i cacciatori immobilizzarono l’orso, lo legarono a un albero e invitarono il Presidente a ucciderlo sparandogli a sangue freddo. Roosevelt, che era un convinto conservazionista della natura e degli animali, sia pure nell’ambito della caccia e delle sue precise regole, si rifiutò di uccidere l’animale ormai indifeso, manifestando anzi tutta la sua indignazione per la proposta dei cacciatori, rilevando anzi che l’orso era un esemplare splendido e coraggioso che si era battuto come un leone a viso aperto e non meritava assolutamente una fine così ingiusta.

L

’azione del Presidente fu commemorata con un fumetto che divenne ben presto un simbolo per molti sportivi e amanti della natura. Fu coniata un’effige, un orsetto simpatico, chiamato

Teddy Bear, che divenne da allora anche un simbolo dell’amore per gli animali, per la natura e per il rispetto dell’ambiente, una vera e propria icona del movimento ambientalista statunitense, che iniziò a battersi per la conservazione della Natura. Si era già iniziato con l’istituzione dei Parchi Nazionali, il primo dei quali era stato, addirittura nel 1872, quello di Yellostowne nello Stato del Wyoming. Così, nel 1916 il Presidente Woodrow Wison, sull’esempio ambientalista fornito dall’episodio di Teddy Wilson e l’orso, creò il National Park Service NPS, con il compito di conservare i più importanti siti naturali e lasciarli intatti alle future generazioni. Ne furono costituiti moltissimi, caratterizzando il territorio come altamente naturalistico, l’ultimo in ordine di tempo nel 2004, il Great Sand Dunes National Park, a cento anni o quasi dall’episodio che coinvolse Teddy Roosevelt e l’orso nero, Teddy Bear. Nel 2016, anno centenario dell’istituzione del National Park Service, è stato adottato un programma federale per proteggere altri siti naturali che rappresentino il singolare patrimonio naturale culturale degli USA, visto che anche nell’immenso paese oltreoceano incombe la minaccia delle speculazioni economiche sul territorio e dell’enorme e quasi insostenibile afflusso di visitatori. Infatti, negli Stati Uniti, come

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 in altri Paesi, gli ambientalisti ritengono ormai indispensabile introdurre il numero chiuso dei visitatori.

A

nche in Italia, forse sotto l’influsso dell’istituzione del National Park Service un uomo illuminato diede impulso, insieme ai suoi amici, alla creazione del primo Parco nazionale naturale italiano. Infatti, Benedetto Croce, perché di lui si tratta, originario di Pescasseroli, stimolò insieme al cugino Erminio Sipari e ad altri intellettuali abruzzesi le autorità locali e nazionali a preservare e valorizzare la ricchezza biologica e naturalistica delle montagne abruzzesi che coronano Pescasseroli. Attraverso un’iniziativa privata fu fondata la società Pro montibus e così si diede principio a quella che sarebbe diventata la prima riserva naturale italiana, istituita con legge n.778 dell’11 giugno 1922 predisposta dallo stesso Benedetto Croce in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione, inaugurata di fatto il 9 settembre 1922 e formalizzata definitivamente con Regio Decreto dell’11 gennaio 1923. Comprendeva territori naturalistici nelle regioni Abruzzo e Lazio, nelle province di L’Aquila, Isernia e Frosinone. L’anno venturo ricorrerà quindi il primo centenario della sua istituzione e il Parco ancora oggi è una località turistica di notevole importanza naturalistica per la presenza di endemismi, alte cime rocciose, vegetazione rigogliosa e cascate di acqua, oltre ad animali e piante di ogni tipo.

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nche in Italia, come negli Stati Uniti e in molti altri Stati, dopo l’istituzione del primo Parco naturalistico altri ne seguirono, sempre nel tentativo di preservare la natura dallo sfrenato avanzare dello sfruttamento industriale e commerciale dei luoghi di interesse paesaggistico.

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ella legge istitutiva del Parco, Benedetto Croce fissò il principio per cui le “cose” immobili (terminologia ancora attualmente presente nel codice dei beni culturali), sia quelle legate alla storia e alla letteratura, sia i paesaggi che costituiscono bellezze naturali, non possano essere deturpati. Fu così introdotta per tali beni, demaniali o privati, la dichiarazione ministeriale di interesse pubblico. La legge fornì anche le premesse giuridiche per la successiva istituzione dei Parchi nazionali. Proprio nello stesso periodo Croce, su istigazione del cugino Sipari, produsse per i tipi editoriali di Laterza, uscita nel febbraio 1922, una storia di Pescasseroli, in cui erano spiegati gli atti preparatori del costituendo Parco d’Abruzzo, accostando il paesaggio allora non ancora protetto a vere e proprie opere d’arte tutelate

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dalla legge, unendo una visione di sensibilità paesaggistica a un contenuto normativo moderno. Così, l’Italia si proiettò all’avanguardia in Europa in tema di tutela del paesaggio. Tutto questo è stato recentemente ricordato dal discendente del filosofo Lorenzo Arnone Sipari durante la presentazione dell’imminente celebrazione dei cento anni dall’istituzione del Parco.

