Segantiniana. Studi e ricerche vol.IV

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2019 IV




Studi e ricerche

A cura di Alessandra Tiddia

2019 IV


Sommario

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Segantini e Brighenti: 1500 titoli per una raccolta bibliografica Alessandra Tiddia

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Il Fondo Brighenti della Biblioteca civica, storia di un’acquisizione Rinaldo Filosi “Il mio interminabile lavoro è una Bibliografia segantiniana”. Dalle lettere alle note manoscritte di Angelo Brighenti Isabella Collavizza

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Segantini e la sua famiglia visti da Romeo Boldori, istitutore a Maloja

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Patrizia Regorda La corrispondenza fra Angelo Brighenti e Bruno Emmert

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Romano Turrini “Il Maloja”, “piccolo giornale” dei giovani Segantini

93

Anna Mazzanti La raccolta iconografica di Angelo Brighenti. Alcune note a margine di un possibile catalogo generale Alessandra Tiddia

La Bibliografia segantiniana di Angelo Brighenti 111

Le lettere Isabella Collavizza

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La raccolta iconografica Patrizia Regorda

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La Bibliografia segantiniana Isabella Collavizza


Segantini e Brighenti: 1500 titoli per una raccolta bibliografica Alessandra Tiddia

Un nuovo numero di Segantiniana rinnova l’ormai quinquennale rapporto di collaborazione fra Mart e MAG e costituisce l’occasione per aprire le ricerche su Segantini anche al contributo di un’altra importante istituzione trentina, grazie alla disponibilità del suo direttore, Gianmario Baldi che qui ringrazio, ovvero la Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto, dove è conservato il Fondo archivistico di Angelo Brighenti, oggetto prezioso a cui è dedicato integralmente questo numero. Questo fondo, segnalatomi cinque anni fa da Duccio Dogheria che ringrazio, proprio all’avvio del progetto Segantini e Arco, si rivela infatti di notevole importanza per le ricerche su Segantini, e oggi ancora di più, restituito in questo volume attraverso il lavoro di sistemazione e collazione condotto da Isabella Collavizza, con Patrizia Regorda, Rinaldo Filosi, Ilaria Cimonetti e Anna Ramera. L’avvio della sua digitalizzazione, almeno parziale – un’attività resa possibile grazie al contributo e alla collaborazione della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento – Ufficio beni archivistici, librari e dell’Archivio provinciale, nelle persone di Antonella Conte ed Eleonora Piras –, consentirà in futuro una più agile consultazione. L’auspicio è che questi materiali possano essere fruibili anche in un contesto completamente digitale attraverso il quale saranno possibili ulteriori relazioni fra i dati. L’oggetto di studio di questo volume è, come detto, il Fondo Angelo Brighenti, raccolto in anni di amorevoli cure dal bibliofilo bolognese e quindi acquistato dalla Segantini presso la Diavolezza, nei dintorni di Pontresina, (1897) particolare (fotografia inviata da Romeo Boldori con lettera del 19 novembre 1941) Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 212

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Biblioteca civica di Rovereto nel 1958, in prossimità delle celebrazioni per il centenario della nascita di Giovanni Segantini (1858), per il tramite dell’antiquario di Reggio Emilia, Dino Prandi, a due anni dalla scomparsa di Brighenti. 9


Fotografie e lettere di Romeo Boldori ad Angelo Brighenti Rovereto, Biblioteca civica, ms 4.27, cc. 2-5

Lo studio di questo ricco fondo era stato già affrontato da Antonia Maffei, con presentazione dell’allora membro del curatorio della Biblioteca Civica, Tullio Fait, che nel 1964 aveva pubblicato un primo regesto del fondo, limitato però ai titoli dei volumi presenti nella raccolta. Nella nostra ricognizione, il fondo ha rivelato tutta la sua complessità e ricchezza: 5 volumi (mss. 4.27, 4.28, 4.29, 4.30, 4.31) riuniscono documenti di diversa natura, mentre una busta (Opere artistiche foto 15) contiene varie riproduzioni e fotografie d’epoca. Scorriamo brevemente i contenuti dei vari volumi. Il volume contrassegnato dalla segnatura ms. 4.27 raccoglie la corrispondenza di Brighenti con Romeo Boldori, l’istitutore dei figli di Segantini, e quella intercorsa 10

Cartolina di Romeo Boldori ad Angelo Brighenti, 27 marzo 1940 Rovereto, Biblioteca civica, ms. 4.27, c. 4 Lettera di Bruno Emmert ad Angelo Brighenti, 12 novembre 1942 Rovereto, Biblioteca civica, ms. 4.27, c. 187

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con altri studiosi e bibliofili, come, ad esempio, l’arcense Bruno Emmert, oltre alle trascrizioni del carteggio di Alfonso Tartarini con gli artisti che avevano partecipato all’Esposizione d’arte di Bologna del 1888, occasione che costituisce il punto di partenza delle ricerche di un giovane Brighenti. I volumi ms. 4.28 e ms. 4.29 ospitano invece le trascrizioni fatte da Brighenti di vari articoli apparsi soprattutto in riviste, relativamente a notizie su Segantini, mentre la segnatura ms. 4.30 corrisponde al volume che raccoglie alcuni ritagli stampa e tre edizioni manoscritte della Bibliografia segantiniana, redatte in tempi diversi: la prima raccoglie le voci bibliografiche relative a Segantini apparse dal 1879 al 1939 (ms. 4.30, cc. 19-46), la seconda le riprende ampliando l’intervallo temporale dal 1879 al 1918 e quindi dal 1918 al 1940 (ms. 4.30, cc. 47-220); la terza edizione, la più completa, copre un arco cronologico dal 1879 al 1955 (ms. 4.30, cc. 221-377). Ogni pagina è dedicata a un anno e ai titoli delle pubblicazioni apparse in quell’anno che riferiscono di Segantini, anche se in alcuni casi Brighenti omette di citare qui alcuni articoli che invece aveva trascritto o conservato nella forma del ritaglio stampa. Oggi le indicazioni bibliografiche di queste tre fonti sono state verificate e unificate in un’unica Bibliografia segantiniana che comprende circa 1500 voci, tutte consultabili presso la Biblioteca civica di Rovereto, in forma di pubblicazione, di libro a stampa, di ritaglio stampa o di appunto manoscritto da Brighenti. Si tratta di un patrimonio rilevante, forse unico, che ci auguriamo possa stimolare nuovi studi e nuove prospettive di ricerca su Segantini. Altrettanto interessante pare il contenuto dell’ultimo volume (ms. 4.31) che raccoglie le esercitazioni dei figli di Segantini confluite in una rivista autoprodotta, “Maloja” (poi diventata “Il Maloja”), dove Bianca, Gottardo, Mario e Alberto (che è il direttore editoriale) si cimentano in prose e poesie, in piccoli disegni sotto la guida di Romeo Boldori, in un formato editoriale totalmente desunto da “Il Marzocco”, la rivista letteraria fondata a Firenze il 2 febbraio 1896 da Adolfo e Angiolo Orvieto, che riprendeva il nome e l’impresa araldica dell’antico leone rampante simbolo della Repubblica fiorentina. Nel foglio della famiglia Segantini il leone venne sostituito da un rapace della Val Engadina. I fogli raccolti nel volume Brighenti (ms. 4.31, cc. 1-42) coprono un arco temporale che va dal dicembre del 1897 all’agosto del 1899. Completa la raccolta de “Il Maloja” uno schizzo (c. 44) a matita raffigurante delle mucche, probabilmente un’esercitazione grafica dei figli, anche se in passato attribuito al padre. Insieme al disegno e ai numeri de “Il Maloja”, il volume ms. 4.31 contiene un manoscritto di mano 12

Raccolta di trascrizioni di articoli relativi a Giovanni Segantini Rovereto, Biblioteca civica, ms. 4.28, c. 375

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ignota (cc. 46-48), presumibilmente inviato da Boldori (vista appunto la collocazione insieme alle carte provenienti da Casanova Lanza), che riporta la trascrizione dello scritto di Segantini pubblicato in “Cronaca d’arte” l’8 febbraio 1891 con il titolo Così penso e sento la pittura. Le ricerche di Brighenti non rimangono circoscritte alle sole voci bibliografiche ma comprendono anche il recupero di importanti fonti iconografiche, attraverso la ricerca appassionata delle riproduzioni delle opere di Segantini, allo scopo di avviare un catalogo ragionato, costruito su due perni determinanti, la bibliografia e le immagini delle opere. Fra le immagini di opere segantiniane (nella busta con la segnatura Opere artistiche foto 15) anche un’inedita, e per ora anonima quanto stupefacente, fotografia dove Segantini posa immerso in un panorama innevato in alta quota, e una stampa fotografica del suo monumento ad Arco, autografata dall’autore della scultura, Leonardo Bistolfi. Tutto questo materiale è stato oggetto di studio, di ricerche incrociate e congiunte, condotti con un rigore e una qualità per cui ringrazio di cuore gli autori, che hanno consentito di delineare, con maggior precisione che in passato, le vicende dei due protagonisti del fondo: Angelo Brighenti che raccolse documenti segantiniani nel corso di una vita, dal 1888 al 1956, e Romeo Boldori, istitutore dei figli di Segantini, da cui Brighenti attinge importanti informazioni e documenti, oltre ai volumi della sua biblioteca. Queste ricerche sono confluite nei saggi che precedono la pubblicazione della parte bibliografica: si tratta di affondi critici che intrecciano competenze diverse, archivistiche, storiche, storico-artistiche, allo scopo di fornire nuovi elementi interpretativi e di contesto sul fondo e sui suoi corrispondenti; la seconda parte del volume restituisce invece i regesti dei materiali conservati da Brighenti, oggi sistematizzati in tre raccolte, Le lettere, La raccolta iconografica, La Bibliografia segantiniana. La ricostruzione archivistica dell’acquisizione di questo fondo da parte della Biblioteca civica, condotta da Rinaldo Filosi, ha portato alla luce elementi nuovi rispetto alla storia biblioteconomica dell’istituzione che lo custodisce e, soprattutto, ha consentito l’emersione di una preziosa raccolta iconografica facente parte del Fondo Brighenti, ma scorporata da esso negli anni, che ha svelato la consistenza di ben 107 Rivista Rovereto, Biblioteca civica, fondo Segantini (SE)

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riproduzioni antiche di opere di Segantini e la preziosa quanto inedita fotografia che raffigura Segantini in mezzo ai ghiacci. 15


Isabella Collavizza ha ripercorso la vicenda umana e professionale di Angelo Brighenti, appassionato bibliofilo, indefesso collezionista di notizie segantiniane a partire dalla sua visita all’Esposizione bolognese del 1888 dove era esposto il grande quadro di Segantini Alla stanga: questa esposizione fu determinante nel provocare nel giovane Brighenti una passione mai sopita per Segantini. Collavizza ricostruisce le circostanze di questa passione partendo da esilissimi dati biografici che completa attraverso il soccorso della corrispondenza conservata nel fondo fra Brighenti e Boldori, personaggio indicatogli dall’antiquario Certani, e fra Brighenti e Bruno Emmert, già direttore della Biblioteca di Arco e importantissimo bibliofilo trentino, che ha legato i propri studi e ricerche al nome di Segantini e di cui ci riferisce più approfonditamente Romano Turrini nel suo contributo. Quindi Patrizia Regorda traccia un profilo di Romeo Boldori e dei suoi rapporti con la famiglia, un Albatros in Engadina, come amava definirsi, dove era l’istitutore privato dei figli Gottardo, Alberto, Mario e saltuariamente della piccola Bianca, che compiva gli studi presso un collegio di Maroggia. Come rileva Regorda, il suo compito di educatore era volto soprattutto a “incoraggiare la vocazione poetica, ma anche quella giornalistica dei ragazzi, spingendoli a redarre un giornaletto letterario titolato ‘Il Maloja’ dove si manifestava l’amore, condiviso da insegnante e studenti, per la poesia non meno che per la vita alpestre”. Spetta infine ad Anna Mazzanti analizzare le pagine de “Il Maloja”, rivista familiare dove si esprimono dei giovanissimi Segantini, Gottardo, Bianca, Mario e Alberto, sotto la guida di Boldori. Nella seconda parte del volume sono pubblicati gli indici dei tre nuclei del Fondo a partire dalle Lettere, che sono state anteposte agli altri regesti in quanto basilari per il lavoro di raccolta di Brighenti: coprono un arco temporale che va dal 28 agosto 1939 al giugno 1943, durante il quale Brighenti pone le basi per l’amicizia con Boldori che racconta di sé e dei Segantini, dimostrando sin da subito una grande disponibilità quando scrive: “Mi faccia pure le domande che crede che, se saprò, risponderò. Di domande circa Segantini ne ho fatto e ne faccio ancora molte a me stesso, ma senza risposta” (4 settembre 1939). Brighenti poté contare quindi su informazioni di prima mano che lo aiutarono a comporre con sempre maggior precisione il suo progetto, quello della Bibliografia segantiniana, un progetto che riflette la sua passione per Segantini a partire dalle sue primissime ricerche, all’indomani della mostra bolognese del 1888, e a partire da un arNote bibliografiche Segantiniane Rovereto, Biblioteca civica, ms. 4.30, c. 222

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chivio a lui molto vicino, quello dell’Archiginnasio di Bologna dove è conservato un autografo segantiniano, nel Fondo di Angelo Tartarini relativo alla suddetta esposizione. 17


Parallelamente alla ricerca di testimonianze e voci bibliografiche, nel tempo si va delineando in Brighenti anche il desiderio di raccogliere le immagini delle opere, rintracciate sul mercato antiquario o a lui inviate da conoscenti, in vista di una monografia, di un catalogo ragionato in lingua italiana, assente in quegli anni nel panorama degli studi segantiniani. Si costituisce così la Raccolta iconografica, oggi conservata nel Fondo Brighenti a Rovereto, che comprende un centinaio di riproduzioni di opere d’arte di Segantini, principalmente fotografiche, e in alcuni casi tipografiche. La preziosità di questi materiali deriva anche dal fatto che un cospicuo numero di riproduzioni è costituito da fotografie all’albumina di medio-grande formato riconducibili alle edizioni Pagliano e Ricordi fatte realizzare negli anni Novanta del XIX secolo da Alberto Grubicy, gallerista del pittore. L’ultimo regesto riguarda la parte più cospicua e determinante la natura del fondo, ovvero la Bibliografia segantiniana, che nelle pagine del presente volume riunisce in sequenza cronologica tutti i titoli e le voci bibliografiche relative a Giovanni Segantini, raccolte da Brighenti attraverso una ricerca durata più di sessant’anni, di articoli trascritti o titoli desunti attraverso la corrispondenza con studiosi e amici bibliofili, oggi verificata e riportata secondo le norme bibliografiche correnti. Lungi dal rincorrere l’esaustività di una possibile Bibliografia segantiniana, è questo comunque uno strumento molto completo, una base da implementare e che confidiamo si rivelerà utile allo sviluppo di studi futuri e approfondimenti nelle ricognizioni delle vicende legate all’artista, così come nello spirito dell’intera collana Segantiniana.

Cartolina-ricordo per l’inaugurazione del monumento a Giovanni Segantini, Arco, 24 ottobre 1909, con firma autografa di Leonardo Bistolfi Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 213 (ora in Album foto 62)

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Il Fondo Brighenti della Biblioteca civica, storia di un’acquisizione Rinaldo Filosi

In data sabato 26 aprile 1958 il libraio antiquario di Reggio Emilia Dino Prandi1 scrive a Tullio Fait2, membro del curatorio della Biblioteca civica di Rovereto3, – il consiglio di biblioteca di allora4 –, annunciandogli la disponibilità del fondo Angelo Brighenti: “Da tempo privo di Sue notizie. In questi giorni ho concluso un acquisto che ritengo possa interessare Lei o qualche Istituto culturale del Trentino, non ho neppure ancora ricevuto il materiale ma mi affretto a dargliene segnalazione per primo a Lei. Si tratta di una raccolta, che senza tema di smentita ritengo unica, su GIOVANNI SEGANTINI raccolta da un amatore bolognese in lunghissimi anni di pazienti ricerche, direi, se la parola non fosse troppo impegnativa, che c’è tutto quanto è stato pubblicato e scritto sul grande pittore”5. Continua quindi descrivendo sinteticamente il fondo: “La raccolta si compone di: 1) Oltre 40 opere monografiche italiane e straniere (fino al 1956 epoca del decesso del raccoglitore) contenenti la vita e l’opera di Segantini. 2) Oltre 60 cataloghi di raccolte, mostre, cataloghi contenenti opere di S. 3) Circa 30 opuscoli. 4) Centinaia di estratti, numeri di riviste d’arte, letterarie, storiche contenenti articoli su G. Segantini, italiane e straniere (c’è perfino una rivista russa con articolo illustrato a colori su S) [6]. 5) Numerosi articoli sul Segantini ricopiati a mano con ottima calligrafia tratti da riviste o giornali per i quali non si è riusciti a trovare copia degli originali. 6) Alcune rare fotografie (alcune credo inedite), molte riproduzioni sciolte di dipinti e disegni del S. in nero e a colori [fig. 1]. 7) Una ricca corrispondenza del raccoglitore col Prof. Boldori [7 ], interessante in quanto il Boldori era stato famigliare col Segantini, in qualità di precettore dei figli. 8) Un disegno abbozzo di vacca che beve di mano del S. (abbozzo autenticato). 9) Bibliografia segantiniana redatta dal raccoglitore, disposta in ordine cronologico, pronta per la stampa”8. 1. Riproduzione dell’Autoritratto di Giovanni Segantini Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 160

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Quindi conclude così, accennando alla possibilità da parte della biblioteca di pubblicare la bibliografia compilata da Brighenti: “Come vedrà da questi brevi cenni si 21


tratta di raccolta che oggi penso non si riuscirebbe a mettere assieme (il figlio del raccoglitore mi diceva che il genitore seguitò per 30 anni a fare questa raccolta!!) [9]. Io non vorrei smembrare la raccolta che dovrebbe avere una degna sede in una biblioteca o istituto del Trentino. Ricorrendo quest’anno il centenario della nascita penso verranno organizzate celebrazioni, quale migliore occasione di pubblicare la bibliografia? Per il prezzo non posso ancora esserLe preciso in quanto l’acquisto è fatto con altro materiale che debbo ancora vedere, ma penso che non supererà le 200.000 lire. Se, come ritengo, la cosa interessa Lei o qualche Istituto potrebbe fare una scappata (non prima di giovedì prossimo) per vedere il materiale. In attesa, mi è gradita l’occasione per salutarla cordialmente. p. Libreria Prandi Dino Prandi”. Segue in data 4 maggio la risposta del membro del curatorio Tullio Fait (fig. 2): “Egregio Signor Prandi, riscontro con alquanto ritardo alla Sua cortese del 26 u.s. circa il materiale segantiniano, avendo voluto prima saggiare le disposizioni di alcuni Enti culturali locali. Posso informarla che la Sua offerta è particolarmente considerata da parte del curatorio dalla Biblioteca civica roveretana, di cui sono membro: anzi, questo sarebbe d’avviso di delegarmi all’esame preliminare del materiale e a definire con Lei il prezzo amichevolmente. Inoltre, apparendoci interessante la bibliografia (n. 9) ma non potendone valutare la struttura (elencativa, critica) si vorrebbe pregarla di inviarcela in visione, per una consultazione collegiale. Quanto alla data della mia prossima venuta a Reggio, non posso dirle nulla

2. Tullio Fait, in Studenti

pur non avendo visto il materiale per l’impegno che ho con Lei, mi ha

di preciso, ma ritengo che nella prossima settimana si offrirà l’occasione buona”10.

e professori dell’Istituto Tecnico

manifestato il desiderio di trattarne l’acquisto. Mi sono riservato una

E quindi ancora Dino Prandi scrive a Fait il giorno dopo: “A Sua gradita di ieri. Il materiale segantiniano raccolto dal Rag. Brighenti di Bologna in lunghi anni di ricerca è già presso di noi. È una documentazione imponente sulla vita e opere del Segantini, oltre a tutte le più importanti monografie italiane e straniere, ci sono molti opuscoli, un’infinità di riviste, giornali, periodici ita-

di Rovereto (1855-2005). Esperienze e protagonisti di una scuola europea, a cura di F. Rasera, con C. Andreolli e Q. Antonelli, Osiride, Rovereto 2011, p. 326

liani e stranieri; dove non è stato possibile procurarsi copia di scritti sparsi in periodici, ci sono copie

3. Valentino Chiocchetti

manoscritte di chiarissima grafia. Mi pare un materiale unico e molto adatto per fondare un centro

Archivio V. Chiocchetti

Rovereto, Biblioteca civica,

risposta entro il mese”12. Risponde quindi così Fait: “Caro Sig. Prandi, in riscontro alla Sua del 17 c.m. posso finalmente informarla che in uno dei prossimi giorni, per conto della locale Biblioteca civica, ed accompagnato dal Direttore della stessa, verrò da Lei per esaminare e possibilmente definire l’acquisto del materiale segantiniano propostoci. Si sarebbe stabilita la giornata di

di studi segantiniani. (Pensi che ci sono perfino giornaletti poligrafati redatti dai figli del Segantini

lunedì 26 p.v. al fine di utilizzare la vacanza scolastica; si sarebbe a Reg-

quando erano bambini). La bibliografia, che io ho appena scorso avendo in questi molti altri lavori

gio intorno alle ore 18-18.30 per ripartire col diretto delle 20. / Le sarei

da terminare, è redatta in forma elencativa ed è aggiornata a tutto il 1955, è divisa ora tra i titoli

grato di un Suo benestare per tali modalità di incontro. Nell’occasione

compilati sulla collezione del redattore e titoli avuti o trovati presso biblioteche ma naturalmente vor-

porterò con me quanto debbo restituirle. In attesa, con cordiali saluti”13.

rà [verrà] poi incorporata. Lo scheletro della bibliografia mi pare già fatto, se si vorrà darci un tono

L’incontro a Reggio ha esito positivo e in data 29 maggio

critico-ragionato, col materiale a disposizione e le schede già fatte, sarà un lavoro secondario. Tengo

il fondo Brighenti viene effettivamente spedito da Reggio alla

quindi sospeso il tutto in attesa della Sua annunciata visita pregandoLa volermene dare preavviso”11.

Biblioteca civica di Rovereto. Infatti, in data 30 maggio 1958 la

Scrive ancora Prandi in data 17 maggio: “Gent.mo sig. Prof. Dr. Tullio Fait, privo di

Libreria Prandi di Reggio Emilia scrive al direttore Chiocchet-

riscontro a mia ultima. Confido abbia ricevuto il manoscritto della bibliografia segantiniana. Le

ti (fig. 3), a firma di Dino Prandi: “Ieri abbiamo spedito a mezzo 6

sarò molto grato se vorrà farmi conoscere Sue decisioni in quanto un Cliente qui di passaggio,

colli per corriere, con consegna a domicilio, la raccolta segantiniana”14.

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Alla cartolina viene risposto il 3 giugno 1958 dichiarando la volontà di versare al più presto l’importo: “Purtroppo, contro la nostra volontà, l’Amministrazione Comunale non ha disposto immediatamente il versamento come ci eravamo obbligati, ma Le assicuriamo che insisteremo perché venga fatto al più presto l’assegno. […] Il Direttore (Prof. Val. Chiocchetti)”15. Ancora il 16 giugno scrive Prandi a Fait: “il 29 u.s. maggio, come d’accordo, spedimmo il materiale segantiniano a mezzo corriere, porto franco. Non abbiamo saputo nulla. Il materiale è giunto? Grati di una conferma e pregando voler far sollecitare la rimessa, mi è gradita l’occasione per rinnovarLe i migliori saluti. P.S. La prego ricordare al sig. Bibliotecario la possibilità di un cambio con i doppioni”. E ancora in data 19 giugno: “Sono lieto comunicarLe che oggi ci è giunta la rimessa per il blocco segantiniano. Le sono molto grato e La ringrazio per il Suo interessamento pregandoLa salutare il direttore della Biblioteca”16. Infine, nella riunione del curatorio della Biblioteca, in data domenica 8 giugno 1958, viene data la notizia dell’avvenuto acquisto: “Ha preso la parola prima di tutti il Pre-

4. “All’Egregio Sig. Angiolo

una mostra bibliografica segantiniana parallela alla mostra pittorica di

side Trentini, Sindaco di Rovereto, il quale ha messo al corrente il Curatorio di aver incaricato il

Brighenti”. Scritta di possesso

Arco. Il rag. Brugnolli chiede se non sarebbe il caso di farla nella cit-

Direttore prof. Chiocchetti e il membro del curatorio geom. Tullio Fait di recarsi a Reggio Emilia

“Gazzetta degli Artisti”,

per l’acquisto di una ricca bibliografia segantiniana. I due incaricati sono riusciti a comprare detta raccolta per la somma di £. 180.000. Si tratta di quasi mille volumi, opuscoli e manoscrit-

presente su una copia della a. III, n. 54, 9 giugno 1898 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

tadina di Arco. A lui risponde il geometra Fait, il quale afferma essere cosa più sicura e meno dispendiosa farla in Biblioteca. Prevale l’idea, che vien deliberata, del Preside Tomazzoni di collegare la mostra biblio-

ti. Erano stati raccolti dal prof. Brighenti, in corrispondenza con l’artista ed in amicizia con il

grafica segantiniana con una conferenza sull’Artista da organizzarsi

prof. Boldori, educatore dei figli di Segantini. Il materiale era finito nei magazzini dell’antiquario

dall’Accademia”19.

Prandi di Reggio Emilia, ivi depositato dal figlio del Brighenti con la clausola che non dovesse

In data domenica 6 luglio 1958 viene pubblicata sul gior-

essere venduto separatamente, ma globalmente ad un solo acquirente. Il sindaco ha autorizzato

nale “Alto Adige” la notizia dell’acquisizione, mettendo l’accen-

la compera sia perché si tratta di un artista trentino, sia anche per onorare il Segantini nel cen-

to sul lavoro necessario da parte della Biblioteca: “Tutto questo

tenario della sua nascita”17.

materiale, che comporterà la compilazione di qualche migliaio di sche-

Il momento dell’acquisizione del fondo Brighenti verrà ancora ricordato così suc-

de, è già in via di schedatura ed è questo il contributo che la Biblioteca

cessivamente da Tullio Fait: “Nel centenario della nascita di Giovanni Segantini e nel clima

civica di Rovereto, gelosa custode del patrimonio culturale trentino, fa

delle universali onoranze celebrate in sua memoria (1958), la Biblioteca civica di Rovereto, con un

alla grande memoria di Giovanni Segantini, nel centenario della sua

tempestivo intervento presso il libraio antiquario Dino Prandi di Reggio Emilia, poté entrare in

nascita”20. Si vuole rendere disponibile alla consultazione, in

possesso di un cospicuo materiale segantiniano, cioè la raccolta bibliografica privata curata per ol-

tempi brevi, tutto l’insieme della documentazione raccolta da

tre un trentennio dall’amatore d’arte e studioso dell’Artista, Angelo Brighenti di Bologna” (fig. 4).

Brighenti, inventariando e catalogando analiticamente le varie

Nell’organo direttivo della Biblioteca civica si inizia a pensare fin dal momento

unità, secondo i criteri di allora, e distinguendole nelle singole

dell’acquisizione della documentazione a una mostra bibliografica dedicata a Segan-

tipologie, ovvero monografie, estratti da periodici e collezioni

tini; infatti ancora nella riunione del curatorio di domenica 8 giugno viene registrato

di periodici, manoscritti in originale e in copia, corrisponden-

che “il prof. Chiocchetti domanda se non sia il caso di fare in Biblioteca con quel materiale

za, fotografie e stampe.

