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Di Movimenti, Sardine e banchi Fabio CHIAVOLINI
l’Editoriale
Di Movimenti, Sardine e banchi
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Fabio CHIAVOLINI
Dovete sapere che ho un’anima politicamente divisa a metà. Il cervello laburista mi spinge a teorizzare un partito “pesante”, anche se non in senso vetero-leninista – bensì basato sulle “constituencies”, come da modello (appunto) laburista. Il cuore... beh, il cuore libertario è movimentista: quando percepisce un movimento di Sinistra spontaneo, non organizzato, un po’ incasinato ed anche “confuso” (nel senso buono), accelera i battiti. Perché solo dai “brodi primordiali” – dove tutto è possibile e niente è scolpito nella pietra – possono nascere le idee nuove. Per questo non riesco a condividere le critiche alle 6000 Sardine ed alla loro “naïveté”-
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Ma meno male che non hanno le idee troppo chiare! – e neppure in programma di diventare un partito, almeno per ora (anzi, è proprio quel “almeno per ora” che, al limite, mi preoccupa un po’.). Meno male che Santori afferma candidamente che non gliene frega niente di “comandare” ma l’orizzonte resta la piazza e la mobilitazione permanente antifascista. Non voglio fare nessun parallelo automatico con il passato ma sono uno che, a 54 anni e passa, di movimenti qualcosa sa. Dopo le fondamentali lotte operaie del periodo ‘66-‘72, che portarono allo Statuto dei Lavoratori ed al riconoscimento dei diritti sociali e politici del Lavoro (mentre poco o nulla riconosco al movimento studentesco del ‘68, secondo me perso in o- gni utopia ipotizzabile in questo quadrante della galassia, fondamentalmente funzionale all’ego ipertrofico di alcuni suoi leader - ancor oggi in pieno vigore e corso - e palestra d’allenamento dei peggiori ispiratori degli anni di piombo, a Sinistra come a destra) ci fu un breve periodo “di stanca”.
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Nel ‘77 esplose un Movimento che durò 14 anni: prima il ‘77 propriamente detto, poi il Movimento per la Pace, poi la Pantera. Tre modi diversi di definire lo stesso Movimento: ché, alla fine, quando andavi in piazza trovavi quasi sempre le stesse facce più “i nuovi”. Questo longevo Movimento non fu mai omogeneo, né egemonizzato da nessuno: anzi, al suo interno ci si trovava di tutto, dagli indiani metropolitani e gli hare krishna ai partitini extraparlamentari, dai piccoli partiti parlamentari di estrema Sinistra ai movimenti giovanili dei partiti istituzionali di Sinistra, dai Sindacati sino – addirittura – ai giovani repubblicani ed agli scout cattolici. Certo: dal ‘77 all’’84 le bandiere c’erano, di ogni sigla anche microscopica – ma erano talmente varie e tante che era come se non ci fossero; dall’’85 all’’89 qualche bandierina resisteva ma era sovrastata dal mare di bandiere della pace; dall’’89 al ‘91 il simbolo fu quasi unicamente la zampa della Pantera. Quel Movimento ebbe tre ruoli fondamentali: 1. portare in piazza su temi condivisi i giovani (e meno giovani) della Sinistra, facendo in modo di mantenere un’unità fisica - la piazza - ad una parte che tendeva storicamente (e drammaticamente) a frazionarsi: insomma, si poteva anche essere enormemente distanti in termini di analisi e sintesi politica ma poi, su 5/6 temi comuni, il Movimento riusciva a portare in piazza tutti e mantenere quel compagnonnàge di massa che faceva comprendere che, alla fine, eravamo tutti Compagne e Compagni; 2. ancorare a Sinistra il PCI che, dopo le vittorie elettorali del ‘72 e ‘76 e nonostante Berlinguer, date le “giunte rosse” delle città e delle Regioni, mostrava già allora una preoccupante tendenza al consociativismo con quei socialisti (già craxiani) e quei socialdemocratici che erano avversari nel governo nazionale ma alleati negli enti locali: le oceaniche manifestazioni del Movimento servivano a ricordare al
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“partitaccio” che esisteva un popolo di Sinistra cui quelle pratiche garbavano molto poco; 3. illustrare ai fascisti, con la manifesta fisicità della piazza, che era meglio (molto meglio) che continuassero ad arredare in tranquillità le proprie fogne piuttosto che anche solo pensare di mettere fuori non dico la testa – ma neanche il naso.
Bene: senza voler fare la morale alle 6000 Sardine, senza nessun accenno nostalgico – perché non c’è nulla di più triste d’un ex giovane che vuole indicare ai giovani veri la strada della propria ribellione – e mutatis mutandis, penso che il Movimento attuale serva più o meno agli stessi scopi, naturalmente con le differenze dovute ai tempi diversi e mutati. Certo, dal Movimento usciranno - oggi come allora - dei politici professionisti: è palese a tutti, per esempio, come Mattia sia un predestinato (e, detto tra di noi, parrebbe meritarselo).
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Non ho lezioni da impartire ai ragazzi delle 6000 Sardine, né particolari e non richiesti consigli da dargli. Gli auguro solo di avere davanti – nei modi, con i nomi e le simbologie che vorranno adottare – tre lustri pieni di attivismo e di lotta da “anticorpi antifascisti” come abbiamo avuto noi. Perché, poi, la vita va come deve andare: ma sapere di aver prestato un lungo servizio al Paese come presìdi della Democrazia e dei diritti del popolo lavoratore (perché di questo si tratta) – e non per “potere” ma solo perché è giusto, questa consapevolezza non potranno togliervela. Mai. Quindi, in bocca al lupo, ragazze e ragazzi: noi vi saremo vicini e verremo, ogni volta che sarà possibile, dove ci chiamerete in piazza. Dateci dentro, non deludeteci e non mollate finché non avrete veramente più nemmeno una stilla d’energia da spendere. E non temete chi vi critica: è tutta gente che ha più o meno la nostra età e con noi in piazza non c’era – o, se c’era, si teneva defilata. Nel pezzo, dopo la foto della vostra piazza di Bologna, ve ne ho appiccicate qui e la alcune “gemelle” delle nostre (nell’ordine: ‘77, ‘85, ‘91) : perdonerete il sentimentalismo da vegliardo. State bene.
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