I

l WWF Internazionale fu a sua volta fondato nel 1961 come World Wildlife Fund, letteralmente “Fondo Mondiale per la vita selvatica” su iniziativa di Julian Huxley, fratello del romanziere Aldous Huxley, autore, tra gli altri libri, di Brave new world, Il Mondo Nuovo, romanzo distopico di un mondo futuro in cui tutto è controllato da una strana dittatura pseudo-scientista. Piace pensare che magari il fratello, nel fondare il WWF, abbia preso spunto dalle paure per la sorte del mondo, degli esseri viventi e della natura in genere suscitate da quel libro visionario. Come forma giuridica il WWF è una associazione, un trust, per scopi di beneficenza e il simbolo è il famoso panda gigante, scelto come emblema del rischio di estinzione che corrono esseri viventi e piante.

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osì, tre delle più importanti istituzioni per la preservazione dell’ambiente presero spunto da iniziative di personaggi della politica o della cultura, o da intellettuali prestati alla politica, a partire dall’alba del XX secolo, periodo in cui la natura iniziava a essere messa in pericolo dallo sfrenato avanzare dello sfruttamento industriale e commerciale delle sue risorse che negli ultimi decenni ha assunto un ritmo poco meno che indiavolato. Si può ben dire, integrando quello che ha scritto il filosofo ed economista Ralf Dahrendorf nel suo saggio intitolato Quadrare il cerchio che nei periodi di grande sviluppo economico rischiano di essere compressi, oltre alla libertà politica e alla coesione sociale, anche le risorse naturali ambientali grazie alle quali, e solo grazie alle quali, può continuare a sopravvivere il genere umano, il quale, dal canto suo, sembra che attualmente stia continuando a segare allegramente il ramo su cui è appollaiato.


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LA GUARIGIONE DEL GUERRIERO DI CHIARA TORTORELLI

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l mondo è malato perché guardiamo dalla parte sbagliata.

Il mondo è malato perché cerchiamo le chiavi e le risposte dove non ci sono. Il mondo è malato perché anziché guardare dentro di noi, guardiamo fuori e contro quel fuori lottiamo, ci accaniamo, pretendiamo di cambiarlo, e abbiamo dimenticato completamente l’antico legame che univa il mondo interiore e il mondo esteriore, abbiamo dimenticato che c’è stato dato un potere, il potere della visione, e che siamo creatori unici di ciò che vediamo.

I

mmaginate che in un tempo molto lontano l’uomo possedeva questa conoscenza. Sapeva che ciò che vedeva nel mondo era un riflesso del suo sentire.

Immaginiamo ora che il mondo esterno sia una tela vuota, e noi siamo i pennelli che coloriamo la tela. La coloriamo con le nostre emozioni, con il nostro vissuto, con le cose che abbiamo appreso. Quei pennelli si chiamano karma, e rappresentano la nostra personalissima impronta sul mondo, ma rappresentano anche un antico legame imprescindibile, la conoscenza che ciò che c’è fuori non ha quasi niente di oggettivo, è personalizzato dall’inizio, possiede la nostra cifra stilistica, è la nostra chiave di lettura con cui decodifichiamo il mistero del vivere.

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iceva Carlos Castaneda che la realtà così com’è noi non la vediamo, non possiamo vederla, vediamo la “visione” del mondo, che appunto perché è visione, è già “interpretazione”. Questa visione che poi diventa “condivisa” da tutti, attraverso un codice stabilito dai sistemi sociali, stabilisce un agglomerato attorno a cui ci stringiamo tutti per sopravvivere in qualche modo all’ignoto del vivere. Questo agglomerato Castaneda lo chiamava “punto di unione” ma sosteneva che il grande compito dello stregone, cioè di colui che è sul cammino dell’auto consapevolezza è quello di “spostare” il punto di unione, cambiare prospettiva cioè, proprio per poter intravedere la realtà “così com’è”.

C

ome si cambia il punto di unione?

Con esercizi di “smantellamento” vero e proprio del codice linguistico e sociale stabilito, tendendo “agguati” a ciò che crediamo di essere, a ciò che crediamo di pensare, e alle nostre impalcature del vivere, e attraverso l’arte del sognare, cioè quell’arte insita in ognuno di rappresentare e di creare il nuovo.

N

ella tradizione sufi per simboleggiare la nostra comune abitudine di cercare risposte lì dove non le troveremo mai, si racconta la storia del mullah Nasruddin che una sera fu trovato mentre camminava carponi sotto un lampione. “Cosa cerchi Mullah?” gli fu chiesto. E lui rispose: “Ho perduto le chiavi di casa…” Tutti si industriarono ad aiutarlo e tutti si misero a cercare le benedette chiavi sotto il lampione. A un tratto dopo un lungo e infruttuoso cercare, qualcuno chiese a Nasruddin: “Mullah ma precisamente dove hai perduto le chiavi?” “A casa”, rispose Nasruddin.

