MANGIAVINO ®
bm Editore - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, NE/UD editore
ISSN 2283-7973
7/8/9 duemila15
IL VINO È EMOZIONE SPAGNOLI PER MANO FRANCESE IL TRAMINER AROMATICO QUEL COLLE SPECIALE LE BOLLICINE D'ORO LE NOSTRE PESCHE
MV
Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo
MANGIAVINO Rivista Unica dell'Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
€ 8,00
owner & winemaker
COLLIO - FARRA D’ISONZO - FRIULI
Goccia di Carnia Srl, Forni Avoltri Udine, Friuli Venezia Giulia, Italia - gocciadicarnia.it
Terreno, microclima, Terreno, microclima, vigna, passione. vigna, passione.
Ecco Ecco la la ricetta ricetta dei deivini vini Zorzettig. Zorzettig.
MANGIAVINO
Editoriale
Analizzando qualche dato sui precedenti numeri
di MangiaVino abbiamo piacevolmente “scoperto” che fino ad ora vi sono stati recensiti, e soprattutto degustati, oltre 450 vini. Non male, soprattutto se si pensa che tale cifra equivale, ma forse è superiore, al numero di etichette elencate (spesso senza degustazione) in qualche “sedicente” guida dei vini d’Italia nello spazio dedicato al Friuli Venezia Giulia. Il dato non deve sorprendere più di tanto poiché MangiaVino è nato esclusivamente per questo: valorizzare i Vini della nostra regione! Unitamente ad essi, propone nelle sue pagine, famose, o a volte sconosciute ma altrettanto importanti, Eccellenze gastronomiche, e non solo, del Friuli Venezia Giulia. MangiaVino offre dunque il suo piccolo contributo a questa Regione attraverso i canali tradizionali quali i soci AIS, gli amici produttori di vino, della ristorazione locale e attraverso la distribuzione in tutte le edicole regionali. Soprattutto, però, raggiungendo i quasi 1500 ristoranti di alta qualità di tutta Italia. Questa rivista, dunque, con umiltà e responsabilità, diffonde la cultura enogastronomica di questa straordinaria terra sapendo altresì che la sua maggior conoscenza, può essere per lei il più importante e formidabile veicolo pubblicitario. Buona estate in Friuli Venezia Giulia! Renzo Zorzi Direttore Responsabile Presidente Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
foto di Fabrice Gallina
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MANGIAVINO
#forchirviticoltorisiamonoi
Azienda FORCHIR di Bianchini Gianfranco & C. societĂ semplice agricola LocalitĂ Casali Bianchini, 1 Camino al Tagliamento (UD) Italia tel.0427/96037 fax.0427/96038 www.forchir.it 6
MANGIAVINO Sommario Il Vino
Spagnoli Rioja
Emozione di Renato Paglia /p. 10
è
per
Mano Francese di Federico Magni /p. 14
Arlanza, Tra
e
le
Terre
di
Olivier Rivière di Federico Magni /p. 16
Che Lumaca!...a Colloredo di Alessandro Pareschi /p. 20 Il Traminer Aromatico, Profumi D’estate di Renzo Zorzi /p. 24 La Ricetta di MangiaVino /p. 30 Quel Colle Speciale di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 33 Il Ritorno
di
I Ultins
Cjargne di Marco Calzavara /p. 41
di
Dal Mare
Antonia
alla
e
Romano di Giorgio C. Riva /p. 38
Tavola…a Km Zero! di Bruno Cataletto /p. 46
In Copertina “Universo Mosaico” Istallazione Ideazione Allievi Terzo Corso 2014 Scuola Mosaicisti del Friuli - Spilimbergo Foto di Fabrice Gallina
Le Bollicine D’oro di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 48 MangiaFuoco di Daniele Cernilli /p. 54 Giancarlo Timballo: Il Fiordilatte
coi
Baffi di Enrico Bertossi /p. 62
L’olio Extravergine “Oče Aš” di Alessandro Pareschi /p. 64 Le Birre
di
Col “Plin“
Buri di Gianluca Castellano /p. 66 a
Fagagna di Giorgio C. Riva /p. 70
Le Nostre Pesche di Raffaella Nardini /p. 72 Il Forno
di
Quelli
Peonis di Fabrice Gallina /p. 78
di
La Rubrica
Flavio di Federico Magni /p. 76
dei
Libri /p. 81
/10
/14
/33
/72
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MANGIAVINO
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MANGIAVINO
IL VINO È EMOZIONE di Renato Paglia
Foto di Umberto Pellizon
O
riginario di Sagrado d’Isonzo, vive con Roberta nel bel centro storico, ricco di fascino mitteleuropeo, di Gorizia. Qui ha recentemente ristrutturato, con il buon gusto che lo contraddistingue, un minuscolo seminterrato e lo ha adibito a “rifugio”; una piccola area in cui accogliere gli amici, scambiare con loro qualche chiacchera, assaggiando magari qualche bella etichetta, senza fretta; è proprio qui che ci siamo dati appuntamento. Appassionato di tennis e sci alpino, riceve, da queste faticose discipline sportive, una sorta di eterna giovinezza che si traduce in un fisico asciutto e atletico. Figlio d’arte. Prima il nonno, poi il papà Edino, che fu l’enologo per ben 35 anni in un’azienda simbolo del Collio, inconsapevolmente, indirizzarono Gianni verso la passione per il vino. “In realtà ho frequentato le vigne e le cantine fin da bambino – ama ripetere – mio malgrado”. La verità è che Gianni ha sempre avuto una passione sfrenata per la natura e questo l’ha portato a una laurea in scienze agrarie e in enologia all’Università di Padova. L’ingresso al lavoro è stato rapido e in breve, grazie alle indiscusse capacità, è diventato uno dei punti di riferimento per l’intero panorama vitivinicolo friulano. Due decenni presso un’importante azienda e poi la scelta di dedicarsi alla libera professione prestando la sua collaborazione ad alcune importanti aziende regionali, ma anche in Veneto, in Toscana, in Basilicata e in Sardegna. Moltissimi i premi e i riconoscimenti che Menotti ha ricevuto; l’elenco sarebbe lunghissimo ma mi piace citarne due su tutti. Nel 2006 eletto “miglior enologo” dal Gambero Rosso e lo stesso riconoscimento, nel 2012, vale l’Oscar del Vino. “Creare un vino è emozione. Senza di essa – mi dice Gianni, stappando una bottiglia - rischi di fare un vino banale. Anche un piccolo difetto in un vino a volte emoziona. Fare un vino e scoprire che ha qualche piccola mancanza, rispetto a qualcosa che tu hai come modello, ti fa intuire che magari quell’imperfezione diventa una cosa in più, che dà personalità. Infatti, le grandi scoperte derivano da errori o da percorsi diversi da quelli tradizionali. Qui in Friuli sembrerebbe più facile fare vino perché questa terra meravigliosa ti regala una materia prima eccezionale e tu non devi esprimerti tecnicamente se non lasciando che la natura faccia il suo corso ma in realtà la difficoltà sta proprio in questo tuo saper dialogare con la natura. In altre aree meno fortunate, dove magari uno si deve arrabattare con il rischio di diventare più un chimico, per certi versi il lavoro è più facile ma i risultati difficilmente sono ottimi. Io sono affascinato dalla natura, mi esalta e mi rilassa. Quando sono stressato mi rigenero facendo una bella passeggiata nella vigna. Quando vuoi ritrovare te stesso devi rientrare nella natura che ti dà la carica per poterti confrontare con te e con lei”. “Tu hai un tuo stile riconoscibile - gli dico - così come lo possiedono anche altri grandi wine-maker. Quando si assaggia qualcosa di tuo si coglie sempre la tua mano felice”. “Io pensavo – Gianni versa nei calici il Bâtard-Montrachet che ha prelevato dall’avveniristica mensola - di non averne uno mio, soprattutto all’inizio credevo che lo stile fosse una cosa difficile da ottenere anche perché tutto sommato il vino è un processo chimico-naturale ma è indiscutibile che quello che tu sei lo esprimi anche in quello che fai. Il mio stile forse vuole significare semplicemente le mie attenzioni, il mio modo di essere, il mio modo di comportarmi nella vita. Ho sempre cercato le cose eleganti, raffinate, lineari e questi aspetti, come mi piacciono nella vita, me li porto anche nel mio lavoro che è fare vino. Mi sono accorto che assaggiando dei vini alla cieca, anche dopo tanti anni, riconosco i miei, e quindi, uno stile, di fatto, c’è. All’inizio della mia carriera non riuscivo, adesso si; ti dirò anche che questo mi emoziona moltissimo”. La conversazione prosegue e il tema si sposta sulla viticoltura locale. “Sauvignon, merlot, malvasia e tocai friulano. Credo che questi vitigni rappresentino, più d’altri, il meglio della viticoltura regionale e i vini che se ne ricavano hanno una marcia in più; io ne sono sempre più innamorato e sono i miei preferiti. Ultimamente sto apprezzando moltissimo il Vermentino di Gallura. Ho il piacere di collaborare con l’azienda Jankara, e questo vino mi affascina”. “E il Pinot Grigio?” Lo incalzo un po’. “È un grandissimo vino e guai ad abbassare la guardia della sua qualità, il danno sarebbe enorme per l’immagine del comparto enologico regionale che invece deve fare sempre più sistema. La nostra regione deve concentrarsi sulla qualità e lavorare al massimo affinché il suo brand sia riconosciuto sempre di più ed entri definitivamente nell’Olimpo delle grandi zone mondiali del vino”.
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Lo sguardo è penetrante, gli occhi chiari, mobilissimi, accesi. Se scruti bene dentro, ci trovi una vita intensa, spesa per un sogno diventato realtà. Non me ne voglia Gianni Menotti se riassumo così con una semplice immagine la sua figura che è tutt’altro che piccola. So che mi perdonerà.
Alcuni dei Vini Realizzati da Gianni Menotti in Friuli Venezia Giulia
CASTELLO DI SPESSA Collio Sauvignon 2014 Alc.13% - € 16 Giallo paglierino chiaro con riverberi verdolini. All’olfatto offre rara eleganza con note varietali ben definite e sottili, raffinate. Profuma di erbe aromatiche, pompelmo, sambuco, lime, kiwi e mentuccia. In bocca è vibrante, fresco, fragrante, scorrevole, delizia il palato e chiude con fantastiche note minerali. Filetto di spigola alle erbe fini.
CASTELVECCHIO Carso Malvasia Dileo 2014 Alc.13,5% - € 20 Bella tonalità di giallo paglierino compatto e lucente. Intensi sentori fruttati di pesca bianca e mela verde seguiti da note di alloro ed erbe aromatiche essiccate, il tutto avvolto in un intrigante velo di cannella. Il sorso è sapido, succoso, teso, perfettamente simmetrico con allungo balsamico e lievemente fumé. Risotto mantecato allo zafferano.
LA VIARTE FCO Sauvignon Liende 2013 Alc.14% - € 18,50 Giallo paglierino marcato di spiccata luminosità. Emana un intenso profumo che richiama le note varietali di salvia e foglia di pomodoro ben fuse e amalgamate a fiori di sambuco, agrumi e frutta tropicale. Le eleganti note olfattive si confermano nell’assaggio, perfettamente corrispondente e dal finale piacevolmente sapido. Scorfano al forno.
PRADIO Friuli Grave Cabernet Sauvignon Crearo 2012 Alc.13,5% - € 9 Rosso rubino di ottima tonalità che annuncia un’evoluzione lenta confermata dall’eleganza e dalla complessità dei profumi. Alle note di confettura di prugne fanno seguito sentori di sottobosco, lamponi maturi, visciole e pepe nero. In bocca è vivace, succoso e persistente e chiude con gradevole ricordo di spezie. Filetto ai frutti rossi.
RONCO BLANCHIS Collio Bianco Blanc di Blanchis 2014 Alc.13% - € 13 Vino di grande impatto visivo, coinvolgente. La luminosità del giallo paglierino introduce a note fragranti di buccia d’arancia, lime, cedro e mentuccia seguite da sentori floreali di sambuco e tropicali di ananas e litchi. Il sorso è corrispondente, perfettamente equilibrato da ottima freschezza, progressivo e sostenuto. Finale ammaliante. Paccheri con orata, limone e aneto.
SCUBLA FCO Verduzzo Friulano Passito Cratis 2012 Alc.12,5% - € 24 Ha il colore lucente dell’ambra. Regala deliziosi effluvi di fichi caramellati, croccante alle mandorle, albicocca disidratata, agrumi canditi, cera d’api e miele di castagno con sottofondo balsamico di resina di pino. Si spalma sul palato lasciandolo intriso di note dolci e vellutate che bilanciano una vibrante freschezza. Elegantissimo. Crostata al limone e mandorle.
VALCHIARO’ FCO Merlot Riserva 2011 Alc.13,5% - € 14 Sfumature di rosso granato contornano un cuore ancora rubino, profondo e vivace. Esuberante e complesso con sentori di: sottobosco, viola appassita, mirto, peperoni alla griglia, confettura di marasche e note ruggini. Al gusto è deciso, croccante, con tannini ben amalgamati e finale piacevolmente lungo e speziato. Spalla di maiale affumicata.
KOMJANC Collio Ribolla Gialla 2014 Alc.12% - € 11 La luminosità del giallo paglierino dichiara gioventù, annuncia freschezza e fragranza immediatamente confermate all’olfatto con intense note agrumate di limone verde e lime seguite da pesca bianca, fiori di magnolia, fienagione estiva e kiwi. Sensazioni che si riflettono nel sorso, vivace e scorrevole. Crostini caldi al guanciale affumicato di Carnia.
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SPAGNOLI
PER MANO FRANCESE di Federico Magni Foto di Lorena Martinez
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MANGIAVINO Quando passo da Sancerre mi fermo sempre a salu-
tare il carissimo amico, mio e dell’AIS FVG, JeanDominique Vacheron. Si beve insieme un bicchiere -spesso parecchi- e si chiacchiera un po’ di tutto ma, soprattutto, di vino. In occasione del nostro ultimo incontro ho riassaggiato con lui una, almeno all’inizio, bottiglia di un “ragazzo” francese che è andato a far vino in Spagna, Olivier Rivière. Jean-Do lo conosce benissimo. Io un po’ meno avendo avuto la possibilità di incontrarlo, e di degustare i suoi vini, una sola volta, alla rassegna “Le vin de mes amis”, lo scorso inverno, a Montpellier. Avevo subito apprezzato i prodotti di Olivier, uomo disponibile, dal sorriso aperto, e dalla mano finissima nella vinificazione. A mia richiesta J.D. mi parla volentieri del collega, un po’ folle, un po’ visionario, capace di lasciare una promettente carriera nel mondo dell’enologia francese per “sbarcare” in Spagna, a bordo di un vecchio furgone Volkswagen, ascoltando cassette per imparare la lingua. Ma lascio la parola a Jean-Dominique. La prima volta che ho incontrato Olivier Rivère è stato nei dintorni di Saumur -in Loira, grande zona di cabernet franc-. Era seduto, con amici comuni, al tavolo di un ristorante e mesceva un’ottima bottiglia di pinot nero di Borgogna. Sarà forse anche per questo, ma l’ho trovato fin da subito una persona interessante, simpatica e molto sveglia. Ho capito, col passare del tempo e l’approfondirsi della conoscenza, che la prima impressione era del tutto esatta e che quella bottiglia di Borgogna non era per lui solo una gran buona bottiglia, ma qualcosa di molto di più. Il primo approccio col mondo del vino Olivier lo vive a Bordeaux dove frequenta la scuola di viticoltura e enologia e dove prende parte alle sue prime vendemmie; prima a Saint-Emilion e poi nella Marmande da Elian Da-Ros. Ogni futuro vignaiolo sa che i momenti di formazione presso diversi Domaine costituiscono un bagaglio essenziale per la propria crescita. Permettono di mettere in pratica quanto appreso a scuola; aprono la mente nel confronto con chi ha già parecchie vendemmie alle spalle; permettono di cominciare a formare il proprio “stile” di vinificazione. A Olivier è stato offerto il meglio e si è ritrovato a lavorare niente meno che per Madame Lalou Bise Leroy del mitico Domaine Leroy a Vosne Romanée. Un’esperienza come quella non può far altro che marcarti, sia professionalmente che umanamente, per tutta la vita ed è proprio questa esperienza, mi ha poi confidato, che gli ha aperto gli occhi su come
lavorare in vigna e come fare il vino con un solo obiettivo: la continua ricerca di finezza ed eleganza. Altro passo fondamentale nel suo percorso di crescita Olivier lo compie dell’amico Maxime Magnon, del Domaine omonimo, in Corbière, in Languedoc, tra Narbonne e Perpignan, dove trascorre un anno, migliorando la propria tecnica e maturando l’idea di applicare quello che è ormai il suo stile anche a zone, terre, uve diverse da quelle con cui si è abituato a “lavorare”. Ed eccolo sul furgone Volkswagen, ascoltando cassette “di spagnolo”. Scatta, a questo punto, tra narratore e ascoltatore, spontaneo, un brindisi. Olivier sbarca in Rioja nel 2004 per lavorare a fianco di Telmo Rodroguez, uno dei più importanti enologi iberici. Studia voracemente conformazione dei terreni, vitigni autoctoni, tipologie di vinificazione proprie delle differenti zone e, a soli due anni dal proprio arrivo, nel 2006, crea una propria struttura di “negoce”, acquistando, e poi vinificando, uve grenache e mazuelo a Cardenas, nella Rioja Alta. Il sogno comincia a avverarsi, ma a Olivier non basta. Poco per volta, il negoce si ingrandisce e le uve acquistate sono anche quelle provenienti dalla Rioja Alavesa -viura, a bacca bianca- e dalla Rioja Baja -tempranillo, grenache e graciano-. La scelta dei conferitori è attenta e meticolosa. Lo stile è quello che ha affinato da Leroy. Finezza ed eleganza. Nel 2009 il grande salto con l’acquisto di vigne in Arlanza, una piccola appellazione a nord della Ribera del Duero. Sono vigne che hanno tra i cinquanta e i cento anni, piantate a mille metri di altitudine su terreni ciottolosi di origine fluviale. Olivier può finalmente occuparsi di tutti gli aspetti della produzione, dalla vigna alla cantina. Il 2013 porta in dote l’acquisto di vigne di tempranillo in Rioja Alavesa, a due passi dalla Laguardia. A questo punto si può davvero dire che la follia di Olivier, se tale era, era estremamente lucida.“Encore un ver Fede?” “Bien sûr!”. Oggi gli ettari di proprietà di Olivier Rivière sono 10, 6 in Rioja Alavesa e 4 in Arlanza, tutti condotti secondo i dettami della coltura biologica. Le bottiglie prodotte, considerando anche il “negoce”, sono circa 100 mila. I vini di Olivier, ormai una referenza nella penisola iberica, sono apprezzati per piacevolezza di beva, finezza ed eleganza nel rispetto delle caratteristiche dei vitigni autoctoni impiegati e si stanno diffondendo, anche grazie alla rete offerta da iniziative come “Le vin de mes amis”, con sempre maggiore successo, anche all’estero.
