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Burgez

MALAYSIA

Viaggio in una terra antica

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di Marianna Stefani

Devo ammettere di essere finita in Malesia per cause puramente logistiche. Dopo aver trascorso un mese ad abbrustolirmi al sole sulle splendide spiagge thailandesi avevo bisogno di riposo (sapete, no? Abbronzarsi, gustare cibo buonissimo e divertirsi tutto il giorno sono attività estremamente faticose) e avevo ancora tre settimane prima di dover rientrare a Sydney. Ci sono un sacco di voli che collegano Kuala Lumpur all’Australia, perciò ho pensato “perché no?”, e così mi sono ritrovata su un vecchio bus polveroso a viaggiare sulla costa Sud della Thailandia, diretta in Malesia. Non so quale ragione mi abbia portata fino a lì, ma sono felice che sia successo. Ho scoperto un Paese incredibile con una società multietnica ricca di

Credit: Marianna Stefani #mariannastefani | @mariannastefani www.mariannastefani.com

sfumature, cibo squisito, un patrimonio artistico incredibile e uno stile di vita occidentalizzato quanto basta, che aiuta i turisti ad integrarsi e interagire con la gente del posto. Fin dal XIII secolo, la Malesia ha visto i commercianti cinesi e indiani stabilirsi nella parte più a Sud della penisola. Lo stato di Malacca, situato nell’estremità meridionale di fronte all’omonimo stretto, fu un porto importante e uno snodo commerciale che attirò prima l’attenzione dei portoghesi e poi degli olandesi, che all’epoca si giocavano il monopolio del mare. Poi nel XVIII secolo sono arrivati gli inglesi, che hanno governato il Paese fino all’indipendenza della Federazione della Malesia, proclamata nel 1957, che ha unito gli staterelli della penisola. Nel 1963 l’unione con Sarawak, Borneo del Nord e Singapore (espulso poi nel 1965 per differenze politiche e culturali troppo

profonde) ha dato vita al Paese che oggi conosciamo come Malesia. Il retaggio dell’Inghilterra è ancora oggi evidente sia nel sistema politico che nella moda e nell’architettura, mentre la lingua inglese è parlata molto bene in tutto il Paese. Questo costituisce una spinta enorme allo sviluppo dell’economia del turismo. Ma torniamo al mio viaggio. Ho attraversato il confine sul bus. Dopo un paio d’ore di viaggio sono scesa a George Town, capitale dello stato del Penang, che si trova ad est dell’isola di Penang, connessa alla terraferma da due ponti. George Town è stato il primo insediamento britannico nel Sudest asiatico: divenne fin da subito un porto internazionale e ha giocato un ruolo fondamentale nella crescita della comunità multiculturale malese. Dopo gli anni Settanta, però, i vecchi

palazzi dell’era coloniale sono stati abbandonati dai governi locali, che non potevano permettersi un processo di urbanizzazione appropriato per la zona. Gli sforzi impiegati negli ultimi anni per restaurare le bellezze storiche della città, hanno portato all’inclusione nel 2008 di George Town nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO. La varietà architettonica della città la rende un santuario di etologia. Tra i siti più conosciuti c’è Armenian Street, quartiere storico che ospita moltissime installazioni artistiche e street art. Andare alla ricerca delle opere d’arte è una delle attività preferite dei turisti, e in ogni negozio è possibile trovare brochures con le indicazioni per trovare questi gioielli di arte di strada. Nonostante la maggior parte della popolazione sia musulmana, la città è disseminata di templi e chiese, a dimostrazione dell’immensa varietà culturale della zona. Quella di St. George, ad esempio, è la chiesa anglicana più antica del Sud-est asiatico, mentre il tempio di Arulmigu Sri Mahamariamman, costruito nel 1833, è il luogo di culto induista più antico di Penang. Nel distretto storico è possibile imbattersi in templi buddisti e birmani, così come nella moschea Kapitan Keling, costruita dalla comunità indiana, che con la sua magnifica architettura domina la periferia di Little India, adiacente all’Armenian Street.