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e solo arrivasse come nella sedicesima carta dei Tarocchi, la Torre di pietra, appunto, un fulmine dal cielo, il fulmine dello spirito che libera l’anima e che fa cadere a pezzi la prigione asfittica e senza luce… Se solo potesse essere liberato il nostro bambino interiore capace di creare e di essere innocente… Capace di librarsi e di volare tra le macerie dell’ego che fa sempre gli stessi discorsi, che litiga con tutti e che non conosce le gioie dell’amore…

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e solo potessimo vivere come il Matto, il ventiduesimo Arcano dei Tarocchi che cammina sul ciglio senza averne paura perché ha fiducia nella vita e sa che non esiste il domani, ma solo l’attimo presente… Scriveva un grande poeta e profeta dei nostri tempi, Pier Paolo Pasolini in una bellissima e immaginaria lettera a Dio, “Preghiera su commissione”

“…l’idea del Potere non ci sarebbe se non ci fosse l’idea del domani; non solo, ma senza il domani, la coscienza non avrebbe giustificazioni. Caro Dio facci vivere come gli uccelli del cielo e i gigli dei campi.”

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li uccelli del cielo e i gigli dei campi.

Se vivessimo nella naturalità delle cose, senza l’idea del Potere che poi è la costruzione dell’ego, saremmo più liberi e felici. Ma ci vuole fiducia, ci vuole resa incondizionata alla bontà del vivere.

Silenzio stupito di tutti. Finché un altro ebbe il coraggio di dire: “E allora perché le stiamo cercando qui fuori!?!” E Nasruddin impassibile si voltò e meravigliato rispose: “Ma è ovvio! Perché qui c’è più luce!”

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Così viviamo prigionieri della Torre di Babele, vittime delle parole di cui non ci prendiamo alcuna responsabilità, blindati nell’oscurità della nostra mente che è abilissima nell’erigere menzogne e grattacieli, dietro le sbarre di una prigione di pietra, in compagnia del nostro ego solidificato che cerca solo di non essere messo in discussione e di avere sempre ragione.

iamo soliti creare impalcature solide e trame coerenti dove c’è più luce, dove è più facile indagare, addossando ad altri colpe e responsabilità, litigando con partner, amici, genitori e figli, giustificandoci continuamente e perpetrando alibi, inganni e costrutti malati.

Ci vuole un altro paradigma a partire da noi, a partire da questa piccola cellula vivente chiamata uomo, che grazie al suo potere d’Amore può cambiare il mondo intero. Mi piace concludere con un ultimo pensiero castanediano. Don Juan Matus, lo stregone sciamano da cui andò a scuola Carlos Castaneda era solito dire che lo stregone dopo anni di apprendistato, alla fine del suo cammino, diventava completamente libero.

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 Lo riconoscevi perché non intratteneva più relazioni speciali con qualcuno in particolare, restava nel mondo con un solo scopo: amare senza sosta la bellezza. Il guerriero che aveva compreso la vita poteva guardare finalmente in ogni sfumatura le foglie e il cielo, assaporare il vento, e commuoversi fino al midollo. Amava struggentemente la vita, solo quella, e così diventava pronto a salutarla. Sapeva che a un tratto bisognava tagliare i ponti con tutto e lui, in vita, si preparava a morire. E preparandosi coscientemente a morire comprendeva la poesia e l’eroismo degli uomini.

“La cima di questa collina, così com’è adesso, sarà il luogo della tua ultima danza… Danzerai qui per la tua morte, sulla cima di questa collina, alla fine del giorno. E nella tua ultima danza racconterai la tua lotta, le battaglie che hai vinto e quelle che hai perso; racconterai la gioia e lo smarrimento provati nell’incontrare il potere personale. La tua danza racconterà i segreti e le meraviglie che hai accumulato. E la tua morte starà seduta a guardarti. Il sole morente splenderà su di te senza bruciarti… Il vento sarà dolce e molle e la cima della collina tremerà. Alla fine della danza guarderai il sole, perché non lo rivedrai mai più né da sveglio né sognando, e allora la morte farà un cenno verso sud. Verso l’immensità.” (C. Castaneda, Viaggio a Ixtlan)

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L’EFFETTO FARFALLA DI ANTONIA SCIVITTARO

In matematica e fisica l’effetto farfalla è una locuzione che racchiude in sé la nozione maggiormente tecnica di dipendenza sensibile alle condizioni iniziali presente nella teoria del caos. L’idea è che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. (Wikipedia)

catastrofe, percepisco il cambiamento climatico nella mia quotidianità: ci penso quando stando alla finestra vedo gli alberi piegati dal poderoso soffiare del vento; ci penso quando in estate per mesi non cade neppure una singola goccia di pioggia, e ci penso quando in inverno le giornate sono sempre più calde di quelle dell’anno precedente.

mbiente… Ne abbiamo sentito parlare tanto negli ultimi anni… alla tv, sui social e persino nelle scuole. Ed io ascoltando gli scienziati alla Tv, leggendo un grande numero di articoli, mi sono chiesta, come molti altri ragazzi della mia età e non, se questo mondo sia veramente malato e, se non agiamo, potremmo veramente estinguerci?

ebbene questi non siano segnali che sconvolgono la vita, io li osservo, me ne preoccupo e temo per il mio futuro e quello di tutti i ragazzi come me, che erediteranno questo mondo.

