Mangiavino n°13

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ISSN:22837973 20171

bm Editore - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, NE/UD editore ISSN 2283-7973

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MANGIAVINO

MANGIAVINO Rivista Unica dell'Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia

Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo

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Welcome to wine excellence

© Baronchelli

© Baronchelli

SAREMO AL VINITALY, 09-12 APRILE 2017, VERONA - VIENI A VISITARCI ALLO STAND C5, PAD. 6 WE WILL BE AT VINITALY, 09-12 APRIL 2017, VERONA - COME AND CHECK US OUT @ HALL 6, STAND C5 WIR STELLEN AUS AUF DER VINITALY, 09 BIS 12 APRIL 2017 VERONA - HALLE 6, STAND C5

Fondazione Villa Russiz - Via Russiz n. 4/6 - 34070 Capriva del Friuli (GO) ITALY - www.villarussiz.it

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Editoriale Ecco, ci siamo. È iniziato il quarto anno di MangiaVino che, come scrissi nell’editoriale del primo numero, “vuole essere la voce degli uomini e delle donne che appartengono al complesso, quanto ancora troppo poco conosciuto, universo enogastronomico del Friuli Venezia Giulia”. In questi primi tre anni abbiamo cercato di comunicare, con grande umiltà, la nostra Regione sapendo che ciò che raccontavamo pretendeva passione, conoscenza e responsabilità. I consensi e gli apprezzamenti ricevuti dai lettori, numero dopo numero, ci hanno spronato, e ci spronano ogni giorno, a fare meglio, sempre meglio. Questo è il solo nostro obiettivo! Illustrare e comunicare le innumerevoli eccellenze che ci circondano è per noi un previlegio di cui siamo ben consapevoli. Abbiamo iniziato in punta di piedi, con la modestia di chi si avventura su un percorso nuovo ma anche con la consapevolezza che la scuola, in cui ci siamo formati, ci ha sostenuto e fornito gli elementi più importanti per questo nostro lavoro. È la scuola dell’Associazione Italiana Sommelier. Oggi raggiungiamo migliaia di lettori in tutta Italia che stimano il nostro impegno, ma, ed è ciò che conta, conoscono e vivono, attraverso i nostri scritti e le nostre immagini la regione più bella del mondo: il Friuli Venezia Giulia!

MUZIC A San Floriano del Collio dal 1927 Azienda Agricola Muzic Località Bivio 4, 34070 San Floriano del Collio (GO) Tel. 0481 884201

www.cantinamuzic.it

Renzo Zorzi Direttore Responsabile Presidente Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia


“ET PERÒ CREDO CHE MOLTA FELICITÀ SIA AGLI UOMINI CHE NASCONO DOVE SI TROVANO VINI BUONI”

ph. Franco Zanussi

LEONARDO DA VINCI

FERNANDO PIGHIN & FIGLI S.Agr. a R.L. Viale Grado, 11/1 Fraz. Risano 33050 Pavia di Udine (UD) Italy Tel +39 0432.675.444 - Fax +39 0432.675.999 info@pighin.com www.pighin.com

VIGNAIOLI DAL 1963


c o n t e n u t i In Copertina “Nel Blu” Foto di: Fabrice Gallina

I Ultins

di

Cjargne di Marco Calzavara /p. 8

Malvasia Istriana Principessa Sconosciuta di Renzo Zorzi /p. 10 Un Assaggio Elio

e

Il Suo Inimitabile Formadi Frant di Flavia Virilli /p. 20

La Bravura Il Pignolo L’olio

Collina di Federico Magni /p. 16

di

fa

del

della

e il

Gallo di Giorgio C. Riva /p. 52

Novanta di Enrico Bertossi /p.24

Quel Genio

Rossista Friulano di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 28

Maledetto Sauvignon di Renato Paglia /p. 58

Pianura

Galea Friulano

8

Carmelo

di

di

Ellis di Alessandro Pareschi /p. 36

Terra

e di

Sole di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 38

di

Isi Benini di Daniele Cernilli /p. 54

La Ricetta di MangiaVino /p. 60 Cocktail

tra

Reverant Pignolo di Walter Filiputti /p. 46

I3

Le Erbe Spontanee Della Nostra Cucina di Raffaella Nardini /p. 48

La Rubrica

del

Tradizione

e

Innovazione di Bruno Cataletto /p. 62

1883 di Giorgio C. Riva /p. 66 dei

Libri /p. 71

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I ULTINS DI C JARGNE "I ULTINS" SONO "GLI ULTIMI" TESTIMONI DI UN MONDO CHE NON C'È PIÙ

REMIGIO UNA VITA SEMPLICE Dell’amico Remigio ammiro l’Amore per la Vita, che poi è la sua Terra e si fonde in un modo d’essere coerente con Madre Natura. Parliamo di prati, stagioni, animali, pioggia, luna, vento… e, infine, uomo Uomo inteso come saggio fruitore e non stolto distruttore di se stesso e del suo intorno. Un’esistenza colta, consapevole e univoca con il proprio pensiero. Da giovane prima a Torino in Fiat e poi a Milano in IBM, ma quasi subito di ritorno in quella Terra che non lascerà più. Remigio oggi miete i prati e raccoglie il fieno, che serve a nutrire le mucche, che gli danno la carne e il latte, che diventa burro e formaggio… che vita semplice vero?

concept: MumbleDesign.it

Testi e foto di Marco Calzavara

Elegance is an attitude. SINCE 1910

Il tocco elegante dei nostri vini bianchi è nella natura e nei profumi di questa terra, le Grave, di cui siamo interpreti fino dal 1910 con i nostri vini e i nosrtri valori: forza, tenacia, rispetto e difesa del territorio simboleggiati dalla spada, antico emblema della nostra famiglia. 9-12 APRILE PADIGLIONE 6 D7 / TORRE ELISA (STAND FRIULI)

“Botis” Ribolla Gialla.


Con il nome di Malvasia si contano molti vitigni che in realtà poco o nulla hanno in comune se non l’aromaticità del vino prodotto. Quella “istriana” però non possiede questa peculiarità. È una Malvasia cosiddetta “neutra”, non aromatica, ben diversa quindi dalla gran parte delle altre. Questa differenza, per l’illustre ampelografo dell’800, il Conte Giuseppe di Rovasenda, avrebbe dovuto impedire l’appartenenza alla famiglia delle Malvasie, tradizionalmente aromatiche. Egli, conscio che il gran numero di Malvasie “non profumate” presenti all’epoca non avrebbe consentito una vera selezione, si rassegnò di “sperare di spogliarle del nome che portano benché indebitamente”.

Diffusa in tutte le zone Doc del Friuli Venezia Giulia escluso il Friuli Grave. I risultati sono eccellenti sia nelle produzioni di pianura che di collina. Un centinaio sono gli ettari vitati. È un vitigno a bacca bianca. La pianta è vigorosa, offre buona resistenza alle malattie, anche se sensibile all’oidio, e genera produzioni costanti. Predilige terreni compatti e ben esposti. La foglia è medio grande, o grande, pentagonale, trilobata o intera. Lembo a superficie liscia, leggermente piegato a gronda. Il grappolo è medio, cilindrico e spesso con un’ala, compatto o leggermente spargolo. L’acino è piuttosto grande, sferico, pruinoso. Il suo colore è giallastro o verde giallastro, la buccia è consistente. Il sapore è semplice, leggermente dolce. Conosciuta anche con i sinonimi: Malvasia d’Istria, Malvasia friulana, Malvasia bianca, Malvasia del Carso. Le origini di queste uve, o meglio di questi vini, pare siano legati ad un luogo chiamato Monembasia posto nel sud della Grecia, della Morea, oggi Peloponneso per la precisione, e il cui nome venne storpiato in Monovaxia e poi in Malvasia. I Veneziani conquistarono questi territori, produttori di vini di qualità eccelsa, a metà del 1200 e trasferirono i vitigni, per aumentarne la produzione, nell’isola di Creta, chiamata allora Candia e che occupavano già all’epoca della quinta crociata. Quei territori furono dominati dai Veneziani fino alla metà del XVII secolo e l’attività di coltivazione delle viti, della produzione e dell’esportazione dei vini di Malvasia divenne fiorente. La preziosa merce giunse in tutti i porti del Mediterraneo e le sue barbatelle si diffusero velocemente in gran parte dei vigneti (mischiate spesso alle cultivar locali). Questo commercio cessò a causa delle invasioni turche e al declino della Repubblica Veneziana. Con tutta probabilità questo vino ricercato, di gran qualità, “esotico”, non importava se fosse bianco o rosso, dolce o secco, aromatico o neutro: era semplicemente Malvasia. Un brand, un marchio! O forse è un toponimo dunque all’origine del nome del vino? Un vino così importante, gustoso, di cui la gran parte era di fattura liquorosa, che perfino le osterie della Serenissima, dove ne avveniva la mescita, erano chiamate Malvasie e ancora oggi a Venezia, la suggestiva toponomastica, richiama il nome “Malvasia”. Molti sono gli storici a porsi il quesito. “Qual è dunque l’origine del nome, e del vitigno? Si può oggi sicuramente affermare che il nome non si rintraccia in documenti che risalgono più in là del Trecento […e] riguardano quasi sempre i vini noti con questo nome (o con quello di Malvagia): non le uve o i vitigni. E molte di tali citazioni si riferiscono a documenti riguardanti la Repubblica Veneta” (La Vite nella storia e nella cultura del Friuli - Costantini, Mattaloni, Petrussi - 2007).

MALVASIA ISTRIANA PRINCIPESSA SCONOSCIUTA di Renzo Zorzi 12

“Noi la definiamo istriana, sicuramente, nella grande famiglia delle Malvasie, (quella di maggior pregio) perché è dall’Istria che arrivano i primi documenti, che risalgono al 1300. Ancora oggi Rovigno, Parenzo, Cittanova traggono da essa la maggior parte del loro vino bianco. E da lì è arrivata sulle nostre colline e nelle nostre pianure (Il Friuli Venezia Giulia e i suoi Grandi Vini - Filiputti – 1997). Anche Jencis Robinson conferma la gran qualità del vino. “Il miglior bianco secco italiano monovitigno a base Malvasia è prodotto in Friuli…” (Guida ai vitigni del mondo – 1996). Le ipotesi sulla genesi del vitigno dunque sono ancora aperte. Potrebbe essere un antico vitigno locale dell’Istria, che in virtù della sua qualità, fu chiamato Malvasia? Potrebbe trattarsi invece di un vitigno proveniente da chissà dove, magari proprio da Monembasia, e insidiatosi prima in Istria e poi in Friuli Venezia Giulia? Non lo sappiamo e forse nessuno saprà rispondere a queste domande. Poco importa. Sappiamo che la “nostra” Malvasia regala, in purezza o nel classico blend con Friulano e Ribolla gialla, ai nostri vini bianchi una straordinaria eleganza e qualità. E questo ci basta.