OLIVIER RIVIÈRE VINOS Logroño, La Rioja T. +34 690733541 www.olivier-riviere.com
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Rioja e Arlanza
Tra le Terre di Olivier Rivière
MANGIAVINO
RAJOS UVA 2013 Uve: tempranillo 50%, graciano 50% - Alc. 14% - € 13 Vino “d’ingresso” della Bodega. Acciaio e legno grande per una veste rubino fitto. Ciliegia sotto spirito e ribes nero caratterizzano l’olfatto in cui si riconoscono anche china, polvere di caffè e un delicato sentore di cioccolato. Ingresso corposo, dal tannino potente, subito equilibrato da freschezza balsamica. In chiusura indugia su toni fruttati. Spezzatino di cervo con riso Basmati.
RAJOS UVA 2014 Uve: tempranillo 50%, grenache 30%, graciano 20% - Alc. 14% - € 13 Manto rubino delicato. I piccoli frutti rossi si mescolano a sentori speziati di pepe lungo. Rosmarino essiccato e un tocco di grafite precedono una fine nota di viola. Gradevole il sorso caratterizzato da piacevolezza di beva e buona concentrazione con tannini già fini. Ritorni fruttati connotano tanto l’assaggio quanto il finale impreziosito da buona sapidità. Bruschetta di funghi porcini con uova e tartufo nero.
JEQUITIBÁ 2013 Uve: viura 80%, grenache bianca 10%, malvasia 10% - Alc. 13,5% - € 20 Jequitibà è il nome che in Brasile danno a uno degli alberi più longevi al mondo, la Cariniana Legalis. Paglierino con riflessi dorati. Fitto di burro d’alpeggio, santoreggia, scorza di cedro, albicocca e cremino al limone. Poi folate balsamiche e una spezia delicata che si ritrovano nitidamente in fase di assaggio, caratterizzato da lunghezza notevolissima. Ventresca scottata con salsa di peperoni.
GANKO 2012 Uve: grenache 80%, mazuelo 20% - Alc. 13,5% - € 25 Vigne vecchie in Rioja Alta. Lieviti indigeni, JEQUITIBÁ 2014 legno grande e messa inbottiglia senza filtrazione Uve: viura 90%, grenache bianca e malvasia 10% - Alc. 13,5% - € 20 nè chiarificazione. Il rubino si fa impenetrabile, Vigne vecchie, dal villaggio di Labastida in Rioja Alavesa, e legni di le spezie sono scure, pepe nero su tutte. taglia diversa donano già un colore paglierino intenso. Pesca bianca La frutta rossa è in confettura e il caffé e mela golden, kiwi giallo e pera williams, fienagione e profumi di in torrefazione. Grafite e resina si alternano lavanda, definiscono i contorni olfattivi. Assaggio fresco e vivace, a tabacco da pipa e china. Sorso omplesso non senza complessità, in cui sapidità e mineralità rocciosa e variegato, puntellato da tannini fitti ben svolti. puliscono lentamente il palato. Bocconcini di coda di rospo fritta. Fine appagante e ricca di richiami speziati. Carré di maialino da latte al forno al profumo di timo.
GANKO 2013 Uve: grenache 80%, mazuelo 20% - Alc. 13,5% - € 25 “Ganko” è il soprannome dato a Olivier dal suo importatore giapponese. Significa testardo, ostinato. Rubino intenso, si caratterizza per profumi di marasca e prugna secca intervallati da sensazioni di sottobosco e mineralità terrosa. Da ultimo cioccolato fondente e foglia di tabacco. Il suolo di argilla rossa conferisce potenza e struttura tannica sapientemente imbrigiliate da freschezza fruttata. Filetto di vitello al forno con tartufo nero di Soria.
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LAS VIÑAS DE EUSEBIO 2012 Uve: tempranillo 100% - Alc.13,5% - € 44 Una parte della vinificazione è fatta sui raspi. Il legno è grande. La messa in bottiglia non prevede filtrazione. L’anno in più si percepisce già osservando il colore, che si fa più intenso. La trama olfattiva si mantiene sulla falsa riga del 2013 con, in più, l’apparire di sensazioni di inchiostro e resina. Qui il tannino è setoso, compiuto. I sapori resinosi indugiano a lungo prima di lasciare spazio a speziatura delicata. Interiora di agnello saltate in padella.
LAS VIÑAS DE EUSEBIO 2013 Uve: tempranillo 100% - Alc.13,5% - € 44 Vigne di prorpietà a Laguardia, in Rioja Alavesa, su terreni di limo e calcare. Rosso rubino con orlo violaceo. Pout-pourri, confettura di prugna e visciola sotto spirito sferzate da note di alloro, aghi di pino, noce moscata e continui richiami alla grafite e alla viola appassita. Beva elegante, lunga, aggraziata, dal tannino percettibile ma già svolto, arricchita da freschezza calibrata e chiusura resa sottile dalla mineralità. Rotolo di maialino al forno con patate al cartoccio.
MIRANDO AL SUR 2013 Uve: viura 100% - Alc. 14% - € 55 Produzione limitata dai migliori grappoli provenienti da Labastida. Il riposo per 18 mesi in legni di diverse grandezze impreziosisce, senza snaturarlo, il ventaglio olfattivo. Sa di polpa di mela golden, mango, essenza di mandarino, miele di acacia, fiori di magnolia, biscottini al burro. Un naso complesso e pieno vivificato da continui sbuffi salini. Il sorso è esatta riproposizione dell’odorato. Mix di concentrazione e facilità di beva. Un grande bianco. Piedini di maiale al forno con riduzione alla senape.
EL CADASTRO 2012 Uve: tempranillo 100% - Alc. 14,5% - € 30 L’età delle vigne, piantate a 1000 metri di altitudine, arriva fino ai 100 anni. L’elevage è fatto in legno piccolo per 30 mesi. Primi accenni di granato in una veste dal fitto rubino. Erbe officinali arricchiscono un olfatto che in primo piano svela note di tabacco da pipa, chiodi di garofano e foglie di tè, per poi lasciar spazio alla frutta sotto spirito, al pepe verde e a tocchi ematici. Equilibrio all’assaggio tra trama tannica e freschezza. Si spegne lentamente su ricordi balsamici. Costicine di agnello da latte al forno con i suoi rognoni. 18
I may not be perfect
But it scares me how close to it I am
W W W. D I L E N A R D O. I T
MANGIAVINO
CHE LUMACA! ...A COLLOREDO di Alessandro Pareschi
CheLumaca!
Via Casa Sparse Ols 33010 Colloredo di Monte Albano (UD) T. 334 3838130 www.chelumaca.com 20
Foto di Umberto Pellizon
MANGIAVINO La chiocciola fa parte dei cosiddetti prodotti selvatici ma in realtà il suo
aspetto innocuo e la sua famosa lentezza, ne hanno fatto tutt’altro che un “soggetto” pericoloso. Anzi, la sua condizione indifesa ha permesso che appartenesse, da sempre, al paniere alimentare dell’uomo tanto che già il nostro antenato delle caverne ne era ghiotto. Perfino Mosè, come citato nella Bibbia, ne fa riferimento considerandolo, però, un cibo impuro. Tuttavia la storia ci consegna un nutrimento degno di tutte le mense; trasversale, si direbbe oggi. Questo mollusco, infatti, è stato ed è protagonista di ricette povere come di sfiziosi ed elaborati piatti delle corti reali. Apprezzato molto dagli antichi Greci, era una delle pietanze preferite dai Romani. Apicio, nel suo “De Re Coquinaria”, ne descrive più volte, con dovizia di particolari, le tecniche di preparazione culinaria. Nel “Naturalis Historia”, Plinio il Giovane, riferisce di lumache provenienti da allevamenti esotici specializzati nell’’ingrasso. Anche la “nostra vita contadina” fino a qualche decennio fa vedeva la raccolta, nei fossati e nei boschi, dei “cais”. Due giovani imprenditori, a Colloredo di Monte Albano, hanno creato “CheLumaca!”. È un’azienda per la produzione di lumache a ciclo biologico completo. Consuelo Bravin e Matteo Venuti, marito e moglie nella vita, dopo un lungo percorso di studi e una laurea in Scienze Animali per entrambi, hanno deciso di realizzare il più grande allevamento elicicolo della regione. Gli allevamenti di chiocciole sono circa 8400 diffusi su tutto il territorio nazionale. La particolarità dei “nostri” è però quella di essere riusciti a realizzare questo impianto innovativo. Qui l’intero ciclo del mollusco si attua in allevamento, dalla nascita dei piccoli alla vendita del prodotto finale, senza alimenti concentrati di origine industriale. Fondamentale è l’alimentazione, a base di verdure e ortaggi, che oltre ad offrire protezione dagli sbalzi termici e ombreggiamento, garantisce un trasferimento di sostanze nei tessuti che contribuiscono all’aromatizzazione della carne. “A differenza degli allevamenti tradizionali – ci dice Matteo – le lumache non pascolano in serra ma all’aperto in aree delimitate e protette”. “Siamo partiti nel 2013 – prosegue Consuelo – e oggi alleviamo circa un milione di lumache su un ettaro di terreno. Questo sistema garantisce la sicurezza alimentare del prodotto. Sicurezza che è ben superiore a quella ottenuta dall’allevamento tradizionale (a rischio inquinamento e pesticidi) o a quella dell’alimentazione con mangimi”. L’allevamento è suddiviso in due zone, per la riproduzione e per l’ingrasso, al fine di consentire un miglioramento genetico della specie, scegliendo ogni anno i migliori soggetti per farli riprodurre. Gli animali sono allevati in campo aperto, senza l’utilizzo di serre o capannoni, e sono confinati in recinti all’interno dei quali ogni anno è seminata la vegetazione necessaria alla loro sussistenza. Questo è il valore aggiunto dell’allevamento di Colloredo, abitato da chiocciole nate, cresciute e riprodotte sempre nello stesso habitat, a garanzia di una sempre miglior produzione, in termini qualitativi. Le specie utilizzate nell’allevamento appartengono alla qualità Elix, la più diffusa nella fascia mediterranea, perfettamente acclimatata anche nelle zone collinari come la zona morenica friulana, e si caratterizza per carni compatte, morbide e dal sapore molto raffinato. La raccolta dei molluschi avviene dalla primavera all’autunno, di notte e a mano, pezzo per pezzo. Prima della selezione per la vendita, sono spurgate per 12 giorni. A questo punto sono pronte per essere cucinate con o senza guscio. “È un lavoro impegnativo e lungo - continua Consuelo tenendo una lumaca sul palmo della mano - e per nostra fortuna non percepiamo la concorrenza proveniente dai paesi nordafricani e dell’Est Europa che offrono un prodotto di origine incerta e soprattutto meno sicuro”. Oltre al prodotto vivo, l’azienda fornisce quello surgelato o precotto. Quest’ultima proposta incontra moltissimo i gusti dei consumatori del Friuli Venezia Giulia. La vendita avviene in azienda, nel proprio shop, o con una minuscola rete di negozi e nella ristorazione. Va evidenziata inoltre la realizzazione di prodotti per la cosmesi e di sciroppi ottenuti dalle benefiche proprietà del piccolo mollusco. Tanta fatica e impegno hanno permesso all’azienda friulana di ottenere il premio Lumaca d’oro 2014 conferito dell’Associazione Nazionale Elicicoltori. Infine, grazie a Consuelo e Matteo, anche Colloredo, la cittadina storica di Ippolito Nievo, ha ricevuto il riconoscimento di “Città delle lumache”, prima in regione e tra le sole 14 città insignite in tutta Italia, conferito anch’esso dalla stessa Associazione. Davvero un’interessante opportunità per un turismo gastronomico sempre più diffuso. Sul sito web si possono trovare i punti vendita e le più sfiziose ricette per la preparazione culinaria.
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MANGIAVINO
IL TRAMINER AROMATICO PROFUMI D’ESTATE
Foto di Fabrice Gallina
di Renzo Zorzi
Chi di noi, più o meno esperto di vini, davanti al calice, anche soltanto abbozzando una olfazione,
non ha mai esclamato: “Traminer!”. Profumi speziati, solari, estivi, riconducibili alle fioriture, la rosa in particolare, sono le sue peculiarità organolettiche gusto-olfattive. Riconoscibile come pochi altri vini tant’è che la bacca, da cui si ricava, appartiene alla sparuta famiglia dei vitigni aromatici. 24
MANGIAVINO
Foto di Dario di Gallo
N
on chiarissime le sue origini. L’ampelografo tedesco Goethe (1876) lo identifica con la zona di Tramin (Termeno), piccola località sopra il lago di Caldaro nel Sud Tirolo. Alcuni documenti (1470) indicano vini realizzati a Tramin ma questo non significa che si tratti realmente del vino ottenuto da uve traminer. “Per il Di Rovasenda (1887) e il Gallet (1990) il traminer era noto a quel tempo solo per la bacca bianca mentre quello a bacca rossa è identico al vitigno francese Savagnin; è ritenuto originario dell’Alsazia, del Palatinato e del Wurtemberg, in cui la coltura risale al XVI secolo. Inoltre Bronner nel 1857 ha identificato sul Reno delle viti selvatiche che richiamano in modo molto fedele la morfologia del traminer” (Vitigni d’Italia – Calò, Scienza, Costacurta - 2001). Anche altri esperti concordano con questa tesi. “…perché il vitigno sembra originario della Germania (pare documentato nel Palatinato oltre 450 anni fa) e nell’Ottocento alcuni studiosi appositamente recatisi a Termeno non vi rinvennero alcun vitigno avente i caratteri del traminer. Qualche dubbio circa l’origine del nome è avanzato anche da Mondini 1903” (La vite nella storia e nella cultura del Friuli – Costantini, Mattaloni, Petrussi – 2007). Origini nebulose dunque ma la confusione è data anche dalle numerose varietà che questa vite ha generato. “…il traminer, come il pinot, muta facilmente: gewürztraminer è il nome dato nell’Ottocento alla mutazione musqué a bacca rosa scuro (adottato come nome ufficiale in Alsazia nel 1973). Nonostante si sia molto parlato della traduzione letterale tedesca di gewürz come «speziato», in questo contesto l’aggettivo significa semplicemente «profumato». Traminer musqué, traminer parfumé, traminer aromatique erano tutti sinonimi” (Guida ai vitigni del mondo – Jancis Robinson – 1996). Quando il traminer arrivò nella nostra regione? “Questo vitigno dovette arrivare costì verso la metà dell’Ottocento, o subito dopo, visto che la tanto perniciosa epidemia ioidica è del 1850; così si esprime lo Zanelli (Bullettino 1869, 44)…sappiamo che sui colli ben coltivati di Cormòns si sta tentando la coltivazione delle uve del Reno, del riesling prima e ora del traminer, che dà i migliori vini di colore, ed è certo che già vi attecchiscono a dovere”. Nel 1886 il traminer è citato tra i vitigni coltivati a Cormòns (Bullettino 1887, 52). Nella relazione del professor Sannino relativa all’Esposizione ampelografica del 1921 si legge: “il traminer bianco e il traminer rosso danno vini finissimi a Russiz (Cormòns), e meriterebbero di essere coltivati per averne vini scelti da pesce (Bullettino 1921, 202)” (La vite nella storia e nella cultura del Friuli – Costantini, Mattaloni, Petrussi – 2007). Sempre gli stessi autori scrivono: “abbiamo trovato dei ceppi sparsi di questa varietà sui colli di Buttrio; il loro impianto risale sicuramente agli inizi del secolo scorso”. Nel mondo il traminer aromatico è diffuso in tutti i continenti ma i risultati migliori li ottiene nella vecchia Europa. In particolare i Traminer realizzati in Alsazia, nel dipartimento dell’Haut-Rhin, sono vini ottenuti da Vendages Tardives e da Sélections de Grainç Nobles. Vini insuperabili, destinati a invecchiare per decenni. Il traminer aromatico è diffuso indistintamente in tutte le zone Doc del Friuli Venezia Giulia. I risultati sono eccellenti. Gli ettari vitati sono 305; poco meno della ribolla gialla (315) e più della malvasia istriana (250). Molti sono i sinonimi stranieri: gewürztraminer, roter traminer, termeno aromatico, savagnin, savagnin rose, traminer rosa, clevener, roter nürberger, livora, formentin rouge. Foglia piccola, pentagonale, trilobata, tondeggiante, seno peziolare a lira chiusa. Lembo con profili a gronda, lobi con superfice bollosa. Il grappolo è piccolo, tozzo, piramidale, alato, compatto. L’acino è medio, lievemente allungato o sferico, di colore rosa ambrato, fino a rosso bruno con sfumature grigie. Il sapore è aromatico e richiama la rosa. La buccia è mediamente pruinosa, consistente. La produzione della pianta è scarsa ma regolare. Si adatta perfettamente alla collina come alle zone pianeggianti dove predilige terreni sassosi o sciolti ma non calcarei. Riesce molto bene anche nei climi mediamente freddi.
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MANGIAVINO
RONCO DEL GELSO Friuli Isonzo Traminer Aromatico passito Aur 2012 Alc.14% - € 20 Giallo dorato intenso. Invade l’olfatto con un’esplosione di caramello, arancia candita, albicocca disidratata, pere glassate e mela golden matura su uno sfondo di sensazioni iodate e fumé. Il sorso è dolce, fitto e appagante con sferzate di freschezza che mantengono l’equilibrio e vivacizzano l’elegante finale. Formaggi erborinati.