A

Queste sono domande lecite da porsi, ma quanto lontane da ciò che io vedo guardandomi intorno nella mia tranquilla routine quotidiana?

I

o nella mia città non vedo i terribili uragani che imperversano sulle coste dei paesi caraibici, non sperimento sulla mia pelle le siccità e le alluvioni che attualmente stanno colpendo molti paesi dell’Asia e dell’Africa; così come non ho mai dovuto essere salvata da un elicottero perché della mia casa non rimaneva che un cumulo di macerie. Ma nonostante io non abbia (fortunatamente, sic!) mai testimoniato personalmente a nessuna

S

Penso sempre più di frequente ai segnali piccoli e grandi, che la natura attaccata e stravolta dalle azioni dell’uomo manda, e so che la presa in carico di questi costanti “avvisi” deve diventare la nostra priorità. Non è più il tempo di parlare e discutere: il problema è chiaro, palese; e per quanto possa essere difficile trovare delle soluzioni dobbiamo quantomeno tentare, come individui e come collettività al livello internazionale. Io non voglio vivere con la consapevolezza che il mio futuro e quello dei miei figli sia stato sacrificato in nome di una prospettiva come quella del profitto ad ogni costo…

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 Io voglio agire, fremo dalla voglia di fare qualcosa: manifestare il mio dissenso, dimostrare quanto tutto questo sia ingiusto. Ma so che per fare davvero la differenza si deve avere un piano ben strutturato, studiare, e avere una seria consapevolezza del mondo che si ha e di quello che intendiamo costruire…

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o sono impaziente perché vedo, con i miei occhi, e attraverso quelli dei miei coetanei, un mondo che si sta sgretolando sotto la bramosia di ricchezza e potere, e ho paura che la possibilità di agire mi stia sfuggendo dalle mani con il passare dei giorni. Giorni in cui non accade nulla, giorni in cui dai media ascolto solo parole vuote, che promettono azioni per poi scoprire che non esiste una reale volontà di rendere concrete le promesse….

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uesto mi preoccupa, perché so che le generazioni future si volgeranno verso di noi chiedendoci cosa abbiamo fatto per impedire lo sfacelo. Se quel momento arriverà, io voglio che di me si possa dire che ero “dal lato giusto, a fare la mia parte” ** Ho molto discusso di questo argomento con i miei compagni e amici e sono stata felice di riscontrare tanto interesse e preoccupazione per questo problema, anche se con un velo di tristezza e rassegnazione.

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o quindi deciso di “intervistare” due amiche, Francesca e Flavia, e in quello che mi hanno raccontato si cela sì, la speranza per un futuro migliore, contornata però da una dolorosa consapevolezza: che “stiamo distruggendo l’unica “casa” che abbiamo. Francesca mi ha confidato che spesso riflette sulla frase che si legge su tanti striscioni delle manifestazioni ambientaliste: “non c’è un pianeta B”, e non riesce a capacitarsi che, le persone che OGGI hanno il potere di agire per invertire la folle corsa all’inquinamento globale non sentano la responsabilità delle loro azioni. La sua paura è che quando toccherà a noi agire in maniera più incisiva, non ci sarà più niente da fare…ma ripone molta fiducia nel fatto che l’uomo non si estinguerà e, in qualche modo troverà delle soluzioni.

di riconciliarsi… con il pianeta non possiamo permetterci di persistere nell’errore, ciò che è fatto non si può disfare, perciò dobbiamo renderci conto delle conseguenze che avranno le nostre azioni”

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o condivido le loro emozioni… a volte ho paura, altre volte vorrei solo che il problema si risolvesse da solo; altre volte ancora sono arrabbiata perché mi sento impotente e piccola di fronte all’enormità e gravità del problema.

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uando mi sorprendo a pensare questo però, cerco subito di ricordarmi che questo è l’atteggiamento peggiore da adottare e cerco di tenere a mente che fu il giovane Davide a sconfiggere il gigante Golia.

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a nostra realtà quotidiana è piena di contraddizioni, anche nelle piccole cose ed è proprio per questo che devo impegnarmi a non lasciarmi abbattere e a non cedere all’ autocommiserazione. allora penso a quando ho letto nel libro “Il terzo spazio” di L. Marsili e Y. Varoufakis*: le criticità di un “sistema” (qualunque esso sia) ci dicono quali errori sono stati commessi ma ci danno anche la grande possibilità di CAMBIARE. E allora credo sia arrivato il momento di rimboccarsi le maniche.

