9 772283 797304
ISSN:22837973 20171
bm Editore - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, NE/UD editore ISSN 2283-7973
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MANGIAVINO
MANGIAVINO Rivista Unica dell'Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo
â‚Ź 8,00
NOGLĂ‚R 2015 dalla nostra riserva di merlot
www.lefavole-wines.com
LE FAVOLE VINI MODERNI CON LE RADICI NEL PASSATO “Ogni angolo del Friuli Venezia Giulia merita d’essere visitato!”. È una frase che richiama, anche banalmente, uno slogan turistico ma in realtà, quando lasci le strade più frequentate per addentrarti su sentieri meno battuti, capisci che non si tratta semplicemente di réclame. Il territorio di Caneva vanta la presenza di insediamenti umani risalenti a 11.000 anni a.C. e da uno dei due castellieri locali è nato un “Castrum” romano. La posizione strategica ne fece un antico punto di collegamento tra Aquileia e Concordia con l’Alpago e quindi il Norico. Oggi è un’amena cittadina, ricca di opere architettoniche che si affaccia sul Bosco del Cansiglio, un polmone verde straordinario. Si attraversa il centro storico, si sale in direzione dell’antico castello e dopo qualche tornante appare un ampio anfiteatro naturale protetto da dolci colline di faggio. Un piccolo scrigno, prezioso alla vista perché coltivato a vite. Il cancello apre al breve sterrato che sale e conduce alla cantina realizzata tenendo presente il minor impatto ambientale possibile. Da qui la vista spazia sui vigneti, sui prati da pascolo e sulle colline. La configurazione geografica attira le fresche brezze. Il sole, alto a mezzodì, garantisce l’apporto necessario alla maturazione dei frutti per poi nascondersi rapidamente dietro la prospicente altura. La terra è rossa, ferritica. Picavèlt, antico toponimo di questa località, è una dolina carsica e non manca la frequentazione degli animali del bosco, in particolare cervi. Tutto questo ha un nome: Le Favole. Evio e Angelo Cadorin ne sono i proprietari. Qualche anno fa decisero che era ora di tornare a occuparsi di terra, di agricoltura, di vini. Un ritorno alle loro origini, all’attività prevalente del nonno e del papà. Un progetto desiderato quanto programmato, come si conviene nelle migliori aziende, li porta ad acquistare una bellissima azienda a Carlino, nella zona litoranea friulana segnata dalla Doc Friuli Annia. I terreni argillosi di Bosco Bando, non interessati da alcuna bonifica, sono coltivati a vite da sempre e si dimostrano perfetti per i loro progetti. Nascono così vini bianchi straordinari, freschi e fruttati, come la Malvasia, il Friulano, il Pinot Grigio e il Traminer aromatico. Nei rossi spiccano, per corposità ed eleganza, il Merlot, il Refosco dal peduncolo rosso, il Cabernet Franc e il Cabernet Sauvignon. Altri due prodotti indicano nettamente le qualità e le potenzialità aziendali. Sono il Noglâr da uve merlot e il Storiis ottenuto da uve refosco dal peduncolo rosso. Entrambi sono frutto da attente selezioni e sapienti affinamenti che li portano a durare nel tempo. Al progetto di Carlino si aggiunge quello di Caneva. Qui l’enologia ha un passato importante, tuttora la vocazione del territorio è indiscussa ed è qui che i fratelli Cadorin hanno deciso di fare la cantina. Il clima e il terreno sono ottimali per le uve aromatiche quali sauvignon blanc, pinot bianco e riesling che sono l’espressione del Bianco Picavèlt. Un blend fresco ed equilibrato, emozionante nei suoi complessi ritmi profumati che riportano ai grandi vini d’oltralpe. Grazie alle importanti escursioni termiche del Castello si ottengono anche uve perfette per la spumantizzazione. Oltre al tipico Prosecco, l’azienda realizza un Metodo Classico che, fin dalla prima uscita, suscita interesse e consensi. Il Giallo di Roccia è realizzato con chardonnay, pinot bianco e pinot nero: uve che i Cadorin coltivano con bassa resa proprio per ottenere vini base di altissima qualità. La permanenza sui lieviti è di ben 48 mesi e il risultato finale è ottimo. Il suo aspetto è un luminoso giallo paglierino impreziosito dal finissimo perlage. Pesca bianca e mela golden introducono il ventaglio olfattivo che prosegue sui temi floreali primaverili e le erbe aromatiche fresche e balsamiche. Avvolgente e sapido al palato. Il finale intriso da spruzzi di salsedine ripropone suadenti richiami fruttati. RZ
“Sontium”, il vino nato dai grappoli dei più vecchi vigneti che racconta la storia di un territorio attraversato dallo smeraldo Sontium, nome in latino del fiume Isonzo.
CI PUOI INCONTRARE AL VINITALY dal 15 al 18 Aprile Padiglione 6 Stand E6
Azienda Agricola Lorenzon Srl Via Ca’ del Bosco № 16 | 34075 San Canzian d’Isonzo (Go) | T. +39 0481 76445 info@ifeudidiromans.it | www.ifeudidiromans.it
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www.sontium.it
Editoriale Pare che il fenomeno del momento si chiami Ribolla Gialla. La corsa da parte dei produttori regionali in questi anni a realizzare impianti per la sua produzione sta generando un’impennata nella produzione che alcuni vedono come un’opportunità, altri come un pericoloso rischio. La domanda di questo vino, non c’è dubbio, era ed è ben superiore all’offerta e, come la più semplice regola del mercato insegna, si è corso ai ripari. Nulla di strano. Personalmente sono indotto a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi penso che si tratti di una grande imperdibile occasione. Certo le esigenze sono diverse tra pianura e collina ma è necessario arrivare a una sintesi. Il Friuli Venezia Giulia sta faticosamente tenendo testa a regioni meno vocate dal punto di vista enologico ma molto aggressive sui mercati; non possedendo immagine e storia non hanno nulla da difendere. Esse rappresentano la novità e quindi sono motivo di attrazione. Ecco perché è necessario, una volta in più, fare sistema approfittando anche del momento favorevole della Ribolla. Alla Politica il compito di tirare le fila.
Renzo Zorzi Direttore Responsabile Presidente Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
LA TUNELLA. Via del Collio 14 33040 Ipplis di Premariacco (ud) T. +39 0432 716030 info@latunella.it www.latunella.it
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LA FAMIGLIA È SEMPRE AL PRIMO POSTO “Cinquant’anni fa nonno Min e poi papà Livio Zorzettig iniziarono una storia che prosegue oggi con La Tunella di Massimo e Marco Zorzettig custodi, insieme alla mamma Gabriella, delle tradizioni familiari”. Questa brevissima frase, sul sito web dell’azienda, descrive la propria genesi. È solo un accenno, quasi timido, come si usa in Friuli dove riesce difficile parlare di sé stessi e dei propri cari. Dietro queste poche parole c’è una grande realtà perché La Tunella non è solo un’azienda friulana che esporta i suoi vini, famosi per la loro eccellente qualità, in tutto mondo ma è soprattutto una famiglia, una bella famiglia.
Zorzettig è un nome comune tra i vignaioli del cividalese e appartiene a un unico nucleo originario. Forse per questo Livio decide, in un bel giorno del 1986, che è ora di mettersi in proprio. Una manciata di ettari e tanta forza. All’inizio non possiede neanche la cantina e il primo anno dove vendere l’uva. Una strada in salita, faticosa, ma schiusa a grandi aspettative. L’azienda conta 23 ettari di vigna piantata prevalentemente con vitigni autoctoni, 10 ettari di seminativi e 5 di bosco. Il vino imbottigliato in piccole quantità è venduto in azienda, a clienti privati, sul mercato domestico; il resto trova collocazione ottimale nelle osterie tipiche friulane come vino da mescita a bicchiere. Livio però, di lì a poco, viene a mancare e la battuta d’arresto è inevitabile. Gabriella rimane sola con i figli Massimo, quindicenne, e Marco, di due anni più giovane. La rassegnazione però non è di casa a Ipplis e Gabriella decide di proseguire l’attività, diventa il punto di riferimento per tutto e tutti. Terminata la scuola dell’obbligo, Massimo segue il vigneto e la cantina: instancabile, con grande passione e dedizione, prosegue il cammino di valorizzazione dell’azienda anche grazie alla collaborazione e ai preziosi consigli forniti dai produttori presenti in paese e dagli zii e cugini. Segue inoltre, sotto la guida costante di mamma Gabriella, le vendite in azienda e i rapporti con i Clienti. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, Massimo, con grande umiltà e impegno, coglie i suggerimenti, ascolta con rispetto e si forma professionalmente, guardando avanti sì ma senza dimenticare la storia della sua famiglia. Dopo qualche anno anche Marco fa il suo ingresso nell’impresa coadiuvando il fratello e la mamma. Si prende cura della vigna e la fa diventare il suo lavoro. I ragazzi si impegnano con profitto in campagna e in cantina ma il loro sogno è quello di produrre vini di grande qualità e poter ampliare così il mercato. Limitarsi allo sfuso e a una produzione che accontenta la clientela locale non può per loro rappresentare il futuro. Il reimpianto dei vigneti vetusti, l’acquisto di nuovi terreni vocati in collina, l’introduzione di nuove varietà e la ricostruzione della cantina sono diventati realtà negli anni ‘90. Il mercato si allarga, le bottiglie etichettate “Livio Zorzettig” riscuotono il favore dei consumatori che si accorgono che, in quei vini, c’è uno stile diverso, moderno e che “i “fruts” (i ragazzi) di Gabriella possiedono una marcia in più. A loro si aggiunge, nel 1993, Luigino, un giovane e preparato enotecnico che, con Massimo, imposta un formidabile lavoro teso ad aggiungere ancora più qualità ai vini. La decisione di cambiare nome all’impresa, nel 2002, non è facile. Tuttavia è necessario distinguersi nel mercato e la scelta ricade su un antico toponimo presente sulle mappe di primi decenni del 1800 del catasto austriaco: La Tunella. Si tratta di un casale e di una collina situati prossimità dell’azienda ed immersi nel contesto paesaggistico unico e meraviglioso delle colline cividalesi. Si presenta quindi la fatica di ripartire con un nuovo marchio e creare una propria identità. C’è però anche il piacere di farsi conoscere quali giovani vignaioli friulani che vogliono portare nel mondo la tradizione del loro Friuli enologico e l’innovazione positiva che lo percorre già da tempo. Con il sostegno indispensabile di mamma Gabriella, l’azienda continua la sua crescita. “Fare meno per fare meglio”: questo è l’obiettivo che ogni giorno tutto il gruppo di lavoro persegue con determinazione. Oggi l’azienda lavora 70 ettari di vigneti di proprietà, tutti collinari e situati nell’area DOC del Friuli Colli Orientali. Il 70% sono dedicati ai bianchi e il rimanente 30% ai rossi. La densità media delle piante è elevata e la resa non supera le 7,5/9 t per ettaro. Nascono così grandi vini dalle radici friulane quali Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Verduzzo Friulano, Picolit, Refosco dal peduncolo rosso, Schioppettino, Pignolo e da vitigni internazionali come Chardonnay, Pinot Grigio, Sauvignon, Pinot Nero, Merlot, Cabernet sauvignon e Cabernet Franc. La Tunella però si distingue anche per la produzione di vini frutto di grandi selezioni in campagna e che sono la massima espressione del territorio: tre bianchi - Friulano, Ribolla Gialla (denominata Rjgialla) e Malvasia Istriana (denominata Valmasìa) - e tre rossi - il Refosco dal peduncolo rosso, lo Schioppettino e il Pignolo. Alla produzione si aggiungono, a partire dal 2011, a un anno dalla vendemmia, tre cru monovarietali: COL LIVIUS Friulano, COL MATÌSS Sauvignon e COL DE BLISS Ribolla Gialla. Le uve dei cru sono frutto di 3 piccoli appezzamenti circoscritti situati in tre zone diverse del cividalese con ceppi piantati negli anni ‘80. Oltre a questi vitigni indigeni, vinificati in purezza, l’azienda ha selezionato le migliori uve bianche per destinarle alla produzione di due importanti uvaggi autoctoni: BIANCOSESTO - a base Friulano e Ribolla Gialla che fermenta e matura in botti di rovere di Slavonia da 30 hl- e LALINDA - da Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla che è vinificato in tonneau di rovere francese da 5 hl. Il Biancosesto e Lalinda sono presentati sul mercato a un anno dalla vendemmia. Certo, è il BIANCOSESTO, l’uvaggio che riscuote maggior successo e a cui Gabriella, Massimo e Marco sono molto legati. Nato nel 2003, ha subito colpito per raffinatezza e corpo procurandosi riconoscimenti e premi che, anno dopo anno, continuano a certificarne la qualità. Un vino che parla friulano e che è in grado di farsi ascoltare nel mondo. I vigneti sono dolcemente esposti a Sud. Le rese in campagna sono basse e non superano le 7 t per ettaro. La vendemmia settembrina contemporanea di tutte le uve regala alla cantina grappoli perfetti per una vinificazione delicata; poi la vinificazione e la lenta maturazione “sur lie” in grandi botti di rovere di Slavonia. Il conseguente affinamento in bottiglia nella silente cantina permette infine di consegnare al mercato in autunno, a un anno dalla vendemmia, un vino straordinario, riconosciuto universalmente come uno dei migliori prodotti in Italia. Davvero emozionante l’approccio sensoriale. Si veste di giallo paglierino carico. Ventaglio olfattivo suntuoso e raffinato di fioriture primaverili, erbe aromatiche fresche. Poi ricordi di mela verde, sambuco, sottobosco, rosmarino. Delicate note di piccola pasticceria e vaniglia anticipano eleganti effluvi minerali rocciosi. Al palato è fresco, bilanciato da adeguate porzioni gliceriche. Il lento finale lento riporta alle erbe mediterranee, a folate di salsedine e di balsami.
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c o n t e n u I Vini Di Casanova di Daniele Cernilli /p. 12 La Trota Di Montagna Che Vine Dalla Pianura di Flavia Virilli /p. 14 La Birra Agricola Di Villa Chazil di Alessandro Pareschi /p. 18 Gli Asparagi E Il Vino di Renato Paglia /p. 23 Impara l’Arte Al Fagiano di Enrico Bertossi /p. 26 Il Lidric Cul Pòc di Raffaella Nardini /p. 28 Chef Sconfinato di Giorgio C. Riva /p. 34 Spine Di... Passione di Bruno Cataletto /p. 42 Il Fagiolo Antico Di San Quirino di Pierangelo Dal Mas /p. 46
t i In Copertina “In sella!”
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Il Dono Di Essere Paysan di Federico Magni /p. 50
La Ricetta Di Mangiavino /p. 56 Verduzzo Friulano Dolci Ricordi di Renzo Zorzi /p. 58 Il Pinot Grigio Senza Tempo Di... di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 64 Amanuensi Si Diventa di Diana Candusso /p. 72 Osmize Antiche Ospitalità di Bruno Cataletto /p. 76
concept: MumbleDesign.it
Elegance is an attitude. SINCE 1910
Il tocco elegante dei nostri vini bianchi è nella natura e nei profumi di questa terra, le Grave, di cui siamo interpreti fino dal 1910 con i nostri vini e i nosrtri valori: forza, tenacia, rispetto e difesa del territorio simboleggiati dalla spada, antico emblema della nostra famiglia.
“Botis� Ribolla Gialla.
I VINI DI CASANOVA di Daniele Cernilli
foto di Umberto Pellizon
www.doctorwine.it
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on riesco a pensare a due persone così diverse come Giacomo Casanova e Loretto Pali. Il primo, famoso seduttore, uomo spregiudicato, avventuriero privo o quasi di scrupoli, con il fascino dell’artista maledetto. Il secondo serio imprenditore, persona molto solida, razionale, con l’orgoglio del suo lavoro. Una cosa forse li accomuna. Entrambi hanno tenuto in gran conto il mondo femminile. Casanova con mille amanti, Loretto con sua moglie Barbara, splendida e intelligente signora e madre di suo figlio. C’è tutta la differenza del mondo nei comportamenti, ma l’interesse per il gentil sesso è indiscutibile. Forse è per questo, oltre che per il fatto che Casanova alloggiò al Castello di Spessa a Capriva, che oggi è di Loretto Pali, che lui ha voluto dedicargli un premio. Un riconoscimento da assegnare a un personaggio, del mondo del vino o della cultura, che avesse dato lustro al Friuli. Così ecco Giannola Nonino, Marco Simonit, Gianni Menotti, Mario Luzzatto Fegiz, tra gli ultimi che lo hanno ricevuto. E a tutti va anche una grande bottiglia del Pinot Nero dedicato a Casanova e che viene prodotto con le uve coltivate negli splendidi vigneti del Castello di Spessa. Ecco, il vino, i vigneti che si adagiano sulle placide colline che circondano il castello. Il regno di Loretto e di Barbara. Un piccolo angolo di paradiso. Di persone provenienti da settori diversi da quello vitivinicolo e che si sono poi dedicati a quello ce ne sono molte in Italia. Ben poche hanno intrapreso quell’attività con la determinazione e la competenza di Loretto Pali, che ne ha fatto una ragione di vita. Ricordo che le prime
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volte che andavo a Capriva, per incontrare Mario Schiopetto o Marco Felluga, le vigne del castello erano quasi in abbandono, e la cosa appariva molto chiara guardando le loro, che sembravano dei giardini. Poi è arrivato Loretto, imprenditore, produttore di arredamento per l’infanzia, e le cose non potevano continuare in quel modo. Per lui non sarebbe stato concepibile non essere all’altezza dei suoi vicini, non produrre vini di eccezionale qualità, non restaurare il castello. “Pensa che mi sono preso persino una condanna perché ho voluto procedere con i lavori prima che il comune mi desse i permessi. Non sopportavo le lungaggini burocratiche” mi ha confessato una volta. Restauri che poi hanno riportato il Castello di Spessa agli antichi splendori, eseguiti senza badare a spese e rispettando rigorosamente stili e materiali originari. Oggi ne hanno ricavato un albergo, intorno c’è un campo da golf, e quasi trenta ettari di vigneti che sono uno spettacolo. E i vini? Da qualche anno sono fra i migliori della zona. Certo, il Pinot Nero di Casanova è un’ottima versione di Pinot Nero del Collio. Ma il vero fuoriclasse è il Pinot Bianco Santarosa, uno dei migliori del Friuli nella sua categoria. Come pure il Sauvignon Segre, possente e varietale, profumatissimo. È il nuovo arrivato, il Pinot Grigio Joy, dal colore “ramato”, a ricordarci che le uve, quelle del pinot grigio, si chiamano così perché non sono né bianche né nere. Sono “grigie” perciò, che in termini viticoli significa che sono “rosa”. Un vino affascinante, piacevolissimo, facile da bere ma complesso nei profumi di pera e di pesca, e nel sapore avvolgente e salino. Delizioso, insomma. Ma c’era da aspettarselo.