TENUTA CA’ BOLANI Friuli Aquileia Traminer Aromatico Superiore 2014 Alc.13% - € 9 Paglierino tenue ma molto lucente. Il profumo è delicato, gradevole, raffinato, con note floreali di rosa gialla in bocciolo e vegetali di basilico e mentuccia in primo piano. Emergono poi sentori di pesca bianca matura, mela fuji e agrumi. Il sorso è morbido, vellutato, seguito da freschezza e mineralità. Ravioli di trota affumicata.
Traminer Isonzo del Friuli
ANGORIS Friuli Isonzo Traminer Aromatico 2014 Alc.12,5% - € 16 Giallo dorato di media intensità con eleganti sfumature e bagliori. Intrigante ventaglio odoroso che apre con note di rosa canina seguite da fragranti percezioni di agrumi e artemisia. Una pennellata aromatica intensa completa l’olfatto e si estende al palato esaltando il sapore e la persistenza. Tacchino agli aromi.
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FOSSA MALA Friuli Grave Traminer Aromatico 2014 Alc.13% - € 12 Riflessi verdognoli di gioventù vivacizzano il giallo paglierino. Il profumo è delicato, riconducibile alle caratteristiche varietali del vitigno ma senza eccessi, molto elegante. Ricorda il fior d’arancio, la pesca bianca, il gelsomino, le erbe officinali e la mentuccia. In bocca è fresco, scorrevole e appagante. Terrina di prosciutto in crosta.
BORGO DELLE OCHE Traminer Aromatico passito Alba 2011 Alc.13% - € 20 Giallo dorato con riflessi ambra. Una miriade di percezioni aromatiche si aprono a ventaglio e deliziano l’olfatto. Note dolci di marron glacé e croccante alle mandorle si fondono a sentori floreali di zagara e rosa appassita, cera d’api, fichi secchi e ananas maturo. In bocca è denso, dolce, bilanciato dalla freschezza. Strudel di mele.
MANGIAVINO TENUTA VILLANOVA Friuli Isonzo Traminer Aromatico 2014 Alc.13% - € 9 Giallo paglierino intenso con sfumature leggermente ramate. Ha un bagaglio olfattivo complesso e variegato. Inizia con fiori di tiglio e mandorla fresca per poi regalare deliziose note di frutta tropicale avvolte in un velo di vaniglia. In bocca è fragrante e lascia il palato intriso di delicate aromaticità. Gnocchi di zucca al formaggio salato.
TENUTA LUISA Friuli Isonzo Traminer Aromatico 2014 Alc.12,5% - € 15 Bella tonalità di giallo paglierino carico animata da bagliori dorati. Vivacità che richiama fragranti sentori di scorzette di agrumi, erbe aromatiche, rosa gialla, fiori di tiglio e frutta tropicale con elegante sottofondo di vaniglia. Un ricco bagaglio aromatico che invade il palato nel lento finale. Bocconcini di pollo al curry.
BORTOLUSSO Traminer Aromatico 2014 Alc.12% - € 8 Giallo paglierino intenso e luminoso. Olfatto ampio, con decise note di rosa canina, zenzero, sambuco, pesca bianca, albicocca, chips di banana, timo e pepe bianco. Il sorso è caratterizzato da vivida freschezza mitigata da note dolci che riconduco al primo naso. Chiude con ricordi sapidi e citrini. Tortelli di zafferano alle erbe.
BORGO MAGREDO Friuli Grave Traminer Aromatico 2014 Alc.12,5% - € 9 Giallo paglierino splendente. Offre un gradevole ventaglio di profumi varietali che riconducono alla rosa canina, al gelsomino, alla pesca bianca, al litchi, alle scorze d’agrumi. La delicatezza del profumo rende facile l’approccio e induce all’assaggio. In bocca freschezza e morbidezza si equivalgono. Riso porri e salsicce.
LE FAVOLE Friuli Annia Traminer Aromatico 2014 Alc.13% - € 12 Fulgide sfumature dorate solcano il bel giallo paglierino, nitido e lucente. Il bouquet si compone di soavi effluvi di rosa gialla, glicine, pesca bianca, scorza di cedro e zafferano. Suggestioni che poi riprende al gusto dove note dolci si alternano a inaspettate sensazioni amarognole, intense e piacevoli. Risotto di verdure e zenzero.
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(Re)imagining Wine
www.levignedizamo.com
(RE)IMAGINING CREATI VIT Y
La Ricetta di
MangiaVino
ROMBO E CALAMARI Chef: Marco Carraro 4 tranci di rombo chiodato nostrano 4 calamari nostrani pane casereccio secco prezzemolo olive taggiasche pomodoro cuore di bue maggiorana aceto bianco acqua naturale 1 uovo sodo alici dissalate fiori di zucca olio evo sale e pepe q.b.
Foto di: Ph Taddei/Clicphoto
Bagna il pane secco con acqua e aceto; frulla il pane con prezzemolo, alici, olio, fiori di zucca, sale e pepe; aggiungi l’uovo sodo passato allo schiacciapatate; condisci i tranci di rombo con olio e sale e lasciali riposare per 30 minuti; prepara il pomodoro tagliato a cubi e condisci con olio e sale e le olive denocciolate e tagliate in quarti; arrostisci il rombo, mantenendo cottura lieve al cuore del pesce; arrostisci i calamari; adagia sul piatto un cucchiaio di “salsa verde rivisitata”; appoggia rombo e calamaro; condisci con il pomodoro e le olive. Il piatto è pronto.
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MANGIAVINO VINI IN ABBINAMENTO - Sommelier
Lisa Fardin
MEROI FCO Friulano 2013 - Alc. 13,5% - € 12 Lucente paglierino carico. Ventaglio imponente e accurato. Mandarino, lavanda, leggere note di banana e passion fruit, mimosa, tè alla menta, cardamomo, erbe officinali. Sottofondo balsamico e di legno di cedro. Fresco, agrumato e lievemente tropicale. Prosegue su temi sapidi e di ampia corrispondenza. Finale ricco, lento e vivo. Vinificazione in barrique francese ove sosta per 10 mesi.
BORGO DEL TIGLIO Collio Chardonnay 2013 - Alc. 14% - € 26 Giallo paglierino intenso e luminoso. Elegantissimo e fitto. Folate di agrumi: dal lime al mandarino. Pepe bianco, tostature fresche, cardamomo, timo, macchia mediterranea, aneto e susina gialla. Sbuffi marini e di macchia mediterranea. Sorso di grande avvolgenza e personalità. Corrispondente, speziato, chiusura fresco-sapida a sottolineare la raffinatezza. Vinificato in acciaio ove matura per 10 mesi.
GIGANTE FCO Sauvignon 2014 - Alc. 13% - € 11 Veste paglierina luminosa. Olfatto raffinato e fitto. Tè verde, salvia, timo, pesca bianca, mela renetta, susina gialla. E poi ancora: verbena, note di mineralità terrosa e rintocchi salmastri. Inizio fresco-sapido, succoso. Buon corpo che, evidenzia nell’allungo, l’equilibrio apportato dalla morbidezza. Finale lunghissimo dai continui richiami olfattivi. Vinificato in acciaio ove matura per 8 mesi.
PRIMOSIC Collio Bianco Klin 2010 Uve: sauvignon 55%, ribolla gialla 15%, chardonnay 15%, friulano 15%. - Alc. 14% - € 35 Paglierino carico e molo luminoso. Naso intenso e variegato. Fiori d’acacia, miele d’arancia, camomilla, albicocca, banana. Spezie e lievi sentori di frutta secca. Chiude con note salmastre. Inizialmente fresco, segue morbido a sostegno di un ottimo bilanciamento gustativo. Lungo finale sapido e dai ritorni fruttati. Vinificato nei piccoli legni di Tronçais e matura negli stessi per 12 mesi.
PICÉCH Collio Pinot Bianco 2013 - Alc. 14% - € 14 Paglierino intenso e acceso. Emana intensità ed eleganza olfattiva. Erbe alpine, frutta a pasta bianca, fioriture estive, lime, aneto, leggera tropicalità, sbuffi minerali iodati e lievemente terrosi. Bocca saporita e avvolgente. Grande raffinatezza nel gioco sottile dell’equilibrio gustativo. Si spegne lentamente con ottima corrispondenza e freschezza. Acciaio per 7 mesi.
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MANGIAVINO
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MANGIAVINO
Quel Colle Speciale di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano foto di Fabrice Gallina
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MANGIAVINO I
vigneti di Russiz Superiore sono posti attorno alla cantina, in un corpo unico. Oltre al fascino paesaggistico e naturalistico in cui sono inseriti, va evidenziata la loro collocazione sia dal punto di vista dell’esposizione che della quota, senza dimenticare gli aspetti geologici dei terreni ricchissimi di fossili. Tutto ciò concorre, in modo fondamentale, alla raffinata eleganza e complessità dei vini ottenuti con le uve che qui si producono. Roberto Felluga conduce l’azienda con passione e professionalità. Dei 100 ettari di proprietà, 50 sono coltivati a vigneto, con una densità di impianto di oltre 6.000 ceppi per ettaro. Una piccola parte è dedicata all’ulivo che storicamente è parte integrante di queste colline. “Col Disôre”, espressione in lingua friulana, è un toponimo ed è riferita all’area collinare di Russiz. Nel 1648 questa zona, nel cuore del Collio, fu divisa in “Russiz Disôre” (Russiz Superiore), il nucleo più antico dell’intero insediamento feudale e prevalentemente in collina, e “Russiz di Sott” (Russiz inferiore), la parte più pianeggiante. È qui, nel Collio, che Marco Felluga nel 1956 provò a dar vita ad un sogno, quello per cui il papà Giovanni, negli anni Trenta, dopo la Prima Guerra Mondiale, decise di trasferirsi dall’Istria in Friuli. Qualche anno dopo, creò, assieme al figlio Roberto, la bellissima azienda di Russiz Superiore. “Col Disôre” è un luogo unico, speciale appunto. È quello che i francesi definiscono “cru”. Sono luoghi a cui il buon Dio, durante la Creazione, ha voluto regalare qualcosa in più. Luoghi in cui la vite si esprime come non riuscirebbe a fare in altre aree, pur vocate. Enfatizziamo quest’aspetto perché è fondamentale. Partire da qui significa capire che cosa rappresenta per il Collio questa sua piccola porzione, così come altre aree dello stesso in cui l’Artefice è stato particolarmente benevolo. “Col Disôre” è anche un vino, ottenuto da un blend di uve bianche, e rappresenta il simbolo di questa azienda che non è famosa per la sua posizione geografica e paesaggistica ma soprattutto per l’altissima qualità dei suoi vini. Poteva mancare quindi “una verticale” di Col Disôre su MangiaVino? Detto, fatto. Lo skyline dal colle è fantastico, evidenziato da una mattinata tersa. I bicchieri allineati sul tavolo attendono l’evento, perché di “Evento” si tratta. “Aspettiamo mio papà, – ci dice sorridendo Roberto – senza di lui non possiamo cominciare, ci teneva a esserci” e intanto ci racconta un po’ di questo vino. “Nasce dalla volontà precisa di selezionare le migliori uve che questa collina può offrire. Si tratta di selezioni massali fatte da Marco già molti decenni fa. Ci sono state delle esperienze precedenti che sono servite alla composizione definitiva del blend attuale. Da subito le tre uve: pinot bianco, tocai friulano e ribolla gialla. Si è aggiunta, in seguito, una piccola percentuale di sauvignon. Ecco Marco, arriva veloce, alla guida della sua Punto rossa. Scende, sotto braccio ha… l’iPad! “Sai, il prossimo anno ho 89 anni!” Il tono con cui si rivolge è scherzoso e la battuta sulla propria età evidenzia la sua straordinaria vitalità. Sarà il commentatore puntuale e perfetto durante tutta la degustazione; ma Marco non si limiterà a questo: il suo “smanettare” sulla tastiera del tecnologico mezzo, per prendere appunti e foto, è da far invidia a un diciottenne. Le magnum sono allineate e stappate. Via via i calici si tingono dei colori dell’estate, luminosi, invitanti come i profumi meravigliosi che escono dai loro bordi. Otto annate, dalla più recente, alla più vecchia che è quel 1999 dall’andamento climatico perfetto e che ha “custodito” questo vino come una delle cose più preziose che nel Collio si possa mai potuto esprimere.
RUSSIZ SUPERIORE Via Russiz, 7 Località Russiz 34070 Capriva del Friuli (GO) T. 0481 80328 www.marcofelluga.it
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MANGIAVINO
Roberto Felluga
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MANGIAVINO Denominazione del vino: Doc Collio Vigneti di proprietà: Russiz Superiore-Capriva del Friuli Tipo di terreno: collinare, costituito durante l’eocene. Presenta un’alternanza di marne (limi e argille calcaree) e arenarie (sabbie cementate). Impermeabile, provoca lo scorrimento superficiale delle acque con conseguente erosione del terreno che porta a una morfologia molto dolce. Vitigno: pinot bianco 40%, friulano 35%, sauvignon 15%, ribolla gialla 10%. Resa per ceppo: 0,8 kg Forma di allevamento: guyot Viticoltura: ecosostenibile, età media dei vigneti: 40 anni. Epoca di vendemmia: seconda decade di settembre, ultima (5%) inizio ottobre. Sistemi di raccolta: manuale. Vinificazione e fermentazione: dopo la raccolta, le uve, in parte surmature, sono separate dal raspo. Il succo e la polpa subiscono una macerazione a freddo, quindi una lieve pressatura che consente la separazione dalle bucce. La fermentazione avviene in botti di rovere da 15-30 hl. Affinamento: il vino ottenuto riposa per circa dodici mesi sui lieviti e un anno in bottiglia. Bottiglie prodotte: circa 10.000 anno Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 25.
COL DISÔRE 2012 Alc. 13,5% Punteggio 91/100
Andamento climatico: annata calda. Veste paglierino con nuance dorata. Profilo aromatico complesso e ben definito, giocato su eleganti fioriture di gelsomino e mimosa, pesca gialla, melone maturo, gelèe d'agrumi e intriganti speziature tropicali. Il tutto già in una fase di ottima fusione. All'assaggio mostra una bella reattività, grazie a un binomio fresco-sapido che accompagna e supporta la ricchezza della materia. Persistente e saporito, si distende in un finale dal preciso richiamo fruttato. Ha davanti a se una splendida evoluzione. Zuppa di pesce al curry.
COL DISÔRE 2011
Alc. 13,5% Punteggio 93/100
Andamento climatico: annata regolare. Scintillante giallo paglierino dai riflessi oro. Quadro olfattivo fitto e variopinto. Spazia dalla melissa al muschio bianco, pesca saturnia, coriandolo, cardamomo verde, fiori d'ibisco e soprattutto un austero tratto roccioso che richiama il territorio. L'ingresso al palato, splendidamente coeso, mostra una proporzionalità tra frutto, freschezza e mineralità davvero sorprendente. Struttura aristocratica e allungo di grande precisone aromatica lo rendono semplicemente emozionante. Risotto allo zafferano mantecato al Montasio 24 mesi.
COL DISÔRE 2009 Alc. 14% Punteggio 92/100
Andamento climatico: annata tendenzialmente calda. Splendida fusione cromatica tra l'oro e il verde smeraldo. Compatto e caldo, declina su invitanti note di burro fuso, fiori gialli appassiti, frutta disidratata, tostature e spezie. Subito dopo ecco affiorare: rosmarino, resina di pino e piacevoli richiami salmastri. Il sorso non mostra nessuna flessione verso accomodanti morbidezze. Dinamico e vibrante, con freschezza e mineralità che salgono sorprendentemente sugli scudi. In chiusura il timbro è elegantemente mediterraneo. Zuppa di vongole e mandorle con molluschi e crostacei.
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COL DISÔRE 2006
Alc. 13,5% Punteggio 96/100.
Andamento climatico: annata calda. Manto dorato intarsiato da luccicanti riverberi verdolini. Olfatto di grande personalità e rara bellezza. In successione: tè alla menta, verbena, aneto, scorza di cedro, bacche di sambuco ed eleganti effusioni balsamiche di eucalipto. Il tutto su un fondo di idrocarburi. La struttura setosa dell’assaggio rasenta la perfezione. Ottima la combinazione di elementi gustativi dominati dalla grande mineralità. Il finale è una sinfonia di richiami gusto-olfattivi. Gnocchetti di patate affumicate con baccalà topinambur e piselli.
COL DISÔRE 2005 Alc. 14% Punteggio 91/100
Andamento climatico: annata fresca. Tinta oro liquido ricca di luce. Bouquet nobile e suadente richiama pistilli di zafferano, cioccolato bianco, ginestre appassite, frutta tropicale matura, infuso di camomilla e arance affumicate per un deciso profilo evolutivo. La materia ottimamente proporzionata si aggrappa al palato con un mordente ricco e glicerico. La lunga persistenza è dominata da una pimpante freschezza e dalla solida presenza minerale. Sta attraversando la sua fase migliore. Gallo ruspante, anguilla, salsa all'arancio e chiodi di garofano.
COL DISÔRE 2003
Alc. 13,5% Punteggio 92/100
Andamento climatico: annata calda. Si propone nel suo timbro dorato acceso. Note fumè e di mandorla tostata sono solo le prime sensazioni. Seguono intense folate di macchia mediterranea: decisi profumi di pino mugo, resine, rosmarino, timo serpillo e scorze d'agrumi. Sul finale un richiamo piccante al pepe bianco macinato. Sfoggia il meglio di sè all'assaggio, mostrando grinta, freschezza, passione e territorio. Millimetrico nel riproporre i ricchi profumi, si scioglie in un finale lungo, salato e piacevolmente amarognolo. Rollè di coniglio alle erbe.
COL DISÔRE 2001 Alc. 13% Punteggio 91/100
Andamento climatico: annata regolare. Giallo dorato carico e potente. La mineralità esplosiva della roccia emerge sopra un turbinio di riconoscimenti: olive in salamoia, ananas surmaturo, pot pourry di fiori secchi, chiodi di garofano, cioccolato bianco e yogurt al cedro. L’assaggio mostra spalle larghe: il dinamismo dell'acidità benché sia ancora presente, lascia spazio alla più statica polposità della frutta. La ricca struttura domina l’intero palato, virando solo dopo lunghi secondi verso il cristallino salgemma. Tortelli affumicati di capocollo di maiale laccati in bianco.