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lavia invece puntualizza che dobbiamo agire ora perché non riavremo mai più la terra indietro e se non agiamo immediatamente sarà troppo tardi… E poi fa un esempio: “quando capita di fare del male ad una persona più volte, di certo questa persona non vorrebbe più avere a che fare con noi. Ma, una volta capito il nostro errore ci sarebbe la possibilità di riparare al torto e sperare

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*L. Marisili, Y. Varufakis “Il terzo spazio”, ed. Laterza, 2022


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TEMPI MODERNI DI ANTONELLA BUCCINI

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el secolo scorso, nella mia scuola media, la preside spesso accoglieva all’ingresso gli alunni del turno pomeridiano diffusamente praticato negli istituti pubblici per la scarsità di aule e la vigorosa natalità dell’epoca. Fu in uno di quei pomeriggi, già difficili per lezioni post prandiali, che la preside bloccò, prima con lo sguardo e poi con un segno netto dell’indice, la mia compagna di banco mentre si avviava a salire le scale che ci portavano in aula. “Le ragazzine perbene non si vestono in questo modo” le disse la preside con lo sguardo che dalle caviglie risaliva allarmato fino ai capelli legati in una salvifica coda di cavallo. La mia compagna di banco era una ragazzina molto carina, sveglia e anche studiosa. Quel giorno aveva un delizioso cappottino a quadri bianco e marrone che arrivava, a occhio, a circa dieci centimetri dal ginocchio. La mia amica, dunque, non si perse d’animo e rispose rapida “la morale non si misura dalla lunghezza delle gonne”. Zac! Fulminante! Come dimenticarla!

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a allora la elessi amica del cuore e mito assoluto, ma questa è un’altra storia. Dunque, niente male per una tredicenne! Forse la madre, nelle istruzioni per l’uso dell’incipiente femminilità, le aveva chiarito alcuni orpelli che l’avrebbero accompagnata nella vita o più probabilmente aveva ascoltato qualche conversazione sui principi morali che dovevano ispirare le giovinette del tempo e lei aveva agguantato il concetto con spiccata perspicacia. Ad ogni modo questa storiella mi è tornata in mente qualche giorno fa quando ho letto dell’insegnante di educazione fisica di Venezia. L’insegnante in questione ha infatti vietato alle ragazze di indossare il top durante l’ora di ginnastica per non distrarre i compagni maschi (!). L’ha sostenuto con convinzione minacciando note conseguenziali a chi avrebbe trasgredito. Di bene in meglio ho pensato. Ai miei tempi e a quelli della mia compagna di banco la censura seguiva le infinite vie della morale. Occorreva salvaguardare la reputazione e in sostanza la verginità, tesoro

prezioso fornito chiavi in mano generalmente al papà delle neonate. Giocatelo bene, sembrava suggerire chiunque fosse il concessionario. Dunque tutti custodi attenti, compresi presidi, vicepresidi, insegnanti e anche bidelli. Gonne nei limiti, se no cosa si penserà di te? Che già sei una ragazzina leggera anzi facile, come si diceva ai tempi. E anche se non è vero ma diventa opinione comune sei spacciata! Nessun uomo vorrà sposarti. ORRORE!

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limiti (degli abiti, gonne comprese) poi potevano variare a seconda della lungimiranza genitoriale ma comunque non dovevano avanzare tanto da lasciare intuire tutto il resto…. Mary Quant era già tra noi, vivaddio, ma anche questa è un’altra storia. L’insegnante veneziana invece aggiusta il tiro. La verginità non tira più (ah ah ah!). I tempi sono cambiati. Anche la morale è concetto incomprensibile. C’è ben altro di cui preoccuparsi. Sostanzialmente di non attirare “l’attenzione” e quindi “distrarre” i maschi che si sa, se qualcuna ci si mette, non resistono, si deconcentrano in un batter di ciglio! La “distrazione”, poi, nelle cronache, ahimè, transita dall’apprezzamento (e se non ti sta bene sei una acida, sola e che non scopa mai) fino ad approdare allo stupro modello te la sei cercata. La soluzione quindi è lì, a portata di mano, vietati abiti e accessori “maliziosi”. Complimenti! E per affinità di vedute approvano plaudenti anche i fratelli talebani.

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DIVENTARE CESARINE, CUOCHE DELLA TRADIZIONE DI VERONICA D’ANGELO

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ell’ultimo decennio è diventato di gran moda anche in Italia l’home restaurant, ovvero il ristorante che si svolge in casa, dove un privato, indossato il cappello da chef, accoglie gli ospiti nella propria dimora e cucina per loro. Se però il pranzo o la cena è a base di piatti tipici italiani, preparato da una cuoca che utilizza le ricette antiche della nonna, allora con ogni probabilità si è a casa di una Cesarina.