ITTICA SIGALOTTI GIUSEPPE Via Siega, 12 - 33079 Sesto al Reghena (PN) T. 368 286106 Giuseppe.sigalotti@alice.it Affumicatura, lavorazione e punto vendita LocalitĂ La Maina - 33020 Sauris (UD) T. 392 0273934 www.trotadisauris.com
LA TROTA DI MONTAGNA CHE VIENE DALLA PIANURA di Flavia Virilli
foto di Romeo Pignat
Hanno nomi arcaici, che evocano un’epoca ricca di scambi tra le genti che in passato abitarono l’arco alpino: sono Flama, Rach, e Šnea. In lingua saurana - idioma parlato ancora oggi a Sauris (Udine), derivante dal tedesco medievale con influenze romanze - significano “fiamma”, “fumo”, “neve” e sono gli appellativi con i quali i fratelli Giuseppe e Silvano Sigalotti hanno battezzato i filetti di trota salmonata prodotti dalla loro azienda Agricolo-Ittica di Sesto al Reghena (Pordenone). È il loro personale tributo al paese dell’Alto Friuli nel quale hanno scelto di affumicare le carni pregiate di quelle trote, che crescono nell’acqua delle Risorgive friulane ma sono chiamate Zea (lago), proprio in omaggio al luogo dove avviene l’ultimo essenziale passaggio di una filiera votata all’eccellenza. La famiglia Sigalotti è presente a Bagnarola di Sesto al Reghena da circa 500 anni ed è nota per aver sempre gestito un mulino con annessa segheria.
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a svolta verso l’itticoltura avvenne nei primi anni Sessanta del Novecento, quando l’attività legata al mulino entrò progressivamente in crisi. Fu in quel momento che al loro papà Silvestro, e allo zio Gianmaria venne l’idea di avviare un allevamento di trote. Ai tempi si trattò di un progetto del tutto avveniristico, che tuttavia diede ragione ai due fratelli, meritevoli di aver saputo valorizzare con lungimiranza le preziose acque di risorgiva. Acque, che, sottolinea Giuseppe, “per quantità e qualità hanno eguali solo in poche altre aree geografiche del mondo, come la Bretagna, lo Jutland e l’Idaho”. In questo ambiente peculiare - che offre acque pure, abbondanti e a temperatura perfetta - la trota salmonata è allevata con metodi sostenibili, “nel pieno rispetto - prosegue - di un prezioso ambiente di risorgiva che mantiene la sua integrità naturale, preservando specie autoctone, nonché scorci paesaggistici di raro pregio, oltre a un mulino secolare”. L’attenzione verso il consumatore finale, al quale si vuole garantire un prodotto unico e di altissima qualità, ha portato i due fratelli che guidano l’azienda dal 2000 e sono tra i soci fondatori dell’Associazione Allevatori Trota Friulana - a interessarsi all’affumicatura. “Quest’arte - ci raccontano - è stata affinata a Sauris fin dai tempi antichi e ancor oggi mantiene un rituale pressoché immutato, la cui genuinità rende questo paesino un luogo d’elezione per ottenere filetti eccellenti, nei
quali sapore e aroma sono amplificati al meglio”. Quello che un tempo era uno dei pochi metodi conosciuti per la conservazione di carne e pesce, oggi diventa uno strumento affascinante in grado di esaltare al massimo le proprietà organolettiche dele pezzature. I legni pregiati utilizzati per l’affumicatura, uniti alla purezza dell’aria saurana, regalano alle preparazioni - accuratamente salate e fatte riposare in una miscela di spezie ed erbe aromatiche un bouquet gusto-olfattivo estremamente elegante, mai pesante. “In quest’ultima fase della produzione - conclude Giuseppe molto si deve a quei segreti del mestiere che trasformano il fumo in carezza e riescono a nobilitare le delicate sfumature di sapore della trota friulana: in questo a Sauris sono maestri”. Ecco dunque che con Flama i fratelli Sigalotti propongono una trota intera affumicata in cottura, a circa 75-80 °C, da gustare in purezza o come ingrediente per sughi prelibati. Rach è, invece, il filetto di trota affumicato a freddo, alla temperatura di 25°C: ha un carattere deciso ma raffinato, grazie a solo qualche minuto di fumo in più. Šnea, infine, è dedicato ai palati che ricercano sentori più delicati, in virtù di un processo di affumicatura analogo, quanto a temperatura, a quello di Rach ma più morbido. Si tratta di eccellenze alimentari molto versatili in cucina, anche l’azienda consiglia di gustare i filetti a freddo, specialemente in una tartare condita solo con pepe e un filo d’olio extravergine Tergeste.
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P ER U LT E R I O R I I N FO R M AZI ONI :
Canus Srl Società Agricola Via Gramogliano 21, 33040 Corno di Rosazzo Udine, Italia +39 0432 759 427 info@canus.it www.canus.it
T.
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Qui a Canus celebriamo le qualità intrinseche del Friuli, favorendo la coltivazione di vitigni autoctoni come il Pignolo, la Ribolla e il Friulano, senza tralasciare però vitigni più internazionali come il Pinot Grigio, lo Chardonnay e il Merlot. La nostra vigna si trova sul colle di Gramogliano, in Friuli, con una vista mozzafiato sui colli italo-sloveni e un’ideale esposizione a sud-est. La proprietà, situata a 88 metri sul livello del mare, si estende per 15 ettari, di cui 11 dedicati esclusivamente alla coltivazione delle nostre viti.
Queste sono terre permeate da una lunga tradizione, conosciute per la viticultura fin dai tempi degli antichi romani. Non a caso, il nostro nome è Canus. Dal latino per canuto e senile, la parola richiama il valore della saggezza e i benefici dell’invecchiare. La nostra è una piccola azienda familiare che celebra la tradizione, il terroir e il territorio, il tutto innaffiato da una buona dose di know-how friulano. Veniteci a trovare e saremo lieti di aprirvi le porte della nostra cantina (e anche qualche bottiglia).
VIGNAIOLI IN GRAMOGLIANO I nostri vini – tutti DOC Friuli Colli Orientali – sono prodotti con la massima cura. Ciò che ci sta a cuore non sono i grandi numeri, e non lo sarà mai. La qualità è al primo posto, sempre.
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AGRIBIRRIFICIO VILLA CHAZIL Via Vittorio Veneto, 89 C 33050 Nespoledo-Lestizza (UD) T. 324 0932241 www.villachazil.it 20
LA BIRRA AGRICOLA DI VILLA CHAZIL di Alessandro Pareschi
foto di Fabrice Gallina
Chi pensa che il Friuli Venezia Giulia sia solo terra di grandi vini forse non sa che la storia indica un’importante tradizione nella produzione della birra. Brend diventati famosi nel mondo come Dormisch o la Fabbrica di Birra e Ghiaccio (così si chiamava alla nascita) fondata nel 1859 a Udine da Luigi Moretti ne sono un esempio. Oggi i metodi e gli stili sono cambiati ma sono certamente il frutto di questa memoria.
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illa Chazil si trova nella piana friulana, nel comune di Nespoledo-Lestizza e dispone di 12 ettari di terreno da cui si attingono le materie prime necessarie alla creazione delle proprie birre. L’idea e la nascita di questo birrificio artigianale la si deve a Carlo Antonio Venier, laureato in chimica, e dopo svariate esperienze internazionali nel campo commerciale, che lo hanno portato a numerosi viaggi in Italia e all’estero, decide di dare vita al suo progetto: fare una birra che segua la sua filosofia, semplice ma non banale, facile da bere ma emozionante, che rispecchi il concetto di “prodotto agricolo”, quindi realizzata con materie prime del territorio. Decide quindi di sfruttare i terreni di famiglia e nel 2010 prende lentamente forma il progetto con la collaborazione del prof. Buiatti dell’Università di Udine. Dopo due anni, nel 2013, inizia l’avventura di Villa Chazil, che è il nome storico di Villacaccia, località menzionata in antichi documenti risalenti al 1145. La scelta di questo nome è dettata dalla volontà di legare la storia della piccola frazione di Lestizza alla realtà odierna del micro birrificio. Vuol essere la testimonianza dello stretto legame con la terra che viene lavorata con un sistema integrato e di rotazione delle colture. Anche i simboli a volte sono importanti tant’è che nelle etichette delle birre di Villa Chazil compare il disegno del riccio; questo piccolo animale, amico del contadino, è uno dei principali simboli della natura incontaminata. Raro esempio nella regione: l’orzo, il luppolo e ovviamente l’acqua provengono dall’azienda, nel rispetto della filosofia della filiera corta. Carlo Antonio segue con grande attenzione i singoli passaggi della crescita e del raccolto delle materie prime. La conversione della coltivazione dei terreni di famiglia da cereale tradizionale a quello di orzo distico varietà “Concerto”, perfetto per la birra, segue le buone pratiche agronomiche e le moderne tecniche di concimazione organica tese alla cura dell’ambiente e alla massima qualità finale. Una volta raccolto il cereale, sufficiente a coprire l’elaborazione senza ricorrere all’acquisto, viene inviato a maltare a Vienna. Anche il luppolo, in origine importato dagli Stati Uniti, è adesso coltivato a Villacaccia. Scelta difficile, oltre che rara, poiché, questo indispensabile “ingrediente” ha bisogno di un lungo periodo di maturazione delle piante prima che queste possano essere utilizzate nel processo con profitto e qualità adeguate. Le varietà che si sono adattate al clima e ai terreni appartengono al tipo americano: Cascade e Chinook. La prima conferisce alla birra note floreali e agrumate mentre la seconda regala essenze speziate e resinose. Carlo Antonio si è dotato di una elaborata macchina per la raccolta e di un complesso impianto per la lenta e corretta essicazione. L’acqua, importantissima sia per la riuscita di una buona birra che per la determinazione delle caratteristiche organolettiche finali è quella locale, di media durezza, cui viene solo tolto il calcare, visto che il cloro è molto volatile e viene rimosso facilmente con l’esposizione all’aria e al calore. Per trasformare questi ingredienti in birra l’azienda si è attrezzata con due moderni fermentatori da 20 hl e tre da 40 hl che assicurano una potenzialità produttiva di 2000 hl. Tre sono le linee realizzate: le classiche ovvero quelle che a casa non possono mancare, le stagionali, elaborate seguendo i periodi dell’anno, e infine, le sperimentali, che raccontano invece il lato più creativo del birrificio. L’offerta spazia tra le birre ad alta e bassa fermentazione, tutte rifermentate in fusto o bottiglia. Per alcune tipologie sono impiegate scorze d’arancia, bergamotto, limone, fiori di sambuco raccolti nelle vicine campagne nonché canapa friulana, infusa a fine cottura.
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ALBA Fermentazione: Bassa; Stile: Lager; Alc. 5,1%; Servizio: 5-6 °C; Euro 4,50; Bicchiere consigliato: Pilsner. Giallo paglierino con schiuma di media persistenza. Naso pulito e di immediata lettura, richiama stuzzicanti profumi di frollino all'arancio, fiocchi di mais, mela gialla, scorze agrumi, coriandolo e un sottile ricordo di miele millefiori. L'assaggio ripropone un piacevole aroma biscottato senza mai cadere in accomodanti dolcezze. La struttura delicata e il bilanciato sentore di luppolo, conferisco al sorso allegria, disinvoltura e piacevolezza. Caesar salad con pollo ruspante.
CREPUSCOLO Fermentazione: Alta; Stile: Pale Ale; Alc. 5,5%; Servizio 8 °C; Cl 50; Euro: 5,00; Bicchiere consigliato: Pinta inglese. Delicata tonalità ambrata con schiuma soffice e compatta. Espressione olfattiva ricca e variegata. Evoca polpa d’agrumi, mela disidratata e purea di pesca. Penetrati aromi di resina, corteccia e pino mugo donano un deciso effetto balsamico. Delicate tostature di mandorle e biscotti al miele si aggregano sul finale. Il sorso svela un corpo sferico proporzionato. Ottima sinergia tra malti e luppoli. Chiusura fruttata e persistente. Tortino di carciofi, salsa al Tabor e guanciale croccante.
SOLE ROSSO Fermentazione: Alta; Stile: Irish Red Ale; Alc. 5 %; Servizio 8 °C; Euro: 5,00; Bicchiere consigliato: Pinta inglese. Ha il bel colore lucente del rame. La schiuma è piuttosto compatta e di bella fattura. Il profumo iniziale ricorda suggestioni dei malti e caramello. Seguono il frollino, la frutta secca come noci e noccioli e le mele al forno. Insistente aroma di torrefazione e leggera affumicatura. Al gusto si trova il sapore dell’orzo friulano e del luppolo. Amaricante e asciutto con richiami continui dei prodotti da forno e caffè. Arrosto di maiale porchettato con purè di carote e timo.
STRARIPA. Fermentazione: Alta; Stile: Belgian IPA; Alc. 7 %; Servizio 8 °C; Euro: 5,00; Bicchiere consigliato: Tulipano. Uscita dall’incontro di due stili, quello delle abbazie, che prevede l’uso di lieviti tipici, e quello americano che agevola un generoso utilizzo di lieviti aromatici. Colore ambrato, schiuma compatta. Trama di frutti tropicali, pesca sciroppata, miele caldo, malto tostato e sbuffi fumé. Il malto è più evidente in bocca assieme alla speziatura. La gradazione alcolica ben si sposa all’amaricante persistente. Spezzatino di manzo al Garam Masala con verdure.
KONIKAZIL Fermentazione: Alta; Stile: Wet Hop Beer; Alc. 5 %; Servizio 5-6 °C; Euro: 5,00; Bicchiere consigliato: Kölsch/Altbier. Realizzata con luppoli appena raccolti coltivati in azienda. Colore giallo paglierino, schiuma bianca persistente. Ventaglio odoroso con forti note di fieno fresco, fiori primaverili e leggero di pepe bianco. Miele millefiori e tarassaco. Al palato sentori dolci iniziali invadono la bocca con un piacevole pizzicore, effluvi freschi, lunghi ricordi dolci di malto e sfumature amarognole. Quiche ai germogli primaverili con salsa allo zafferano. 22
Fresca, fruttata, secca. Ribolla Gialla Brut. La Ribolla Gialla Br ut è i l f i ore a ll’o c c h i e llo de lla li n e a s puma n t i d ell’aziend a Pig hin. D a l de li c a t o prof umo f lo re a le e s e n t o ri di f r ut t a ag r u m ata. Eleg ante solo c o me un vi n o de lla t ra di zi o n e f ri ula n a s a e s s e re .
VIGNAIOLI DAL 1963
FER NANDO PIGHIN & FIGLI S.Agr. a R.L. Viale Grado, 11/1 Fraz. R isano - 33050 Pavia di Udine (UD), Italy tel. + 39 0432 675 444 fax +39 0432 675 999 info@pighin.com w w w.pighin.com
AGRICOOP ASPARAGI TAVAGNACCO Via dell’Asilo, 1 33010 Tavagnacco (UD) T. 0432 650054 agricoopasparagi@libero.it 24
GLI ASPARAGI E IL VINO di Renato Paglia
foto di Fabrice Gallina
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e temperature favorevoli della stagione primaverile consentono l’arrivo delle primizie straordinarie negli orti e nella campagna friulana. Nelle lunghe e caratteristiche strisce coltivate chiamate “spargines” a Tavagnacco, alle porte di Udine, spuntano, in netto contrasto con la terra scura, i bianchi “sparcs” che raccolti di prima mattina offrono occasioni indimenticabili a tavola. Il nome deriva dal greco “aspharagos” e dal persiano “asparag”, che significa germoglio. La pianta, l’asparagina, è la “asparagus officinalis”. Il frutto destinato al consumo è il germoglio bianco che cresce completamente coperto dalla terra e quindi in assenza di luce. Il fusto sotterrano produce la parte commestibile, il turione, che, in assenza di fotosintesi clorofilliana, rimane bianco, tenero alla masticazione e delicato nel sapore. Conosciuto in tutto il bacino del Mediterraneo, l’asparago era coltivato in Asia minore e in Egitto oltre 2000 anni fa. Grandi cultori del tenero turione furono i Romani che lasciarono numerose testimonianze, con Apicio e Plinio, sui metodi di coltivazione quanto sul modo ottimale del suo consumo. Al gusto ricorda vagamente il carciofo, gli si attribuiscono particolari proprietà diuretiche e medicinali in genere, addirittura afrodisiache.
