Santo Versace
neopresidente di altagamma
pre sepi
tradizione di Sicilia
ANNA VALLE
Madre Miss Attrice
MODA New Year Style
in copertina: look Versace - collezione A/I 2009-2010
Donatella Versace, firma di una delle case di moda italiane piÚ famose al mondo, è una . Nella collezione autunno/inverno 2009-2010 propone linee ricche di sfaccettature glamour e grintose.
ne
donna che pensa alle don-
SinuositĂ e seduzione le parole
magiche che ispirano la stilista.
Un lusso cangiante caratterizza sia i capi meravigliosi e variegati, impreziositi da piccole gemme; sia gli accessori, anelli di platino e scarpe dal tacco alto 14 cm.
09/15
32 FORMAZIONE
Outdoor Training: Forte dentro estasiato fuori
EDITORIALE Auguri!
PROTAGONISTI: Santo Versace
L’Onorevole Presidente di ALTAGAMMA
AZIENDE Pensiero Guzzini
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LEI Anna Valle
NOVITà Dalla Cina con l’OSPOP
SHOES A spasso con le francesine & co
LUI La favola di Kledi
PELLICOLE Mi chiamo Paoluccio
DESIGN Estro español
TENDENZE Downshifting “mollo tutto e scappo via”
BENESSERE Psico Relax
WEEK END Milano.... in ROSA
29 FENOMENI Pazzi x Patty
LA CARTOLINA Sapore di Sole
TURISMO Il fascino di Mozia
STORY Magie a lume di candela
ISTITUZIONI Artigianato al chiostro
ARTE & CULTURA Vernissages catanesi
INPUNTADIPENNA L’Angelo di ... Eleonora Abbagnato
SCATTI
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Presepi di Sicilia
ph.Orietta Scardino
Fashion Book
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editoriale
Agata Patrizia Saccone
Auguri!
C
onsiderando che sono nata il 13 novembre (data di uscita del film pseudo-profezia) non posso rimanere indifferente alla notizia che sia stato presentato quel giorno “2012”, l’anno della fine del mondo sulla base di un’interpretazione del calendario Maya. Invece a me non sfiora neppure l’idea di andare al cinema a vedere qualcosa di tanto inquietante come se fosse importante prepararsi A CHISSÀ CHE COSA SE MAI AVVERRÀ QUALCOSA, quando (piuttosto) abbiamo abbastanza problemi da affrontare nella quotidianità. Questa storia della fine del mondo alle porte l’ho già sentita altre volte, a memoria ricordo due scadenze passate, il 1978 e il 2000. Ebbene, due date trascorse senza alcun bug. Ora attendiamo la prossima. Corsi e ricorsi storici. Capisco che certi annunci hanno il potere di far incassare fior di quattrini a chi cavalca la tigre, ma proprio per questo non lasciamoci condizionare da teoriche antiche profezie, tutte da dimostrare. Altrimenti che senso avrebbe, ad esempio, affacciarci oggi a questo 2010 con entusiasmo, pronti a rimboccarci le maniche per uscire dalla crisi, a
pianificare il futuro, nel caso in cui fosse vero che fra due anni ogni sforzo sarebbe poi vanificato? Se davvero temiamo l’evento catastrofico, allora –lancio la sfida- troviamo il coraggio di mollare tutto per andarci a godere subito la vita, come fanno i temerari del downshifting (di cui parliamo in questo numero). Oppure, analizziamo quante volte abbiamo sentito, qua e là, di disastri e guerre che hanno creato distruzione: si possono intendere come tante piccole fasi temporali di questa paventata fine del mondo. Eppure, la forza di rialzarsi e di ricominciare, un po’ ovunque, poi ha prevalso. Ogni volta basta la volontà di almeno una persona, purché riesca con onestà ed entusiasmo a trascinare gli altri. Dunque, se proprio qualcuno vuole vedere come sarà il fatidico 2012, lo immagini con occhio divertito solo sul grande schermo, dove i trucchi del nuovo cinema computerizzato rendono tutto così “realmente inverosimile”. Personalmente consiglio di brindare, intanto, al NUOVO ANNO con propositi ottimistici, magari con l’intento ulteriore di scommettere un po’ di più sull’aiuto da dare ai meno fortunati. AUGURI!
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Santo Versace
L’Onorevole
Presidente di altagamma di Agata Patrizia Saccone Santo Versace è il nuovo presidente della Fondazione ALTAGAMMA per il triennio 2010-2013. Prende il posto di Leonardo Ferragamo, il quale resta come presidente onorario al vertice dell’ente che raggruppa le aziende italiane del lusso. I nuovi vice presidenti onorari sono Carlo Guglielmi, numero uno di Fontana Arte, e Francesco Trapani, presidente e amministratore delegato di Bulgari. Per Versace un nuovo ruolo, da conciliare con gli altri impegni: “ALTAGAMMA l’ho fondata nel 1992 e ne fui il primo Presidente –ricorda Santo Versace-. ALTAGAMMA si prefigge l’obiettivo di tutelare tutto ciò che è un prodotto made in Italy e ne fanno parte le aziende che hanno un fatturato annuo a partire da 50 milioni. La Fondazione promuove l’eccellenza italiana. L’importanza deriva fondamentalmente dal gruppo, un nucleo di imprenditori che insieme costituiscono un punto di forza strategico per il nostro paese”
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Personaggi - On. Santo Versace, il made in Italy sta vivendo un periodo abbastanza complesso, anche se gli imprenditori di settore ritengono resti comunque la chiave di volta per uscire dalla crisi. “Questa crisi è la più grande truffa della storia dell’umanità provocata da un paio di migliaia di persone che si sono arricchite giocando molto sporco e mettendo in ginocchio l’economia mondiale. Parecchie aziende ne stanno soffrendo ma bisogna tenere duro ed andare avanti anche perché si prospetta una ripresa già a partire dal 2010”. - Il sociale accanto a politica, moda e imprenditoria. Nonostante i molteplici impegni, mai è in secondo piano la volontà di aiutare la gente meno fortunata: è una missione? “Mio padre, a noi Versace, ha sempre insegnato che se non aiutiamo gli altri non valiamo niente! Io, Gianni e Donatella siamo cresciuti con questa educazione. Gianni era impegnato nella campagna per la lotta contro l’Aids, mentre Donatella sostiene la ricerca sul cancro e non solo. Il senso dell’altruismo è un valore che ci è stato trasferito proprio dai nostri genitori. Quindi per me aiutare gli altri è davvero una missione. Nel caso di “OPERATION SMILE”, decisi di diventarne Presidente proprio quando venni a conoscenza di come questi bambini vivono in un stato di assoluto disagio a causa della loro malformazione al volto dovuta alla carenza di acido folico, per un deficit della madre nel periodo di gestazione. Mi ha colpito particolarmente sapere di un ragazzo che ha deciso di uscire la prima volta fuori dalle mura domestiche all’età di 34 anni perché tenuto lontano dalla società per questo difetto. L’obiettivo di Operation Smile è restituire un sorriso ai bambini malformati. I fondi raccolti servono infatti per operarli. Ad oggi si sono avvalsi dell’intervento chirurgico solo 14mila ragazzini su 200mila, quindi siamo ben lontani dalla risoluzione del problema. Dobbiamo fare in modo che a questa gente arrivi la folina e poi chiaramente curare il resto. Mi permetto di dire che in Africa i veri missionari sono i medici
stabili sul posto, i quali hanno davvero mollato tutto per dedicare la loro vita e la loro professione a questi bambini”. - Ha destato l’interesse dei media venire a conoscenza che un Versace, deputato alla Camera, ha avanzato la proposta di nominare Giorgio Armani senatore a vita… “Ritengo sia giusto insignire di tale onorificenza Armani. Oltre che essere un grande stilista è un vero imprenditore. Dal 1985 regge tutto sulle sue spalle con grande determinazione ed impegno. Attraverso le sue creazioni straordinarie ha fatto conoscere l’Italia in tutto il mondo, aprendo lussuose boutiques nelle vie prestigiose delle città più importanti. Per me è un modo per ricordare anche l’impegno di mio fratello Gianni e di coloro che hanno fatto tanto per esportare l’immagine bella dell’Italia. Al momento alla Camera dei Deputati abbiamo raccolto circa 200 firme, un numero che è destinato a crescere grazie al forte sostegno che sto ricevendo” - Da un uomo che ha sempre creduto nelle potenzialità del Sud Italia: ci saranno mai le risorse ed i presupposti per renderlo pari al Nord? “Il problema fondamentale del Sud Italia non è certo la collocazione geografica, bensì il sistema. Nelle regioni del Sud arrivano fior di quattrini che vengono chiaramente mal gestiti e quindi sperperati. Non esistono le infrastrutture e la sanità è pessima! Alla Calabria (come del resto alla Sicilia) la natura ha regalato chilometri e chilometri di costa con un mare spettacolare, montagne che permettono di andare a sciare, panorami variegati e vegetazione fittissime: tutte caratteristiche che fungerebbero da forte attrattiva turistica e che servirebbero ad incrementare l’economia, quindi aumentare la percentuale di occupazione nel territorio. Evidentemente, però, gli uomini non hanno saputo o voluto cogliere le opportunità offerte da madre natura e non si sono adoperati per migliorare certe situazioni, con i risultati che ne derivano e che sono sotto gli occhi di tutti”.
