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THE DIVIDE (parte seconda) L’illusione dello sviluppo
THE DIVIDE (parte seconda) L’illusione dello sviluppo
Raffaele FLAMINIO
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Politica
Nel 1949 Harry Truman era stato rieletto per il secondo mandato presidenziale alla guida degli USA, la più grande potenza miliare ed economica mondiale dell’età moderna.
Gli Stati Uniti d’America da colonia britannica, nel giro di appena 166 anni (1775/1783), erano divenuti il faro della democrazia e della giustizia. La vittoria della II guerra mondiale, ne aveva consacrato e riconosciuto il suo ruolo nell’ordine mondiale.
Il 20 gennaio dello stesso anno, il riconfermato Harry Truman, avrebbe dovuto fa-29
re il suo discorso d’insediamento alla nazione. Lo staff presidenziale era in fibrillazione.
Bisognava trovare argomenti ambiziosi ed entusiasmanti per suscitare l’interesse della stampa e degli statunitensi. La guerra aveva squassato il mondo. Esisteva la minaccia comunista ma questo era noto a tutti. L’URSS sedeva al tavolo dei vincitori e dettava le sue condizioni. C’erano in ballo due concezioni del mondo antitetiche. Le neonate Nazioni Unite muovevano i primi incerti passi, avevano bisogno di sostegno. Il Piano Mashall andava sostenuto e valorizzato. Il rischio di non interessare la nazione con questi argomenti era forte. La geografia mondiale, nella testa degli americani, era ancora poco presente. C’era bisogno di stimolare fortemente l’orgoglio e la vitalità nazionale. Avere un forte impatto psicologico sulle coscienze. Fu così che Benjamin Hardy, un giovane funzionario del Dipartimento di Stato, pensò che far annunciare al Presidente Truman l’intenzione di fornire aiuti ai Paesi del Terzo Mondo per sollevarli, definitivamente, dalla condizione di miseria straziante, sarebbe stato vincente. Quando Hardy sottopose la sua idea ai superiori, la stessa fu giudicata avventata e rischiosa per il contesto contemporaneo. Il popolo non avrebbe compreso la novità. Il giovane funzionario non mollò. Riuscì a far pervenire la sua idea all’attenzione dei consiglieri presidenziali, che fecero in modo che Truman approvasse. Al punto quattro del discorso d’insediamento del Presidente, l’idea di Benjamin Hardy vide la luce.
Per la prima volta nella storia, la televisione fece da cassa di risonanza. Il 20 gennaio 1949, il discorso fu seguito da dieci milioni di telespettatori, un’enormità per quei tempi. L’evento superò, per numero, tutti gli spettatori di tutti i discorsi dei predecessori di Truman.
“Più della metà della popolazione mondiale è in condizioni prossime alla miseria.
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La loro alimentazione è inadeguata. Sono vittime delle malattie. La loro vita economica è primitiva e stagnante”. Sentenziò Truman. La speranza non era più tale. La soluzione era a portata di mano e, andava suggellato un patto inscindibile tra gli uomini di buona volontà. Disse: “Per la prima volta nella storia, l’umanità possiede la conoscenza e la capacità di alleviare la sofferenza di queste persone”. Ecco l’asso nella manica. “ Gli Stati Uniti sono al primo posto fra le nazioni per sviluppo di tecniche industriali e scientifiche. Le nostre imponderabili risorse di conoscenze tecniche sono in crescita costante e inesauribili.” Poi l’affondo decisivo.” Dobbiamo intraprendere un programma nuovo e audace per mettere i benefici delle nostre scoperte scientifiche e del nostro progresso industriale a disposizione del miglioramento e della crescita delle aree sottosviluppate. Dovrà essere uno sforzo mondiale per il raggiungimento della pace mondiale, della prosperità e della libertà”. Tombola! La sfida era stata lanciata. Il futuro assumeva colori vivaci; la coltre maligna del sottosviluppo aveva un tempo limitato.
Naturalmente di tutto quanto esposto non esisteva un programma né un singolo documento che declinasse i propositi enunciati. Tutto si limitò a un'operazione di pubbliche relazioni. Il discorso, però come Hardy prevedeva, suscitò l’entusiasmo dei giornali. Il New York Times, il Washington Post, manifestarono la loro piena e calorosa approvazione e con loro tutta la stampa nazionale. Agli statunitensi fu offerta la possibilità di capire la potente e nuova visione che gli USA si apprestavano a diffondere nel mondo occidentale. Finita la guerra, il mondo andava riassestato. Il declino del colonialismo europeo lasciava il posto a nazioni uguali e indipendenti, e per questo pericolose.
Andava preservato il tenore di vita e la ricchezza dei soliti. L’arciere aveva scoccato la freccia solcando la rotta del progresso. Il Nord America e l’Europa erano le
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sue punte più avanzate, capaci di ottenere i risultati migliori perché erano i migliori. Più intraprendenti, operosi, innovativi, intelligenti. I loro valori validi, le loro istituzioni migliori come pure le tecnologie. Loro, invece, i paesi del Sud, erano sottosviluppati, primitivi. Incapaci di idee per colmare il divario esistente e, altrimenti, persistente. Il gioco era compiuto. Gli americani erano lusingati, li faceva sentire dalla parte giusta della storia. Accedevano a uno scopo superiore, messianico. I paesi ricchi, finalmente liberi dal combattere tirannie e ingiustizie avrebbero potuto, finalmente, prestare aiuto ai paesi primitivi.
Il punto quattro del discorso di Truman spiegava le ragioni delle diseguaglianze e del sottosviluppo. I paesi dell’Europa occidentale in imminente boom economico ripresero pedissequamente quelle ragioni, poiché il colonialismo era sepolto tra le macerie della guerra. La storia del mondo è ridondante.
Qui termina il nostro odierno racconto. A presto.
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