A Tavagnacco l’asparago bianco, “sparc di Tavagnà”, è coltivato sin dall’Ottocento. Da subito apprezzato dai buongustai, è diventato uno dei simboli più raffinati della cucina friulana che, nella sua semplicità e non potendo contare sul nobile tartufo, ne ha fatto uno degli ingredienti più straordinari della tavola. Fin dagli anni Trenta del Novecento fu celebrato in una festa paesana che ne consacrò la diffusione e contribuì a farlo diventare il raffinato prodotto tipico regionale che tutti apprezzano. Da trent’anni i produttori sono raggruppati in una cooperativa che tutela la tradizione del prodotto. Oggi, con alcune aziende produttrici, vanta il marchio Aqua che norma tutte le fasi di produzione e raccolta concorrendo a elevarne la qualità. La raccolta, manuale, è giornaliera, nel periodo compreso tra aprile e maggio. E in cucina? Asparagi e sauvignon recita la tradizione! Ma è proprio così? Spesso una -frettolosa sintesi- in cucina è cattiva consigliera. Ricette, ingredienti, sensazioni gusto-olfattive sono alla base di ogni abbinamento con il vino e ne decretano il successo. L’ insalatina di asparagi crudi di Tavagnacco” è uno sfizioso aperitivo senza eguali. Piatto delicatissimo, la tendenza dolce dell’asparago sostiene perfettamente la parte acido-amarognola del turione. Le sottili scaglie di Montasio stagionato, il filo d’olio extravergine dei Colli orientali e il pepe nero selezionato da Schianchi espandono la ricchezza olfattiva e gustativa. È l’inizio della festa. Una sottile bollicina frutto del Metodo Classico regionale segna l’inizio della festa. Il tipico “uova sode e asparagi di Tavagnacco” offre una gamma di sensazioni che spaziano dalle tendenze amarognole e dolci dell’asparago alla grassezza dell’uovo, all’untuosità della salsa con l’olio extravergine, alla tendenza acida dell’aceto. Il profumo e il sapore del piatto sono delicati. Ecco dunque che l’ideale abbinamento si trova in un vino bianco giovane, fresco ma dotato di opportuna morbidezza, non impegnativo nei profumi e nelle persistenze. Il “risotto agli asparagi di Tavagnacco” è un primo piatto che possiede un piccolo compendio di profumi e sapori gentili, è di per sé equilibrato dalla tendenza dolce del riso e dall’amarognolo dell’asparago. La mantecatura con il burro e il formaggio stagionato amplia il sapore del boccone e ne allunga la
persistenza. Perfetto sposo è un bianco di buona freschezza e caratterizzato da un corpo adeguato, piuttosto aromatico nei ricordi retronasali. La “crema di asparagi di Tavagnacco e cicciole di Prosciutto di San Daniele” è un piatto davvero raffinato. Cremoso, dai sentori a tendenza dolce a amarognola che si fondono perfettamente tra loro. Le patate aggiungono tendenza dolce e le cicciole tostate del San Daniele aumentano l’aromaticità. Offerta delicata che richiede un vino bianco giovane, elegante ed equilibrato, ben strutturato, anche realizzato con un leggero passaggio in botte grande. Il “filetto di pezzata rossa friulana alle punte di asparagi di Tavagnacco” è un secondo piatto di gran classe. Le tendenze dolci della carne e l’amarognoloacidulo delle punte del turione si coniugano nella cottura al tegame con l’olio extravergine. La rosolatura e l’aggiunta di una salsa di gambi di asparagi e pepe di Sichuan accrescono la persistenza gustoolfattiva. Vino rosso o bianco, indifferentemente, ma ad una condizione: che garantisca il contrasto alla succulenza e all’untuosità con la ruvidità del tannino o il calore dell’alcol. Un bianco dal gran corpo e dalla maturazione nei legni oppure un rosso di carattere ma mai sopra le righe.
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ANTONUTTI - insalatina di asparagi crudi di Tavagnacco ANT Brut Metodo Classico 2012 Uve: 100% Chardonnay Alc. 12,5% - Euro 20 L’elegante perlage accende il luminoso paglierino. Profumi dolci di fioriture estive, burro d’arachidi e ricordi di panificazione. Frutta candita, trame di agrumi essiccati e leggere tostature. Folate marine chiudono l’ampio comparto odoroso. Sorso morbido, ben equilibrato dalla freschezza sostenuta dall’effervescenza che lo accompagna fino alla chiusura sapida. Corrispondente nei sentori terziari. Sosta sui lieviti per 36 mesi.
BASTIANICH - uova sode e asparagi di Tavagnacco Friuli Colli Orientali Friulano Vini Orsone 2016 Alc. 12,5% - Euro 15 Paglierino lucente. Ventaglio olfattivo incentrato sui temi floreali che riconducono al gelsomino e all’acacia. Pesca bianca, mela renetta e pera williams. Cocktail d’agrumi ed erbe mediterranee fresche. Delicati soffi minerali richiamano salsedini marine. Inizialmente vellutato al palato per poi arricchirsi di succosa freschezza che bilancia la beva e la conduce nel lento finale fruttato. Acciaio per 6 mesi sui propri lieviti.
PIERPAOLO PECORARI - risotto agli asparagi di Tavagnacco Sauvignon 2016 Alc. 12,5% - Euro 13 Giallo paglierino netto con sfumature oro. Respiri varietali e minerali aprono le sequenze aromatiche. Mentuccia, fienagioni, salvia, foglia di pomodoro e rosmarino. Pesca bianca, kiwi e litchi. Seguono erbe alpine e ortica. Sapido e succoso. Corpo adeguato al percorso gustativo sui binari morbidi e avvolgenti. Continui riverberi fruttati e di erbe aromatiche. Vinificato in acciaio dove rimane per 7 mesi con frequenti bâtonnage.
TERRE DEL FAET - crema di asparigi di Tavagnacco e cicciole di prosciutto di San Daniele Collio Pinot Bianco 2016 Alc. 13,5% - Euro 14 Paglierino vivido. Profumi eleganti e ben fusi. Miscellanea di erbe aromatiche come mentuccia, maggiorana e rosmarino, note fumé di ponca, pesca gialla e mela golden. Fioriture estive e fieno di montagna. Solare, ricco e glicerico. Perfettamente bilanciato da succosa freschezza che rende la beva facile e appagante. L’allungo è sapido dove riprende netti echi minerali ed erbacei. A lungo sui lieviti tra acciaio, cemento e tonneau.
LIS NERIS - filetto di pezzata rossa alle punte di asparagi di Tavagnacco Friuli Isonzo Chardonnay Jurosa 2015 Alc. 13,5 % - Euro 21 Giallo paglierino acceso. Multiforme, raffinato, intenso. Macchia mediterranea e erbe profumate spontanee. Fiori di tiglio, polpa di agrumi, caramella al limone e pesca noce. Seguono effluvi intensi di spezie dolci e scure. All’assaggio è un susseguirsi di morbidezze e freschezze balsamiche, di sapidità e setose suggestioni. Interminabile nel ripetere i nitidi rintocchi speziati. Fermenta e matura nel tonneau di rovere francese. 26
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IMPARA L'ARTE AL FAGIANO di Enrico Bertossi
foto di Laura Tessaro
ANTICA OSTERIA AL FAGIANO Via Antonio Zanon, 7 33100 Udine (UD) T. 0432 297091 28
“In futuro ciascuno avra 15 minuti di fama”
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criveva così Andy Warhol nel 1968. Uno slogan che funzionerà e che tutti cercheranno nel tempo di metabolizzare a proprio vantaggio, facendo carte false pur di andare in tv e raggiungere il proprio agognato quarto d’ora di gloria. A Giordano Floreancig questo non serve: lui è un personaggio senza bisogno di mettersi in mostra in televisione e gli basta stare dietro al banco della sua “Antica Osteria Al Fagiano” in via Zanon insieme ad alcuni dei suoi bellissimi quadri per trasmettere ad amici e avventori tutto il suo carisma. Non chiedetevi se è più oste o più artista perché le due cose formano un intreccio indissolubile e asolutamente ben riuscito. Giordano Floreancig nasce il 25 ottobre 1954, vive e lavora a Udine. Autodidatta si avvicina alla pittura nel 1976, anno in cui il Friuli ha vissuto la tragica esperienza del terremoto. Ma solo nel 2000, e per caso, si presenta al pubblico: sua figlia Valentina spedisce un quadro a sua insaputa a un concorso nazionale dove ottiene un primo premio sezione pittura. Conosciuto per i volti dei matti (che lui considera gli ultimi normali) comincia con le prime mostre personali in regione, dove ottiene un enorme successo di pubblico e di critica e in poco tempo le istituzioni gli organizzano mostre importanti. Nel suo percorso artistico Floreancig si indirizza anche verso il concettuale, realizzando installazioni e performance che comunque mantengono un forte impatto emotivo. Nel 2009 brucia 147 quadri a olio (eutanasia 147 Art work) inscatolando in altrettanti barattoli le ceneri. Ciò gli valse l'invito alla 54ª biennale di Venezia (“di Vittorio Sgarbi”) dove l'artista brucia altri 150 quadri insieme al direttore del padiglione Italia, inscatolando sempre le ceneri. La sua pittura espressionistica viene così descritta da Paolo Levi: “Questi contorti asfittici volti, provenienti dal disperato mondo degli incazzati di Giordano Floreancig, sono visi surreali colti con concessione cromatica e materica, ora grassa e opaca, ora magra e traslucida. Con una punta di caustica ironia baconiana, l'artista storpia i suoi ritratti, rendendoli deformi. Nei quadri sconvolgenti che l'artista presenta agli allibiti fruitori sono presenti quei gridi sulle ingiustizie del mondo e sulle tragedie dell'esistenza, a
testimonianza della demonicità del nostro tempo. L'autore di certo non vuole raffigurare visi della realtà ma gli archetipi espressivi dell'inquietante mostruosità dell'uomo, di fronte ai mali della società contemporanea, una denuncia seppur impotente, attraverso personaggi sfigurati e inebetiti a cui il pittore pone un urlo immane e strozzato, per farci capire che è inutile nascondere il brutto della vita, che invece va segnalato". Ultimamente usa una tecnica molto materica, come si può leggere nella critica di Vittorio Sgarbi presenziando a una sua mostra: "I nuovi volti di Giordano Floreancig, molto materici, deformano la figura dandole quella tridimensionalità che ha una forza espressiva molto forte. Il pittore dipinge un quadro con i colori che vanno dove vogliono, però delimitano il confine di un volto. E’ una tecnica che nel corso del novecento in Inghilterra ha i suoi migliori interpreti con Bacon e Auerbach, cioè quegli artisti che lavorano sulla materia deformando il volto. Mentre li guardavo pensavo proprio che Floreancig si possa essere ispirato ad una corrente degli anni 80 e 90 del novecento e che ha una sua efficacia: sembrare una pittura senza forma e invece poi definire delle forme. Le sue opere hanno una loro forza e una propria carica espressiva molto originale. Il prototipo se così possiamo dire, arriva da Van Gogh. Nei suoi volti si nota la tragedia dell'esistenza”. I suoi quadri si trovano oggi nei musei e in molte collezioni private, tra cui quelle di molti personaggi del mondo dello spettacolo, ma Giordano va in scena ogni giorno dietro il banco della sua osteria Al Fagiano, punto di ritrovo di molti udinesi che non perdono l’abitudine di bere un buon bicchiere di vino in compagnia. Artista anche sul lavoro il nostro personaggio ha una scelta di vini, formaggi e salumi di prima qualità, saldamente ancorati ai giacimenti enogastronomici friulani, che attirano anche numerosi turisti curiosi di conoscere un locale per molti versi assolutamente unico nel suo genere. I caffè di tutta Europa, da Firenze a Parigi, sono sempre stati luogo di ritrovo di artisti e intellettuali. A Udine siamo speciali anche in questo: l’arte e la cultura si danno appuntamento in osteria non nei caffè e forse l’estro, la fantasia e l’allegria ne traggono giovamento.
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IL LIDRIC CUL PÒC di Raffaella Nardini
foto di Umberto Pellizon
Il nome fantasioso determina una parte del suo successo così come l’accostamento “misterioso” dell’ingrediente che ne fa uno dei piatti più straordinari della cucina povera regionale “lis fricis” (cicciole di lardo di maiale).
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ella famiglia delle composite, le tipologie coltivate sono riconducibili alla “Cicoria bionda di Trieste” o al “Grumolo biondo”. Questo prodotto è costituito da un piccolo cespo composto da un numero variabile di 5-10 foglie di colore verde chiaro con base biancastra, mescolato con un 10-20% di tipi a foglia rossa, venduti con una parte di fittone, il “pòc”, appunto. Come tutti i radicchi, anche questo caratterizza le mense invernali e primaverili. Seminato nel mese di luglio, quando raggiunge un’altezza di 15 centimetri intorno al mese di settembre, si procede a un taglio della chioma cercando di non danneggiare il colletto della pianta; eventualmente viene effettuato un secondo taglio alla fine di ottobre. Fondamentali sono gli abbassamenti di temperatura che permettono a questo prodotto di formare il “cuore” e di ridurre drasticamente il gusto amaro delle foglie, conferendo al radicchio la tenerezza e il caratteristico sapore deciso, ma gradevole e non aggressivo. Solo dopo i consistenti abbassamenti termici è possibile iniziarne la raccolta che inizia a metà dicembre e si protrae fino a quando la pianta non inizia a produrre i semi, nel mese di aprile, solitamente. La raccolta è manuale, con il taglio del fittone a 5-6 cm sotto al piano di campagna. I piccoli cespi così raccolti vanno accuratamente puliti, eliminando le foglie esterne più coriacee e quelle danneggiate, e accorciando il fittone che va anche accuratamente sbucciato. Per completare la pulizia, poi, le piante vengono completamente immerse in acqua corrente e quindi confezionate
in piccole cassette con i cespi sistemati alla rinfusa. Molte aziende agricole della nostra regione dedicano almeno un piccolo spazio a questo prodotto che trova grande riscontro, da sempre, come piatto tradizionale della nostra cucina. Andiamo fino a Rualis di Cividale del Friuli per trovare l’Azienda Agricola Baita Susi, una realtà a conduzione familiare, la cui filosofia produttiva punta alla genuinità e alla qualità, nel rispetto della tradizione e della riscoperta dei sapori autentici di un tempo. Quest’azienda nasce i primi del ‘900 grazie ai nonni dell’attuale titolare e viene gestita dalla famiglia Vecchiutti fin dalla fine del 1993. Susi e Paolo dedicano da sempre il loro impegno all’allevamento di suini, pollame e conigli, destinati alla vendita diretta e alla trasformazione in carni e insaccati. Allevano anche bovini da latte, il cui prodotto viene conferito alla Latteria di Cividale e da qualche tempo propongono anche la vendita di carni bovine fresche. Come da tradizione, non possono però mancare alcuni prodotti orticoli quali le patate, gli spinaci e, appunto, il radicchio con il pòc. A questa coltura, così legata alla tradizione friulana, sono dedicati circa 3500 metri quadrati, che richiedono notevole impegno, considerato che tutte le operazioni vengono fatte manualmente, dalla semina al primo e al secondo taglio, fino alla raccolta e alla pulizia. È possibile reperire il gustoso radicchio, e anche tutti gli altri prodotti di questa azienda, nello spaccio aziendale che troverete aperto, dal giovedì al sabato, in orario mattutino e pomeridiano, e la domenica solo al mattino, nonché, durante l’inverno, anche nei mercati di Campagna Amica a Cividale del Friuli e a San Nicolò di Manzano. Dal 2015 vicino all’Azienda si trova anche un piccolo agriturismo dove poter assaggiare anche i gustosi salumi di casa in un’atmosfera rilassante e piacevole, a due passi dalla città ducale e i suoi tesori d’arte.
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AZIENDA AGRICOLA BAITA SUSI Via San Giorgio 17 - Loc. Rualis 33043 Cividale del Friuli (UD) 0432/733977 baita.susi@hotmail.it 31
LE RICET TE CON IL NOSTRO LIDRIC CUL PÒC
PÒC E SALAME FRESCO Lavare a lungo il lidric cul pòc e asciugarlo per bene. Sbriciolare il salame nostrano fresco di 10 giorni e farlo saltare in padella con poco olio extravergine d’oliva. Sfumarlo con aceto di vino. Unire il contenuto della padella al radicchio, guarnire il piatto con cubetti di polenta abbrustolita e servire caldo.
PÒC SOTT'OLIO E SALUMI FRIULANI Il lidric cul pòc conservato sott'olio extravergine d’oliva è meraviglioso da solo e in abbinamento ai salumi. Far bollire il radicchio in 1lt d'acqua, 25 gr di sale e 125 gr di aceto di vino, spezie a piacere (alloro, chiodi di garofano, ecc.) per 1 minuto circa. Togliere il radicchio dall'acqua e farlo raffreddare. Rimetterlo nella stessa acqua di cottura, dopo che si è ben raffreddata, a riposare per 1 giorno intero. Scolarlo bene, metterlo nei vasi di vetro a chiusura ermetica con olio extravergine d’oliva e pastorizzare.
PASTICCIO DI PÒC Mondare e lavare il lidric cul pòc, più volte, in modo da fargli perdere la nota amaricante. Saltarlo in casseruola con cipolla tritata, olio extravergine d’oliva e una noce di burro, sfumare con vino bianco, salare e pepare. Per il pasticcio, usare sfoglia fresca all'uovo o crepes. Procedere a strati, pasta, radicchio, formaggio Montasio o Latteria ben stagionato, besciamella "leggera". Infornare.