Foto di Dario di Gallo 13


LA FAVOLE Friuli Annia Malvasia 2015 Alc. 13% - € 14

CANTINA PRODUTTORI DI CORMONS Friuli Isonzo Malvasia 2015 Alc. 13% - € 10

La lucentezza del bel colore giallo paglierino è un invito a un immediato approccio sensoriale. Fragranti note aromatiche in rapida successione regalano suggestioni di fiori gialla, foglie di alloro, basilico, melissa e timo. Mela matura, pera estiva e gelatina di agrumi. L’assaggio è perfettamente corrispondente e denota ottimo equilibrio. Vinificato in acciaio. Risotto con asparagi e code di scampi.

Una pregevole lucentezza esalta il giallo paglierino. Frutta e fiori si intrecciano in un ventaglio olfattivo fine e raffinato. Freschi sentori agrumati ricordano pompelmo e mandarino con un sottofondo di foglie di alloro. Seguono delicati sbuffi di fiori di lavanda. Piacevoli note che si confermano e si esaltano all’assaggio. Per 2 mesi in acciaio e 5 in botte grande. Linguine allo scoglio. BUIATTI LIVIO & CLAUDIO Friuli Colli Orientali Malvasia 2015 Alc. 15% - € 11 Giallo paglierino vispo e lucente. All’olfatto rievoca i profumi delle fienagioni estive seguiti da sentori di frutta a pasta gialla, soprattutto albicocca e pesca, ed erbe aromatiche essiccate. Note iodate anticipano la sapidità del sorso che eccelle per equilibrio, struttura e persistenza. Finale di bocca fresco, gustoso e fruttato. Vinificato solo nell’acciaio, per 7 mesi. Spiedino di gamberoni.

BLASON Malvasia 2015 Alc. 13% - € 18 Giallo paglierino nitido e luminoso. Profumo intenso e complesso che apre con fresche note mentolate per poi effondere sentori agrumati di pompelmo e mandarino mentre accenni minerali si confondono a erbe aromatiche essiccate e fienagioni. In bocca è morbido e avvolgente. Da vendemmia tardiva con macerazione a freddo in acciaio. Trancio di pesce spada alla mediterranea.

SGUBIN RENZO Friuli Isonzo Malvasia 2015 Alc. 14% - € 15 Giallo paglierino di bella tonalità ed elegante nell’aspetto. Naso intrigante e variegato con note floreali di sambuco, gelsomino e fior d’arancio seguite da un mix di agrumi, pesca bianca. spezie dolci e miele d’acacia. Il sorso è lineare, nitido e ben proporzionato dalla morbidezza glicerica. La sapidità finale evidenzia le note varietali. Vinificato in acciaio. Ricciola in crosta di pistacchi.

I FEUDI DI ROMANS Malvasia Istriana 2015 Alc. 12,5% - € 11 Giallo paglierino intenso e compatto. Si articola su evidenti sentori di pesca e di glicine accompagnati da intriganti aromaticità che riportano al timo, alla melissa ed alla freschezza dell’erba luisa e della menta piperita. Sentori che si ripercuotono e si esaltano al palato contribuendo alla piacevolezza dell’assaggio. Equilibrato. Solo acciaio. Pesce azzurro alla griglia.

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FIEGL Collio Malvasia 2015 Alc. 12,5% - € 15 Giallo paglierino acceso e vivace. L’articolato corredo olfattivo propone sia note floreali di gelsomino e biancospino che fienagioni d’alpeggio, pesca gialla, albicocca, mela gialla, foglie di alloro e mandorle tostate. In bocca si distingue per eleganza, struttura ed equilibrio. Bello il finale, ricco di sfumature aromatiche e iodate. Vinificato nell’acciaio. Coda di rospo con pomodorini e capperi.

KOMJANC Malvasia Istriana 2015 Alc. 13,5% - € 11 Bella tonalità di giallo paglierino, intenso e luminoso. Apre con sbuffi floreali di acacia e tiglio seguiti da fragranti note agrumate e da intriganti folate di iodio e di erbe spontanee di macchia mediterranea. In bocca è scattante, energico, saporito. Bilanciato da provvidenziale morbidezza. Nel lungo finale riemergono gli agrumi. Solo acciaio per 9 mesi. Cavatelli con cozze e zafferano.

SKERK Malvasia 2013 Alc. 13,5% - € 28 Giallo dorato opalescente ma luminoso. Conquista l’olfatto con intriganti note di arancia candita, confettura di albicocche, fiori di camomilla e cannella sotto un velo fitto di salsedine marina. Il sorso è sontuoso, ricco, strutturato, avvolgente, sostenuto da una marcata mineralità che sembra non spegnersi mai. Vinificato in botti grandi di rovere ove rimane per 24 mesi. Aragosta alla busara.

GRADIS’CIUTTA Collio Malvasia 2015 Alc. 14% - € 14 Classico colore giallo paglierino ravvivato da lucenti bagliori verdolini. Suggestivi ed eleganti accenni mentolati aprono l’olfatto per poi lasciar spazio a sentori floreali di zagara e tiglio cui si aggiungono mela golden, pesca bianca e susina goccia d’oro. Non mancano sfumature aromatiche e sbuffi di salsedine. Il sorso è scorrevole, sapido e dinamico. Acciaio. Carpaccio di polpo con sedano e patate.

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RENATA PIZZULIN Friuli Isonzo Malvasia Melaris 2014 Alc. 13,5% - € 16 Giallo paglierino intenso e lucente. Il ricco ventaglio olfattivo si apre con note di frutta esotica candita ed erbe aromatiche essiccate con sottofondo delicatamente fumé seguite da spezie chiare e fienagioni d’alpeggio ricche di fiori ed erbe spontanee. Morbidezza e freschezza regalano un contrappeso gustativo pressoché perfetto. Finale sapido. Solo acciaio per 9 mesi. Moscardini in guazzetto. MUZIC Collio Malvasia 2015 Alc. 14% - € 14

I may not be perfect

But it scares me how close to it I am

BLAZIC Collio Malvasia 2015 Alc. 13,5% - € 20 Bel giallo paglierino luminoso e scintillante. Intrigante intreccio di profumi in rapida successione che ricordano le fienagioni estive di montagna, ricche di erbe aromatiche e di fiori estivi. Note iodate di salsedine completano l’olfatto. Il sorso è ricco, morbido e saporito. Vinificato parte in legno e parte in cemento. Poi in barrique di rovere per 6 mesi. Dentice alla crema di pistacchi.

Pregevole colore giallo paglierino luminoso e scintillante. Gratifica l’olfatto con inebrianti folate di agrumi che si fondono con raffinati e intensi sentori floreali di gelsomino, tuberosa e magnolia. Una delicata speziatura e deliziosi tocchi fumé invitano all’assaggio. La perfetta corrispondenza soddisfa le aspettative e si esalta nel finale di bocca. Solo acciaio per 6 mesi. Orata in crosta di erbe. IL CAPRINO Malvasia Selezione 2012 Alc. 14% - € 35 Lucente oro antico. Ventaglio olfattivo di grande suggestione. Subito compare il dattero, il cardamomo, il malto d’orzo, i fiori e le erbe mediterranee essiccate. Seguono agrumi canditi, uva passa e caffè. Il sorso è avvolgente, intenso ed evidenzia la grande struttura. L’allungo offre freschezza che rende la beva facile e di gran classe. Chiusura interminabile. Rovere di Slavonia. Pappardelle gamberi e porcini.

VIE DI ROMANS Friuli Isonzo Malvasia Dis Cumieris 2014 Alc. 13% - € 26 Veste di colore giallo paglierino e suscita emozione al primo impatto. Il ricco bagaglio olfattivo permette di spaziare nell’infinito mondo dei profumi appagando i sensi con deliziosi accenni floreali, fruttati, speziati e aromatici in un armonico cocktail. La beva è suntuosa, perfettamente proporzionata e appagante. Il finale è lungo e corrispondente. Acciaio e poi bottiglia per 10 mesi. Vitello tonnato con fiori di cappero. 16

D I L E N A R D O V I N E YA R D S F R I U L I - I TA L I A T +39.0432.928633 F +39.0432.923375 INFO@DILENARDO.IT W W W. D I L E N A R D O. I T


UN ASSAGGIO DI COLLINA di Federico Magni

Foto di Umberto Pellizon

Ladoix–Serrigny fa da anello di congiunzione tra la Côte de Beaune e la Côte de Nuits. Proprio ai piedi della Montagna di Corton i cui vigneti sono suddivisi tra i comuni di Aloxe-Corton, Pernand-Vergelesses e, appunto, Ladoix-Serrigny. Sulla strada che da Beaune porta a Digione, strada che anche il più sprovveduto degli appassionati di vino ha sentito pronunciare almeno una volta nella propria vita, al numero 43, si trova il Domaine Michel Mallard et Fils. Si tratta di una delle realtà maggiormente dinamiche di questo tratto di Côte d’Or, che si tramanda di padre in figlio da cinque generazioni. Maryse e Patrick Mallard guidano il Domaine che può oggi contare su 11 ettari di vigneto distribuiti, tra l’altro, sulle migliori parcelle vitate a pinot nero della montagna di Corton. Un’occasione davvero unica per avere una panoramica ampia ed esaustiva dei vini rossi di queste terre, esposte a sud, sud-est, e ricche d’argilla e calcare. Tutti elementi che convengono a meraviglia al pinot nero. Dal primo imbottigliamento, agli inizi degli anni ‘50 fino alla realizzazione della nuova cantina e all’abbandono della vendemmia meccanica a favore di quella manuale praticata per la prima volta nel 2005, tutto il percorso del Domaine è volto alla ricerca qualitativa. Ricerca che ha avuto nuovo impulso con l’arrivo in azienda del figlio di Patrick, Michel, che dopo gli studi a Avize e a varie esperienze fatte nelle principali zone vitivinicole del nuovo mondo, dalla California all’Australia, è rientrato alla base anche a seguito dell’offerta, davvero irrifiutabile, ricevuta da François Pinault, di occuparsi del Domaine d’Eugénie a Vosne-Romanée. Michel fa la spola tra Vosne e Ladoix dove ormai si occupa stabilmente di tutti gli aspetti della coltivazione della vite e della vinificazione. Detto della vendemmia, integralmente manuale, le rese non superano mai i 40 ettolitri per ettaro e in vinificazione una parte della macerazione, solitamente per il 40 o il 50 percento del totale, è fatta coi raspi. Negli assaggi proposti, su diversi millesimi e su villaggi e parcelle differenti, è ben percepibile il cambio di passo intrapreso negli ultimi anni. Tutti i vini sono l’esatta espressione del millesimo e del cru. Poco è concesso all’estrazione. Il frutto è netto, pulito, sempre accompagnato da una speziatura che viene dalla terra e mai dall’elevage. In vinificazione, fatta, ovviamente, in barrique da 228 litri, il legno nuovo non è mai maggioritario se non per le parcelle di Corton classificate in Grand Cru. Stupisce, poi, l’immediatezza delle ultime annate che risultano piacevoli fin da subito anche se negli intenti di Patrick e Michel è dopo cinque anni che i vini cominciano a dare il meglio. Prova ne è la degustazione del 1er cru Les Valozieres e del Grand Cru Les Renardes, entrambi 2008, che risultano una spanna sopra gli altri.