COL DISORE 1999
Alc. 13,5% Punteggio 97/100
Andamento climatico: annata regolare. Trama cromatica dorata e splendente. Un intenso, straordianrio bouquet di oli aromatici, ginestre appassite, arance candite e fichi al forno fa da sfondo alla nutrita famiglia delle erbe aromatiche. Sottile richiamo a delicate spezie macinate. Il sorso è imponente. La materia si espande rapidamente in tutte le direzioni. Incredibilmente fresco e vivace. Inesauribile il finale balsamico, che regala emozioni non comuni. È la dimostrazione di come possono affinare i bianchi del Collio. Gel di Vitello, porcini secchi mandorle e tartufo nero.
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IL RITORNO DI ANTONIA E ROMANO di Giorgio C. Riva foto di Umberto Pellizon
Da gennaio di quest'anno L'Argine, a Vencò, è realtà. Antonia Klugmann, chef la
cui modestia è esemplare come la sua bravura, è di nuovo nel Friuli che ama, per restarci. Sempre con Romano De Feo, compagno nella vita, maître e sommelier, nel "loro" nuovo ristorante, finalmente realizzato, come voleva, raffinatamente semplice e luminoso, nei pressi dello Judrio, tra campi e vigne, con il "suo" orto in primo piano, con la cucina a vista da cui il suo sguardo può spaziare sul rilassante verde circostante. I nostri lettori la ricorderanno all'Antico Foledor Conte Lovaria, e ricorderanno anche i riconoscimenti e la cucina. Già allora gli ingredienti provenivano dall'orto, sempre personalmente curato da Antonia, e dal territorio; già allora i piatti erano improntati alla stagionalità. La cucina di Antonia non vuol essere mera rivisitazione delle proposte e delle materie prime regionali ma è guidata dai ricordi personali e dalle sensazioni suscitate dai nostri ingredienti e le realizzazioni dipendono in buonissima parte dai risultati della coltivazione dell'orto. Vengono suggeriti: IL NOSTRO MENÙ, 10 assaggi TERRITORIO: VITA IN MOVIMENTO, IL PICCOLO MENÙ. Ognuno da degustare per intero."Per ogni menù è richiesta la partecipazione dell'intero tavolo." E ciò per una coerente condivisione del percorso degustativo. Infine, LA CARTA. Per chi, come lo scrivente, ama degustare, solo, al massimo in due, i piatti la cui descrizione e gli ingredienti più lo "ispirano", secondo una "scansione" personale. Attingendo, con il "consenso" di Romano e Antonia, anche ai menù -alcuni piatti dei menù non sono alla carta-, la mia recente visita m'ha visto "impegnato" con CARPACCIO -midollo, betulla e cavolo nero-, STROZZAPRETI -seppia e erba luisa-, SPATZLE -bieta, fagiolini-, ANIMELLA -latte e limone-, FEGATO DI MANZO -paté di fegato fritto, brodo di arancio- e, per finire RIGOJANCI. Accettati, e goduti, i PERCORSI DI VINO suggeriti da Romano: senza confini -tre assaggi-, viaggio, quattro assaggi, vitigni, sei assaggi. Il progetto del 2006, avviato con l'Antico Foledor, si è concretizzato e le identità di Antonia e di Romano si sono definite. A noi la possibilità di godere, in uno splendido angolo della nostra regione, in massimo relax, i risultati della loro maturità enogastronomica.
L'ARGINE A VENCÒ Località Vencò, 15 34070 Dolegna del Collio (GO) T 0481.1999882 Chiuso il Martedì www.largineavenco.it
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Antonia Klugmann
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I Vini per le ricette di ANTONIA ANTICO BROILO FCO Pinot Nero 2012 Alc. 13,5% - € 16
Rosso granato. Profumi varietali che richiamano il pepe nero e delicate spezie dolci. Mirtilli scuri, sotto bosco, fiori essiccati, note rugginose. L’ingresso è fresco. Si distende sui toni più morbidi a favore dell’equilibrio. Presenza tannica a sostenere il finale speziato e fruttato. Vinificato sui piccoli legni di Allier dove rimane per 18 mesi.
ISIDORO POLENCIC Bianco Oblin Blanc 2012 Alc. 13% - € 19
Paglierino carico, dai bagliori dorati e luminosi. Ventaglio olfattivo complesso ed elegante. Succo di mela, goccia d’oro, pan brioche, spezie dolci, fioriture estive, frutta secca, fumé, e un tocco di amaretto. Avvolgente, pieno, evidenzia un grande equilibrio. Finale lento e di precisa corrispondenza. Vinificato in tonneau. Maturazione nel legno per 8 mesi.
SCHIOPET TO Collio Malvasia 2014 Alc. 12,5% - € 19
Giallo paglierino intenso e lucente. Naso di raffinata territorialità. Burro al rosmarino, mela gialla, erbe aromatiche, alloro, leggere tostature, sbuffi resinosi e marini. Inizio avvolgente. Teso e vibrante nell’allungo sui temi minerali e salini. Richiami olfattivi continui. Chiusura sapida e lunghissima. Vinificato nell’acciaio, senza malolattica e senza l’aggiunta di solforosa.
VIGNAI DA DULINE Friuli Grave Friulano La Duline 2013 Alc. 13% - € 24
Paglierino acceso con lucenti intarsi d’oro. Mela cotogna, pera kaiser, crema alle mandorle, fiori di tarassaco, fienagioni e biscotto al malto. Corredo olfattivo supportato da note di salamoia. La cremosità sostiene il buon corpo. Allungo fruttato che evidenzia belle note di surmaturazione. Finale lento e corrispondente. Vinificato in barrique, ove sosta per 11 mesi.
ZUANI Collio Bianco Vigne 2014 Uve: friulano 25%, chardonnay 25%, sauvignon 25%, pinot grigio 25%. Alc. 12,5% - € 16
Paglierino carico brillante. Ampio e accurato. Fresia bianca, primula, polpa di limone, mela granny smith, pera williams, pesca bianca. Nitide folate di menta, brezza marina e cedro evidenziano l’aspetto balsamico. Appagante, pieno e succoso. Sinuoso nelle componenti sapide e minerali che accarezzano fino alla fine il palato. Acciaio per 7 mesi. 40
MANGIAVINO
I ULTINS DI CJARGNE “I Ultins” sono gli ultimi testimoni di un mondo che non c’è più.
Aulo Gressani 41
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“I Ultins” sono gli ultimi testimoni di un mondo che non c’è più. Un mondo di tradizioni, di piccole cose, di quotidianità; in cui lo scambio fra gli uomini, gli animali e la terra era costante e diretto, non mediato dalle macchine e dalla “rete”, come oggi. Scambio mutuato dalla solidarietà; dove la Natura veniva al tempo stesso benedetta e temuta, ma sempre rispettata. Assecondata e piegata agli interessi degli uomini questo sì, ma mai domata. L’intero arco dell’esistenza umana si costruiva sull’umiltà e non sull’arroganza di voler relegare Lei, Madre Natura, alla sola e ineluttabile funzione di maieuta e di falce. Solidarietà, rispetto, culto delle tradizioni e temperanza sono il leitmotiv degli ultimi che abbiamo incontrato nel nostro viaggio in Carnia, terra di montagna e di frontiera. E forse sono proprio “gli Ultimi”, i custodi più autentici di quei valori che, oggi più che mai, possono rappresentare un solido fondamento su cui costruire un nuovo futuro. Con sorpresa, di “Ultimi” ne abbiamo trovati più di quanti ce ne potessimo aspettare, soprattutto nelle attività agresti, di allevamento e di piccolo artigianato del cibo che, sempre di più, si riconoscono come custodi senza tempo della più genuina tradizione contadina dei sapori.
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Aulo. Chamà monts di Marco Calzavara Foto di Marco Calzavara Chamà monts in friulano, “caricare monti”. Una frase, un’immagine. Caricare i monti di vacche, pecore e capre, per ricevere in cambio latte, burro e formaggio. E’ questa la vita di malga; vita di sacrificio e di solitudine. E’ questa la vita di Aulo, classe 1947, sguardo vivace, mente sottile e battuta pronta. Ogni tarda primavera si rinnova l’evento della monticazione. Il bestiame, dalle stalle più basse viene portato in quota, nelle malghe, dove l’erba è più nutriente e il latte sarà più buono. Poi, a fine estate, il ritorno che diventa una festa e l’opportunità di riannodare quei rapporti sociali così rarefatti nei lunghi mesi di alpeggio. Anche Aulo porta il bestiame in malga, come ha fatto suo padre per oltre cinquant’anni. Come, ogni anno, fa anche lui fino a quando, sue parole, “mi “lase la salut”, “mi “permette la salute”. Le motivazioni di Aulo per questo mestiere sono semplici: il forte e coinvolgente contatto con la natura, la libertà da costrizioni di tempo e di etichetta e la tradizione di continuare il lavoro di suo padre. Più che un lavoro, per Aulo, è il compimento di un destino già scritto. Da questo latte, con sostanze nutrienti e sapori unici e non riscontrabili nel latte di tutti i giorni, si ricava un formaggio che, stagionato nelle stesse malghe, prima di due mesi è già pronto per i nostri palati. Un formaggio ricco, dal gusto rotondo e intenso che, a seconda dei pascoli e del periodo, può essere più o meno caratterizzato da un inconfondibile retrogusto amaro. Aulo non alleva solo mucche ma anche capre, per proporre degli eccellenti caprini. Oltre ai formaggi, il burro, nei caratteristici pani lavorati a mano, e la famosa “squete fumade di mont”, “ricotta affumicata di monte”, materia base della tradizione culinaria carnica. I prodotti di Aulo si possono trovare a “Carniasapori” di Edda Borta, proprio nel suo paese, Ovaro, in provincia di Udine.
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Gian Strada S.Anna, 66 33043 Spessa di Cividale (UD) T. / F. +39 0432 719510 info@lisfadis.com www.lisfadis.com
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DAL MARE ALLA TAVOLA… A KM ZERO! di Bruno Cataletto Foto di Domenico Ponziano
Il tramonto rosso fuoco che annuncia la fine di una torrida giornata estiva ci fa da guida, mentre percorriamo la costiera triestina diretti verso il Villaggio del Pescatore, un grazioso centro turistico e residenziale posto nel comune di Duino-Aurisina, in cui un piccolo numero di famiglie di pescatori si trasferì successivamente all’esodo istriano del dopo guerra.
Dopo aver percorso un breve tratto di strada bianca che si snoda ai piedi di una vecchia cava calcarea, improvvisamente ci appare la meta finale del nostro viaggio: una suggestiva costruzione in legno affacciata sul mare e illuminata dagli ultimi raggi del sole che lentamente sta scomparendo all’orizzonte. Veniamo accolti dalla cordialità e dalla simpatia della famiglia Minca che, dopo averci fatto accomodare a un tavolo in riva al mare, ci descrive, con dovizia di particolari, la realtà che ci circonda. Negli anni sessanta Nazzario Minca fondò la sua prima attività di mitilicoltura e piccola pesca, aiutato e sostenuto nel suo lavoro da una grande donna, la moglie Dina, il cui ricordo solca ancora le onde del mare grazie alla barca che porta il suo nome. In seguito, nell’estate del 1986, i fratelli Minca fondarono una società cooperativa, la CO.L.M.I. SCRL, che è concessionaria di diversi specchi acquei nel Golfo di Trieste, dove svolge l’attività di mitilicoltura e acquacoltura. Durante gli anni di duro lavoro che seguirono, la famiglia non smise mai di coltivare il sogno di riuscire a valorizzare e a promuovere il loro prodotto in ambito locale. Questo progetto si concretizzò nel 2002 con la realizzazione del primo ittiturismo d’Italia chiamato “Al Pescaturismo” realizzato su disegno degli architetti Filipaz e Antoni, un luogo di ristoro dove chiunque è in grado di degustare la loro produzione e i prodotti ittici e agricoli della regione. La filosofia alla base di questa lodevole iniziativa imprenditoriale è molto semplice: prodotti a chilometro zero e ricette che uniscano la tradizione e l’innovazione. Proprio per questa ragione, accanto all’edificio che ospita l’ittiturismo, nel 2009 è stato inaugurato il centro di depurazione, lavorazione e spedizione dei mitili denominato “Frutti freschi dal Mare”. Qui le cozze (Mytilus galloprovincialis) vengono selezionate, lavate, spazzolate e, se necessario, depurate in vasche con un impianto a circuito chiuso. Tutto ciò ha consentito alla cooperativa di ottenere il riconoscimento dei mitili come prodotto biologico e la possibilità di iscriversi all’elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica. Improvvisamente ci rendiamo conto che, affascinati dalla passione e dal profondo amore per il mare e per i suoi prodotti che emergono dai racconti dei nostri padroni di casa, non ci siamo accorti che lo scenario attorno a noi è radicalmente mutato. Un meraviglioso cielo stellato, reso più brillante da una superba luna piena, illumina la superficie marina increspata da piccole onde creando un’atmosfera unica e irripetibile. E come per magia la nostra tavola improvvisamente si riempie di colori e aromi inebrianti. Per primi compaiono piatti di cozze impanate, preparate friggendo in olio i mitili sgusciati uno a uno e passati in una pastella morbida e consistente preparata con farina, acqua, uova e sale. Poi seguono a ruota alici marinate con finocchietto selvatico e bucce di limone, guazzetto di vongole veraci con zucchine e pepe bianco, gnocchi con spinaci e cozze, zuppa di pomodoro vongole e cozze e, per completare il tutto, una gigantesca frittura di pesce. L’aria fresca della sera si riempie dei profumi delle creazioni dello chef presenti sulla tavola e delle conversazioni ora serie e profonde ora leggere e ridanciane che accompagnano la nostra cena. Naturalmente in questa tavola imbandita non poteva mancare il vino, declinato in diverse tipologie per consentirci di scoprire il migliore abbinamento con i piatti che stiamo assaporando. Sugli scaffali in legno del locale numerose bottiglie di Sauvignon, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla, Chardonnay, Vitovska prodotte nella nostra regione e nel Carso triestino che ci circonda, attendono pazientemente che la nostra scelta cada su di loro.
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MANGIAVINO Mentre gli ultimi ospiti stanno lentamente abbandonando le loro tavole per fare ritorno a casa, gli artefici di tutto ciò che ci circonda, con malcelato orgoglio, ci raccontano di quanto il riscontro da parte del pubblico sia stato fin dall’inizio molto positivo in quanto i loro ospiti si dimostrano entusiasti di gustare del pesce fresco locale, di assaporare i prodotti agricoli della regione e i vini che il nostro generoso territorio ci offre. A tale proposito ci viene in mente che Dan Barber, notissimo chef newyorkése, nel suo ultimo libro “La cucina della buona terra” sostiene che devono essere i frutti che la natura e le sue stagioni offrono a creare il menù di un buon ristorante, e non ciò che il cliente vuole a tutti i costi, e questa riflessione ci sembra calzare perfettamente con la filosofia di vita della famiglia Minca. A questo punto, le emozioni della serata lasciano il posto alla stanchezza e, dopo esserci accomiatati dai nostri amici ed essere risaliti in macchina, ci lasciamo guidare sulla strada del ritorno dalla luna piena che getta i suoi riflessi argentei sullo scuro mare e ci infonde una un’aura di protezione e di serenità.
AL PESCATURISMO VILLAGGIO DEL PESCATORE Zona Cava - Duino Aurisina (TS) T 339 6390473 www.alpescaturismo.it
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LE BOLLICINE D'ORO di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano Foto di Fabrice Gallina con la collaborazione di
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MANGIAVINO Sono passate molte vendemmie da quando, giovane sommelier, frequentavo con la Delegazione AIS di Udine
la cantina di Piero Pittaro. Ero attirato, come un po’ tutti noi ruspanti appassionati di vino, da quell’enorme salone, freschissimo e buio, dove sostavano, sulle pupitre messe in mezzo alla stanza, migliaia di bottiglie di spumante, mentre altrettante, ai lati, erano accuratamente accatastate per evitare scoppi, in enormi, lunghissimi scaffali. In Friuli, all’epoca, la cultura per questo tipo di enologia era agli albori e “sior Pieri”, come lo chiamavamo rispettosamente e affettuosamente, “ci istruiva” come solo lui sapeva fare con un’affabilità e dialettica uniche; cura estrema nei particolari, sensibilità e attenzione agli aspetti più reconditi dell’analisi sensoriale: ecco cosa ci trametteva. Grazie a quelle frequentazioni, furono preziosissime per la mia formazione, conobbi Stefano Trinco. Un ragazzone dagli occhi tersi e dai modi gentili che già operava in cantina con maestria e che si era appassionato alla spumantizzazione almeno quanto sior Pieri. Ancora ci si vede, qua e là, e quando accade, credo valga anche per lui, c’è il piacere d’incontrare un vecchio amico. Oggi Stefano è l’anima operativa di quest’azienda che è stata la prima a credere nella potenzialità della spumantistica friulana. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Si stima, infatti, che in Friuli Venezia Giulia si producano tra i 22 e i 25 milioni di bottiglie di bollicine all’anno. Non male vero? Il merito di aver creduto fin dall’inizio a questa via enologica, dall’enorme potenzialità commerciale e qualitativa, oltre a Pittaro che per primo spumantizzò in Friuli, fu anche di Girolamo Dorigo, Manlio Collavini e Vittorio Puiatti. Veri mostri sacri dell’enologia nazionale. Pittaro, per molti anni Presidente mondiale degli Enologi, voleva realizzare uno spumante friulano usando la tecnica dello champagne. Certo non fu facile, basti pensare alle difficoltà tecniche e alle scarse conoscenze, ma comunque partì, convinto che fosse un grande progetto. Era il 1982. Ho rivisto sior Pieri durante la premiazione di “Filari di Bolle”. Anche il solo fatto di scambiare, dopo tanti anni, due chiacchiere con lui mi è parso un arricchimento personale che non ha prezzo. È lì che ci è venuta l’idea, con Stefano, di ripercorre la storia spumantistica regionale attraverso l’assaggio delle annate del “Pittaro Oro”, il metodo classico aziendale più prestigioso. Ed eccoci qui, con Stefano, nell’accogliente sala degustazioni di Rivolto, a camminare a ritroso nella storia della spumantistica del Friuli Venezia Giulia. “Nessuno, prima di noi, - inizia Stefano - aveva messo in fila queste bottiglie, dalla prima all’ultima annata prodotta, o quasi”. “Come si fa – chiede Gianluca – a ottenere uno spumante di così alta qualità?”. La risposta alla domanda (un po’ banale, è vero) è tutt’altro che scontata o retorica. “La ricetta – replica serio Stefano – è molto semplice: bisogna fare tutto alla perfezione; nulla può essere lasciato al caso poiché la spumantizzazione non concede nessun margine di errore. Le uve perfettamente mature, le pressature soffici, l’uso dei legni che non devono sovrastare ma accompagnare e tutte le altre fasi che seguono sono assolutamente fondamentali. Perfino la scelta del tappo corona non è un fatto secondario. Negli anni -continua- ho rivisto alcuni parametri che mi hanno portato a diminuire la solforosa, a cambiare il liquer de tirage e cento altre piccolissime variazioni finalizzate a identificare sempre meglio il prodotto”. Stefano va avanti nelle sue spiegazioni, è un libro aperto, perfino dal suo fervore nella gestualità s’intuisce la sua grande esperienza (ultratrentennale) e l’amore per il suo lavoro. Non a caso è considerato unanimemente il più esperto “spumantista” della regione. Molti giovani produttori si confrontano con la sua conoscenza e lui dispensa volentieri consigli e suggerimenti. “Io non ho segreti, più cresce il movimento attorno agli spumanti, più crescerà la convinzione che qui, in Friuli Venezia Giulia, si fanno grandi bollicine”. Non sempre accade di sentire parole come queste e ciò dimostra l’attaccamento di Stefano alle sue radici. Le bottiglie sono allineate, la loro temperatura è perfetta. Stappiamo partendo dall’ultimo nato per arrivare al mitico 1982 di sior Pieri! È un lunedì mattina di splendido sole in questa torrida estate. Noi ci sentiamo particolarmente fortunati.