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FANTINEL Collio Sauvignon Tenuta Sant’Helena 2015 ALc. 13% - Euro 18 Giallo paglierino molto luminoso. Delicato ventaglio varietale e fuso di: mentuccia, foglie d’ortica, erbe fresche dell’orto, salvia, tè alla pesca e fioriture estive. Tutto è avvolto dalla sinuosa presenza della salsedine. Fresco, diretto, a tratti citrino ma dal corpo sicuro e materico che apporta lunghezza al sorso. Si congeda sapido su binari erbacei e minerali. Vinificato nell’acciaio con breve affinamento in bottiglia.
MASUT DA RIVE Friuli Isonzo Pinot Nero 2015 Alc. 13 – Euro 16 Rosso rubino scuro. Ventaglio aromatico varietale e ottima fattura. Piccole spezie in apertura: pepe nero, chiodi di garofano e noce moscata. Mirtilli, more di rovo, sottobosco, fieno, tabacco al mentolo e legno arso. Frutta secca e torba. Apre su freschezze balsamiche per poi fluire su gamme morbide e setose. Il finale gode dell’azione rallentante del tannino che ripropone spezie e frutta. Per 12 mesi in barrique francesi.
RACCARO Collio Bianco 2016 Uve: pinot grigio 40%, ribolla gialla 20%, sauvignon 20%, tocai friulano 20%. Alc. 14,5 – Euro 21 Paglierino luccicante. Corredo odoroso fantastico. Fiori di tiglio e gelsomino. Mentuccia e trito di erbe mediterranee. Mela golden, cocktail di frutta tropicale fresca e mandorla. Seguono, prendendosi la scena, resine, mentolo, e fumé di ponca. Vellutato, solare e glicerico. Bilanciato da freschezza balsamica e marina. Interminabile, offre nuovamente erbe officinali, tocchi resinosi e mediterranei. Solo acciaio per 6 mesi.
TRATTORIA AL GROP Via Matteotti, 1 33010 Tavagnacco (UD) T. 0432 660240 www.algrop.net
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L’Azienda Agricola Roberto Scubla è stata costituita nel 1991, da alcune vecchie vigne esistenti cui si sono aggiunti nuovi impianti, fino ad arrivare a 12 ettari vitati. Le vigne si trovano tutte sui fianchi di una dolce collina completamente soleggiata, nella zona meridionale dei Colli Orientali del Friuli, luogo d’elezione per vini dalle straordinarie armonie di aromi e sapori. La limitata produzione permette una cura molto attenta delle uve vendemmiate a mano e dei vini; ciò ha fatto sì che negli ultimi anni le principali Guide dei Vini siano state particolarmente generose nell’assegnare ottime valutazioni ad anche di massimo livello per alcuni vini. Questo è senz’altro di sprone per cercare di migliorare sempre con nuove esperienze, nella cura, principalmente, della vigna, il cui prodotto è la vera base per un’attenta elaborazione del valore del frutto e quindi del vino.
Via Rocca Bernarda, 22 | 33040 Ipplis di Premariacco | Udine Tel. 0432.716258 - Cell. 335.6919043 info@scubla.com - www.scubla.com
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CHEF SCONFINATO di Giorgio C. Riva
foto di Umberto Pellizon
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uest’anno, ad ottobre, si terrà la ventesima edizione di Ein Prosit, preceduta da Ein Prosit Grado, a luglio. L’«anima», sempre Claudio Tognoni. Alle opportunità permesse dalla manifestazione, alle conoscenze, poi amicizie, in primis Emanuele Scarello, propiziate dalla manifestazione e dalla vecchia amicizia con Claudio, che ha subito creduto in lui, va il riconoscimento di Ilija. Oggi, un «arrivato», non «sazio» però, anzi, sempre mosso dalla curiosità e dalla voglia di crescere, che ci tiene, nel mentre racconta di sé e dei suoi inizi, a sottolineare il proprio ringraziamento a Claudio e a Emanuele nonché a evidenziare il ruolo, da principio occasionale ma di assoluto rilievo, di Ein Prosit nella propria maturazione professionale e nell’accresciuta popolarità della sua cucina e del suo ristorante. «Ho potuto conoscere, restando qui, nel Tarvisiano, in Friuli Venezia Giulia, dove mi sono trasferito, per amore, a fine anni ‘80, dove ho avviato l’attività di chef patron e dove amo vivere, personaggi «assoluti» del food che, diversamente, sarebbero per me stati allora irraggiungibili». «Come Anna Morelli, la creatrice, con Frans Vandenberg, del magazine Cook_inc. Officina internazionale di cucina». Ed ecco, allora, gli stages dai fratelli Roca di Girona, da Quique Dacosta in quel di Alicante, e da Paco Roncero, «Chef Multisensorial. Vanguardista Culinario... Paladin de la Cocina para todos... Anfitrión Compulsivo.», ad esempio. Poi ancora il «nostro» a scuola di pasticceria da Loretta Fanella (già «pastry chef» da Ferran Adrià, Carlo Cracco e Giorgio Pinchiorri), tutt’ora suo consulente per quanto la pasticceria proposta nel ristorante. Grande. Tutta. Fatevi tentare anche dal tiramisù 2017 e dalla crema catalana, due dessert apparentemente «normali», ma molto, molto rivisti, eleganti e leggeri. E già che si parla di consulenze, il consulente per la panificazione, in casa, è quel genio della lievitazione etc. che risponde al nome di Ezio Marinato! Il contenuto del cestino sarà subito svuotato. Ilija, seguitando il racconto di sé e del suo ristorante, la cui terrazza è a ridosso del percorso del Golf Club di Tarvisio, nella piana del Priesnig, coronata dalla millenaria Foresta del luogo, vuole anche, prima di presentarsi, render omaggio all’imprenditore austriaco, suo affezionato cliente, Hubert Palfinger, che ha reso possibile la sua permanenza negli attuali locali e il loro rinnovo nel 2012. Di padre bosniaco e madre croata, Ilija, che all’anagrafe fa Pejic ed è del ‘59, cresce in Slovenia, studia alla scuola alberghiera di Bled e inizia la sua attuale attività professionale nel 1985, a Kranjska Gora. Ama cucinare e anche solo preparare, crudi, crostacei e pesci. Ha poi una vera e propria mania per le erbe aromatiche, onnipresenti. Cronaca di un’incursione recente. Saluto della cucina: spuma di caciocavallo, mirtilli e rapa rossa, granella di pane. Rosa di Gorizia dell’amico Carlo Brumat e scampi croati appena «marinati» in frullato di evo e spicchi di limone non trattato lasciati trenta giorni sotto sale: una delizia. Ventresca di tonno in oliocottura con pomodoro, olive, polvere di capperi e cipolla di Tropea in agrodolce: tuttosapore. Tempura, unica, di gamberi e salsa piccante. Tartare di tonno da urlo. Quattro giovani, da tutto il Friuli Venezia Giulia, son la «squadra» in cucina. Katia, russa ma ormai italiana, da dodici anni a fianco di Ilija, sovraintende, aiutata dalla sorridente Maya, alla sala e alla piccola cantina, «a vista», intelligente, curata, con proposte francesi, italiane e, of course, tre son qui i confini, austriache e slovene. All’interno legno, tanto legno, fuoco, ampie vetrate panoramiche. Una meraviglia con la neve fuori, ma anche d’estate. Anche dalla terrazza una gran vista, ovviamente. Si può far tardi la sera e Ilija vi «seguirà», sempre, al tavolo, facendovi sentire «unici». Due menù degustazione, quasi regalati. Tornerete. Ne sono sicuro.
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RISTORANTE ILIJA di Ilija Pejic Golf Tarvisio Via Priesnig 33018 Tarvisio (UD) T. 0428.645030 37
I vini in abbinamento al Ristorante ILJIA ROMAN RIZZI - PIÈ DI MONT Piè di Mont Metodo Classico Brut 2013 Uve: chardonnay 60%, pinot nero 20%, ribolla gialla 20% Alc. 12,5% - Euro 30 Giallo dorato reso luccicante dall’ottimo perlage fine e continuo. Fioriture estive quali tiglio e zagara, pesca bianca, mela renetta e frutta secca, tocchi minerali di terra e salsedine. Fresco e setoso insieme. Sorso diretto e piacevole, reso elegante dall’azione delle sottili bollicine e dalla soffice morbidezza che accompagna il lungo finale floreale, sapido e agrumato. Acciaio e barrique, poi sosta in bottiglia per 32 mesi. GENIO Bianco Gioire 2016 Uve: tocai friulano 100% Alc. 13,5% - Euro 25
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Giallo paglierino luminoso. Naso di bella fattura. Fioriture primaverili di acacia e gelsomino. Fienagioni estive ed erbe mediterranee. Cocktail d’agrumi e frutta a pasta bianca. Leggera sensazione fumé. Assaggio in perfetto equilibrio garantito dalla freschezza iniziale bilanciata da provvidenziali avvolgenze glicerice. Si allontana con lentezza riproponendo ricordi fruttati e sfumature marine. Nell’acciaio sui lieviti per 8 mesi.
t pino io grig
I FEUDI DI ROMANS Bianco Sontium 2016 Uve: pinot bianco, friulano, malvasia, traminer. Alc. 3% - Euro 25
Giallo paglierino netto con sfumature oro. Profumi raffinati, segnati dalle accattivanti note varietali. Fiori gialli e fieno di montagna. Pesca gialla e agrumi canditi. Polvere di erbe officinali. Vaniglia e noce moscata. Al palato è vellutato e intenso, è regolato da suadente freschezza salmastra che allunga la gradevole beva. Fermentazione del pinot in tonneau, il resto delle uve in acciaio. Maturazione sulle fecce per 9 mesi. VOLPE PASINI Friuli Colli Orientali Sauvignon Zuc di Volpe 2016 Alc. 13% - Euro 23 Giallo paglierino brillante. Raffinato nei sentori varietali sussurrati con grazia. Ventaglio iniziale composto e terso di erbe aromatiche dell’orto e di fioriture primaverili. Seguono note agrumate di limone e kiwi sorrette da respiri balsamici. Avvolgente, intenso e proporzionato. Poi, succoso e rinfrescante. Bocca persistente, esaltante nei richiami fruttati e floreali. Si spegne tra sapidità e freschezza. Nell’acciaio per 7 mesi. PRIMOSIC Collio Pinot Grigio Orange Wine 2015 Alc. 14,5% - Euro 15 Giallo ambra, opalino. Comparto odoroso esclusivo. Piccoli frutti rossi quali lamponi, mirtilli e ciliegie. Effluvi di viola ed erbe mediterranee essiccate. Folate di resina, salsedine e succo di arancia sanguinella. Energico e sapido. Delicatamente astringente. Allungo morbido e glicerico. Da uve surmature, fermentazione in tini aperti e contatto delle bucce per 7 giorni senza controllo delle temperature. Maturazione in legno. 38
PASSAGGIO AD ANGORIS
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n nuovo appuntamento si aggiunge al calendario degli eventi annuali organizzati dalla Tenuta di Angoris: “Passaggio ad Angoris”, «due giornate studiate in modo che i clienti conoscano a fondo la nostra storia e la filosofia di produzione, e possano vivere in prima persona la vita aziendale: è importante che tocchino con le loro mani il nostro lavoro quotidiano!» ha sottolineato Marta Locatelli, titolare della Tenuta di Angoris. Durante la cena di lunedì 29 gennaio in villa Locatelli, Alessandro Dal Zovo, enologo dell’azienda, ha presentato agli ospiti (clienti arrivati da tutta Italia e dal nord Europa) il percorso che l’azienda ha iniziato più di 20 anni fa con l’obiettivo di raggiungere una produzione sostenibile: «Il concetto di sostenibilità include tre dimensioni che si trovano sullo stesso piano e che devono intrecciarsi: ambientale, sociale ed economica. Questo significa che la nostra produzione dell’uva e del vino, per essere sostenibile, deve essere in grado di mantenere inalterato il terreno dove lavoriamo, deve essere priva di residui chimici dannosi alla salute, deve garantire un apporto alla società (fornendo lavoro) e deve essere in grado di garantire un utile. Per questo motivo abbiamo aderito al Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata: un sistema di produzione agroalimentare che utilizza mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volto a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici (Legge 4 del 3 febbraio 2011), con lo scopo di ottenere prodotti agricoli mediante una modalità a basso impatto ambientale, distinguibili con un marchio (un bollino con il disegno di un’ape).» «Seguire la modernità senza stravolgere la storia: – ha continuato Marta Locatelli – il nostro scopo è preservare la terra (il bene più prezioso) utilizzando attrezzature moderne e all’avanguardia».
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Durante la serata è stata presentata in anteprima (perché la presentazione ufficiale avverrà al Vinitaly) anche la novità della produzione vitivinicola aziendale: un Pinot Nero DOC Friuli Isonzo che è stato dedicato ad “Albertina”, moglie di Giulio, mamma di Luciano e nonna di Marta Locatelli. «Anche in questo caso c’è un doppio richiamo alla nostra storia – ha continuato la dottoressa Locatelli – il primo è riferito alla produzione di Pinot Nero che avevamo già negli anni ’70 (e che quindi è un “riprendere” dal passato), mentre il secondo riguarda mia nonna, una figura determinante che (come mio nonno Giulio) ha accompagnato la mia infanzia. Questo Pinot Nero Albertina è come lei: elegante e determinata, avvolgente e confortante.» Dopo questa serata didattica, martedì mattina, gli ospiti sono entrati nel vivo del lavoro quotidiano aziendale. La prima operazione a cui hanno assistito è stata la sboccatura dello spumante metodo classico “16 48”: hanno visto come manualmente i colli delle bottiglie vengono gelati, i residui dei lieviti espulsi e le bottiglie colmate e tappate. Successivamente il gruppo si è spostato nella vigna di Pinot grigio retrostante la cantina per assistere ad una dimostrazione di eliminazione dell’erba sul sottofila dei vigneti con l’utilizzo di una macchina all’avanguardia: una delle attrezzature che consentono ad Angoris di aderire al Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata. Terminata questa lavorazione, la comitiva è salita in corriera e ha raggiunto la località di Rocca Bernarda, nel comune di Premariacco, dove si trovano le vigne che Angoris possiede nei Colli orientali. Gli ospiti hanno poi camminato fra i vigneti fino a raggiungere i filari di Tocai Friulano, dove hanno assistito ad una lezione di potatura tenuta da Dal Zovo e, seguiti poi da personale aziendale specializzato, hanno messo in pratica con curiosità e soddisfazione quanto appreso. «La potatura è una lavorazione delicata ed importante: abbiamo voluto coinvolgere così i nostri clienti proprio perché si rendessero conto in prima persona di quanto è determinante questo “passaggio di campagna”.» ha dichiarato Marta Locatelli.
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PINOT NERO ALBERTINA DOC FRIULI ISONZO Ore 19.05 esco dall’ufficio. Ore 19.25 entro in casa. Con i vestiti della giornata addosso prendo una bottiglia di Pinot Nero Albertina e un calice. La bottiglia è aperta da ieri. Il tappo è ora sulla tavola e il calice si sta riempiendo. Indosso la giacca ed esco in terrazza. Il cielo è scuro, il freddo è sopportabile e si intravedono le prime stelle. Mi siedo. Silenzio. Il rosso rubino del vino si perde nella penombra della sera: non lo vedo, ma c’è. Sospiro. E inspiro: dal calice escono uno dopo l’altro dei piccoli lamponi, delle fragole di bosco e alcune grosse ciliegie rosse mature, avvolti da un mazzetto di rosmarino e una nota appena pungente di tartufo nero. Sospiro ancora. Un sorso. E poi un altro più abbondante: il caldo mi avvolge, la sapidità mi sazia, la freschezza mi tranquillizza. È sera.
Vinitaly Padiglione 6 Stand D6
Loc. Angoris 7 34071 Cormons (Go) Tel. +39 0481 60923 Fax +39 0481 60925 info@angoris.it www.angoris.com 42
BORGO EIBN MOUNTAIN LODGE I-33020 Sauris (UD) - Tel. +39 392 0027191 - info@borgoeibn.it 43
SPINE DI… PASSIONE di Bruno Cataletto
foto di Bruno Cataletto
Il messaggio sullo smart-phone è invitante: «Andiamo a bere qualcosa di buono da Daniele»? Percorro a passo veloce le ripide stradine che dal colle di San Giusto tortuosamente raggiungono il mare che bagna Trieste e in brevissimo tempo raggiungo i miei amici al posto convenuto: Mastro Birraio. Due piccole lanterne accese sopra un’antica porta di legno, segnale inequivocabile che il locale è aperto, ci accolgono con la loro luce tremolante. L’atmosfera che percepiamo subito è quella delle vecchie taverne dei pirati caraibici o degli affollati pub scozzesi. Il nostro sguardo si posa sulla lavagna che sovrasta il lungo bancone di legno e per alcuni, interminabili minuti scorriamo con interesse il lungo elenco di birre che abbiamo di fronte.