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Indiani e cinesi costituiscono i due principali gruppi etnici della popolazione malese, e le loro influenze si notano in ogni dove. Il “Chew Jetty” ne è l’esempio perfetto. Si tratta di un vecchio insediamento cinese a specchio sull’acqua, un pontile che vanta ormai più di cento anni. Originariamente vi erano diciassette moli, da cui si caricavano e scaricavano le imbarcazioni per il commercio con la madrepatria. In seguito, si sono trasformati in pittoreschi villaggi sull’acqua. Dei diciassette originari ne restano solo sei, che ospitano ancora famiglie di diversi clan cinesi. Il Chew Jetty è il più conosciuto e quello più aperto ai turisti: un punto strategico per scattare foto sensazionali al tramonto. Oltre alla bellezza architettonica e al trambusto di George Town, l’isola di Penang offre molto altro. La maggior parte dell’isola è coperta dalla foresta

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tropicale, e questo garantisce tantissimo spazio per attività all’aperto: così, i viaggiatori possono trovare il perfetto equilibrio tra immersioni nella natura e nella cultura del luogo. Gli amanti della campagna prendano nota di Langawi, un piccolo arcipelago di novantanove isole a trenta kilometri al largo della costa nordoccidentale della Malesia, vicino al confine con la Thailandia. Solo quattro di queste isole sono abitate: la più grande è l’isola di Langkawi. Quasi interamente coperta da foreste e vegetazione selvaggia, l’isola di Langkawi offre parecchie strutture turistiche, pur mantenendo allo stesso tempo un’atmosfera rilassata e genuina. Non ci sono trasporti pubblici, ma la mia curiosità mi ha portata a noleggiare uno

scooter per sfrecciare sull’isola e vedere coi miei stessi occhi la bellezza delle sue colline e l’incanto della giungla nell’entroterra. Mi sono quindi lasciata alle spalle lo splendore di Langkawi per spostarmi verso l’entroterra, dove ho esplorato una zona particolare della Malesia: le Cameron Highlands. Questo piccolo distretto, che prende il nome da un esploratore inglese, ha un clima unico, che spazia dalla foresta tropicale all’aria di montagna: una caratteristica che permette lo sviluppo di un ecosistema estremamente diversificato. Innumerevoli specie di flora e fauna risiedono nella zona, inclusa la splendida rafflesia, una pianta che genera il fiore più grande del mondo. Una parte di quest’area fu ripulita negli anni Trenta per costruirvi campi e fattorie, frutteti e vivai. Il tè è sicuramente il prodotto più popolare, e grazie ai tour organizzati è possibile esplorare diverse tenute di piantagioni di questa preziosa pianta. L’agricoltura è senz’altro una parte importante dell’economia della Malesia, ma ha portato nello stesso tempo alla distruzione della gran parte della foresta pluviale del Paese. La deforestazione mette infatti a repentaglio la salvaguardia di piante e animali, minacciati dal disboscamento del terreno e incapaci di adattarsi a un habitat in continua evoluzione. Sarà difficile invertire la tendenza, dal momento che la Malesia è uno dei maggiori produttori di olio di palma nel mondo. Nonostante l’economia, in passato più rurale, si stia muovendo rapidamente verso il settore tecnologico, la Malesia fa ancora troppo affidamento sull’esportazione del petrolio. Le risorse di greggio e di gas della nazione sono controllate in particolare dalla Petronas, un’azienda del governo che trova il suo quartier generale nelle Petronas Towers, le torri gemelle più alte al mondo. Un progetto senz’altro ambizioso: i due palazzi sono ormai il simbolo della capitale della Malesia, Kuala Lumpur. Questo, unito ad altri piani di espansione delle infrastrutture, è un chiaro segno di come la Malesia stia avanzando e si stia espandendo per guadagnarsi lo status di Paese industrializzato.

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