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DOMAINE MICHEL MAILLARD ET FILS 43, Route de Dijon 21550 Ladoix-Serrigny T. +33 380264064 www.domaine-maillard.com

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Ladoix 1er Cru La Corvée 2012 Uve: pinot noir 100% Alc. 13% - € 35

La Corvée, in epoca medievale, designava il lavoro non remunerato imposto da un proprietario terriero ai propri sottoposti. L’esposizione è verso sud-est, a mezza collina, nel comune di Ladoix-Serrigny. Rubino luminoso. Netti sapori di cassis e di ribes maturi si alternano a fragoline di bosco e a una punta di lampone per poi lasciar spazio a sbuffi balsamici e a una sottile linea di pepe nero in grani. La facilità di beva è sorpendente con continui richiami speziati e salini che permeano il sorso fino a spegnersi lentamente in fondo al palato. Rognoni di vitello alla senape.

Aloxe-Corton 1er Cru Les Valozières 2008 Uve: pinot noir 100% Alc. 13% - € 45

Ci spostiamo a Aloxe-Corton, dove Les Valozières si situano a mezza collina verso sud, sud-est. Il nome deriva dalla coltivazione, a salici (osier in francese), praticata prima dell’arrivo dell’impianto della vite. Il granato, delicatissimo, è solcato da riflessi rubino. La terra qui è profonda e umida e le note di amarena matura, cassis e sottobosco lo confermano. Ad ammaliare è la freschezza sapida e speziata del pepe verde che si ritrova poi durante tutto l’assaggio in straordinaria corrispondenza gusto-olfattiva. Il 2008 si conferma uno dei millesimi più riusciti degli ultimi anni. Spiedo di piccione.

Alexe-Corton 1er Cru La Toppe Au Vert 2010

Uve: pinot nero 100% Alc. 13% - € 50

La Toppe au Vert si estende sul versante sud-est della collina di Corton. Il termine “toppe” identificava una terra collinare ben esposta lasciata riposare in attesa dell’impianto della vite. Dal rubino pieno e intenso si sprigionano da subito profumi floreali di violetta e in un secondo momento ribes e amarena. Fresche note sapide e delicatamente mentolate equilibrano una speziatura appena dolce. La bocca è intensa, complessa, piena di energia durante tutto il sorso con un leggero prevalere, soprattutto in chiusura, delle sensazioni floreali e balsamiche. Daube di cinghiale.

Corton Le Rognet Grand Cru 2009

Uve: pinot nero 100% Alc. 13% - € 80

Situato a Ladoix-Serrigny, questa parcella gode di un’ottima esposizione verso sud-est.Il cambio di passo tra il 1er e il grand cru non passa certo inosservato. Riflessi di granato appena percettibile intervallano il rubino compatto. Bouquet di violette appena colte e frutti rossi maturi come mirtilli, more e cassis occupano lo spettro olfattivo per poi lasciare spazio al pepe lungo, al bastoncino di liquirizia, al caffè macinato, a delicati sbuffi salini e a un tocco di chiodi di garofano. La struttura è vellutata e complessa senza mai perdere in snellezza supportata dalla sapidità. Incantevole la chiusura tutta giocata su richiami speziati. Terrina di capriolo.

Corton Les Renardes Grand Cru 2008 Uve: pinot nero 100% Alc. 13% - € 85

Nel cuore della collina, nel comune di Aloxe-Corton, Les Renardes guarda verso sud-est. Il nome deriverebbe dalla presenza di numerose tane di volpe (renarde, appunto) oppure dal cognome dei primi proprietari di questa terra. Les Renardes è giustamente considerata la particella più “selvaggia” di Corton. Ai sapori di mirtillo e amarena e alla spezia, che si fa più scura e penetrante, si affiancano sottili note animali, di cuoio, quasi di resina e di china. Potente, profondo, “selvaggio” appunto. Un vino di classe assoluta che non si concede facilmente e anche per questo assume un fascino tutto particolare. Il cuoio ritorna più volte insieme alla china. Il potenziale d’invecchiamento pare essere senza limiti. Fagiano al forno con spugnole. 20


ELIO E IL SUO INIMITABILE FORMADI FRANT di Flavia Virilli Se, come diceva l’intellettuale americano Clifton Friedman, “Il formaggio è la corsa del latte verso l’immortalità”, quello del “Formadi Frant”, che Elio Matiz, personaggio eclettico e appassionato, produce a Colza di Enemonzo, potrebbe dirsi un viaggio verso un universo parallelo di sapori e di consistenze. Innanzitutto perché, pur chiamandosi “formadi”, non è un formaggio vero e proprio. La ricetta di questa eccellenza gastronomica viene da molto lontano sia nello spazio che nel tempo. Bisogna infatti spingersi fino nell’alta Carnia e attingere a quei saperi che hanno permesso ai nostri bisnonni di sopravvivere in periodi di “magra”, quando il cibo scarseggiava e le bocche da sfamare erano molte. Matiz - che, insieme alla moglie Lucia Valle, gestisce l’azienda agricola e l’agriturismo “San Juri” - sente parlare del Frant fin dai suoi primi anni di lavoro, nel caseificio di Sutrio prima e di Ovaro poi. Alcuni soci che incontrava nei centri di raccolta del latte gli raccontavano della loro abitudine di trasformare parte dei propri formaggi in, appunto, “çuç frant” ovvero “formaggio frantumato”. Non un prodotto diretto della caseificazione, quindi, ma un preparato a base di formaggio. Matiz ricorda come sia stato un abitante di Calgaretto (frazione di Comeglians in provincia di Udine) a spiegargli della consuetudine di sminuzzare la forma del formaggio “latteria” per creare un impasto, insieme a latte, panna, sale e pepe, da conservare nei tipici recipienti di pietra usati per “l’ont” (il burro chiarificato) o il “saìn” (strutto). Un metodo perfetto per ottimizzare la resa di quella singola forma, dal momento che bastava un piccolo pezzo del saporito Frant per accompagnare una bella quantità di polenta, oltre che uno stratagemma per farla durare in periodi - come quello estivo - quando tutta la produzione casearia si spostava in malga (e qui Matiz sfata il mito che nel Frant finissero i formaggi non riusciti, i cui difetti sarebbero stati inevitabilmente trasmessi anche al nuovo preparato). Basta guardare gli occhi vivi e mobili di Elio per capire come quell’idea lo abbia da subito folgorato. Per un uomo del fare, come è lui, riscoprire quel prodotto, figlio della sua terra, significava consegnare alle giovani generazioni una pagina di storia della Carnia. In quella forma di Frant, che oggi invece Matiz ottiene ponendo l’impasto a stagionare per quaranta giorni negli stampi del formaggio latteria, c’è tutto lo spirito della gente che abita quelle

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Foto di Flavia Virilli montagne. È sufficente assaggiarne un pezzo per cogliere la tenacia e l’arguzia di un popolo che ha conosciuto stenti e difficoltà senza mai perdersi d’animo né perdere la voglia di creare e di innovare. Elio ha lavorato a lungo sulla ricetta, che rimane segreta, trovando il giusto equilibrio tra i formaggi di latteria “Carnia” di diversa stagionatura - dai tre mesi fino ai due anni -, che vengono amalgamati con la panna da affioramento fino a ottenere un impasto omogeneo, di consistenza morbida e dal tipico colore “marmorizzato” che si deve proprio alla presenza del pepe nero. Così, quello che all’inizio era un formaggio prodotto esclusivamente a livello familiare, negli anni è diventato un autentico simbolo della Carnia e uno dei prodotti tipici più apprezzati dell’intera Regione. Sommelier, cuochi ma anche semplici appassionati hanno fatto a gara per studiare abbinamenti e ricette che fossero in grado di valorizzare il sapore unico del Frant, dalla sapidità decisa ma con una buona tendenza dolce, in grado di bilanciarne l’importante spaziatura. Il San Juri - nome e simbolo che arriva direttamente dalla effigie di San Giacomo al quale è dedicata la vicina chiesetta settecentesca di Colza - è perfetto con le patate e la polenta ma è anche adatto ad aprire o chiudere il pasto con qualche goccia di miele di castagno o di gelatina di Verduzzo. Fa capolino anche in diverse ricette, dove va ad arricchire paste ripiene, a mantecare risotti, prestandosi ad abbinamenti simili a quelli dei formaggi erborinati, con i quali ha in comune la nobile muffa che compare in superficie durante la stagionatura ma che viene rimossa alla fine del periodo di affinamento. Elio Matiz e il suo Frant già Presidio Slow Food e inserito dall’ERSA tra i prodotti tipici regionali da valorizzare - non si sono di certo fermati qui. È così nata una linea di tranci aromatizzati, come quelli all’aglio e erbe, ai semi di finocchio, alla calendula, alle mele essiccate e ci si è spinti fino all’abbinamento con la confettura di peperoncino di Carnia. Matiz ha in progetto di aderire al marchio regionale “Agricoltura, Qualità, Ambiente”, istituito dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e gestito dall’Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale allo scopo di valorizzare proprio quei prodotti che, come il Frant, sono diventati un emblema del proprio territorio. SAN JURI Fraz. Colza - Via San Juri, 2 Frazione Colza 33020 Enemonzo (UD) T. 0433 746048

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www.canus.it P ER ULT E R I O R I I N FO R M AZI ONI :

Canus Srl Società Agricola Via Gramogliano 21, 33040 Corno di Rosazzo Udine, Italia +39 0432 759 427 info@canus.it www.canus.it

T.

E.

Qui a Canus celebriamo le qualità intrinseche del Friuli, favorendo la coltivazione di vitigni autoctoni come il Pignolo, la Ribolla e il Friulano, senza tralasciare però vitigni più internazionali come il Pinot Grigio, lo Chardonnay e il Merlot. La nostra vigna si trova sul colle di Gramogliano, in Friuli, con una vista mozzafiato sui colli italo-sloveni e un’ideale esposizione a sud-est. La proprietà, situata a 88 metri sul livello del mare, si estende per 15 ettari, di cui 11 cca dedicati esclusivamente alla coltivazione delle nostre viti.

Queste sono terre permeate da una lunga tradizione, conosciute per la viticultura fin dai tempi degli antichi romani. Non a caso, il nostro nome è Canus. Dal latino per canuto e senile, la parola richiama il valore della saggezza e i benefici dell’invecchiare. La nostra è una piccola azienda familiare che celebra la tradizione, il terroir e il territorio, il tutto innaffiato da una buona dose di know-how friulano. Veniteci a trovare e saremo lieti di aprirvi le porte della nostra cantina (e anche qualche bottiglia).

VIGNAIOLI IN GRAMOGLIANO I nostri vini – tutti DOC Friuli Colli Orientali – sono prodotti con la massima cura. Ciò che ci sta a cuore non sono i grandi numeri, e non lo sarà mai. La qualità è al primo posto, sempre.


LA BRAVURA FA NOVANTA di Enrico Bertossi

Foto di Fabrice Gallina

Alexander Fleming, lo scopritore del primo antibiotico, disse: “La penicillina cura, ma il vino rende la gente felice”. Marco Felluga, novant’anni portati con lucidità e memoria di ferro, ha reso certamente felici molte persone con i suoi vini strepitosi. Viene giustamente considerato, da chi la storia la conosce bene, uno dei grandi patriarchi del vino friulano, insieme al fratello Livio scomparso poche settimane fa all’età di 102 anni.