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aziende
A tu per tu con il presidente della Teuco
Pensiero Guzzini
G
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uzzini è un marchio che, a primo acchito, si associa immediatamente a casalinghi di design. In fondo è così, tant’è che per la dinasty quel settore costituisce un perenne punto di partenza: “Per noi rappresenta la storia, gli inizi. - racconta Luca Guzzini, presidente Teuco - L’azienda nasce nel 1911, grazie al mio bisnonno. Siamo stati un po’ dei pionieri nell’utilizzo e nella lavorazione di materiali particolari, e per questo si ricorda sempre la nostra azienda come tra le antesignane del design. Abbiamo trattato la porcellana e il cristallo, così come le materie plastiche o l’acrilico, in modo sempre innovativo”. - Oggi si guarda con interesse al business del benessere e l’azienda teuco, altro vostro ramo industriale, ha ideato l’idromassaggio dotato di ultrasuoni. E’ importante giocare d’anticipo? “Certo! Abbiamo inventato anche la sauna ed il bagno turco ad uso domestico. Continueremo a sfruttare la multi-materialità, fiore all’occhiello su cui si basa l’intera produzione, una specificità che ci consente di collaborare con architetti di alto calibro (come Jean Michel Wilmotte ed altri ancora) in maniera tale che ogni nuova linea per il bagno possa poi identificarsi con il singolo materiale da loro utilizzato”. - Grazie alla diversificazione delle vostre attività, avete un appuntamento costante al Salone del Mobile di Milano. La scommessa ogni volta è stupire con il design… “Il design è l’espressione massima dell’innovazione e dell’intraprendenza cui un azienda deve ambire per entrare nel mercato di altissimo livello. È un biglietto da visita…” - E qual è il vostro concetto di design, se lo
si può definire… “Design è tutto ciò che è bello, che riesce a catturare l’attenzione del consumatore finale e degli addetti ai lavori, ma anche tutto ciò che si riesce a sposare bene con l’ambiente circostante, dalle posate al mobile. Con una cura meticolosa dei colori, sempre al passo con la moda”. - Vi contraddistingue il fatto di insistere sempre sul made in italy. Cosa vi allontana, a differenza di altri vostri competitor, dalla produzione all’estero, dove i costi sono più bassi? “Noi siamo legati alla nostra terra, teniamo alla nostra storia e soprattutto stimiamo la nostra gente, che è pure più affidabile rispetto a chi possiamo trovare in giro per il mondo…” - L’imprenditore Luca Guzzini e l’azienda Teuco come stanno affrontando la crisi economica del periodo e soprattutto come reagisce il mercato a tutto ciò? “In verità dobbiamo trovare tutti un nuovo modo per fare business, io non parlerei quindi di crisi economica. Noi, ad esempio, miriamo alla riduzione dei costi superflui, senza però rinunciare all’innovazione continua. Scommettiamo poi sui giovani e sulla formazione”.
New Year Style
n o i h s Faook B
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moda
Giorgio Armani Un abito Armani ha la forza del taglio e della costruzione, essenziale nel suo rigore e al tempo stesso, per quel particolare equilibrio che nasce dal bilanciamento dei contrasti, è esuberante, espansivo, sontuoso. Tra colori e rimandi, corposità dei tessuti (raso, taffettà, seta con stecche ricoperte da chiffon doppio che sostengono la struttura) ed eleganza della broderie. In estate tutto è corto e si arresta sempre sopra il ginocchio, anche l’abito da sera che non ha mai dato una tale impressione di leggerezza e geometrica modernità, accentuata dalle scarpe basse. Nella collezione Donna di Giorgio Armani per l’Autunno/Inverno 2009-2010 effetti con tessuti lucidi creano contrasti con lane opache e corpose; oppure una leggerissima rete sovrapposta ai disegni stampati che sfuma i contorni. Tocchi di luce nella gamma dei grigio peltro, grigio nebbia, grigio acciaio e grigio antracite, sono interpretati come nuovi neri e illuminati da punti di luce ed effetti mordoré, per regalare eccitazione e autocompiacimento.
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moda
Versace
La collezione disegnata da Donatella Versace per l’Inverno 2010 è lussuosa e femminile, secondo le regole dettate da un lusso rigoroso. La nuova donna di Versace veste elegantemente tailleur e abiti creati con tessuti fatti di fili metallici. Gli abiti da sera, rossi e azzurri, sono impreziositi da veli d’organza. La stilista gioca con i volumi, in un’alternanza di abiti fluidi e capi scolpiti, tutti nei toni notturni del blu e del nero. La sera tornano i colori accesi del rosso, dell’arancio, del fucsia e dell’azzurro, sempre in tinta unita. Tra i colori domina pure il blu, mentre i volumi puntano su una seduzione basica. Gli immancabili grigio e nero completano una gamma cromatica barocca.
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moda
GIANFRANCO FERRè La Donna di Gianfranco Ferré per l’Inverno 2010, disegnata da Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi, si esalta nel lusso dei tessuti, dei tagli e delle applicazioni di tradizione sartoriale. Le spalle dei caban sono a pagoda, mentre il punto vita è enfatizzato anche sulle gonne, a boule o strette al ginocchio, ammorbidite da pieghe sensuali di crêpe marcai. I pantaloni scivolano sinuosi sul corpo, mentre i colli a gorgiera delle camicie in stile Vittoriano sono ricolmi di plissé asimmetrici. I tessuti assecondano il gioco dei contrasti, rivelando punti luce ed effetti cromatici quasi impalpabili.
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moda
ermanno scervino La collezione Donna di Ermanno Scervino per l’Inverno 2010 è fatta di contrasti di tessuti couture e street anche abbinati sullo stesso capo: organza pesante, taffettà, mikado, lurex, lana cotta e maglia di lana fatta a mano. I colori sono contrastanti con cromie decise e tonalità profonde: mastice, blu notte, ametista, nero e magnolia che si sposano con oro, argento, turchese, giada, fucsia e limone. Le forme seguono due tendenze principali: linea dritta e filiforme, oppure stretta al punto vita con forma a boule di gusto retrò.
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moda
LUISA BECCARIA Tessuti corposi come il satin, il razmir e il mikado lasciano spazio a impalpabili nuvole di chiffon e tulle. Sono particolari della collezione Luisa Beccaria per l’Inverno 2010. La stilista dà vita a pezzi dalla forte personalità, seducenti e mai effimeri. La pallette cromatica spazia da tenui colori cipriati a tonalità cupe e profonde, al bagliore dell’argento. L’opacità del panno double contrasta con i riflessi del raso. Jacquard sfumati intrecciano fili di lana con trame metalliche. Il tweed è illuminato da fili argentei.
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moda
dsquared2 Il vestire Dsquared2 dell’inverno 2010 richiama a bambine prodigio cresciute e diventate icone di stile.Di giorno mixano con disinvoltura capi evening, preziosi e riccamente ricamati, con altri che sembrano recuperati da un vecchio baule. Abiti opulenti con piume e pietre si alternano con capi di pelle, pantaloni in felpa e giacche chiodo. Materiali pregiati si contrappongono ai tessuti di lana dagli scozzesi tipicamente canadesi e al denim. Giustapposizioni nette anche per gli accessori che alternano raso, swarovski, perle e vernice nera a vinile trasparente e catene, scarpe da ballo e anfibi. Cappelli e maxisciarpe tricot si abbinano a spille antiche che ricordano gli anni d’oro di Hollywood. Scozzesi dai colori autunnali per gli accessori: arancione, cammello, bordeaux e blu. Peacock, nero, cipria, viola e verde muschio per gli abiti.
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novità
Dalla Cina con
D
alla Cina all’Italia, passando per gli Stati Uniti. Il lungo viaggio delle TIAN LANG, le sneakers orientali prodotte nella poverissima regione cinese di Henan in una fabbrica vicina all’antico tempio dei monaci Shaolin, è iniziato un paio d’anni fa. Un fenomeno di globalizzazione all’incontrario con le ‘SCARPE DA LAVORO’ degli operai cinesi, le stesse che i soldati dell’esercito di liberazione del popolo calzarono nella lunga marcia, partite alla conquista del mondo occidentale. Una colonizzazione cominciata più che bene per le scarpe cento per cento made in China diventate in men che non si dica oggetto di culto negli Stati Uniti. Tutto merito del GONG, quell’ideogramma che significa lavoro stampato all’altezza della caviglia sul canvas in cui sono realizzate e del marchio con il quale, per una sofisticata strategia di marketing, sono state commercializzate: OSPOP, acronimo di ‘ONE SMALL POINT OF PRIDE’, ovvero ‘un piccolo motivo di orgoglio’. E’ bastata questa aura di mito, frutto dell’illuminazione del designer americano Ben Walters, e il sapere che, con parte del ricavato della vendita, si contribuiva ad aiutare gli studenti di quella regione a far entrare le All Star cinesi nella top list dei collezionisti di sneakers d’Oltreoceano. Adesso le Ospop, nella loro scatola che riporta la grafica del packaging originale, tentano l’assalto della fortezza italiana. E non è un caso che comincino la loro marcia dalla Fortezza da Basso, in quel di Firenze. Presentate alla scorsa edizione del Pitti Uomo (in verità dopo un primo tentativo non proprio riuscitissimo di far capolino del sofisticatissimo mercato italiano) dalla Beautiful Trends che ne cura la distribuzione in Italia, le Ospop saranno destinate agli amanti del work style. In parole povere le sneakers orientali puntano a diventare un oggetto di distinzione
l’OSPOP di Mariella Caruso
per chi vuole indossare capi molto resistenti a prezzi molto contenuti. E, particolare da non trascurare, a tutti quelli che fanno moda negandone l’esistenza. Doppia stringa in due colori, nove varianti di colore (giallo, rosso, bianco gesso, nero, blu, arancio e tabacco) oltre al ‘pine’, cioè lo stesso verde militare della divisa dell’esercito cinese, le scarpe ritratte ben inzaccherate nella home page del sito delle Ospop però, potrebbero non trovare l’humus giusto nel Belpaese. Difficile dire, infatti, se le Ospop riusciranno a diventare un fenomeno di costume anche in Italia. Non deve essere sposata soltanto la scarpa, ma piuttosto tutta la sua storia, che va ben al di là della spartanità della calzatura: esterno in resistentissimo cotone canvas, comodità assoluta, suola con uno speciale grip che garantisce una maggior stabilità, intersuola dal design derivante dal mondo dell’atletica e delle competizioni che offre un maggior confort ed un miglior supporto per l’arco del piede, estetica estremamente semplice. E’ questo che potrebbe allontanare i teenager italiani dalle Ospop. Ma, in realtà, è in questo che i guru del marketing confidano: nella vittoria dell’anticonformismo che si trasforma in moda. Le Ospop sono semplici e stanno bene a tutti, magari non saranno bellissime e accattivanti. Del resto il modello è inalterato rispetto a ottant’anni. Ma è proprio la forza del vintage che potrebbe far decollare queste sneakers cinesi replicando quel fenomeno di culto diventato negli Stati Uniti dove già, potenza del mercato, sono in commercializzazione linee di borse e accessori che poco hanno a che fare con le scarpe da lavoro. Tutto ciò a dispetto dei commenti, fin qui altezzosi dei blogger italiani, pronti a scommettere che in Italia il matrimonio tra moda e Ospos non s’ha da fare. Chi vincerà?