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e Cesarine sono una associazione di cuoche amatoriali d’Italia, nata nel 2004 a Bologna con l’idea di preservare e tramandare la cucina tradizionale regionale, tanto da ricevere il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole e della Regione Emilia-Romagna.

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ol tempo, l’associazione si è ingrandita, fino ad annoverare circa 1500 appassionate di cucina in ogni parte d’Italia, pronte ad aprire

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 le porte di casa, mettersi ai fornelli e condividere la tavola con ospiti, in genere viaggiatori, che desiderano provare piatti tradizionali in un ambiente intimo e familiare.

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asta fresca, sughi preparati come una volta, ricette tipiche regionali. Per assaggiare i piatti di una Cesarina basta consultare la piattaforma dedicata (cesarine.com), dove tutte le esperienze si possono selezionare per data, città di svolgimento e numero di ospiti. I pranzi e le cene si svolgono secondo un format unico: si può scegliere tra un menù a due o a quattro portate, a prezzo fisso, da gustare chiacchierando con i padroni di casa.

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ppure si può scegliere un corso di cucina, una degustazione di vini o una visita a un mercato locale, in cerca di prodotti tipici.

on posso fare a meno di sbirciare le portate di alcuni menù, con la voglia di scoprire quali delizie offrono queste cuoche amatoriali. Si spazia dai “ciceri e tria” (pasta e ceci) a Lecce, ai pici all’aglione a Montepulciano in Toscana; si può optare per una cena sui tetti di Venezia, dove gustare le celebri sarde in saor, o un pranzo in una splendida villa in stile liberty a Catania, dove mangiare il macco (una crema densa) di fave e finocchietto o i dolci di marzapane; si possono provare i ravioli capresi (con pomodoro e mozzarella) in una villa di Capri e a Cagliari la "fregula sarda", piccole chicche di pasta di semola condite con cozze e vongole. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

a come si diventa Cesarina? Bisogna compilare un modulo online disponibile sulla loro piattaforma, in cui si racconta qualcosa di sé e di cosa si ama cucinare, dimostrare di conoscere la cucina o i vini del territorio, saper descrivere il menù da proporre, e magari avere ricette di famiglia da condividere. Si fa un colloquio telefonico e si viene “certificati” dopo una verifica sul campo, soprattutto per quanto riguarda il luogo dove si accoglieranno gli ospiti.

uesta attività ha un duplice vantaggio, che ne ha decretato il successo: se da un lato contribuisce a tutelare e promuovere il patrimonio enogastronomico italiano, dall’altro favorisce la piccola imprenditoria, soprattutto femminile, grazie all’appeal che ha sempre avuto l’Italia come patria del buon cibo e dell’ospitalità. Piatti ricchi della tradizione, eccellenti vini e una accoglienza calorosa, infatti, sono tra i motivi principali per i quali folle di turisti accorrono ogni anno nel nostro Paese, alla ricerca di esperienze gastronomiche autentiche e genuine.

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iù ci penso e più mi sembra bellissimo fare l’ambasciatore della cucina italiana nel mondo, restando comodamente nella cucina di casa propria. Raccontare l’origine di un piatto, un aneddoto, il tocco segreto della nonna. Magari, per me che sono campana, davanti a un bel piatto di parmigiana di melanzane.

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se si vuole una immersione totale nella cucina regionale italiana, si può optare per i corsi di cucina, con assaggio finale del piatto preparato. A Murano, ad esempio, la Cesarina Alessandra insegna a cucinare una antica ricetta di famiglia, il risotto ai durelli di pollo, da assaporare in un giardino con affaccio diretto sulla laguna. Se un giorno andassi a Lucca, invece, mi piacerebbe cimentarmi nella preparazione degli gnudi toscani, ovvero l’interno dei ravioli ricotta e spinaci “denudati” dalla pasta, preparati in un sottotetto, con vista sulla città, da una giovane coppia accomunata dalla passione per la cucina.

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e Cesarine, infatti, non sono solo casalinghe di una certa età, come si sarebbe portati a pensare, ma anche uomini, coppie e giovani appassionati di cucina, spesso animati semplicemente dal piacere di condividere buon cibo e ospitalità. O in altri casi, dalla voglia di fare della passione per il cibo un vero e proprio lavoro.