Fratelli inossidabili, grazie a una famiglia di acciaio originaria di Isola in Istria, all’epoca italiana, che nel 1921 si trasferisce a Grado dove nel 1927 nasce Marco, ultimo di una grande alternanza tra i nomi Giovanni (il papà e il bisnonno) e Marco (il nonno). Gli chiedo: come mai non hai chiamato tuo figlio Giovanni? “Perché non andava più di moda” mi risponde ridendo! La famiglia trasportava il vino con le barche verso Grado, vino che produceva per il commercio e per la trattoria di sua proprietà. Ma è dopo l’insediamento del papà Giovanni a Grado che si incomincia a guardare verso il Collio e il Friuli in generale come terra dove produrre grandi vini ed espandere la propria attività. “Da mio padre ho appreso tutto - ci racconta - una volta divenuto il capo di una dinastia che produceva vino già da tre generazioni. Mi ha insegnato la passione, la tecnica, il lavorare seriamente, l’onestà, la dedizione al lavoro”. Con capacità e vista lunga e dopo una attività comune, aggiunge: “Con Livio andavamo d’accordo ma le aziende non funzionano quando si è in troppi”. Così nel 1956 i fratelli si dividono e fondano le omonime aziende. In questo Marco è rimasto coerente quando, successivamente, ha fatto la stessa cosa lasciando ai tre figli Roberto, Alessandra e Patrizia aziende separate e distinte. Il patriarca ancora oggi è un vulcano in eruzione, capace di analisi sul futuro del vino e dei mercati internazionali da far invidia ai bocconiani, attento a non dire mezza parola fuori posto anche se alla sua età potrebbe certamente permetterselo. Partito dalla celebre scuola di Conegliano ha capito subito le potenzialità del Collio con il suo formidabile “terroir” e ha iniziato a produrre dei bianchi di altissima qualità. Ma fare buon vino non basta, bisogna saperlo presentare e soprattutto saperlo vendere. In questo Marco è sempre stato un maestro: presente sui mercati internazionali e nel giro di amicizie importanti coltivate con simpatia e signorilità. La storia dell’etichetta di Russiz Superiore, vissuta assieme a Walter Filiputti e Angelo Solci, è nota ma vale la pena raccontarla. È il 1968 e si presenta dal famoso architetto Coppola che per diletto aveva già realizzato alcune etichette molto famose. L’architetto, che evidentemente pensava di essere interpellato per

MARCO FELLUGA Via Gorizia, 121 34072 Gradisca d’Isonzo (GO) T. 0481 99164 www.marcofelluga.it

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chissà quale grandiosa opera, si inalberò non poco e sdegnato gli chiese come mai si fosse permesso una simile impudenza. Al che Marco obiettò che lui era rimasto affascinato dalle sue etichette. Per niente rabbonito rincarò la dose dicendo che lui aveva rapporti con il gran mondo del vino e chiamò Luigi Veronelli per informarsi su chi aveva di fronte. Non ci volle molto al più grande giornalista enogastronomico italiano per spiegare all’altezzoso professionista che di fronte aveva uno dei più grandi (già allora) produttori italiani e così nacque l’etichetta di Russiz Superiore. I suoi vini hanno il carattere deciso della gente friulana: sinceri, trasparenti. Marco è un po’ come i suoi vini ma con in più la diplomazia e la prudenza di un uomo saggio e navigato. Non è facile da stanare fuori dai binari professionali. Qualcosa viene fuori soprattutto tra i gusti personali e i ricordi di una vita: il pensiero come miglior ristorante provato all’estero va a Paul Bocuse in Francia mentre la bevuta più memorabile sicuramente è quella all’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Tra i vini preferiti berrebbe sempre il Pinot Bianco di Toros e poi grandi rossi come il Masseto, il Barbaresco di Gaja e un buon amarone di Masi, tanto per distribuire equamente le preferenze tra Toscana, Piemonte e Veneto. “Ma il mio più grande divertimento – racconta con orgoglio – è stato quello di lavorare, sabato e domenica compresi. Ho lavorato tanto e mi sono divertito molto, non vedevo l’ora di andare in cantina.” Marco ha conosciuto in mezzo secolo tutti in Friuli Venezia Giulia ma ricorda con gratitudine il vecchio presidente Antonio Comelli che fece una legge sulla nuova viticoltura che le diede un impulso decisivo. La stessa cosa non si può dire della campagna sul Friulano di pochi anni fa che è stata un treno perso, proprio in un momento in cui la crisi italiana ha spinto tutti i produttori a vendere all’estero. Non si guarda solo indietro però. Un messaggio ai giovani che vogliono partire da zero: “Oggi è tutto molto complicato, difficile, estremamente competitivo. Ci vogliono amore, serietà, passione, umiltà. Doti che bisogna avere nel sangue e allora si potrebbe incominciare a fare qualcosa”. Lo saluto pensando a che cosa sarebbe capace di combinare se avesse vent’anni, ma forse li ha ancora!

RUSSIZ SUPERIORE Via Russiz, 7 34070 Capriva del Friuli (GO) T. 0481 80328

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Giallo

di Roccia Vino spumante ottenuto con il Metodo Classico

2012

Vendemmia

Fin dai tempi antichi le colline di Caneva hanno prodotto vini di pregio che, ancora al principio dello scorso secolo, raccoglievano premi nelle competizioni enologiche. Una piccola e raccolta valletta, protetta dai freddi venti di settentrione dall’altopiano del Cansiglio. Poi roccia calcarea che affiora dal terreno, suolo magro e poca terra. Condizioni forse difficili. Condizioni sicuramente adatte ad un’enologia di qualità. Qui nasce Giallo di Roccia, uno spumante prodotto con metodo classico. Le uve di partenza, Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero, il suolo, magro e roccioso, il particolare microclima della valle, l’attenzione nella vinificazione ed, infine, il tempo hanno generato Giallo di Roccia. Il colore giallo paglierino, il perlage fine e persistente, il naso fruttato, fragrante ed armonico, sono solo le premesse per un sorso pieno ed appagante, che regala spuma cremosa e finissima e maturità di frutto.

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IL PIGNOLO DEL ROSSISTA FRIULANO di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano

Foto di Fabrice Gallina

Si sente l’aria frizzante di “quasi primavera” a Galliano. Il cielo mattutino è terso e le colline vitate fanno da corolla al minuscolo e laborioso paesino alle porte della città di Giulio Cesare. Michele ci aspetta. Vulcanico, affabile, diretto, sorridente, come sempre. Sono passati molti anni da quando, giovane vignaiolo friulano, sparigliò la tradizione dedicandosi solo ai vini rossi in una terra di vini bianchi. La novità fu inizialmente sottovalutata, quasi fosse solo un capriccio giovanile, ma ben presto tutti capirono che Michele faceva sul serio tanto che di lì a poco scoppiò una sorta di “moschionimania” che ancora oggi non accenna a spegnersi. La famiglia Moschioni è presente sul territorio da molti secoli e all’inizio del ‘900 si dedicò con maggior interesse alla coltivazione della vite. La dotazione di circa 14 ettari di vigneti sparsi nelle zone più vocate di Cividale ha consentito a Michele, nel 1989, di proseguire l’attività famigliare puntando solo, come detto, sui vitigni a bacca rossa, anzi, solo sui vitigni autoctoni a bacca rossa. La campagna è condotta a regime biologico e la cantina impiega sistemi tradizionali con un ampio, uso del legno di varie grandezze. I vini sono possenti, eleganti, fortemente identitari dello stile aziendale e del territorio, sono apprezzati in tutto il mondo. La grande amicizia e la collaborazione tra Michele e un altro “mostro sacro” dell’enologia italiana qual è il veronese Romano Dal Forno, ha spesso accumunato i vini di Michele all’amarone della Valpolicella. Niente di più sbagliato! Stili e tecnologie diverse, uve diverse, terroir diversi. Mondi diversi. Michele racconta degli inizi. Nel 1989 egli prende le redini dell’azienda e subito decide, senza per altro mai essersi pentito, di dedicarsi solo alla produzione di vini rossi quali il Pignolo, lo Schippettino, il Refosco ed il Tezzelenghe. Cominciò quindi a definire il “suo vino” e già dalle primissime vendemmie si ritagliò uno stile nuovo per l’epoca. Allora spesso i vini rossi friulani erano immaturi, erbacei e non riuscivano ad essere apprezzati più in là del Piave. Egli puntò subito alla maturazione perfetta dell’uva in pianta, senza esagerare però, per permettere così la conservazione del frutto nel vino ma a non compromettere l’acidità che era, ed è, l’elemento fondamentale della longevità dei suoi prodotti. L’uva pignolo è difficile, produce pochissimi grappoli, è sensibile all’oidio e non si può coltivare in qualsiasi terreno e in qualsiasi esposizione. Alla domanda: “c’è un vino che ti appassiona di più degli altri?”. Michele scuote il capo, non si sbilancia, nicchia. È comprensibile. Ogn’uno di essi, per un motivo o per l’altro, rappresentano un pezzetto della sua storia enologica e personale. È certo invece che una sensibilità particolare è riservata al Pignolo perché fa parte della tradizione famigliare. Per la sua produzione si utilizzano ancora le uve dai vigneti che il nonno di Michele piantò nel 1936. Le barbatelle gli furono date dall’amico “Menut” Casasola di Rosazzo, figura storica e “chiave di volta” nella conservazione di questa cultivar. Grazie a rocamboleschi, quanto provvidenziali eventi, grazie alla lungimiranza della famiglia Nonino, e soprattutto grazie ai vignaioli come i Moschioni che lo hanno sempre amato, oggi il Pignolo non solo non è sparito dai vigneti e dal mercato ma ha la possibilità di mostrare al mondo tutto il suo valore. Le ore trascorrono e i calici, con il loro contenuto rubino cupo, si concedono lentamente. Nessuna fretta può dettare il tempo, non si può perdere nessuna evoluzione olfattiva né gustativa. Scopriamo così che tutte le annate assaggiate hanno un filo conduttore che, sì è lo stile produttivo di Michele, ma è anche e soprattutto una rara eleganza determinata dalla qualità intrinseca della cultivar e dai lunghi sapienti affinamenti nei legni che egli usa. Anche le annate più datate, dopo quasi vent’anni, lasciano trasparire tanta vitalità da far intuire, per loro, ancora un lungo futuro. Si dice spesso che il Pignolo sia il “Barolo friulano” per la sua raffina complessità e per la sua naturale predisposizione all’invecchiamento. Sicuramente questo vino, per la sua oggettiva scarsa produzione e per i costi che ne conseguono, non sarà mai il «core business» di un’azienda ma semmai la prova, non solo della sua capacità produttiva, ma soprattutto dell’altissima qualità che essa sa esprimere. Forse è il vino friulano per eccellenza. Accostarsi al Pignolo è sempre un’emozione perché la sua storia, con il passato quasi sconosciuto e il futuro che lascia intuire enormi prospettive, richiede attenzione e rispetto. Oggi, in Friuli Venezia Giulia, si coltiva solo una novantina di ettari di questa bacca e ciò conferma la difficoltà della coltivazione del vitigno e, di conseguenza, giustifica le pochissime bottiglie prodotte. Questo dimostra che le cose preziose non rappresentano mai la quantità ma solamente la qualità!