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Nella Relazione della Biblioteca Civica di Rovereto per l’anno 1958 si registra infatti: “Degna di particolare menzione è la raccolta di n. 872 tra volumi e opuscoli componenti la Bibliografia Segantiniana dall’inizio dell’attività artistica del pittore ad oggi (…). In data 15 luglio il sindaco, preside prof. Ferruccio Trentini, visita ufficialmente la Biblioteca prendendo visione specialmente del lavoro di schedatura della Bibliografia Segantiniana”21. Nel corso del 1958 ricorrono nel Trentino varie manifestazioni dedicate al centenario della nascita di Segantini; al proposito, nel mese di luglio arriva in Biblioteca civica di Rovereto l’invito alla mostra antologica segantiniana di Arco del luglio 1958, che recita: “Comune di Arco. Copia. Arco 18 luglio 1958. Ill.mo signor Sindaco, nel corrente anno 1958 cade il centenario della nascita di Giovanni Segantini ‘pittore della montagna’. Mi permetto, quale Sindaco della città natale del grande artista dell’Ottocento italiano, di richiamare la Sua attenzione sulla nostra Mostra antologica segantiniana, che resterà aperta sino al 7 settembre corrente. Sono certo che in valida collaborazione vorrà disporre delle manifestazioni di ricordo ed onoranza, o promuovere delle visite all’esposizione arcense, dato che la nostra iniziativa ha avuto quale scopo principale quello di far conoscere ‘il trentino Segantini’ ai trentini. Grato per quanto vorrà fare a gloria di Giovanni Segantini, mi permetto invitarLa a visitare la nostra esposizione. Con anticipati ringraziamenti, distinti saluti. Il Sindaco. (Camillo Lutteri)”22. Nell’organo direttivo della Biblioteca civica si ripropone ancora l’idea di organiz-

5. Copertina della rivista

zare una mostra bibliografica segantiniana. Nella riunione del curatorio di data 8 no-

imperiale russa “Lukomor’e.

vembre 1958 si accenna a questo progetto: “A proposito della mostra bibliografica segantinia-

chudozestvennyj i satiriceskđij

na si decide che detta mostra venga fatta come già deliberato in concomitanza con una conferenza

Ezenedel’nyj literturnozurnal”, n. 17, 1914 Rovereto, Biblioteca civica,

Dopo la sistemazione della parte a stampa del fondo Brighenti, viene eseguita in due giorni, tra l’11 e il 12 ottobre 1962, l’inventariazione delle fotografie e stampe (117 unità) (fig. 7)26. I carteggi e gli scritti del fondo Brighenti vengono catalogati

sull’artista organizzata dall’Accademia. In linea di massima: lungo le pareti del salone d’ingresso

Fondo Brighenti

all’interno della collezione dei manoscritti, ricevendo la segna-

su appositi pannelli, circondate da un’apposita cornice di cartone bianco, dovrebbero essere esposte

6. Copertina del volume

tura definitiva tra la fine del 1962 e l’inizio del 196327. Le unità

le riproduzioni dei quadri di Segantini; nella sala di lettura sulle mensole delle riviste, su tavoli

H. Zbinden, Giovanni Segantini:

vengono inventariate nel registro topografico dei manoscritti

adatti e nella vetrina a sinistra di chi entra dovrebbero essere esposti gli scritti su Segantini”23.

Verlag, Bern 1951

Per quel che riguarda la “lavorazione” del fondo Brighenti, assieme alla schedatura dei volumi e alla predisposizione delle schede del catalogo allora in uso, l’odierno

Leben und Werk, Paul Haupt Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

e vengono predisposte le schede cartacee per la consultazione pubblica, indicativamente nel gennaio-febbraio 1963. Terminato il lavoro di inventariazione e catalogazione del-

schedario dei volumi antichi, viene eseguito il lavoro di inventariazione su registro

la documentazione acquisita, si procede poi a preparare l’elen-

topografico delle unità a stampa, a partire dal 31 luglio 1958 e per undici giornate

co complessivo, in ordine alfabetico di intestazione, delle unità

di lavoro, con conclusione in data 18 settembre 1958. Viene così creata una specifica

bibliografiche inerenti Segantini possedute dalla civica di Ro-

sezione con segnatura Se (figg. 5 e 6)24. Negli anni successivi, dai verbali del curatorio

vereto, in vista della sua pubblicazione nel volume commemo-

emerge la decisione da parte della Biblioteca civica di Rovereto di incrementare per il

rativo del bicentenario dell’istituzione, distinguendo tra quelle

futuro la bibliografia segantiniana: nella riunione del 10 maggio 1962 si delibera “dopo

provenienti dal fondo Brighenti (794 voci) e quelle possedute

esauriente discussione […] che venga tenuta aggiornata la bibliografia segantiniana”25.

dalla Biblioteca indipendentemente da quel fondo (115 voci)28.

26

27


7. Riproduzione dell’Autoritratto di Giovanni Segantini Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 159

Nell’elenco bibliografico più esteso vengono comprese, oltre alla documentazione

8. Raccoglitori dove sono

qualcosa sfuggito alle ricerche di voi roveretani? Sarebbe mantenere

a stampa del fondo Brighenti (monografie, periodici e spogli, catalogati tutti con la se-

conservate le opere a stampa

una promessa di già fatta. Nella peggiore delle ipotesi mandi uno stu-

gnatura Se) (fig. 8), anche le unità manoscritte del fondo, ovvero i manoscritti autografi,

Rovereto, Biblioteca civica,

le lettere in originale autografo e in copia autografa, le trascrizioni di articoli vari scritte

della Bibliografia segantiniana Fondo Brighenti

dente ‘aviense’ del suo istituto. Qualcosa su Segantini mi venne pubblicato come è indicato nel dattiloscritto intitolato Cittadini di Avio che si

a mano da Brighenti – unità tutte schedate nella collezione dei manoscritti (segnatura

distinsero. Aggiunta, che depositai presso la sua biblioteca. Nell’attesa

Ms.) . Nel corso del 1964 esce un ulteriore contributo, a firma di Tullio Fait, dedicato alla

porgo cari saluti. Lib”33.

29

valorizzazione del fondo Brighenti e in particolare del disegno attribuito a Segantini30.

In questo quadro di rinnovato interesse per la figura di

Ancor prima della pubblicazione dell’elenco della Bibliografia segantiniana da

Segantini, la pubblicazione dell’elenco della bibliografia se-

parte della Biblioteca civica, la documentazione aveva già suscitato l’interesse degli

gantiniana posseduta dalla Biblioteca civica di Rovereto edita

studiosi e appassionati. Ne è un esempio la lettera di Giovanni Libera a Valentino

nel 1964 è un primo risultato della valorizzazione del fondo

Chiocchetti, in data 26 gennaio 1964: “Prof. Chiocchetti, lessi ieri, almeno su A.A. [32], che

Brighenti.

31

la sua biblioteca ha curata ed intende pubblicare una bibliografia su Segantini. A fianco della mia

Un altro passo sarà rappresentato nel 2003 dalla ricatalo-

raccolta ‘Miscellanea tridentina’ giunta al X volume, in occasione del centenario segantiniano ho

gazione della sezione della Bibliografia segantiniana (segnatu-

curato una raccolta di articoli relativi al nostro grande pittore con unitevi cenni biografici. Non

ra Se) all’interno del Catalogo Bibliografico Trentino (CBT), il

potrebbe questa essere un’occasione che Lei passi da me … per vedere se nelle mie note vi fosse

catalogo elettronico integrato.

28

29


1 Dino Prandi (1915-2004). La libreria Prandi nasce nell’aprile 1926 col nome “Libreria Nironi e Prandi” e in breve tempo il reparto d’antiquariato acquista sempre più importanza e una certa fama nell’ambiente culturale italiano. 2 Tullio Fait (1908-1972), entrato nel curatorio della Biblioteca il 25 ottobre 1956 (come risulta dal verbale della riunione in quella data; cfr. Archivio Storico Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (ASBCRo), Verbali del curatorio, 3a, 2) e socio dell’Accademia degli Agiati a partire dal 1954; cfr. Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati: (1901-2000), a cura di G. Coppola, A. Passerini, G. Zandonati, Accademia roveretana degli Agiati, Rovereto 2003, pp. 473-474. 3 La Biblioteca civica Tartarotti nasce a Rovereto nel 1764 per volontà dell’amministrazione cittadina, che acquista il fondo librario dell’erudito Girolamo Tartarotti. È una biblioteca di pubblica lettura e di conservazione; custodisce l’archivio storico del Comune di Rovereto e vari fondi archivistici (cfr. G. Baldi, La biblioteca civica Girolamo Tartarotti di Rovereto: contributo per una storia, in “Atti della Accademia roveretana degli Agiati”, a. 244, s. VII, vol. IV, Accademia roveretana degli Agiati, Rovereto 1994, pp. 41-170). 4 Il curatorio era allora composto dai seguenti membri: preside Ferruccio Trentini (presidente, sindaco di Rovereto), prof. Valentino Chiocchetti (segretario, direttore della Biblioteca), preside Umberto Tomazzoni, prof. Giuseppe Dalbosco, prof. Augusto Angeli, prof. Giovanni Ravagni, rag. Tullio Fait, rag. Renzo Brugnolli (rappresentante del Comune). 5 Archivio Accademia Agiati Rovereto (AAARo), Archivio Tullio Fait, fasc. 923.11; lettera della Libreria Prandi a Tullio Fait, 26 aprile 1958. 6 “Lukomor’e: ezenedel’nyj literturno-chudozestvennyj i satiriceskđij zurnal”, Petrograd: Lukomor’e, n. 17, 1914; segnatura: r-Se 3 5 (31). 7 Romeo Boldori. 8 Cfr. Ms. 4.30 della Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (BCRo). 9 Augusto Brighenti espresse la volontà di mantenere integro il fondo; cfr. verbale riunione del curatorio della Biblioteca civica di data 8 giugno 1958, citato più avanti (nota 17). 10 AAARo, Archivio Tullio Fait, fasc. 923.11; copia di lettera di Tullio Fait a Libreria Prandi, 4 maggio 1958. 11 AAARo, Archivio Tullio Fait, fasc. 923.11; lettera di Dino Prandi a Tullio Fait, 5 maggio 1958. 12 Ivi, lettera di Dino Prandi a Tullio Fait, 17 maggio 1958. 13 Ivi, copia di lettera di Tullio Fait a Libreria Prandi, 21 maggio 1958. 14 ASBCRo, Corrispondenza anno 1958, protocollo n. 153, cartolina postale di Dino Prandi a Tullio Fait, 30 maggio 1958. 15 ASBCRo, Corrispondenza anno 1958, protocollo n. 153. 16 AAARo, Archivio Tullio Fait, fasc. 923.11, cartolina postale di Dino Prandi a Tullio Fait, 19 giugno 1958. 17 ASBCRo, Verbali del curatorio, 3a, 2. 18 T. Fait, Un disegno di Segantini nella biblioteca civica di Rovereto, in “Atti della Accademia roveretana degli Agiati”, s. 6, v. 4, Accademia roveretana degli Agiati, Rovereto 1964, p. 103. 19 ASBCRo, Verbali del curatorio, 3a, 2, riunione 8 giugno 1958. La conferenza dedicata a Segantini non è stata poi realizzata. 20 V. Chiocchetti, Vasta bibliografia segantiniana acquistata dalla Biblioteca civica, in “Alto Adige: corriere delle Alpi”, 6 luglio 1958, p. 6. 21 “Atti della Accademia Roveretana degli Agiati”, a. 208, s. VI, vol. I, fasc. A, Accademia roveretana degli Agiati, Rovereto 1959 (maggio 1960), pp. 130, 135. 22 ASBCRo, Corrispondenza, protocollo 193 del 28 luglio 1958. 23 Ivi, Verbali del curatorio, riunione 8 novembre 1958. 24 Cfr. Inventario topografico ingressi VII. 25 ASBCRo, Verbali del curatorio, riunione 10 maggio 1962. Come esempio di testi aggiunti al corpus originario del fondo Brighenti, si vedano i due volumi con segnatura r-Se 3 5 (32) e r-Se 3 5 (33), con data di pubblicazione 1959-1960 e con l’ex libris di Valentino Chiocchetti.

30

26 Ad oggi sono presenti 105 fotografie. L’attuale segnatura delle fotografie è: 359, Opere artistiche foto 15. Con ogni probabilità le rimanenti unità sono state scorporate per essere collocate all’interno di altri fondi. 27 Cfr. data sul retro delle schede cartacee dei manoscritti del fondo Brighenti: “31 gen 1963”. 28 A. Maffei, Bibliografia segantiniana posseduta dalla Biblioteca civica di Rovereto, prefazione di T. Fait, in Biblioteca civica G. Tartarotti Rovereto: 1764-1964: contributi commemorativi, Manfrini, Rovereto 1964, pp. 322-385; contiene anche: Appendice I: Con la Bibliografia segantiniana furono trovati i seguenti manoscritti dei figli… (pp. 375-377); e: Appendice II: Bibliografia segantiniana posseduta dalla Biblioteca civica indipendentemente dalla raccolta Brighenti (pp. 378-385). Il volume commemorativo viene dato alle stampe nel settembre 1964. 29 Nell’elenco bibliografico non vengono incluse le lettere di vari a vari trascritte da Brighenti. 30 Fait 1964. 31 Giovanni Libera (Avio 1897-1968). 32 Cfr. “Alto Adige. Corriere delle Alpi”, 24 gennaio 1964, cronaca di Rovereto, p. 6. 33 ASBCRo, Corrispondenza anno 1964, protocollo n. 45.

31


“Il mio interminabile lavoro è una Bibliografia segantiniana”. Dalle lettere alle note manoscritte di Angelo Brighenti Isabella Collavizza

“Fui condotto a visitare quella memorabile Mostra e da tale avvenimento nacque la mia passione artistica”: è un giovane Angelo Brighenti (1875-1956) quello che, nell’estate del 1888, ancora tredicenne, viene affascinato dalle opere presentate all’Esposizione di Belle Arti di Bologna1. Attraversando le sale del padiglione di San Michele in Bosco, egli ricorda lo stupore nel vedere per la prima volta i dipinti di artisti quali Giovanni Fattori, Mario de Maria, Giacomo Favretto, Gaetano Previati, ma anche, e soprattutto, Giovanni Segantini, presente con l’imponente Alla Stanga, nell’occasione acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma quale primo dipinto segantiniano a entrare in un museo italiano. A tale episodio deve essere fatto risalire, dunque, l’esordio di Brighenti quale studioso-erudito amatoriale affascinato dalla figura di Segantini, tanto da dedicargli una vita di studi che troverà traduzione in una corposa raccolta bibliografica. Formatosi presso l’Istituto Tecnico Crescenzi-Pacinotti negli anni Novanta dell’Ottocento, Brighenti svolge la sua attività di ragioniere a Bologna dove è ricordato quale bibliofilo impegnato nella raccolta di libri, manoscritti e documenti vari, tra cui si segnala lʼarchivio privato della famiglia Castelli e Pepoli2. Brighenti era solito destinare le ore libere dal lavoro alla ricerca, “sollievo dalle preoccupazioni quotidiane”, di cui le testimonianze autografe riferiscono sulle incursioni archivistiche presso l’Archiginnasio di Bologna, sulle visite alle mostre, o ancora, sulle frequentazioni abituali delle librerie cittadine. È attraverso le lettere e le note sparse, velocemente appuntate su fogli sciolti, che viene a delinearsi l’immagine della fucina operosa di Brighenti finalizzata alla redazione dell’ambizioso progetto editoriale. Indicatore degli strumenti e degli indirizzi metodologici della 1. Lettera di Angelo Brighenti a Romeo Boldori, 27 settembre 1940 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

32

sua ricerca è la corrispondenza epistolare che informa sui canali di approvvigionamento attraverso il concorso di altri studiosi-bibliofili. Il primo a offrire collaborazione, acco33


gliendo la richiesta di una mediazione con Romeo Boldori, è Giuseppe Certani, noto libra-

2. Copertina dell’articolo

io antiquario bolognese, al quale Brighenti deve anche l’amicizia con Bruno Emmert, sto-

Gesellschaft für Vervielfältigende

di W. Ritter, Giovanni Segantini,

rico arcense, che si rivelerà nel tempo referente e fonte imprescindibile per le sue ricerche.

Kunst, Wien 1897

L’incontro epistolare con Boldori3, decantato istitutore della famiglia Segantini,

Fondo Brighenti

Rovereto, Biblioteca civica,

prende avvio nell’estate del 1939, per protrarsi fino alla fine del 1941. Già nella prima lettera Brighenti confida, “a chi fu degno e fedele amico di Giovanni Segantini”, le motivazioni che stanno alla base dell’ambito progetto di una vita, “fin dalla mia prima giovinezza, innamorato per fama, senza conoscerlo di persona, ho seguito spiritualmente Segantini nella sua breve vita […] Uno solo è il fine che mi sono prefisso: studiare le sue opere, sapere ciò che a lui si riferisce”4. È una consapevole dichiarazione di intenti quella professata a Boldori con il quale il più giovane studioso fin dalle prime battute condivide il desiderio di restituzione di un’immagine dell’artista “non contraffatta” e meno da “parata”, come invece pubblicizzato da certa critica5. Già nel carteggio con Certani6, infatti, il professore amava ricordare la “grandezza” di Segantini per la sola “opera sua che fu spontanea, naturale ed inconscia come, del resto, tutte le opere del genio che fiorano come fiorano le piante”, dichiarando in più occasioni il disaccordo con i testi di Raffaele Calzini, “per metà lavoro di fantasia e per l’altra un ricamo di inesattezze”, giornalista “cospiratore” mosso dalla sola brama di “fortuna editoriale” 7. Disaccordo, quello con l’autore del famoso Il romanzo della montagna, che accompagnerà le successive riflessioni di Brighenti sullo stato della letteratura critica segantiniana. A legare, come un filo rosso, la corrispondenza epistolare è il generoso scambio di informazioni e inediti bibliografici che si apre con una curiosa scoperta per il giovane studioso informato da Boldori della sua attività editoriale sotto il falso nome di Karl Gassmann; si tratta della “deliziosa intervista” dal titolo Segantini intimo, pubblicata nella rivista “Verde e Azzurro”8, e dei due articoli dedicati alla vita della famiglia

vati presso il museo svizzero, da affiancare alla lettura “dei piccoli giornali Engadinesi”,

Segantini a Maloja, Un Natale in montagna e Sant’Ambrogio in montagna9, “tra i numeri

oltre ai contributi nelle riviste italiane di cui Boldori indica, puntualmente, i numeri

più rari e più cari della bibliografia segantiniana” . Fin dalle prime lettere Boldori non si

pubblicati da luglio a novembre del 1897 da “Il Corriere”, “Perseveranza” e “Gazzetta

limita a segnalare voci bibliografiche più o meno note11, senza escludere casi biasimati

del Popolo”13.

10

come il “meschino articolo” di Emilio Gavirati per “Anthologie Revue”12, ma cerca piut-

È un Brighenti entusiasta quello che a un anno di distanza ringrazia il corri-

tosto di sollecitare il giovane indirizzandolo verso nuove ricerche al fine di colmare

spondente per la “dovizia d’informazioni, di osservazioni, di riferimenti, di aneddoti […] note

le lacune sugli argomenti “mal” frequentati dalla letteratura contemporanea. Ne offre

giudiziose e utili […] incitamento a nuovi studi, ad ulteriori ricerche”14 (fig. 1). Sono gli spunti

testimonianza il caso del padiglione del Panorama delle Alpi. “Sarebbe di grande interesse

lanciati dal professore, infatti, a favorire nuove indagini e a stimolare la curiosità del

tutto quello che riguarda il famoso Panorama dell’Engadina per l’Esposizione di Parigi. A St.

più giovane, mai esitante nella richiesta di precisazioni su aneddoti segantiniani. È il

Moritz ci deve essere in proposito un copioso materiale”; l’invito rivolto a Brighenti è a una

leggendario episodio della fuga del giovane Segantini verso la Francia a essere ogget-

più estesa ricerca sul campo e, in specifico, alla consultazione dei materiali conser-

to di un interesse particolare da parte di Brighenti che si confronta con il corrispon-

34

35


3. Giovanni Segantini, La propaganda, 1897

Il Seminatore, dove se “la figura e il paese sono rimasti invariati, laddove il cielo, con le nubi, è

(disegno per “Almanacco

totalmente cambiato e la parte allegorica, cioè la bocca sorridente, è soppressa”(fig. 3)17; disegno

socialista”, 1898)

che egli propone quale “sviluppo o ripetizione della figura di seminatore che si osserva nel gran

St. Moritz, Fondazione Giovanni Segantini

quadro Raffigurazione della primavera sulle Alpi (1897), eseguito per commissione del Sig. Stern e destinato ad un Museo di S. Francisco di California”18. In un timido tentativo di confronto stilistico lo studioso identifica dunque il significativo e riconoscibile “squarcio della nube tratteggiato in modo che da fare una gran bocca sorridente” che, come precisato da Annie-Paule Quinsac, sarà poi ricoperto dall’attuale nuvola eliminando ogni riferimento di iconografia politica socialista sull’esempio del prototipo millettiano del seminatore19. Destinataria di interesse da parte di entrambi è “una novella simbolica” scritta da Giovanni Segantini nel 1893, che la critica vuole inviata a Pellizza da Volpedo e per la quale, come suggerito da Boldori, poteva essere “interessante farne ricerca come di un documento curioso della mentalità segantiniana”20. Sollecitato a riguardo, Brighenti si occuperà delle vicende relative al testo in prosa segantiniano e da lui stesso riconosciuto ne Il sogno di un lavoratore, esemplare “non pubblicato nella raccolta postuma degli scritti del nostro Artista, perché la figlia Bianca non ne trovò fra le carte il manoscritto”; nell’ipotesi formulata sulla base della corrispondenza segantiniana esaminata dallo studioso, il testo risulta inizialmente spedito a Eugenio Bernani per essere pubblicato da “La Battaglia per l’Arte”, di fatto, poi, forse per mancanza di “coraggio” da parte del direttore

dente sulle fonti a stampa e di cui fornisce “alcuni chiarimenti, desunti dalle pubblicazioni”

della rivista, destinato a Pellizza che lo riceverà nel 189721.

della sua “raccolta”, a partire dal contributo di Carlo Borghi e dalla preziosa biografia

Tra corrispondenza epistolare e note manoscritte si intrecciano anche notizie

di Virgilio Colombo . L’episodio “giottesco” offre dunque occasione allo studioso di

inedite sulle indirette frequentazioni di Vittore Grubicy, del quale il giovane si era

dare prova della maturata competenza bibliografica attraverso la segnalazione di titoli

dichiarato “discepolo e seguace” e che aveva avuto modo di incontrare a una Biennale a

con rimandi tra le singole voci; valga come esempio la menzione dei “due magistrali

fianco di Mario de Maria. A Vittore, ma anche a Luigi Chirtani, egli riconosceva “ciò

articoli, nelle riviste Die Graphischen Kunste di Vienna (1897) e Gazette des Beaux-Arts

che ho imparato in arte, di bello e di buono”22. Sempre ai Grubicy rimandano alcuni ricordi

di Parigi (1898)” di William Ritter, autore apprezzato dallo studioso (fig. 2), senza ri-

legati alla mostra Segantini-Previati-Bistolfi, tenutasi nel 1906 presso il Padiglione

sparmiare, invece, parole poco lusinghiere per Ugo Ojetti per il quale “i commenti sono

Grubicy di Milano, dove egli, “unico abbonato” all’evento, aveva avuto la fortuna di co-

inutili. Bisogna ridere per forza” .

noscere Alberto.

15

16

Con la medesima concitata missiva il corrispondente viene informato dell’acqui-

Tra le righe apprendiamo anche della partecipazione attiva da parte di Brighenti,

sto della stampa de La propaganda (St. Moritz, Fondazione Giovanni Segantini), ripro-

non solo raccoglitore per corrispondenza ma frequentatore di mostre ed esposizioni,

duzione del disegno “eseguito nel 1897 per l’Almanacco socialista 1898”, qui, dal mittente,

senza tralasciare il mondo intellettuale del tempo. Lo conferma il racconto dell’incon-

giustamente avvicinato, sulla base di un confronto con l’immagine riprodotta nel ca-

tro bolognese con Giovanni Pascoli, interessato a Segantini e sul quale regolarmente

talogo dell’esposizione milanese del 1899, “ad altra versione dello stesso” conosciuta come

riceveva notizie e pubblicazioni da un residente in Germania23.

36

37


L’estate del 1941 è un momento di condivisione delle difficoltà e delle speranze nutrite dallo studioso: “le mie ricerche Segantiniane procedono discretamente: adagio adagio aumentano i libri, gli articoli che con fatica riesco a rintracciare e a possedere; ma per converso, con mio grande spavento, vedo crescere a dismisura il numero di quelli che non posseggo, dei quali prima io

4. Lettera di Bruno Emmert a Giuseppe Certani, 16 novembre 1940 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

non conoscevo l’esistenza o aveva soltanto appunti e incerte indicazioni bibliografiche”24. Brighenti torna a riflettere sull’ambizioso progetto di “una Bibliografia segantiniana” non escludendo più estese escursioni archivistiche extrabolognesi, “a Milano, a Firenze, a Roma, a St. Moritz ecc”, considerato che, a quella data, aveva avuto modo di frequentare le sole biblioteche di Bologna e Venezia. L’autore non manca di rammentare in più punti del carteggio l’impegno nel proseguo dell’impresa per cui “furono utili i repertori bibliografici stampati in appendice a diversi libri e le schede comunicatemi dal Prof. Bruno Emmert di Arco, dimorante a Trento”25. L’impresa si rivelerà ancora più ardua, infatti, dopo la scomparsa del generoso corrispondente, nell’estate del 1942, che lascia in sospeso molti dubbi e domande, qui registrate in note sparse come “memorie per il prof. Boldori”. Irrisolta rimane la questione cara allo studioso dei rapporti del professore con la famiglia e i figli di Segantini, dopo la morte dell’artista26, i quali, come confessato in un veloce commento a matita a margine di un foglio, egli “non ha mai ardito disturbare” con lettere o personalmente27. A questa data le ricerche di Brighenti potevano contare anche su una collaborazione fuori città, grazie all’attivo sostegno offerto dal citato Emmert28. Ancora una volta, come per Boldori, si deve a Certani la fortunosa mediazione con il corrispondente trentino, “bibliofilo (ma anche bibliografo)”, che, facendo dono della propria competenza in materia bibliografica, già nel novembre del 1940 fa pervenire al giovane ricercatore un primo elenco di titoli segantiniani29. Dalla vasta letteratura locale raccolta dall’erudito e finalizzata alla redazione di un compendio di ampia divulgazione, poi confluita nella famosa Bibliografia della Venezia tridentina, provengono una serie di voci trascritte direttamente dalle sue schede bibliografiche e qui corredate da puntuali annotazioni sulla presenza di eventuali riproduzioni fotografiche o, nei casi più fortunati, da citazioni tratte dai volumi indicati (fig. 4).