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LA VISITA A UN MUSEO PER SCOPRIRE “LA CURA”? DI ANITA NAPOLITANO

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l mondo è malato…e quindi bisogna capire di quale malattia si tratti?

icuramente non è facile fare diagnosi del male sociale o individuale, si rimanda dunque agli esperti del campo per trovare la cura appropriata e la giusta medicina. Intanto, però, si può curiosare sul come in passato venivano preparate le medicine, le cure per le malattie che nel tempo si sono susseguite e di come le farmacie siano cambiate nel corso dei secoli. Potremmo iniziare visitando in 3D la farmacia di Santa Maria della Scala a Roma, la Spezieria, il nome con cui anticamente si usava identificare le odierne farmacie. Si tratta di un museo unico nel suo genere per arredi, oggetti custoditi, antiche ricette, strumenti e sostanze utilizzate per la realizzazione di pozioni come la teriaca, considerata nell’antichità un antidoto contro numerosi disturbi e malattie, e poi una speciale acqua preparata da Fra’ Basilio nel Settecento, il tutto, ancora oggi custodito in ampolle e anfore.

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a Spezieria di Santa Maria della Scala, detta anche la “Farmacia dei Papi” perché in passato al suo interno venivano preparati rimedi per curare i pontefici fu fondata nella seconda metà del Seicento dai Frati Carmelitani Scalzi a Trastevere; si trovava al secondo piano dell’omonimo convento a fianco alla chiesa e inizialmente i fruitori esclusivi erano i frati dell’ordine, poi fu aperta al pubblico.

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visitato su appuntamento e in occasione di visite guidate, ma da oggi può raggiungere un pubblico più vasto grazie alla ricostruzione in 3D, e al lavoro svolto dai ricercatori di ENEA, Università Ca’ Foscari di Venezia, laboratorio Hercules dell’Università di Evora in Portogallo, della Escola d’art i superior de Disseney di Valencia e dell’Università di Valencia.

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unque un patrimonio tutto da scoprire, adesso ancora più accessibile grazie alla realtà virtuale, infatti per mesi i ricercatori si sono serviti di laser, fotogrammetria per rilievi non distruttivi, svolgendo analisi fisiche, chimiche e storiche per caratterizzare i farmaci, valutarne lo stato di conservazione, pianificando piani di recupero; un lavoro che ha portato a indagare nel passato della Spezieria e, soprattutto, su uno dei suoi aspetti più affascinanti: i veleni e le pozioni create dai frati, infatti, sono stati analizzati dai ricercatori del Laboratorio Hercules. Sono stati esaminati cento campioni dalla vetrina dei veleni della Spezieria, per capire se il contenuto di queste boccette corrispondesse a quanto scritto sulle etichette e se fossero avvenute alterazioni nel corso del tempo che potessero aver portato una minor capacità del trattamento o un aumento della tossicità di queste sostanze. Per scoprirne la risposta basta effettuare una visita in 3D

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isitare un museo può essere un rimedio per arricchire le nostre conoscenze, per sentirci ancora vivi nella scoperta di mondi possibili per spiriti curiosi.

Carmelitani scalzi hanno continuato studi e ricerche fino al 1954, preparando farmaci galenici utilizzando erbe e spezie che coltivavano nei giardini del convento; successivamente la farmacia fu dislocata al piano terra del monastero, dove ancora oggi è in attività, mentre l’antica Spezieria è diventata un museo che può essere

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Buona Visita!


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LA MIA VITA È FANTASTICA DI LUCIA COLARIETI

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l bicchiere appannato dal freddo campeggia in primo piano con la fetta d’arancia poggiata sul bordo, il liquido rosso brilla allegro e svela due sorrisi larghi, accostati nei volti ben truccati, sullo sfondo sfuma un azzurro mare e si intravedono tavolini, sedie, altri bicchieri, altri visi.

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iziana guarda felice la sfilza di faccine e cuoricini che sfilano sul suo post, sotto la foto si legge: “Amiche per sempre”. Qualche giorno prima ha incontrato la sua amica Daniela dopo quindici anni, un aperitivo era stata l’occasione per suggellare il momento.

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l resto delle notifiche le guarderà dopo, è ora di uscire per andare al lavoro. La pila di piatti della sera prima è ancora sul piano della cucina, in genere il martedì sera i due figli di suo marito vanno a cena a casa loro. La pizza di scarole era venuta proprio bene, le aveva fatto una foto che pubblicherà al più presto. Chiude la porta piano per non svegliare nessuno e cala il silenzio e il buio sulla cucina in disordine.

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urante la breve passeggiata fino al negozio dove lavora come commessa Tiziana si specchia nelle vetrine, la sua figura è ancora piacente anche se ormai ne ha compiuti cinquanta, piccolina e ben proporzionata ci tiene ad essere

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L’UNITA’ LABURISTA - 45 impeccabile, nei capelli, nel trucco, negli abiti. Con la paga che riceve non può permettersi grandi lussi ma è molto brava ad arrangiarsi.

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rima di varcare la soglia del negozio, dove la titolare già la attende arcigna, dà un ultimo sguardo allo smartphone. Il post di un’amica chiede congratulazioni e complimenti per il nuovo incarico in una scuola statale, anche lei aggiunge i coriandoli e gli applausi di rito, poi si mette in posa davanti all’insegna di “Benessere&Salute” con un sorriso tirato, “orgogliosa di contribuire al successo di un marchio” scrive e, dopo un attimo, aggiunge: “Siamo una squadra”. Poi entra, indossa il camice e si dirige nel seminterrato della farmasanitaria a sistemare scatole, bottiglie, pacchi.