Denominazione: Vino Spumante di Qualità Brut Metodo Classico Talento. Zona di produzione: terreni pianeggianti delle Grave del Friuli della sinistra Tagliamento di origine alluvionale con prevalenza di sassi e ghiaia, terreni poveri ma particolarmente adatti alla viticoltura. Vigneti: a spalliera. Resa per ettaro: 8,5 t di uva con resa in vino del 50-55%. Uve: pinot bianco 50%, chardonnay 50%. Fino al 1996 anche una piccola parte di pinot nero. Epoca raccolta delle uve: fine agosto – prima decade settembre con vendemmia solo manuale. Fermentazione: la pressatura soffice avviene senza pigiatura, controllo termico della fermentazione e immediata pulizia del vino, sosta in acciaio sino all’imbottigliamento. Una piccola percentuale di Pinot bianco è fatta fermentare in barrique. Imbottigliamento e affinamento: avviene nella tarda primavera successiva alla vendemmia onde permettere una tranquilla rifermentazione. Le bottiglie sono accatastate e rimangono “sur lie” per 60 mesi. A seguire le fasi di “remuage” e “degorgement”. Prima della commercializzazione il prodotto riposa per ulteriori 4 mesi. Sboccatura: la data coincide con il lotto di produzione ed è indicata con il mese e l’anno. Bottiglie prodotte: circa 12.000 anno. Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 20.
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ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2007 Sboccatura 05/2014 - Alc. 12,5% - Punteggio: 88/100 Andamento climatico: annata abbastanza calda. Paglierino dorato dai riflessi verdolini. Si apre piacevolmente con un ventaglio di agrumi, spaziando dal mandarino alla buccia di pompelmo. Seguono eleganti note floreali di fresia gialla e gelsomino, sottili percezioni di erbe mediterranee, dadolata di frutta tropicale e inconfondibili richiami di crosta di pane. L’ingresso vellutato libera materia polposa sostenuta da adeguata freschezza a rendere la beva dinamica e golosa. Si allunga in un finale dal piacevole richiamo ammandorlato. Filetto di cervo con lardo e salsa di mirtilli.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2005 Sboccatura 01/2013 - Alc.12,5% - Punteggio: 92/100 Andamento climatico: annata fresca. Veste dorata intarsiata da delicate sfumature verdi. La gamma olfattiva, di seducente complessità, emana in sequenza: profumi di timo, mirto, citronella e aloe. Poi ancora effusioni esotiche di mango e ananas accompagnate in uno stretto abbraccio da dolci fragranze di pan brioche. L’assaggio conferma la grande struttura, ottimamente supportata dalle bollicine vellutate. Freschezza e sapidità dettano il passo verso un finale lungo, appagante e di bella corrispondenza gusto olfattiva. Cjarsons, ricotta, ortiche e agrumi.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2004 Sboccatura 05/2012 - Alc.12% - Punteggio: 93/100 Andamento climatico: annata piovosa. Giallo limone dai riverberi smeraldo. Sfodera vertiginosamente profumi di eucalipto, menta, finocchietto, frutto della passione, agrumi canditi e pan di zenzero. Affiora in seguito un netto richiamo idrocarburico e minerale, quasi a sottolineare il forte legame territoriale. Il sorso conferma lo strepitoso impatto olfattivo, con incessanti richiami balsamici e salini. Bollicine di primissima fattura, delicate sul palato, accompagnano un allungo di freschezza ed emozioni. Risotto zafferano di Dardago e astice.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2003 Sboccatura 12/2010 - Alc.12% - Punteggio: 88/100 Andamento climatico: annata molto calda. Oro marcato dai classici bagliori verdolini. Il naso lascia percepire il millesimo eccezionalmente caldo. Pera kaiser e mela cotogna sono affiancate da note di malto d’orzo, tè verde, zest di limone, mentolo e sottile speziatura. Ampio ingresso al palato, mostra una componente fruttata che si ripropone in una declinazione matura. Struttura muscolosa accompagnata da carbonica precisa rendono l’assaggio appagante e decisamente gastronomico. Finale di buona lunghezza, con golosi richiami di agrumi canditi. Crudo di mare.
ETICHETTA ORO Millesimato 2002 Sboccatura 04/2010 - Gr 12% - Punteggio: 88/100 Andamento climatico: annata piovosa. Splendido oro verde ricco d’intensità. Libera sottili sensazioni d’erbe aromatiche: aneto, salvia e timo. Segue un delicato sentore di mela granny. Spicca in chiusura un’evidente nota di tè verde a sottolineare un carattere complesso e decisamente vibrante. L’assaggio indica una struttura importante ma molto agile. Freschezza in primo piano accompagnata da una sensazione minerale che riporta al salgemma. Ottima interpretazione di un millesimo difficile. Insalata di sgombro affumicato e mela verde.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2001 Sboccatura 12/2009 - Punteggio: 90/100 Andamento climatico: annata regolare. Il calice si tinge di oro luminoso. Intrigante l’esordio olfattivo, con pirazinici richiami di levistico, capperi e finocchietto. Piacevole l’alternarsi di tostature di nocciole, agrumi canditi e spezie in grani. Sorprende per il finale dalle note minerali decisamente fumé. La misura gustativa è mirabile, perfetto compromesso tra cremose rotondità, carbonica reattiva e sinergica freschezza minerale. Ottima persistenza, con precisi richiami alle note olfattive. Paccheri, colatura d’alici, capperi e scorza di limone caramellata.
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ETICHETTA ORO Brut Millesimato 2000 Sboccatura 08/2008 - Punteggio: 94/100 Andamento climatico: annata mediamente calda. Tinta oro verde che sembra brillare di luce propria. Profumi di estrema eleganza, fitti. Il primo naso richiama la pasticceria: pan di zenzero, agrumi canditi, crema alla gianduia, composta di albicocche e miele millefiori. Seguono le erbe aromatiche e le spezie, lavanda essiccata e cannella in stecca. Ondata cremosa e opulenta, bilanciata dalla vigoria carbonica e da fresca acidità. Il finale variegato di agrumi, spezie e tostature è accompagnato da elegante sapidità. Lasagnetta ai frutti di mare.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 1999 Sboccatura 10/2007 - Punteggio: 95/100 Andamento climatico: annata regolare. Tinta dorata dai riflessi verde pastello. Invitante nota marina iniziale. Splendido effetto balsamico di eucalipto ed erbe mediterranee essiccate. Emerge a seguire il tratto varietale dello chardonnay con frutta tropicale disidratata, agrumi canditi, pan brioche e crema alla vaniglia. Sorprende l’effetto tattile della carbonica, che regola l’ottima struttura ed esalta la freschezza agrumata ricca di vitalità.Si distende in un portentoso allungo iodato, succoso ed elegante. Un vero fuoriclasse. Tagliolini al gamberone rosso.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 1997 Sboccatura 12/2004 - Punteggio: 93/100 Andamento climatico: annata piuttosto calda. Ammaliante oro liquido luminoso. Subito, in grande evidenza, sentori di sidro di mele, pere cotognate, crema d’anacardi, frutta candita e cedro candito. Affiorano in seguito leggere sensazioni di camomilla e spezie orientali, in particolare modo di anice stellato. Denso, saporoso, appagante, equilibrato e sostenuto dall’allungo sapido e salmastro. Sorprendente il dinamismo gustativo che ripropone nel finale un ricco ventaglio di spezie e frutta secca su mineralità marina. Boreto alla graisana.
ETICHETTA ORO Brut Millesimato 1990 Sboccatura 01/2001 - Punteggio: 91/100 Andamento climatico: annata calda. Oro antico brillante. Sfumature odorose riportano al calvados e sostengono la ricca componente fruttata di ananas e banana matura. Miele di montagna, erbe mediterranee essiccate, cardamomo e decise tostature di frutta secca, allargano lo spettro olfattivo verso orizzonti eleganti. Il palato evidenzia una carbonica minuta che vitalizza il sorso. Declinazioni tropicali e tostate si alternano a lungo. Rintocchi salini accompagnano la chiusura. Ravioli alla ricotta di capra, guazzetto di gamberi e tartufo estivo.
ETICHETTA ORO Millesimato 1989 Sboccatura 03/2001 - Punteggio: 96/100 Andamento climatico: annata equilibrata. Emozionante tinta oro crema. Olfatto iniziale di straordinaria finezza basata sulla macchia mediterranea. Lavanda essiccata, santoreggia, camomilla e finissimi richiami di brezza marina. Cardamomo e cremosi richiami al cioccolato bianco. La sua maturità è affascinante. Le bollicine enfatizzano il primo sorso lasciando spazio all’elegante fusione materico/sapida. Stupefacente la profondità dell’assaggio balsamico, agrumato e tostato, che fissa il palato in un allungo inesauribile. Filetto di vitello rosa in crosta di pistacchi.
ETICHETTA ORO MILLESIMATO 1982 SBOCCATURA 04/1995 - PUNTEGGIO: 93/100 Andamento climatico: annata calda. Oro antico riverberato da tonalità ambra. Le prime sensazioni odorose rivelano unicità. Emana profumi complessi di eucalipto, essenza alla camomilla, resina di pino, fiori di tiglio essiccati, incenso, finissimo miele di corbezzolo, effluvi di sidro. Integro e vivo, libera la carbonica sottilissima che rende la beva piacevolissima e leggera. Nessuna pesantezza materica ostacola il lunghissimo sentiero gustativo, dominato da continui richiami salini e mentolati. Il tempo sembra essersi dimenticato di lui. Da meditazione.
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Stefano Trinco
VIGNETI PITTARO Via Udine, 67 - LocalitĂ Zompicchia 33033 Codroipo (UD) T. 0432 904726 www.vignetipittaro.it 52
Oche Selvatiche BOUTIQUE HOTEL
Tarabusino RISTORANTE
L'ISOLA GRADESE Per i palati più curiosi, fare una tappa a Grado è quasi
d’obbligo. Va sfatata la credenza che sull’isola si mangi solo pesce, sia esso ‘sardèle’, ‘sepe’, ‘peverasse’, ‘can’, ‘angusìgoli’, ‘poratto’, ‘cucco’. Indubbiamente erano questi la componente principale del menù degli antichi isolani, ma sulle loro tavole non mancavano certo la verdura e la frutta dei piccoli orti di proprietà o delle vicine campagne di Fossalon, né i piccoli animali da cortile od i selvatici, prede dei cacciatori. Ad innaffiare il tutto, qualche buon bicchiere di ‘bianco’ o di ‘nero’ delle vigne di Aquileia e, come digestivo, un bicchierino di grappa aromatizzata al ‘santònigo’, l’azzurra e profumata erba che cresce spontanea in laguna. In tempi più recenti, lo sviluppo delle vie di comunicazione e dei traffici commerciali, hanno portato le tradizioni dell’isola alla ‘contaminazione’ con quelle del territorio circostante (Trieste e Slovenia) e con quelle del Friuli E’ in questo contesto che si pone l’offerta culinaria del ‘TARABUSINO’, di nuovissima realizzazione nel complesso del Boutique Hotel Oche Selvatiche, un ristorante accogliente e discreto sorto alla foce del Canale di Primero (l’antico ‘Canale de l’omo morto’). E’ facilmente raggiungibile, oltre che dalla strada provinciale che collega Grado a Fossalon, anche dal canale dove il vecchio pontile, opportunamente ristrutturato, consente l’attracco. La sala da pranzo, di design moderno e minimalista,
è caratterizzata da precise referenze culturali, realizzate mediante l’impiego di materiali naturali, cuoio, legname antico, e da colori che richiamano quelli della mota e della sabbia dell’isola. E’ stata progettata per accogliere venti/venticinque commensali, in uno spazio rarefatto e tranquillo, permeato delle luci e dei colori della natura. Non ci sono parole, ma solo sensazioni, adatte a descrivere la terrazza panoramica: basta ricordare che da qui si gode la vista di uno dei tramonti più spettacolari di Grado, con la laguna, i suoi colori (sensazionali in ogni stagione), i suoi profumi, i suoi abitanti (sono oltre trecento le specie di volatili che nidificano nei paraggi!! ) La nostra cucina è studiata per valorizzare i prodotti dell’intero territorio regionale, proponendoli secondo la stagionalità e recuperando riferimenti storici della cucina della tradizione. Seguendo la regola ‘territorio-stagionetradizione’, i componenti delle nostre ricette vengono impiegati solo nel momento del loro massimo profumo e sapore, limitando al massimo le manipolazioni. Il ‘progettotavola’ del TARABUSINO insegna la conoscenza (od il ricordo) di antichi sapori e modi di stare insieme, con la semplicità e la genuinità di un tempo, unite alla raffinata ‘contaminazione’ con le nuove tecniche di preparazione dei cibi e di accoglienza degli ospit
T +39 (0)431 878918 | F +39 (0)431 81309 | Via Luseo, 1, Grado (GO) | info@ocheselvatiche.it | Seguici su: Facebook
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MangiaFuoco di Daniele Cernilli www.doctorwine.it
Vittorio Puiatti
MANGIAVINO
Proprio nei giorni nei quali fa il suo esordio Villa Parens, la nuova azienda fondata
da Giovanni ed Elisabetta Puiatti, ai quali faccio di cuore i miei migliori auguri per la nuova attività, che li rivede protagonisti nel mondo del vino, non potevo non ricordarmi di loro padre. Io l’ho conosciuto bene Vittorio Puiatti, un omone alto uno e novanta e che pesava ben più di un quintale e mezzo. Quasi mi adottò nei primi passi della carriera di giornalista-assaggiatore, e m’insegnò una quantità impressionante di cose, di vite e di vita. Vittorio è stato uno dei padri fondatori dell’enologia moderna in Friuli. Enologo, assaggiatore, assemblatore di rara bravura, aveva l’aspetto di un orco, parlava con voce tonante, era molto assertivo, tutto vero. Però aveva una cultura umanistica insospettabile, era un uomo duro ma leale ed era capace di gesti di generosità sorprendenti. Un po’ come Mangiafuoco, il burattinaio che si commuove ai racconti di Pinocchio finendo per aiutarlo ben al di là delle sue attese. Me lo ricordo nei suoi momenti d’ira, epici, quando era meglio passargli a un chilometro di distanza. Oppure quando mi spiegava con santa pazienza che le note varietali di un vitigno non possono che essere mantenute da una vinificazione “in riduzione”. Oggi, a trent’anni di distanza, le stesse cose le sostiene il professor Denis Dubourdieu, uno dei grandi dell’enologia mondiale. Lui lo sapeva già, quando iniziò tra i primissimi, se non per primo, a vinificare in bianco le uve bianche. Era alla Vinicola Udinese allora, una cantina cooperativa che non mi risulta esistere più. Poi fondò prima l’Enojulia, poi l’Enofriulia, alla fine degli anni Settanta, e nel frattempo era stato consulente per la Bertolli, in Toscana, dove realizzò il Castellino, uno dei primi vini in brik della storia. Ma sapeva che il legno doveva essere usato “cum grano salis”. “Non voglio usare conce per i miei vini”, e coniò uno slogan che poi ebbe molto successo, soprattutto negli Stati Uniti. Suonava così. “Save a tree, drink Puiatti”. Che significa “Salva un albero, bevi Puiatti”. Perché nei suoi vini non usava legno. Mi resi conto di cosa volesse dire davanti a un Pinot Nero del 1988, che aveva prodotto utilizzando il suo nome, dopo aver realizzato la cantina-boutique di Farra d’Isonzo. Un rosso dalla fragranza straordinaria, che ricordo ancora perfettamente a distanza di venticinque anni. Finiva l’era di Enofriulia, azienda da lui fondata e per la quale selezionava e acquistava uve, e iniziava quella di Puiatti, con una cantina nuova e acquistando persino alcuni ettari di magnifici vigneti a Ruttars, tra Brazzano e Dolegna, in una zona molto vocata del Collio goriziano. Iniziava soprattutto l’epoca della spumantistica targata Puiatti, che ha regalato grandi vini, e faceva il suo ingresso in azienda suo figlio Giovanni, che poi, alla morte di Vittorio più di dieci anni fa, prese in mano le redini dell’azienda. Eredità difficile, senza dubbio, tanto che alla fine il marchio Puiatti restò nelle mani del Gruppo Angelini, che era entrato in società con Giovanni, e lui con sua sorella stanno ritornando in campo proprio da quest’anno, come già detto. Ma proprio per questo, per ripensare a dove veniamo, un ricordo a quel genio gigantesco, a quell’uomo terribile e generoso, a quel vecchio, grande amico che non c’è più, al grande Vittorio Puiatti, lo dovevo proprio dedicare.