MICHELE MOSCHIONI Via Doria 30, 33043 Cividale del Friuli (UD) T 0432 730210 www.michelemoschioni.it

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2009

Denominazione: Friuli Colli Orientali. Zona di produzione: colline di tipo argilloso e flysch in Cividale e Prepotto (UD). Altitudine: metri 180-190 slm. Esposizione: Sud-Est. Età media delle vigne: 30 anni. Densità piante: 6000/6.500 per ettaro. Resa per ettaro: 3,5 t di uva con densità di 5.500 ceppi /ettaro. Uve: Refosco dal peduncolo rosso 100% (grappolo alato e spargolo a forma di piramide; le due ali sono ben evidenti ma raccolte. Acini medi tendenti all’ellittico con buccia piuttosto leggera di colore blu cupo). Epoca raccolta delle uve: raccolta manuale tardiva, da inizio/metà ottobre. Vinificazione: fermentazione in tini di legno con follature manuali, senza aggiunta di lieviti estranei a quelli propri. Segue maturazione in barrique nuove per 12 mesi, più altri 12 mesi in botti grandi di rovere. Infine 6/8 mesi in tini di inox per decantazione naturale. Il vino va in bottiglia senza filtrazione. Prima annata prodotta per il mercato: 1989. Longevità: oltre 20 anni. Temperatura ottimale di servizio: 18°C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Cabernet). Bottiglie prodotte: 4.000 anno. Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 45.

PIGNOLO RISERVA Alc. 15% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata calda. Veste rubino profondamente cupo. Così giovane, eppure così eloquente. Sfodera un défilé aromatico potente e complesso: erbe officinali, ribes nero e amarene di montagna, cacao e carrube. Deciso l’apporto speziato di bacche di ginepro, pepe di Sarawak e macis. Non smette di raccontarsi svelando, sul finale, anche note d’incenso e cuoio. Materico al palato ma di grande bevibilità. È sospinto dalla freschezza e da un tannino succoso che è già ben integrato nella bava. Lungo e appagante il finale che richiama ciliegie e tostature. Filetto mignon in salsa roquefort.

2006

Manto granato e compatto. Apertura di salsa d’olive nere, segue un’intrigante serie di note terrose che rimandano a: torba, foglie secche, terriccio smosso, ginepro e funghi. Ben presto si dispone sui più classici sentori di confettura di prugne, rosmarino bruciato e liquirizia. Il sorso evidenzia un carattere inizialmente severo, con un sottofondo che ricorda il caffè. I tannini, a distanza di anni mostrano ancora gli artigli. L’uscita è lunga su note torbate e ancora torrefatte a sottolinearela sua personalità austera e varietale. Cervo al civet e tartufo estivo.

PIGNOLO Alc. 15,5% - Punteggio 95/100 Andamento climatico: annata perfetta Granato scuro. Naso molto complesso e stratificato che libera uno sbalorditivo ed elevato numero di descrittori. Una silhouette balsamica di mentolo e Santonego in apertura. In ordinata successione: scorze d’arancio bruciato, liquirizia, sandalo, resine, spezie scure e altre più dolci in un continuo divenire che lascia spazio anche a note eteree e di legni pregiati. L’annata felice racconta di freschezza e maturità, di tannini setosi e pura eleganza. Equilibrato in tutte le sue parti, si lancia verso un finale inestinguibile e perfettamente corrispondente. Filetto alla Rossini.

Granato dal cuore color sangue di piccione. Patrimonio olfattivo maestoso per intensità e per nitidezza. Note di piccoli frutti a bacca scura sotto spirito. Bacche di ginepro e chiodi di garofano si intrecciano a suggestioni rugginose, d’inchiostro, cuoio, triple sec e palo santo. Ingresso caldo con incisiva tannicità ancora ben presente. Frutta e spezie di gran valore. Deciso ma ben equilibrato. La costante scia fresca e il finale d’instancabile lunghezza, forniscono un’esperienza sensoriale di piena soddisfazione. Anatra ripena alla piemontese.

2004

PIGNOLO Alc. 15% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata calda e costante

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2007

PIGNOLO Alc. 15% - Punteggio 89/100 Andamento climatico: annata umida

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2003

PIGNOLO Alc. 14,5% - Punteggio 91/100 Andamento climatico: annata molto calda Granato di grande coesione. Il bagaglio odoroso, davvero unico, coniuga la potenza alla dolce maturità. Si offre tra amarene sciroppate e cioccolato alla menta, rosolio e viole appassite. Si aggiungono incenso, resine e un intrigante aroma di crema al caffè. In bocca è setoso, morbidissimo e sinuoso nello sviluppo. Svela una dolcezza del frutto che presenzia l’intera beva. Trama tannica succosa e raffinata che unita alla bella freschezza regala al sorso grande bevibilità e scorrevolezza. Incessanti richiami speziati. Lombo di manzo alle prugne.

2000

Si veste di granato assai fitto con il bordo lievemente scarico. Dall’oscurità del calice emergono lentamente profumi stratificati di sigaro toscano, torba e cuoio. Poi appaiano ginepro e pepe nero. soprattutto. Un chiarissimo, raffinato aroma che ricorda l’estratto di tamarindo appare nel finale. Il palato è tutt’altro che rigido ma offre una generosa presenza fresco sapida che rende la beva piacevolmente dinamica. I richiami alle erbe officinali e mediterranee impreziosiscono il sorso. Il tannino è smussato e leggermente polveroso. Fagiano speziato e tartufo estivo.

PIGNOLO Alc. 15,5% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata mediamente fresca. Granato impenetrabile. Ventaglio olfattivo ricco e finissimo: creme de cassis, prugna, frutta secca e un incessante tripudio di spezie scure. Seguono note terrose e boschive che richiamano: humus, legno di ciliegio e funghi. Passano i minuti e appaiono sentori evolutivi di cenere, torba e cuoio. Bella bocca, senza spigoli, proporzionata e ben definita. Tannini fitti e mordaci ma ottimamente inseriti nella struttura. Sul finale una ficcante acidità ripropone un nuovo slancio aromatico, ricco d’erbe officinali. Capriolo in tecia, funghi porcini e polenta.

Granato dalle profonde venature aranciate. Annata storica per l’azienda, che ne sancisce l’ingresso nel gotha mondiale dei vini. Il bouquet, perfettamente integro, carico di frutti rossi: dallo sciroppo di lamponi alla marmellata di amarene. Rose essiccate e marmellata d’arancio fanno da cornice alle spezie dolci di cannella e ai chiodi di garofano. Al palato mostra succosità insospettata. Morbido e setoso sembra voglia piacere a tutti i costi. I tannini ben ricamati e la lunga scia aromatica confermano l’assoluta qualità. Con un Toscanello aroma fondente.

1999

PIGNOLO Alc. 15,5% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata di grande equilibrio.

1997

2002

PIGNOLO Alc. 15,5% - Punteggio 91/100 Andamento climatico: annata decisamente piovosa.

PIGNOLO Alc. 13,5% - Punteggio 94/100 Andamento climatico: annata mediamente calda. Granato dai riflessi mattone. È figlio di altre idee: nessuna surmaturazione e solo barrique usate. L’olfatto è ricco di mille e mille sfumature. Respiro balsamico di erbe mentolate e glicine, poi viole essiccate e spezie. Tripudio d’agrumi con in primo piano l’arancia rossa a cui fa seguito un comparto fruttato ancora fresco. Bellissima acidità di fondo che, a distanza di 20 anni, è perfettamente integra. Sviluppo saldo nella texture gustativa e tannini fitti dall’aroma pepato. Pignolo in cui si coglie il territorio d’appartenenza, uno dei caposaldi della verticale. Zuppa di carne miste speziate.

È tutta questione di equilibrio Dal 1499 www.tenutavillanova.com

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Via della Tomba Antica | 33050 Zugliano Pozzuolo del Friuli | UD | T: 0432 561264 www.grandicucineblm.com

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L'OLIO DELLA PIANURA DI ELLIS di Alessandro Pareschi

“L’olio extravergine d’oliva non è solo il principe dei condimenti e il re della dieta mediterranea ma il nostro oro verde, capace di dare un senso a un piatto con un semplice giro, è anche ricco di componenti preziosi per la nostra salute”. Così esordisce Ellis Tomasin il dinamico fondatore dell’omonima azienda che si trova nel bel mezzo della pianura friulana e precisamente a Castions di Strada. È un borgo antico la cui economia è principalmente legata, da secoli, alle attività della terra. Lo testimoniano le case contadine con gli enormi granai, segno di benessere, con i loro cortili chiusi il cui accesso è limitato dai portoni ad arco, dove, un tempo, trovano riparo dai temporali estivi i carri ricolmi di fieno trainati dai massicci buoi. Castions è posizionato lungo l’antica via romanica Postumia e durante il periodo del Patriarcato d’Aquileia fu un influente centro produttivo e commerciale dedito alla coltura dei cereali, del vino e dell’olio d’oliva. La bella realtà messa in piedi da Tomasin, che non fa altro che continuare una tradizione secolare di questa terra, è stata realizzata nel 2005 e si è aggiunta alle altre attività contadine già in essere. Subito vennero messe a dimora oltre duemila piante che oggi producono i 900 kg di olive all’anno e che vengono trasformate in olio dall’azienda stessa. Le varietà coltivate sono: Bianchera, Carbona, Buga e Gorgazzo. Nei terreni di Castions esse perdono le tipiche caratteristiche di asperità che invece caratterizzano le coltivazioni delle aree collinari. Oltre a queste si trovano anche numerose varietà nazionali, qui acclimatate ai rigori invernali quali Grignano, Leccino, Maurino, 38

Pendolino, Frantoio, Coratina, Picholine e Dritta. La complessità dei blend sono arricchite anche dalle olive provenienti dai vigneti gestiti dall’azienda e situati nelle soleggiate colline orientali friulane. La riconosciuta fertilità del terreno di Castions e il clima mite anticipano la maturazione di alcune varietà e la raccolta avviene mediamente tra la prima decade e la fine di ottobre per mezzo agevolatori elettrici. Le olive vengono fatte cadere su apposite reti posizionate sotto le piante. La molitura avviene subito dopo la raccolta nel moderno frantoio da 2,5 q.li a ciclo continuo di proprietà; la pasta di olive subisce una lenta gramolatura seguita dall’estrazione tramite una decantazione a due fasi, Si ottiene così un extravergine che assicura e mantiene tutte le qualità organolettiche e nutrizionali. Le componenti presenti nel suolo, di natura argilloso-sabbiose con elevata percentuale di ghiaia e ciottoli di origine alluvionale, nonché l’inerbimento, permettono di eliminare l’umidità in eccesso e a tenere compatto il terreno. Ciò assicura un olio armonico, dall’amaro equilibrato e non troppo piccante, perfetto per i piatti delicati tipici della riviera friulana. L’azienda propone tre tipi di blend: Lux, Ellisir e Ellis, da olive selezionate appena invaiate. La gamma si completa con una seconda linea a cui appartengono gli olii Novellis e Omnis. Sono dedicati al consumo quotidiano. Ottimi da abbinare a pietanze delicate e prodotti con olive più mature. Tutta la produzione è imbottigliata sottovuoto per assicurare la migliore stabilità e la bottiglia è sigillata con tappo antirabocco. I formati proposti sono 0,25, 0,50 e 0,75 lt.

