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l’Unità Laburista - Europa o barbarie - Numero 36 del 9 gennaio 2021
Europa
La forma e la sostanza
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Rosanna Marina RUSSO
In Germania la chiamano Mutti, la mamma. I tedeschi, infatti, vedono in Angela Merkel una figura materna che opera con una forte tensione verso la vita e la cura. Un modello di conduzione equilibrato il suo, rigoroso e attento alle diverse esigenze, che incarna l’idea di leadership al femminile, postindustriale, che prese forma negli anni ’90 contrapponendosi a quella maschia, competitiva ed escludente che fu peculiare di Margaret Thatcher. L’ascesa politica di Angela Merkel si è svolta all’interno di due storie più grandi, quella della riunificazione della Germania e quella della unificazione dell’Europa e in questo momento, probabilmente, si trova
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a essere la donna giusta al momento e al posto giusto. Un mix di realismo e opportunismo, dicono alcuni, a cui va aggiunta una buona dose di fortuna e un’attenta e costante ricerca di posizionamento politico il più possibile moderata. I suoi pochi slanci radicali come il sostegno all’attivismo militare americano di Bush jr. e la proposta per un ritorno all’energia nucleare hanno avuto vita breve, sacrificati, forse, sull’altare dell’opinione pubblica. E da Mutti autoritaria (furono i compagni di partito a darle il soprannome) è divenuta Mutti buona che difende i tedeschi e gli interessi della Germania in un’Europa minacciata da pericoli interni ed esterni.
Michael Braun nel suo libro “Mutti, Angela Merkel spiegata agli italiani”, la definisce una figura non banalmente ipocrita, ma una donna astuta, temporeggiatrice, non incline alle svolte e scevra da ideologie. Un modello di statista poco comprensibile da noi. Eppure, anche qui in Italia la cancelliera riscuote un certo successo, forse perché risponde appieno a quella immagine di leader richiesta dal periodo storico in cui viviamo, periodo che il presidente Sergio Mattarella ha indicato nel discorso di fine anno: “Questo è il tempo di costruttori”, ha detto. Il tempo, cioè, di leader capaci di ricucire strappi, curare ferite, costruire il futuro e non guerrieri che mirano solo alla lotta politica distruttiva. E in Europa sembra proprio lei la leader della costruzione, ormai lo si è intuito da tempo. Ma l’ultimo discorso alla Bundestag e la quasi totale assenza di successive sterili polemiche delle varie categorie non lasciano più dubbi.
Non che precedentemente al discorso non ci fossero state riunioni su riunioni, anche lunghe e snervanti, con i governatori dei Leanders, ma nel momento in cui i contagi e i morti sono arrivati a dei numeri enormi, lei ha preso su di sé la responsabilità del lockdown, decisione illustrata ai governatori prima e ai parlamentari dopo, ma non negoziabile.
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E proprio nella sede del Parlamento ha mostrato quella che tutti hanno chiamato empatia e che ha convinto tutti i suoi alleati della giustezza delle misure. C’è da chiedersi perché da noi le cose siano andate diversamente, perché da noi le polemiche siano esplose dopo il discorso del premier che pare abbia istillato più dubbi che certezze, tanto che gli stessi alleati di governo hanno iniziato delle vere battaglie intestine. La risposta, credo, stia tutta nelle parole della premier tedesca: “Per quanto tutto ciò sia difficile è incompatibile… Mi dispiace, mi dispiace dal profondo del mio cuore, ma se il prezzo che dobbiamo pagare è avere 590 morti al giorno, allora non è accettabile.” Senza alcuna incertezza, chiarisce che la vita è il bene più prezioso, rimarcando con il linguaggio del corpo l’impossibilità di futuri ripensamenti e lo dice in una sede istituzionale, alla nazione, senza fare attendere, senza annunci e senza dirette Facebook.
Ora, se confrontiamo questo discorso con quello degli altri capi di governo di altri Stati, riusciamo a cogliere appieno la sua forza politica e la sua capacità comunicativa. L’empatia sussiste se si avvia un vero flusso di emozioni e la Merkel fa sentire vicinanza mentre parla di distanziamento, trasmette unità mentre impone la divisione, usa parole morbide come cuore e amore in un momento durissimo e si inchina con voce rotta ai parlamentari per imprimere forza al suo dispiacere. Ma non è solo questione di empatia, è anche questione di leadership. Non si nasconde tra le righe delle norme e dietro responsabilità condivise, non cammina sulla fune con u- na rete di protezione, non si sostituisce ai suoi ministri. Ella dice sulla scuola: “Non è di mia competenza. Non posso interferire”. Ora, non è che la cancelliera non abbia ricevuto critiche dall’opposizione e nonostante che la Germania sia il paese europeo che ha elargito più aiuti di Stato (285 miliardi, 194 di erogazioni pubbliche in più rispetto all’Italia), e nonostante che i cittadini tedeschi, tutti, abbiano ricevu-
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to i sussidi sin dalle prime transazioni di aprile, in pochi giorni e direttamente sui conti correnti. Ma l’opposizione deve fare il suo mestiere di contrappeso democratico. La gente, però, è con lei, con Mutti.
Ma anche noi siamo con lei, perché ha una vera e propria leadership e possedendola può indirizzare le scelte verso il bene comune, confortare tutti non dimenticando il bene di ciascuno e spingere gli altri a fare quello che non farebbero mai. In definitiva può dare sostanza alla società politica. Non basta, dunque, la leadership formale per riuscire ad avere potere, influenza, autorità. È necessaria, soprattutto in momenti così drammatici, una leadership empatica, perché per la risoluzione dei problemi, per la scelta delle decisioni, è necessario mettersi in una prospettiva diversa dalla propria, entrare negli stati d’animo degli altri, nei pensieri degli altri, creare un’osmosi permeabile alle problematiche e sentirle proprie. Ed è necessario che la forma sia sostanza, perché quando questi due aspetti si dividono o addirittura si contrappongono la vita reale e la “buona politica” si allontanano.
C’è da chiedersi, però, se tutta la preoccupazione mostrata, tutta l’emozione suscitata durante quel discorso non sia un altro riposizionamento, stavolta verso una leadership europea che richieda una nuova pelle, in un’Europa che mostra di aver bisogno di nuove politiche e riforme istituzionali.
Non sappiamo se la Merkel entrerà nella storia, ma sappiamo che ha davanti una sfida difficile, perché la vittoria oggi in UE di Berlino potrebbe significare la sua sconfitta nell’UE domani. Tuttavia, la storia europea ha finora conosciuto solo padri, pertanto non possiamo non tifare per la sua vittoria che sarebbe anche quella di tutte le donne europee.
E della sostanza che prenderebbe solo un’altra forma.
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