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LA GLACERE SRL Via Osoppo,9 33038 San Daniele del Friuli (UD) P.IVA / C.F. 02735940302 T. 0432 954102 VISITA IL NOSTRO SHOP ON LINE www.laglacere.it
IL NOSTRO PROSCIUT TO È trascorso più di un anno da quando in Via
Osoppo 9 a San Daniele del Friuli abbiamo felicemente rilanciato il prosciuttificio La Glacere. Rigorosamente impostato sui parametri di una produzione artigianale, e nella stretta osservanza del disciplinare del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, LA GLACERE, godendo di una posizione particolarmente favorevole, produce un prosciutto unico e speciale. Il punto fermo nella nostra logica produttiva, è la costante attenzione alla qualità della materia prima. In questa ottica ci avvaliamo di animali allevati in aziende agricole possibilmente locali, in primis l’azienda Agricola Zualt di San Vito di Fagagna, azienda che ha condiviso con noi il criterio della filiera corta, con una metodica di lavoro che ci permette di associare la necessità della rintracciabilità del prodotto ad una estrema semplificazione del percorso produttivo, che si traduce in una costante garanzia di qualità del prosciutto e, non di meno, in un contenimento dei costi di produzione, contenimento che si riflette su prezzo finale a vantaggio del consumatore. In una prospettiva attuale di trasparenza e di condivisione, presso LA GLACERE organizziamo visite guidate ai luoghi deputati alla produzione e, unendo il piacere del gusto a quello dello spirito, su prenotazione organizziamo ai visitatori una visita al centro storico di San Daniele, con particolare cura per la Biblioteca Guarneriana, affascinante punto di raccolta di codici medievali miniati, e la chiesa di Sant’ Antonio Abate, essenziale nella sua facciata e ricca all’interno di un ciclo di affreschi di Martino da Udine. Lo stabilimento dista circa a 300 metri dal Duomo e a 200 metri dal Portonat, antica porta della cittadina rimasta intatta e disegnata da Andrea Palladio. Vogliamo ricordare che presso la nostra sede il prosciutto si può acquistare con l’osso, disossato, in busta sottovuoto, in vaschetta ATM - atmosfera modificata – e nella classica scatola di latta tipica della produzione locale. Gli acquisti si posso fare anche on-line direttamente dal nostro sito internet www. laglacere.it Ci si dimenticava di aggiungere che, naturalmente, il visitatore può assaporare nella nostra sala di degustazione il prodotto della nostra passione e lavoro. Un arrivederci cordiale da tutti coloro che cercano di fare del prosciuttificio LA GLACERE un prosciuttificio speciale.
Un viaggio nella vendemmia 2004 Non capita tutti i giorni di sedersi ad un tavolo per degustare 10 Chardonnay vendemmia 2004 provenienti da diverse parti del mondo. E capita raramente di trovare a questo tavolo esperti degustatori che hanno scritto la storia della comunicazione del vino negli ultimi decenni. A noi è successo lo scorso giugno, quando, cogliendo l’occasione dell’uscita del nuovo Chardonnay Spìule 2013 DOC Friuli Colli Orientali, abbiamo organizzato una degustazione orizzontale di questo vino prodotto in diverse parti del mondo: la giornata si è rivelata un momento di incontro e confronto su questo importante vitigno internazionale che anche nella nostra regione ha saputo trovare una propria strada. I colori ambrati e dorati che hanno riempito i calici erano già in sé uno spettacolo. Senza sapere nulla sulle etichette né sull’ordine di servizio, è stato incantevole il viaggio dei sensi compiuto in silenzio, mentre il tempo per la degustazione scorreva adagio per consentirci di apprezzare tutte le sfumature di ogni vino. Ognuno di noi trovava percezioni che diventavano scritte sulla carta e infine parole pronunciate ad alta voce, condivise con gli altri. Non eravamo lì per stabilire quale fosse il miglior Chardonnay: l’obiettivo era verificare l’integrità dei vini dopo 10 anni di imbottigliamento e capire in che modo esprimevano il territorio da cui provenivano. Nella scheda di valutazione proposta, infatti, sono stati utilizzati dei criteri particolari quali l’integrità, l’evoluzione e la piacevolezza del vino. Al termine della degustazione e del confronto che ne è seguito, nello svelare le etichette e l’ordine di servizio, si è notato che i tre Chardonnay friulani avevano un filo conduttore organolettico che li legava: sapidità, integrità, note di sali minerali, un buon grado di freschezza nonostante i 10 anni di età e una riconducibilità mediterranea. Oltre al nostro Chardonnay Spìule dei Colli Orientali, gli altri due vini friulani erano uno Chardonnay Gräfin de la Tour Collio di Villa Russiz e uno Chardonnay Collio di Borgo del Tiglio: due aziende di riferimento del nostro territorio. Alla luce delle valutazioni e delle considerazioni fatte dalla gruppo di lavoro, è stato possibile riconoscere allo Chardonnay una identità friulana che può competere con i grandi Chardonnay del mondo. La degustazione ci ha fatto viaggiare nel tempo e nello spazio, portandoci e riportandoci da una parte all’altra parte del mondo con dei “semplici” sorsi. Questo l’ordine dei vini Chardonnay 2004 degustati: Donnafugata Contessa Entellina Chiarandà Bianco Sicilia), Villa Russiz Collio Chardonnay Gräfin de la Tour, Domaine Guy Amiot et Fils Chassagne-Montrachet Premier Cru Cailleret (Francia), Kistler Sonoma Coast Chardonnay Vine Hill (California), Alois Lageder Alto Adige Chardonnay Löwengang, Tenuta di Angoris COF Chardonnay Spìule, Willian Fèvre Chablis Grand Cru Les Preuses (Francia), Borgo del Tiglio Collio Chardonnay, Bellavista Curtefranca Bianco Vigna Uccellanda (Franciacorta) e Peter Michael Alexander Mountain Sonoma County Chardonnay Mon Plaisir (California). I colori hanno composto una paletta di gialli dorati e ambrati. I profumi ci hanno fatto immaginare ceste di agrumi e di ananas, bacche di vaniglia, ciotole di fragranti biscotti burrosi, ma anche pietra focaia e fumo. Il gusto ci ha dato emozioni contrastanti: dalla spiccata morbidezza alla decisa sapidità, dalla tenace freschezza al ricordo di quello che poteva essere stato. Oltre a noi (Marta Locatelli, padrona di casa, e ad Alessandro Dal Zovo, enologo e direttore tecnico dell’azienda), alla degustazione hanno partecipato alcuni fra più importanti degustatori riconosciuti a livello internazionale: Daniele Cernilli (il Doctor Wine), Giampaolo Gravina (degustatore della Guida L’Espresso), Simone Cassina (consulente professionale e sommelier a Londra), Emanuele Gobbi (collaboratore di Wine Picker e Spirito diVino), Pierpaolo Penco (Direttore del “Wine Business” Dipartimento di MIB School of Management di Trieste), Liliana Savioli (sommelier, giornalista QB QuantoBastaFVG e Guida ViniBuoni d’Italia), Gianni Ottogalli (Associazione Italiana Sommelier FVG e Guida Gambero Rosso) e Michele Biscardi (Fondazione Italiana Sommelier FVG).
La storia dello Spìule Chardonnay ci porta al 2004. Quella vendemmia è stata l’ultima con cui abbiamo utilizzato le uve di Chardonnay di un vecchissimo vitigno a Rocca Bernarda per realizzare lo Spìule in purezza: sapevamo già da qualche anno che ormai quelle piante stavano dando i loro ultimi frutti e così nel 2001 abbiamo piantato delle nuove barbatelle di Chardonnay che potessero con il tempo sostituire quelle vecchie vigne. Quando nel 2005 abbiamo capito che le vigne vecchie dovevano essere estirpate, eravamo consapevoli che le vigne piantate quattro anni prima non avrebbero prodotto, vista la giovane età del vigneto, un’uva di qualità pari a produrre lo Spìule Chardonnay a cui eravamo abituati, e quindi (nel frattempo e nell’attesa) le abbiamo utilizzate per produrre un uvaggio assieme alle uve di Tocai friulano e Ribolla gialla. Due anni fa abbiamo capito che l’uva di quelle “giovani” vigne era pronta per lo Chardonnay in purezza e così abbiamo ricominciato a produrre lo Spìule Chardonnay. Dopo un’accurata preparazione e selezione delle uve in campagna, quando a metà settembre 2013 l’uva è arrivata in cantina, l’80% del mosto ha fermentato in contenitori di acciaio inox a temperatura controllata, mentre la restante parte ha svolto nei tonneaux prima la fermentazione alcolica, e successivamente quella malolattica. Trascorsi 10 mesi, i vini affinati separatamente, sono stati assemblati e, dopo imbottigliamento, il vino ha riposato per altri 12 mesi in bottiglia. Ora è pronto! “Spìule” è una parola friulana e significa (canna per cogliere frutti) brocca, ma è anche il nome di un gioco che si faceva “una volta” con un semplice bastone e un ciottolo.
Loc. Angoris, 7 Cormons (GO) | T. +39 0481 60923 | Mail: info@angoris.it | www.angoris.it
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GIANCARLO TIMBALLO:
Il Fiordilatte coi Baffi di Enrico Bertossi Foto di Umberto Pellizon
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uando a una cena un’ospite gli disse che non le piaceva né la sua politica né i suoi baffi, Winston Churchill rispose, “Signora, non vedo ragione al mondo perché lei debba entrare in contatto con l’una o con gli altri”. Entrare in contatto con i gelati che si celano dietro i baffi di Giancarlo Timballo, dal 1985 maestro gelatiere in Udine, è invece fonte di gioia e felicità. Dietro il baffo a mezzavia tra David Niven e Gino Cervi (versione commissario Maigret) ci sono uno sguardo intelligente e trent’anni tondi tondi di ricerca meticolosa dell’eccellenza nella preparazione del gelato artigianale che ha raggiunto vette altissime e in molti casi inesplorate. Tra i tanti personaggi che hanno segnato percorsi importanti tra gli artigiani del gusto e della gastronomia friulana non potevamo ignorare la storia di uno dei suoi grandi protagonisti, intrisa di romanticismo e rigore, visioni lungimiranti e duro lavoro, ricerca continua e passione allo stato puro. Giancarlo non nasce gelatiere: cresce in una famiglia di imprenditori nel settore del vino da cui acquisisce il patrimonio genetico che lo porta ad investire innanzitutto la sua vita e conseguentemente i suoi soldi in una attività completamente nuova mettendoci intuito ed entusiasmo.Lui ricorda sempre con affetto la famosa gelateria “del gas” delle sorelle Toldo rimasta nel cuore di tutti gli udinesi. Da Presidente della Camera di Commercio insieme a Timballo e con l’aiuto del loro nipote una quindicina di anni fa salvammo tutte le attrezzature più importanti e le premiammo sul palco del teatro Giovanni da Udine scatenando una emozione incredibile tra scroscianti applausi. Era il gelato artigianale per eccellenza e faceva concorrenza nelle abitudini degli udinesi ad altre due mete fisse: l’Orso in viale Leopardi e quella fuori porta del Morena. Traendo ispirazione dalle “sorelle del gas” nel 1985 inizia a percorrere una strada senza scorciatoie che diventa la sua ragione di vita, almeno quella professionale: “raggiungere con perseveranza e dedizione l’eccellenza totale”. Ascoltiamo le sue parole: “Concorrono al raggiungimento di questo risultato la formazione professionale e ricerca continua, la ricerca ossessiva dei prodotti di alta qualità e una buona dose di fantasia”. E ancora: “Essere in grado di produrre un gelato di qualità significa soprattutto continuare a fare formazione e informazione durante tutto l’arco della vita lavorativa per essere in grado di conoscere profondamente sia la propria professione che l’utilizzo delle materie prime. Quest’ultimo aspetto è fondamentale perché, per riuscire a equilibrare perfettamente una ricetta di gelato, è necessaria la conoscenza assoluta dei meccanismi che concorrono a far sí che si rinnovi il “miracolo” della materia che da liquida diventa semisolida e si mantiene nel tempo così cremosa, spatolabile e seducente”. Nella sua “Fiordilatte” troviamo molti dei suoi cavalli di battaglia ma non tutti i prodotti sono sempre disponibili. I suoi gelati gastronomici sono legati alla stagionalità delle materie prime e non possono essere realizzati con continuità, così come non si trovano sempre le creature che prima sogna e poi realizza in occasioni assolutamente speciali e straordinarie. Ricordiamo il “Fior di Sole”, generoso gelato zabaione al Picolit ideato nel 2006, e la sua versione con il Ramandolo assaggiata all’Expo di Milano. Timballo come tutti i grandi giocatori non si innamora della palla: segna ma sa far giocare la squadra, quella dei gelatieri italiani ovviamente. Ed eccolo impegnato e protagonista come fondatore e presidente della Coppa del mondo della gelateria e di Gelato in Tavola, i più autorevoli e rilevanti eventi del settore, e nelle più importanti manifestazioni degli artigiani del gusto come l’ultima, in ordine di tempo, che lo ha visto proporre “ERBE OFFICINALI, RADICI E FIORI DEL TERRITORIO PER UN GELATO DI STAGIONE”. Questo breve ritratto di Giancarlo Timballo non ci porta nelle pieghe del suo lunghissimo cursus honorum costellato di premi e riconoscimenti e non ha nemmeno il desiderio di scendere nel dettaglio delle sue fantastiche realizzazioni: dal favoloso fiordilatte al gelato salato o gastronomico. Qui parliamo di uomini veri, sani, genuini che nella vita hanno saputo fare scelte lungimiranti e nette, senza scorciatoie, attenti alla loro sostenibilità economica ma senza mai rimanere schiavi del dio denaro. Parliamo di imprenditori che danno vita in silenzio e da anni ai giacimenti gastronomici e ai prodotti artigianali del gusto che finalmente trovano la giusta valorizzazione: trent’anni di religiosa professionalità e profonda passione, non solo favolosi gelati.
GELATERIA FIORDILATTE di Giancarlo Timballo Via Cividale, 53 33100 Udine T. 0432.502072 www.gelateriafiordilatte.it - www.facebook.com/gelateriafiordilatteudine
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L’OLIO EXTRAVERGINE I
dentità varietale e territorio sono i caratteri distintivi dell’olio extravergine prodotto a San Floriano del Collio. Ci troviamo nel Collio goriziano, in uno dei cru più prestigiosi, a ridosso del confine con la Slovenia, dove la posizione, il clima e la morfologia del terreno condizionano positivamente la qualità finale dell’olio. I tre ettari di proprietà sono piantati ad altitudini comprese tra i 150 e i 200 mt slm, magnificamente esposti; queste altitudini permettono agli ulivi di trovare un po’ di tepore proteggendoli dal rischio di gelate. Inoltre i forti sbalzi termici giorno notte tipici di quest’area sono importanti per il corredo aromatico e la ricchezza minerale dei terreni, evitano il ristagno idrico e generano una struttura e un’eleganza davvero uniche. L’età media delle piante è di 20 anni circa. Diverse le varietà messe a dimora, in parte a San Floriano del Collio e in parte sul colle della Castagnevizza, dall’azienda Komjanc: Bianchera, Maurino, Leccino, Leccio del Corno, Pendolino, Casaliva, Coratina, Frantoio e Grignan. Per comprendere al meglio le caratteristiche di questo prezioso condimento simbolo della cultura mediterranea, sarebbe necessario un approccio simile a quello che ormai si ha, si può dire ovunque, col vino. L’acquirente deve essere informato sui differenti prodotti nei quali sono innanzitutto le cultivar a influire sulla tipologia d’olio da loro ottenuto, a caratterizzarlo, aiutando il consumatore nella scelta per il corretto abbinamento. Altri fattori incidono sul prodotto finale, il territorio, le tecniche di coltivazione e di raccolta, il tempo tra la raccolta e la molitura, la tecnologia estrattiva. E si avranno olii differenti anche dalle stesse cultivar. Nel caso della produzione di Alessio, un “precursore” da noi, la raccolta avviene anticipatamente per mantenere la freschezza dei profumi avvalendosi di abbacchiatori pneumatici. Immediatamente le olive vengono trasferite e frante a freddo nel moderno frantoio di proprietà, situato a Giasbana, in azienda, nelle immediate vicinanze degli uliveti, riducendo i tempi di trasporto e garantendo così un basso numero di perossidi, a garanzia di un olio dal sapore pieno e fragrante, senza tracce di ossidazione. La raccolta 2014, in generale, ha dato luogo a una produzione scarsa dal punto di vista quantitativo e complicata da quello qualitativo. Nella zona di San Floriano del Collio le cose sono andate meglio non in termini quantitativi (il poco sole ha ridotto drasticamente le rese) quanto in termini qualitativi, grazie alle attenzioni e ai trattamenti svolti al momento giusto da Alessio Komjanc. Ritornando all’approccio paragonabile a quello del mondo del nettare di Bacco, per “capire” meglio il prodotto Olio Regionale, cercate un contatto con il produttore, assaggiate l’olio direttamente in frantoio, fatevi spiegare direttamente da lui come lo produce e, come per il vino, fatevi una piccola “cantinetta”, con diversi olii di diverse cultivar e provenienza. E poi divertitevi con gli abbinamenti.
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ALESSIO KOMJANC E FIGLI Località Giasbana, 35 34070 San Floriano del Collio (GO) T. 0481. 391228 www.komjancalessio.com
“OČE AŠ”
di Alessandro Pareschi Foto di Umberto Pellizon
BIANCHERA: si apre al naso con intense note verdi combinate a ricordi fruttati e di fiori di campo. In bocca sorprende con la sua
pasta elegante e dalla trama fine, aprendosi su gradevoli sfumature tostate arricchite da netti richiami minerali e balsamici. Finale lungo, pulito, in raro equilibrio, sottolineato da persistenti toni di fruttato verde. Costata di Angus alla brace.