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Hair
Mettiamo le man
VAI COL LISCIO
“Il 2010 lo vivremo all’insegna della semplicità - afferma Alfredo Maccarone, hair stylist, nome storico catanese legato al gruppo ALDO COPPOLA -. Infatti relativamente alle tendenze dei nuovi look abbiamo preferito puntare sulla naturalezza dei colori e dei tagli garantendo allo stesso tempo l’innovazione dei prodotti. E proprio in termini di innovazione, l’ultimo arrivato nei nostri saloni è il KERATIN COMPLEX un trattamento estetico, brevettato in America, per capelli ricci o crespi che serve a mantenere invece il capello liscio proteggendolo allo stesso tempo, senza avvalersi però dell’uso di alcuna stiratura. Il successo del nostro gruppo dipende proprio dai servizi offerti e dal personale altamente specializzato: garantiamo ai clienti non solo la qualità dei prodotti ma, appunto, anche l’innovazione”.
DIAMOCI UN TAGLIO
Carrè e caschetto, look anni ottanta rigorosamente rivisitati. Pieghe morbide e tagli più pratici per facilitare il lavoro dell’asciugatura dei capelli mantenendo una piega perfetta anche dopo un’ora di fitness o piscina. Il tutto per rendere la donna ancora più bella e sbarazzina!
ni ai
style
capelli UN PO’ DI COLORE “No a capelli dai colori troppo artificiali – afferma il tecnico dei colori all’interno dei saloni ALDO COPPOLA, Enzo Maccarone - le nuove tendenze puntano a tinte tenui molto naturali e colori comunque caldi La tecnica da noi utilizzata, che sostituisce quella tradizionali dei colpi di sole garantendo una luminosità solare naturale, è lo SHATUSH. Sempre per la colorazione, in alternativa allo SHATUSH utilizziamo l’HENNÈ, un prodotto naturale ricavato da erbe e foglie. Per fare una colorazione all’HENNÈ è necessario innanzitutto effettuare una diagnosi del capello affinché possano essere coperti bene i bianchi, oppure semplicemente per tonalizzare i colori Il gruppo Aldo Coppola cerca sempre di rendere esclusive le proprie tecniche, motivo per cui a questo tipo di colorazione, per nutrire meglio il capello, abbiniamo un’emulsione acidificante a base di olio d’oliva. L’HENNÈ offre inoltre il vantaggio di eliminare l’effetto ricrescita”.
Anna Valle
Miss Italia ha sfilato per
nel 1995,
Valentino quando
portava ancora corona e scettro. Smessi gli abiti di reginetta di bellezza e abbandonati
salotti televisivi e passerelle, si è dedicata alla carriera di
attrice.
Da un anno e mezzo è MAMMA e per Ginevra si è tenuta un po’ lontana (ma non troppo!) dal set. E alle nuove Miss, ANNA consiglia… di Agata Patrizia Saccone
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lei
ggi in tv la concorrenza è davvero spietata. Miss Ita“O lia è un concorso che continua a
puntare sulla bellezza pura, senza alcuna volgarità. E’ un vantaggio raro, in tv. Fossi l’attuale Miss Italia ne terrei conto”.
ANNA VALLE, che la corona oggi di Maria Perrusi la portò per un anno dal settembre 1995, è una donna con le idee chiare. “La cosa importante –aggiunge- è vivere questa esperienza con lo spirito giusto: al momento della gara non va sottovalutata né sopravvalutata; subito dopo bisogna crescere e studiare, per affermarsi. A 18 anni infatti non è facile sapere quello che si vuole davvero. Bisogna fare di tutto per scoprirlo. Miss ti eleggono gli altri, attrice ti eleggi tu con le tue forze, se ci riesci”. E lei, Anna Valle, nata a Roma ma di fatto SICILIANA di Lentini, è oggi tra le attrici italiane più richieste. Il suo lavoro più recente è la fiction “Nebbie e Delitti”, prodotta da Luca Barbareschi (nella foto a destra). “Ho un ruolo da protagonista. Interpreto CHIARA, un medico che, oltre a lavorare al pronto soccorso di un ospedale, si dedica molto agli altri
attraverso il volontariato”. - Pensi al cinema? “Un attrice al cinema ci pensa sempre. In Italia il cinema sta attraversando un periodo di profonda crisi, nel senso che non è prodigo di produzioni, anche se ciò che viene fatto è di valore. Al momento, comunque, non mi sono arrivate proposte interessanti”. - L’amore, anche in senso lato, è spesso stato al centro dei lavori a cui hai partecipato. Se ti dovessi descrivere, ti senti una romantica anche nella vita? “Debbo ammettere che non ho molto in comune con i personaggi che ho interpretato. Non sono una romantica. Mi definisco più una donna indipendente, ma che comunque ha bisogno del proprio uomo cui potersi appoggiare nei momenti del bisogno. Ritengo sia bello che un uomo coccoli la propria donna, che si occupi di lei…” - Da un anno e mezzo sei mamma felice della piccola GINEVRA, nata dall’unione con Ulisse Lendaro, avvocato, attore e produttore cinematografico. Forse è questo il nuovo ruolo che richiede un impegno maggiore? “Sembrerà una frase fatta, ma è un momento bellissimo, speciale! Per sette mesi non ho lavorato perché insieme a mio marito abbiamo voluto godere di questo momento unico. L’idea di seguire mia figlia in ogni suo cambiamento, di allattarla si è sempre mantenuta prioritaria. Attimi che non avrei voluto perdere per niente al mondo, tanto meno avrei voluto trasferire questa emozione ad una babysitter. Da quando ho Ginevra mi sposto meno frequentemente perché i tempi, con una bimba al seguito, si diradano molto, ma ogni volta che ho la possibilità di trascorrere, ad esempio, qualche giorno in Sicilia con lei e la mia famiglia, ebbene si trasforma in occasione bellissima”.
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lui
M
eglio di una favola, la vita di KLEDI KADIU. Come il suo libro, nel
quale racconta la sua vita, dalla nave di “clandestini” su cui è arrivato in Italia fino al grande successo nel mondo dello spettacolo. Arrivato da sconosciuto nel Belpaese pur essendo il primo ballerino dell’Accademia Nazionale di Danza del teatro dell’Opera di Tirana, sua città natale (ruolo ottenuto dopo anni di dura gavetta nel suo paese), viene baciato dalla fortuna quando nel 1997 diventa ballerino di punta di “BUONA DOMENICA”, trasmissione di Canale 5. Poi l’incontro con Maria De Filippi: ecco il tassello mancante, da aggiungere al puzzle che completa l’escalation. - Kledi, oggi in Italia sei uno dei ballerini più acclamati, ma la passione ha radici vecchie, nate nel tuo paese… “In Albania le discipline artistiche fanno parte della vita sociale di tutti poiché lo Stato mette a disposizione i migliori insegnanti, garantendo (a titolo assolutamente gratuito) adeguate strutture.
Ho studiato a Tirana dall’età di dieci anni, nel mio corso eravamo in venti, tra ragazzi e ragazze, e sono stato uno dei pochi a completare l’intero ciclo durato otto anni”. - Sei arrivato in Italia su una “nave della speranza”, insieme ad altri tuoi connazionali forse meno fortunati di te, oggi. Cosa ti manca del tuo paese? “Dal mio paese sono andato via molto giovane, certamente nella quotidianità mi manca molto la mia famiglia, nonostante loro vengano spesso a trovarmi, pur adeguandosi ovviamente alle leggi di soggiorno per gli extra comunitari che in Italia sono abbastanza complesse. Basti pensare che io ho avuto la cittadinanza italiana solo di recente”. - E se dovessi ancora cambiare nazione dove sceglieresti di andare a vivere? “Sto bene in Italia. Ma comunque sceglierei un posto caldo, pieno di sole e soprattutto fatto di gente pulita, genuina. Come la vostra Sicilia, del resto. In realtà mi affascina pure l’Africa, e tantissimo la Savana, che peraltro ho già visitato. Opzione alternativa l’India, mi incuriosisce e non mi dispiacerebbe scoprirla”. - Hai scritto la tua biografia, non pensi di essere ancora giovanissimo? “Penso sia una storia esemplare, un talent novel dove si alternano speranze e delusioni, allo stesso tempo favoloso e intriso di realtà. Una narrazione sospinta in ogni suo passaggio dalla forza di un grande sogno”.