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a giornata di lavoro è lunga nel buio dei locali magazzino, appena riesce sbircia sulla bacheca dei social e lo sguardo si apre su panorami, aperitivi, abbracci, sorrisi, bambini e giochi, lauree e compleanni, riunioni di famiglia e passatempi che le donano emozione. Inevitabile come sempre il richiamo della titolare la distoglie dal breve momento di pausa, la voce fintamente gentile, acuta e stridula la richiama al piano di sopra dove un cliente cerca un prodotto che si trova allo scaffale più alto. Arriva inevitabile anche il rimprovero, qualunque sia stata la lamentela del cliente. Oltre a prendere lo scaletto e arrampicarmi dovrò certamente prendermi il rimprovero per aver sistemato quella cosa proprio lassù, pensa rassegnata.

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urante la pausa pranzo Tiziana esce a passeggiare, un messaggio del marito la informa che quella sera non rientra per cena. “Meglio” pensa lei, “un pensiero in meno”. La foto del ricordo del giorno del loro matrimonio giace ancora in attesa di condivisione, qualche giorno prima il calendario implacabile del social gliel’ha riproposta. Erano belli, in municipio, con lo sguardo fiero avevano creduto entrambi di poter ricostruire le loro vite. Ora sono una sorta di coinquilini forzati e i sorrisi della coppia in foto si spandono in una valle senza eco, in casa si ascoltano solo silenzi.

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n attimo di titubanza e la foto viene cancellata, meglio proporre la pizza di scarole di ieri. “Quando fai qualcosa di buono per la tua famiglia” il commento che Tiziana accompagna alla pubblicazione. li ultimi minuti di pausa, dopo un tramezzino smozzicato velocemente, li spende a riprendere dalla giusta angolazione la tazzina

di caffè poggiata sul tavolino del bar. L’immagine va a depositarsi insieme a migliaia di altre tazzine nel mare paludoso del social, ogni tanto riemergerà e qualcuno aggiungerà pollicioni alzati o cuoricini.

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ll’orario di uscita il cielo ormai è buio, Tiziana trascina la stanchezza verso casa, scivola attraverso una folla impermeabile, la fatica di una giornata di lavoro si impasta con il peso di un percorso giunto ad un binario morto, due matrimoni falliti, insicurezza lavorativa, incertezza economica e la delusione di amicizie assenti. Ad ora di pranzo ha scritto un messaggio alla sua amica Daniela, da bambine erano state davvero unite, ma la spunta del messaggio non è ancora diventata azzurra. Daniela ha trovato la sua realizzazione, sul suo profilo ci sono la foto dei figli e del marito, dell’inizio del lavoro. Anche altri suoi amici hanno una vita piena e realizzata, feste, serate in compagnia, viaggi, passeggiate. Il confronto con la sua vita appare sempre perdente.

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l giro nel supermercato è l’occasione per un sorriso in più, anche se l’unica banconota rimasta nel borsellino chiede di essere attenta, lei decide di non crucciarsi di questo. Una busta di patatine e un aperitivo in bottiglia andranno benissimo per placare la fame di compagnia. Intanto la sua pizza di scarole ha raggiunto un bel numero di commenti e di “mi piace”, in serata il suo aperitivo casalingo con la giusta inquadratura, farà furore. Dalla porta della sua vicina spunta unz muso umido.

Tiziana si china ad accarezzare il barboncino, si chiama Lady, le fa tante feste perché lei gli allunga sempre qualche croccantino, la foto con il pelosetto è il massimo per raccogliere consensi. La padrona si accosta alla porta: «Ciao Tiziana». «Ciao, come stai?» «Come vuoi che stia? Sono sempre sola qua, io, mica come te che te ne vai in giro a fare aperitivi e a prendere caffè» le risponde l’altra mentre afferra il cane e rientra in casa sbattendo la porta.

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a risposta le muore sulle labbra e si ritira con un rigurgito acido dalla gola, Tiziana assorbe in silenzio, si volta verso casa sua, infila le chiavi e la porta del suo appartamento si apre sui piatti sporchi, il letto disfatto e l’aria stantia di una giornata solitaria. Non c’è tempo e non ci sono forze per dare dignità alla serata, solo la pulsione per stendersi al buio e accendere il computer che si anima, pieno delle vite felici degli altri.

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Testata online aperiodica Proprieta’: 999 - ETS, Corso Barolo, 57 12051 ALBA (CN) Direttore Responsabile: Aldo Avallone - Stampatore www.issu.com Direzione Editoriale, Grafica & Editing: Gian Nicola Maestro web: www.issu.com/lunitalaburista - mail: lunitalaburista@gmail.com - tel. +39.347.3612172 Palo Alto, CA (USA) , 01 dicembre 2021


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