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n caldo e stentoreo saluto di benvenuto ci riporta alla realtà facendoci incontrare il sorriso e lo sguardo penetrante di Daniele Stepancich, la cui figura emerge imponente sopra le spine e le pompe da cui esce il prezioso liquido che siamo venuti a degustare. L’intimità e il calore del locale, uniti ai primi sorsi di una birra dorata e dal profumo inebriante, innescano subito una cordiale conversazione con il “mastro birraio”. Il locale aprì i battenti nel lontano 1983 ma la sua conduzione è nelle mani del nostro padrone di casa solo dal 2010. L’attrazione fatale ha inizio per Daniele circa 20 anni fa quando, durante un viaggio fra le brughiere scozzesi, comincia ad appassionarsi agli stili birrari di quelle terre. Alla fine degli anni novanta frequenta l’Università della Birra di Azzate diretta da Franco Re e da quel momento inizia una serie interminabile di viaggi “didattici” in Belgio, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti d’America. È un percorso evolutivo complesso, il suo, fatto di passione e conoscenza che lo porta a essere uno dei primi a Trieste a proporre birre artigianali prodotte in microbirrifici. Entrano altri avventori e l’atmosfera diventa sempre più cordiale e amichevole. Luci soffuse, una “set list” musicale raffinata, la totale assenza di schermi televisivi o connessioni wi-fi stimolano piacevoli e rilassanti conversazioni fra persone di ogni età e ceto sociale. Questi aspetti riflettono i gusti personali del proprietario del locale. Daniele spilla le sue birre con la precisione e la classe di un maestro di cerimonie servendosi di una gestualità quasi rituale. Il banco è dotato di 5 spine da dove la birra viene spillata per gravità sulle quali settimanalmente si susseguono stili birrari diversi pronti a soddisfare i palati più esigenti. Daniele elargisce spiegazioni appassionate e competenti con cortesia e garbo. Con la grande comunicata che lo contraddistingue, e il suo incredibile e contagioso entusiasmo, spiega, con dovizia di particolari tecnici e sensoriali, le caratteristiche uniche dei diversi stili di birra dai nomi più fantasiosi come Saison, Trappista, India Pale Ale, Belgian Ale o Porter. Un menu fantasioso e ricco accompagna l’offerta. Numerosi tipi di tartine, panini di dimensioni extralarge, zuppe, piatti di carne, dolci, fra i quali il famoso “birramisù”, preparati con cura e con un’attenzione puntigliosa alla qualità delle principali materie prime, rendono piacevolmente complicata la scelta del piatto più adatto a soddisfare qualsiasi esigenza. Con gesti lenti e misurati, Daniele continua a afferrare dai ripiani posti alle sue spalle il bicchiere più adatto alla birra che sta spillando scegliendo persino il sottobicchiere personalizzato del birrificio di provenienza. Tutto ciò fa parte della filosofia che qui regna sovrana basata su professionalità e qualità.
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Comodamente seduti, abbiamo il privilegio di osservare il perfetto equilibrio che il “mastro birraio” è riuscito a instaurare fra l’innovazione prodotta dalla creatività di nuovi birrifici artigianali e la tradizione legata soprattutto al mondo complesso e variegato di queste bevande tra cui spiccano in maniera particolare quelle di origine belga. Grazie alla complicità di alcuni avventori più esperti di noi, riusciamo a degustare delle birre particolari fatte maturare in botti di legno, innescando quindi fra gli astanti un lungo discorso sui legami esistenti fra l’universo della birra e quello del vino. Prima di allontanarci da questa oasi di serenità non si può rifiutare il bicchiere della staffa scoprendo così la vasta gamma di distillati di ottima qualità fra cui numerosi whisky prodotti da piccoli imbottigliatori. Mentre salutiamo cordialmente Daniele, intento a spillare l’ennesima birra, ripensando al suo entusiasmo e alla sua passione, mi tornano alla mente i versi del poeta gallese Dylan Thomas: «amo il gusto della birra, la sua schiuma bianca, viva, la sua profondità ramata, il mondo che sorge all’improvviso attraverso le pareti brune e umide del vetro… la spuma negli angoli». Come dargli torto?
MASTRO BIRRAIO Via Felice Venezian 24/b - 3421 Trieste - T. 349 8356201 45
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IL FAGIOLO ANTICO DI SAN QUIRINO di Pierangelo Dal Mas
CRISTINA ROSSI MEL Via Monte Grappa, 6 San Quirino (PN) T. 340 7772462 roberta.rossimel@libero.it
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foto di Fabrice Gallina
DONATO ARNESE Via Cesare Battisti, 43/b San Quirino (PN) T. 349 6103158 info@fagioloanticodisanquirino.it
WALTER ZAMUNER Via Cesare battisti, 7/a San Quirino (PN) T. 338 6432878 Walter.zamuner@yahoo.it
Quella del fagiolo antico di San Quirino è una storia nata dalla tradizione familiare che accomuna centinaia di vicende legate al formidabile patrimonio alimentare del suolo italico. Storie fatte di trasferimenti forzati dalla necessità di trovare condizioni migliori per la propria esistenza, alla ricerca di un pezzo di terra da coltivare, di climi miti e meno rigidi, di possibili futuri. Non certo esodi biblici ma semplicemente costanti e continui scambi, interazioni e integrazioni tra comunità confinanti. Già a inizio ‘800 in questo paesino della pedemontana sassosa del pordenonese la coltivazione del fagiolo, della lenticchia e delle fave era una realtà economicamente consolidata.
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onno Basilio Rossi Mel aveva sempre piantato nel suo orto di casa a San Quirino un piccolo fagiolo dalla forma curiosa per pezzatura e occhiatura. La famiglia di Basilio proveniva dall’area di Mel, un paesino situato a ridosso del Piave nella provincia di Belluno che è tuttora famoso per la produzione di ottimi fagioli. Basilio decise di tramandare la semenza al figlio Nevio che continuò la tradizione forse per affetto verso il genitore e forse per l’effettiva bontà del prodotto. Lo stesso fecero i nipoti Marino e Roberta che pian piano si resero conto della qualità indiscussa e dell’unicità del fagiolo del bisnonno. Ogni piatto preparato con l’esclusivo ingrediente suscitava entusiastici consensi e il fatto non poteva essere solo frutto del caso. Nel 2015 capitò l’occasione di approfondire e le ricerche fatte da Ersa (Ente regionale per lo sviluppo rurale) volute da Marino e Roberta che, col marito Donato Arnese, sono tra gli attuali produttori, conferirono al “fagiolo antico di San Quirino” una dignità propria e meritata. La varietà non è presente in regione e nemmeno in tutta Italia; pare che una specie simile sia coltivata in Svezia ma è rampicante, mentre il fagiolo antico di San Quirino è una varietà nana. Da questo riconoscimento all’ingresso, nel dicembre 2017, nei Presidi Slow Food il passo è stato breve. L'obiettivo del Presidio è oggi poter recuperare questa varietà in modo definitivo, aumentando il numero dei coltivatori. La produzione, è per ora, limitata, non supera i 300 kg per 1500 mq di impianti, e di fatto rappresenta per chi si dedita alla coltivazione solo una integrazione al reddito. Il fagiolo antico di San Quirino appartiene alla specie Phaseolus vulgaris. Reniforme, ha media dimensione e colore marrone chiaro con occhio bianco contornato da un’iride marrone scuro. La pasta è dolce e particolarmente farinosa con pochissimo scarto. Non è rampicante, la pianta è piuttosto delicata. Si coltiva, secondo le antiche tradizioni locali, nei terreni sassosi e si semina tra marzo ed aprile, mentre la raccolta avviene a fine luglio. Essiccato è disponibile tutto l’anno. Le fertilizzazioni sono esclusivamente organiche e non c’è uso di trattamenti chimici. Non si eseguono diserbi. Si coltiva soltanto nel comune di San Quirino (PN). La raccolta si effettua a mano, estirpando le piccole piante disposte nei filari da cui si tolgono i baccelli (a San Quirino chiamati tega) che sono posti in solai ben areati e, seguendo le tradizioni orali impartite da nonno Basilio, si battono leggermente con bastoni di legno per separare l’involucro dal fagiolo. Successivamente, questi ultimi, sono selezionati uno a uno al fine di distinguere i fagioli da proporre al mercato da quelli da usare per la successiva semina. Il trattamento a freddo finale serve a favorire la conservazione e a prevenire i parassiti. L’uso in cucina è versatile e offre la possibilità di arricchire zuppe, minestre, ma anche insalate e contorni. È in corso anche una collaborazione con un mulino di Socchieve per produrre la farina adatta a realizzare una pasta. Il fagiolo antico di San Quirino presenta, dopo la cottura, una buccia sottile, impalpabile, mentre la polpa rimane compatta e fine. Ideale per le ricette tipiche come la “pasta e fagioli alla friulana” o la tipica pordenonese “fasioi e frumenton”.
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LA RICET TA CON IL FAGIOLO ANTICO DI SAN QUIRINO E I VINI ABBINATI. Chef Andrea Canton
TESTINA DI VITELLO CON CREMA DI FAGIOLO ANTICO DI SAN QUIRINO E RADICCHIO DI TREVISO ALL’ACETO INGREDIENTI PER 6 PERSONE: 500 gr di testina di vitello bollita e tagliata a cubetti, 100 gr di fagiolo antico di San Quirino ammollati per una notte in acqua, 4 mazzi di radicchio di Treviso, 1 radice di rafano, 150 gr di aceto di vino bianco, 30 gr di germogli di porro, 1 gambo di sedano, 1 cipolla, 1 testa d’aglio, rosmarino, fior di sale, aceto balsamico, olio extravergine di oliva. PREPARAZIONE: Mettere a bollire i fagioli in acqua salata con una gamba di sedano e una piccola cipolla. Una volta cotti frullarli utilizzando: parte della loro acqua di cottura, 3 cucchiai d’olio extravergine di oliva profumato con il rosmarino e l’aglio, così da ottenere una salsa color nocciola. Porre sul fuoco una casseruola con 1 litro d’acqua e l’aceto bianco, salare. Quando bolle sbiancare le foglie più belle del radicchio (6 foglie per ogni commensale). A parte, su una padella antiaderente, rosolare i cubetti di testina con un goccio di olio extravergine di oliva. Montare il piatto disponendo sul fondo la salsa color nocciola, sopra a raggiera le foglie di radicchio, al centro 2 cucchiai di testina, Spolverare con il rafano e guarnire con i germogli di porro e un filo di olio extravergine di oliva.
FOTO PENTOLA
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BORGO DELLE OCHE Malvasia 2015 Alc. 13% - Euro 15 Giallo paglierino intenso. Note varietali con eleganti trame floreali fresche, frutta a pasta bianca come pesca e mela renetta. Seguono delicati sbuffi di erbe aromatiche e di scorza di arancia tarocco. La sapidità e la freschezza dominano l’ingresso ma lasciano ampi spazi alla morbidezza glicerica che governa agevolmente la beva fino all’epilogo lento e generoso nei ricordi aromatici. Vinificato nell’acciaio, dove rimane per 6 mesi. LE MONDE Friuli Pinot Bianco 2016 Alc. 13% - Euro 12 Paglierino brillante. Naso raffinato e complesso, ben fuso. Miscellanea di fiori gialli e fienagioni estive. Cocktail di agrumi, chips di ananas, pera ruggine e mela gialla. Delicate spezie dolci a chiudere. Folate minerali terrose e salmastre. Sorso inizialmente fresco e sapido. Prosegue su binari morbidi che inducono all’ottimo equilibrio. Gradevole amarognolo nel finale dedicato alla frutta. Acciaio e tonneau di rovere francese. RUSSOLO Chardonnay Ronco Calaj 2016 Alc. 12,5% - Euro 11 Paglierino carico e lucente. Gamma di profumi floreali quali biancospino, gelsomino e acacia aprono il percorso odoroso. Poi pesca bianca, mela renetta e pera abate. Slanci tropicali di mango e papaia. Delicate spezie dolci e miele d’acacia. Mineralità sassosa. La beva fluida è sorretta da sostanziale simmetria gustativa. Sfuma gradualmente con ritorni fruttati e minerali. Vinificato nell’acciaio e in piccoli carati di rovere.
SAN SIMONE Friuli Grave Friulano Case Sugan 2016 Alc. 13 % - € 12 Giallo paglierino vivido. Sensazioni fresche di fioriture primaverili, sfalci d’erba e frutta a pasta bianca al primo olfatto. Continua con sentori più maturi che raccontano fienagioni, pesca gialla e mandorla. Respiri marini impreziosiscono il naso. Scorrevole, diretto e fresco. Il corpo è garante di ottima proporzione fresco-sapida. Conclude con suggestioni fruttate. Vinificato nell’acciaio dove rimane sulle fecce fini per 8 mesi. VISTORTA Friuli Grave Chardonnay 2016 Alc. 12,5% - € 10 Paglierino con intarsi luminosi. Accenni varietali di frutta a pasta gialla e tropicale: melone, pesca nettarina, banana e ananas. Fiori gialli estivi e soffi d’erbe mediterranee. Salsedine e polpa d’agrumi. Attacco fresco e diretto che vira rapidamente su piani morbidi e glicerici. La chiusa è sapida e dalle sequenze corrispondenti nei riconoscimenti fruttati e delicatamente balsamici. Vinificato nel cemento dove rimane per 6 mesi. 51
ETIENNE E IL DONO DI ESSERE PAYSAN di Federico Magni
Foto di Steen Öhman
Etienne è un ragazzo di ventisei anni. Ha il fisico di chi ama tutte le buone cose della vita, la testa di chi vive l’essere contadino come un dono, la sensibilità e il tocco di chi ha ereditato, dalle precedenti generazioni, lui ne incarna la quinta, non solo ettari di vigneti in una delle zone più conosciute e importanti del mondo, ma anche un metodo di lavoro, una conoscenza, uno stile di vita “inarrivabili”.
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omblanchien è uno dei primissimi paesi della Côte de Nuits. Più noto, in verità, per l’estrazione della pierre de Bourgogne, dal caratteristico colore ocra, che per la presenza di cru prestigiosi. Etienne abita nell’ultima casa sulla sinistra provenendo da Beaune direzione Digione. La cantina, di fronte alla casa, è divisa in due corpi, uno per la vinificazione e uno per l’invecchiamento. Solo chi non conosce a fondo la realtà vitivinicola francese e borgognona in particolare si stupirà nel constatare che, più che una cantina, è una rimessa in cui non è l’ordine a regnare sovrano. Cuves in cemento, disposte una accanto all’altra, sono i contenitori in cui si svolge la vinificazione, condotta facendo attenzione a non esagerare con l’estrazione, prima del travaso in barrique, di diverso passaggio, a seconda del cru di provenienza. Le barriques sono poi stoccate nella seconda cantina, anch’essa in tutto simile ad altre della zona. Molto semplice, quasi banale. L’intervento umano è limitato all’essenziale. La stessa essenzialità è applicata sui 10 ettari di vigneti di proprietà. Il cuore, il vino simbolo del Domaine, è forse il più semplice, sicuramente il meno altisonante, Côte de Nuits Villages. Più di 5 ettari, ripartiti su 8 appezzamenti nei dintorni di Comblanchien, su cui si concentrano le maggiori attenzioni e i riguardi di Etienne. L’idea è che è il vino “base” a dare la misura della bontà lavoro svolto, in vigna come in cantina. Fare un ottimo 1er cru di Nuits Saint Georges, come Les Bousselots, una vigna che sfiora il comune di Vosne Romanée, o un grandissimo Echezeaux, è senza dubbio importante, ma a nulla servirebbe se si trascurasse il vino di maggior produzione. Aloxe Corton Les Valozieres, forse il più delicato dei vini di Etienne, e forse per questo il mio preferito, Nuits Saint Georges Aux Saint Julien, nella parte nord di Nuits, e Nuits Saint Georges, da quattro diversi climats posizionati invece nella parte sud dell’appellazione, sono i tre vini, tutti villages, che completano la gamma. Etienne ha appreso il mestiere frequentando il liceo vitivinicolo di Beaune, ma, soprattutto, osservando suo padre, Gérard, un personaggio davvero d’altri tempi, con cui si posson passare ore perdendosi in chiacchiere e aneddoti, che con l’instancabile moglie e grande cuoca Ghislaine, innamorata del figlio più come un’italiana che come una francese, hanno dato, a partire dagli anni ’80, forte impulso alla crescita del Domaine. Dal 2012, a venti anni, quindi, Etienne prende in mano la conduzione dell’azienda di famiglia sia per la parte agricola-produttiva che per quella commerciale. Dopo qualche titubanza iniziale, sempre sotto il vigile occhio di Gérard, la sua personalità e la sua sensibilità si vanno affinando, vendemmia dopo vendemmia, annata dopo annata. Vini delicati, fini, in cui la godibilità del frutto è ovviamente ricercata, ma non ossessivamente. Vini terrosi, a me piace definirli così. Per quanto il commercio, Etienne si sta concentrando molto sull’esportazione, individuando una fitta rete di distribuzione che ormai conta una ventina di paesi nel mondo. Viaggi frequenti, degustazioni continue, per presentare al meglio il Domaine e la sua storia, coinvolgendo e appassionando, e non semplicemente facendo valere l’importanza e la miticità del luogo di provenienza. Il tutto senza mai perdere contatto con le vigne e con la cantina. Senza mai perdere contatto, soprattutto, con il dono di essere contadino.
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DOMAINE GERARD JULIEN & FILS 2, Route Nationale 974 21700 Comblanchien T +33 380629422 www.domaine-julien.fr 53
CÔTE DE NUITS VILLAGES 2015 Uve: 100% pinot nero Alc. 13% - Euro 30
Elegante rosso rubino. Finissimo e delicato, dai profumi di frutta a bacca rossa, spezie e fiori freschi. Espressione nitida rinfrescata da ribes, ciliegia, fragola e gelatina di frutta, poi pepe, bacche, liquirizia e una piacevole vinosità speziata. Il sorso è accattivante, dall’allungo scorrevole, fruttato e piacevolmente speziato. Filetto di maiale in vaso cottura con senape ed erbe provenzali.
ALOXE-CORTON “Les Valozières” 2015
Uve: 100% pinot nero Alc. 13% - Euro 55
Il rosso si infittisce leggermente svelando sapori di bacche rosse e scure, intervallate da pepe nero e more di rovo. Accenni terrosi, di liquirizia e resina, sono supportati dall’ottima mineralità. Al palato è reattivo, succoso e gioca su freschezza e profondità, grazie a un tannino agile e ben integrato. Corrispondente nella lenta chiusura. Pappardelle con fave di cacao, agnello e funghi porcini.