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PELLICOLe
di Sara Un nuovo cortometraggio per Telethon, ancora una volta ambientato a Catania e affidato alla regia di Alfio D’Agata. La sceneggiatura è di Sergio Zagami, che dopo “Clamoroso al Cibali” si concede il bis con un testo difficile. Il titolo del corto è “MI CHIAMO PAOLUCCIO” e racconta il disagio di una madre che davanti alla malattia del figlio nasconde il proprio dolore con la maschera del coraggio e della speranza, rifiutando la pietà altrui. Il film è stato realizzato grazie alla collaborazione di Catania Film Commission e al contributo offerto dalla Provincia Regionale di Catania, oltre al sostegno di Maurizio Gibilaro, coordinatore provinciale Telethon. Nel cast, tra gli altri, due attori siciliani notissimi, Nino Frassica e Silvana Fallisi. Due campioni della comicità che, nella circostanza, cambiano veste. Fortuna che tra un ciak e l’altro della straziante storia, quando li abbiamo incontrati, ritrovano subito e spontaneamente la loro consueta ilarità. Ironico, sornione e con il cuore tenero, NINO FRASSICA è un grande artista. Camaleontico e poliedrico, è un giocoliere di parole e un creatore di immagini continuamente stimolate dal suo personaggio. “Io mi ritengo una persona fortunata -afferma Frassica-. Godo della libertà di poter sperimentare cose nuove e diverse, un privilegio che non tutti possono permettersi”. Dal set di Tornatore a quello di Sofia Coppola, passando per i tanti successi riscossi nelle recenti serie tv, Frassica si è prestato con entusiasmo per recitare in un corto destinato alla solidarietà del progetto Telethon: “ Sono felice -afferma- di lavorare per una causa tanto nobile e di poterlo fare nella mia terra, io che sono di Messina. La sce-
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film
Faro neggiatura di Zagami mi ha veramente commosso. Non è facile sintetizzare in poche battute un argomento tanto reale quanto toccante. Un tema che si rivolge a tutti e che dovrebbe far riflettere sulla grandezza racchiusa in ogni sofferenza e far pensare agli immensi tesori della vita che non guardiamo perché sono regalati”. E alla domanda se preferisce sempre i ruoli comici e un po’ dissacranti, risponde: “Cerco sempre di riproporre ciò che mi fa ridere, pur filtrandolo attraverso la mia comicità e personalità”. Nel cortile del Convitto Cutelli, set di “Mi chiamo Paoluccio”, c’è pure SILVANA FALLISI, siciliana di Buccheri, un personaggio unico, che alterna l’ingenuità di Nonna Papera all’ironia della Littizzetto. Un’attrice comica, raffinata e a tratti buffa, che lo spettacolo ama farlo così, con poche luci su di sè e la simpatia come protagonista assoluta. Sposata con Aldo Baglio, dal quale ha avuto due figli, ha recitato insieme al trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo in più di un’occasione, al cinema e in teatro. “Adesso sto lavorando ad uno spettacolo teatrale comico, prodotto dalla AGD stessa agenzia di Aldo Giovanni e Giacomo, curato dalla regia di Paola Galassi, che farà il giro dell’Italia. Con il trio – continua, però, tra il serio e il faceto- al momento non ho alcun tipo di rapporto…fatta eccezione per mio marito!”. Tra una battuta e una strizzata d’occhio, ci racconta i suoi sogni e i suoi progetti futuri: “Mi piacerebbe cantare -afferma – ma ogni volta che parlo di questo mio desiderio mi prendono in giro per via della mia voce da papera. Il mio più grande sogno, a questo punto, resta quello di doppiare un cartone. Penso di essere perfetta per quel ruolo, anche se al momento nessuno me lo ha mai proposto”.
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Intervista a Laura Esquivel
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l suo sogno nel cassetto è cantare ad un festival di Sanremo presentato da Paolo Bonolis, il suo conduttore italiano preferito. LAURA ESQUIVEL, quindici anni appena, si ritrova ad assaporare il successo della star internazionale grazie alla serie televisiva Il Mondo di Patty di cui è protagonista, attualmente trasmessa in Sud America, Spagna, Portogallo e Italia: “Patty è un personaggio che esprime una forte sensibilità, talvolta eccessiva tant’è che piange spesso a differenza di me che sicuramente sono molto più forte e soprattutto meno piagnona!” - afferma la Esquivel, che con il personaggio da lei interpretato della ragazzina argentina un po’ maldestra e per nulla maliziosa è riuscita ad entrare nel cuore e nella mente di bambine, ragazzine e (perché no?) pure di alcuni genitori, diventando un vero e proprio fenomeno di costume! - Laura per la prima volta in Sicilia per un debutto molto importante, il concerto di Natale al Teatro Massimo Bellini… “Un’emozione! Il teatro è splendido ed io adoro tutto ciò che è antico quindi fa storia. Come se non bastasse anche l’onore dell’ouverture della serata in un contesto di artisti famosissimi all’interno di un tempio della musica”. - Come riesci a conciliare la tua vita privata con il lavoro? “Benissimo trovo il tempo per fare tutto e soprattutto voglio rimanere una persona normale, non voglio che il successo mi dia alla testa! Vivo con la mia famiglia. E mia madre poi mi segue ovunque. Non sono fidanzata. Trascorro il mio tempo libero con le amiche e faccio pure sport e adoro correre.” - A proposito della famiglia Esquivel, le tue origini sono italiane… “Sì, come si evince dal nome di mia madre, Sil-
fenomeni
pazzi x PATTY
vana Greco. Mio nonno materno è napoletano.”. - In Italia a breve ti aspetta una tournèe importante.. “Andremo in giro per i teatri italiani con il musical di Patty. Nel cast attori italiani giovanissimi. Il prossimo 20 gennaio faremo tappa al palasport di Catania”. - Hai appena finito di girare un film per la tv… “Un paradiso per due. Un film per la tv prodotto da Mediaset e con Vanessa Incontrada nel ruolo di mia madre” - Il tuo sogno è sfondare come cantante: quali sono i tuoi artisti italiani preferiti? “Laura Pausini, Andrea Bocelli e Rita Pavone…da bambina impazzivo per Il Ballo del Mattone”.
All’intervista ha assistito, attenta, una giovanissima fan di Laura, Chiara Sgalambro (nella foto insieme), che si regala un commento live prima dello scatto fotografico: “La cosa che più mi affascina nel serial è il comportamento di Patty e Antonella, le due protagoniste che, nonostante le diversità del loro carattere ed il modo di fare totalmente diverso, sono riuscite comunque a diventare molto amiche”. Un flash e poi i saluti.
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FLOU • FONTANA ARTE • FLOS • ARTEMIDE • MISURA EMME • POLIFORM • VARENNA DRIADE • BONALDO • KARTELL • CASAIDEA • CATTELAN ITALIA • ARKETIPO ROBOTS • SERRALUNGA • DOLCEFARNIENTE • ELITE • GRANDIABLASCO • STOKKE FRIGERIO • YDF • EGO • MAGIS • NYA NORDISKA • CHRISTIAN FISCHBACHER SMANIA • DESIGNERS GUILD • SOMMA • MISSONI • SISLEY • BORBONESE BENETTON • ETRO • SIGNORIA FIRENZE • ANNA TORFS • RICHARD GINORI ROSENTHAL • bergHOFF • BLOMUS • CACHAREL • DEGRENNE • FABERGE’ MARIO CIONI • WALD HUTSCHENREUTHER • BUGATTI • MEDARD DE NOBLAT COQUET • WEDGWOOD • ASA • BRANDIMARTE • GREGGIO • TAITU’ • BROGGI
design
estro español
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emo profeta in patria deve essere un detto che va bene anche in Spagna, se PATRICIA URQUIOLA (nella foto in basso), designer iberica conosciuta in tutto il mondo, il successo l’ha ottenuto lavorando lontano dal suo paese. Nata ad Oviedo e studentessa alla Faculdad de Arquitectura de Madrid, si è laureata al Politecnico di Milano, dove oggi vive anche se in ogni occasione ama ricordare: “Professionalmente nasco in Italia, da figure di maestri come Bruno Munari, padre intellettuale della scuola milanese. Però io mi considero molto spagnola: una asturiana di discendenza basca”. La Urquiola non crede nei noiosi elementi modulari ma in una sistemazione informale, flessibile e modificabile, mescolando sofà e sedie. Con il suo mobilio, tende a creare un ambiente che invita a una sensazione di intimità e comfort e allo stare insieme. I suoi divani Step e Lowland sono stati selezionati per l’Annuario del Design Internazionale già nel 1999/2000. Per la GAN di Gandia Blasco ha disegnato la collezione di tappeti MANGAS, che ha riscosso consensi nelle ultime due edizioni del SALONE DEL MOBILE DI MILANO. E’ la scuola spagnola, insomma, che fa tendenza.
Altri complementi originali di design, adatti ad uno spazio total living, sono gli OROLOGI della NOMON ideati da JOSE MARIA REINA (in vendita pure da Virhome), innovatore e trasgressivo nelle forme e nella scelta dei materiali. Singolari “segnatempo” da parete e da tavolo che hanno come costante l’assenza del quadrante: tutti i pezzi sono separati e vanno singolarmente montati sul muro, mentre a sè stante è il meccanismo centrale con le lancette e le tacche per indicare le ore. D’effetto, negli ambienti giusti… E poi come non citare, parlando dell’estro spagnolo, la simpatica follia colorata che costituisce il mondo di AGATHA RUIZ DE LA PRADA, che, ad esempio, a Milano, per l’edizione 2009 del Salone del Mobile, ha scelto lo Star Hotel Rosa di piazza Fontana come location dove allestire una sua esposizione, nell’ambito delle innumerevoli iniziative collaterali organizzate a margine dell’evento principe del capoluogo meneghino. In perfetto stile Pop Art oggetti e complementi d’arredo, per adulti allegri (e un po’ con sindrome da Peter Pan) e soprattutto bambini: cuoricini, righe e pois per dar spazio alla fantasia. La più sfrenata e caliente. Olè!