MAURINO: offre profumi mediamente intensi che vertono su toni erbacei, di peperone e foglia di carciofo, seguiti da dolci brezze
minerali. Assaggio caratterizzato da pulizia e armonia, tendenza all’amaro e ricordi di pepe bianco e spezie. Mediamente lungo il finale, dal retrogusto fruttato di mandorla dolce. Cappon magro alla genovese.
OLIVE VERDI: (varietà Bianchera, Coratina, Frantoio e Grignan) rivela un profumo intenso che spazia da note verdi di felce,
carciofo e erbe aromatiche al dolce della mela golden, al tocco speziato di pepe verde. In bocca entra fluido, perfettamente bilanciato, sottolineato da ricordi di timo e santoreggia, su un piccante mai invadente. Pluma di maiale iberico lasciata rosata, con ricci di mare e burrata.
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LE BIRRE DI BURI di Gianluca Castellano Foto di Federica Ciccutini
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ecentemente la stampa nazionale di settore ha elogiato il Friuli Venezia Giulia perché primeggia non solo per i vini eccellenti, come tutti sanno, ma anche per l’alta qualità dei prodotti che i birrifici artigianali nostrani riescono a realizzare. È un mondo, quello “dell’artigianale”, che ci vede protagonisti e sicuramente tra i pionieri di questa avvincente specialità. Colpisce soprattutto la professionalità e la straordinaria passione che muove questi giovani produttori. Perché di giovani si tratta! La loro età media non supera i 35 anni. Ecco dunque una nuova, fantastica realtà che si fa strada tra i “brassisti” locali. È il Birrificio Borderline di Buttrio. Già il nome anticipa lo stile, o meglio gli stili, che questi giovani mastri birrai si prefiggono di perseguire. Originalità e grande finezza aromatica gusto-olfattiva: sono gli elementi chiave dei prodotti Borderline. “Dopo un breve periodo di avviamento e prove, l’azienda – mi spiega Giovanni Gregorat, deus ex machina del birrificio realizzato assieme ai soci Eros, Pavel e Marco – inizia la produzione delle birre ad alta fermentazione nel febbraio 2014”. Giovanni, oltre a creare le ricette, collabora attivamente nell’azienda vinicola di famiglia (Ronco del Gnemiz). “Mi sono avvicinato al mondo della birra – ci dice mentre assaggiamo qualche nuova sperimentazione – nel periodo degli studi di designer di moda a Milano. Casualmente ho assaggiato le birre Baladin è lì ho avuto una specie di folgorazione. Ho proseguito nella conoscenze delle birre artigianali a Roma, dove mi trovavo per lavoro, e in particolare lì ho scoperto il fantastico mondo delle birre IPA angloamericane. Ho poi seguito uno stage in Colorado dove ho lavorato a stretto contatto con i mastri birrai in due prestigiosi birrifici quali Avery e Crooked Stave. Ho potuto apprendere come si fa la birra in stile americano, l’uso particolare del luppolo e delle materie prime. È in questo periodo che lentamente inizia a prendere forma l’idea di creare qualcosa, magari assieme agli amici di sempre. Un birrificio artigianale, insomma”. L’idea si fa concreta, come il nome: Borderline. “Si l’abbiamo chiamato così – prosegue Giovanni - perché vuole significare proprio il nostro territorio, di confine appunto. Anzi l’idea iniziale era di aprire lo stabilimento in Slovenia, ma poi lo abbiamo fatto in Friuli. La volontà è stata, ed è tuttora, quella di realizzare birre con un’impronta personale e del territorio. Birre dalla creatività e dalla cura incessante per la qualità, dal gusto sempre inimitabile e dai bouquet raffinati”. Il termine si può infine estendere al fatto che le birre dell’azienda sono interpretazioni originali dei diversi stili birrai. Il moderno impianto ha una capacità di 600 lt a cotta e la capienza complessiva della cantina è di 48 hl. Lo stile di riferimento è la nuova scuola inglese dove, ai punti cardinali anglosassoni quali malti e lieviti tradizionali, carbonazione bassa e gradazione alcolica moderata, si affianca una generosa e moderna luppolatura utilizzando materie prime di provenienza americana. Oltre alla ricerca della perfetta ricetta e dosatura di luppoli angloamericani, nelle birre Borderline, s’impiegano anche cereali diversi oltre all’orzo, quali frumento, avena e segale. Un'altra nota importante che contraddistingue e accomuna questi prodotti è la pulizia assoluta, dal punto di vista estetico, dei profumi e del gusto. Singolare anche l’etichetta, che riprende lo stile americano anni ’30. Interessante la scelta di utilizzare la bottiglia standard da 50 Cl che facilita il lavoro nel mondo della ristorazione. Le birre fisse reperibili tutto l’anno sono tre: Pale Ale, American Kolsh e Dark Mild. A queste vanno aggiunte numerose sorprendenti “sperimentazioni” di grande fascino e complessità come la magica "fruit Ale alle ciliegie", la stupefacente "Sour brown Ale" con aggiunta di mirtilli e ribes di Carnia, l’eccezionale “Gose” con pepe verde di Sarawak e sale di Cipro, fermentata e maturata in fusti usati di Chardonnay Miani e di Sauvignon Ronco del Gnemiz per saldare quel punto di unione tra il mondo del vino e quello delle birre artigianali che ha molte più zone di contatto di quando si possa pensare.
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Giovanni Gregorat BORDERLINE BREWERY - BIRRIFICIO ARTIGIANALE Stabilimento in Via A. Malignani, 4 33042 Buttrio (UD) T. 3397572717 www.borderlinebrewery.it 67
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Degustazione delle birre Borderline Brewery di Gianluca Castellano e Daniele Stepancich
PALE ALE Fermentazione: Alta; Stile: Pale Ale Inglese; Alc.5,2%; Servizio: 8°C; Cl 50; € 6. Bicchiere consigliato: pinta inglese. La Primavera! Ambrato di leggera opalescenza. La sottile schiuma racchiude eleganti profumi di caramella d'orzo, resina e fiori di montagna. Ricco anche il comparto fruttato che trova libera espressione nella pera poché, ananas maturo e scorza di pompelmo. Bocca morbida grazie alla cremosità dei malti. Beva gentile e disinvolta, con piacevole finale delicatamente amarognolo. Tiradito peruviano.
CREAM ALE Fermentazione: Alta; Stile: Cream Ale; Alc. 5,3%; Servizio: 8°C; Cl 50; € 6. Bicchiere consigliato: pinta inglese. L’Autorevolezza. Veste ambrata molto carica. Dal calice si levano in una splendida fusione aromatica profumi di pera abate al forno, melassa, zucchero muscovado, noccioline tostate e miele di montagna. Il tutto è ricoperto da un suadente velo balsamico. Il palato è avvolto dalla ricchezza della materia. Preciso nel richiamare la ricca fase olfattiva, si allunga in un epilogo asciutto e tipicamente amarognolo. Cjarsons, burro nocciola, ricotta cannella e uvetta.
WHITE IPA Fermentazione: Alta; Stile: Indian Pale Ale; Alc. 5,8%; Servizio: 8°C; Cl 50; € 7. Bicchiere consigliato: pinta americana. La Futurista. Tonalità ambra ricca d'intensità. Il naso mostra due anime. Quella della terra: confettura di pere e zenzero, papaya, mango e succo d'albicocca. L’altra guarda il mare: emozionanti sbuffi iodati d'ostrica, brezza marina e alghe. Grande dinamismo all'assaggio grazie a un corpo lineare, carbonazione delicata e dualismo aromatico che si ripropone anche in fase gustativa. Avrà una lunga evoluzione. Capesante affumicate su spuma di cedro.
DARK MILD Fermentazione: Alta; Stile: Mild; Alc. 4,7%; Servizio: 8°C; Cl 50; € 6. Bicchiere consigliato: tulipano. La Suadente. Colore ambrato che richiama il chinotto, ricoperto da delicata e invitante schiuma bianco crema. Aromi fitti e penetranti di caffè, polvere di cacao, pece, arance essiccate, biscotto al malto e piacevoli richiami al latte condensato. Mostra fin dall'ingresso il suo carattere grazie alla materia ricca e cremosa. Delicata astringenza a rallentare la beva e piacevole finale al sapore di caramella mou. Schiena di manzo tostata al caffè e latte bruciato.
YAKIMA Fermentazione: Alta; Stile: American Pale Ale; Alc. 5,6%; Servizio 8°C; Cl 50; € 7. Bicchiere consigliato: pinta americana. La Magistrale. Luminosa nuance ambra, abbinata a una soffice schiuma avorio. Ci si abbandona volentieri in questo abbraccio fruttato e agrumato dolce, di deriva tropicale: litchi, mango, kumquat e chinotto. Infine una declinazione mediterranea che spazia dal pino mugo fino al mirto. In bocca conferma le sue caratteristiche interessando il palato arricchendolo con la sua carica fruttata. Balsamico e rivitalizzante finale. Zuppa di pollo, curry e zafferano.
GARAGE N°14 Fermentazione: Alta; Stile: Gose tedesca; Alc. 4%; Servizio: 4°C; Cl 50; € 7. Bicchiere consigliato: teku. Il Mare. Paglierino carico leggermente velato accoppiato a sottile schiuma color beige. Offre una entusiasmante ricchezza di elementi che vanno dalla classica nota tropicale, al burro d'alpeggio. Un profilo mediterraneo di timo serpillo e un intrigante richiamo finale alle carte da gioco usate. Ingresso salino come da stile. Non perde mai l’equilibrio grazie a un supporto fresco e fruttato di grande eleganza. Lunga e tenace persistenza. Astice alla catalana.
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COL “PLIN“ A FAGAGNA di Giorgio C. Riva
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Foto di Umberto Pellizon
Dopo "l'Alberghiero" ad Acqui Terme, la"Svizzera " per un anno, la
"Francia" per sette, l'Enoteca Pinchiorri, l'astigiano Giuseppe Fornaca, oggi poco più che quarantenne, arriva a Colloredo di Montalbano ancora assai giovane. La zona gli piace molto tant'è che, dopo il periodo, splendido, alla Taverna e successiva esperienza di un paio d'anni con Cracco, riesce a installarsi nella incantevole casa friulana sul colle del castello di Fagagna. Da una dozzina d'anni è qui, affabile e sorridente, chef e gestore del ristorante San Michele, nelle vicinanze delle rovine del Castello. L'interno dell'antica osteria grazie alla pietra e al legno originari e all'arredo "povero" raffinato è suggestivo, caldo, col fogolar sempre acceso nei periodi freddi. All'esterno, nella bella stagione, la vista dalla terrazza, attrezzata anche per eventi, non invasivi, e usufruibile anche solo per l'aperitivo, è rilassante. I vini, un'attenta piccola selezione anche per i clienti del banco di tutti i giorni, e i produttori, sono illustrati. Anche alla mescita. Al ristorante, vengon proposti abbinamenti intelligenti e mai banali, secondo clientela. Il servizio è sempre assai cortese. Beppe è onnipresente. Dalle due porte della cucina esce continuamente a sovraintendere. Ma non solo. Illustra, consiglia, mesce, serve, ascolta. Attento, preparato, mai supponente, sempre cordiale. Anche, soprattutto, coi pochi che avverte non comprendere alcune, necessarie, attese. Necessarie perché ciò che esce dalla cucina non ha solamente la "firma" di Giuseppe Fornaca. Amo la cucina dei "luoghi" di nascita e di formazione del Beppe, quella delle province di Asti e di Alessandria. Borghese, "fondata" su prodotti d'eccezione, "rigore" sabaudo/francese,da salotto buono e domenica, da ben innaffiare. E, quindi, pur apprezzando, molto, anche la qualità degli altri piatti che il ristorante propone, secondo stagione, valorizzando i diversi sapori del nostro territorio e del Piemonte, elaborati con grande tecnica e "composti" secondo pluriennale esperienza, adoro, veramente adoro, gli agnolotti del "plin" e i peperoni con l'acciuga e il tonno della tradizione piemontese, commoventi, "fatti" personalmente dal Beppe, spesso su pressante richiesta, che mi ricordano quelli, mitici, della mia adolescenza per i quali era d'obbligo la gita a Costigliole d'Asti dagli Alciati con successiva sosta, al rientro, in cantina di amici paterni a Moncalvo. Per essere attuali, segnalo due recenti, strepitosi, "assaggi": uovo croccante, funghi galletti, insalata di erbette e tartufo nero e girello di vitello cucinato a bassa temperatura, tortino di patate alla triestina, tarassacco marinato. In ogni stagione dell'anno. Anche da soli. Meglio in due. Un'"oasi" a un tiro di schioppo da Udine. E per una bella giornata, a Fagagna e dintorni c'è molto da vedere e da fare prima e dopo la consigliata esperienza al San Michele.
RISTORANTE SAN MICHELE Via Castello di Fagagna, 31 33034 Fagagna (UD) T 0432.810466 chiudo il Lunedì e il Martedì www.sanmicheleristorante.com 71
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AZ. AGR. FERESIN ALESSANDRO E CARLO Via San Lorenzo, 4 33050 Fiumicello (UD) T. 0431.917414 www.feresin.eu
LE NOSTRE PESCHE di Raffaella Nardini
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Foto di Umberto Pellizon
Arrivo al punto vendita dell'Azienda Agricola Feresin a San Lorenzo di Fiumicello nel pomeriggio del primo giorno di tregua dopo la settimana più calda e afosa di questo inizio estate e, come sempre quando si giunge in un posto che non si conosce, mi guardo in giro un po' spaesata. Vedo da lontano un signore che dal fresco del suo giardino mi osserva e mi viene incontro. Sono fortunata, è lui il fondatore di questa bella Azienda, è proprio lui che ha dato il via al primo pescheto nel lontano 1954. “Ho 89 anni – mi dice – , sono sempre contento e non mi arrabbio mai”. Mi indica compiaciuto una signora seduta alla cassa “È mia moglie, è lei che comanda. Io vado a dormire alle 21 e mi alzo alle 5 perché quando si vogliono fare bene le cose, si debbono fare la mattina presto!” “Eh sì, le pesche di Fiumicello fanno proprio bene, allo spirito e alla salute”, penso ad alta voce, osservando l'arzillo signore. Lui mi incalza: “Sì, ma ricordati che qui siamo a San Lorenzo!!”. Tipico della gente di questi luoghi, dove i confini sono confini e vanno rispettati. I figli Alessandro e Carlo, con le rispettive mogli Gioia ed Eleonora, hanno proseguito il lavoro del padre, che era partito con le sole pesche, ampliando la produzione sia frutticola che orticola per poter proporre durante l'arco dell'intero anno prodotti di qualità vari, sempre soddisfacenti il fabbisogno della classica famiglia friulana che sceglie di approvigionarsi direttamente dal produttore. La proposta spazia dai radicchi invernali a pomodori, cetrioli, zucchine, peperoni e melanzane, tipici dell'estate, dalle fragole e ciliegie della tarda primavera, alle albicocche e alle pesche dell'estate e alle mele in autunno. Non mancano le piantine da orto, le piante da giardino né il miele dei loro alveari. È sulle pesche che ci soffermiamo, sulla dolcezza della loro polpa, sulla carezzevolezza della buccia vellutata, sul profumo di questi frutti che ci accompagnano durante tutta la stagione estiva. La pesca necessita, per esprimersi in tutta la sua qualità, di estati molto calde e asciutte per diventare zuccherina, di una buona ventilazione per rimanere sana e di una buona escursione termica tra giorno e notte per essere profumata. Ha anche bisogno di acqua irrigua che a Fiumicello non manca essendo zona di risorgive. Non per niente questo paese della Bassa Friulana è conosciuto ovunque come il “Paese delle pesche”, in cui si tiene, ogni anno, nel mese di luglio, da ormai 56 anni, la “Mostra regionale delle pesche”. È da più di 60 anni che la famiglia Feresin si dedica con passione alla produzione di pesche, e di nettarine, a pasta gialla e a pasta bianca, e, dal 2010, anche delle profumatissime pesche saturnine e nettarine saturnine. Sveliamo un “mistero”, anzi due, la nettarina, o pesca noce o localmente “baracocul”, altro non è che una mutazione della pesca, più croccante e senza la peluria che può infastidire e a volte dare reazioni allergiche; la saturnina o saturnia o “ufo” è invece una varietà di pesca dalla caratteristica forma appiattita, originaria delle falde dell'Etna, selezionata per adattarsi alle nostre zone, un po' meno calde e un po' più piovose rispetto alla Sicilia. La maturazione delle pesche inizia coi primi di giugno, con le varietà più precoci, come la Rich May e la Maycrest, e termina nella seconda metà di settembre, con le varietà più tardive. Stesso discorso per le saturnine e per le nettarine, queste ultime leggermente più tardive, maturando a luglio. Alessandro e Carlo, aiutati ora anche dal giovane Lorenzo, rispettivamente figlio e nipote, e dalla di lui moglie Carin, si impegnano da diversi anni a ricercare le varietà più adatte all'ambiente pedoclimatico della zona e ad utilizzare tecniche agronomiche eco-sostenibili che garantiscano la genuinità e la qualità delle loro produzioni, garantendo la raccolta dei frutti a maturazione quasi perfetta seguita, nei giorni più caldi, da breve raffreddamento nel centro aziendale prima della vendita al dettaglio. È questa la differenza, è qui che sta la qualità, nella maturazione sull'albero e non nel frigorifero, nella coltivazione di un certo numero di varietà a maturazione scalare per coprire tutto il periodo di abituale consumo delle pesche e delle nettarine, che non sono quindi conservate in frigo, ma raccolte periodicamente perché maturano in diversi momenti della stagione. In questa lunga estate, calda se non addirittura torrida, è un piacere tuffarsi nella dolcezza e nel profumo di questi frutti che racchiudono, da un lato, la tradizione e il sapore di un tempo nelle varietà locali come la “triestina” e la “isontina” e, dall'altro, l'originalità della sperimentazione di nuove tipologie, come la saturnina, tenendo d'occhio sempre la qualità e il principio di “km zero” che, in una Regione ricca come la nostra di tipicità locali, non va mai dimenticato.