Come Boldori anche Emmert non manca di indirizzare il giovane alla ricerca sul

Le lettere sono occasione di aggiornamento bibliografico con fitti scambi di titoli

campo, suggerendo, nella medesima occasione, una visita all’archivio del museo provin-

a stampa, ma non solo. Diversi risultano gli omaggi librari spediti da Trento, oggi con-

ciale tirolese di Innsbruck dove egli avrebbe potuto consultare riviste, ritagli di giornale

servati nella biblioteca roveretana; nell’estate del 1842, ad esempio, Brighenti registra

e un buon numero di “schedine (bibliografiche) nel catalogo per materie, compilato dal benemeri-

la ricezione di una copia graditissima della rivista “Trentino, con la lettera di Segantini al

to ‘Kustos del Ferdinandeumʼ signor Conrad Fischnaber”. Emmert poteva vantare, infatti, una

cugino Girardi”, insieme a due opuscoli di Eugenio Bermani e di Tomaso Bresciani “in

concreta conoscenza dei fondi museali del museo austriaco dove aveva lavorato prima

copie fresche ed intonse”30.

di passare a Ginevra per completare la propria formazione. Altrettanto apprezzate da

38

39


5. Promemoria di Angelo Brighenti, s.d.

si devono le notizie su acquisti e passaggi di opere segantiniane anche presso musei

Rovereto, Biblioteca civica,

e gallerie; in particolare, si riferisce sulla mancata acquisizione nel 1890 da parte del

Fondo Brighenti

Museo Revoltella di Trieste de L’aratura (Monaco, Neue Pinakothek)31, e, quasi in tempo reale, sull’esposizione a Milano, in quello stesso marzo del 1942, del dipinto Gregge che ritorna all’ovile, con la preziosa citazione dal catalogo di vendita della Galleria Ferruccio32. È grazie a una segnalazione del corrispondente che lo stesso Brighenti potrà anche assicurarsi l’acquisto di una cartolina autografa dell’artista inviata nel 1891 a Anghilerio Lecco – “per ordinargli un paio di scacchiare per la piccola figlia Bianca” – allora esposta presso la Galleria Cavallotti di Modena33. Una quantità di dati e di informazioni, dunque, che impegna quotidianamente Brighenti non senza difficoltà. Forse sopraffatto dalla mole di lavoro, infatti, l’autore fatica a registrare le informazioni e le voci in modo sistematico e ordinato. La verifica incrociata degli elenchi forniti dal corrispondente con gli appunti e il regesto segantiniano palesa diverse lacune e sviste; nel trascrivere quanto generosamente condiviso da Emmert, ad esempio, egli tralascia tutti gli articoli citati dalla rivista “Die Ausstellung der Seccession” di cui non rimane traccia nella bibliografia finale34, dove risulta mancante, tra gli altri, anche Arte in Italia, per l’Ente Nazionale per le Industrie Turistiche (1942), ricordato in una lettera per la qualità della riproduzione de Le due madri 35. Complici i pentimenti e i montaggi di dati aggiunti in tempi diversi, non sempre lineare risulta lo sviluppo del percorso editoriale dal momento di passaggio dall’informazione, che qui si attiva attraverso la corrispondenza epistolare, alla redazione del regesto, di cui, come anticipato nell’introduzione al presente volume, esistono tre diverse stesure. Osservazione che trova conferma, infatti, nell’esistenza di più versioni di una Bibliografia segantiniana cui si integrano le voci manoscritte, in alcuni casi non trascritte nel regesto finale ma rimaste in forma di appunti36. Il progetto, dunque, assume i tratti di un’impresa monumentale per la portata di informazioni messe in circolazione e collazionate da un amatore di belle arti che,

Brighenti sono le segnalazioni di testimonianze segantiniane presenti in raccolte locali,

quasi certamente, ambiva a qualcosa di più della bibliografia. Al progetto di un reper-

da quella di Ottavio Daniele Rossi, impiegato postale di Bolzano, già visitata dal corri-

torio di voci bibliografiche si affiancano le ricerche degli anni Quaranta quando lo

spondente che aveva potuto ammirare vari autografi “di noti artisti”, compreso il lodato

sforzo di revisione dei titoli si estende alla redazione di schede di dipinti segantiniani.

arcense, al senatore Vittorio Zippel nella cui collezione si conservavano “pregevoli disegni

Le carte rintracciate all’interno della serie Memorie di Angelo Brighenti fanno luce,

[…] ora nel Castello del Buonconsiglio”, “lettere ed altri ricordi del pittore Segantini”.

infatti, sull’impegno di Brighenti che a una certa data sembra rivolgersi al recupe-

All’interesse condiviso per il mercato d’arte, nazionale e internazionale, la cui

ro di quante più possibili informazioni sul catalogo delle opere dell’artista con uno

importanza filtra tra le righe del carteggio anche attraverso la richiesta di cataloghi,

sforzo ulteriore in termini di raccolta e gestione dei dati37. Illuminante a riguardo si

40

41


rivela il veloce promemoria che qui di seguito si riporta: “per ogni quadro o disegno di

6. Promemoria di Angelo

Segantini fare un foglio una specie di scheda con tutte le notizie possibili prese dai cataloghi, degli

Rovereto, Biblioteca civica,

articoli o dalle mie note un po’ di descrizione possibilmente le dimensioni il titolo originale con le

Brighenti, s.d. Fondo Brighenti

varianti dell’uso cioè le varie denominazioni la firma, la data, e quanto altro vi è scritto (dedica) il proprietario o il primo acquirente o la Galleria dove si trova attualmente il luogo dove è stato eseguito possibilmente il prezzo i libri o i giornali nei quali si vede riprodotto dando preferenza le fotografie o le tricromie. Vedere specialmente i brani delle lettere di Segantini che si riferiscono ai singoli quadri”38. Un timido tentativo in questa direzione sono gli appunti finalizzati alla stesura della scheda del dipinto Alla stanga (fig. 5)39, da cui Brighenti era stato sedotto in occasione della citata esposizione bolognese del 1888. Il dipinto si inserisce, infatti, in quello che lo stesso studioso identificava come il periodo più fecondo della carriera artistica del suo amato, le cui opere più lodevoli sarebbero proprio legate alla data del 1888, per quel “potente e sano naturalismo” che si ritrova nello studio degli animali e nella ricerca della luce nel colore40. Non stupisce allora la scelta della lodata opera come modello per l’auspicata, e rimasta tale, impresa di catalogazione, che non potrà trovare concreta traduzione e di cui le Memorie ci restituiscono i preziosi promemoria: “il quadro Alla Stanga fu prima esposto nella primavera 1886 alla Permanente di Milano per l’inaugurazione del nuovo palazzo della Società (e qui citare gli articoli di Max, Chirtani, Mongeri, Benapiani, Cameroni ecc. poi nell’estate o autunno 1886 ad Amsterdam dove fu premiato con la grande medaglia d’oro. Nella primavera 1887 comparve all’Esposizione di Venezia (dove si ebbe maggiore incomprensione) rammentare il caso di Boito nella Nuova Antologia! e di quell’altro che ha un libro che non lo nomina! e citare i buoni articoli di Molmenti, Chirtani sopra tutti, A. Stella e anche il giornale dell’Esposizione, Carotti. Nel 1888 fu esposto a Bologna con una cornice non più centinata. Citare le critiche di Max

Tra le righe di questi frettolosi appunti emerge il carattere amatoriale delle sue

de Sera e del pittore Eugenio Cecconi. Per il 1887 vedere anche Primo Levi nella Riforma, Mikelli,

riflessioni sebbene si registrino anche sporadici e timorosi tentativi di giudizi di na-

gli scherzi di Ottolenghi. Citare anche gli scritti fatti dopo? p.e. A. I. Rusconi, Pica ecc.?”41.

tura critica su temi dibattuti in quegli anni, a partire dalla proposta di “suddivisione

Alla letteratura critica egli non manca di affiancare alcuni ricordi delle chiac-

degli artisti per regioni” su cui riferisce lo stesso Brighenti portando a sostegno del-

chierate con artisti e amatori segantiniani sulla citata opera, ma non solo; da Alfre-

la sua posizione gli scritti di Filippo Filippi e Luigi Chirtani44. Ma le ricerche non

do Protti all’artista bolognese Guglielmo Pizzirani con cui si dichiara concorde nel

rimangono circoscritte alle sole voci bibliografiche per estendersi anche alle fon-

“magnificare i grigi di Segantini”42, ma anche, e soprattutto, ad Alfredo Grandi, in arte

ti figurative; in una successiva postilla si fa urgente il recupero di nuove fotografie

Garzia Fioresi, che egli frequentava a Bologna “trattenendosi a parlare di pittura” . Tra le

di opere dell’artista, meglio se “meno conosciute”, alla ricerca dell’inedito cui sembra

frequentazioni epistolari, ancora, merita di essere segnalato il nome di Giuseppe De

ambire ora in termini più consapevoli lo studioso, segnalando tra i suoi desiderata “il

Logu, critico d’arte, collaboratore de “La voce della Repubblica”.

famoso Album di riproduzione della Calcografia Fusetti (che non ho mai sentito citare da nes-

43

42

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suno!), composto di tanti cartoni su cui erano fissate le riproduzioni e […] la firma di Segantini (della prima maniera)”45 (fig. 6). Significativo ai fini della comprensione del metodo adottato dallo studioso è il sistema di registrazione delle informazioni, corredate da estratti bibliografici e in dialogo anche con note personali, che lo studioso appunta casualmente su carte sciolte sempre a disposizione per le sue ricerche. Dall’uscita di una recensione, alle informazioni sulle singole opere, al mercato d’arte, notizie diverse convivono insieme riflettendo lo sforzo compiuto da Brighenti nel recupero, collazionamento e aggiornamento costante che si alimenta di cancellature, correzioni e non pochi ripensamenti. L’incrocio tra epistolario e appunti diventa allora uno strumento indispensabile per la comprensione del lavoro svolto sulle fonti, a chiarire alcuni passaggi nella redazione della Bibliografia segantiniana, con la restituzione dell’immagine della fucina operosa dell’appassionato compilatore. Lungimirante si rivela allora il messaggio lasciato da Angelo Brighenti in quello che, nelle intenzioni dello stesso, avrebbe potuto essere l’incipit alla presentazione della sua invocata impresa segantiniana e che ora, in questa sede, trova degno riconoscimento: “nella mia adolescenza e nella giovinezza io ho amato e ammirato Segantini quand’era ancora vivo, non ho aspettato ad esaltarlo morto”46.

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1 Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (d’ora in poi BCRo), Fondo Brighenti, ms 4.29, c. 441. Gli appunti manoscritti conservano la trascrizione dei documenti, per la gran parte lettere tra gli artisti e il comitato (ivi, ms. 4.27, cc. 215-308) dell’esposizione bolognese che Brighenti dichiara di aver consultato presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna (Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, Fondo speciale Alfonso Tartarini, cartone I, Lettere di vari e carte diverse). Sull’esposizione di Bologna si rimanda a B. Basevi, M. Nottoli, a cura di, Expo Bologna 1888. L’Esposizione Emiliana nei documenti delle Collezioni d’Arte di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, in “Quaderni della Biblioteca di San Giorgio in Poggiale”, n. 1, 2015 (in specifico per Segantini, p. 25, fig. 30). 2 Cfr. Archivi, in “Notizie dagli Annali di Stato”, a. I, n. 1, 1 luglio 1941, p. 20. Su Angelo Brighenti, figlio di Cleto e Elisa Rocchi, lacunose si rivelano le notizie rintracciate presso gli archivi bolognesi. Presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna il fondo speciale Oreste Trebbi, che riunisce le “Carte del burattinaio Angelo Cuccoli vendute da sua figlia a O. Trebbi tramite il rag. Angelo Brighenti” (Inventario a stampa, in “LʼArchiginnasio”, a. LXXIX, 1984, p. 124) testimonia anche la sua attività quale mediatore, informato sulle opere in circolazione sulla piazza bolognese. Un’ulteriore segnalazione arriva dagli archivi della Questura di Bologna dove il ragioniere era stato indicato come soggetto “pericoloso” in quanto simpatizzante “socialista” (Archivio della Questura di Bologna, n. 1129, b. 28, 1909-1930). 3 Si rimanda al testo di Patrizia Regorda all’interno del presente volume. 4 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 82-85, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 28 agosto 1939. 5 Ivi, cc. 2-3, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 4 settembre 1939. La lettera è pubblicata da A.-P. Quinsac, Segantini. Catalogo generale, Electa, Milano 1982, vol. II, p. 551. 6 Si tratta di una serie di lettere messe a disposizione da Certani a Brighenti e da questi in parte ritrascritte, forse per una prossima pubblicazione, in BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 38-67, lettere di R. Boldori a G. Certani. 7 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 38-47, lettera di R. Boldori a G. Certani, 29 luglio 1939. Sulla questione Calzini, ritorna Brighenti a qualche mese di distanza riferendo sugli articoli più importanti pubblicati dal giornalista (ivi, cc. 102-103, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 19 febbraio 1941). 8 Ivi, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939. Boldori firma come K. Gassmann, Segantini intimo. Una intervista inedita col Maestro, in “Verde e Azzurro”, a. I, n. 8, 7 giugno 1903, p. 1; n. 9, 14 giugno 1903, p. 1. 9 K. Gassmann (R. Boldori), Sant’Ambrogio in montagna, in “Alba Serena”, a. XV, n. 12, dicembre 1937, pp. 176-182. Come ricordato nella lettera, Brighenti non sarà in grado di rintracciare l’articolo Natale in montagna, pubblicato nella rivista “In cammino”. 10 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 82-85, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 28 agosto 1939. 11 Dai carteggi si apprende dell’invio da parte di Boldori di alcuni numeri del “giornaletto” dei figli di Segantini, qui descritto come una rivista ideata e redatta dai tre giovani scrittori, arrivata a una tiratura di quasi trenta copie, donate agli amici dell’artista, per cui si rinvia al contributo di Anna Mazzanti nel presente volume (BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 91-98, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 27 settembre 1940). Oltre la ricercata rivista, di cui Brighenti riceverà con una certa frequenza i numeri recuperati in più occasioni dal professore, ad arricchire lo scambio epistolare sarà anche l’invio di un disegno presentato quale schizzo abbozzato attraverso “pochi segni promemoria di Segantini” raffigurante una mucca all’abbeveratoio (ivi, c. 29, lettera da R. Boldori ad A. Brighenti, 11 settembre 1941); ancora, tra le altre, di una “fotografia rarissima” dove, diversamente dalle più note allo studioso, l’artista è ritratto solitario immerso nel suo paesaggio montano (ivi, cc. 32-33, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 15 novembre 1941). 12 E. Gavirati, Le triomphe de Segantini, in “Anthologie Revue”, a. II, n. I, novembre 1898, pp. 13-16. Si veda l’approfondimento sulla questione della critica nella rivista francese nel citato contributo di Regorda. 13 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939. 14 Ivi, cc. 91-98, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 27 settembre 1940. 15 I riferimenti sono C. Borghi, La giovane arte, in La vita nuova. Milano e i suoi dintorni, Civelli, Milano 1881 e V. Colombo, Esposizione Artistica 1881. Profili biografici, Civelli, Milano 1881. 16 Si rimanda al regesto bibliografico nel presente volume. 45


17 Segantini aveva ricevuto la commissione di un disegno sul tema del lavoro e della propaganda sociale per il numero di maggio de l’“Almanacco socialista” sulla cui commissione riferisce A.-P. Quinsac, Segantini, il divisionismo italiano, le avanguardie francesi e la cultura visiva europea, in “Quaderni grigionitaliani”, a. 68, n. 4, 1999, pp. 372-373. Sul disegno si veda anche Segantini, a cura di G. Belli, catalogo della mostra (Trento, Palazzo delle Albere, 9 maggio-30 giugno 1987), Electa, Milano 1987, n. 126, p. 260 e in Segantini: la vita, la natura, la morte: disegni e dipinti, a cura di G. Belli, A.-P. Quinsac, catalogo della mostra (Trento, Palazzo delle Albere, 3 dicembre 1999-19 marzo 2000), Skira, Milano 1999, pp. 48 (n. 22), 52. 18 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 91-98, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 27 settembre 1940. Il riferimento all’esposizione milanese è confermato dalla presenza della riproduzione del foglio in Comitato per le Onoranze a G. Segantini. Catalogo delle opere esposte, catalogo della mostra (Milano, Palazzo della Permanente, novembre-dicembre 1899), Capriolo e Massimino tipografi, Milano 1899, n. 65, p. 28. 19 Si veda a riguardo il commento di Quinsac in Segantini. Trent’anni di vita artistica europea nei carteggi inediti dell’artista e dei suoi mecenati, a cura di A.-P. Quinsac, Cattaneo Editore, Oggiono 1985, n. 487, pp. 387-389, in relazione alla lettera sulla commissione di Giovanni Segantini ad Alberto Grubicy (10 marzo 1896). 20 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 5-21, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 19 settembre 1940, pubblicata in Quinsac 1982, pp. 551-552. 21 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 103-104, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 19 febbraio 1941. L’ipotesi di Brighenti è supportata dalle fonti; nel volume dedicato agli scritti del padre, Bianca Segantini (Scritti e lettere di G. Segantini, Fratelli Bocca Editori, Torino/Milano/Roma 1910, p. 67) segnala, infatti, l’impossibilità di rintracciare il documento in oggetto. Per il tramite di Giovanni Cena, il testo era stato recapitato a Pellizza che conferma l’avvenuta ricezione all’amico Segantini nella lettera del 27 dicembre 1897 (cfr. M. Vinardi, Carteggio Giuseppe Pellizza – Giovanni Segantini (1894-1899), in Giuseppe Pellizza da Volpedo, a cura di A. Enrico. F. Maspes, catalogo della mostra (Milano, Gallerie Enrico Gallerie d’Arte, Gallerie Maspes, 11 ottobre-22 dicembre 2018), Milano 2018, pp. 49-50). Quest’ultimo risponde riferendo sui contenuti dello scritto il 4 gennaio 1898; la lettera è pubblicata in Archivi del Divisionismo, a cura di T. Fiori, Officina, Roma 1969, vol. I, pp. 371-372 e Quinsac 1985, n. 802, pp. 633-635. 22 Ivi, cc. 86-89, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 12 settembre 1939. 23 Ivi, cc. 91-98, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 27 settembre 1940. 24 Ivi, c. 105, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 11 agosto 1941. 25 Ivi, cc. 108-109, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 20 settembre 1941. 26 Ivi, c. 125, s.d.; “Notizie su Enrico Dalbesio, prendendo motivo della fotografia di segantini con alcuni amici, pubblicata nell’Illustrazione del Medico; notizie in genere su Vittore Grubicy e su Emilio Longoni; se è vero che Vittore Grubicy troncò ogni relazione con segantini 4 o 5 anni prima della morte di Quest’ultimo, come si spiega la lettera del 1898 al caro Vittore, pubblicata da Primo Levi?; dopo la morte di Segantini, il prof. Boldori mantenne viva la relazione con al vedova, coi figli, con la Bianca? È ora in amicizia e corrispondenza con Gottardo?”. 27 Ivi, c. 128, s.d. 28 Sulla figura di Bruno Emmert si rimanda al saggio di Romano Turrini nel presente volume. 29 BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 157-162, lettera di B. Emmert a G. Certani, 16 novembre 1940. 30 Ivi, cc. 79-80, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 31 agosto 1942. Per la copia della rivista si veda M. Bragagna, Una lettera inedita di Giovanni Segantini, in “Trentino”, a. XVIII, n. 4, aprile 1942, p. 55. Per gli autori Bermani e Bresciani, con diversi opuscoli presso il fondo Segantini della biblioteca, si rinvia nuovamente a Romano Turrini. 31 Ivi, cc. 168-169, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 22 novembre 1941. Emmert trascrive l’intero passo rintracciato all’interno del volume Storia del Circolo Artistico di Trieste. Testo e disegni di C. Wostry, Le Panarie, Udine 1934, p. 59: “L’anno seguente il Circolo organizzò una seconda esposizione di opere al Museo Revoltella. Vi parteciparono molti bei nomi di artisti d’oltre confine, ma due quadri, due vere gemme, vi destarono il maggiore interesse, anche se tutti non ne compresero la tecnica, che in Francia aveva già guadagnato buon numero di proseliti: il divisionismo. I due quadri erano del Segantini: ‘L’araturaʼ e ‘In campagnaʼ. Ad onore della verità è doveroso dire che Giuseppe Caprin fu in quella volta fra i pochi a comprendere la grande arte di questo maestro la profonda poesia dei quadri. I più giudicavano l’opera d’arte attraverso la tecnica. Invano egli perorò in seno al Curatorio del Museo Revoltella perché la tela ‘L’araturaʼ, che costava tremila fiorini, fosse accolta nella nostra collezione. Oggi il quadro è conservato come un gioiello nella Pinacoteca di Monaco di Baviera”.

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32 Ivi, c. 177, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 22 marzo 1942 e ivi, c. 76, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 30 maggio 1942. 33 Ivi, c. 180, lettera di Bruno Emmert ad A. Brighenti, 24 agosto 1942: Emmert indica il catalogo n. 135 al “n. 411. Segantini Giovanni. Cartolina interamente autografa, affari di famiglia. Data Maloja, Engadina 1899. £ 30”. Si veda la risposta di Brighenti in data 31 agosto 1942 (cc. 79-80). 34 Ivi, cc. 191-192, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 15 giugno 1943. 35 Ivi, cc. 181-182, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 5 settembre 1942. 36 Le tre versioni del regesto sono registrate con le seguenti diciture all’interno della busta 4.30: Bibliografia segantiniana 1897-1939 (cc. 19-46); I saggio di bibliografia segantiniana 1879-1918, 1918-1940 (cc. 47-220), Note bibliografiche segantiniane 1879-1955 (cc. 221-377). 37 Memorie e note segantiniane; cfr. BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.27, cc. 120-154, s.d. 38 Ivi, c. 126, s.d. 39 Sull’opera riferiscono le seguenti carte: cc. 135, 136, 141, 142, 148, 150. 40 Ivi, c. 138, s.d. 41 Ivi, c. 135, s.d.; nell’elencare gli autori egli sceglie di citare qui i nomi “non sospetti di essere troppo partigiani o fautori di Segantini”, come, invece, Vittore Grubicy. A tale elenco seguono poi ulteriori promemoria sulla letteratura critica del dipinto. 42 Ivi, c. 150, s.d. 43 Brighenti riferisce su “Alfredo Grandi (Garzia Fioresi) in lode di Segantini” il quale dopo aver visitato la personale a Venezia del 1926, aveva confessato la propria predilezione per il dipinto Alla Stanga “considerata la più forte, il lavoro mirabile di un artista, il quale è proprio di quella razza che ha dato all’Italia Piero della Francesca, i Bellini…”; cfr. ivi, c. 148, s.d. Brighenti ritornerà sulle frequentazioni con Grandi a proposito della Biennale di Venezia del 1928 (ivi, c. 154, s.d.). 44 Ivi, c. 123, s.d.: “la divisione per regioni vagheggiata già dal Filippi e dal Chirtani 1880 […] che nelle loro rassegne consideravano gli artisti suddivisi per regioni non vi erano veramente caratteri diversi di scuole ma di caratteri regionali comuni a diversi artisti come il colore scialbo (attenuato tenue colorito) dei Toscani le sprezzature dei lombardi”. Tra le memorie si conservano anche alcuni appunti di natura biografica relativi agli artisti contemporanei di Segantini, da Pellizza a Luigi Conconi, ad Antonio Fontanesi, per citare alcuni dei nomi presenti, che sarebbero serviti a tracciare il contesto artistico per la produzione segantiniana. 45 Ivi, c. 129, s.d.; Brighenti, con ogni probabilità, fa riferimento all’esistenza di un supposto album contenente riproduzioni calcografiche di opere di artisti diversi dove Segantini era rappresentato, tra le altre, dalla stampa di Madre amorosa (Allattamento di un capretto) e da Ritorno all’ovile. 46 Ivi, c. 128, s.d.

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Segantini e la sua famiglia visti da Romeo Boldori, istitutore a Maloja Patrizia Regorda

Formazione ed esordi dello scapigliato Romeo Uomo di lettere schivo e riservato, già da alcuni anni ritirato nella campagna lombarda, il settantanovenne Romeo Boldori (fig. 1) a partire dall’autunno del 1939 viene coinvolto in uno scambio epistolare che lo porta a ricostruire e rivivere alcuni degli anni più significativi della sua vita: la passione antiquaria di Giuseppe Certani, ma soprattutto la non comune sensibilità ed empatia che avverte in Angelo Brighenti, lo inducono a rispolverare dettagli e sentimenti taciuti da quarant’anni, e a lasciare una testimonianza diretta e sincera su alcuni aspetti del lavoro e della vita di Giovanni Segantini. Procedendo a ritroso dalle informazioni presenti nelle carte Brighenti della Biblioteca civica Tartarotti1, risaliamo alla figura di un letterato e bibliofilo dalla formazione anomala e dall’attitudine anticonformista che lo porta presto a scontrarsi con la realtà delle convenzioni borghesi e ad allontanarsi dalla metropoli milanese per rifugiarsi nel romantico romitaggio alpino offertogli dalla famiglia Segantini: Romeo nasce a Pavia nel 1861 e trascorre una giovinezza felice e agiata interrotta bruscamente da una serie di lutti familiari avvenuti tra il 1882 e il 18872. La perdita dei genitori e della stabilità economica spiega l’irregolare e incompiuto percorso accademico iniziato nel 1883 con l’iscrizione a Giurisprudenza presso l’Università di Pavia. Dagli archivi universitari risulta che Romeo frequenta sino al secondo anno di corso senza sostenere esami e che nel 1887 chiede il passaggio al corso di Lettere. Anche tale percorso rimane incompiuto e nel 1893 Boldori chiede il foglio di congedo per altra università3. Di tale anomalo percorso ci lascia testimonianza anche lo scrittore Tommaso 1. Boldori nella sua ultima residenza a Palazzo Sassi di Casanova Lanza, (1939) Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

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Gallarati Scotti che intorno al 1893, tra l’ultimo anno di ginnasio e il primo di liceo, si trova come supplente di letteratura italiana il giovane Romeo, che nel frattempo si 49


2. B. Segantini, Rimpianto di Sigmunt, in “Il Maloja”,

soprattutto una predilezione per i poeti “maledetti”, che mal si adattava ai program-

primavera 1899

mi scolastici e al conservatorismo cattolico-liberale del liceo Boselli. La situazione si

Rovereto, Biblioteca civica,

complica quando voci insistenti iniziano a sostenere che il professore non sia nem-

Fondo Brighenti

meno laureato, e che sia per di più socialista: “infine era venuta fuori la qualifica più atta a sgomentare la direzione di una scuola: che letterariamente fosse uno scapigliato”. Come si può intuire l’esperienza didattica di Boldori al liceo Boselli durò pochi mesi, bastevoli però per lasciare una profonda traccia in Gallarati Scotti che ricorda la voce sottile e commossa con cui il professore leggeva tutti gli autori che, a prescindere da ogni canone, epoca o nazionalità, sapessero aprire le porte dell’ispirazione poetica. Nel frattempo, intorno al 1893, la vita non semplicissima del giovane Romeo viene allietata dall’incontro con quella che sarà la compagna della sua vita, Lina Sala: nel 1942 un commosso Boldori parla di una comunione di anime e intelletti5, che troverà compimento nel matrimonio solo a seguito della morte di Segantini e del ritorno di Boldori da Maloja. Nel 1896 infatti il giovane studioso accetta l’incarico di istitutore presso la famiglia Segantini, che dal 1894 si era trasferita dai Grigioni e viveva tra l’Engadina e la Val Bregaglia6. Intermediario tra Boldori e Segantini è in questa occasione il comune conoscente Enrico Dalbesio, fraterno amico del pittore fin dai primi anni milanesi che grande importanza aveva avuto anche nella sua formazione culturale7. Gli anni con i Segantini: il giornaletto “Il Maloja” Come vedremo Boldori esercita presso la famiglia Segantini svariati ruoli legati anche al lavoro pittorico di Giovanni (figg. 2, 3 e 4), ma copre primariamente la funzione di istitutore privato dei figli Gottardo, Alberto, Mario e saltuariamente della piccola Bianca, che compiva gli studi presso un collegio di Maroggia. Nelle carte del Fondo Brighenti sono presenti dirette testimonianze del rapporto tra i ragazzi e l’istitutore che, abbiamo visto, applicava metodi didattici abbastanza fuori dal consueto8. In particolare, incoraggiava la vocazione poetica, ma anche quella giornalistica dei ragazzi, spingendoli a redarre un giornaletto letterario titolato “Il Maloja” dove si manifestava l’amore, condiviso da insegnante e studenti, per la poesia non meno che

era trasferito a Milano in cerca di fortuna : “Era pallido, col sorriso buono, velato di una

per la vita alpestre. Boldori nella sua tarda corrispondenza con Brighenti e Certani

certa mestizia – gli occhi chiarissimi dietro le lenti azzurrognole, due baffetti biondi, leggermen-

spiegherà, a proposito del giornaletto: “Sono piccole cose, ma servono a delineare l’ambiente

te arricciati in su come usava allora”, contraddistinto dalla nota romantica del “cappello

segantiniano nell’ultimo anno di vita del maestro” 9; e ancora, “questa raccoltina è interessante

nero a larghe falde, che a quei tempi era distintivo dei poeti e dei pittori”. Tra i tratti distintivi

per chi voglia farsi un’idea del clima letterario-simbolico che era di lassù in quegli anni, tanto più

di Boldori lo scrittore annovera anche la cravatta nera svolazzante a nodo largo ma

che questi scritti infantili sono veramente genuini e rispecchiano quel che piaceva in famiglia”10.