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Outdoor Training
forte
dentro
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di Gaetana Gagliano (Trainer outdoor OMTŠ - Specialista in outdoor subacqueo - Consulente di direzione) photo Domenico Fabiano - Š MEDIAMIX
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eonardo, dirigente del settore personale presso un comune della provincia di Trapani, alla fine di un outdoor training con la subacquea ha detto: “La
sensazione di smarrimento provata al primo contatto con la nuova dimensione non mi ha impaurit,o ma sorpreso. Dopo la fase di ambientamento, mi sono sentito esploratore di un nuovo territorio sia fuori che dentro me: ora ho la sensazione di conoscermi meglio, di essere un po’ più consapevole dei miei mezzi e dei miei limiti. Mi sento più sicuro!”. Gli fa eco Carlo, responsabile del settore produzione di un’importantissima azienda di meccanica di precisione, interrogato ad un anno dall’outdoor training con la subacquea: “Non mi pongo più
limiti, agisco pensando che si possono raggiungere risultati che una volta consideravo irraggiungibili, mentre il gioco di squadra mi consente di arrivare molto più lontano di quanto potrei fare da solo”.
L’OUTDOOR TRAINING funziona così: i partecipanti vengono portati “fuori” dalla realtà quotidiana, proponendo loro una serie di attività che inducono a pensare e ad agire uscendo dagli abituali schemi mentali. I partecipanti messi di fronte ad attività, prove, simulazioni, rischi e situazioni nuove che metaforicamente riproducono azioni e processi aziendali, acquisiranno via via consapevolezza sui propri mezzi. L’apprendimento avviene attraverso una riflessione comune sui risultati e sulle modalità che ciascuno ha adottato nelle differenti esperienze, con una specifica focalizzazione su una serie predefinita di comportamenti organizzativi. In questa fase diventa importante imparare a dare e ricevere feedback. Le esperienze outdoor possono durare ciascuna diverse ore. Sono progettate e realizzate in modo da far leva sul coinvolgimento emotivo dei partecipanti. Per facilitare lo sviluppo dei nuovi comportamenti organizzativi, tutte le attività sono riprese con le telecamere, in modo che la successiva discussione di gruppo possa permettere a tutti di confrontare le proprie esperienze sia con quelle degli altri partecipanti che con il riscontro “oggettivo” della registrazione video. Le attività fisiche sono puramente strumentali alla creazione della corretta tensione emozionale: sebbene avvengano in assoluta sicurezza, grazie all’assistenza di guide specializzate, resta forte la percezione di un certo grado di pericolo potenziale.
L’obiettivo di un tale modello di formazione ad alto coinvolgimento psicofisico è quello di abbattere le barriere della diffidenza, mettendo piuttosto un gruppo di “colleghi” in condizione di aver bisogno gli uni degli altri, di responsabilizzarsi a livello personale, di pensare insieme agli altri. L’outdoor training si usa in particolare per: 1) migliorare i processi di teamwork (presa di coscienza e gestione del cambiamento, leadership, membership, problem solving, feedback, teambuilding, comunicazione, presa di decisione); 2) sviluppare abilità relative all’orientamento alla relazione (attenzione agli altri, riconoscimento dei bisogni altrui, ascolto, stabilire rapporti significativi, risoluzione dei conflitti, cooperazione, fiducia in sé e negli altri); 3) project work (conoscenza e utilizzo delle risorse, capacità organizzative, fissare e programmare obiettivi, pianificazione, valutazione risultati, superamento convinzioni limitanti); 4) produzione creativa di idee, aumento della coesione nei gruppi e senso di appartenenza all’organizzazione. Le attività previste durante i workshop comprendono: attività di gruppo; momenti di riflessione, analisi del contesto organizzativo, sintesi e trasmissione di alcuni modelli teorici; sessioni di revisione in cui l’apprendimento è condiviso e proiettato verso nuove funzionalità. I luoghi in cui si svolge prevalentemente l’outdoor training sono il mare (barca a vela, subacquea), i fiumi (hidrospeed, rafting, canyoning), i boschi con laghetti annessi (camminata, costruzioni, orienteering), le falesie (arrampicata sportiva). Nell’outdoor training per sfruttare al meglio tutto il potenziale d’apprendimento è necessaria l’attivazione e l’uso simultaneo di un mix calibrato di ingredienti: A VVENTURA; METAFORA; COMMITMENT; OSSERVAZIONE; CONCRETEZZA.
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formazione
il mix di ingredienti AVVENTURA: significa avanzare in un territorio sconosciuto di cui a priori non si conoscono le difficoltà e i segreti direttamente (non se n’è fatta, cioè, esperienza prima), sapendo che il successo dipenderà dall’efficacia o meno delle nostre azioni; non c’è bisogno di correre dei grandi pericoli oggettivi, quello che conta è la nostra percezione soggettiva di non sapere come va a finire. METAFORA: ha il compito di legare le attività sviluppate nell’outdoor con le situazioni reali dei contesti lavorativi dei partecipanti e facilitare così il trasferimento degli apprendimenti realizzati nell’ambiente e nella pratica lavorativa quotidiana. COMMITMENT: il coinvolgimento che le situazioni proposte generano non solo sul piano intellettuale, ma anche su quello relazionale, emotivo, energetico e fisico. Si nota spesso l’entusiasmo di chi accetta una sfida, la tensione di chi si sente ar-
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tefice dei propri risultati; la sua sperimentazione consente di imparare a gestire i carichi emotivi. OSSERVAZIONE: rappresenta un momento privilegiato della metodologia. Ci si osserva mentre si agisce (autosservazione) e mentre si guardano le videoregistrazioni delle esperienze. Si cercano le differenze e si analizzano le sfumature. Ampliare la gamma dei comportamenti che siamo capaci di osservare ci fa già compiere il primo passo verso il loro apprendimento. CONCRETEZZA: tutte le sessioni di lavoro richiedono ai partecipanti di fare affidamento sulle risorse, proprie o affidate, per raggiungere obiettivi precisi e concreti. Le attività da svolgere smettono molto presto di essere giochi per essere percepite come reali e concrete, il successo o il fallimento producono conseguenze immediate.
TENDENZE
DoWnShIfTiNg…
“mollo tutto e scappo via!” di Mariella Caruso
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picuro era un filosofo saggio. Paragonava la vita a un banchetto dal quale si poteva essere scacciati all’improvviso. Quindi bisognava essere preparati ad andarsene in ogni momento accontentandosi di ciò che si era già avuto. Il convitato saggio, quindi, non attende le portate più raffinate ma si soddisfa in ogni momento con quello che ha avuto. «Per godere veramente la vita bisogna liberarsi dell’inutile», diceva il saggio greco ammonendo gli uomini del suo tempo a una condotta di grande moderazione perché «meno si possiede e meno si teme di perdere». Un antico concetto che i seguaci del ‘downshifting’, testualmente ‘scalata’, hanno deciso di modernizzare applicandolo alla vita frenetica dei giorni nostri. Ma cos’è il ‘downshifting’? Semplicemente una riduzione volontaria dei propri impegni e, soprattutto, del proprio stipendio per dedicarsi ad attività meno stressanti, avere più tempo per se stessi, per la famiglia, per i propri hobby. Un ‘simple living’ che, qualche anno fa agli albori della new philosophy epicuriana, in Italia è stato tradotto col neologismo ‘semplicità volontaria’. A rilanciare il tema, più che mai dibattuto sin dal declino della figura dello yuppies, è stato recentemente Simone Perotti (nella foto), un ex manager di Sisal e Boston Consulting, che ha lavorato per dieci anni alla sua ‘scalata di marcia’ e dopo essersi ritirato in una casa nelle campagne tra La Spezia e le Cinque Terre, ci ha scritto un libro: «Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita. Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta» edito da Chiarelettere. Oggi Simone Perotti fa lo skipper, affitta barche, raggranella qualcosa facendo la guida turistica, il barista, lo scultore e il restauratore di mobili. Ma soprattutto scrive, con Bompiani ha recentemente
pubblicato ‘L’estate del disincanto’. Perotti, però, è solo uno degli ultimi adepti del ‘downshifiting’. Secondo l’agenzia inglese di ricerche di mercato, Datamonitor, in tutto il mondo i lavoratori potenzialmente inclini a fare downshifting sarebbero 16 milioni. Naturalmente la prima dote necessaria per ‘downshiftare’ è avere coraggio. Il coraggio di non battere più la strada maestra del ‘consumismo’ a tutti i costi abbandonando l’assioma che porta a guadagnare di più per poter spendere di più.