NUITS-SAINT-GEORGES VILLAGE 2015 Uve: 100% pinot nero Alc. 13,5% - Euro 65
Rosso rubino fitto con bordo purpureo. Bouquet scuro, nitido e compatto; bacche, fiori in appassimento, frutta macerata, spezie dolci, humus, foglia di tabacco, canditi e pout-pourri. L’assaggio conferma densità, cremosità e volume, bel piglio, slancio balsamico e tannini appena spigolosi. Lasagne con tardivo di Treviso, salsiccia affumicata e Montasio stravecchio.
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NUITS-SAINT-GEORGES “Aux Saints Julien” 2015
Uve: 100% pinot nero Alc. 13,5% - Euro 70
Vibrante rosso con variazioni granate fanno da apripista a profumi floreali, prima di offrire variazioni di bacche rosse e scure, carcadè, rosa appassita, rosmarino e fine mineralità iodata. L’impatto col palato mostra finezza, potenza e un’energica succosità che ricorda il melograno. Corrispondente mineralità nello sviluppo dai tannini levigati. Petto di faraona in crosta di erbe con salsa al Roquefort.
NUITS-SAINT-GEORGES 1er Cru LES BOUSSELOTS 2015
Uve: 100% pinot nero Alc. 13,5% - Euro 80
Il rubino si fa impenetrabile. Profilo di notevole complessità e vigore; bacche rosse e scure, scorze di agrumi, viola e petunia, sigillate da un’intensa mineralità di pietra calcarea. Tannini fitti qualificano un sorso equilibrato che gioca su ritorni speziati e balsamici. Chiusura di rara intensità che sa di pepe nero. Roast beef con caponata di verdure.
ÉCHEZEAUX Grand Cru 2015
Uve: 100% pinot nero Alc. 13,5% - Euro 200
Il rubino e il granato si confondono. Olfatto potente, estremamente preciso e calibrato; note profonde e stratificate di amarena e ribes rosso, poi spezie scure e fave di cacao, con cenni floreali di lavanda e viola essiccata impreziositi da mineralità rocciosa. Saporito, vibrante, elegante e insieme profondo e imponente. Tannini compatti che si integreranno col tempo. Grafite e tabacco sono i tratti caratteristici della lenta, equilibratissima, chiusura. Canard à la presse.
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Ăˆ tutta questione di equilibrio Dal 1499 www.tenutavillanova.com
La ricetta di MangiaVino
RAVIOLI DI BRANZINO IN SALSA AGLI SCAMPI Chef: Branka Miladinovic
Foto di Umberto Pellizon
Ingredienti: 8 uova, 1 kg di farina, sale, pepe, olio extravergine, acqua q.b., 800 grammi di branzino, 1 cipolla, 1 carota, 1 gamba di sedano, foglie di basilico, 1 pomodoro, alcuni pomodorini, teste di carapaci di scampi (4 o 5 per commensale), mezzo calice di malvasia e mezzo di brandy. Preparare una sfoglia leggera e ben tirata, dopo mezz’ora di riposo dell’impasto, approntare la farcia. Cucinare a vapore, con erbette mediterranee, il branzino sfilettato e spinato. Aggiustare di fior di sale, profumare di pepe bianco al mulino. Realizzare dei ravioli “classici”, quadrati. Preparare una sorta di bisque per la salsa, soffriggendo, in sufficiente olio extravergine, in una casseruola, la cipolla media, la gamba di sedano, la carotina, tritati. Aggiungere il pomodoro a spicchi e le teste e i carapaci degli scampi, sfumare con mezzo bicchiere di malvasia e mezzo di brandy, salare e pepare. Passare il tutto nello schiacciapatate. Tagliare i pomodorini in quattro, cucinarli con olio extravergine e un pizzico di sale in padella, ricavandone un sughetto al quale va aggiunto il basilico spezzettato. Unirvi la “bisque” necessaria, quattro o cinque scampi sgusciati per piatto, e spadellare con i ravioli, dopo averli cotti in acqua salata con un po’ di olio e ben scolati. Impiattare, decorando con foglie di basilico, con gocce di olio extravergine e basilico tritato.
RISTORANTE AL CAVALLUCCIO Duino Porto 61/d - 34011 Duino Aurisina (TS) - T. 040 208133 www.alcavalluccio.net
I VINI IN ABBINAMENTO ATTEMS
CACCESE
Collio Sauvignon Cicinis 2015 Alc. 13,5% - Euro 24
Collio Sauvignon 2016 Alc. 14,5% - Euro 18
Giallo paglierino lucente. Ventaglio complesso e ben fuso. Ananas, mango e litchi inizialmente. Seguono frutta a pasta gialla, fienagioni estive ed erbe officinali. Delicate tostature e spezie dolci chiudono l’olfatto. Fresco, minerale e diretto ma subito materico, avvolgente. Sorso bilanciato, piacevole, con il finale che sottolinea gli agrumi e gli sbuffi fumé della ponca. Matura parte in cemento e parte in barrique.
Giallo paglierino carico. Effluvi varietali di ottima fattura. Frutta tropicale e cocktail di agrumi da cui emergono il kiwi e il mandarino. Fiori estivi e fienagioni di montagna. Polvere di erbe officinali e spruzzi intensi si salsedine. Avvolgente, territoriale, proporzionato da grande e vitale freschezza. L’epilogo è lento, incentrato sui deliziosi temi erbacei e minerali. Vinificato nell’acciaio dove sosta sui lieviti per 7 mesi.
Giallo paglierino dalle tipiche sfumature ramate. Subito gradevole. Frutta a pasta bianca e gialla: mela, pera e pesca nettarina in evidenza. Le erbe aromatiche fresche si fondono con la mineralità terrosa che contraddistingue la territorialità ed esalta il naso. Equilibrato, preciso nella contrapposizione gustativa. Conclude avvolgente il suo percorso su lunghi binari fruttati e agrumati. Affinato nell’acciaio sur lie.
KANTE
ZIDARICH
Malvasia 2014 Alc. 12,5 % - Euro 20
Vitovska 2015 Alc. 12% - Euro 26
Giallo paglierino acceso. Rara eleganza e finezza caratterizzano la gamma dei profumi. Scorza di cedro, mandarino, polpa di kiwi. Seguono sorprendenti note di noccioline tostate, anice stellato e coriandolo. Sferzate marine sostengono l’intero cammino aromatico. Bocca glicerica, regolata ad arte da freschezza sapida e respiri balsamici. Si spegne gradualmente su ricordi speziati e fruttati. Piccoli legni francesi e acciaio.
Giallo dorato lievemente opalino. Corredo odoroso affascinante che si manifesta con intense folate resinose e balsamiche. Agrumi canditi e scorza d’arancia sanguinella. Poi uva sultanina, crema pasticciera e frollino al limone. Ingresso morbido, setoso. Prosegue con intensità frescosapida che alimenta suggestioni ti tipo salmastro. Fermentazione malolattica e maturazione in botti di rovere di Slavonia per 2 anni. Senza filtrazione.
CASTELVECCHIO Carso Pinot Grigio 2016 Alc. 13,5% - Euro 16
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VERDUZZO FRIULANO DOLCI RICORDI di Renzo Zorzi
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Un vino fuori moda? Domanda lecita visto la poca considerazione di cui questo, pur straordinario, prodotto enologico nostrano gode in questi anni. È certo che anche il Verduzzo sta vivendo il momento difficile che tutti i vini a residuo zuccherino subiscono nella ristorazione. In questo ambito è diventato via via più complicato proporre i vini. Il cliente cerca sempre più spesso, sbagliando, i vini che possiedono una bassa gradazione alcolica indipendentemente dal loro scopo principale che è quello del buon sposalizio con il cibo: è un rifiuto a prescindere. Lo spumante iniziale, il bianco, il rosso e… poi ci si ferma. Perché? Non certo perché la proposta abbinata ai dessert non sia valida ma probabilmente solo perché manca ancora una vera e propria cultura nel considerare il vino elemento assolutamente imprescindibile dal cibo. Se è vero, come lo è, che il dessert ha la funzione di chiudere brillantemente un pasto è altrettanto indispensabile che sia proposto insieme al suo compagno ideale: il vino dolce.
C
olori intensi dell’oro e dell’ambra, tersi e brillanti. I profumi dell’Eden quali i fiori gialli, i mieli, la frutta caramellata, le spezie dolci e gli agrumi canditi. Corpo possente ma eleganza femminile. Al palato la dolce avvolgenza del velluto, la freschezza come rugiada e la delicata caratteristica ruvidità si fondono in un lungo indimenticabile ricordo. Questo è il Verduzzo che conosciamo, che amiamo, che ci emoziona, a cui è impossibile rinunciare. Diffuso in tutte le zone Doc della regione, escluse quella del Carso. Presente nella Docg Ramandolo con il clone verduzzo giallo. I risultati sono eccellenti. È un vitigno a bacca bianca. Sono 440 gli ettari vitati in regione. Diversi i biotipi di questo vitigno. I più conosciuti sono il verduzzo verde, e il verduzzo giallo. Guido Poggi, nel suo “Atlante ampelografico” (1939), ipotizza che il clone giallo derivi dal verduzzo verde che è più diffusamente coltivato ma produce una quantità inferiore di zuccheri e sostanze. Il verduzzo giallo quindi - prosegue il Poggi - è preferito dagli agricoltori poiché è in grado di dare un mosto più ricco e di conseguenza un vino più alcolico e complesso anche se la produzione è inferiore. La foglia è media, trilobata o quasi intera. Lembo piano, liscio di colore verde bluastro. Il grappolo è piccolo, cilindrico o cilindrico piramidale, alato e abbastanza compatto. L’acino è medio, leggermente ellissoidale. La buccia è pruinosa, spessa e consistente. Il colore è giallo o giallo verdolino e dorato
nella fase di maturazione. La pianta ha una produzione buona e costante. La sensibilità alla peronospora e all’oidio è scarsa. Non teme la botrite. Preferisce terreni non compatti e soprattutto collinari, ben esposti dove possa esprimere tutte le sue potenzialità nella produzione di vini dolci. Il vino, normalmente vinificato in bianco a causa dell’elevato contenuto tannico della buccia che comprometterebbe l’equilibrio, risulta essere semisecco o dolce. È consentito un leggero appassimento in pianta o in alternativa l’appassimento nei fruttai. Queste tecniche consentono un arricchimento notevole della complessità aromatica. La vinificazione deve avvenire nell’area di produzione. Le prime tracce della presenza in Friuli di questo vino risalgono al 1409 ma i primi documenti scritti ne accertano la produzione solo nel 1823. Il Di Maniago infatti descrive le sue caratteristiche nei sui documenti e nel 1825 Giuseppe Acerbi lo cita poiché coltivato nei dintorni di Udine ma non dà nessuna descrizione del vitigno né del vino. La vinificazione certamente più famosa è senza dubbio quella del Ramandolo Docg. È la prima Docg del Friuli Venezia Giulia. La data storica è il 9 ottobre del 2001. La conca di Ramandolo, da cui deriva il nome del vino, è dominata dal monte Bernadia che, dall’alto dei suoi 900 metri, la protegge dai freddi venti di tramontana. I vigneti, tutti esposti a sud, sono collocati tra i 250 metri sul l.m. a Torlano, i 370 metri a Ramandolo e i 413 metri a Sedilis. Le pendenze accentuate di queste colline, che superano il 30%, richiedono sempre una lavorazione manuale.
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MODEANO Friuli Latisana Verduzzo Friulano 2016 Alc. 13% - Euro 12 Bella tonalità di giallo oro lucente dai rifessi ambrati. All’olfatto ha deliziosi soffi di uva sultanina, miele di acacia, biscotti al limone, vaniglia, crostata di albicocche e marron glacé. La dolcezza è mitigata da una piacevole freschezza che facilita la beva rendendo il sorso agile e gustoso. Il finale è pulito, lento e invitante per il riassaggio. Vinificato esclusivamente in acciaio inox. Lingue di gatto.
BUTUSSI VALENTINO Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2015 Alc. 12,5% - Euro 16 Sgargiante giallo dorato dalle raffinate sfumature ambrate. Il naso rievoca calde sensazioni di pesca sciroppata, di albicocca disidratata, fichi, chips di banana con sottofondo di frutta secca e leggera, elegante tostatura. Compatto, robusto e vellutato. Una arte delle uve sono fatte appassire e vinificate in piccoli botti di acacia, il resto in acciaio con breve contatto con le bucce. Croccanti alle mandorle.
MARCO CECCHINI Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano Verlit 2015 Alc. 14% - Euro 25 Giallo dorato cristallino. Il profilo odoroso è dominato da gradevoli sbuffi di mela golden matura, pera ruggine, fichi secchi, erbe aromatiche essiccate e frutta candita. Temi tostati accompagnano l’olfatto e invitano all’assaggio. In bocca la dolcezza è mitigata da appagante freschezza e nel congedo riemergono suadenti riconoscimenti fruttati. Inox, poi barrique francesi per 10 mesi. Scaloppa di foie gras. SARA & SARA Crei 2013 Alc. 14,5% - Euro 30 Giallo ambrato compatto e luminoso. Sontuoso, dalla classe straordinaria. La lunga teoria di profumi offre un comparto odoroso variegato e davvero ricco. Zenzero, frutta candita, zafferano, incenso, arancia rossa, cera d’api, nocciole tostate e preziosi cenni balsamici freschi e mentolati. Glicerico, è ravvivato e bilanciato da una vivace freschezza. Appassimento per 3 mesi e 12 mesi in barrique. Formaggi erborinati. PITARS Friuli Grave Verduzzo Friulano Grintinis 2016 Alc. 12,5% - Euro 10 Spicca la lucentezza del colore giallo dorato nonostante l’intensità e la compattezza. Emergono: confettura di albicocche, resina di pino, scorza d’arancia caramellata ed erbe officinali essiccate con un sottofondo di iodio e balsamo marino. In bocca sapidità e freschezza fanno da preludio a al gioco “dolce-non dolce” piacevole e intrigante. Vinificato in acciaio inox. Tartelletta mignon pera e crema. 62
MARCO SARA Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2015 Alc. 12% - Euro 16 Ha il colore dell’oro, vivido, luminoso e scintillante. Gratifica l’olfatto con guizzi resinosi e balsamici che si alternano a trame di frutta secca, datteri, miele, uva sultanina e agrumi canditi. Delizioso, serico e avvolgente, con il dolce ben proporzionato da insistenti richiami freschi e mentolati. Appassimento naturale fino a dicembre. Fermentazione in barrique nuove e 12 mesi di affinamento. Charlotte.
SCUBLA Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano Passito Cràtis 2014 Alc. 12,5% - Euro 32 Emozionante color dell’ambra, scintilla ed emana respiri che inebriano l’olfatto. In frenetica sequenza: essenze di frutta candita, cera d’api, incenso, datteri, fichi secchi, gelatine di agrumi, resine e creme caramel. Spuntano poi freschi riverberi mentolati e balsamici. Al gusto è entusiasmante, frutto di 3 mesi di appassimento al vento di Bora e di 20 mesi nei piccoli legni francesi. Bleu di capra e gelatine.
RONCHI DI CIALLA Friuli Colli Orientali Cialla Verduzzo Friulano 2013 Alc. 15% - Euro 28 Giallo dorato compatto e luminoso, di ottimo aspetto. Un capolavoro di profumi squisiti e deliziosi che suggeriscono la pesca gialla matura, l’albicocca disidratata, la scorza d’arancia, la crema pasticcera, il miele. È amabile, vellutato, dalla grande avvolgenza e ricchezza di aromi. Vinificato in barrique dov’è maturato per 12 mesi, poi 15 mesi di affinamento in bottiglia. Gnocchi dolci con granella di noci e caramello. RUSSIZ SUPERIORE Verduzzo Friulano 2010 Alc. 14,5% - Euro 22 Eleganti sfumature ambrate impreziosiscono il giallo dorato vivido. Il poderoso ventaglio odoroso si dispiega su dolcissime note di miele millefiori cui si aggiungono frutta candita, burro di arachidi, confettura di mela cotogna, nocciola e resine balsamiche. È stuzzicante e vellutato, impregna il palato in modo quasi indelebile. Vinificato in acciaio per 12 mesi sui propri lieviti. Montasio di malga stravecchio.
MARINIG Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2016 Alc. 13% - Euro 12 Il giallo dorato brillante introduce alla variegata gamma dei odori che si esaltano per tipicità e gradevolezza. Alla pera e all’albicocca disidratate si aggiungono chiari sentori di amaretti, nocciole, fichi secchi e miele biondo. Subito morbido e glicerico. L’allungo sfuma su delicati ricordi ammandorlati. Vinificato e maturato parte in acciaio e parte in barrique per 5 mesi. Crostata di albicocche candite. 63
LA TUNELLA Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2015 Alc. 13% - Euro 12 Carico d’oro di particolare trasparenza e brillantezza. In rapida sequenza emergono folate di miele, fichi secchi, uva passa, erbe aromatiche essiccate, crostata di albicocche e resina. La dolcezza è bilanciata da adeguata freschezza e il finale, piacevolmente amaricante, rimarca la tipicità. Dopo qualche giorno di contatto con le bucce fermenta in barrique e vi rimane per almeno un anno. Torta alle mandorle.
TENUTA LUISA Friuli Isonzo Verduzzo Friulano 2016 Alc. 12% - Euro 16
RONCHI DI MANZANO Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2015 Alc. 13% - Euro 12
Giallo dorato vivace e lucente. Profumi intensi, nitidi, che riconducono al succo di mela cotta, alla frutta candita, al miele di millefiori, al croccante alle mandorle. Brividi marini di salsedine. Spiccano le caratteristiche del vitigno con la gradevole sensazione di dolce-non dolce dovuta alla lieve tannicità. Fermenta per 12 giorni in tini di acciaio inox e sosta sulle fecce nobili per 6 mesi. Torta Sacher.