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risposta di Giovanni Segantini che intende sdebitarsi con un “disegnino”, e di Romeo Boldori che indica addirittura un catalogo di riferimento per l’acquisto della macchina e suggerisce indicazioni per la scelta dei relativi caratteri13. Anche se nel febbraio le lettere scambiate sembrano parlare di una vera e propria macchina a caratteri mobili che consentirebbe alte tirature14, Alberto sembra regalare infine ai ragazzi una macchina da scrivere e un poligrafo, strumento di riproduzione che consentiva un numero più limitato di copie15. Dalla metà di maggio infatti il giornale risulta scritto a macchina e in una lettera del 5 giugno Giovanni Segantini annuncia come imminente l’utilizzo del nuovo sistema di stampa16. Con il nuovo sistema i ragazzi proseguono il lavoro redazionale, probabilmente fino alla morte del padre nel settembre successivo: l’ultimo numero presente nelle carte Brighenti è datato 24 agosto 1899. Nell’arco di tempo che va dal febbraio all’agosto 1899, i 4. Romeo Boldori e Giovanni Segantini con il Comitato

Analizzando i numeri del giornale conservati nel Fondo

3. Boldori, il terzo da sinistra,

Brighenti, non risulta semplice stabilire esattamente l’ordine e

posa con la famiglia Segantini

la datazione delle carte che compongono la rivista, ma si può

per il Panorama (a sinistra

affermare che sono presenti una dozzina di numeri composti generalmente da quattro o otto pagine inizialmente scritte a mano dai ragazzi, e redatti in poche copie che venivano distri-

e due membri del Comitato

per il Panorama dell’Engadina, (1898), in “L’illustrazione del medico”, n. 38, maggio 1937

ragazzi, proporzionalmente a età e bagaglio culturale, offrono una visione lirica del loro adorato ambiente di vita e della trasformazione che esso subisce nel progredire delle stagioni: i primi numeri sono scritti nel pieno del rigore invernale e i

Giovanni Giacometti) a Soglio, (1897) SIK-ISEA, Zurigo Schweizerisches Kunstarchiv

buite agli amici della famiglia11: “i compilatori sono pochi, ma sono ancor meno gli abbonati” scrive il direttore Alberto Segantini in una sorta di introduzione programmatica a quello che sembra essere il primo numero del giornale (5 febbraio 1899)12; Alberto spiega che “Il Maloja” è “un piccolo giornale nel quale sfogare i nostri sentimenti poetici”, e annuncia per il numero successivo “il passaggio alla stampa tramite l’uso di un poligrafico”. Alberto Grubicy, infatti, uno degli abbonati alla rivista, aveva promesso in una lettera di inizio febbraio di regalare ai ragazzi una macchina da stampa, come risulta dalle lettere di 52

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componimenti raccontano la poesia delle cime innevate, ma anche la fervida attesa

come gusto arcaico nelle legature e nei fregi della stampa. […] credo che i libri raccolti da Segantini,

del disgelo; lo scricchiolio della neve, gli splendidi spettacoli delle aurore e dei tra-

sia per mezzo mio, sia personalmente, non superassero il centinaio. Libri che il maestro non avreb-

monti invernali lasciano spazio, nei numeri primaverili, al trionfo della natura che

be mai letto perché la maggior parte in latino. […] La bibliotechina antiquaria penso che dovesse

pian piano si rigenera con lo spuntare di violette, poi di rododendri, arniche e infine

servire, più che altro, a mettere una nota elevata nello studio dell’artista”20, a creare un contesto

degli edelweiss; il ruscello torna a gorgogliare, “antico amore che ti sei smarrito a lungo

adatto alla svolta simbolista di Segantini e alla sua figura di pensatore e filosofo.

per la neve” , e i ragazzi possono tornare alle altitudini di Maloja e al pittoresco chalet 17

Kuoni dove la famiglia Segantini si era trasferita dai Grigioni nel 189418.

Nelle sue lettere Boldori spiega inoltre che anche la fidanzata Lina da Milano contribuiva ad accrescere la raccolta di Segantini intermediando con gli antiquari

Nel giornale si manifestano le diverse sensibilità dei ragazzi e la particolare in-

della città. Proprio come gesto di ringraziamento per l’assistenza avuta da Lina, Se-

clinazione del diciassettenne Gottardo, già portatore di una visione affine a quella

gantini le avrebbe inviato in dono una cinquecentina avvolta in una carta usata in

paterna per quanto riguarda il rapporto uomo e natura: nei suoi componimenti si

origine per schizzare una mucca all’abbeveratoio, che sarebbe poi il disegno oggi con-

intravede l’idea di un comune destino di uomini e bestie, destinati al paziente lavoro

servato nelle carte Brighenti della biblioteca Tartarotti e che Boldori assicura essere

nei campi e assoggettati ai perenni meccanismi delle stagioni e alla forza della natura,

autografo del pittore: la questione della paternità di tale schizzo resta tuttora aperta

di fronte alla quale risalta la finitezza dell’uomo. Degno di nota e anche indizio della

perché risulta difficile pensare che Segantini abbia lasciato circolare con leggerezza

bibliofilia che si era sviluppata in casa Segantini è la poesia Ad un libro antico, dove

un abbozzo così provvisorio, vista la precisione con cui curava la diffusione della sua

Gottardo trasforma in maniera originale il topos paterno dell’eterna natura che assi-

opera21. In ogni caso il dono del pittore si legava anche alle ricerche sull’iconografia

ste impassibile al breve ciclo della vita umana: in questo caso però lo spettatore della

ebraica che, tramite Boldori, Segantini aveva affidato a Lina Sala in vista della realiz-

commedia umana è un “picciol libro affaticato/ pel passar di tanti occhi e tanto fiato”: “tu hai

zazione della Bibbia di Amsterdam22.

veduto/ nascere e morir l’uomo e per mutare/ di tempi il tuo valor non hai perduto. Sento per le tue pagine passare/ la madre tutta nel suo nato assorta/ la fanciulla leggera il bimbo lieto/l’eroe che pensa [,] l’uomo che sopporta/ l’irromper delle passioni ed il quieto/vecchio che il venir sente della morte/ ed il giovane fidente nella sorte”19.

Segantini intimo: il Maestro visto da vicino Come anticipato, i resoconti epistolari di Boldori circa la sua esperienza presso i Segantini erano stati preceduti dalla pubblicazione di due contributi di carattere narrativo, totalmente elogiativi: particolarmente ricco di informazioni è il resoconto,

La bibliofilia di Segantini

pubblicato nel 1903 con lo pseudonimo di Karl Gassmann, di una fittizia intervista e

Nel carteggio con Brighenti, e in particolare nella lettera del 19 settembre 1939,

inchiesta fatta nell’ottobre 1897 presso il pittore e i suoi compaesani23. Nel resoconto

Boldori fornisce una sua ricostruzione a proposito della biblioteca raccolta da Seganti-

Boldori finge che questo Gassmann, alpinista friburghese in visita in Engadina e Val

ni negli ultimi anni della sua vita. L’umanista, che nei quarant’anni successivi alla mor-

Bregaglia, si trovi a raccogliere impressioni, pensieri e abitudini del maestro: lo rag-

te di Segantini aveva scritto sul maestro pochissimi contributi, affettuosi ed elogiativi,

giunge sui prati di Pian Lutero, presso Soglio, dove lavora al dipinto che poi entrerà

nella lettera del 1939 sembra sentire il bisogno di rendere nota la sua versione dei fatti

a far parte del Trittico della natura con il titolo La Vita. Gassmann assiste a una seduta

a proposito di diverse questioni e di levarsi certamente anche tanti sassolini dalla scar-

di pittura da cui emerge la silenziosa e profonda intesa con Baba, che senza bisogno

pa: Boldori dice che, prima del suo arrivo presso i Segantini, il pittore non possedeva

di gesti o parole anticipa le necessità dell’artista porgendogli ora un tubetto, ora un

né un interesse bibliofilo né una vera raccolta libraria; sarebbe stato l’arrivo del giovane

pennello, ora un raschietto; al termine della sessione, il tedesco interroga Segantini

istitutore a stimolare tale interesse nell’artista, che rimase colpito da alcune edizioni

a proposito del suo rapporto con gli abitanti di Maloja, della formazione dei figli, del

antiquarie possedute dal precettore e gli chiese di procurargli “libri vecchi che avessero un

supporto della moglie Bice, del progetto del Panorama e di altri dipinti realizzati in

buon sapore nell’aspetto. Non importava né in che lingua né di quale materia, purché fossero belli

Engadina, della sua infanzia in Trentino, dei suoi interessi per lo spiritismo, delle sue

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5. Lettera di Romeo Boldori ad Angelo Brighenti, 19 novembre 1941 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti 6. Segantini presso la Diavolezza, nei dintorni di Pontresina, (1897) (fotografia inviata da Romeo Boldori con lettera del 19 novembre 1941) Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 212

Altro punto su cui si sofferma Gassmann/Boldori, ripreso poi anche nel carteggio con Brighenti, è la totale indipendenza del pittore dall’utilizzo della macchina fotografica: nonostante la dimestichezza con lo strumento fotografico acquisita da Segantini a Borgo Valsugana, a bottega dal fratellastro Napoleone, Segantini “non possedette mai macchine fotografiche ed è superfluo dire che non se ne valse mai per il suo lavoro abitudini di lavoro: anche qui come nel racconto del 1937, Sant’Ambrogio in montagna,

neanche per fermare il ricordo”26. Per l’impresa del Panorama però, Segantini fece un par-

Boldori ama sottolineare la tempra del pittore, che lavorava sempre all’aperto, anche

ticolare utilizzo del mezzo fotografico: fece eseguire dal fotografo Sapeur una serie di

con temperature prossime ai 25 gradi sotto zero, e che solo in caso di intemperie si

vedute combinate in un fotocollage “per formare un profilo a catena non vero, ma di singole

ritirava al chiuso dove lavorava soprattutto ai disegni24.

parti riconoscibili, così che in minimo spazio si includessero le caratteristiche più note della linea

Dal resoconto del 1903 emerge un dato degno di nota, a cui la storiografia non pare avere dato peso nonostante l’attendibilità riconosciuta alle parole del Boldori, in

alpestre Engadinese”, spiega Boldori in una lettera cui allega unʼinedita fotografia di Segantini risalente agli anni del Panorama (figg. 5 e 6)27.

particolare per lo studio delle opere facenti parte del Trittico della natura: “Se la memoria non mi falla, in piedi appoggiato all’albero e chino il capo sulla donna e sul bimbo, era allora

Storie di congiure milanesi

abbozzato un uomo coperto d’un mantello, in atto di umile e benevolente contemplazione” . L’u-

Boldori ha un ruolo significativo anche in un episodio interessante della biografia

manista ricorderebbe dunque una variante iconografica che indicherebbe un distacco

di Segantini, dove emerge in particolare la personalità del pittore: nel novembre 1898 esce

del pittore dalle sue precedenti interpretazioni del tema della maternità.

un articolo a proposito dell’artista nella rivista italiana ma francofona “Anthologie Re-

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vue”, di scarsa tiratura ma che ambiva a una diffusione Oltralpe28.

7. Lettera di Giovanni

L’autore dell’articolo Emilio Gavirati cerca di spiegare il succes-

Segantini a Enrico

so internazionale di Segantini suscitando le ire del pittore: chia-

Los Angeles, Getty Research

mando in causa anonimi esperti, spiega che il pittore ha talenti

Dalbesio, 2 settembre 1898 Institute

Si capisce come il pittore si senta profondamente incompreso e diffamato: “È tu che sai come la mia fama labbia conquistata lentamente con lavoro coscienzioso, e indipendente: e che tutto il nome che conquistai all’estero non ha niente che sia artificiale ma è venuto lentamente, naturalmente e sincero” si sfoga Giovanni con Alberto Grubicy29. Segantini

eccezionali, ma subito li adombra criticando il suo travisamento

trova conferma, in questo articolo, dei suoi sospetti circa un clima di ostilità creatosi

dell’idea simbolista ed enfatizzando l’importanza della macchina

nei suoi confronti a Milano, e arriva anche a mettere in discussione la decisione di

reclamistica e organizzativa di Alberto Grubicy; spiega dunque il

Alberto di allestire una sala personale del pittore aperta al pubblico, all’interno della

vero segreto del successo del pittore, che avrebbe trovato una for-

sua galleria. L’artista vuole passare alle vie legali ma Boldori, che conosceva perso-

mula espressiva che racchiudeva tutti gli elementi allora di ten-

nalmente Gavirati, si reca a Milano e contribuisce ad appianare l’incidente: già nel

denza sulla scena internazionale, traendo qualcosa dalla scuola

numero immediatamente successivo della rivista la direzione pubblica una nota di

francese, qualcosa dalla scuola olandese, qualcosa dai Preraffae-

scuse di Gavirati che sottolinea che Segantini ha sempre lavorato assiduamente senza

liti, e aggiungendo un tocco di simbolismo nordico, il tutto appli-

preoccuparsi d’altro che della sua arte e che il suo successo è esito di anni di fatiche e

cato all’incantevole paesaggio dell’Engadina. L’articolo sembra

insuccessi di pubblico30.

suggerire insomma che la pittura di Segantini sia il frutto di una

A proposito di tale episodio Boldori ritorna alcune volte nei suoi carteggi, sem-

ragionieristica formula studiata a tavolino, artificiosamente cre-

pre minimizzando l’accaduto e in particolare criticando il resoconto complottista di

ata in laboratorio per ottenere un sicuro successo commerciale.

Raffaele Calzini, biografo di Segantini ne Il romanzo della montagna (1933): se è vero,

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8. Boldori nella sua ultima residenza a Palazzo Sassi di Casanova Lanza, (1939) Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

“Il sig. B.”: un Albatros in Engadina L’umanista spiega di avere scritto poco e nulla sul pittore certo per scrupoli di delicatezza, ma anche perché “sarei stato un poco discorde col Segantini di maniera che a poco a poco si è venuto creando”33: a quarant’anni di distanza però dà voce a pensieri e a risentimenti forse mai sfogati, come quando ad esempio ritorna sulla questione della bibliofilia del pittore: “Segantini presto si convinse di essersi fatta una conoscenza e una cultura bibliografica bastevole per non aver bisogno di ricorrere ad altri, e, fattisi spedire i cataloghi da Monaco e da Berlino, scelse ed acquistò da sé […]. Ed era curioso vedere con quale compiacenza mi mostrava gli acquisti e con quale sorrisolino furbesco godeva della sua indipendente superiorità. Era un uomo fatto così. Sincerissimamente era persuaso che sarebbe riuscito eccellente in ogni cosa pur che se ne fosse occupato ”34. Nonostante la sincera ammirazione di Boldori per Segantini, e la stima del pittore verso l’umanista, i loro due forti caratteri avevano probabilmente creato un clima di competizione intellettuale sfociato forse talvolta in aperto attrito, come rivelerebbe anche il fatto che nei suoi carteggi Segantini non chiama mai l’istitutore per nome ma lo cita come “il sig. B.”, “il professor B.” o semplicemente Boldori. Inoltre, secondo Gallarati Scotti “anche nella casa di un artista sciolto da ogni conformismo accademico e scolastico i metodi pedagogici di quell’idealista errante in cerca di bellezza e di bontà avevano creato molta confusione e non ottenuto alcun risultato. […] Vegliava molte ore la notte leggendo e scrivendo libri che non credo abbia pubblicato mai: di giorno contemplava il gran poema vivo delle nubi, delle acque, degli alti pascoli – beato. Ma se si metteva ad un tavolo per dar lezioni, gli si indovinava negli occhi la vaghezza del sonno”35. Anche una lettera finora inedita di Segantini (fig. 7), inviata al comune amico Dalbesio, conferma l’esistenza di questi motivi di frizione con l’insegnante36: “ora ciè il letterato che quando è qui al Maloja scrive di notte, dorme e sbadiglia di giorno, poi il prof.re in conseguenza di ciò a molto l’aria di dover perdere il tempo a dar sbadigliando delle lezioni”. Con poche suggestioni il pittore riesce ad abbozzare il carattere di Boldori: l’istitutore avverte di essere “da noi molto compreso il suo Don Chisciottismo”, tuttavia “egli è partito di qui più funebre del solito. […] Quest’uomo sempre così tragicamente serio a lo spirito d’un bambino”.

come vuole Boldori, che non si può immaginare Gavirati come “il congiurato, il sicario,

Anche Gallarati Scotti aveva paragonato il professore alla figura di Don Chi-

l’incaricato di una banda di cospiratori che volevano colpire il Maestro nella schiena” è vero

sciotte, ma trovava ancor più calzante il paragone con l’Albatros del capolavoro simbo-

che le critiche mosse nel suo articolo erano significative ; tali critiche sono peraltro

lista di Baudelaire, venerato da Boldori: come l’Albatros, principe delle nubi, Boldori

anche testimonianza di un certo scetticismo suscitato nei contemporanei dalla svolta

riesce a spiegare le sue ali solo nel cielo della poesia e si sente goffo ed incompreso,

simbolista di Segantini, nutrito dallo stesso Boldori e forse malcelato al maestro32.

“esule in terra fra gli scherni”.

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In realtà anche lo scapigliato Boldori, messe da parte le romantiche esperienze giovanili, troverà soddisfazione in una vita regolare al fianco della moglie Lina, con cui vivrà a Milano per i primi trent’anni del Novecento (fig. 8). L’umanista riuscirà anche a sollevarsi dalla povertà trovando impiego nel mercato antiquario che gli consentirà di dedicarsi anche a qualche prova letteraria37.

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1 Tutta la corrispondenza intercorsa tra Angelo Brighenti, Romeo Boldori e Giuseppe Certani, e citata in seguito, è conservata nel volume ms. 4.27 del Fondo Brighenti della Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (d’ora in poi BCRo), per cui si rimanda al regesto Le lettere nel presente volume. 2 Simili indicazioni si trovano nel racconto autobiografico Il morticino che Boldori pubblica nella rivista milanese “In cammino: agli uomini di buona volontà”, dove racconta la difficile vita del povero istitutore Claudio Silva “nella grande città affaccendata e indifferente”. 3 Tali dati sono desunti dai registri dell’Archivio Storico dell’Università degli Studi di Pavia (ASUPv, fascicoli studenti, fascicolo di Romeo Boldori; ASUPv, Giurisprudenza, Carriera scolastica, reg. 669). Da questi documenti apprendiamo anche alcune informazioni anagrafiche di Romeo Ettore Eliseo Boldori: figlio di Antonio e Antonia Curti, nato a Pavia il 24 luglio 1861, ottiene la licenza liceale presso il Liceo Ugo Foscolo di Pavia il 30 ottobre 1883. Nella domanda di passaggio del 1887 la nota “non iscritto perché non pagò le tasse” sembrerebbe confermare il suo stato di indigenza a seguito dei lutti familiari (ringrazio al proposito la dott.ssa Alessandra Baretta e la dott.ssa Maria Piera Milani dell’Archivio Storico dell’Università degli Studi di Pavia per il supporto prestato). 4 T. Gallarati Scotti, L’Albatros, in “Corriere della Sera”, 28 settembre 1955, p. 3. 5 A testimonianza della particolare stima di Boldori nei confronti di Brighenti, la lettera scritta a quest’ultimo il 3 giugno 1942 (cfr. BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 35-37) rende conto della grande confidenza ed empatia che intercorreva tra i due uomini, senza che si fossero mai incontrati di persona. Boldori aveva da poco perso la moglie Lina e, commosso dalla lettera di condoglianze di Brighenti, gli risponde in una toccante missiva dove ripercorre la sua giovinezza fino all’incontro con Lina. La lettera gli consente di trovare iniziale conforto nel ricordo dell’amata ma, con il procedere del racconto, Boldori riemerge dai ricordi e ritorna nella dimensione della disperazione, acuita dal fatto di avere dato corso all’ultimo desiderio della defunta: Lina aveva richiesto al marito di dare alle fiamme tutti i ricordi del loro amore quarantennale. Sopraffatto da un incommensurabile senso di vuoto, Boldori esprime il desiderio di raggiungere al più presto la defunta adorata, lamentando tra l’altro un peggioramento del già precario stato di salute. Morirà infatti pochi mesi dopo Lina; cfr. ivi, c. 155, lettera di G. Certani ad A. Brighenti, 10 ottobre 1942. 6 Boldori arriva a casa Segantini al più tardi nei primi mesi del 1897, poiché scrive a Brighenti di aver vissuto con i Segantini negli ultimi tre anni di vita di Giovanni; cfr. ivi, cc. 38-47, lettera di R. Boldori a G. Certani 29 luglio 1939. 7 Tra le altre cose, Dalbesio funge da mediatore tra Segantini e Vittore Gubicy in occasione del loro allontanamento (cfr. Mart, Archivio del ’900, Fondo Grubicy-Benvenuto, Gru.I.1.1.292, lettera di E. Dalbesio a V. Grubicy, 29 settembre 1890); alla morte di Segantini è tra i primi a raggiungere Maloja con Alberto Grubicy per aiutare la famiglia nella difficoltà del momento; cura inoltre lʼautobiografia del pittore del 1895 come ricordato dallo stesso Segantini in una lettera a Neera del 9 gennaio 1896 pubblicata in Scritti e lettere di G. Segantini, Fratelli Bocca Editori, Torino/Milano/Roma 1910, p. 81 (vicenda ripresa in A.-P. Quinsac, Biografia, in Segantini. Catalogo generale, Electa, Milano 1982, vol. I, pp. 9-32). 8 Oltre ai numeri de “Il Maloja”, nel Fondo Brighenti sono conservate altre carte con cinque componimenti narrativi scritti dai ragazzi nel dicembre 1897 e nel febbraio 1899 (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, cc. 36-43). 9 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, c. 24, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 22 gennaio 1941. 10 Ivi, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939. 11 I numeri de “Il Maloja” sono rilegati nel volume ms. 4.31 del Fondo Bighenti. Sull’argomento riferisce Anna Mazzanti nel presente volume. 12 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 3, Ai lettori, in “Il Maloja”, n. I, 5 febbraio 1899. 13 Segantini: trent’anni di vita artistica europea nei carteggi inediti dell’artista e dei suoi mecenati, a cura di A.-P. Quinsac, Cattaneo Editore, Oggiono 1985, pp. 571 (n. 725) e 574 (n. 726). L’introduzione del volume spiega che le lettere tra Segantini e Alberto Grubicy provengono dall’Archivio Fornara di Prestinone. 14 Nella lettera di inizio febbraio Giovanni dice ad Alberto di posticipare l’acquisto della macchina da stampa perché i figli avevano espresso il desiderio di una “fotura stamperia all’antica”. 63


15 Lo stesso Boldori riferisce che “i ragazzi di Segantini per più di un anno redassero un giornaletto poligrafato e tirato a 25 o 30 copie” (cfr. BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939). Nel poligrafo la duplicazione avveniva tramite l’utilizzo di un cassetto dove era posta della gelatina alla quale veniva fatto aderire il foglio da duplicare. Il foglio lasciava un’impronta nella gelatina che veniva poi “ricevuta” dal foglio bianco. Della gelatina viola usata nel procedimento troviamo traccia in un numero de “Il Maloja” (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, cc. 24-25). 16 Quinsac 1985, p. 594. 17 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 17, Go. Segantini, Armonie meridiane, in “Il Maloja”, n. III, 19 marzo 1899. 18 La famiglia trascorre a Maloja i primi due inverni 1894-1895 ma dal 1896, anche a causa dei debiti contratti con il proprietario dello chalet Kuoni, i Segantini trascorrono i mesi invernali a Soglio in Val Bregaglia (1080 m di altitudine). 19 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, cc. 31-32, Go. Segantini, Ad un libro antico, in “Il Maloja”, 10 luglio 1899. 20 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 5-21, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 19 settembre 1940, 21 Tali perplessità sono confermate da Annie-Paule Quinsac che ha espresso il suo parere ad Alessandra Tiddia nel corso della preparazione di questo volume e che ipotizza piuttosto di riferire lo schizzo roveretano alla mano dei ragazzi Segantini. 22 Il disegno è rilegato nel volume ms. 4.31; sulle vicende del disegno si consideri la lettera di R. Boldori ad A. Brighenti datata 11 settembre 1941 (ivi, c. 29) e le note pubblicate da Tullio Fait, Un disegno di Segantini nella Biblioteca civica di Rovereto, in “Atti dell’Accademia roveretana degli Agiati”, s. VI, n. IV, 1964, pp. 103-105; sulle ricerche di Lina Sala per la Bibbia di Amsterdam cfr. A. Botta, Illustrare la Bibbia. I disegni di Giovanni Segantini per un’edizione di Amsterdam, in Segantiniana I/2015. Studi e ricerche, a cura di A. Tiddia, MAG/Mart, Riva del Garda/Rovereto 2015, pp. 53-66. Insieme al disegno e ai numeri del giornaletto, il volume ms. 4.31 contiene un manoscritto di mano ignota (cc. 46-48), presumibilmente inviato da Boldori (vista appunto la collocazione insieme alle carte provenienti da Casanova Lanza), che riporta la trascrizione della lettera di Segantini pubblicata in “Cronaca d’arte” l’8 febbraio 1891 con il titolo Così penso e sento la pittura (in realtà la versione a stampa presenta alcune varianti, mentre il manoscritto roveretano coincide con la versione pubblicata nel 1894 nel catalogo milanese delle Esposizioni riunite). A proposito della genesi di questo testo ci dà informazioni interessanti Enrico Dalbesio, a cui Segantini aveva affidato il testo per consegnarlo alla redazione della rivista milanese. Dalbesio tra gennaio e febbraio del 1891 scrive due lettere a Vittore Grubicy, già collaboratore di “Cronaca d’arte”, raccomandandosi di emendare e raffinare alcuni passaggi della lettera introducendola con un testo esplicativo di Vittore: come si deduce dalle lettere conservate nel Fondo Grubicy la redazione della rivista non ha dato seguito a tali raccomandazioni, pubblicando il testo tale e quale e suscitando il disappunto di Vittore e Dalbesio (cfr. Mart, Archivio del ’900, Fondo Grubicy-Benvenuti, Gru.I.1.1.292). 23 Il resoconto esce in due puntate: K. Gassmann (R. Boldori), Segantini intimo: un’intervista inedita col maestro, in “Verde e azzurro”, a. I, n. 8, 7 giugno 1903, p. 1 e a. I, n. 9, 14 giugno 1903, p. 1. Boldori preferiva restare nell’ombra e scrivere sotto pseudonimo perché, sosteneva, non voleva avvalersi del nome di Segantini per darsi lustro o per motivi di lucro. Lo pseudonimo di Gassmann sarebbe stato proposto da Umberto Notari, direttore della rivista (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939). 24 La prosa di Boldori Sant’Ambrogio in montagna (in “Alba serena”, a. XV, n. 12, dicembre 1937) costituisce l’affettuoso ricordo di una ascesa fatta dai ragazzi Segantini e dal professore in occasione del Sant’Ambrogio 1897, per recuperare nello chalet di Maloja il ritratto del santo cui era profondamente legata la famiglia. 25 Cfr. Quinsac 1982, vol. II, p. 513. Nella lettera a Brighenti del 19 settembre 1940 (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 5-21) Boldori si sofferma a lungo sulla realizzazione del dipinto Vita (o Essere) sostenendo che Segantini lo stesse già portando a compimento quando il progetto del Panorama era in fase nascente (1896-1897). 26 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 32-33, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 15 novembre 1941. 27 Ivi. La fotografia, presumibilmente identificabile con quella inviata da Boldori, è ora conservata con le altre fotografie delle carte Brighenti nella serie Opere artistiche 15 della Biblioteca civica Tartarotti (inv. n. 212).

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28 E. Gavirati, Le triomphe de Segantini, in “Anthologie Revue”, a. II, n. 1, novembre 1898, pp. 13-16. Traduzione in francese del direttore Edward Sansot-Orland. L’articolo è tra l’altro dedicato a Filippo Tommaso Marinetti, redattore della rivista. 29 Si veda la lettera di G. Segantini ad A. Grubicy del novembre 1898, in Quinsac 1985, n. 704, pp. 554-555. 30 La direction [Edward Sansot-Orland], A propos du Triomphe de Segantini, in “Anthologie revue”, a. II, n. 2, dicembre 1898, p. 41-42. Nell’articolo compaiono inoltre alcune righe di Alberto Grubicy che sottolinea che il successo di Segantini non è frutto della réclame ma del valore intrinseco dell’artista e delle sue opere. Con il numero del marzo successivo si compirà l’espiazione di “Anthologie revue” che pubblica praticamente sotto dettatura di Grubicy una celebrazione della carriera di Segantini come frutto della sua abnegazione e passione: tale contributo, annunciato per il gennaio 1899, apparirà nel marzo del 1899 a firma dello stesso Sansot-Orland, che dedica alla figura del pittore sei pagine corredate da un ritratto disegnato da Carlo Bozzi (E. Sansot-Orland, Giovanni Segantini, in “Anthologie revue”, a. II, n.5, marzo 1899, pp. 85-91). 31 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 5-21, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 19 settembre 1940. 32 Boldori in diversi passaggi rimpiange il “periodo in cui egli era semplicemente il grande pittore Segantini senza cultura, senza filosofia, senza simboli, senza astruserie”: inoltre sostiene che lo stesso Segantini confondeva i concetti di simbolo e allegoria e addirittura che nel procedimento pittorico sia quasi impossibile trasferire l’attitudine simbolista che è propria della letteratura (cfr. BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 38-47, lettera di R. Boldori a G. Certani, 29 luglio 1939, e ivi, cc. 5-21, lettera di R. Boldori ad A. Brighenti, 19 settembre 1939). 33 Ivi, cc. 38-47, lettera di R. Boldori a G. Certani, 29 luglio 1939. 34 Ivi, cc. 5-21, lettera di R. Boldori a A. Brighenti, 19 settembre 1939. 35 Gallarati Scotti in L’Albatros riferisce di un suo recente viaggio in Engadina dove, in cerca di conferme ai suoi ricordi, interrogava Gottardo a proposito degli anni vissuti con l’istitutore Boldori. 36 Lettera di G. Segantini a E. Dalbesio, 2 settembre 1898, da Maloja a Milano, Getty Research Institute, Los Angeles, Giovanni Segantini letters, 1894-1899 – acc. no. 860464. 37 Boldori lavora nel commercio librario con la ditta antiquaria Toscanini come si apprende dal carteggio con Certani; per due anni tiene inoltre la rubrica La fiera del bibliofilo nella “Fiera Letteraria” diretta da Umberto Fracchia, ma sotto lo pseudonimo di Romolo Obredi i cui contributi escono tra il 28 novembre 1926 e il 16 ottobre 1927. L’affermazione professionale gli consente anche di accumulare negli anni una discreta biblioteca, tanto che nel 1939 scriverà a Certani: “in passato ho costruito anche una biblioteca di diverse migliaia di volumi ma ora non la continuo più. Da dieci anni ho lasciato Milano e vivo nella quiete e nel silenzio della campagna. Al bibliofilo è succeduto il giardiniere e l’ortolano” (BCRO, Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 48-53, lettera di R. Boldori a G. Certani, 17 agosto 1939). La discreta stabilità economica, infatti, al momento di trasferirsi a Casanova Lanza gli consentirà di prendere in affitto il settecentesco Palazzo Sassi, solo dopo essersi assicurato che la metratura delle sale consentisse di ospitare una consistente scaffalatura per la sua biblioteca (ringrazio il dott. Matteo Ronchini di Valmorea che mi ha comunicato queste informazioni da lui raccolte). Oltre ai testi citati precedentemente, scrive inoltre racconti di contenuto talvolta autobiografico (dove però non si trovano riferimenti alla vita con i Segantini) sulla rivista milanese “In cammino: agli uomini di buona volontà”, cui collaborava tra l’altro anche Tommaso Gallarati Scotti: si tratta dei racconti Nella notte santa (n. 36, 1902, pp. 529-535), Il morticino (n. 43, 1903, pp. 320-329), Favole (n. 50, 1903, pp. 49-59), Da un culmine (chiacchere primaverili) (n. 53, 1904, pp. 198-204), Il dominatore (n. 56, 1904, pp. 350-361).