« Non si è mai troppo vecchi o troppo giovani per essere felici. Uomo o donna, ricco o povero, ognuno può essere felice ». (Epicuro)
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o stile di vita imposto dalla società odierna ci porta ad essere sempre più impegnati e a non renderci conto di come mente e corpo ne risentano negativamente. È il nostro stesso organismo a darci l’allarme quando inizia ad avvertire uno squilibrio interiore facendo affiorare delle vere e proprie patologie più o meno gravi. Gli studiosi dopo anni di ricerca sono giunti alla conclusione che per fare stare bene il nostro corpo bisogna lavorare molto sulla psiche. Negli Usa, ad esempio, gli uomini d’affari, top manager, imprenditori o comunque figure professionali sottoposte ad un perenne pressing mentale non riescono più a fare a meno della figura dello psico-
logo che funge da medicina naturale antistress: “Il
training autogeno è una tecnica di meditazione
che si adotta per permettere all’individuo di tenere sotto controllo le proprie emozioni anche in momenti particolarmente difficili”. -afferma ROBERTA MORO, psicologo dirigente del dipartimento di salute mentale usl di Catania-. “Sempre più di fre-
quente si soffre di attacchi d’ansia, panico, agorafobia, patofobia, eccetera: tutti segnali eloquenti attraverso cui il nostro organismo si ribella. Possono essere definite delle vere e proprie patologie che, se non vengono fronteggiate per tempo, rischiano di diventare croniche. Oggi l’individuo è stressato perché non è in grado di fermarsi, conduce una vita troppo frenetica e considerando che la qualità della vita dipende dal nostro quotidiano bisognerebbe imparare ad estraniarsi dagli eventi stressoggeni”. È risaputo che uno dei metodi per estraniarsi dal tran tran lavorativo è lo SPORT. Sono tantissimi coloro che ne hanno fatto uno strumento per abbellire il proprio corpo e rasserenare la propria mente. Alcuni sono disposti persino a rinunciare
alla pausa pranzo pur di non perdere una lezione di fitness o acquagym: “Anche nel caso dello sport continua la Moro - è necessario non esagerare: sport sì, purchè non diventi un’ossessione!”. Altra valida alternativa, in un certo senso pure più rilassante, sono le SPA. Una tendenza fortemente diffusa negli ultimi anni, divenuta un vero e proprio culto. “Il tempio del benessere – afferma VALERIA SPAMPINATO responsabile di un noto centro a Catania – è un progetto che mira a ri-
pristinare l’equilibrio psicofisico dell’individuo attraverso diverse tecniche di massaggi. Shirò è una delle tecniche più innovative poiché non è un massaggio tradizionale e si basa principalmente sulle emozioni. La tecnica, che si effettua all’interno di una cabina avvolgente priva di spigoli e su un lettino che consente una posizione atta a rievocare il ricordo dell’individuo all’interno del grembo materno, prevede 3 fasi: la prima punta alla scelta, da parte di chi riceve il messaggio, di una delle immagini inserite all’interno di un book specifico che serve ad eseguire la diagnosi emozionale. La seconda fase consiste in un massaggio manuale sul lettino shirò con degli olii appositamente selezionati dal personale tecnico. Durante questa fase si lavora molto sui sensi quindi sull’emozioni, stimolando così la produzione di endorfine (sostanza chimica di natura organica prodotta dal cervello, dotata di proprietà analgesiche e fisiologiche). La terza ed ultima fase si conclude all’interno della vasca idromassaggio con degustazione di tisana e frutta”. Per chi desiderasse invece riequilibrare i propri CHAKRA (sette punti del corpo umano dove si genera energia vitale) meglio optare per un’altra tecnica, lo stone massage: “Questo massaggio lo consigliamo - spiega la Spampinato - soprattutto
quando si creano all’interno dell’organismo dei blocchi energetici. Con questa tecnica ci si avvale pure dell’utilizzo di pietre vulcaniche, ricche di carbonio e silicio, che, riscaldate, vanno posizionate nei vari punti chakra rilasciando un calore che, abbinato al massaggio specifico, permettono di riequilibrare l’energia”.
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week end
Milano in rosa ......
Nel cuore di Milano, a pochi passi dal Duomo, dalla Via Montenapoleone, dal Teatro alla Scala e dalla Galleria Vittorio Emanuele, c’è lo Starhotels Rosa Grand di Piazza Fontana, tra gli alberghi più grandi del centro cittadino. Alcune camere si affacciano sulle guglie del Duomo dominato dalla Madonnina. Hotel 4 stelle, ma di vero lusso, lo Starhotels Rosa Grand è stato di recente ristrutturato. Oggi una nuova sezione dell’hotel si combina con l’edificio originario. Servizio impeccabile sin dall’accoglienza e un’atmosfera elegante già nell’imponente hall dal design moderno. Il salone Vip e il salone Club offrono un ambiente spazioso e rilassante. L’ultimo piano dell’edificio ospita una sala fitness ben attrezzata. L’hotel è provvisto anche di sette sale riunioni. Funzionano inoltre un elegante American bar e un raffinato ristorante che serve specialità milanesi e internazionali. Le camere, classiche e moderne, propongono soprattutto dei letti straordinariamente comodi. Impeccabili le superior, sontuose le suites con salottino e tutti i comfort. Ottimo il servizio di pulizia.
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LA CARTOLINA
sapore diSole
Mozia - photo A. Carbone
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di
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il giovinetto
Kothon
Le saline di Marsala viste da Mozia
turismo
il fascino
mozia
turismo
S
e il nobile inglese Joseph (Giuseppe) Whitaker si innamorò di quest’isoletta magica in mezzo allo Stagnone di Marsala c’è più di un motivo. Motya o MOZIA (oppure SAN PANTALEO, come la chiamarono in epoca medievale i monaci basiliani trasferitisi sull’isola) fu colonia fenicia ed è come un forziere pieno di tesori. Greci, cartaginesi e siracusani, nell’antichità, si contesero quest’avanposto strategico in mezzo al mare, protetto dalla vicina Isola Longa. Teatro di guerre e distrutta dal tiranno aretuseo Dionisio il Vecchio nel 397, si spopolò con i suoi abitanti costretti a trasferirsi nella vicina Lilibeo, l’attuale MARSALA. Fino ad essere riscoperta a fine ‘800 proprio dalla famiglia Whitaker. “…Un’isola
che dista sei stadi* dalla Sicilia ed era abbellita artisticamente in sommo grado con numerose belle case, grazie alla prosperità degli abitanti”. Così scriveva Diodoro Siculo, storico greco antico. Oggi un’alchimia straordinaria cattura il visitatore che si lascia alle spalle le saline con i mulini e si avventura nella laguna, a bordo di un imbarcadero, immaginando quanto sarebbe stato affascinante ripetere l’esperienza di attraversare quelle acque basse su un CARRETTO TRAINATO DA UN MULO O DA UN CAVALLO, ripercorrendo la strada fenicia sottomarina, come ancora fino agli inizi degli anni ‘70 qualcuno faceva. Quei carretti, che sembrava camminassero sull’acqua, trasportavano l’uva Grillo per la produzione del Marsala, rinomato vino. Una fiorente attività, avviata proprio dai Whitaker, che abitavano la casa oggi trasformata in un Museo gestito dall’omonima Fondazione, che è proprietaria dell’isola. Una casa circondata da una vegetazione fittissima e particolare, di tipo mediterraneo: specie in primavera, infatti, l’isola si tinge di variopinti colori e si profuma di variegati odori. D’obbligo VISITARLA tutta: un sentiero permette di effettuare, in circa un’ora e mezza a piedi, il periplo dell’isola –grande 45 ettari- e di scoprire i resti della città fenicia. Lungo il percorso si incontrano ancora resti delle torri, in particolare la torre orientale (a base rettangolare) con la scalinata di accesso. Delle due porte che consentivano
l’accesso alla città, la Porta Nord era la principale ed è la meglio conservata. Si vedono ancora i resti delle due torri che la fiancheggiavano e delle antiche mura. Alle spalle della porta si può anche notare parte del lastricato della strada principale della cittadina, con i segni delle ruote lasciate dai carri. Verso il mare invece si delinea la famosa STRADA LASTRICATA che congiunge Mozia alla terraferma (in località Birgi) costruita quasi a pelo d’acqua. Lunga circa 7 km era larga tanto da consentire il passaggio contemporaneo di due carri. Il tracciato è ancor oggi evidenziato da “cippi” che emergono dall’acqua. Proseguendo si scorge in mezzo al mare l’isoletta di Schola, la più piccola tra le isole dello Stagnone, caratterizzata da tre casolari rosati e senza tetto. Porta Sud, si trova subito dopo il porto ed ha due torri ai lati, come la porta Nord. Cappiddazzu è la zona che si erge alle spalle della porta Nord. Tophet indica l’area sacra, un santuario a cielo aperto dove venivano deposti i vasi contenenti i resti dei sacrifici umani. Una pratica diffusa era l’immolazione dei primogeniti maschi. Una serie di pietre tombali e di urne caratterizzano la Necropoli arcaica. Esisteva inoltre una seconda necropoli sulla terraferma, in località Birgi, proprio in corrispondenza della “strada sommersa”. Kothon è un piccolo bacino artificiale di forma rettangolare collegato al mare aperto da un canale. Probabilmente fungeva da porto per imbarcazioni piccole e leggere adibite al carico e scarico merci. Nell’isola si trovano la Casermetta, una costruzione militare di cui si vedono ancora gli elementi verticali, e la Casa dei Mosaici, chiamata così per la presenza di due bei mosaici in Ciottoli bianchi e neri, raffiguranti un grifo alato che insegue una cerva ed un leone che assale un toro. E poi il Museo, dove sono esposti i numerosi reperti archeologici trovati sull’isola, a Marsala e nella necropoli di Birgi. Opera dominante, il GIOVINETTO DI MOZIA, superbo Efebo, figura nobile dal portamento fiero di sicuro influsso greco. Alle spalle del museo c’è la Casa delle Anfore, così denominata perché lì sono state rinvenute un considerevole numero di anfore.