Ha il colore e la lucentezza dell’oro giallo. L’impatto olfattivo è di gran classe e complessità. Spicca il miele di montagna seguito da scorza d’arancia candita, albicocca disidratata, succo di mela al forno, peperone marinato e mallo di noce. È morbido, raffinato ed eccelle nella persistenza. L’uva appassisce sulla pianta fino a fine ottobre. Vinificato in piccole botti di acciaio. Gorgonzola con mascarpone.
RONCHI SAN GIUSEPPE Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2016 Alc. 12% - Euro 12 Oro purissimo, carico e smagliante. Subito la mela golden, la pesca sciroppata, i fiori d’acacia appassiti, il burro fuso e la cera d’api. In bocca la dolcezza è mitigata da una vivida freschezza che contribuisce al mantenimento della simmetria supportata da una leggera tannicità. Surmaturazione in pianta e vinificazione in acciaio dove rimane sulle fecce nobili per 4 mesi. Gnocchi di zucca con ricotta affumicata.
ARZENTON Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2016 Alc. 14% - Euro 12 Invitante e affascinante all’aspetto grazie al suo manto dorato. Perfettamente allineato con i ritorni classici che identificano il vitigno: miele di acacia, frutta candita, caramella d’orzo e crostata di albicocche. Sottile salsedine a suggellare il naso. Signorile e mai stucchevole. Equilibrato e corrispondente. Matura in acciaio per 2 anni. Affina per 6 mesi in bottiglia. Tortino al cioccolato al cuore fondente. 64
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IL PINOT GRIGIO SENZA TEMPO DI... Cristian, Michele, Graziano e Leonardo di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano
Foto di Fabrice Gallina
Va subito detto che poche verticali, in questi oltre quattro anni ne abbiamo raccontato molte, ci hanno emozionato come questa. Due sono i motivi principali: la qualità strepitosa del vino e, non di meno, il suo straordinario comportamento riguardante la longevità. Nell’immaginario collettivo infatti, e sfido chiunque a dire il contrario, il Pinot Grigio è un vino di pronta beva, da consumarsi senza troppo impegno, e senza aspettarsi effetti speciali. Questo prodotto, spesso dozzinale e protagonista indiscusso della battaglia del prezzo al ribasso, inutile negarlo, ha invaso il pianeta e fa storcere il naso agli appassionati del vino. Ma c’è un altro Pinot Grigio, abbiamo già avuto modo di scrivere a riguardo, è quello friulano. Nulla di strano dunque se altrove questo vino rimane un brutto anatroccolo e in Friuli diventa uno splendido cigno. Siamo di parte? No, provare per credere.
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a vista spazia libera tutt’attorno e la tagliente Bora si infila nel bavero della giacca. La giornata luminosa offre il panorama imbiancato del vicino Matajur, del Canin e, più lontano, del gruppo del Tricorno. Il vocio allegro che arriva all’esterno indica quale è la porta oltre la quale Cristian, anfitrione dall’allegria contagiosa, e suo fratello Michele sono indaffarati a stendere la marea di calici sul lungo tavolo. Le bottiglie allineate sono tante. Mentre si versano i vini, i colori lucenti riflettono la loro bellezza creando molte aspettative che, tuttavia, da lì a poco, andranno ben oltre ogni previsione. La storia degli Specogna è comune a molte famiglie friulane. Leonardo, nel 1963, rientra in Friuli dopo anni di emigrazione in Svizzera e acquista il piccolo appezzamento di terra sulla collina di Rocca Bernarda. L’inizio, oltre al vino destinato all’autoconsumo, vede la produzione cerealicola e casearia. Il figlio Graziano e la moglie Anna apportano migliorie alla gestione dei vigneti e, consci delle enormi potenzialità dei terreni e della loro posizione, decidono di fare il grande passo. Cristian e Michele, terminate le scuole di agraria, affiancano i genitori e oggi spetta a loro proseguire il lavoro in vigna e in campagna. “Il Pinot Grigio è il vino che ci rappresenta meglio -spiega Cristian- e da sempre lo facciamo ramato. Mio nonno lo ha concepito così, forse come si usava all’epoca, la prima vendemmia è stata fatta nel 1973, e noi siamo qui a continuare la tradizione. Gli Specogna hanno proseguito a farlo di questo colore anche quando non era più di moda e imperavano i «bianco carta» più signorili nell’aspetto ma non nella sostanza. Il tempo ci ha dato ragione. Naturalmente non è solo un fatto cromatico poiché il contatto tra buccia e mosto arricchisce il prodotto di molte componenti utili non solo alla funzione sensoriale ma soprattutto alla struttura e alla longevità”. Il Pinot Grigio Ramato di Cristian e Michele è realizzato con le uve di più vigneti, tutti piccoli appezzamenti accanto alla cantina, posti su diverse esposizioni e quindi i frutti che si ricavano hanno maturazioni e acidità diverse; questo permette, in funzione dell’annata, di usare percentuali varie nel blend al fine di mantenere i parametri costanti e garantire così l’alta qualità del vino finale. L’area, su cui è situata l’azienda degli Specogna, è eccezionalmente esposta ai venti che entrano da Est e investono costantemente i filari. Questa situazione è fondamentale per prevenire le malattie di cui il pinot grigio è sensibile e inoltre permette di poter posticipare il periodo della vendemmia. La domanda è obbligatoria e quindi è Gianluca a farla: “perché la scelta di unire più annate con sistema di maturazione che ricorda il solera?”. “Avevamo il desiderio -risponde Cristian- di fare qualcosa per evidenziare le grandi qualità di questo vino e questo sistema, non certo frequente in regione, ci ha permesso di dimostrarlo”. L’assaggio non lascia dubbi, è così.
Il colpo d’occhio sulle bottiglie allineate evidenzia non solo l’importanza dell’evento ma anche il percorso temporale attraverso la forma delle bottiglie e la diversità cromatica delle etichette. Emoziona la “renana”, ultima della serie ma prima testimone della storia, della passione e dei successi di questo vino che ha il colore del sole e del rame. È la prima volta che si fa una verticale così ampia del “ramato Specogna”. Un percorso che attraversa ben 3 decenni non è certo usuale così come non è frequente trovarsi davanti a un vino che dopo 32 anni racconta la sua incredibile vitalità. In quel calice, proprio in quel calice, si può davvero scoprire che il cammino può ancora proseguire a lungo. Potenza del vitigno? Virtù del clima e del terreno collinare di Rocca Bernarda? Sapienza agro-enologica degli Specogna? Forse è l’insieme delle cose. Forse tutto nasce dal caso ma nulla nasce da ciò che è fatto per caso.
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Denominazione: Indicazione Geografica Tipica. Zona di produzione: cinque vigneti collinari, altitudini da metri 58 a 190 slm., esposizioni sui terreni denominati: Nord Cantina (Est), Nord-Est Cantina (Est), Est Cantina (Est/Nord-Est), Bassa Collina (Est/Sud-Est), Sud Cantina (Sud) situati sulla collina di Rocca Bernarda a Corno di Rosazzo (UD). Terreni di marna di origine eocenica e paleocenica di natura flyschoide (Flysch). Viticoltura convenzionale e biologica. Età delle vigne: 30 anni - 50 anni. Metodo di allevamento: guyot. Resa per ettaro: 3,5 t di uva con densità di 5.000 ceppi /ettaro. Uve: pinot grigio Specogna. Epoca raccolta delle uve: fine settembre. Vendemmia manuale, in cassette da 15 Kg. Vinificazione: alla diraspa-pigiatura soffice segue la macerazione sulle bucce che varia, a seconda del vigneto e dell’annata, dalle 12 alle 96 ore. Per il “solera” la macerazione varia da 7 a 12 giorni. Il 20% del mosto fermenta e sosta in barrique e tonneau di rovere, l’80% nell’acciaio. Dopo 8-9 mesi avviene l’assemblaggio e l’imbottigliamento. Prima annata prodotta: 1973. Bottiglie prodotte: circa 1.500 anno. Temperatura ottimale di servizio: 12-14 °C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Chardonnay). Prezzo medio al pubblico in enoteca: Euro 40.
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Alc.14% Punteggio 92/100
PINOT GRIGIO RAMATO RISERVA Seconda edizione di questo geniale “metodo solera” figlio dell’unione di molte annate. Il 2011 rappresenta il 60%, mentre gli altri millesimi il restante 40%. Difficile fare una sintesi dell’andamento climatico di 6 annate. Il 2011, caldo e regolare, è una solida base di partenza. Affascinate tonalità rosa chiaretto. Pera caramellata, amarena, fiori di lillà, erbe mentolate, amaretto e gelatina di mandarino. Termina con spezie dolci, ancora in via di definizione. La bocca sorprende con il suo ricco défilé aromatico. L’ottimo spunto fresco-sapido imprime al sorso una decisa accelerazione. Il fruscio tannico, proprio sul finale, conferisce ulteriore personalità. Da serbare a lungo in cantina. Buzera di scampi.
Alc.14% Punteggio 90/100
20 20 20 20 20 07 08 09 10 11
PINOT GRIGIO RAMATO RISERVA Fa la sua comparsa, dopo lunghi anni di affinamento, questa prima intraprendente versione del pinot grigio. L’annata 2007, calda e precoce, conferisce valenti fondamenta, 60% del blend, da cui iniziare. Nelle annate 2007, 2008 e 2009 fermentano con botte scolma. Rosa chiaretto con riverberi ruggine. Olfatto deciso, penetrante grazie a un corredo composto da zest di arance, ciliegine sotto spirito, resina e incensi. Poi note di artemisia, tabacco trinciato e amaretto. Compatto e di solida struttura, percorre autorevolmente il palato grazie a all’impronta sapida di grande rilievo. Progressione notevole che lascia libero campo a sensazioni più astringenti. Vino decisamente gastronomico. Coniglio alla cacciatora. 69
PINOT GRIGIO RAMATO Primavera e inizio estate dalle temperature basse e con piogge. Giornate calde e con escursioni termiche, da luglio fino alla vendemmia. Color rosa-ramato, molto luminoso. Naso chiaro ed elegante, soprattutto dinamico. Si avvia proponendo sentori di anice, cannella in polvere, erbe officinali e lavanda. Segue un’impronta odorosa decisamente più larga, incentrata su sbuffi di mandarino cinese, miele di agrumi e pesca gialla. Ottima tensione acida su temi salmastri e agrumati. Splendida progressione dotata di notevole personalità rilancia soffi balsamici e floreali. Chiude lungo e armonico a sottolineare tutta la bontà di un’annata in principio poco considerata. Cavatelli tonno acciughe e bottarga.
20 06 Alc.13,5% Punteggio 92/100
Germogliamento lento e scomposto dovuto alla primavera fredda e piovosa. Caldo intenso e costante nei mesi estivi con scarse precipitazioni. Agosto fresco e vendemmia ordinata con escursioni delle temperature. Rosa ramato intenso. Ventaglio abbondante di profumi. Albicocca sciroppata, macedonia, delicate tropicalità, uvetta passa, fiori gialli estivi, fieno di montagna e miele di tiglio. Compattezza e spessore ripresi anche al gusto dove emerge più nitidamente la complessa struttura, dotata di larghezza glicerica e infiltrante sapidità che apporta simmetria. Persistenza rilevante e saporita. Si allontana un po’ in debito di freschezza ma assolutamente generoso nell’aroma. Caciucco alla livornese.
L’inizio stagione nella norma ha permesso una buona fioritura. Estate in gran parte umida e con basse temperature. Da metà agosto fino alla vendemmia le giornate assolate hanno garantito la perfetta maturazione delle uve. Colore in linea con le altre annate. Panorama olfattivo di grande eleganza e di splendida fusione d’insieme. Pera ruggine, fiori di pesco, camomilla e lievi resine. Ulteriori preziosi dettagli che vanno dalla frutta rossa, ai fiori secchi, alle spezie dolci, passando per un definito ricordo di tè rooibos. Bocca di grande spessore in cui si ritrovano in perfetta sinergia: acidi, sali e glicerine. Persistenza infinita e saporita. Ritorni balsamici e fruttati davvero raffinati. Coq au vin.
Alc.13% Punteggio 91/100
20 04 Alc.13% Punteggio 96/100
PINOT GRIGIO RAMATO Annata indimenticabile per le estreme condizioni termiche. La più elevata sommatoria termica degli ultimi decenni, ben 55 giornate sopra i 30 gradi, e l’estate senza piogge hanno comportato un anticipo fenologico pericoloso. A causa di ritardi nei lavori di ristrutturazione della cantina la vendemmia fu spostata a settembre, periodo in cui, provvidenziali piogge, riportarono equilibrio nelle uve. Ramato dai riverberi ambra. Si rileva, come atteso, con un profilo carico e serioso. Biscotto all’arancio, waffel, amaretto e declinazioni tropicali coprono l’intelaiatura di iodio e karkadè. Denso e avvolgente, espressione di calore, dal carattere seducente, è sorretto da acidità viva, ben integrata. Polpo affogato.
PINOT GRIGIO RAMATO Un’annata ottimale. Primavera mite con abbondante fioritura. La fase estiva alterna periodi siccitosi ad altri piovosi. Stagione con caratteristiche ideali per qualità e bilanciamento. Rosa ramato brillante. Naso emozionante per integrità, esuberanza e armonia d’insieme. Tisana alla frutta, resina, albicocca, arancio e miele di fiori. Spazia ancora dalla cannella ai chiodi di garofano, passando tra eleganti sfumature d’erbe balsamiche e fiori di mandorlo. Ampio, appagante, di ottima struttura, con richiami di arancia e miele. Beva suggestiva e di complessità buona. La sapidità governa la persistenza. Potenzialità di “tenuta nel tempo” che non teme confronti in questa verticale. Tartare di baccalà. 70
Alc.13% Punteggio 93/100
PINOT GRIGIO RAMATO
PINOT GRIGIO RAMATO
20 03
20 08
20 01 Alc.13% Punteggio 92/100
PINOT GRIGIO RAMATO Annata “molto friulana” con il risveglio vegetativo nella norma, primavera senza eccessi termici ed estate fresca e piovosa ma nel finale calda. Vendemmia ottimale a settembre. Rosa ramato netto. Sensazione iniziale di solarità, declinata su note di cereale, fieno d’alpeggio, zest d’arancio e tè alla pesca. A contatto con l’aria tocca registri che decisamente riportano a torba e trementina. Assaggio dalla triplice identità: ingresso fresco e dinamico, allungo solido, chiusura tostata e lievemente asciutta. Ennesima conferma di un millesimo bello, dalle grandi aspettative, ma difficile, in linea con quanto in regione si sta riscontrando. Difficile stabile l’evoluzione. Riso rosa e gamberi di Enrico Crippa.
19 99 Alc.13% Punteggio 96/100
Annata tra le migliori del decennio. Inverno rigido e primavera fresca. Estate con temperature alte e scarse precipitazioni. Raccolta di uve molto sane e ben regolate. Vendemmia iniziata il 6 settembre. Ramato dalla notevole intensità. Profumi complessi che spaziano in molteplici direzioni. L’albicocca e i piccoli frutti rossi creano una magica articolazione a cui si uniscono: spezie orientali, mandarino, mirra e addirittura una soffice gamma di fiori gialli ancora freschi. Molto coeso, ancora vitale nel mordente acido e perfettamente simmetrico nel lungo sviluppo. Nessuna indecisione nei rammenti odorosi garbati che evidenziando, nell’epilogo, l’intelaiatura minerale salda e pregiata. Ostrica Bloody Mary.
Dopo il maggio caldo, l’estate segna basse temperature e abbondante piovosità. Difficoltà in vigna per presenza di marciume e botrite. Piogge e grandine in vendemmia riducono la raccolta del pinot grigio al 15%. Cambio nel colore con il calice che si tinge d’ambra luminosa. Mostra fin dalle prime battute le difficoltà del millesimo. Subito austero. Si esprime su binari evoluti di mela al forno, miele di melata e sottobosco fino alla declinazione scura di pece e salsa di soia. Sfuggente e un tantino statico nello sviluppo. La materia è necessariamente esile, ma evidenzia una tenace e insospettabile tenace vitalità. Conclude il suo percorso tra noccioline tostate e mieli. Spaghettoni al lattume di tonno.
Alc.13% Punteggio 93/100
Alc.13% Punteggio 90/100
PINOT GRIGIO RAMATO
PINOT GRIGIO RAMATO
19 97
20 00
19 98 Alc.13% Punteggio 86/100
PINOT GRIGIO RAMATO Avvio primavera mite, poi proseguire fredda e umida. L’estate si rileva piuttosto calda e poco piovosa ma senza eventi estremi. La vendemmia inizia il 14 settembre, governata da giornate fresche e assolate. Giallo ambra lucente. Ormai spoglio da accomodanti declinazioni primarie e secondarie, si esprime su toni di autorevole personalità, lasciando emergere un’accattivante telaio composto da echi salmastri di: colatura di alici, resina, fiori secchi, funghi ed essenza di arancia. Si dimostra diretto grazie alla struttura che sembra scolpita nel sale e accompagnata da indelebili resine di rara bellezza. Commiato interminabile con l’apporto minerale che rendendo la beva gioiosa e rilevante. Mussoli di mare.