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Ricette di Pesca Isontina e Triestina le Tradizionali di Fiumicello di Piero Zerbin - Pasticceria Mosaico - Aquileia
CHANTILLY DI PESCA E MENTA 300 g di succo centrifugato di pesca isontina, 300 g di latte, 150 g di tuorli d'uovo 125 g di zucchero, 35 g di amido di mais, 35 g di amido di riso, 200 g di panna fresca, 5 g di foglie di menta, pesca isontina q.b.
Sbattete energicamente i tuorli con lo zucchero. Quando saranno ben montati aggiungetevi gli amidi e, poi, il latte con il succo di pesca che avrete precedentemente riscaldato fino a 60°. Mettete sul fuoco e portate quasi a bollore per qualche minuto fino a che la “crema” risulterà “ispessita”. Spegnete il fuoco e lasciate raffreddare. Nel frattempo montate la panna che avrete lasciato in infusione per 12 ore con le foglie di menta. Mescolatela delicatamente alla crema e riempite con il composto dei bicchierini o delle tazzine, rifinendo con una dadolata di pesca fresca e foglioline di menta.
ronc di vico Matêc
Uve: picolit 70%, verduzzo friulano 30% Alc. 12% - € 25
Giallo paglierino luminoso. Ventaglio olfattivo delicato ma di grande complessità ed eleganza. Fioriture estive, erba limone, agrumi disidratati, crema al mandarino, lavanda e folate di brezza marina. Ingresso fresco e diretto. Allungo morbido con fioriture in evidenza. Chiusura sapida. Da uve passite 40 giorni sui graticci, fermentazione e maturazione per 18 mesi in barrique francesi.
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MORBIDA RICOTTA PESCA E ZENZERO 120 g di burro, 185 g di zucchero, 1 g di sale, 150 g di ricotta di pecora 100 g di uova, 40 g di succo centrifugato di pesche isontine, 3 / 4 pesche isontine 6 g di lievito chimico, 200 g di farina, 15 g di zenzero fresco
Ungete con poco burro uno stampo di 22 cm di diametro. Disponetevi sul fondo delle fettine di pesca. Montate il burro con lo zucchero e il sale. Aggiungetevi la ricotta di pecora, lo zenzero fresco a pezzetti, il centrifugato di pesca e le uova, e mescolate. Unite al composto la farina setacciata e il lievito. Mescolate nuovamente e versate il tutto nello stampo dove avete già disposto le fettine di pesca. Infornate per 35 minuti circa a 180°.
pitars Angelo 2013 Uve: verduzzo friulano 70%, picolit 20%, malvasia 10% Alc. 13,5% - € 22 Giallo paglierino brillante. Profumi intensi e suadenti di: miele d’acacia, cips di banana, gelèe di pesca, pasticceria da forno. Delicata salsedine a chiudere. Avvolgente, equilibrato da ottima freschezza balsamica. Finale lento e corrispondente nei richiami fruttati e nei leggeri sbuffi di fiori di zagara. Vinificato in acciaio e sosta per 18 mesi nei piccoli legni di rovere.
PESCA IN CESTINO 200 g di pesca triestina, 30 g di uvetta , 20 g di zucchero di canna, 40 g di farina di mandorle, 60 g di cioccolato al latte, 20 g di olio di riso, rhum q.b., confettura di pesca q.b., cestino di cioccolato fondente
Tagliate le pesche a cubetti. Passatele in forno a 100° qualche minuto per eliminare l'acqua in eccesso. Unite alla dadolata di pesca l'uvetta precedentemente messa in ammollo con il rhum, la farina di mandorle e lo zucchero. Legate il tutto con il cioccolato al latte e l'olio di riso. Mettete nel cestino di cioccolato fondente un leggero strato di confettura di pesca e riempitelo con il composto che avete preparato.
la bellanotte Vento dell’Est 2013 Uve: picolit 100% Alc. 12% - € 50
È vestito d’ambra lucente. Il primo naso riporta ai delicati profumi varietali che richiamano le fioriture. Poi: albicocca disidratata, camomilla, agrumi candidi, pesca sciroppata, tè alla menta, erbe officinali essiccate e leggere note fumé. Dolce e l’evidente morbidezza è bilanciata da aderente freschezza. Finale sapido e tostato. Da uve passite, fermenta e matura in piccoli di legno.
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IL FORNO DI FLAVIO Il forno si sta lentamente raffreddando, le consegne giĂ tutte fatte, si sbrigano le ultime incombenze prima di dedicarsi di nuovo a impasti, lievitazioni, cotture. di Federico Magni Foto di Umberto Pellizon
IL FORNO A LEGNA di Sequalini Flavio Via L. Garzoni, 25 33047 Remanzacco (UD) T. 0432.667813 www.ilfornodiflavio.it
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Sono le 9.00 del mattino e questa è la vita del
fornaio. Del panificatore, tiene a precisare Flavio Sequalini. Lui che fa solo pane -anche se i biscotti e le torte sono davvero niente male- e lo fa, per scelta e per passione, dall’inizio del nuovo millennio dopo aver dato una svolta significativa alla propria idea di vita e, conseguentemente, di alimentazione. Certo non è da tutti accompagnare alla decisione di condurre un regime alimentare attento e rigoroso quella di cimentarsi nella affascinante ma complessa, e senz’altro faticosa, arte della panificazione. Dapprima in casa, quasi da autodidatta, poi costruendosi una struttura moderna ed estremamente funzionale a Remanzacco, a due passi dalla stazione, dove oggi Flavio e due collaboratori si occupano delle quattro/cinque infornate quotidiane. Per un profano, quale il sottoscritto, è certamente il forno, la sua struttura e il suo funzionamento, a solleticare maggiormente fantasia e attenzione. Il forno, a legna, Flavio l’ha fatto costruire -da un artigiano piemonteseprestando la più grande cura alla distribuzione e al mantenimento del calore. La legna arde e scalda la camera di cottura portandola a 350/380 gradi. Una volta eliminati tutti i residui di combustione, a forno perfettamente pulito, si attende che la temperatura lentamente cali fino a 250 gradi circa. Questo è il momento per la prima infornata, fatta rigorosamente “a stecca” di modo che l’impasto cuocia direttamente sul refrattario e non su lame di acciaio. È il pane di farro il primo infornato; perché sopporta le alte temperature e cuoce rapidamente -bastano una trentina di minuti-. Per l’integrale e quello di frumento ci vuole quasi un’ora e la temperatura deve abbassarsi. Ogni gesto, attento e preciso, ogni dettaglio, pensato e perfezionato, è fondamentale per la riuscita di un ottimo pane. Sembra banale e scontato, ma senza un’ottima farina, dell’acqua depurata e analizzata costantemente, un buon olio evo e, ovviamente, un “grande” lievito naturale, senza dimenticare il sale, il risultato finale non potrà che essere “nella media”. Flavio lo sa bene. Ha sperimentato su di sé l’importanza di consumare prodotti genuini e salubri.
La scelta del biologico non è quindi un inseguire le tendenze in voga, ma frutto di una ricerca minuziosa di materie prime certificate, scovate personalmente sia in regione -principalmente segale e orzo- sia in altre zone d’Italia (le farine sono praticamente sempre quelle macinate a pietra; il grano duro viene dalla Sicilia). Che dire, poi, del lievito; indiscutibilmente l’elemento principe della panificazione. Flavio ne parla, a ragione, come un cantiniere dei propri segreti di vinificazione. Con molta parsimonia, quindi, e con un certo orgoglio. Il primo lievito naturale prodotto “in casa” è stato quello di frumento a cui poi si è aggiunto, dal 2008, quello di farro per i pani di grano duro. La pasta madre viene mantenuta leggermente liquida e “rinfrescata” personalmente da Flavio ogni giorno, Natale e ferragosto compresi. Così come ogni giorno sono controllate le acidità. In fondo, dice, non ci sono grandi segreti, solo estrema attenzione e abnegazione. Banditi miglioratori e glutine aggiunto, l’impasto -diverso per ogni tipo di pane- lavorato viene lasciato riposare per circa novanta minuti (è la fase della puntatura) prima di prendere la forma desiderata. Serviranno poi ancora più di due ore perché si compia la lievitazione e il pane possa essere infornato. Dall’impasto all’infornata passeranno quindi circa quattro ore. Da ultimo, il pane cotto sosterà per un’ora su assi incrociate di faggio per asciugarsi lentamente e senza subire stress, il che permetterà un’ottima conservazione per diversi giorni. Quali sono i pani di Flavio? Tra gli altri, l’integrale -da farina di frumento integrale-, con e senza sale (quello che preferisco); il nero di segale -da farina di segale integrale-; il rustico -da farina di frumento semintegrale e integrale-; e poi gli azzimi di kamut e di farro e il tibetano -da farina di frumento, orzo tostato e semi di sesamo tostati-. Dove trovarli? Flavio non vende al dettaglio, ma rifornisce negozi specializzati nella vendita di prodotti biologici ai quattro angoli del Friuli Venezia Giulia. Da Tarvisio a Trieste, da Pordenone a Gorizia, da Tolmezzo a Cervignano. All’indirizzo www.ilfornodiflavio.it sono segnalati tutti i punti vendita.
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QUELLI DI PEONIS di Fabrice Gallina Foto di Fabrice Gallina
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Straordinari i mieli che si trovano nella fascia collinare del
Friuli Venezia Giulia, a Peonis, piccola frazione del comune di Trasaghis, adagiata lungo il Tagliamento. Qui conosciamo Luigina Zuliani, che, aiutata da Enrico, suo marito, dagli anni '80 ricava mieli davvero unici dalle sue 220 arnie dislocate tra Trasaghis, Cornino e Muris. L'azienda pratica il nomadismo. Gli alveari vengono spostati seguendo le fioriture, da maggio a luglio. Il primo a fiorire è il tarassaco, e poi l’erica, nella zona di Oncedis, da cui si ha un miele torbido, dai sentori di caramello, zucchero cotto, polvere di caffè, camomilla, curcuma e zafferano. A seguire l’acacia, nella zona di San Vito, in condizioni ideali per dare un prodotto dalla rara eleganza, caratterizzato da note vanigliate, confettate, di mandorla dolce sbucciata e dal sapore delicato e piacevole. Poi l’amorpha fruticosa, che cresce lungo i fossi e tra i greti di fiumi e torrenti. Il sapore ricorda l’acacia, ma l’aroma è finemente agrumato. Si ricava anche molto polline, particolarmente ricco di aminoacidi essenziali, vitamine e sali minerali. Infine il castagno, da cui si ottiene un miele scuro e particolarmente fluido, aromatico, pungente, con sentori di corteccia, e, quasi contemporaneamente, il tiglio, nei boschi del monte Covria, che da un miele fresco, mentolato, balsamico, con effluvi di incenso e resina. Luigina, al momento opportuno, raccoglie il miele tiglio lampone -frutto d’eccellenza proprio di Avasinis- risultato della miscela da parte delle api dei due nettari. L’azienda è familiare; Enrico e Luigina si dividono i compiti, uno nei campi e l’altra a smielare, un'operazione molto delicata che permette l’estrazione del miele dagli opercoli dei telai sfruttando la forza centrifuga. Indice di un miele di qualità e naturale è la tendenza a cristallizzare. Il consumatore lo vorrebbe sempre limpido e fluido, non gradendolo cristallizzato e, invece, questo processo naturale -che dipende, oltre che dalla temperatura, dalla composizione-, è garanzia di una minor presenza di acqua, di una maggior presenza di glucosio e di un'alta concentrazione di zuccheri. Numerosi sono i premi conseguiti in Regione dall'azienda, che produce anche polline e pappa reale; sempre da api regine autoctone friulane.
ZULIANI LUIGINA Via Perugia, 16 A - Peonis 33010 Trasaghis (UD) T. 0432. 984900 - 3491598835
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LA RUBRICA DEI LIBRI
LA CUCINA DELLA BUONA TERRA
GRAVNER, COLTIVARE IL VINO
di Dan Barber Dan Barber, notissimo chef del ristorante Blue Hill, nel Greenwich Village di Manhattan, New York e del Blue Hill di Stone Barns, azienda che si trova al centro del Stone Barns Center for Food & Agriculture, 30 km a nord di New York, ci conduce in un viaggio fantastico, in ogni parte del mondo, a conoscere i migliori allevatori, i migliori pescatori e i migliori agricoltori per scoprire la loro dedizione, l’attenzione alla loro terra e al loro mare, in un grande affresco di arte culinaria che è anche un’ode accorata alla sostenibilità del pianeta. Barber, nominato nel 2009 dalla rivista «Time» tra le 100 persone più influenti al mondo, sostiene in questo libro che il menù del ristorante non debba dettare l’agenda degli agricoltori e degli allevatori, ma al contrario un bravo chef deve essere in grado di mettere nel piatto, con arte, i frutti del lavoro di coloro che gli alimenti li fanno crescere assecondando la natura e producendo ciò che la terra sa fare meglio.
di Stefano Caffarri e Alvise Bersanti “Non ho trovato un altro modo per raccontare Joško Gravner che descrivere il suo modo di stare nel mondo. Non ho trovato altro modo di farlo se non con una serie di cerchi: a volte eccentrici, a volte sbilenchi, a volte nascosti. Ma nella storia di Joško tutto torna: il suo vino è il suo pensiero, e il suo pensiero è il suo modo di stare nel mondo”. Inizia così il racconto di Stefano Caffarri sul “Gravnerpensiero”; un libro emozionale, dedicato a Miha, il figlio scomparso di Joško, corredato da suggestive immagini in bianco e nero di Alvise Bersanti. Riflessioni, attimi a volte sfuggenti, a volte pesanti come macigni scandiscono le pagine. Quest’opera, la cui cura editoriale è di Mateja Gravner, è un viatico privilegiato per accostarsi a un grande personaggio considerato da tutto il mondo come uno dei padri della viticoltura rigorosa. Una pratica che osserva scrupolosamente anche in cantina. Un percorso di vita prima e di produttore di vino poi. In lingua: italiana, slovena, inglese.
€ 29 - 426 PAGINE - BOLLATI BORINGHIERI
€ 19 - 65 pagine - IL CUCCHIAIO D’ARGENTO
PROSECCO PATRIMONIO DEL NORD EST
VINI E VINILI
di Fulvio Colombo L’autore, storico del territorio e autore di saggi sul medioevo triestino e sulle dinamiche castellane regionali, ci offre il primo racconto completo sull’origine e le vicende del vino Prosecco. Una storia iniziata cinque secoli fa nei vigneti della riviera triestina, vicino al Castello di Prosecco, per spostarsi in seguito nel vicino Veneto e per proseguire attualmente in tutto il mondo. Attraverso un percorso storico e culturale preciso e dettagliato il lettore scoprirà che nella Trieste dell’epoca si viveva di viticoltura e di commercio del vino, oltre che delle saline e che nei terreni della riviera si produceva un vino eccellente, tanto apprezzato all’estero da essere oggetto d’imitazione. Questo portò, precorrendo i tempi, a proteggere il vino associandolo all’origine geografica e quindi dal Seicento assunse la denominazione definitiva del toponimo di origine, Prosecco appunto.
di Maurizio Pratelli Esistono dei binomi perfetti: sigaretta e caffè, pane e salame, cacio e maccheroni. Maurizio Pratelli, critico musicale free-lance, ne propone uno alternativo e accattivante: musica e vino. Trentatré grandi dischi, anzi “vinili”, di rock contemporaneo e del passato sono abbinati ad altrettante bottiglie di vino rosso per invogliare il lettore a un ascolto profondo, lento e ricco di emozioni. L’autore ci avverte che la scelta degli autori e dei brani musicali è stata del tutto personale così come quella dei vini d’autore, non legati alle mode, ma alle antiche ricette della tradizione contadina. La lettura scorre veloce e le storie delle canzoni e dei loro autori s’intrecciano con quelle dei vini e dei loro appassionati produttori. E allora sediamoci sulla nostra poltrona preferita, scegliamo l’autore adatto al nostro stato d’animo, versiamoci nel bicchiere il vino prescelto e lasciamoci cullare dalle emozioni!
€ 14 - 198 PAGINE - LUGLIO EDITORE
€ 17 - 208 PAGINE - ARCANA
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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo Anno II, Numero 7, Lug/Ago/Set 2015 Direttore Responsabile Renzo Zorzi zorzi@mangiavino.com Direttore Editoriale Renato Paglia paglia@mangiavino.com Vice Direttore Editoriale Giorgio C. Riva riva@mangiavino.com Editore e Concessionario per la Pubblicità b.m. srl bmeditore@mangiavino.com; redazionemangiavino@libero.it Via Caccia 35, 33100 Udine tel. 0432 500468 338 8776489 - ufficio commerciale - Stefano Sanna Hanno Collaborato a Questo Numero Enrico Bertossi, Marco Calzavara, Gianluca Castellano, Bruno Cataletto, Fabrice Gallina, Federico Magni, Raffaella Nardini, Alessandro Pareschi Immagini di Marco Calzavara, Fabrice Gallina, Umberto Pellizon e di chi citato Se non diversamente indicato, sono dovute alla cortesia degli autori dei testi e/o degli intervistati e/o delle persone e/o degli enti di riferimento/provenienza e/o della redazione Art Director Daniele Bressan Impaginazione Grafica Martina Madrisan, Kevin Bisiacco Stampa La Tipografica Srl Basaldella di Campoformido (UD) Prezzo di Vendita € 8,00 Rivista Unica di Proprietà dell’Associazione Italiana Sommelier del Friuli Venezia Giulia Presidente Renzo Zorzi renzo.zorzi@aisfvg.it Registrata presso il Tribunale di Udine il 17/09/2013, n. 8/2013, ISSN 2283-7973 Degustazioni Gianni Ottogalli, ove non altrimenti precisato Abbinamenti ai Piatti Alessandro Pareschi o chi specificato I prezzi dei vini delle schede sono quelli medi d’enoteca Ringraziamenti a Marco Carraro, Daniele Cernilli, Marco e Roberto Felluga, Gianni Menotti, Olivier Rivière, Stefano Trinco, Piero Zerbin Un ringraziamento particolare a
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