* antica unità di misura
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SCATTI
Presepi di H
Sicilia
o ritrovato le immagini e le sensazioni del mio Natale tra i ricordi di quando ero bambino. Non è stato difficile, ripercorrendo secondo un ordine preciso gli eventi scanditi da quella successione che in modo quasi naturale si ripeteva di anno in anno, appena passati i tempi della vendemmia, della raccolta delle mele, dei fichidindia e delle castagne. Così torna limpido il ricordo del PRESEPE, di quell’atmosfera magica inevitabilmente accostata al calore familiare. Giorni d’autunno: attendevo con pazienza il momento in cui mio padre, sbucando all’improvviso tra i miei giochi, mi comunicava che era giunto il momento di andare insieme in MONTAGNA, sull’ETNA, a raccogliere tutto l’occorrente per realizzare il presepe. Correvo in auto ad occupare quel posto che solitamente era il sedile di mia madre, cosa che accresceva il senso di appagamento per avere meritato un “compito fondamentale”, ovverosia ricercare pietre, rami e muschio sfruttando la mia agilità e la mia fantasia. Esagerando, credevo che mio padre, da solo, non avrebbe trovato nulla e che il presepe dipendeva da me. La nostra era una vera e propria spedizione. Mentre lui guidava attento tra i tornanti e osservava, muto e compiaciuto, il mio atteggiamento, io dal finestrino dell’auto ammiravo felice quei paesaggi. Arrivati sul luogo, si cominciavano a cercare le “sparaponghe”, asparagi selvatici che, non raccolti, germogliavano diventando spinosi: sarebbero servite sia per il presepe che per allestire la “cona”, un’icona che spesso raffigurava la Sacra Famiglia. Alle sparaponghe si attaccavano tutt’intorno batuffoli di cotone come se fosse neve, posizionata in mezzo alla migliore selezione di agrumi, traclementine, arance e mandarini. Poi si passava a cercare le pietre per fare la Grotta. Pietre LAVICHE, belle grosse e porose, meglio se una sola, un po’ inarcata a parabola se si voleva una grotta perfetta. Infine si andava a raccogliere il muschio, verso nord, dove l’umidità è maggiore a causa alla poca esposizione ai raggi solari. Bisognava trovarne dei bei pezzi larghi e uniformi, per simulare il terreno attorno alla Grotta. Ricordo ancora l’odore forte e pungente che si liberava dalla terra, mentre staccavo quel manto verde che poi tenevo tra le mani come fosse una reliquia. Recuperato l’occorrente, si scendeva dritti verso casa. Il presepe era solo da sistemare, ci avrebbe pensato mia madre, e sarebbe stato bellissimo.
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testi, pensieri e foto di Orazio Cristaldi
n Sicilia la tradizione si perpetua e resiste più che altrove. In quasi tutte le case c’è almeno uno spazio dedicato al “praesepium” (dal latino: recinto chiuso, mangiatoia), rappresentazione sacra che per primo realizzò nel 1223 San Francesco D’Assisi. Il culto del presepe in Sicilia fu introdotto dai gesuiti. Col tempo vari artisti e artigiani si sono cimentati nella realizzazione di vere e proprie opere d’arte utilizzando svariati materiali, dalla cera al legno, dall’oro all’avorio, dall’argento al corallo, quest’ultimo usato soprattutto nel trapanese dove fino poco tempo fa si prelevava dalle coste vicine. A PALERMO, in via dei Bambinai, nei pressi della chiesa di San Domenico, si sviluppò tra il ‘600 e il ‘700 un’ arte particolare: maestri artigiani realizzavano Bambinelli di fattura raffinata, impreziositi da accessori d’oro e d’argento. Capiscuola furono Giulio Gaetano Zumbo (del quale si può ammirare un presepe al Victoria and Albert Museum di
Londra), Giovanni Rosselli (una cui opera ne testimonia l’arte presso il Museo Regionale di Messina) e ancora Anna Fortino, Giacomo Serpotta e Anna La Farina. Nel ragusano, a MODICA, realizzata in calcare duro, nella parete esterna sinistra della chiesa di Santa Maria di Betlemme, vi è una lunetta cuspidata che raffigura la natività. Risalente al XV sec., è detta pure lunetta del “Berlon”. All’interno della stessa chiesa è custodito un presepe di dimensioni monumentali, commissionato ad artisti di Caltagirone, tre abili artigiani che si susseguirono nella realizzazione: il primo fu Fra Benedetto Papale, che si occupò della scenografia realizzando il paesaggio; il secondo fu Giovanni Vaccaro Bongiovanni, che realizzò i personaggi; ed infine Giacomo Azzolina, il quale realizzò le figure della Madonna, di San Giuseppe, degli Angeli, del bue e dell’asinello. Altri due bassorilievi del XVIII sec. sono visibili ad ISPICA, nella chiesa della SS. Annunziata. Mentre a SCICLI, nella chiesa dedicata a San Bartolomeo, è visibile un altro splendido presepe secondo un atto notarile realizzato nel 1576 da uno scultore anonimo. Costruito interamente in legno, con statue magistralmente dipinte, ha subito una forte riduzione dei personaggi a causa di un violento terremoto. Altre incantevoli rappresentazioni della Nativita’ possono ammirarsi a CALTAGIRONE,
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SCATTI città produttrice di ceramiche fin dal ‘500, dove artigiani del calibro del già citato Giacomo Bongiovanni, fecero fiorire l’arte del presepe. Realizzati in terracotta, raffigurano scene di vita contadina e pastorale animate da personaggi tipici come il pastore che dorme, lo zampognaro, il venditore di ricotta o il cacciatore. Agli inizi del ‘700 operavano artigiani rinomati, come i “santari” Branciforti e Margioglio, che contribuirono ad imporre Caltagirone come “Città del presepe”. Ogni anno, la città di Don Luigi Sturzo, ripropone la mostra del Presepe Monumentale nella cripta del Monastero dei Cappuccini e il presepe della Meraviglia, lungo la monumentale scala di Santa Maria del Monte. Sempre in provincia di Catania, ad ACIREALE è possibile ammirare il Presepe Settecentesco, composto da 34 personaggi a grandezza naturale particolarmente pregiati. Allestito in una grotta di scorrimento lavico, fu fortemente voluto dal canonico Mariano Valerio: pare che in una giornata invernale del 1741, fosse stato costretto da un forte temporale a rifugiarsi in questa spelonca. All’interno, nell’attesa, maturò l’idea di allestirvi un presepe. Ci riuscì undici anni dopo, nel 1752. Oggi il presepe è adiacente alla chiesa di Santa Maria della Neve. In Sicilia la rappresentazione del presepe non è solo “statica”. In diverse città dell’isola è possibile ammirare il mistero della natività in scena, con tanto di pastori, zampognari, buoi, asinelli e la Sacra Famiglia. Dei presepi viventi, due in particoare hanno meritato grande fama: quello di CASTANEA DELLE FURIE, a Messina, e quello di CUSTONACI nel Trapanese. Quest’ultimo prende vita in un lembo di terra che, strappata al mare, tra monte Erice e Monte Cofano, quasi equidistante tra i due monti, s’impenna verso il cielo con uno sperone di roccia calcarea. Sicuramente la cavità più bella e singolare è la grotta dei “Mangiapane”, così chiamata per via del cognome degli ultimi inquilini che ne fecero la loro residenza sino al primissimo dopoguerra. Oggi è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi dove si rappresenta il miracolo della natività.
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story
di Antonella Gurrieri
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a flebile luce di una fiammella incanta l’oscurità. Bussa timidamente alle porte del buio, tenue e impalpabile, si affaccia dove tutto appare fosco ed ecco che, come una piccola stella, fa brillare tenui i colori. Una magia che si rinnova ogni volta che uno stoppino si illumina: ondeggia con il lieve alito d’aria, si riflette fra le pareti creando l’incantesimo delle ombre cinesi, si moltiplica fra i ceselli di cristallo, si plasma sui vetri limpidi delle finestre, prende forma sull’argento, si sbriciola fra denti delle forchette adagiate su una tavola sapientemente apparecchiata. Quanta poesia concentrata in un centimetro di fiammella, quanto charme nell’aria, quanto sapore di casa, di buono, accogliente, caldo. MARIA SEMINARA lo sa bene: è lei la designer delle candele di sharme. Opere d’arte da esporre come tesori negli angoli più importanti. Magie di cera con decorazioni che ricordano frammenti di paesaggi siciliani spesso ispirati a luoghi ben precisi. Maria gioca con i colori, i fiori, le spezie e i materiali della Sicilia: la lava dell’Etna, il sale Mediterraneo, la sabbia della Playa. Così ogni candela possiede un nome, racconta una storia, una strada, uno scorcio d’isola. “L’idea di fare la fabbricante di luce nasce durante una mia permanenza a Milano – racconta Maria Seminara, catanese doc - lì di luce ce n’è poca o per-
lomeno non quanta ce ne sia qui da noi e dunque mi mancava. Al contempo avevo voglia di fare un lavoro più creativo rispetto a quello dell’impiegata del servizio sanitario nazionale e quindi dentro di me ero alla ricerca di qualcosa che mi entusiasmasse. E’ stato semplice, in fondo, e direi naturale, mettere insieme voglia di luce siciliana e creatività. Non poteva che nascere una CANDELA! e perdipiù una candela che ricordasse la mia terra. La scintilla fu accesa dalle parole di un mio amico che guardando insieme a me delle orribili candele, di punto in bianco mi disse: PERCHÈ NON LE FAI TU LE CANDELE? SONO CERTO CHE NE SARESTI CAPACE. Così cominciò questo idillio fra me e la cera. Del resto, mi trovavo pure nel posto giusto per raccogliere tutte le informazioni tecniche utili ed i contatti necessari”. Per ammirare le candele di Maria Seminara si può navigare anche nel sito www.mdcandele.it: “E’ logico, poi, che le idee sono come le ciliegie... una tira l’altra. –continua la Seminara-. Comunque l’intento chiaro è stato sin dall’inizio quello di dare una precisa identità alle candele in modo che fosse evidente l’origine. Ho poi brevettato anche il sistema di ricarica che consente di poterle riutilizzare. Adesso le mie creazioni illuminano le case di mezzo mondo regalando un inedito TOCCO DI SICILIA”.