LUX

ELLIS

ELLISIR

Presenta belle note dolci e delicate di mela, mandorla sgusciata e peperone giallo. In bocca si evidenzia la buona consistenza della pasta e il piacevole sapore di mela matura che si mantiene a lungo. Chiusura in sintonia, rotondo e lievemente amarognolo nel finale. A crudo, sui tagliolini con cicale di mare e asparagi.

Rappresenta lo storico olio aziendale. Al naso manifesta sentori tostati e speziati in apertura seguiti da pinoli, cardo e pomodoro verde. Fluido e avvolgente al palato, dove il timbro dolce viene arricchito da sensazioni di amaro/piccante presente ma misurato. Scia lievemente tartufata nel finale. A crudo, perfetto sulle seppioline grigliate su “saor” leggero con polentina bianca.

Si avvertono piacevoli profumi di erbe selvatiche, miele millefiori, mandarino, mallo di noce e accenni di pomodoro e asparago verde. In bocca la corrispondenza aromatica si mescola ad un amaro di buona intensità e gradevolmente piccante. Lungo e continuo in chiusura su ritorni tostati. A crudo. Predilige la battuta di pezzata rossa con cipolla rossa e lime.

Bottiglia in vetro lt. 0,5 Prezzo in azienda € 9 Varietà: Leccino, Maurino, Grignano

Bottiglia in vetro lt. 0,5 Prezzo in azienda € 9 Varietà: Coratina, Frantoio, Bianchera, Carbona

Bottiglia in vetro lt. 0,5 prezzo in azienda € 9 Varietà: Bianchera, Picholine, Frantoio

CORTE TOMASIN Vicolo Levada 7 33050 Castions di Strada (UD) T. 333 5208940 www.olioextraverginefvg.it

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“La storia dei Clivi parte da lontano e non nasce per caso –racconta Mario Zanusso mentre ci accoglie nella piccola, graziosa e vissuta sala di degustazione che è una via di mezzo tra la cucina e la sala da pranzo di casa- e è una precisa e meditata scelta di mio padre Ferdinando che, dopo una vita spesa in Africa in una compagnia commerciale, ha deciso di acquistare un piccolo vigneto a Brazzano di Cormòns che è la zona nativa di mia madre. Siamo nella metà degli anni ‘90”. Dal principio è solo una piccola vigna di due ettari con viti di ottant’anni sul versante sud del Monte Quarin ma è sufficiente a far capire che l’interesse per il vino va al di là di un semplice lavoro. Nel frattempo Mario si laurea in economia a Milano e dedica i momenti liberi al progetto di famiglia. Il contatto con la natura e “il mettere le mani nella terra” hanno su di lui una presa fortissima e decide che il suo futuro è questo. Mario racconta dell’acquisto del piccolo podere a Gramogliano e dell’annesso casolare, del rapporto iniziale di collaborazione con il grande Gaspare Buscemi, della scelta di continuare a produrre con le vecchie viti autoctone già esistenti nei vigneti, dei lieviti indigeni, della semplicità nella vinificazione. Le vecchie viti consentono equilibrio nella maturità del prodotto e soprattutto costanza qualitativa grazie alla profondità delle radici. Le uve acquistano grande personalità e sono espressione privilegiata dei terreni. I vini diventano più complessi e minerali, più aderenti al terroir e non solamente figli solamente della varietà. Quindi, in definitiva, rivelano la loro identità, non replicabile altrove. “La conseguente scelta biologica è un passaggio naturale quanto immediato –continua Mario mentre si stappano le bottiglie e si avvinano i calici- e qui non usiamo il legno ma solo l’acciaio. L’inox ci fa capire che materia prima abbiamo raccolto senza le contaminazioni che il legno apporta e la nostra scelta va verso la direzione di mantenere l’integrità del vino. Questi vecchi biotipi di tocai friulano sono più simili al Sauvignonasse che alle moderne interpretazioni che richiamano spesso gusti internazionali. È questo il motivo per cui vogliamo mantenere al massimo queste caratteristiche che sono uniche poiché dettate non solo dal patrimonio che la pianta ha in sé ma anche dal terreno che qui è calcareoargilloso e dal clima dei Colli Orientali che è più freddo di quello del Collio”. Le uve coltivate dall’azienda sono solo di varietà autoctone quali ribolla gialla, tocai friulano, malvasia istriana e verduzzo friulano. I vigneti hanno un’età che varia dai 60 agli 80 anni. Gli ettari coltivati sono complessivamente 12 per una produzione di circa 50.000 bottiglie e si trovano su colline che non superano i 200 m sul livello del mare le cui componenti geologiche sono simili. I microclimi, invece, sono diversi e legati ai venti. Le brezze dell’Adriatico investono il monte Quarin, mentre i venti che scendono dalle Alpi Giulie accarezzano le colline di Gramogliano. Tutto ciò determina le differenze nei vini ottenuti dai due cru. La filosofia produttiva di Ferdinando e Mario è quella di non strafare ma di seguire attentamente il territorio e le preziose vecchie viti ereditate. Una filosofia che non vuole aggiungere nulla di più a quello che madre natura mette a disposizione. Ferdinando, il papà, è arrivato per la degustazione. Noi siamo pronti, si può cominciare. La profondità dei campioni allineati sul tavolo è impegnativa e la sua lettura è un viaggio bellissimo ed emozionante nella storia dei vitigni autoctoni antichi, arcaici della nostra regione. Accostarsi a questa sequenza di calici è un privilegio e non solo un’opportunità. Stiamo per assaggiare il tocai friulano della collina chiamata Galea di Gramogliano, le viti da cui è ottenuto sono state piantate più di 70 anni fa. Un vino sospeso tra passato e futuro. Un vino che non si può replicare altrove.

GALEA, FRIULANO DI TERRA E DI SOLE di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano

Foto di Fabrice Gallina

La collina di Gramogliano è quasi nascosta al viandante. Da Corno di Rosazzo, verso Trussio, si prende a destra e, superate le poche case contadine, solo allora si para innanzi una stretta strada poderale che sale lentamente verso i Clivi. Il procedere è lento e, metro dopo metro, ci si rende conto di lasciare il mondo alle spalle (che dista poche centinaia di metri) per entrare in una dimensione diversa, quasi ascetica. Il bosco si alterna alla vigna e segue il naturale susseguirsi delle forme e degli spazi. I vigneti antichi, che circondano il vecchio casolare ristrutturato a cantina, testimoniano che il tempo è un valore e che ogni vite, dalla forma plasmata e piegata dai decenni di vita, è irripetibile e che fa parte di un’unicità che non potrebbe fare a meno di essa. La luce del sole illumina la collina e da qui l’ordine delle cose sembra più chiaro, naturale, perfino semplice. 40

Denominazione: Friuli Colli Orientali Zona di produzione: vigneto collinare, altitudine metri 200 slm., esposto a Sud, Sud/Est, dal toponimo ”Galea” a Corno di Rosazzo (UD), lungo il confine Sloveno. Terreno di marna di origine eocenica, calcarea e argillosa (flysch). Certificazione biologica. Età delle vigne: 70 anni. Metodo di allevamento: doppio capovolto. Resa per ettaro: 4 t di uva con densità di 3.000 ceppi /ettaro. Uve: nelle annate: 2004, 2012, 2011 e 1997: 100% friulano. Nelle annate: 2006, 2004, 2002 e 2000: 90% friulano, 10% verduzzo. Nell’annata 2001: 80% friulano, 20% verduzzo. Epoca raccolta delle uve: metà settembre. Vendemmia manuale, in cassette. Vinificazione: i grappoli raccolti a mano vengono spremuti interi (senza diraspatura) e a bassa pressione, in modo da estrarne sono il mosto “fiore”, ovvero la prima parte della spremitura, più pura. Il mosto viene poi subito passato in vasche di acciaio, dove le parti più solide decantano durante la notte. Alla mattina, la parte più pulita del mosto viene separata dalla “feccia grossa” di decantazione e viene passata in un’altra vasca di acciaio, dove i lieviti naturali dell’uva cominciano a fermentare gli zuccheri. Questa fermentazione dura fino alla completa riduzione degli zuccheri, che alla fine hanno un tenore inferiore ai 2 g/lt. Alla fine di questo processo, il vino rimane a contatto con i propri depositi di fermentazione (feccia fine), che sono tenuti in sospensione per evitare fenomeni di riduzione e beneficiare delle proprietà stabilizzanti e anti-ossidative delle fecce stesse. La durata di questa maturazione sulle fecce è di 18 mesi, alla fine dei quali il vino è imbottigliato con una leggera filtrazione, per eliminarne la torbidità, e con una piccola aggiunta di anidride solforosa, per un totale di circa 3 g/Hl. Prima annata prodotta: 1997. Bottiglie prodotte: circa 3.000 anno. Temperatura ottimale di servizio: 8-10°C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Sauvignon Blanc). Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 20.

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2012

Giallo paglierino vivace dai riflessi verdolini. Annata ostica, c’è voluta una coraggiosa e selettiva vendemmia ottobrina e tutte le prerogative dei vecchi vigneti per raggiungere la qualità ottimale delle uve. Esordio che richiama il fieno appena tagliato e le erbe aromatiche spontanee. Prosegue sfoggiando aromi di mela annurca, scorzette di limone e note delicatamente fumé. La dinamica gustativa è fresca e intensamente salina; sfodera una struttura salda e un allungo sorprendente ed appagante che lascia presagire un futuro certo e ricco di soddisfazioni. Aringa affumicata e mela verde.

FRIULANO GALEA Alc.12,5% - Punteggio 94/100 Andamento climatico: annata regolare ed equilibrata. Paglierino netto. Splendida silhouette olfattiva che spazia in varie direzioni. Ricco comparto fruttato che inizia con la pera kaiser. Poi: miele di tiglio, meringa, fienagioni d’alpeggio e gelatina di limone. Il tutto è unito da una splendida e sottile trama minerale rocciosa. Al palato è avvolgente. Espande e amplifica il dettagliato disegno aromatico. Acidi e sostanze minerali lavorano in perfetta sinergia anche grazie a un tenore alcolico docile e perfettamente proporzionato. Chiusura lenta e molto, molto raffinata. Fusilloni con branzino, limone e bottarga.

2006

Paglierino di bella intensità cromatica. Comparto odoroso fine e seducente fin dalle prime battute. Debutta con un frutto dolce e croccante di mandorla e miele, pera nashi e altre pomacee a cui fanno presto seguito fioriture estive, rivoli di resina, rosmarino, salvia ed elegantissime note fumé. Il sorso, agrumato e sottile, mostra con decisione la sua forte identità fresco-sapida che gli consente un allungo deciso e perfettamente coerente. Perfettamente bilanciato dalla morbidezza, garantisce una lunga persistenza e gode di grande bevibilità. Lavarello alle erbe aromatiche.