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La corrispondenza fra Angelo Brighenti e Bruno Emmert Romano Turrini

Bruno Emmert, bibliofilo e bibliografo Per cogliere il profondo significato della corrispondenza fra Angelo Brighenti e Bruno Emmert è bene far precedere una breve presentazione dello studioso arcense. Bruno Emmert nasce ad Arco nel 18771. Suo padre, Celestino Emmert, può essere considerato uno dei promotori del Kurort (Luogo di cura), una delle persone che, “venute da fuori”, aveva immediatamente colto le potenzialità di sviluppo sociale ed economico di Arco. Tipografo di corte, era proprietario di una libreria, aveva promosso la nascita di una scuola industriale e aveva curato in particolare la lavorazione del legno d’olivo per la produzione di galanterie (portagioie, portapenne, cornici e altro). Dalla tipografia di Celestino Emmert escono le Kurliste, ossia le riviste che promuovevano il Luogo di cura, preziosa testimonianza circa le frequentazioni turistiche ad Arco negli ultimi decenni dell’Ottocento. Sempre da Celestino Emmert vengono stampati volumi importanti per conoscere la storia di Arco come Arco luogo di cura invernale di Emilio Vambianchi (1873), Arco in Südtirol di Max Kuntze (1898) e Cronaca di Arco di Eliodoro Degara (1905). Questo è l’humus sociale e culturale in cui cresce Bruno Emmert. Ancora giovane egli si dedica con passione soprattutto alla ricerca e allo studio delle fonti storiche e inizia a collezionare edizioni antiche, legate alla storia regionale. Incrementa e perfeziona la sua preparazione di bibliofilo e di bibliografo lavorando presso diverse librerie e biblioteche. Verso la fine dell’Ottocento è a Trieste, crogiolo di tante culture, impiegato nella libreria Schimpff (che poi diventerà la Libreria internazionale 1. Fotografia autografata di Bruno Emmert, s.d. Collezione privata

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Treves-Treccani-Tuminelli); qui perfeziona la sua conoscenza delle lingue straniere. Nei primi anni del Novecento si trasferisce a Milano dove riesce a scovare numerosi 67


volumi riferiti all’epoca napoleonica e alle imprese belliche del nostro Risorgimento.

la fondazione della Biblioteca comunale, riservandosi di decidere sui locali da de-

Lavora per qualche tempo a Innsbruck, presso il Landesmuseum Ferdinandeum e poi

stinarsi a tale uso e sulle norme del suo funzionamento. La Biblioteca civica troverà

è a Ginevra dove completa la sua formazione. Il suo carattere, schivo e modesto, man-

la sua prima sede nel palazzo Giuliani-Marcabruni (già Palazzo Nuovo), in piazza 3

teneva sconosciuta ai più la vastità delle sue conoscenze, acquisite con pazienti letture

Novembre2.

e sostenute da una memoria tenace. Scrive lo storico trentino Antonio Zieger: “La sua

Bruno Emmert non ha la possibilità di godere del vitalizio comunale per molti

non era un’arida enumerazione, ma un complesso armonico di notizie utilissime per chiunque

anni; egli scompare infatti nel 1959. A lui va la gratitudine e il ricordo della comunità

avesse voluto approfondire uno degli argomenti presi in esame”.

di Arco e di quanti potranno, grazie alla sua opera instancabile e scrupolosa, accre-

Nel 1910 pubblica, sotto forma di saggi, i risultati del suo paziente lavoro di ri-

scere le proprie conoscenze e la propria cultura. A lui è intitolata la Biblioteca civica

cerca. Negli anni seguenti lavora anche alla Bibliografia trentina degli anni 1848, 1859 e

di Arco, dove in un particolare settore, il Fondo Antico, vengono conservati volumi e

1866, anni cruciali per le vicende storiche del Risorgimento italiano.

pubblicazioni che facevano parte della sua biblioteca (fig. 1)3.

Concluso il primo conflitto mondiale, dopo esser stato per qualche mese l’unico impiegato della neonata Cassa Rurale di Arco, trova lavoro come archivista presso la

Alla ricerca di note bibliografiche

Soprintendenza alle Belle Arti di Trento, che aveva la sua sede nel Castello del Buon-

Angelo Brighenti, collezionista e appassionato bibliofilo bolognese, si rivolge

consiglio; è a questo indirizzo che vengono inviate le lettere di Angelo Brighenti per

a Bruno Emmert per avere informazioni utili a incrementare la propria raccolta di

Bruno Emmert. Sono gli anni in cui a lui fanno riferimento studiosi, collane editoriali

pubblicazioni riferite a Giovanni Segantini e alla sua opera. La sua prima lettera indi-

per l’elaborazione di alcune voci di enciclopedie, semplici cittadini per avere infor-

rizzata a Emmert è datata 11 maggio 19414. Nel mese di dicembre dell’anno precedente

mazioni, indicazioni bibliografiche, consigli di “piste” da seguire nello svolgimento

egli aveva avuto dal libraio di Bologna Giuseppe Certani una lettera in cui Emmert

di ricerche. Egli conferma il suo essere bibliofilo e bibliografo essendo grande colle-

tracciava importanti note bibliografiche sul pittore di Arco, maestro del Divisionismo

zionista di libri e pubblicazioni di cui conosceva, in modo approfondito, il contenuto.

italiano; note che gli erano risultate di grande utilità5. Egli aveva ordinato a Certani

Successivamente il clima creato dal regime fascista guasta parzialmente l’ambien-

l’acquisto di due delle pubblicazioni segnalate da Emmert, ma la sua richiesta non era

te della Soprintendenza e questo nuoce a Emmert in particolare. Ci si stava allontanan-

stata esaudita. In ogni caso il collezionista si premura di ricompensare concretamen-

do dal modello bibliografico caro allo studioso arcense, che deve mettere a disposizio-

te lo studioso di Arco per il suo lavoro: “La prego volermi indicare l’importo delle competenze

ne un ricco materiale di ricerca, ma che evita di emettere giudizi frettolosi e di parte.

dovutele per la lunga fatica della compilazione e trascrizione di così preziosa bibliografia. Non

Il 31 dicembre 1947 abbandona il servizio; rimane per qualche tempo a Trento,

appena riceverò risposta, mi farò in dovere di spedirle la somma richiesta”. Nella conclusione

poi si trasferisce ad Arco nella casa paterna, in via S. Anna n. 3. Rifugio e consolazio-

della lettera vi è la preghiera a Emmert di essere aggiornato sulle pubblicazioni riferi-

ne per queste amarezze è la sua biblioteca che intanto cresce di importanza e di con-

te a Segantini: “[…] questo mi darà – scrive Brighenti – somma contentezza”.

sistenza; migliaia di volumi accessibili solo a pochi amici, appassionati di studi e di

Il 14 maggio Emmert risponde a Brighenti e questa lettera permette di cogliere

ricerche. Nell’agosto del 1955 l’Amministrazione comunale di Arco, dopo aver avuto

la sua personalità e il suo modus operandi6. Egli confida che purtroppo da qualche mese

assicurazioni e incoraggiamento da parte del direttore della Biblioteca di Trento, sot-

non si recava più ad Arco dove custodiva la sua biblioteca e “i duplicati della stessa”.

toscrive un atto notarile con cui procede all’acquisto della biblioteca privata di Bruno

Quindi di ogni libro o pubblicazione Bruno Emmert possedeva due copie. E aggiun-

Emmert e stabilisce a favore dello studioso arcense una rendita vitalizia di 720.000

ge: “Riguardo poi alle competenze dovutemi per gli appunti bibliografici inviati, io mai nulla

lire annue, pagabili in rate mensili di 60.000 lire. Prima di procedere alla sottoscri-

intendevo di pretendere per quelle note”. Questa è la testimonianza della modestia che ha

zione del contratto di rendita vitalizia con Bruno Emmert, il consiglio comunale di

contrassegnato sempre il suo agire. Egli lamenta solamente il fatto che Certani non

Arco, nella seduta del 18 ottobre 1955, aveva deliberato unanimemente di approvare

gli avesse rivelato il nome della persona a cui il frutto della sua ricerca era destinato.

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Il 19 maggio Brighenti scrive a Bruno Emmert: “[…] dovrei arrossire per vergogna se approfittassi gratuitamente della dotta fatica di Lei” 7. Cordialmente quindi ringrazia e invia un primo acconto. Emmert da parte sua si dedica con grande cortesia a raccogliere

2. Lettera di Angelo Brighenti a Bruno Emmert, 10 luglio 1941 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

articoli e materiale vario “sul nostro Segantini”, scrive in una lettera del 26 luglio 19418. Il pittore di Arco diventa quindi “nostro”; Brighenti ed Emmert ne parlano come di un comune amico, che merita tutta la loro affettuosa attenzione (fig. 2). Bruno Emmert raccoglie anche i cataloghi di mostre in cui figurano opere di Segantini; è preciso nelle sue indicazioni, segnando le pagine dove si scrive del maestro del Divisionismo italiano e in qualche caso trascrivendo parti dei testi e inviandoli a Brighenti. Inoltre, indica anche le aste in cui i quadri, i disegni, le lettere del pittore di Arco erano messi a disposizione del miglior offerente9. Emmert segnala a Brighenti la “Strenna del Giornale Alto Adige anno 1900” con un intervento di Vittorio Zippel, uno dei trentini che maggiormente era stato in relazione con Giovanni Segantini; il libraio Certani procura al collezionista bolognese quella pubblicazione, unitamente alla rivista “Tridentum” e al catalogo Bruckmann Böcklin-Thoma-Segantini (Monaco 1910). Ancora, si segnalano saggi e conferenze, tra le quali quella tenuta il 20 marzo 1910 dall’architetto Eugenio Vitelli, riportata negli “Atti dell’Accademia Olimpica di Vicenza” e successivamente anche negli “Atti dell’Accademia degli Agiati” nel 191010. Ed aggiunge, concludendo questa lettera: “Se le interessa potrei ricopiare questo cenno”. E manterrà fede a questa promessa qualche mese dopo, nel dicembre del 1941, trascrivendo la sintesi della conferenza dell’architetto e professore Eugenio Vitelli. Eccone un passaggio: “[…] Segantini fu un grande, amò la verità, fu soggiogato dall’imponenza della montagna che mai ebbe pittore più efficace”. Emmert trascrive anche la conclusione di quella conferenza: “[…] Il pubblico scelto compensò il

“Mi è pervenuta la Sua pregiata lettera del 19 corrente, con una nuova e copiosa nota di scritti

conferenziere con un plauso per il godimento procuratogli colla dotta e serena lettura”11. La ricer-

sul nostro Segantini. É stato il più bel regalo natalizio ch’io potessi desiderare e l’ho accolto con

ca effettuata da Emmert è estremamente accurata; egli rintraccia modesti interventi

un vivissimo gradimento. Ancora una volta La ringrazio di tanta premura, dichiarandomi a Lei

di poche pagine dedicati a Segantini e puntualmente li segnala a Brighenti. Nella sua

infinitamente obbligato; e con sincera amicizia Le ricambio mille auguri di salute e di prosperità

lettera del 19 dicembre 1941 ricorda il saggio di San Giorgio del Rovere (pseudonimo

per il nuovo anno”14.

di Giorgio Wenter Marini) Il Trentino e Giovanni Segantini pubblicato nel n. 3 di “Alba

Nel mese di marzo del 1942, “dopo un silenzio di alcuni mesi”, Emmert indica a Bri-

Trentina” del 1917 e la poesia di Antonio Rossaro A Giovanni Segantini contenuta nella

ghenti il catalogo dell’Esposizione tenutasi presso la Galleria Ferruccio Asta dal 14

rivista “Alba Trentina” del 1920, n. 412. Ma la sua attenzione è anche rivolta ad autori

febbraio al primo marzo di quell’anno e il catalogo di un’asta della Collezione napo-

ben più autorevoli quali Ardengo Soffici, Giuseppe Prezzolini, Domenico Tumiati e

leonica e milanese del dott. Luigi Ratti effettuata a Milano nel 1916 in cui figuravano

Silvio Slataper . Nella medesima lettera egli ringrazia Brighenti “per il vaglia inviatomi,

anche due opere di Segantini: La raccolta dei bozzoli e Interno di stalla (fig. 3)15. Emmert

ma non c’era affatto bisogno di mandarlo!”. Risponde il 26 dicembre Angelo Brighenti:

rinnova la medesima segnalazione nella lettera successiva del 14 aprile.

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3. Lettera di Bruno Emmert ad Angelo Brighenti, 27 marzo 1942 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

4. Lettera di Bruno Emmert

e studioso di Bologna aveva stabilito con Bruno Emmert: “poi-

ad Angelo Brighenti,

ché la Sua modestia non vuole ch’io faccia complimenti, schiettamen-

18 maggio 1942 (timbrata dalla censura 20 maggio 1942) Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

te Le manifesto il desiderio ardentissimo di ricevere copia della rivista ‘Trentinoʼ contenente la lettera inedita di G. Segantini. Ma come farò a non ringraziarLa di tante cortesie? Di cuore mi dico Suo obbligatissimo Angelo Brighenti”17.

Il 18 maggio dello stesso anno egli segnala a Brighenti il saggio di Mario Braga-

Il 31 agosto Brighenti scrive a Emmert, ringraziando per

gna Una lettera inedita di Giovanni Segantini riportato in “Trentino, rivista della Legione

la sollecitudine con cui veniva soddisfatto nelle sue richieste:

Trentina” edita a Trento nel 1942. In quella lettera (datata 10 gennaio 1892) Segantini

“non avevo ancora espresso la mia gioia per l’omaggio graditissimo di

inviava al cugino Adamo Girardi di Castello di Fiemme le condoglianze per la scom-

una copia della rivista ‘Trentinoʼ, con la lettera di Segantini al cugi-

parsa della zia e della cugina Lucia. Il pittore manteneva infatti dei contatti con il paese

no Girardi; quand’ecco due opuscoli del Bermani e del Bresciani, in

di origine di sua madre Margherita. Sulla cartolina postale inviata da Emmert è stam-

copie fresche e intonse mi giungevano inopinatamente, accompagnate

pigliata, a caratteri marcati, la scritta: “Prelevata per censura il 20 maggio 1942. Restituita

da una gentilissima cartolina con la quale mi indicava un autogra-

alla Posta per l’inoltro il 20 maggio 1942” (fig. 4) . Il regime fascista controllava quindi

fo di Segantini in vendita presso la Libreria Cavalli in Modena. Non

la corrispondenza dello studioso arcense. La risposta di Angelo Brighenti, datata 29

so descrivere le vicende della mia sùbita richiesta e l’ansiosa attesa”

maggio 1942, manifesta esplicitamente la sintonia e la confidenza che il collezionista

(figg. 5 e 6)18.

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sono le pubblicazioni d’ogni genere sul Trentino-Alto Adige, sull’Epoca Napoleonica (1796-1815) e sulla storia del Risorgimento nazionale (1796-1870)”19. Questa è la prima lettera di quelle inviate a Brighenti in cui Emmert descrive, con molta modestia e senza nessun vanto, la sua biblioteca. Vi è da ritenere che questa sintetica illustrazione abbia dato al collezionista bolognese la piena consapevolezza della vastità delle conoscenze del suo consulente di Arco. Il 29 settembre del 1942 Emmert avverte Brighenti che nel catalogo 478 di una casa d’aste di Vienna era presente al n. 129 un quadro a olio attribuito a Segantini Al fuoco del focolare: “Glielo comunico – aggiunge Emmert – solo a titolo di curiosità; il prezzo per noi italiani è molto alto trattandosi di quadro attribuito al Segantini”20. Un altro segno dell’imperante dittatura e del clima di guerra che l’Italia stava vivendo contrassegna questa missiva. Sulla cartolina postale, a fianco dell’indirizzo del destinatario, oltre alla ricorrente timbratura che attestava il controllo della censura, appare la scritta a caratteri cubitali “VINCEREMO”, la parola d’ordine coniata dalla propaganda fascista, mentre la seconda guerra mondiale era entrata nella sua fase cruciale. La corrispondenza fra Emmert e Brighenti si fa meno fitta. Nel maggio del 1943 il bibliofilo arcense scrive al collezionista bolognese: “Finalmente trovai in un volume che mi passò tra le mani qualche piccola notizia che può interessarLa”21. Il libro Handbuch der Kunstpflege in Österreich, stampato a Vienna nel 1902, riporta anche notizie circa oggetIl libro è sempre stato il mio miglior compagno La lettera che il 5 settembre 1942 Emmert invia a Brighenti è forse una delle più significative in cui egli rivela sé stesso con grande sincerità. Accenna nelle prime righe alla traduzio-

5. E. Bermani, Commemorazione

ti d’arte appartenenti a privati. Bruno Emmert indica con precisione le pagine dove si

di Giovanni Segantini tenuta

fa menzione di quadri di Giovanni Segantini: a pagina 262 era ricordata l’opera Il rac-

in Milano il 26 novembre 1899, Capriolo e Massimino, Milano 1899 Arco, Biblioteca civica

colto delle patate appartenente alla collezione di Rosa e Gottfried Eissler, a pagina 275 il quadro Selvaggina morta (Capriolo morto, St. Moritz, Museo Segantini) nella collezione

ne in tedesco della conferenza tenuta da Tomaso Bresciani nel

“B. Emmert”, Fondo Antico

di Josef Kohn e altre opere non specificate del pittore di Arco erano collocate in altre

1899, ricordando che il medico aveva stabilito una relazione

6. T. Bresciani, Conferenza

collezioni private. Emmert conclude così la sua lettera: “Chi sa ove quei quadri oggi – dopo

epistolare con Segantini e chiedendosi che fine avessero fat-

tenuta in Arco nel febbraio

41 anni – sieno andati a finire!”. Il 13 giugno del 1943 Brighenti scrive a Emmert una lette-

to quelle lettere. Ma poi scrive: “non stia a parlarmi – come fa

Arco 1899

nell’ultima lettera – di ‘degna ricompensaʼ; questi piccoli favori li faccio con tanto di cuore a chi li brama. Sono bibliofilo (ed anche bi-

dell’anno 1899, C. Emmert, Arco, Biblioteca civica “B. Emmert”, Fondo Antico

ra in cui egli quasi si scusa di essere così insistente nel chiedergli collaborazione, ma al tempo stesso chiarisce al bibliofilo e bibliografo di Arco che egli era rimasto forse il suo unico riferimento. Scrive infatti: “Capisco che può sembrare soverchia e ingiusta pretesa

bliografo) e trovo un piacere speciale coll’essere in relazione con persone

quella di domandare l’ausilio della sapienza, della costanza, della cortesia di un Valentuomo, a

ch’esse pure amano il libro! Per me il libro è sempre stato il mio mi-

mio esclusivo profitto; ma che vuole? Con la morte del professor Boldori di venerata memoria, ho

glior compagno. Sono riuscito a metter assieme una biblioteca di circa

perduto un appoggio, un conforto immenso; e, di recente, mi è mancato pure l’aiuto che, con molta

50.000 fra volumi ed opuscoli (Storia, letteratura ecc. d’Italia – con

diligenza, mi prestava nella ricerca di pubblicazioni artistiche il bravo libraio Giuseppe Certani,

speciale riguardo alla Venezia Tridentina). Quello che più m’interessa

scomparso anch’egli quasi improvvisamente”22. Queste due persone erano realmente care a

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Brighenti; entrambe erano per lui un riferimento affidabile perché avevano compreso e davano piena soddisfazione al suo desiderio di conoscere tutto di Segantini. Lo si intuisce chiaramente leggendo la corrispondenza intercorsa fra loro e Brighenti. Nel giugno dello stesso anno Emmert segnala un’opera di Pio Pecchiai edita nel 1927 I Ritratti dei benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano con ben 457 ritratti, opere di tanti artisti fra cui Segantini. Emmert invia infine a Brighenti un lungo elenco di saggi, di articoli, di interventi di studiosi, pubblicati tutti in riviste o per qualche occasione commemorativa. E conclude la sua lettera con una rassicurazione e al tempo stesso con una triste considerazione: “Stia sicuro che se trovo qualche notizia o libro su Segantini non mancherò di dargliene notizia; purtroppo oggigiorno – in tempo di guerra – non saranno molte. Cordiali ossequi, dal suo devotissimo Bruno Emmert”. Questa è l’ultima delle lettere di Emmert a Brighenti conservate presso la Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto, Fondo Angelo Brighenti23. Leggendo queste poche righe nasce, forte, l’impressione che la guerra avesse rotto, con la sua cieca brutalità, un incanto, riportando alla triste quotidianità i due amici che si alimentavano di arte e di cultura.

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1 Buona parte delle notizie riportate in merito a Bruno Emmert sono ricavate dalla prolusione ufficiale pronunciata dal prof. Antonio Zieger di Trento nel giorno dell’inaugurazione della Biblioteca civica di Arco (22 gennaio 1961) e riportata nella pubblicazione edita, in ricordo di quell’avvenimento, dalla Tipografia Giovanni Seiser di Trento nello stesso anno; cfr. Archivio Storico del Comune di Arco, Busta 1117, Rub. 1938. 2 Si consideri a riguardo R. Turrini, Il Palazzo Nuovo ora Marcabruni-Giuliani, Il Sommolago, Arco 2002. 3 Cfr. R. Turrini, Bruno Emmert e il Fondo Antico della Biblioteca civica di Arco, in B. Maschietto, Il Fondo Antico Bruno Emmert – La sezione giuridica, con note introduttive di M.C. Bettini, R. Turrini e G. Zampiccoli, Provincia autonoma di Trento, Comune di Arco, Arco 2002 e il più recente M. Avi, R. Turrini, L’Archivio storico del Comune di Arco nel Palazzo Nuovo, Comune di Arco, Assessorato alla Cultura, Arco 2012. 4 Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (d’ora in poi BCRo), Fondo Brighenti, ms, 4.27, cc. 68-69, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 11 maggio 1941. 5 Ivi, cc. 157-162, lettera di B. Emmert a G. Certani, 16 novembre 1940. 6 Ivi, cc. 165-166, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 14 maggio 1941. 7 Ivi, cc. 70-71 lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 19 maggio 1941. 8 Ivi, c. 167, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 26 luglio 1941. 9 Nel mese di novembre del 1941 i due studiosi si scambiano altre lettere, soffermandosi entrambi su una proposta di acquisto del quadro di Segantini L’aratura valutata dal Museo Revoltella a opera del curatore, Giuseppe Caprin. Il quadro era presso il Museo di Monaco (Neue Pinakothek) e lì rimarrà (Ivi, cc. 168-169, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 22 novembre 1941). 10 Cenno della Conferenza tenuta dal prof. Architetto Eugenio Vitelli nella tornata del 20 marzo 1910, in “Atti dell’Accademia Olimpica di Vicenza. Nuova serie”, n. II, pp. 1909-1910 e Cenno della Conferenza tenuta dal prof. architetto Eugenio Vitelli nella tornata del 20 marzo 1910, all’Accademia Olimpica di Vicenza, in “Atti dell’I. B. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Agiati in Rovereto”, a. XVIII, n. II, s. III, aprile-giugno 1912, pp. 305-306. 11 BCRo, Fondo Brighenti, ms, 4.27, cc. 170-174, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 1 dicembre 1941. 12 Ivi, c. 175, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 19 dicembre 1941. 13 Per le relative voci bibliografiche si rimanda al regesto del presente volume. 14 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, c. 75, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 26 dicembre 1941. 15 Ivi, c. 177, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 22 marzo 1942. 16 Ivi, c. 179, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 18 maggio 1942. 17 Ivi, c. 78, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 29 maggio 1942. 18 Ivi, cc. 79-80, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 31 agosto 1942. 19 Ivi, cc. 181-183, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 5 settembre 1942. 20 L’opera veniva venduta ad un prezzo di stima 2.000 marchi, “prezzo di grida 1.000 marchi”; ivi, c. 186, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 29 settembre 1942. 21 Ivi, c. 189, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 26 maggio 1943. 22 Ivi, c. 81, lettera di A. Brighenti a B. Emmert, 13 giugno 1943. 23 Ivi, cc. 191-192, lettera di B. Emmert ad A. Brighenti, 15 giugno 1942.

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“Il Maloja”, “piccolo giornale” dei giovani Segantini Anna Mazzanti

“una dolce impressione hanno suscitato in me i giornaletti dei figli di Segantini, con versi e prose, spiranti ingenua grazia e semplice, vivace sentimento”. (Angelo Brighenti a Romeo Boldori, 27 settembre 1940)1 “voi nostri figli tipi unici anziché rari”. (Giovanni Segantini a Bice Segantini, s.d.)2 “Ai lettori. La già lungamente elaborata idea di fare un piccolo giornale, nel quale sfogare i nostri sentimenti poetici (se pur ne avremo) si è finalmente realizzata”3. L’annuncio sale dalle quattro semplici facciate manoscritte di un infantile settimanale letterario, tutto domestico, che vedeva la luce il 5 febbraio 1899 sulle altezze dell’Engadina. Non poteva prender nome che “Il Maloja”, la montagna amata, luogo di vita e di ispirazione per Giovanni Segantini che vi si stabilì con la famiglia dal 18944. I suoi quattro figli, in ordine di nascita, Gottardo, Alberto, Mario e Bianca venivano educati da un precettore, Romeo Boldori5, e crescevano nell’apprezzamento profondo e totale della natura e dell’ambiente montani, animatori dell’arte del padre così ammirata già al tempo internazionalmente. Gli stessi temi connotavano i testi scritti6 di Segantini e le tante lettere ad amici e alla compagna Bice, madre dei quattro ragazzi, “tipi unici anziché rari”. Tutti e quattro intelligenti e vivaci, come scriveva Luigi Villari nella prima monografia su Segantini, edita a Londra nel 1901: “Gottardo devoto alle arti decorative, il secondo, Alberto, indirizzato alla carriera in economia. Il più giovane, Mario, intraprese studi di pittura e scrittura 1. A. Segantini, Ai lettori, in “Il Maloja”, 5 febbraio 1899

e sembrava aver ereditato le attitudini paterne” 7.

Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

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Del giornaletto che venne prodotto fino al 24 agosto – almeno questa è la data dell’ultimo numero di cui si è a conoscenza8 – i giovani, di 17, 16, 14 e 13 anni9, erano insieme animatori, editori e redattori con diverse mansioni, guidati a tale esercizio letterario giornalistico dal maestro ben consapevole, come ricorderà in seguito10, di

2. “Maloja. Periodico settimanale di letteratura”, febbraio 1899 Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

aver fatto sfociare in una testimonianza durevole quel clima fervido “letterario-simbolico” nel quale i giovani erano allevati, fra la devozione alla natura e l’aspirazione a trovare le forme espressive che ne traducessero l’intima vita con il segno, il colore o la parola. Quindi “Il Maloja” raccoglie come un diario poetico “scritti genuini”, condotti con eccitazione infantile ma anche abilità linguistica e conoscenza del mezzo, non banali per dei ragazzi; dunque se talvolta comprensibilmente quei fogli risultano affetti dall’ingenuità dei loro autori, sdrucciolevole verso la devozione profonda nell’insegnamento paterno, senza dubbio restano un prezioso specchio dei gusti e dei temperamenti di famiglia11. “Si tratteranno esclusivamente soggetti montani”, annuncia Alberto che sigla come direttore l’editoriale della rivista (figg. 1 e 2)12. La montagna del Maloja, fra l’Engadina e la Val Bregaglia, “è il nostro elemento”, scrivono in quel loro semplice manifesto di apertura, fondato su due punti essenziali e convergenti: la conoscenza della montagna che ha educato lo spirito degli scriventi e quanto essa costituisse “un campo vergine di poesia” nel suo aspetto, nei colori purissimi delle altezze, nelle trasformazioni stagionali, in tutte quelle peculiarità che alimentano non di meno i quadri segantiniani e sintomo del “pensiero” che “si libra nell’ignoto e raccoglie le voci della natura dormente, in questo è Nirvana d’Europa”13. Già in queste prime pagine manoscritte è dunque annunciata in limpidi richiami la continuità con la temperie simbolica segantiniana, e similmente i ritmi delle stagioni cadenzano i versi vergati con grafie acerbe e varie, nei quali si impara a sentirvi rispecchiati i differenti temperamenti degli autori, sebbene il comune diffuso ‘segantinismo’. Le immagini della montagna si rincorrono di riga in riga e vi

era certa di essere la più amata dal padre (da figlia unica ultimogenita) e che soffriva

serpeggia il filtro dell’interpretazione delle immagini pittoriche ma anche suggestioni

della stessa malattia per cui egli avrebbe perso la vita. Non compare nei primi numeri

oniriche altre: Mario spesso trova ispirazione negli ampi orizzonti, Gottardo, forse

della rivista, come si fa cenno a chiosa del primo, solo per via di una malattia15; sem-

seguendo la vena di meticoloso incisore, pone attenzione ai più minuti segni di vita e

brava sempre più grande dei suoi tredici anni, con le sue domande curiose che tanto

dà forma a storie e memorie del passato evocate in celebrazioni folkloriche alpine che

imbarazzavano le insegnanti del collegio milanese dove studiava, come scrive Segan-

diventano spunto per immaginazioni medievaleggianti, e anche in veste figurativa

tini a Bice non senza vena d’orgoglio16, compiaciuto che la vita trascorsa in gran parte

attraverso gli eleganti capilettera stilnovistici effigiati nel giornale (fig. 3)14. Non di

nella educazione naturale avesse ben arricchiti i suoi figli.

meno la piccola tenace Bianca mette in versi vicende e storie del passato, mescolate a

Nel giornale poetico, che lascia alla prosa solo le notizie elencate nei Marginalia,

visioni alpestri e abitudini delle montagne; colei che, come scriverà a Laura Orvieto,

gli autori in erba si esprimono in svariate soluzioni metriche e poetiche, frutto di sicu-

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3. A. Segantini, incipit de La madre e il figlio (capilettera

nuovo verbo, entrambi del 1896, opere importanti realizzate negli anni di permanenza

di Gottardo Segantini),

al Maloja e ben note ai giovani Segantini. Il componimento poetico descrive infatti

“Il Maloja”, primavera 1899

un giardino fiorito dove una fanciulla coglie corolle mentre l’angelo dai capelli d’oro

Rovereto, Biblioteca civica, Fondo Brighenti

gigli, e sale verso l’infinito. Simili suggestioni di fluida e circolare armonia sembrano nelle aggettivazioni e nel ritmo poetico assecondare il tratto filiforme segantiniano, efficace modus di sintesi fra esseri viventi, natura, spazio. L’angelo secondo Segantini manifesta lo “spirito dell’idealità della vita”19 e segna l’amplificazione all’intera natura dei valori armonici che distinguono l’hortus conclusus colmo di aspettazioni cosmiche, come sembra recepire l’evocazione poetica del figlio, la cui laica Annunciazione segue a quella visiva paterna, evento simbolico di un messaggio universale, fra l’altro immaginata come copertina della prima traduzione italiana di Così parlò Zarathustra, quindi tanto più come simbolo di una spiritualità immensa e laica, infusa nella natura grandiosa delle Alpi. Non sappiamo se i giovani Segantini cogliessero le più complesse implicazioni dell’arte paterna; certo le costanti sollecitazioni, fra pubblicazioni e fitte corrispondenze, che dovevano circolare nello chalet del Maloja potevano essere di qualche stimolo e muovere quindi quella febbrile effervescenza operativa infantile, fluita nel giornaletto. Sono molti gli intellettuali del tempo che si riconobbero nel naturalismo spiritualista laico segantiniano, “di cui si è penetrati in tutte le sue fibre”, scriveva Neera20. Devoto alla bellezza della Natura che aveva deciso di condividere con la famiglia lontano da distrazioni di ogni sorta, Segantini diventerà così un “artista-modello”21 per la

ro esercizio sotto la guida del precettore e a seguito delle letture nella forbita bibliote-

cerchia dei ‘nobili spiriti’, Angelo Conti, Domenico Tumiati, Diego Garoglio fra gli

ca paterna: si alternano quindi veri poemetti brevi, quartine in rima, versi sciolti, che

altri, e i poeti Pascoli e d’Annunzio o gli artisti Pellizza e Previati, che si stringono

quasi sempre vanno oltre la mera descrizione di situazioni o luoghi, o si soffermano

attorno, insieme allo stesso Segantini, alla rivista idealista italiana d’eccellenza, “Il

sul sopraggiungere delle stagioni, meravigliati a ogni minimo risveglio di ogni specie

Marzocco”, fondata a Firenze nel 1898 dai fratelli Angiolo e Adolfo Orvieto.

floreale alpina. “Un vero senza ideali è una realtà senza vita” aveva scritto Giovanni Segan-

Già nel 1896 Segantini, convinto dell’equivalenza fra parola/immagine, aveva

tini, quanto doveva rappresentare anche il fondamento della sua educazione filiale

trovato ispirazione nei “bei versi fioriti dell’Egloga Nuziale” scritta dal poeta Angiolo

verso forme d’espressione e d’arte intese non come riproduzione ma come mezzo di

Orvieto22, che del “Marzocco” sarà direttore, per Amore alla fonte della vita, quel suo

trasmissione: un “ritratto” che “con la maggior semplicità di mezzi” – quelli che proprio i

piccolo capolavoro che segna l’approdo al simbolismo dichiarato, e che fu esposto

più piccoli hanno connaturati – si esprime nella forma artistica “viva e sensibile”17. Pro-

dapprima a Firenze. Sull’onda dell’entusiasmo per il successo poi ottenuto dal quadro

viamo a proporre un esempio.

all’Esposizione internazionale di Dresda, il 14 maggio 1897, Segantini scriveva una 18

Nei versi di Alberto, Sogno di Fantasia , prende forma una sorta di quadro. Evoca

nota lettera a Orvieto che merita ricordare perché potrebbe chiarire un processo di

L’Amore alla fonte della vita, e forse ancor più il disegno policromo L’Annunciazione del

sinestesia affine nei versi de “Il Maloja”, dove al contrario soggetti celebri segantinia-

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ni, piuttosto dei panorami originali, potevano aver funzionato da modello. L’artista annunciava al poeta amico la medaglia d’oro ottenuta dall’“opera nostra” e aggiungeva: “partecipo questa notizia a Voi, che col verso Vostro pieno di soavità, avete dato luce al pensiero e profumo al colore, creando nuova opera”. Allitterazioni e sinestesie non mancano nei numeri de “Il Maloja” nei quali, là dove si incontra un tema pittorico, si riconosce la devozione ammirata filiale ma anche forse l’influenza dalle diffuse contaminazioni letterarie che avvenivano sotto gli acuti occhi infantili e che la cultura artistica simbolista incoraggiava secondo il principio idealista propugnato da Conti come da d’Annunzio dell’Artifex additus artifici nella corrispondance fra immagini e parole di ispirazione o di commento. Quanto ad esempio era nella predisposizione di un altro amico di Segantini, quel Domenico Tumiati che gli dedicò numerosi articoli anche sul “Marzocco”23. Proseguendo nell’uscita dei numeri i giovani poeti-redattori paiono prosciugare il verso, così come descrizioni, narrazioni poetiche a sfondo storico o leggendario, lasciano posto a temi spesso circoscritti, mentre anche l’impostazione della pagina muta con l’arrivo di un poligrafo che agevola la riproduzione. 4. A. Segantini, Camposanto,

erano arrivati in regalo da parte di Alberto Grubicy un poli-

conciso, vira verso una costruzione più essenziale che sembra aver fatto tesoro delle

in “Il Maloja”, 24 agosto 1899

grafo e una macchina da scrivere, strumenti che permettono

Myricae pascoliane, d’aver compreso la straordinaria capacità del poeta di trasformare

Fondo Brighenti

Riguardo ai contenuti, l’esercizio poetico di tutti e quattro gli autori si fa più

Rovereto, Biblioteca civica,

di ordinare la pagina e di stampare un numero contenuto di

l’esperienza in senso, profondamente apprezzato da Giovanni Segantini che poteva

copie25, sufficiente per la distribuzione presso una piccola

sentirsi con Pascoli parte di una confraternita di ammiratori leali e profondi della

schiera di amici e corrispondenti che avrebbero apprezzato

natura . Viene quindi efficace proporre una diversa evocazione figurativa per un’altra

gli esercizi poetici sulla montagna: “i compilatori son pochi ma

poesia di Alberto, Camposanto (fig. 4).

sono ancor meno gli abbonati” si affrettava a scrivere la redazione;

24

Essa apre, inconsapevole presagio funesto, il decimo numero della rivista, l’ulti-

nel messaggio Ai lettori del secondo numero, dove quell’atto di

mo di cui si è al momento a conoscenza, che porta la data 24 agosto 1899, poco prima

modestia e di cautela rispondeva anche al programma elita-

dunque della improvvisa scomparsa di Segantini sui ghiacciai dello Schafberg dove era

rio di voler dedicare la rivista “a favore dell’arte nuova”26, sembra

salito con Mario a ultimare il grande Trittico della Natura.

aver orecchiato programmi marzocchini attraverso le copie

Le terzine procedono come un incedere lento sulla neve e descrivono un candore

della rivista fiorentina che circolavano in casa Segantini. Per

riposante, vuoto, interrotto da un’unica croce verde. Non possono non evocare Il Do-

altro ricorda molto “Il Marzocco” anche la cura grafica posta

lore confortato dalla Fede, dittico del 1897 che ritrae una simile composta natura silente

nell’intestazione della rivista fin dal primo numero. Pur non

se non fosse per la presenza delle figure allegoriche descritte dal titolo; “E il cielo grigio

presentando mai firme o sigle di paternità ne dovrebbe essere

si riversa in pianto/ In bianco pianto sopra il camposanto”.

autore Gottardo che si dilettava, ad esempio, nell’incisione di

Anche la pagina del “Maloja” si è prosciugata rispetto alle tre colonne mano-

piccolo formato, personalizzando anche la carta da lettere di

scritte dei primi numeri, chiosate come “Il Marzocco” dai Marginalia. Sappiamo che

Bianca (fig. 5)27. Vi è disegnato un grande rapace a ali spiegate,

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Segantini Angiolo Orvieto e sua cugina, la scrittrice Laura Catoni, che egli sposerà il 18 ottobre 1899, a scomparsa avvenuta di Segantini. Tuttavia l’artista aveva fatto in tempo a inviare il suo pegno d’amicizia per l’album di ricordi dedicati dagli amici più cari alla coppia; vi comparivano anche Pellizza e fra tanti letterati il Pascoli30. Segantini vi lasciava uno fra i suoi ultimi disegni. Gli Orvieto nutrivano rapporti affettuosi con la fami6. Giovanni Segantini, la moglie Bice, i figli Mario,

dell’artista che “Il Marzocco” non mancò di onorare con il

Gottardo, Bianca, Alberto

suo primo numero monografico31. Per rendergli omaggio e

e Baba (Barbara Uffer) in una fotografia con dedica di Bice: “All’eletto amico di Giovanni Segantini Angelo Orvieto / La Vedova Segantini”, Maloja 1898 Firenze, Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux

che rimarrà pressoché identico nei numeri a venire. Per il suo

5. Gottardo Segantini,

valore distintivo connesso alle montagne del Maloja, possia-

Ritratto di Bianca Segantini,

mo riconoscervi un Gipeto barbuto, il re delle Alpi, in specie

Segantini a Laura Orvieto,

di quelle svizzere, oggi quasi estinto ma allora ancora diffuso e abituato a volare basso, dunque probabilmente alla portata visiva di Gottardo. Simbolo della montagna, maestoso e insie-

glia Segantini e furono profondamente colpiti dalla perdita

per scrivere l’articolo di apertura di quel florilegio di testimonianze amiche che la rivista madre dell’idealismo voleva tributare a uno dei suoi figli migliori, i due sposi a poco più di un mese dalle nozze visitavano, il 28 novembre, il sepolcro Segantini.

in una lettera di Bianca 23 dicembre 1901 Firenze, Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux

me dedito ai propri piccoli, ingiustamente denominato “ladro di agnelli”28, diventava il segno di riconoscimento per la “raccoltina Segantini”, e proprio nello stesso rapporto simbolico in cui stava con Firenze “Il Marzocco” del frontespizio fiorentino, scelto da d’Annunzio che lo aveva proposto come contrassegno della piazza cuore della città, culla della Bellezza e della Parola italiana, e non meno per una possanza guerriera che ben si addiceva all’entusiasmo dei nobili spiriti29. Sebbene non vi sia traccia di alcun numero del “Maloja” nel Fondo Orvieto, conservato al Gabinetto Vieusseux di Firenze, vogliamo immaginare fra i corrispondenti dei giovani 86

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Scrive Laura nel suo diario: “Si arriva al Maloja. Angiolo e la Titti […] vanno a vedere la casa di Segantini, che è tutta raccolta, graziosissima e semplice, tutta di legno. [mentre lei nel soffermarsi a raccogliere testimonianze si sente dire] I figlioli erano tutti lui: il maggiore poi pare lui, anche nei modi […] Nel momento dell’incontro nel piccolo cimitero del Maloja il poeta scoppio in singhiozzi [per] l’emozione di trovarsi con l’amico solo si pensa come l’arte del Pascoli s’innalzerebbe se egli potesse vivere nella Natura”32. I rapporti della famiglia Segantini con gli Orvieto non si interruppero, anzi una sequela di lettere negli anni a venire raccolgono lo smarrimento e lo sgomento seguito alla perdita del padre, del compagno, di un caro amico. “Il Marzocco” diventa per i giovani Segantini il miraggio per qualche contributo finanziario, per pubblicare memorie in versi, e i suoi editori i destinatari di fotografie ricordo dei giorni felici al Maloja (fig. 6)33, mentre gli afflitti si rivolgevano nelle loro missive agli amici fiorentini come ‘confratelli’ e alla maniera toscana ricordavano ‘il babbo’. Una piccola annotazione aggiunge qualche dato in più, forse, alla storia del “Maloja”: Bianca in una lettera a Laura Orvieto il 14 dicembre 1899 le invia in anticipo i suoi versi che saranno inclusi nel prossimo numero del “Maloja”. Non ci è dato di sapere, poiché la serie Brighenti si interrompe al 24 agosto 1899, se nell’altalenante stato degli umori e delle finanze dell’affranta famiglia Segantini ci fu modo di raccogliere quei versi, tutti segnati dal dolore irrimarginabile, in un nuovo numero post mortem sull’amato artista.

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1 Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto (BCRo), Fondo Brighenti, ms. 4.27, cc. 91-98, lettera di A. Brighenti a R. Boldori, 27 settembre 1940. 2 La lettera, senza data, è pubblicata come riproduzione fuori testo in Giovanni Segantini, a cura di Go. Segantini, Artisti Trentini, Trento 1955. 3 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 3, Ai lettori, in “Il Maloja”, febbraio 1899. Fra il primo numero del giornaletto e il secondo, datato 5 marzo 1899, si conservano i fogli di almeno tre numeri non datati. La raccolta analizzata, e al momento l’unica che ci è nota, risulta lacunosa, per la perdita di qualche foglio forse, ma soprattutto testimonia un’organizzazione discontinua e frutto di sperimentatori alle prime armi. 4 I Segantini si stabiliscono a Savognino, villaggio delle Alpi grigionesi, nell’agosto 1886 quando Bianca, l’ultimogenita, ha appena tre mesi, il fratello più grande, Gottardo, quattro anni. Il trasferimento al Maloja, a 1800 metri, nello chalet Kuomi preso in affitto, risale appunto al 1894. D’inverno, quando il clima è più duro, i Segantini scendono a Soglio dove alloggiano in un albergo, per tornare ad ogni dischiudersi di primavera all’amato Maloja. 5 Si veda il saggio di Patrizia Regorda in questo volume. 6 Fin da Così penso e sento la pittura, in “Cronaca d’Arte”, a. I, n. 7, 1 febbraio 1891. 7 L. Villari, Giovanni Segantini, T. Fisher Unwin, London 1901, p. 205. 8 La serie si conserva nel Fondo Brighenti (BCRo, ms. 4.31) e si invia in questa sede ai saggi di Collavizza e Regorda (in particolare pp. 51-54). Debbo ringraziare Alessandra Tiddia che mi ha segnalato questo materiale riconoscendovi delle assonanze toscane con ambienti di cui mi ero già occupata. 9 Gottardo (1882-1974), Alberto (1883-1904), Mario (1885-1916), Bianca (1886-1980). 10 Ancora Regorda p. 51. 11 Cfr. idem. 12 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 1, A. Segantini, Ai lettori, in “Il Maloja”, 5 febbraio 1899. 13 Ivi. 14 Come la festa in costume per rievocare la vittoria nella Battaglia di Calven (f. 8a) tenuta il 22 maggio 1499 nel villaggio grigione di Zuoz, evocata nelle poesie a firma di Gottardo e Bianca (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, cc. 5-7, s.d.). Chissà se nelle rievocazioni storiche quei giovani potessero ritrovare atmosfere delle origini familiari. Chiamato a scrivere una breve biografia di suo padre per la Collana degli Artisti Trentini, nel 1955, Gottardo ricordava alcune notizie dall’autobiografia paterna, fra cui l’immagine della nonna, “una nobiltà di montagna del medioevo, che diede allora i soldati di ventura ed oggi dei buoni agricoltori”; cfr. Segantini 1955, p. 7. 15 “Affetta da una forte febbre tifonica” notizia che chiosa i Marginalia del primo numero. Anche in seguito fra le brevi notiziole di ogni genere raccolte a fine del quarto foglio del “Maloja” saranno riportate note sulla salute cagionevole della più piccola, che tuttavia poi sarà la più longeva fra i quattro fratelli. 16 Lettera di G. Segantini a B. Bugatti, 2 maggio 1895, in Segantini. Trent’anni di vita artistica europea nei carteggi inediti dell’artista e dei suoi mecenati, a cura di A.-P. Quinsac, Cattaneo Editore, Oggiono 1985, n. 784, pp. 615-616. 17 G. Segantini, Così penso e sento la pittura, “Cronaca d’Arte”, a. I, n. 7, 1 febbraio 1891, in Lettere e scritti d’arte, a cura di L. Giudici, Abscondita, Milano 2014, pp. 39-46. 18 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 3, A. Segantini, Sogni di fantasia, in “Il Maloja”, 5 febbraio 1899. 19 Lettera di G. Segantini a G. Martinelli, 20 gennaio 1896, in Quinsac 1985, n. 828, p. 673. 20 Nel 1893 la scrittrice pubblica il primo suo libro di devozione allo spiritualismo naturalista, raccolta di scritti sotto il titolo Nel Sogno da cui è tratta la citazione (Libreria Editrice Galli, Milano 1893, p. 6) illustrata proprio da un’incisione di Segantini. Fra l’altro in due racconti, Maria e Mistero, una delle fanciulle protagoniste è descritta come una sorta di rincarnazione della Vergine Maria, denota una sensazione di divina adesione alla grandezza della natura. 21 Cfr. R. Contarino, Il solitario dello Schafberg, in Il primo “Marzocco”, (1896-1900), Patron, Bologna 1982, p. 134. 22 A. Orvieto, Egloga nuziale composta da Angiolo Orvieto per gli sponsali di Roberto Paggi, Franceschini, Firenze 1896. 89


23 Si ricordano: D. Tumiati, Divisionismo, in “Il Marzocco”, a. I, n. 2, 9 febbraio 1896; Giovanni Segantini, in “Il Marzocco”, a. I, nn. 42 e 44, 21 novembre e 5 dicembre 1897; Giovanni Segantini, 29 settembre 1899, in “Il Marzocco”, a. IV, n. 36, 8 ottobre 1899. 24 Meriterebbe un approfondimento ancora mai assolto la relazione poetica tra i due Giovanni, Segantini e Pascoli. Cfr. gli studi comparati di S. Balloni, Risonanze tra parola e immagine: un itinerario attraverso il simbolismo in Toscana, in Giorgio Kienerk e il Simbolismo in Toscana, a cura di E. Querci, Pacini, Ospedaletto 2012, pp. 85-96; ma anche ID., Scrittura e immagine. Le forme del libro, Pacini, Ospedaletto 2012. 25 Si rinvia a Regorda p. 53. 26 BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.31, c. 3, Ai lettori, in “Il Maloja”, [febbraio 1899]. 27 Gottardo Segantini, Ritratto di Bianca Segantini, disegno in lettera di Bianca Segantini a Laura Orvieto, 23 dicembre 1901; Firenze, Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux (ACGV Or. 1.2177.5). 28 Quanto tuttavia conferma la giusta attribuzione del soggetto che compare in una sola testata anche in questa veste; vien da chiedersi se in qualche relazione anche al rapace che vola sullo sfondo dell’Annuciazione del 1896. 29 M. Assirelli, Illustratori e grafici nella Firenze del “Marzocco” in Il Marzocco: carteggi e cronache fra Ottocento e avanguardie, 1887-1913, a cura di C. Del Vivo, atti del seminario di studi (Firenze, 12-14 dicembre 1983), L. S. Olschki, Firenze 1985, pp. 311-332. 30 Cfr. D. Garoglio, Per le nozze di un poeta, in “Il Marzocco”, a. IV, n. 40, 5 novembre 1899, pp. 2-3 e Il Marzocco. Carteggi e cronache (1887-1913), a cura di C. Del Vivo, M. Assirelli, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 19 novembre 1983-14 gennaio 1984), Mori, Firenze 1983. 31 Si tratta del volume a. IV, n. 36, 8 ottobre 1899. 32 L. Cantoni Orvieto, Appunti di diario, Maloja, 27-28 novembre 1899, ACGV, F.O. Archivio Contemporaneo Gabinetto Vieusseux, Firenze. 33 Si segnala la fotografia scattata a Maloja nel 1898 che ritrae Giovanni Segantini, la moglie Bice, i figli Mario, Gottardo, Bianca, Alberto e Baba (Barbara Uffer, modella e assistente del pittore); Firenze, Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux (ACGV Or.6C. 34).

90


La raccolta iconografica di Angelo Brighenti. Alcune note a margine di un possibile catalogo generale Alessandra Tiddia

Fra le carte raccolte da Angelo Brighenti sono riemerse un centinaio di stampe e fotografie che riproducono opere di Segantini, ricercate sul mercato e raccolte dal bibliofilo bolognese in tempi diversi, forse con l’intento di comporre un catalogo ragionato della produzione segantiniana. In quegli anni e in Italia, il catalogo ragionato della produzione pittorica di Segantini non era ancora stato pubblicato. Il primo vero catalogo ragionato del corpus pittorico segantiniano infatti vide la luce solo nel 1982 ad opera di Annie-Paule Quinsac1, preceduto da una prima sistematizzazione cronologica con le riproduzioni dei dipinti e la loro collocazione originaria, composta in tedesco da Franz Servaes nel 1902, nel prestigioso volume pubblicato dalle Stamperie imperiali di Vienna2. Fra queste due fondamentali pubblicazioni, vari volumi avevano ripercorso la produzione pittorica di Segantini, ma non nella maniera sistematica di un catalogo ragionato. Forse proprio per colmare questa lacuna era nato in Brighenti (che morirà nel 1956) il desiderio di iniziare a predisporre una raccolta di immagini da ordinare cronologicamente così come aveva fatto con le pubblicazioni. Le riproduzioni di opere di Segantini da lui raccolte e confluite nel fondo presente nella Biblioteca civica di Rovereto, ritrovate fortuitamente da Rinaldo Filosi in occasione di questo volume, e di cui riferisce più avanti Patrizia Regorda, si presentano con supporti diversi (dall’albumina ai ritagli di riviste) e con formati differenti e sono state raccolte quindi in momenti vari e da fonti eterogenee. La parte più pregevole delle immagini è rappresentata dalle fotografie all’albuGiovane donna seduta Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 168

92

mina, di medio-grande formato: queste immagini sono molto simili alle albumine prodotte delle Edizioni Pagliano e Ricordi, fatte realizzare da Alberto Grubicy. 93


Infatti, molti dei numeri e dei titoli che compaiono sul re-

La cattiva madre /

Le lussuriose

tro delle riproduzioni corrispondono ai numeri di catalogo dei

Larve d’infanticida

Rovereto, Biblioteca civica,

negativi di proprietà della Ditta Grubicy, il cui elenco parziale

Rovereto, Biblioteca civica,

Opere artistiche foto 15, n. 198

Opere artistiche foto 15, n. 154

Fra le immagini di opere simboliste compare anche la riproduzione di eccezionale nitidezza di una versione su carta de Il castigo delle lussuriose (Quinsac 1982, n. 572), oggi in colle-

è stato pubblicato da Annie-Paule Quinsac nel 19853 e quindi

zione privata ed esposta a Firenze nel 1896 all’Esposizione della

si può supporre che siano fotografie analoghe a quelle sche-

Festa dell’arte e dei Fiori con il titolo Fantasia notturna. Essa ri-

date nell’Archivio Fornara. Altre simili sono conservate anche

sulta particolarmente interessante per il trattamento grafico

nel Fondo Grubicy-Benvenuti dell’Archivio del ’900 del Mart,

dei vari elementi costitutivi del paesaggio, dal cielo allo sfon-

già studiate da Dal Cin in occasione della mostra dedicata a

do reso da una trama angolare. L’indicazione fornita da Quin-

Segantini ospitata nel 1999 a Palazzo delle Albere a Trento . A

sac nel catalogo generale, che lo descrive come un disegno su

differenza di quelle conservate al Mart, molte delle quali sono

carta blu a inchiostro e matita dura, suggerisce una funzione

raccolte nell’Album Brianza, realizzato dalla galleria Grubicy pri-

molto importante di questo lavoro, ovvero quella di essere sta-

ma del 1883 come portfolio della produzione segantiniana, le

to un tramite, un momento di sperimentazione, nel passaggio

albumine del Fondo Brighenti si riferiscono soprattutto a opere

dalla definizione totalmente realistica del dipinto omonimo

appartenenti alla fase simbolista della pittura di Segantini. E

della Walk Art Gallery di Liverpool a una concezione ancora

rivelano un interesse particolare di Brighenti per questa fase

più simbolista, che utilizza le tonalità serotine e bluastre, come

pittorica, forse incuriosito anche da alcune titolazioni presenti

quelle del paesaggio al chiaro di luna, per configurarsi appun-

sul retro delle immagini che riportano diciture fino ad oggi sco-

to come Fantasia notturna.