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istituzioni La Provincia Regionale di Catania apre lo storico cortile di Palazzo Minoriti alla cittĂ
Artigianato al Chiostro
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istituzioni
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ALAZZO MINORITI, nel cuore di Catania, trasformato in un set per l’artigianato nel mese del Natale. In esposizione i presepi realizzati da artisti del catanese ed altre opere dei maestri del manufatto. Ceramiche, sculture, dipinti, caretti, i Pupi Siciliani. Varie facce di una tradizione che la Provincia Regionale di Catania vuole salvaguardare e valorizzare, tanto da mettere a disposizione di queste mani così esperte lo storico Chiostro del Palazzo di rappresentanza (dove ha pure la sede Prefettura), in pieno centro, tra la via Etnea e i Quattro Canti. Una cornice unica per una mostra singolare, “NATALE 2009 AI MINORITI: BOTTEGA DELL’ARTIGIANATO ARTISTICO E DEI PRESEPI”, aperta fino al 27 dicembre (salvo proroghe)
ogni giorno dalle 7 alle 21, ingresso gratuito. Negli stand allestiti sotto i portici e all’interno di una tensostruttura trasparente al centro del chiostro, sono ospitati artigiani della ceramica, del legno, del ferro battuto e di tanti altri settori che partecipano a vario titolo alla realizzazione di queste piccole grandi opere d’arte. «Abbiamo pensato insieme con l’assessore Pesce – spiega il Presidente della Provincia, GIUSEPPE CASTIGLIONE – di vivacizzare il chiostro dell’antico Palazzo Minoriti con l’esposizione di manufatti realizzati dai migliori artigiani del ter-
ritorio. Un’occasione per far apprezzare anche ai bambini le diverse dimostrazioni degli antichi lavori manuali tra i quali il decoro della ceramica, la lavorazione del ferro battuto, la realizzazione di ceste e i ricami al tombolo. Tutto accompagnato dal suono delle zampogne che crea l’atmosfera delle feste di Natale». «’NATALE AI MINORITI’- aggiunge l’assessore provinciale allo Sviluppo economico Massimo Pesce – vuol essere pure una vetrina per le maestranze che rappresentano, ieri come oggi, la continuità della tradizione proiettata verso il futuro. Un patrimonio che non può essere disperso e che spesso i nostri giovani non conoscono. Il nostro è un artigianato d’eccellenza e non si può fare a meno di promuovere le nostre produzioni tipiche e di qualità». «Le potenzialità che scaturiscono dagli antichi mestieri, insieme all’inventiva e alla creatività dei nostri artigiani, rappresentano certamente un volano della nostra economia - conclude il Presidente Castiglione-. Questa iniziativa, ad esempio, da un lato mira al sostegno delle imprese, dall’altro a dare ai prodotti artigianali maggiore visibilità in modo da garantire una maggiore commercializzazione. Fondamentali inoltre le collaborazioni della Provincia con il mondo del volontariato, con la Croce Rossa, la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio, un modo per recuperare in occasioni simili pure il valore della solidarietà».
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Vernissages H
a l’opulenza di una reggia, la parvenza di un labirinto e contiene i tesori di uno scrigno. Il monastero benedettino di San Nicolò l’Arena di Catania (il più grande d’Europa insieme a quello di Mafra in Portogallo) è come un forziere pieno di preziosi cimeli. Per due secoli custoditi da quella comunità di monaci che dettava legge nella Catania risorta dopo il terremoto del 1693. Parte di collezioni antiquarie e scientifiche diventano oggetto della mostra “SCIENZA E ARTO ALL’OMBRA DEL VULCANO” –aperta al pubblico fino a Natale- allestita all’interno, nella maestosa biblioteca settecentesca del Vaccarini. Disegni e opere pittoriche, appunti di botanica, quaderni di musica, teche e reliquari d’oro e d’argento, collages e ricami in seta realizzati da monaci studiosi; e poi le reliquie del monastero e un reperto che è un po’ il simbolo della rassegna, il fossile di elefante nano, animale che ha alimentato leggende: “Il mito
di Polifemo e dei Ciclopi nasce proprio dalla presenza nel territorio sin dalla preistoria di questi esemplari, che popolavano soprattutto l’area etnea. –racconta Caterina
Napoleone, curatrice della mostra- I loro crani pre-
sentano un grosso foro al centro e quando furono ritrovati si pensò ad enormi teste di giganti con un occhio solo”. L’elefante è anche il simbolo di Catania. Ancora una leggenda narra del mago Eliodoro (da cui, distorto dal dialetto, nasce la definizione di Liotru) che si muoveva per la città cavalcandone uno. Ma questa è un’altra storia…
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aesaggi d’altri tempi. Immortalati nelle fotografie di GAETANO PONTE, vulcanologo che sull’Etna scattò centinaia di immagini tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. Foto in bianco e nero –esposte sempre al monastero dei Benedettini di Catania- che ritraggono vecchi profili del vulcano e la gente che sfidava il gigante con coraggio pur senza mezzi: “Lo spessore dello scienziato,
la sua maestria nell’utilizzo della tecnica fotografica, la presenza ispiratrice dell’Etna e della sua continua attività eruttiva hanno generato attraverso Gaetano Ponte una miscela prodigiosa, che ha prodotto documenti fotografici
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catanesi di rara bellezza artistica ed estrema importanza scientifica. –afferma Enzo Boschi, direttore dell’INGV- La maggior parte delle fotografie sono legate ad aspetti vulcanici, con particolare riferimento alle immagini delle numerose eruzioni succedutesi all’Etna nel primo Novecento”. Ponte, fondatore del primo osservatorio vulcanologico universitario europeo, era un esperto di fotografia naturale. La mostra è un’operazione di riscoperta di un patrimonio scientifico e culturale utnico nel suo genere: c’è l’Osservatorio Etneo di 2942 m (s.l.m.), con il cratere centrale sullo sfondo; l’attività del 1910 vista da Taormina; le eruzioni del 1911, del 1923 e del 1947; la colata lavica del 1928 e la distruzione di Mascali; la casa cantoniera nel 1920 e con un mulattiere nel 1928; e poi, la Sciara del Fuoco di Stromboli con la colata lavica del luglio 1916 e i crateri sommitali in degassamento.
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edicata al confronto tra Alberto Burri e Lucio Fontana una grande mostra allestita a Palazzo Valle di Catania. La
rassegna, intitolata “BURRI E FONTANA. MATERIA E SPAZIO”, promossa dalla Fondazione Puglisi Cosentino, propone circa cento capolavori e le opere piu’ significative dei due maestri. Così, se per Burri la materia è stata di volta in volta ‘presentata’ nelle elaborazioni dei “Catrami”, dei “Sacchi”, delle “Plastiche”, delle “Combustioni”, dei “Ferri”, dei “Cellotex”, dei “Cretti”, fino al famoso “Cretto di Gibellina”, che trova proprio in Sicilia la sua dimensione a scala paesaggistica, per Fontana l’assidua definizione della spazialità avviene sotto il segno dei suoi “Concetti spaziali”, siano essi le sculture del ’47 o i “Buchi” e i “Tagli _ Attese” degli anni tra il ’49 e il ’58, oppure gli “Ambienti”, le “Nature”, i “Quanta” e i “Teatrini” e altre straordinarie creazioni in metallo o al neon che concludono il suo percorso artistico.
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a, è come n’affer m l’ho voluta azione c fia di Ele he mette o u n punto, PUNTE nora Abbagna mom ”, edito da Rizzo to, dettagliata ne entaneamente, alla li. l libro “U I ricordi N ANGE biograLO SUL zi, già a 4dell’étoile palermit LE dalla Sicil anni, nella scuo ana, prima balle la r ia in d , a i a d a Monteca anza di P ll’Opéra in quella per due es di Rossella Highrlo, nella scuola dialer mo; le prime edi Parigi: “Gli ini-
to er; quin sperienze Marika B lo utive. L’iw ncontro codi i due stage in Fesobrasova, e a Cantana La decis rancia a 1 n Roland n ione di tr 2 e 13 annes Petit e Ca non c’è ne asferirsi ni rl a a m P F m a ra r eno un’ita igi: “Mi cci ”. sy, dirett dic li resistere, rmice della scuola adna. Io rispondevoe: vano che era impo i da ssibile, all allora dev a lei non m ’Op oe i conoscevnza dell’Opéra, m a…”. i disse chsseere io! Claude Beéra I primi a snon erano vano le nni in Francia: “S tante a gazzine d tavo dalle mi mancra ella s suore Sicilia mai vano tante piccocleuola. Sono sempreo da famiglie bene r c ic fanno com arica. Trovo v ose, e poi mi ma stata molto legatastanti che ospitai plimenti p n er stradas”ia tanta gente veracava la mamma. Oalla mia ter ra: . Compres . g A18 ann i i postegngi rientro in iatori, che la coreo i affitta un mon g spiccare rafa tedesca Pin olocale e va a v iv a ventitré il volo e diventa Bausch e l’am ere da sola. A speciale qanni. Accadde lo re prima ballerinericano William llF’Opéra arrivano uella com moziones”tesso gior no dellaa deve ancora attoersythe. Ma per . n morte di Gli amo mio nonndere: “Avevo ri. “Tre s o, e ciò re chissà, fo torie im se me ne fa erse l’uomo della pmortanti nate e cresc ssere conv ia iu te v it n a e l è un italia inta ”. io mon no: c’è qm L’idea d ualcosa ddeo di lavoro. Ma i lavorar ntro di me, Teatro M e che assimo di in Italia. “La Sca Paler mo to la di Mil ano r no sempre Gli Ang con piacereè un sogno nel ca sulle puneteli: “Io gli angeli li ssetto, al . Chissà ” colleziono che dà il ti . . E me ne tolo al mio sono libro non Lei, forse, sono io: èfatta tatuare uno. L è la sua S il mio cus irena. tode ”. ’angelo tati consec
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