2011

FRIULANO GALEA Alc.12,5% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata regolare e fresca.

FRIULANO GALEA Alc.14% - Punteggio 91/100 Uve: tocai friulano 90%, verduzzo friulano 10%. Andamento climatico: annata calda e ricca di sole. Oro lucente. L’annata sottolinea un leggero scostamento stilistico dai millesimi fin qui degustati. Il naso è variegato e racconta di ginestre appassite e agrumi essiccati, burro fuso e melata di bosco. Mela golden, pesca gialla e pera ruggine. Sul finale emergono le sottili e piacevoli note di anice stellato e di salsedine che apportano grande raffinatezza alla componente odorosa. Equilibrato, saporito e corposo. Allungo sapido e coerente. Finale piacevolmente amarognolo e delicatamente asciugante, in cui fa sentire il suo peso il verduzzo. Minestrone d’orzo, fagioli e salsiccia.

Paglierino dorato. L’espressione olfattiva è fine, profonda, tutta da scoprire. Un iniziale richiamo al sidro di mele si ben fa presto comprimario a suadenti note resinose di pino e rosmarino. Seguono sbuffi di infusione di tiglio e camomilla. Sosta infine su freschezze mentolate. C’è l’anima di questo splendido territorio nel calice. Il sorso sofisticato è pieno e maturo. Sontuoso il richiamo al miele di eucalipto unito con la freschezza e l’abbondante sapidità. Il piccolo apporto di verduzzo sa di tradizione, per palati adulti. Tacchino al miele con verdure in agrodolce.

2004

FRIULANO GALEA Alc.13,5% - Punteggio 94/100 Uve: tocai friulano 90%, verduzzo friulano 10%. Andamento climatico: annata equilibrata.

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2014

FRIULANO GALEA Alc.12,5% - Punteggio 92/100 Andamento climatico: piovoso e con poca illuminazione.

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2002

FRIULANO GALEA Alc.13% - Punteggio 94/100 Uve: tocai friulano 90%, verduzzo friulano 10%. Andamento climatico: annata fredda e piovosa. Dorato consistente. Impostazione olfattiva che si smarca dalla varietà lasciando libero sfogo a una matrice evolutiva esaltante per integrità e attraente per personalità. Turbinio di spezie: dal coriandolo in grani all’anice stellato. Litchi e kumquat e ancora note idrocarburiche. Miele d’agrumi e mentolo. È una sfilata aromatica che conduce lontano. La freschezza, in primo piano, dispensa energia e vivacità alla beva. La struttura dalla filigrana sottile ma salda, e il finale d’erbe alpine e agrumi, rendono questo vino un vero capolavoro. Capesante acciughe e barbe di porro.

2000

Oro sgargiante. Intenso viaggio olfattivo tra purea di pesche e frutti esotici, gelatina d’agrumi e miele di tiglio. Seguono i balsami d’eucalipto e resina e il floreale del tarassaco in infusione. La pregevole impronta torbata a chiudere. La beva evidenzia un’acidità e una coerenza gusto-olfattiva davvero encomiabile. Il sorso invade il palato, giocando tra potenza ed eleganza, tra rotondità e immancabile gustosità. Uno stato di grazia gustativo dove al binomio friulano-verduzzo è protagonista. Crema di anacardi e ricci di mare con gnocchi alla plancha, calamari e bergamotto di Emanuele Scarello.

2001

FRIULANO GALEA Alc.13% - Punteggio 95/100 Uve: tocai friulano 80%, verduzzo friulano 20%. Andamento climatico: annata equilibrata.

FRIULANO GALEA Alc.13,5% - Punteggio 88/100 Uve: tocai friulano 90%, verduzzo friulano 10%. Andamento climatico: annata tendenzialmente calda ma equilibrata. Giallo oro intenso. Il naso svela la maturità del vino attraverso i sentori di frutta cotognata e decotto di erbe, fiori essiccati, erbe mediterranee in polvere e fienagioni montane. Continua su note terziarie di bacche selvatiche e tostature, per un’impronta olfattiva a cui tuttavia manca un po’ di coesione. Sorso è vivo, intenso. La componente fresca è delicata mentre, al contrario, la sapidità è quanto mai energica a garantire una beva ancora interessante. Timbro aromatico dai richiami tenui, che conducono alla chiusura lievemente amarognola. Zuppa di verdure e cicale di mare.

Manto dorato lucente. Olfatto emozionante per quantità e per raffinatezza dei profumi. Intriganti note balsamiche che raccontano di resine ed erbe alpine, animato da tè agli agrumi e rosa gialla appassita, arricchito da spunti fumé e polvere pirica. Infine la profondità dell’anice stellato e tabacco biondo. Il sorso dispensa emozioni. Beva sinuosa. La progressione sapida è inarrestabile, senza pause, né indecisioni, continua la sua marcia ricca di pregiati aromi e carezze tattili. Epilogo lungo e lento inesauribile. Di diritto tra i capolavori enologici assoluti della regione. Centellinare in compagnia di preziose amicizie.

1997

FRIULANO GALEA Alc.13,5% - Punteggio 97/100 Andamento climatico: annata perfetta in tutte le sue fasi.

I CLIVI Località Gramogliano, 20 33040 Corno di Rosazzo (UD) T. 328 7269979 www.iclivi.wine.it

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“First they ignore you, then they laugh at you, then they fight you, than you Win”. (Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci). Mahatma Gandhi. Ho dedicato la maggior parte della mia vita professionale al Pignolo - vino autoctono friulano il cui primo documento risale al 1398 - partendo da quelle due benedette viti dell’Abbazia di Rosazzo (sopravvissute all’incuria degli uomini), indicatemi da monsignor Nadalutti nel 1978. Per tale impegno ebbi l’onore di ricevere il premio Nonino Risit d’Aur, consegnatomi da padre David Maria Turoldo. Era il 15 gennaio 1983. Sul Pignolo avevo iniziato a costruire un progetto a lungo termine. Una volta andato sui mercati, lo avevo inserito sulle carte dei vini dei migliori ristoranti di New York e Parigi, senza contare l’Italia e la Germania.

REVENANT PIGNOLO di Walter Filiputti

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Poi la vita, a volte, ti gira le spalle e quel progetto non mi fu consentito di portarlo a termine. Ciò che ho fatto per il Pignolo, però, è ancora lì, nelle bottiglie che gli amatori si contendono a prezzi d’asta. Recenti assaggi di 1985, 1987, 1988, 1997 e 1999, testimoniano la grandezza e la longevità di questo vino, che interpretai come vino da invecchiamento fin dalla mia prima vendemmia, del 1984. Progetto non solo viticolo, enologico e culturale, ma anche di marketing. Facciamo un passo indietro, fermandoci al 1975 per aprire una finestra sulla storia. Fu in quell’anno che nacque il “Risit d’Aur” di Nonino, con l’obbiettivo di salvare tre varietà autoctone – Pignolo, Schioppettino e Tazzelenghe - che la stupidità degli uomini aveva deciso che dovevano essere cancellate. Questa battaglia - scatenata da Giannola e Benito Nonino, assieme a Luigi Veronelli (ai quali mi unii anch’io) - segnò la nascita del movimento culturale degli autoctoni in Italia. Prima del “Risit d’Aur” c’era il buio più profondo, tanto da non farci percepire il millenario e immenso patrimonio che avevamo a disposizione e che si doveva mettere all’incasso. E, come non bastasse, i pochi visionari che capirono l’opportunità che questi vini ci potevano riservare, erano derisi dalla maggior dal mondo del vino. Ora i fatti danno loro ragione. Per noi, allora, la necessità di valorizzarli si basava su semplici riflessioni. La prima: saremmo arrivati a un’omologazione dei vini definiti internazionali, che stanno, per numero, sulle dita di una mano. La seconda: tale situazione ci avrebbe penalizzato con l’arrivo sui mercati dei nuovi Paesi produttori che sugli internazionali basavano le loro produzioni. Terza e più importante: gli autoctoni erano i vini che più di altri potevano raccontare la personalità dei nostri territori. In un mercato che si stava uniformando, la distinzione sarebbe diventata necessaria. Finché - miracolo! - in un’intervista al Corriere della Sera del 3 agosto 2013, Monica Larner, da poco diventata corrispondente per i vini italiani (vive a Roma) di “Wine Advocate”, dichiara: “Far conoscere sempre di più agli americani quello che nessun Paese al mondo possiede, una straordinaria ricchezza di vini diversi, lontanissimi dal gusto standardizzato… . Il gusto è completamente cambiato - spiega Larner - gli appassionati d’America cercano gli autoctoni meno conosciuti. I grandi rossi piemontesi e toscani restano una bandiera, ma questo è il

momento di raccontare anche le altre meraviglie d’Italia, Parker è d’accordo”. Parker è d’accordo? Alleluia!!! Così scrissi, allora: “Fantastica notizia per coloro che – ben pochi per la verità – hanno lottato e creduto per riportare nella modernità viti di straordinario valore. Mi onoro di far parte di quella schiera di visionari un po’ folli. Proporre la Ribolla gialla a New York e a Monaco di Baviera nel 1982 o il Pignolo “en primeur” nel 1985 era davvero impensabile. Eppure quel sogno si è avverato. Sì, l’idea che avevamo allora si è rivelata corretta: quei vini autoctoni di tutt’Italia sono la vera arma in più che nessuno ha e che tantissimi vignaioli italiani non sapevano di poter disporre. Certo, il ruolo dominante di quelle internazionali è fuori discussione, ma ciò non significa che non vi siano spazi per vini ad essi alternativi. Tutt’altro! Essi stanno ai vini internazionali come l’alta moda (autoctoni) sta al “prêt-à- porter”. Se da una parte vanno ascoltate le indicazioni dei mercati, dall’altra è necessario anche saper navigare “border line” per trovare una luce propria, spazi preziosi che vanno a rafforzare l’immagine aziendale oltre che quella di un’Italia ricca. Smarcarsi sul mercato con prodotti unici, di nicchia (che, grazie alla globalizzazione, si sono di molto allargate), è una necessità: è il “fatto a mano” degli orologi, delle scarpe, delle borse, dei vestiti. È il prodotto chic che più di ogni altro riesce a raccontare, coinvolgere e trainare, con il suo messaggio di emotiva unicità, anche il resto della produzione. I mercati non disdegnano le novità, tutt’altro. Semmai il problema sarà come comunicarli”. Matt Kramer, Wine Spectator del 30 giugno 2013, osserva: “Pensate che attualmente la parola più importante per il vino sia “naturale”? Oppure “autentico”?. O meglio ancora “commerciale”? Nessuna di queste. La parola più importante per il vino è “autoctono” (indigenous). In quanto tutto ciò che avviene in vigna e in cantina è importante, ma non è fondamentale quanto i 3 elementi chiave: microclima, terreno e vitigno. I vini da vitigni autoctoni hanno un’integrità che viene dal tempo e dalla tradizione locale che precede il potere pervasivo e la penetrazione sul mercato dei brand globalizzati. Resistere non è futile… . Il mercato è inondato da vini ben fatti, ma nulla è più prezioso dei vini autoctoni perché, alla fine, non li puoi riprodurre”. Sì, ha ragione Attilio Scienza nell’affermare che “Il mondo del vino ha bisogno di nuove vie di narrazione”.