4

nosciute, come nel caso di una stupenda albumina, dalla qualità

Questo titolo era stato scelto dallo stesso Segantini come

molto definita (n. 154) che reca il titolo di La cattiva madre / Larve

ci rivela una sua nota a Alberto Grubicy del 5 novembre 1896

d’infanticida e si riferisce al dipinto oggi identificabile con Le cat-

(Quinsac 1985, n. 542, p. 434), dove indica i titoli per i tre dise-

tive madri (1894) del Belvedere di Vienna (Quinsac 1982, n. 574).

gni che comporrà per la mostra fiorentina. (Sogno, cancellato

94

95


Edelweiss Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 180

Fantasia noturna [sic]. Le Cattive madri; Sogno, cancellato Fantasia noturna le Lusoriose [sic]; Sogno, cancellato Fantasia d’amore: L’angelo della vita); mentre successivamente, in una lettera scritta a dicembre chiederà che i disegni vengano considerati come una sorta di trittico, che “siano chiusi in una sola custodia, e tenendo conto anche delle linnee [sic] corrispondenti sia per l’armonia, e il bisogno che anno d’essere uniti” (Quinsac 1985, n. 535, p. 442). A questo gusto simbolista e preraffaellita si riallaccia un’opera un po’ più tarda ovvero il disegno Rododendro o Rosa delle Alpi (1898), anch’esso presente fra le riproduzioni raccolte da Brighenti con il n. 179 (Quinsac 1982, n. 620), una sorta di Venere alpina che offre il suo corpo nudo al nostro sguardo appoggiandosi a una sorta di muretto, così come aveva fatto la Venere di Hayez un secolo e mezzo prima. Rododendro Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 179

96

Nella raccolta Brighenti figura anche la riproduzione del suo pendant, Edelweiss (n. 180) (Quinsac 1982, n. 618), ma nella versione dipinta per il medaglione previsto 97


mente come Panorama dell’Engadina, il progetto destinato all’Esposizione di Parigi del 1900, e poi riconvertito nel Trittico, disegnato a matita dura e carboncino in tre tavole di grandi dimensioni, distinte ma unite in unico progetto (oggi al Museo Segantini di St. Moritz), la cui riproduzione fotografica è presente nell’archivio Brighenti. Possiamo supporre che questa fotografia fosse come quella allegata da Segantini alla lettera inviata il 4 maggio 1899 al signor Jegher6, segretario della Sezione svizzera dell’esposizione universale, in cui chiariva in dettaglio il significato di ogni elemento del polittico, che aveva già anticipato a Bavier, già membro del Comitato per il Panorama. Segantini scrive a Bavier nella lettera del 31 gennaio 1898: “dividerei l’opera in tre parti due parti rappresenterebbero St. Moritz in estate e una parte quella centrale St. Moritz in all’interno del complesso programma decorativo del Trittico.

Trittico:

inverno. La divisione sarebbe fatta da quatro figure simboliche, una rappresenterebbe l’estate,

Al centro della lunetta campeggia un nudo femminile, dietro

La morte, la natura, la vita

l’altra sarebbe l’inverno, una Edelvei l’altra il Rododendro l’edelvei avrebbe per sfondo i ghiaciai

il quale una natura armonica integra figura e paesaggio. Ri-

Opere artistiche foto 15, n. 173

Rovereto, Biblioteca civica,

con ai piedi le vive roccie della montagna per significare la sua primavera…” 7.

spetto all’omonimo disegno, la figura femminile è molto più

I medaglioni non furono ultimati e mantengono, anche nella riproduzione foto-

stilizzata, quasi un’ombra che si staglia contro il paesaggio

grafica, un carattere di non finito mentre la loro versione su carta è molto più accu-

montano, riprodotta con una tecnica simile allo sgraffito, e in-

rata e dettagliata. Questo aspetto si riscontra anche in altri casi nella produzione di

quadrata da una cornice a quadrifoglio bene evidente nella fo-

Segantini dove certi disegni nati come bozzetti o modelli rivelano un grado di accu-

tografia di Brighenti, mentre il paesaggio sullo sfondo è molto

ratezza che li rende singolari e in certo modo enigmatici nella loro funzione. Come

simile a quello del Trittico. La fotografia del progetto del Trittico

aveva già rilevato Servaes, “rispetto ai disegni della maggior parte degli altri maestri, essi si

conservata nel Fondo Brighenti (n. 173) (Quinsac 1982, nn. 601-

contraddistinguono per il fatto di essere qualcosa di più che non meri studi occasionali. Non co-

603) ci consente di capire bene dove dovevano essere collocate

nosco nemmeno un disegno di Segantini che contenga un simile scarabocchio da assumere oggi

le due decorazioni con Edelweiss e Rododendro ovvero in due me-

come particolare espressione di freschezza e di originalità. Anche in questi fogli Segantini non

daglioni nella parte centrale del Trittico, in corrispondenza del

nasconde affatto il proprio impulso a produrre immagini in sé e per sé compiute. Magari avrà

grande tableaux con La Natura. A destra il grande tableaux con

subito distrutto tutti quegli schizzi fuggevoli – ammesso che ne siano mai esistiti! – non appena

La Vita, già dipinto da Segantini fin ai tempi di Soglio, come

gli si presentavano alla mano. In ogni caso non ha mai prodotto alcunché di casuale o incompiuto.

aveva ricordato lo stesso Boldori in una sua testimonianza, e a

Come rigettava gli schizzi, allo stesso modo non ha mai realizzato dei veri e propri «studi»”8.

sinistra il terzo elemento con La Morte.

Nella raccolta Brighenti troviamo una riproduzione di una versione singolare

Fu lo stesso Boldori, con lo pseudonimo di Karl Gas-

dell’Eroe morto, opera più volte replicata da Segantini: si tratta della versione quadret-

smann a ricordare nel suo Segantini intimo, pubblicato nella

tata9, una delle cinque note fino ad oggi con identico soggetto ripreso da Segantini per

rivista “Verde e azzurro”, nel 1903, come il suo incontro con

quasi due decenni (i lavori sono datati 1878, 1879-80, 1887, 1889-90 e 1892-94) e comun-

Segantini fosse avvenuto nell’estate del 1897 quando appunto

que tutti riferibili in forma adattata alla composizione del dipinto L’eroe morto (ora al

era intento a dipingere La Vita .

Kunstmuseum St. Gallen), a sua volta versione ottocentesca e segantiniana del Cristo

5

Queste due piccole tele con i nudi femminili erano parte di un complesso programma decorativo concepito inizial98

Morto di Mantegna, conservato a Milano nella Pinacoteca di Brera e quindi facilmente accessibile all’artista durante i suoi anni milanesi. 99


La dea dell’amore Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 162

In tutte le versioni il volto dell’eroe riprende la classica fisionomia dell’autoritratto segantiniano. Questo soggetto così amato da Segantini tanto da essere replicato in tempi e modi diversi, può essere considerato un elemento di passaggio da una pittura realista a una concezione simbolista. Il confronto con il tema della morte avviene ancora negli anni giovanili con L’Eroe morto (Il prode) (1879), considerato da Segantini un’opera non perfettamente compiuta, ma un tentativo appunto di superamento del vero per rappresentare un sentimento, qualcosa che porti “l’arte nettamente sopra questa via”. La versione quadrettata lascerebbe supporre la sua natura di modello/bozzetto per un’opera di più grandi dimensioni così come nel caso di un altro disegno quadrettato, la cui riproduzione fotografica è anche presente nel Fondo Brighenti (n. 162), ovvero La dea dell’amore del 1894 (Quinsac 1982, n. 598, Dea Pagana). Quest’opera servì da modello per la grande versione (220 x 144 cm) a olio (con tracce d’oro) oggi alla Galleria d’arte moderna di Milano. Il nudo, nel disegno, si libra nel vuoto, ospitato in una sorta di conchiglia formata dai suoi capelli, e che poi si conformerà all’inedito formato ovale del dipinto. L’eroe morto Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 182

100

Questa figurazione sembra quasi essere il pendant al contrario di un’altra figura fluttuante di Segantini, realizzata nello stesso anno, La voce10, la cui riproduzione figu101


ra fra le carte Brighenti con il titolo Studio di un angelo annunziante (Quinsac 1982, n. 591), foglio firmato e datato 1894 e di ubicazione ignota, ancora oggi difficilmente decifrabile nella sua interpretazione. Il disegno viene pubblicato per la prima volta da Servaes con il titolo di Angelo annunciante o La voce, ma le sue tracce si perdono fin dal 1915, dopo essere stato esposto all’Esposizione d’arte antica e moderna a beneficio del fondo di soccorso per le vedove e per gli orfani dei Trentini caduti in guerra, svoltasi a Palazzo Galasso a Trento, appunto nel 1915. Segantini firma per esteso il foglio, indicando con la firma in alto a destra, un probabile verso di lettura di questa figura annunciante che sembra quasi precipitare verso il basso; in realtà se girassimo il foglio la figura risulterebbe adagiata su un fianco con i capelli mossi dal vento nella direzione corretta. In effetti ritroviamo lo stesso soggetto con questa inclinazione nell’angelo che si libra nel disegno del 1896, intitolato L’Annunciazione del Nuovo Verbo esposto a Vienna nel 1898 e oggi conservato al Museo Segantini di St. Moritz, di cui La voce, sembra essere l’idea iniziale poi sviluppata come figura a completamento del disegno nietzschiano. Tuttavia il disegno scomparso possiede una tale forza e un’autonomia che lo rendono non un bozzetto, ma un’opera compiuta, che guarda a modelli internazionali. Il più prossimo sembra essere il celeberrimo Diana ed Endimione tratta da Frederic Watts e incisa da Sir Frank Short per essere pubblicata nel catalogo dell’esposizione al Trocadero di Parigi del 1889, volume ben noto a Segantini e presente nella biblioteca Boldori confluita oggi nel Fondo Brighenti che raccoglie molte voci bibliografiche che si riferiscono a questa mostra. Diana ed Endimione ebbe così successo da essere menzionata nella Gazzetta Ufficiale Italiana del 1894 (poco

Studio di un angelo annunziante / La voce Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 169 F. Short, Diana ed Endimione, tratta da Frederic Watts,

prima della realizzazione del disegno segantiniano) come opera

in Exposition Universelle

censurata dalle autorità scozzesi di Glasgow per impudicizia11.

les Arts Décoratifs. L’art français

Nella raccolta di immagini di Brighenti vien dato ampio spazio ai disegni, e vi troviamo anche le riproduzioni di due 102

de 1889. Les Beaux-Artset rétrospectif au Trocadéro, Journal Le Temps, Paris 1889, p. 181

103


opere grafiche che nella loro finitezza hanno il valore di un’opera compiuta. Si tratta di due allegorie a loro modo, dove il valore allegorico viene suggerito anche nel titolo. Così La portatrice d’acqua (1892) ha il sottotitolo di Fede (n. 111) (Quinsac 1982, n. 452, La portatrice d’acqua), così come era avvenuto per L’angelo annunciante (La voce). Mentre in Contadina seduta del 1893 (n.168) (Quinsac 1982, n. 473), che apre il presente saggio, la valenza simbolica sta tutta nello sfondo neutro, non ambientato e nella posa, in quel gesto “melanconicus” che rimanda a Dürer. Forse anche per questo entrambi i disegni appartenevano a collezioni tedesche: Contadina seduta è attualmente conservata nel Kupferstichkabinett delle Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, mentre la Fede ha fatto parte delle collezioni degli Staatliche Museen di Berlino fino al 1928, mentre una versione molto simile ma non uguale si trova in collezione privata italiana. Una figura femminile posa seduta e assorta con gli occhi socchiusi e viene ripresa di profilo mentre nella seconda raffigurazione, sempre di profilo, essa trasporta un secchio d’acqua. Nel primo caso lo sfondo è omogeneo, astratto da qualsiasi riferimento, mentre nel secondo caso la figura è inserita in un racconto con altre figure sullo sfondo e un fuoco in lontananza, che ancora oggi non sono state decifrate nel loro eventuale significato allegorico suggerito dal titolo: la figura femminile forse potrebbe rappresentare la Fede, che porta speranza (l’acqua) ai lavoratori. In questi stessi anni Segantini si impegna a realizzare con altrettanta definizione e attenzione filologica tre tavole per la Bibbia di Amsterdam12.

La fede Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 111 Parabola dei ciechi La portatrice d’acqua

Rovereto, Biblioteca civica,

(1892-1893), disegno, collezione privata

Opere artistiche foto 15, n. 150

104

105


Anche queste tre riproduzioni sono state collazionate da Brighenti e numerate in progressione: Maria lebbrosa (Quinsac 1982, n. 528, con il titolo Maria nel deserto); n. 150 Parabola dei ciechi, n. 150 (Quinsac 1982, n. 529 con il titolo Rahab e gli esploratori) n. 151. Il capro espiatorio, n. 151 (Quinsac 1982, n. 527).

Maria lebbrosa Rovereto, Biblioteca civica,

1 A.-P. Quinsac, Segantini. Catalogo generale, Electa, Milano 1982. 2 F. Servaes, Giovanni Segantini, Sein Leben und sein Werk, Verlag Martin Gerlach & C., Wien 1902 e F. Servaes. Giovanni Segantini. La sua vita, le sue opere (1902), a cura di A. Tiddia, MAG/Mart, Riva del Garda/ Rovereto 2015. 3 Segantini. Trent’anni di vita artistica europea nei carteggi inediti dell’artista e dei suoi mecenati, a cura di A.-P. Quinsac, Cattaneo Editore, Oggiono 1985, pp. 812-815. 4 C. Dal Cin, Varianti ed inediti dal repertorio fotografico del Fondo Vittore Grubicy, in Segantini. La vita, la natura, la morte, a cura di G. Belli, A.-P. Quinsac, catalogo della mostra (Trento, Palazzo delle Albere, 3 dicembre 1999-19 marzo 2000), Electa, Milano 1999, pp. 208-218. 5 K. Gassmann, Segantini intimo, in “Verde e azzurro. Giornale cosmopolita illustrato”, a. 1, n. 9; a. 1, n. 8 (7.06.1903); a. 1, n. 9 (14.06.1903), p. 1. 6 Quinsac 1985, n. 817, pp. 662-663. 7 Quinsac 1985, n. 813, pp. 653-654. 8 Tiddia 2015, p. 94. 9 Questa versione è stata solo recentemente ritrovata ed esposta nella mostra di Milano del 2014: Studio quadrettato per l’Eroe morto (1879-1880), matita su carta gialla, 389 x 279 mm, collezione privata, pubblicata in Segantini. Ritorno a Milano, a cura di A.-P. Quinsac, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 18 settembre-18 gennaio 2015), Skira/Mazzotta, Milano 2014, n. 14, p. 135. 10 Quinsac 1982, n. 591, p. 503. 11 Cfr. “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia”, 23 aprile 1894, n. 96, p. 1671. 12 Riguardo alla partecipazione di Segantini all’impresa della Bibbia di Amsterdam si veda A. Botta, Illustrare la Bibbia. I disegni di Giovanni Segantini per la Bibbia di Amsterdam, in Segantiniana I/2015. Studi e ricerche, a cura di A. Tiddia, MAG/Mart, Riva del Garda/Rovereto 2016, pp. 53-66.

Opere artistiche foto 15, n. 149 Il capro espiatorio Rovereto, Biblioteca civica, Opere artistiche foto 15, n. 151

Al di là della lettura interpretativa di questi tre episodi a cui Segantini attenne fra il 1896 e il 1898, già chiarita da Quinsac prima e da Botta poi, partecipando a un’impresa decorativa di carattere internazionale estesa a maestri come Puvis de Chavanne, Alma Tadema o Walter Crane, pare interessante notare come egli svolga l’ambientazione paesaggistica orientale con lo stesso linguaggio, con la stessa impostazione spaziale o configurazione già adottata nei suoi idilli pastorali. La nitidezza delle immagini del Fondo Brighenti ci consente ancora una volta di cogliere alcuni dettagli significativi, come ad esempio i fuochi sullo sfondo del paesaggio contro cui si staglia il profilo della Maria lebbrosa, che ci ricordano le colonne di fumo presenti sullo sfondo della Fede, stabilendo così delle analogie allo stesso modo fantastiche/simboliste e reali. 106

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La Bibliografia segantiniana di Angelo Brighenti


Le lettere Isabella Collavizza

Il volume 4.27 (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27) raccoglie la corrispondenza intercorsa fra Angelo Brighenti e Romeo Boldori, Giuseppe Certani, Bruno Emmert, Giuseppe De Logu, fondamentale nella costruzione del progetto bibliografico segantiniano a cui Brighenti attiene fin dal 1939. È questo l’anno in cui Brighenti avvia il carteggio con Boldori, istitutore dei figli di Segantini, avvicinato per il tramite del bibliofilo bolognese Certani. Il 1943 costituisce invece la data dell’ultimo confronto epistolare di Brighenti con lo storico arcense Emmert. Nella restituzione della consistenza del nucleo epistolare si è preferito mantenere la numerazione delle carte componenti il fascicolo che non segue un ordine cronologico ma una suddivisione per mittente e destinatario, con ogni probabilità da ricondurre a un intervento di riordino al momento dell’acquisizione del Fondo Brighenti da parte della biblioteca. Inoltre, nei casi di lettere già edite si è scelto di segnalare tra parentesi tonde la pubblicazione in A.-P. Quinsac, Segantini. Catalogo generale, 2 voll., Electa, Milano 1982 e Segantini. Trent’anni di vita artistica europea nei carteggi inediti dell’artista e dei suoi mecenati, a cura di A.-P. Quinsac, Cattaneo Editore, Oggiono 1985, dove è possibile trovare la trascrizione delle missive. Nel medesimo volume del Fondo Brighenti sono raccolte anche le copie delle lettere di vari artisti, ricopiate da Brighenti dalle carte del Fondo Alfonso Tartarini della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna (cfr. Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, Fondo speciale Alfonso Tartarini, cartone I, Lettere di vari e carte diverse), consultato da Brighenti per approfondire le vicende segantiniane, visto che la Biblioteca bolognese conserva alcuni autografi del pittore arcerse (cfr. Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, Collezione degli autografi, cart. LXIV, nn. 17199-17202). I contenuti delle lettere trascritte dal Fondo Tartarini (cc. 215-308) sono relativi ai rapporti intercorsi fra Alfonso Tartarini, scrittore e poeta, oltre che bibliotecario dell’Archiginnasio di Bologna, e vari artisti dell’Ottocento in merito alla Commissione Permanente di Belle Arti per l’Esposizione di Bologna del 1888, di cui Tartarini era stato segretario. Nel volume sono fascicolati anche vari appunti sparsi che spaziano dai quesiti da porre ai corrispondenti alle annotazioni promemoria per un auspicato progetto editoriale di schedatura delle opere segantiniane (s.d., cc. 120-154).

111


Corrispondenza Brighenti / Boldori

27 giugno 1941, c. 163; 14 maggio 1941, cc. 165-166; 26 luglio 1941, c. 167; 22 novembre

Da Angelo Brighenti a Romeo Boldori (14 lettere)

1941, cc. 168-169; 1 dicembre 1941, cc. 170-174; 19 dicembre 1941, c. 175; s.d., c. 176; 22

A fare da filo rosso all’interno del carteggio sono le richieste di natura bibliografica inoltrate a

marzo 1942, c. 177; 14 aprile 1942, c. 178; 18 maggio 1942, c. 179; 24 agosto 1942, c. 180;

Boldori da Brighenti, interessato anche a ricevere informazioni sulla vita e sulla personalità dell’artista.

5 settembre 1942, cc. 181-183; 26 settembre 1942, c. 185; 29 settembre 1842, c. 186; 12

28 agosto 1939, cc. 82-85; 12 settembre 1939, cc. 86-89 (Quinsac 1982, p. 551); 24 settem-

novembre 1942, c. 187; 12 marzo 1943, c. 188; 26 maggio 1943, c. 189; 15 giugno 1943, cc.

bre 1940, c. 90; 27 settembre 1940, cc. 91-98; 23 dicembre 1940, c. 99; 24 gennaio 1941,

191-192; Segantini Giovanni bibliografia, s.d., cc. 193-214.

c. 100; 19 febbraio 1941, cc. 101-104; 11 agosto 1941, c. 105; 16 settembre 1941, cc. 106-107; 20 settembre 1941, cc. 108-110; 9 novembre 1941, cc. 111-114; 31 dicembre 1941, c. 115; 6

Corrispondenza Certani

aprile 1942, cc. 116-117; 30 maggio 1942, cc. 118-119.

Da Romeo Boldori a Giuseppe Certani (6 lettere) Boldori riferisce sul legame con la famiglia di Segantini rispondendo ai quesiti posti da

Da Romeo Boldori ad Angelo Brighenti (12 lettere) Da Bologna, Romeo Boldori aggiorna il più giovane studioso sull’amicizia con Giovanni

Giuseppe Certani, corrispondente per il mercato librario bolognese, a sua volta sollecitato da Brighenti.

Segantini, del quale restituisce un’immagine più intima e confidenziale, ricca di aneddoti di vita

29 luglio 1939, cc. 38-47 [ritrascritta da Brighenti, cc. 54-57]; 17 agosto 1939, cc. 48-53

quotidiana, fornendo inedite informazioni bibliografiche.

[ritrascritta da Brighenti, cc. 58-63]; 27 marzo 1940, c. 64; 19 giugno 1941, c. 65; 30

s.d., cartolina c. 1; 4 settembre 1939, cc. 2-3 (Quinsac 1982, p. 551); marzo 1940, car-

luglio 1941, c. 66; 23 agosto 1941, c. 67.

tolina c. 4; 19 settembre 1940 cc. 5-21 (Quinsac 1982, pp. 551-552); 29 dicembre 1940, cartolina c. 23; 22 gennaio 1941, c. 24; 10 settembre 1941, cc. 25-28 (Quinsac 1982, pp. 554-555); 11 settembre 1941, c. 29; 4 novembre 1941, cc. 30-31; 15 novembre 1941, cc. 3233 (Quinsac 1982, p. 555); 2 aprile 1942, c. 34; 3 giugno 1942, cc. 35-37.

Da Bruno Emmert a Giuseppe Certani (1 lettera) Lo storico trentino conferma per il tramite di Certani la disponibilità a collaborare con Brighenti. 16 novembre 1940, cc. 157-162.

Corrispondenza Brighenti / Emmert Da Angelo Brighenti a Bruno Emmert (12 lettere) Nella corrispondenza inviata da Brighenti i ringraziamenti per l’aiuto ricevuto da Bruno

Da Giuseppe Certani ad Angelo Brighenti (2 lettere) Il bibliofilo bolognese, in veste di mediatore, invia a Brighenti le missive ricevute da Boldori

Emmert nella raccolta di voci bibliografiche segantiniane si accompagnano a richieste di scambio

e relative alle ricerche segantiniane da questi svolte.

e acquisto di volumi e riviste.

10 ottobre 1942, c. 155; 13 ottobre 1942, c. 156.

11 maggio 1941, cc. 68-69; 19 maggio 1941, cc. 70-71; 10 luglio 1941, c. 71; 30 luglio 1941, c. 72; 28 novembre 1941, c. 73; 5 dicembre 1941, c. 74; 26 dicembre 1941, c. 75; 30 maggio

Corrispondenza De Logu

1942, c. 76; 16 maggio 1942, c. 77; 29 maggio 1942, c. 78; 31 agosto 1942, cc. 79-80; 13

Da Giuseppe De Logu ad Angelo Brighenti (1 lettera, 1 cartolina)

giugno 1943, c. 81.

30 maggio 1921, cc. 308-309; 16 giugno 1921 c. 310.

Da Bruno Emmert ad Angelo Brighenti (18 lettere)

Corrispondenza per l’Esposizione di Bologna del 1888

La fitta corrispondenza informa sulla proficua collaborazione, durata più di due anni, tra

Dal Fondo Alfonso Tartarini sono state ritrascritte le lettere di: Alessandro Avogli Trotti;

Brighenti ed Emmert. Quest’ultimo invia corposi e puntuali elenchi relativi alle pubblicazioni

Luca Beltrami; Luigi Bertelli; Mosè Bianchi; Paolo Boselli; Stefano Bruzzi; Vincenzo

edite sull’artista, con particolare riguardo per l’area tedesca.

Cabianca; Giulio Pisa; Guglielmo Ciardi; Raffaele Faccioli; Giovanni Fattori; Giusep-

112

113


pe Fiorelli; Attilio Formilli; Matilde Serao; Giuseppe Martucci; Carlo Matscheg; Enrico Panzacchi; Alberto Pasini; Gaetano Previati; Filadelfo Simi; Adolfo Tommasi; Ruggero Panerai; Oreste da Molin; Scipione Vannutelli; Elisa Busi; Luigi Pisani; Leonida Busi. Inoltre sono segnalate le seguenti lettere di Giovanni Segantini: G. Segantini a R. Faccioli, 22 aprile 1888, c. 276 (Quinsac 1985, n. 882, p. 736); G. Segantini ad A. Tartarini, 29 aprile 1888, c. 284 (Quinsac 1985, n. 883, p. 736); G. Segantini ad A. Tartarini, 12 agosto 1888, cc. 278-280 (Quinsac 1985, n. 884, pp. 737-738); G. Segantini ad A. Tartarini, 5 settembre 1888, cc. 282-283 (Quinsac 1985, n. 886, p. 739).

La raccolta iconografica Patrizia Regorda

Tra i materiali raccolti da Angelo Brighenti è presente anche una raccolta iconografica che comprende un centinaio di riproduzioni di opere d’arte di Segantini: si tratta di riproduzioni principalmente fotografiche, ed in alcuni casi tipografiche, raccolte da Brighenti sul mercato antiquario o a lui inviate da conoscenti. Lo strumento di consultazione della raccolta è l’inventario del 1962, dove la documentazione segantiniana viene inserita nella serie poi denominata Opere artistiche foto 15: al momento dell’inventariazione viene anche attribuito un titolo alle riproduzioni, attingendolo dalle iscrizioni sul verso delle immagini o da pubblicazioni a disposizione dei bibliotecari. Per quanto riguarda le caratteristiche della raccolta, la maggior parte delle riproduzioni è costituita da fotografie all’albumina di medio-grande formato riconducibili alle edizioni Pagliano e Ricordi fatte realizzare negli anni Novanta del XIX secolo da Alberto Grubicy, gallerista del pittore. Il resto delle fotografie è costituito da stampe alla gelatina-bromuro d’argento (collocabili a grandi linee nella prima metà del XX secolo) e da due esemplari di pregevoli stampe ai pigmenti realizzate dalla Photographische Union in München (risalenti probabilmente al primo decennio del XX secolo). In misura minore la raccolta comprende riproduzioni tipografiche, principalmente a colori. Oltre alle riproduzioni di dipinti, sono presenti: vedute di allestimenti delle sale di Segantini alle Biennali del 1926 e 1952 (fotografie degli studi Ferruzzi, Fiorentini e Giacomelli di Venezia); una veduta del paesaggio engadinese con Segantini in primo piano. Tale fotografia è identificabile con quella originariamente allegata alla citata lettera di Boldori del 19 novembre 1941 (BCRo, Fondo Brighenti, ms. 4.27, c. 32). Nell’elenco a seguire si dà conto dell’attuale consistenza della raccolta, specificando in particolare: il numero d’ingresso; il titolo con cui è stata inventariata la fotografia nel 1962; il titolo originario manoscritto sul verso della fotografia, se presente e significativamente divergente; il corrispondente numero nel catalogo generale di Segantini (A.-P. Quinsac, Segantini. Catalogo generale, 2 voll., Electa, Milano 1982), e il titolo utilizzato nel catalogo generale, ove fosse presente una variante significativa. In ultimo si segnala che alcune fotografie riproducono dipinti di incerta paternità e che alcune unità (qui contrassegnate da un asterisco) non risultano materialmente presenti nel fascicolo Opere artistiche foto 15, diversamente da quanto descritto nell’elenco del 19621.