PINOT GRIGIO RAMATO Il decorso stagionale estivo ha brevi tratti di bel tempo alternati a periodi piovosi. Annata con la sommatoria termica più bassa degli ultimi 30 anni. Vendemmia dal clima incerto. Uve con acidità e aromaticità importanti. Ramato dai bagliori ambra. Complesso, affascinante. Lentissimo nel liberare l’infinito corredo olfattivo. Freschezze iniziali di mandarino, rosmarino, fiori di pesco e frutta croccante; poi fusioni di miele di tarassaco, cera d’api e propoli. Si aggiunge una sfumatura di kumquat e canfora. Appaga, provoca e spiazza. Mai indizi ossidativi, mai cedevolezze. Lo straordinario comparto acido trascina un tornado di aromi. Un fuoriclasse per bilanciamento, armonia e retrogusto. Bouillabaisse marsigliese.
19 95 Alc.13% Punteggio 98/100
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PINOT GRIGIO RAMATO Primavera calda seguita da un’estate più fresca della media. Piogge intense, soprattutto a metà stagione. Vendemmia con clima altalenante. Colore ambra brillante. Profumi inusuali e d’effetto. Effluvi ossidativi di Calvados e miele di corbezzolo sono contrapposti a refoli freschi di genziana ed eucalipto. Trame ferrose e resine scure si uniscono a noccioline tostate. Caldo e asciutto, evidenzia a lungo sensazioni di caramello salato. Energico, acido e vitale. Misure bilanciate dalla presenza glicerica che associa classe e temperamento proiettando questo millesimo nell’Olimpo. Si congeda su aree zeppe di corrispondenze, ricordi nitidi e sapori delicatamente amarognoli. Risotto allo Jamar e cipolla di Tropea.
19 89 Alc.13% Punteggio 90/100
Alc.13% Punteggio 92/100
PINOT GRIGIO RAMATO Annata classica per i Colli Orientali, dallo sviluppo equilibrato per sole e piogge. Ambra traslucido. Bouquet per certi versi simile a quello del ‘92, in cui si insinua un pizzico di caramello seguito da felce secca, radice, frutta rossa disidratata e gheriglio di noce. Evidenti, quanto mai attraenti, sbuffi torbati a chiosa. L’assaggio mostra una testura lievemente rugosa, riconducibile al mordente tannico esile ma distinguibile. Dimostra di avere nel suo lento sviluppo al palato, un carattere virile e austero. Sapidità, pseudo-calore e freschezza, giocano tra loro in un continuo avvicendamento piuttosto che sulla loro fusione. La beva offre una personalissima identità. Aringa affumicata, capperi e arancia.
PINOT GRIGIO RAMATO Sono ben 32 gli anni che ci separano da quest’annata. La memoria indica un’estate soleggiata con piogge frequenti ma contenute, sbalzi termici e condizioni favorevoli durante la vendemmia. Suggestivo oro rosso. Naso bellissimo e ammaliante, ancora segnato dalla presenza del fondo fruttato di amarena sciroppata. Strepitosa complessità evoca paprika, incenso in grani, cuoio, tabacco Kentucky, caramella d’orzo e pepe malagueta. Sottile volatile suggella con autorevolezza l’età. La fusione d’insieme è vitale, emozionante e regala al palato un caloroso abbraccio che si fonde nella freschezza agrumata, come assorbita da quell’unica collina chiamata Rocca Bernarda. Da assaporare da solo o con blu di capra.
SPECOGNA Via Rocca Bernarda, 4 - 33040 Corno di Rosazzo (UD) T: 0432 755840 info@specogna.it www.specogna.it
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19 86 Alc.13% Punteggio 97/100
AMANUENSI SI DIVENTA di Diana Candusso
L
’atmosfera è quasi mistica. Un castello medioevale su una collina a dominare il fiume Tagliamento e un austero silenzio. Al Castello di Ragogna si sale a piedi e, una volta passato il grande portone d’entrata, sembra proprio che dietro l’angolo si nascondano Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk che ci allertano sui personaggi che potremmo incrociare. Niente di tutto questo. Ci accoglie un uomo con il vestito d’epoca e pronto a raccontarci le attività che da diversi anni si svolgono nel castello. Roberto Giurano, Direttore dell’Associazione Scriptorium Foroiuliense, che, nell’era della tecnologia dove tutto è digitalizzato –touchscreen, messaggi vocali, e altre emozioni virtuali-, ha deciso di riscoprire e insegnare l’arte della calligrafia antica creando la prima Scuola Italiana Amanuensi. La storia dello Scriptorium è nata a Ragogna per poi allargarsi fino alla vicina San Daniele del Friuli. L’Opificium Librorum, ospitato nei locali che furono le carceri del Castello, è un vero e proprio museo dell’arte degli amanuensi che ricostruisce le varie fasi della nascita dei libri come venivano realizzati nel Medioevo. I vari narratori -sotto la luce flebile che proviene dalle inferriate delle carceri- entrano perfettamente nella parte. Indossano abiti medievali e spiegano tutte le fasi della produzione: come veniva realizzata la pergamena, come si realizzano le miniature e le illustrazioni, come si rilega e come si fanno le copertine. Se si è capaci di percepire la nota magica del contesto creato da cartulai, cartai, legatori, miniaturisti e amanuensi, ci si immerge in un mondo magico, capace anche di svelarti la ricetta per realizzare l’inchiostro come una volta… “mescolare noce di galla con acqua piovana e vitriolo romano, aggiungere cocciniglia pestata nel mortaio per il rosso, lapislazzulo per il blu”. La parte storica dell’Opificium, che si prefigge l’obiettivo di valorizzare un’arte antica, si tramanda poi nell’insegnamento che si svolge nelle sale del Museo del Territorio di San Daniele del Friuli. Ad oggi si contano oltre un migliaio di persone che hanno frequentato i corsi dello Scriptorium: studenti molto eterogenei, donne e uomini, giovani e anziani, che vengono da tutto il mondo e, a seconda
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Foto di Fabrice Gallina
del proprio obiettivo, hanno deciso di custodire l’arte calligrafica per pura cultura personale, per apprenderla o per migliorare la propria tecnica. Scrivere a mano come terapia e riscoperta dei valori nell’era della tecnologia. Onciale, Gotica, Cancelleresca/Diplomatica e Beneventana, sono solo alcune delle scritture storiche trattate, che si affiancano a corsi specifici per la rilegatoria, per le miniature o per le illustrazioni. Prestando attenzione alle specifiche esigenze come per quelle legate allo studio della disgrafia e delle tecniche che aiutano chi non riesce a scrivere o a padroneggiare meglio il segno. All’interno della Scuola Amanuensi si trova anche il primo Museo Prefilatelico Friulano (inaugurato recentemente) che permette di visionare una collezione di 2.500 documenti originali risalenti al XVIII-XIX secolo legati alla storia del nostro territorio. La sua introduzione consente di affiancare all’attività didattica della Scuola la possibilità per gli allievi di visionare tali documenti originali, sia manoscritti sia a stampa, inseriti in una banca dati realizzata grazie a un software innovativo di inventariazione e digitalizzazione. Possiamo dire che tutto quello che può essere fatto con le lettere può essere fatto a mano e così facendo anche scrivere a mano è un modo per trovare un nuovo lavoro. Pensiamo ai menu, agli inviti, ai segnaposti, ai titoli di un libro, all’etichette di un vino, agli alberi genealogici, alle miniature o alle agende coraniche. Accanto ai tanti privati che, forse, la vedono come una “moda” (una sorta di “back to the roots”), non mancano le commesse internazionali come quella che riguarda la legatura di 999 copie di un Codice longobardo contenente l’Editto di Rotari o la realizzazione dell’Inferno della Divina Commedia di Dante o, ancora, la copia della Costituzione Italiana, realizzata da allievi italiani ed extracomunitari insieme, da consegnare prossimamente alla Presidenza della Repubblica. Recuperiamo la misticità iniziale salutando Giurano e scoprendo le sue dita macchiate d’inchiostro, che ci riportano indietro nel tempo, nella magia del famoso monastero benedettino de “Il nome della Rosa”, lasciandoci il dubbio di scoprire se è solo la ricetta dell’inchiostro o di una pozione magica.
SCRIPTORIUM FOROIULIENSE E MUSEO PREFILATELICO Via Udine, 2 San Daniele del Friuli (UD) OPIFICIUM LIBRIRUM c/o Castello di Ragogna San Pietro di Ragogna (UD) Contatti per visite all’Opificium Librorum, al Museo Prefilatelico e per i corsi di scrittura: Direttore Roberto Giurano T. 0432 1636721 www.scriptoriumforoiuliense.it
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OSMIZE ANTICHE OSPITALITÀ di Bruno Cataletto
Foto di Fabrice Gallina
Un tramonto tiepido e dorato ci accompagna e ci illumina mentre, godendoci il paesaggio circostante, stiamo percorrendo, in sella alla nostra moto, una delle innumerevoli strade che solcano l’altopiano carsico della provincia di Trieste. Scendendo lungo una strada fiancheggiata da antichi muretti di pietra, ci fermiamo davanti a un incrocio in cui fanno bella mostra di sé cartelli stradali variopinti a forma di freccia, che riportano i nomi di diverse località della zona. Sotto ciascuno di essi è appesa una frasca (un ramo appeso). Questa insolita forma di comunicazione ci indica che ci stiamo avvicinando alla meta del nostro girovagare, al luogo dove soddisferemo il desiderio comune di fare quattro chiacchiere fra amici, assaggiare cibi genuini e bere un buon bicchiere di vino: l’osmiza (in sloveno osmica). Quando usiamo il termine osmize non stiamo parlando di trattorie o ristorantini immersi nelle verdi campagne, ma delle case degli agricoltori e dei viticoltori nei cui cortili, una o più volte all’anno per una settimana o due, vengono allestiti tavoli e sedie per accogliere gli ospiti.
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eduti attorno a un bellissimo e antico tavolo di legno, degustando un bicchiere di vino, diamo sfogo alla nostra curiosità conversando con il proprietario dell’osmiza e tempestandolo di domande. Scopriamo così che questa tradizione è fatta risalire addirittura ai tempi in cui Tergeste e l’Istria facevano parte del regno di Carlo Magno, una cui ordinanza consentiva ai viticoltori di vendere il proprio vino, a patto di esporre una frasca per segnalare tale attività. Questa antica usanza venne quindi ripresa il 17 ottobre 1784, quando Giuseppe II d’Asburgo emise un decreto (Josefinische Zirklarverordnung von 1784) con il quale veniva consentito a chiunque di vendere generi alimentari e il proprio vino per un periodo massimo di otto giorni, purché fosse presente davanti all’abitazione e lungo la strada una bella frasca. E il termine osmiza deriva proprio dalla parola slovena osem, che significa otto e che indica proprio la durata del periodo tradizionale di apertura. Oltre che sul Carso è possibile imbattersi nelle osmize anche visitando la Slovenia (una buona parte della Valle del Vipacco) e l’Austria (in Stiria e in Carinzia). A Vienna il nome cambia e si trasforma in Heuriger e in Carinzia diventa Buschenschank, mentre nella provincia di Gorizia si parla di “private” e in Friuli di “frasche”, dove però agli avventori viene offerto solo del vino. Ci spiegano che la durata reale del periodo di apertura è collegata alla quantità di vino prodotto, che differisce da comune a comune. Generalmente l’assaggio del vino è accompagnato da alimenti tradizionali come pane, uova sode, sottaceti, formaggi e affettati di propria produzione. In realtà in alcuni comuni esiste una norma che prevede l’acquisto di alimenti presso altri produttori
del territorio carsico o da aziende agricole locali. Le nostre peregrinazioni ci portano a visitare numerose osmize ognuna delle quali, oltre a regalarci alcuni panorami mozzafiato, ci offre le proprie imperdibili e gustose specialità: dal prosciutto crudo all’ossocollo, dal salame alla salsiccia, dalle melanzane sott’olio ai pomodori secchi, ai peperoni, alle olive. Una regolamentazione particolare riguarda i formaggi la cui produzione è riservata solo a alcune aziende agricole che riforniscono tutte le osmize della zona. Scopriamo anche che i più golosi potranno trovare speciali prelibatezze solo nel comune di Duino Aurisina, dove vengono serviti strudel, torte, rollate e altri dolci locali. Non di rado in questi luoghi di convivialità e di ospitalità è possibile assistere e partecipare attivamente a concerti musicali improvvisati dagli stessi avventori forniti di chitarre e fisarmoniche. A nostre spese scopriamo che le ordinazioni sono sempre fatte al banco, dove ci vengono immediatamente affidati i bicchieri e le relative bottiglie di acqua e di vino, mentre i piatti vengono serviti al tavolo. Come spesso accade in altri campi, anche in questo caso la tecnologia sotto forma di computer e motori di ricerca ci aggiornano in tempo reale sulle date di apertura delle osmize, che di solito sono decise di comune accordo alla fine dell’anno in corso, per evitare sovrapposizioni che danneggerebbero i proprietari e priverebbero noi del piacere di andare alla scoperta dei tesori e delle emozioni che ciascuna osmiza è in grado di regalare. Ormai il tramonto è solo un ricordo e non ci resta che inforcare nuovamente il nostro mezzo a due ruote per far ritorno a casa, lasciandoci alle spalle l’intensa luce accesa sulla porta dell’osmiza, che “dall’imbrunire alla chiusura” guida i viaggiatori verso quell’isola di serenità e spensieratezza.
www.osmize.com
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LA RUBRICA DEI LIBRI
1001 BIRRE DA PROVARE NELLA VITA di Adrian Tierney-Jones Ovvero, una selezione delle migliori birre da tutto il mondo. Nuova edizione per il best seller da cui ogni appassionato della più antica bevanda alcolica del mondo non può prescindere. Tanti gli stili birrai elencati, dalle pilsner boeme alle stout irlandesi, dalle fresche bavaresi alle storiche abbazie. Un elenco infinito di prodotti originati nelle più diverse aree del mondo anche secondo metodi e tecnologie più estreme, a volte anche dimenticate e ultimamente riscoperte. Nel volume sono trattati fenomeni nuovi come i microbirrifici, recentemente molto attivi soprattutto in Italia e in Europa, ma anche birre frutto di invecchiamenti in botti di legno oppure quelle che rifermentano in bottiglia. Migliaia le informazioni utilissime per gli addetti ai lavori e per i beerlovers. Un’opera che dettaglia il lavoro dei mastri birrai e lo propone al lettore. Un’accurata ricerca illustra la storia degli ingredienti e delle tecniche di produzione di ogni birra recensita. Euro 29,50 – 960 pagine – Atlante Editore
1001 VINI DA PROVARE NELLA VITA Curato da N. Beckett Sottotitolo: una selezione dei migliori vini da tutto il mondo. Come districarsi nel caotico quanto affascinate mondo del vino. Beckett propone con quest’opera molto attenta una selezione imponente di vini, delle loro etichette, delle loro uve e delle loro peculiarità. È diviso in quattro parti rispettivamente dedicate ai vini spumanti, ai vini bianchi, ai vini rossi e ai vini liquorosi. Sono narrati anche i territori di provenienza, le tecniche di produzione, i prezzi di acquisto. Un’adeguata descrizione dell’analisi sensoriale completa il profilo dei prodotti. Il tutto in 1001 schede dettagliate, esaurienti e illustrate. Prefazione di Hugh Johnson. Neil Beckett è direttore di The World of Fine Wine, una delle più prestigiose riviste internazionali di enologia, diffusa in circa 35 paesi. Ha vinto numerosi premi per i suoi libri e i suoi articoli sul vino. Appartiene al prestigioso gruppo di assaggiatori del Grand Jury Européen. Euro 29,50 - 960 pagine - Atlante Editore
A TAVOLA - STORIE DI CIBI E DI VINI Curato da Andrea Mattacheo Il curatore di questa antologia di racconti, ci fa accomodare attorno a una tavola immaginaria dove vengono servite delle portate speciali: diciotto storie narrate da famosi scrittori vissuti in epoche diverse. Da Alexandre Dumas a Edgar Allan Poe, da Jack London a Luigi Pirandello, i racconti esplorano le sofferenze e le gioie della vita umana e il loro rapporto unico e straordinario con il cibo e il vino. Di volta in volta, seguendo un copione che muta di continuo, questi due elementi ricoprono ruoli diversi rappresentando le speranze, le illusioni, i desideri dei personaggi che vivono queste storie. E allora scopriamo che la fragranza e il profumo di alcuni panini appena sfornati sono in grado di alleviare momentaneamente un dolore che non scomparirà mai o che un piatto di gustose ostriche può rappresentare una sfida senza eguali per un bambino curioso e affamato. Mettiamoci dunque comodi e che il pranzo, e la lettura, abbiano inizio! Euro 16 – 286 pagine – Einaudi VINO NATURALE di Isabelle Legeron, traduzione di B. Aleotti “Un’introduzione ai vini biologici e biodinamici fatti in modo naturale” è l’esaustivo sottotitolo di questo volume realizzato dall’esperta di vini francese che vive a Londra e prima donna d’Oltralpe a ottenere il Master of Wine. È stata anche eletta Wine Woman of the Year 2009 a Parigi. Personaggio di spicco nel mondo variegato e dinamico dei vini naturali. Ogni anno il numero dei produttori che scelgono la strada dei così chiamati, anche se impropriamente, vini naturali sale in modo esponenziale. Non può essere quindi solo una moda ma è decisamente un nuovo stile di vita. L’uso eccessivo dei solfiti in vigna o di additivi in cantina sta portando a una presa di coscienza a favore dell’ambiente e dell’eco-sostenibilità della produzione. I temi trattati si riferiscono alla spiegazione e alla necessità della promozione dei suddetti vini. È presente anche una selezione dei viticoltori più importanti e la nota di degustazione di 140 vini naturali del mondo. Euro 22,90 – 224 pagine – Editore LSWR 81
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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo Anno IV, Numero 16 Direttore Responsabile - Renzo Zorzi Direttore Editoriale - Renato Paglia Vice Direttore Editoriale - Giorgio C. Riva Editore e Concessionario per la Pubblicità
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