114

115


107. L’ora mesta (Quinsac n. 522; veduta dell’allestimento alla XXVI Biennale di Venezia)

142. Al pozzo / Primi albori (Quinsac 1982, n. 285)

108. All’arcolaio *

143. L’amore alla fonte della vita, n. 143 (Quinsac 1982, n. 593)

109. All’arcolaio (Quinsac 1982, n. 421)

144-146. Nell’ovile (Quinsac 1982, n. 424)

110. L’arcolaio (Quinsac 1982, n. 420)

147. Benedizione delle pecore *

111. La fede (Quinsac 1982, La portatrice d’acqua, n. 452)

148. Amore sui monti (Quinsac 1982, Un bacio alla fontana, n. 283)

112. La raccolta del fieno (Quinsac 1982, n. 428a; veduta dell’allestimento alla XXVI

149. Maria lebbrosa (Quinsac 1982, Maria nel deserto, n. 528)

Biennale di Venezia)

150. Parabola dei ciechi (Quinsac 1982, Rahab e gli esploratori, n. 529)

113. La raccolta del fieno (Quinsac 1982, n. 428b)

151. Il capro espiatorio (Quinsac 1982, n. 527)

114. Giorno di maggio / Maggio (Quinsac 1982, Ebrezza di sole, n. 449)

152. Idilio [sic] *

115. La pescivendola (Quinsac 1982, n. 153)

153-154. La cattiva madre / Larve d’infanticida (Quinsac 1982, Le cattive madri, n. 574)

116. La capanna (Quinsac 1982, n. 622)

155. La vacca bruna all’abbeveratoio (Quinsac 1982, n. 245)

117. Paesaggio di Savognino (Quinsac 1982, Donne alla fonte, n. 475)

156. Verregnete Kuh im Hof (Quinsac 1982, Vacca bagnata, n. 415)

118. La vita (studio) (Quinsac 1982, Paesaggio nelle vicinanze di Soglio al crepuscolo, n. 610)

157. Acqua di fonte (Quinsac 1982, Costume grigionese, n. 458)

119. Pascoli alpini *

158. Ritorno dal bosco (Quinsac 1982, n. 412)

120. Pascoli alpini (Quinsac 1982, n. 371)

159. Autoritratto (Quinsac 1982, n. 187)

121-122. Pascolo di primavera (Quinsac 1982, n. 255)

160. Autoritratto (Quinsac 1982, n. 189)

123-124. Le due madri (Quinsac 1982, n. 557; con veduta dell’allestimento alla XV Bien-

161. Autoritratto (Quinsac 1982, n. 191)

nale di Venezia)

162. La dea dell’amore (Quinsac 1982, n. 598)

125. Casolare (autore incerto, non presente in Quinsac 1982)

163. Dea pagana *

126. La tosatura delle pecore (Quinsac 1982, n. 358a)

164-165. La vacca bianca (Quinsac 1982, n. 403)

127. Gli orfani (Quinsac 1982, n. 555)

166. La vacca bianca / A Savognino (Quinsac 1982, Vacca bianca all’abbeveratoio, n. 408)

128. All’abbeveratoio (Quinsac 1982, Vacche aggiogate, n. 405)

167. Raccolta delle patate (Quinsac 1982, n. 401)

129. Crepuscolo (Quinsac 1982, Allo sciogliersi delle nevi, n. 404)

168. Giovane donna seduta (Quinsac 1982, n. 473)

130-131. I miei modelli (Quinsac 1982, n. 492)

169. Studio di un angelo annunziante / La voce (Quinsac 1982, n. 591)

132. La vita (Quinsac 1982, n. 604)

170, 172. La vacca bruna (Quinsac 1982, Vacca bruna all’abbeveratoio, n. 241)

133. Ritorno all’ovile (Quinsac 1982, n. 341)

171. La vacca bruna (Quinsac 1982, Vacca bruna all’abbeveratoio, n. 243)

134. Al tramonto (studio) (Quinsac 1982, Contadina con vitello, n. 419)

173. Trittico: La morte, la natura, la vita (Quinsac 1982, nn. 601-603)

135. Al tramonto (Quinsac 1982, Contadina con vitello, n. 418)

174. La madre (Quinsac 1982, Le due madri, n. 559)

136. Ave Maria (Quinsac 1982, Ave Maria a trasbordo, n. 506)

175. La madre (Quinsac 1982, Madre e figlio, n. 558)

137. Ave Maria / Ave Maria [a] trasbordo (Quinsac 1982, n. 507)

176. Il naviglio di Milano al ponte di S. Marco (Quinsac 1982 n. 203)

138. Mezzogiorno sulle Alpi (Quinsac 1982, n. 466)

177. Petalo di rosa (Quinsac 1982, n. 131a)

139. Meriggio sull’Alpe (Quinsac 1982, n. 465)

178. Zampognari *

140. Ultima neve (autore incerto, non presente in Quinsac 1982)

179. Rododendro (Quinsac 1982, n. 620)

141. Al pozzo / Primi albori (Quinsac 1982, n. 286)

180. Edelweiss (Quinsac 1982, n. 618)

116

117


181. La preghiera ai piedi della croce / Ai nostri morti (Quinsac 1982, n. 501)

220. La raccolta del fieno (ritaglio stampa)

182. L’eroe morto (Quinsac 2015, Studio quadretttato per l’eroe morto, n. 14)

221. Museo Segantini *

183. Inverno *

222. Ritratto di Emilio Longoni *

184. Schlittelnde Dame (Quinsac 1982, La slitta, n. 637)

223. 12 riproduzioni di quadri – Calendario 1959 – 3 copie *.

185. Sonnige Winterlandschaft (Quinsac 1982, La slitta, n. 636) 186. Ritratto (Quinsac 1982, Signora con manicotto, n. 137) 187. Culla vuota (Quinsac 1982, n. 539) 188. Riposo nell’orto (Quinsac 1982, Riposo all’ombra, n. 468) 189. L’ultima fatica del giorno (Quinsac 1982, n. 392) 190. Tisi galoppante (Quinsac 1982, n. 131b, attr. a Emilio Longoni) 191. La fonte del male (Quinsac 1982, La vanità, n. 587) 192. Ritorno al paese natio (Quinsac 1982, n. 583) 193. Ritorno al paese natio (studio) (Quinsac 1982, n. 584) 194-196. L’angelo della vita / [Dea cristiana] (Quinsac 1982, n. 566; con vedute dell’allestimento alla XV Biennale di Venezia) 197, 199. Le lussuriose / The punishment of luxury – La punizione della lussuria (Quinsac 1982, Il castigo delle lussuriose, n. 571) 198. Le lussuriose (Quinsac 1982, Il castigo delle lussuriose, n. 572) 200-206 [205 *]. Alla stanga (Quinsac 1982, n. 366; con vedute dell’allestimento alla XV Biennale di Venezia) 207. Temporale in montagna (Quinsac 1982, Temporale sulle Alpi, n. 320) 208. Mucca nel cortile (Quinsac 1982, Vacca nel cortile, n. 417) 209. Cavallo all’abbeveratoio (Quinsac 1982, Uomo su un carretto, mentre fa abbeverare un cavallo, n. 409) 210. Alla fontana (Quinsac 1982, Amore alla fontana, n. 287); 211. Natura morta (gallo) (Quinsac 1982, Cappone di Stiria, n. 63) 212. Baita Segantini [Segantini seduto presso la Diavolezza, nei pressi di Pontresina, veduta] 213. Cartolina ricordo 22 dicembre 1899 [discorso commemorativo di Ugo Ojetti al Teatro Sociale di Trento] * 214. Monumento in Arco a Giov. Segantini. Inaugurazione (ora in Album Foto 62) 215. La gioia del colore – Tabacco da fiuto – Tabacco da pipa (ritaglio stampa) 216-219. I gran maestri del colore. Giovanni Segantini, (inserto de L’illustrazione del medico, luglio 1939) 118

1 In questi casi il numero d’ingresso che accompagna la relativa voce di inventario è stato evidenziato con un cerchio nel corso di una passata ricognizione dei materiali. Alcuni di questi documenti sono stati probabilmente scorporati e spostati in altre serie delle raccolte iconografiche della biblioteca. 119


La Bibliografia segantiniana Isabella Collavizza

Tra il 1888 e il 1956, anno della sua morte, Brighenti attende minuziosamente e ossessivamente al suo progetto di redarre una Bibliografia segantiniana. Attraverso la corrispondenza con Certani, Boldori, Emmert, e nella ricerca infaticabile di libri e pubblicazioni su Segantini, Brighenti raccoglie monografie e cataloghi, citazioni nei volumi miscellanei e in articoli in riviste e giornali, che ordina cronologicamente in tre edizioni manoscritte e realizzate in tempi diversi, di cui l’ultima dal titolo Note bibliografiche segantiniane (1879-1955) (BCRo, Fondo Brighenti, ms 4.30, cc. 221-377). A questo materiale si affianca una serie di ritagli a stampa tratti da giornali e riviste (ms 4.30, cc. 3-18). Contemporaneamente raccoglie e trascrive, quando non è possibile avere il ritaglio stampa, vari articoli, soprattutto da giornali e riviste, che assembla in due volumi (mss 4.28 e 4.29). L’elenco qui pubblicato unisce in un unico regesto bibliografico, ordinato cronologicamente, le voci bibliografiche raccolte nelle Note bibliografiche segantiniane e i titoli degli articoli raccolti e/o trascritti da Brighenti. Un asterisco contrassegna i titoli dei testi consultabili in forma manoscritta nelle trascrizioni del Fondo Brighenti della Biblioteca civica di Rovereto, mentre il grafema Ø informa sulla presenza nella stessa biblioteca del testo citato nella sua edizione a stampa. 1878 L’antiquario, La pittura è imitazione della natura?, in “La Farfalla”, a. IV, n. 2, 6 gennaio 1878, p. 13. * F. Fontana, Profili a matita. Uomo avvisato è mezzo…, in “La Farfalla”, a. IV, n. 6, 15 settembre 1878, pp. 63-64. * F. Fontana, Schizzi e profili. Vespesiano Bignami, in “La Farfalla”, a. IV, n. 7, 22 settembre 1878, pp. 76-78. * Tranquillo Cremona vivo e vitale!, in “La Farfalla”, a. IV, n. 7, 22 settembre 1878, p. 75. * V. Bignami, Lettera spalancata all’esagerato amico Fernando Fontana, in “La Farfalla”, a. IV, n. 9, 6 ottobre 1878, p. 100. * Bepe, A Brera II, [rivista non rintracciata] a. IV, n. 9, 6 ottobre 1878, p. 103. * 1879 Esposizione delle opere di Belle Arti nel Palazzo di Brera per l’anno 1879, Lombardi, Milano 1879. * 121


Psiche, Baicoli. Conversazione. Passiamo pure o di che vuole si parli?, in “La Farfalla”, a. V, n. 2, 12 gennaio 1879, pp. 14-15. * L. Della Beffa, Appendice. A Brera. IV, in “Il Sole”, a. XVI, n. 233, 5 ottobre 1879. Povera dina, in “La Farfalla”, a. V, n. 22, 30 novembre 1879, p. 261. * 1880 Catalogo Ufficiale. Esposizione 1880 in Milano, Lombardi, Milano 1880. Ø Lepidottero, Esposizione torinese, in “La Farfalla”, a. VI, n. 22, 30 maggio 1880, p. 194. * P. Apporti, Appendice. L’Esposizione di Brera, in “La Ragione”, luglio 1880. A.G., L’Esposizione di Brera, in “L’Uomo di Pietra”, agosto 1880. Athos, L’Esposizione di Brera, in “La Lombardia”, 10 agosto 1880. L. Chirtani (L. Archinti), L’Esposizione di Brera, in “Corriere della Sera”, 12 agosto 1880. F. Fontana, Critica d’arte. È proprio vero che esiste una critica d’arte?, in “La Farfalla”, a. VI, 22 agosto 1880, p. 92. * G. Mongeri, L’Esposizione di belle arti a Brera, in “La Perseveranza”, 11-16 settembre 1880. L. Della Beffa, Appendice. A Brera. II, in “Il Sole”, a. XVII, n. 214, 12 settembre 1880. I. Giacomelli, A Brera. Note a lapis sull’Esposizione, in “La Farfalla”, a. VI, n. 11, 12 settembre 1880, p. 124. * L. Chirtani (L. Archinti), L’Esposizione di Brera, in “L’Illustrazione Italiana”, a. VII, n. 39, 26 settembre 1880, pp. 203-206. Ø L. Della Beffa, Appendice. A Brera, in “Il Sole”, a. XVII, n. 235, 7 ottobre 1880. X.Y.Z., L’Esposizione di Brera, in “Rivista Settimanale Illustrata”, 10 ottobre 1880. A. Bazzero, L’Esposizione di belle arti nel palazzo di Brera nel 1880, in “Il Pungolo”, settembre, ottobre e novembre 1880. L. Beltrami, Corrispondenze artistiche, in “L’Art”, 1880. 1881 C. Borghi, Giovane Arte Milanese, Milano 1881. Catalogo delle opere ammesse all’Esposizione Solenne della Società di Incoraggiamento delle Belle Arti in Firenze nell’anno 1881, Tipografia Gazzetta d’Italia, Firenze 1881. Ø Strenna Trentina, in “L’Illustrazione Italiana”, a. VIII, n. 5, 30 gennaio 1881, p. 75. L. Beltrami, Corrispondenze artistiche, in “Le Courrier de l’Art”, 1881. 1882 Catalogo degli oggetti d’arte ammessi alla XLI Esposizione aperta il 29 aprile 1882 nell’edificio della Società Promotrice delle Belle Arti in Torino, Bona, Torino 1882. Ø Pescivendola di Giovanni Segantini, in “L’Illustrazione Italiana”, a. IX, n. 19, 7 maggio 1882, p. 327. Ø L. Righitini, Appendice. L’Esposizione a Brera. I, in “Il Sole”, a. XIX, n. 211, 9-10 settembre 1882. Per l’Esposizione di Roma, in “Il Sole”, a. XIX, n. 286, 8 dicembre 1882. L. Beltrami, Corrispondenze artistiche, in “Le Courrier de l’Art”, 1882.

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1883 F. Ambrosi, Scrittori ed Artisti Trentini, Zippel, Trento 1883. E. Arbib, Guida del visitatore alla Esposizione di Belle Arti in Roma 1883, Perino Editore, Roma 1883. Esposizione 1883: catalogo ufficiale, catalogo della mostra (Milano, Accademia di Belle Arti di Brera), Lombardi, Milano 1883. F.G. Dumas, Catalogue illustrè officiel de la Section des Beaux-arts de l’Esposition universelle d’Amsterdam 1883, contenant environ 200 reproductions d’après les dessins originaux des artistes, Baschet, Paris 1883. Esposizione di Belle Arti in Roma, 1883. Catalogo Generale Ufficiale Illustrato, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 21 gennaio-1 luglio 1883), Bodoniana, Roma 1883. Ø Bull-Calf (G. d’Annunzio), Arte ed Artisti. I paesaggi, in “Fanfulla”, a. XIV, n. 37, 10 febbraio 1883. * R. De Zerbi, L’Esposizione. III, in “La Domenica Letteraria”, a. II, n. 10, 11 marzo 1883, p. 2. A. Melani, L’Arte dell’Esposizione di Roma, in “Il Pungolo della Domenica”, a. I, nn. 5, 6, 14, 20; 4 febbraio, 11 marzo, 6 maggio, 17 giugno 1883. L. Chirtani (L. Archinti), L’Esposizione di Brera, in “L’Illustrazione Italiana”, a. X, n. 36, 9 settembre 1883, pp. 162-163. Ø N. Lazzaro, L’Esposizione artistica di Roma, in “Giornale di Sicilia”, 1883. 1884 Album ricordo dell’Esposizione nazionale del 1884 in Torino, Treves, Milano 1884. Ø Catalogue illustré du Salon, Baschet, Paris 1884. Ø C. Coda, Torino artistica e le Belle Arti dell’Esposizione del 1884, Canonica, Torino 1884. Esposizione Generale Italiana in Torino 1884. Belle Arti. Arte contemporanea. Catalogo Ufficiale, catalogo della mostra (Torino, Parco del Valentino, aprile-novembre 1884), UTET, Torino 1884. Ø F. Filippi, Impressioni dell’Esposizione di Torino. VII. Alle Belle Arti, in “La Perseveranza”, a. XXVI, n. 8. 821, 7 maggio 1884, p. 2. J. C. Fassa, Esposizione Nazionale di Torino. Fra le Belle Arti, in “Il Pungolo della Domenica”, a. II, nn. 21, 22, 24, 25; maggio-giugno 1884. L. Chirtani (L. Archinti), L’Esposizione Nazionale. Ultima occhiata alla mostra artistica, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XI, n. 44, 2 novembre 1884, p. 274. U. Pesci, Casa nostra, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XI, n. 50, 14 dicembre 1884, p. 378. 1885 Catalogo degli oggetti d’arte ammessi alla XLIV Esposizione aperta il 26 aprile 1885 nel Palazzo Sociale di Torino, Bona, Torino 1885. Notizie cittadine. Società per le Belle Arti ed Esposizione permanente, in “La Perseveranza”, a. XXVII, n. 9, 9 luglio 1885, p. 2. Società per le Belle Arti ed Esposizione permanente, in “Il Sole”, a. XXII, n. 159, 10 luglio 1885. L. Chirtani (L. Archinti), Cose d’arte, in “L’illustrazione Italiana”, a. XII, n. 33, 16 agosto 1885, p. 110. 123


R. Chianti, Esposizione dei quadri del Segantini, in “Il Sole”, a. XXII, n. 192, 19 agosto 1885. Max, Giovanni Segantini e la Mostra delle sue opere alla Permanente, in “La Commedia Umana”, a. 1, n. 38, 6 settembre 1885, pp. 16-21. Ø AB, L’Esposizione a Brera, in “Il Sole”, a. XXII, n. 215, 16 settembre 1885. Notizie cittadine. Agli amatori di belle arti, in “La Perseveranza”, a. XXVII, n. 9. 314, 19 settembre 1885. A. Melani, Il Bello all’Esposizione di Brera del 1885, in “La domenica del Fracassa”, a. II, nn. 39 e 40, 27 settembre e 4 ottobre 1885, p. 3. MAX, Appunti al Catalogo, in “La Commedia Umana”, a. I, n. 42, 4 ottobre 1885, pp. 2225. Ø C. Lemonnier, Les Beaux-Arts à l’Exposition universelle d’Anvers, in “Gazette des BeauxArts”, a. XXVII, vol. 32, n. 5, 1 novembre 1885, p. 441. 1886 Catalogo degli oggetti ammessi alla XLV Esposizione aperta il 4 maggio 1886 nel Palazzo Sociale in Torino, Bona, Torino 1886. Ø Catalogo Ufficiale della I Esposizione di Belle Arti nel nuovo Palazzo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente in Milano. Primavera 1886, Sonzogno, Milano 1886. Ø F. Cameroni, L’Esposizione permanente di Belle Arti, in “Il Sole”, a. XXIII, n. 93, 21 aprile 1886. MAX, Esposizione Permanente di Belle Arti. Il palazzo. La prima occhiata alla Mostra, in “La Commedia Umana”, a. II, n. 71, 25 aprile 1886, pp. 10-18. V. Grubicy de Dragon, Rapporto al Ministero dell’Istruzione pubblica che ha portato tanta luce sul preteso fiasco dell’arte italiana in Anversa, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XIII, n. 18, 2 maggio 1886, p. 357. L. Chirtani (L. Archinti), Esposizione di Belle Arti, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XIII, n. 18, 2 maggio 1886, pp. 355-356. F. Cameroni, Un’altra visita alla Permanente, in “Il Sole”, a. XXIII, n. 106, 6 maggio 1886. MAX, L’Esposizione Permanente. Pittura di paese. La Scuola Lombarda, in “La Commedia Umana”, a. II, n. 73, 9 maggio 1886, pp. 17-22. Ø G. Mongeri, L’Esposizione di Belle Arti alla Permanente. La Pittura multiforme; paesaggio, marina, prospettiva, ecc., in “La Perseveranza”, a. XXVIII, n. 9. 570, 5 giugno 1886, p. 2. F. Cameroni, Cronaca cittadina. Esposizione di Brera, in “Il Sole”, a. XXIII, n. 206, 4 settembre 1886. Momo, Brera: quattro pugni sulla tastiera del Catalogo, in “La Commedia Umana”, a. II, n. 91, 12 settembre 1886, pp. 22-25. Ø F. Cameroni, Un’altra visita a Brera, in “Il Sole”, a. XXIII, n. 222, 23 settembre 1886. G. Mongeri, Notizie cittadine. All’Esposizione di Belle Arti d’Amsterdam, in “La Perseveranza”, a. XXVIII, n. 9. 712, 27 ottobre 1886, p. 3. F. Cameroni, Cronaca cittadina. Il pittore Segantini, in “Il Sole”, a. XXIII, n. 252, 28 ottobre 1886. L’arte italiana all’Esposizione di Milano, in “Il Secolo”, a. XXI, n. 7203 (suppl.), 1886. Ø

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1887 L. Codemo, A guerra finita. Mie note sull’Esposizione artistica nazionale di Venezia, Visentini, Venezia 1887. Esposizione Nazionale Artistica Venezia 1887: quadri e statue. Catalogo Ufficiale, Treves, Milano 1887. Ø Esposizione nazionale artistica, Venezia 1887: catalogo ufficiale, catalogo della mostra (Venezia, Giardini di Castello, maggio-ottobre 1887), Prem. stab. tipo-lit. dell’emporio, Venezia 1887. Ø G. Marangoni, La Galleria d’Arte Moderna di Milano, I.I.A.G., Bergamo 1887. Ø E. Paoletti, Rassegna artistica dell’Esposizione di Venezia, Milano 1887. E. Volpi, Zig-zag per l’Esposizione artistica e d’arte applicata all’industria. Rivista ed Impressioni critico-illustrative di tutte le opere esposte. Venezia 1887, Visentini, Venezia 1887. Ø D. Willy, Una critica tedesca dell’Esposizione artistica veneziana, Loescher, Firenze 1887. F. Filippi, Escursione artistica a Venezia. V. Venezia, 9 maggio, in “La Perseveranza”, a. XXIX, n. 9. 906, 12 maggio 1887, pp. 1-2. V. Grubicy De Dragon, All’Esposizione di Venezia. L’Arte italiana a Venezia ed a Parigi, in “La Riforma”, a. XXI, n. 134, 14 maggio 1887. L. Chirtani (L. Archinti), “…”, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XIV, n. 22, 29 maggio 1887, p. 382. E. Morpurgo, L’Arte a Venezia. L’Esposizione artistica. La pittura, in “Il Sole”, a. XXIV, nn. 116 e 132, 18 maggio e 6-7 giugno 1887. P. G. Molmenti, Venezia e l’Esposizione. IV, in “Fanfulla della Domenica”, a. IX, n. 23, 5 giugno 1887. L. Chirtani (L. Archinti), Alla stanga, quadro di Giovanni Segantini, in “L’Illustrazione Italiana”, XIV, n. 38, 4 settembre 1887, p. 169. J. Caponi, Lettere d’estate. IV. L’Esposizione di Venezia, in “La Perseveranza”, a. XXIX, n. 10.041, 26 settembre 1887, p. 2. G. Carotti, Le Scuole italiane di pittura a l’Esposizione nazionale di Venezia nel 1887, in “La Rassegna nazionale”, a. IX, vol. XXXVII, n. 3, 1 ottobe 1887, pp. 479-480. L. Archinti, La morale nelle arti grafiche, in “Battaglia Bizantina”, a. I, n. 45, 6 novembre 1887. * V. Grubicy de Dragon, Le piccole Esposizioni ai Circoli artistici, in “La Riforma”, a. XXI, n. 357, 23 dicembre 1887. 1888 A. Algardi, Alla stanga di Giovanni Segantini, in Bologna Esposizione 1888, n. 35, 1888, p. 279. Ø E. Bermani, Frate Gaudenzio, Giuseppe Galli, Milano 1888. F.J. Caponi, La vita a Parigi (1887), vol. II, Treves, Milano 1888. F.J. Caponi, L’Esposizione Italiana in Londra, Imp. P. L’Hevreur, Paris 1888. Ricordo dell’Esposizione Italiana. London 1888, in “L’Illustrazione Italiana”, n. speciale, Treves, Milano 1888. Ø Quadri e statue. “Le Madri” di Giovanni Segantini, in “Cronaca dell’Esposizione di Belle Arti”, 1888, p. 11. Ø L. Chirtani (L. Archinti), Cose d’arte. L’Esposizione italiana a Londra, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XV, n. 23, 27 maggio 1888, p. 402. 125


F.J. Caponi, Corriere di Parigi. L’Arte Italiana a Londra, in “La Perseveranza”, a. XXX, n. 10, 283, 28 maggio 1888, pp. 1-2. F.J. Caponi, Notizie cittadine. L’Esposizione italiana di Londra, in “La Perseveranza”, a. XXX, n. 10. 295, 10 giugno 1888, p. 2. F.J. Caponi, Esposizione Emiliana. Alla Mostra di Belle Arti, in “Gazzetta dell’Emilia”, a. XXIX, n. 184, 3 luglio 1888, p. 2. E. Cecconi, La pittura all’Esposizione nazionale di Bologna, in “Rassegna Emiliana di Storia, Letteratura ed Arte”, a. I, vol. I, n. 4, agosto 1888, pp. 18-19, pp. 214-215. F.J. Caponi, Esposizione Emiliana. La Giuria delle Belle Arti, in “Gazzetta dell’Emilia”, a. XXIX, n. 260, 18 settembre 1888, p. 2. F.J. Caponi, Soci onorari all’Accademia di Belle Arti. (Echi dell’Esposizione), in “Gazzetta dell’Emilia”, a. XXIX, n. 338, 5 dicembre 1888, p. 2. 1889 L. Chirtani (L. Archinti), Che cos’è l’arte. Prolusione, Milano 1889. L. Dumas, F. G. Fourcaud, Revue de l’Exposition universelle de 1889, vol. II, Baschet, Paris 1889. Giovanni Segantini, in A. De Gubernatis, Dizionario degli Artisti Italiani viventi, pittori, scultori e architetti, Le Monnier, Firenze 1889, pp. 465-468. M. Hamel, Exposition universelle de 1889. Les Beaux-Arts et les Arts décoratifs. L’Art Français rétrospectif au Trocadéro, Édition du Temps, Paris 1889. M. Calderini, A proposito della XLVIII Esposizione della Promotrice in Torino, in “Gazzetta Letteraria”, a. XIII, nn. 22-25, 1-22 giugno 1889. * J. Caponi, Notizie cittadine. Artisti italiani a Parigi, in “La Perseveranza”, a. XXXI, n. 10. 678, 3 luglio 1889, p. 2. J. Caponi, L’Esposizione del 1889. XI. La Sezione Italiana. I, in “La Perseveranza”, a. XXXI, n. 10. 688, 13 luglio 1889, p. 1. M. Hamel, Exposition universelle de 1889. Les écoles étrangéres, in “Gazette des BeauxArts”, a. XXXI, n. 12, 1 ottobre 1889, pp. 384-388. J. Caponi, Exposition Universelle. Distribution Des Récompenses, in “La Chronique des Arts et de la Curiosité”, n. 32, 12 ottobre 1889, p. 238. G. Lafenestre, La Peinture étrangère à l’Exposition universelle, in “Revue des Deux Mondes”, a. LIX, n. 426, 1 novembre 1889, p. 169. A. Roux, Les Beaux-Arts à l’Exposition universelle, in “Revue internationale”, a. VI, n. 22, 1889, p. 643. 1890 Catalogo Ufficiale. Esposizione Annuale 1890 in Milano, catalogo della mostra (Milano, Palazzo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 1890), Lombardi, Milano 1890. Ø G. Lafenestre, Rapports du Jury international (Exposition Universelle de 1889 à Paris). Peintures à l’huile, peintures diverses et dessins, Paris 1890. T. Sisson, L’Art dans les Écoles étrangères (Exposition universelle de 1889), in “Nouvelle Revue”, 1 gennaio 1890. A.Valuarez (V. Cavalleri), Tavolozze e scalpelli, a. II, n. I, 5 gennaio 1890, p. 3. *

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SEGANTINI E ARCO MAG Museo Alto Garda Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

Comune di Riva del Garda Comune di Arco Provincia autonoma di Trento

SEGANTINIANA IV/2019 Studi e ricerche

Riva del Garda | Museo Arco | Galleria Civica G. Segantini

A cura di Alessandra Tiddia, Mart

Comune di Riva del Garda Adalberto Mosaner Sindaco Flavia Chincarini Assessora alla Cultura Katia Sandri Dirigente Area Servizi alla Persona e alla Comunità Comune di Arco Alessandro Betta Sindaco Stefano Miori Assessore alla Cultura Stefano Lavarini Dirigente Area Servizi alla Persona MAG Museo Alto Garda Matteo Rapanà Responsabile

© 2020 by MAG L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. ISBN 978-88-6686-080-8

Coordinamento Isabella Collavizza Redazione Isabella Collavizza Annalisa Bonetti, MAG Ilaria Cimonetti, Mart Patrizia Regorda, Mart Layout Headline, Rovereto Il volume è realizzato in collaborazione con la Biblioteca civica G. Tartarotti di Rovereto. Un particolare ringraziamento va a Gianmario Baldi e Rinaldo Filosi. Inoltre si ringrazia la Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento – Ufficio beni archivistici, librari e Archivio provinciale nelle persone di Antonella Conte (Laboratorio di restauro bibliografico e documentario) ed Eleonora Piras (Laboratorio di fotografia, microfilmatura e digitalizzazione).

Crediti fotografici © Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux Firenze © Biblioteca civica e Fondo antico “B. Emmert” – Comune di Arco © Fondazione Giovanni Segantini, St. Moritz (ph. Stephan Schenk) © Getty Research Institute, Los Angeles (860464) © SIK-ISEA Zürich – Schweizerisches Kunstarchiv (HNA 14)


Finito di stampare nel mese di agosto 2020 da Grafiche Dalpiaz (Ravina, TN)


ISBN 978-88-6686-080-8

Euro 10,00


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