Foto di Fabrice Gallina

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LE ERBE SPONTANEE DELLA NOSTRA CUCINA di Raffaella Nardini

Lungo il corso del canale Ledra, nelle campagne tra Pers e Majano, osservato da lontano dalle cime imbiancate dall’ultima neve di stagione, si trova il delizioso Borgo Cividas, un pugno di case dove tutti si conoscono. Mi accoglie il profumo di basilico e mi guida all’interno di quella che era, anni e anni fa, la stalla dell’azienda agricola della famiglia Nanino che si dedicava principalmente all’allevamento bovino. Ora il locale è adibito alla pulizia, alla lavorazione e al confezionamento delle erbe aromatiche prima del conferimento sul mercato. Prima ancora che alle erbe aromatiche e spontanee, Augusto Nanino, si dedica per molti anni alle produzioni orticole poiché la mamma possiede un negozio di ortofrutta a Majano. Poi, con l’occhio e l’orecchio attento di un buon imprenditore capisce che in regione e soprattutto nell’area turistica, lignanese in particolare dove possiede un punto di vendita di ortofrutta, c’è una grande richiesta, da parte dei ristoratori, di erbe aromatiche e di erbe spontanee da utilizzare nelle loro preparazioni. Perché allora non reinventarsi ed iniziare a produrre queste erbe che fino al 1995 nessuno in regione aveva pensato di coltivare? Detto e… fatto! Nelle sue serre ecco dunque comparire: il basilico, il rosmarino, la salvia, l’erba cipollina, il timo, l’alloro, la maggiorana, il dragoncello, il finocchietto selvatico, e perfino il rabarbaro. Insomma tutto ciò che, chi non possiede un orto, deve andare a procurarsi al mercato. E poi la menta di ben quattro tipologie, il tarassaco, l’aglio orsino, l’ortica e l’acetosa. Ma anche, da non dimenticare, gli “urticions” e lo “sclopit”. Quattro anni fa, infine, egli si dedica, con straordinari risultati, alla produzione dei fiori edibili, belli e anche buoni, sempre per rispondere alle necessità dei ristoratori più esigenti. Le serre calde permettono ad Augusto di proporre queste erbe durante tutto l’anno anche se, in realtà e soprattutto questo accade per le erbe spontanee, la grande richiesta inizia nel periodo primaverile. Nella bella stagione sono le serre fredde, quelle riscaldate solo dai raggi del sole, ad essere utilizzate per la produzione aziendale. Augusto mi spiega che, essendo queste erbe spontanee, sono molto rustiche e quindi non hanno bisogno di particolare attenzioni per la loro crescita, né di particolari trattamenti, dato che sono poco ricettive alle malattie. L’unico accorgimento è quello di tenerle in ambiente arieggiato, senza ristagni di umidità per scongiurare l’attacco di patogeni fungini. Per chi non li conoscesse, gli “urticions” sono i germogli del luppolo, chiamati anche asparagi selvatici per il loro sapore che ricorda vagamente l’asparago verde, oppure bruscandoli in altre regioni. Ma veniamo allo “sclopit”, ovvero “Silene vulgaris”, è una pianta erbacea perenne che cresce spontanea nei luoghi incolti, ed è tipica dell’area friulana. Le sue foglie sono ovate-lanceolate e i delicati fiori bianchi hanno il caratteristico calice rigonfio che se schiacciato provoca un leggero rumore simile a un piccolo scoppio. È proprio questa singolarità che dà il nome friulano, del tutto onomatopeico, alla pianta. I sui germogli, che sono la parte edibile, si raccolgono prima della fioritura e si consumano, come gli “urticions”, prevalentemente cotti ad arricchire deliziose frittate ma anche gnocchi, risotti e primi piatti in generale. Niente paura dunque per chi, e siamo la maggioranza, non riesce a dedicarsi personalmente alla raccolta delle erbe spontanee, unendo l’utile al dilettevole, e godersi così qualche ora all’aria aperta nella nostra bella campagna friulana vestita di primavera. Per tutti noi in soccorso arriva Augusto con le sue profumate erbe spontanee. Se dobbiamo rinunciare a qualche ora all’aria aperta almeno non dobbiamo astenerci dai meravigliosi profumi che ci offre la nostra terra.

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LE RICET TE CON IL NOSTRO SCLOPIT Chef Giuseppe Fornaca

Ristorante San Michele a Fagagna (UD)

CARLO DI PRADIS Collio Friulano 2015 Alc. 13,5% - € 18 Giallo paglierino molto luminoso. Fioriture estive e fieno di montagna subito in risalto. Poi frutta a pasta bianca come mela stark e pera abate. Seguono intense note agrumate, delicato fumé e brezze marine. Avvolgente al palato. Bilanciato da adeguato apporto fresco-sapido e arricchito da continui richiami floreali, agrumati e tocchi di frutta secca. Vinificato in acciaio dove rimane per 9 mesi.

CREMA CON PATATE, SCLOPIT, PANCETTA CROCCANTE, UOVO IN CAMICIA, TARTUFO MARZUOLO O BIANCHETTO. INGREDIENTI: 400 g di patate pelate e tagliate a cubetti, 800 g di brodo vegetale, 200 g di porro a cubetti, 200 g di sclopit, 100 g di pancetta tagliata a listarelle, 50 g di tartufo Marzuolo, 30 g di aceto bianco, formaggio stravecchio di Fagagna, burro, sale. PREPARAZIONE: Soffriggere il porro e, una volta appassito e dorato, unire le patate e lasciare insaporire. Unire il brodo, cuocere per 20 minuti circa, frullare fino a ottenere una crema omogenea, aggiungere stravecchio di Fagagna e una noce di burro. In una padella rosolare la pancetta fino a renderla tostata, scolarla dal suo grasso, aggiungere lo sclopit e farlo appassire lasciandolo croccante. Sgusciare l’uovo in una ciotola, mettere sul fuoco una pentola con acqua e, quando bolle, unire l’aceto e creando un vortice con l’aiuto di un cucchiaio, unire l’uovo, lasciare che l’albume avvolga il tuorlo formando la classica “camicia”. Scolare con una schiumarola. In un piatto fondo versare la crema di patate, unire lo sclopit, appoggiare l’uovo, grattugiare il tartufo a scaglie.

TROTA DI SAN DANIELE, ASPARAGI BIANCHI E VERDI, ZABAIONE ALLO SCLOPIT. INGREDIENTI: 800 g di filetti di trota di San Daniele, 1 litro di brodo di pesce, 12 punte di asparagi bianchi, 12 punte di asparagi verdi, 1 dl di olio di oliva, 1 cucchiaio di aceto rosso, 1 pomodoro seccato al forno tagliato a dadini, 1 uovo sodo tritato. Per lo zabaione: 4 tuorli d’uovo, 8 cucchiai di brodo vegetale, 4 cucchiai di aceto di mele, 160 g di sclopit, sale. PREPARAZIONE: Pelare le punte di asparagi bianchi e farle sobbollire per 15 minuti in acqua con sale grosso e una noce di burro. Cucinare al dente le punte di asparagi verdi in acqua salata. Marinare le punte di asparagi bianchi in una soluzione composta dalla loro acqua di cottura, olio di oliva, aceto rosso, sale e pepe, quindi ricoprirli. Affogare per 7 minuti i filetti di trota nel brodo di pesce a 75 °C. Riunire i tuorli d’uovo in una ciotola semisferica con i manici, aggiungere un pizzico di sale, il brodo freddo e l’aceto di mele. Cucinare lo zabaione a bagnomaria finché non si ottiene un composto spumoso, mescolare lo sclopit tritato. Mescolare le punte di asparagi bianchi e verdi con l’uovo sodo e i dadini di pomodoro secco. In un piatto fondo adagiare lo zabaione, poi gli asparagi e infine i filetti di trota.

RUSSOLO Bianco Doi Raps 2015 Uve: sauvignon 40%, pinot bianco 30%, pinot grigio 30% Alc. 12,5% - € 13 Veste di giallo paglierino intenso. Ventaglio olfattivo che attinge dai profumi varietali. Foglia di pomodoro, sambuco, mentuccia e zest d’agrumi. Prosegue con pesca bianca e mango. Delicata, elegante mineralità. Ingresso fresco e sapido che delinea una beva inizialmente rinfrescante. Equilibrato da adeguata morbidezza che accompagna la chiusura lenta e corrispondente. Parte in acciaio e parte in tonneau.

AGRICOLA GORI Friuli Colli Orientali Pinot Nero 2014 Alc. 12,5% - € 13 Rubino tenue a conferma della varietà. Gamma elegante di profumi di spezie dolci e scure, nonché accenni di tè nero. Leggere tostature fanno da sfondo a piccola frutta rossa come mirtilli e visciole. Folate di rose rosse essiccate e polvere di erbe officinali. La freschezza iniziale regala un’ottima beva. Sostenuto dal buon corpo che garantisce una lungo finale dai rintocchi fruttati. Rovere di Allier per 18 mesi.

RISTORANTE SAN MICHELE VIA CASTELLO DI FAGAGNA, 33 33034 FAGAGNA (UD) T. 0432 810866 www. sanmicheleristorante.com

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CARMELO E IL GALLO di Giorgio C. Riva

Foto di Umberto Pelizzon

Al sole, seduto nella terrazzetta a fianco del pergolato estivo, con un bel bicchiere di “rosso sfuso” di Marco Perco di Roncus, due fettine di una superba porchetta, cotta in crosta di pane, seguendo fedelmente la stessa ricetta degli anni ‘70, attendo il ritorno “a casa” di Carmelo, il patriarca, in una bella domenica luminosa. È mezzogiorno, e il figlio, Gabriele, è ai fornelli, e la nuora, Lisa, fa gli ultimi controlli nelle sale, dove i tavoli, tra poco assaliti da chi ha prenotato il pranzo domenicale, sono già apparecchiati con garbo, con tanto di candele accese. L’ambiente è caldo e accogliente, di curata semplicità. Ovunque si effondono i profumi di una cucina che più casalinga tradizionale non si può immaginare.

Sono alla Trattoria da Carmelo, nella campagna pordenonese, a pochi chilometri dal centro di Pasiano di Pordenone e da Azzano Decimo. A un tiro di schioppo dal Veneto. L'osteria è in frazione Villotta di Pasiano, proprio dietro la piccolissima e graziosissima chiesetta di Sant'Urbano; si può davvero dire in mezzo ai campi, silenziosi e oggi inondati dal sole primaverile. Una meraviglia. Un tempo luogo di ritrovo e punto di riferimento per le attività commerciali della piccola borgata agreste, il vecchio casolare, dopo un periodo di declino e abbandono, veniva riportato in vita nell'86 da Carmelo e dalla moglie Vilma, nata e cresciuta proprio tra queste mura dove, anche dopo la sua scomparsa avvenuta qualche anno fa, il suo ricordo è sempre vivissimo. Insieme ai primi commensali che iniziano a animare la Trattoria, arriva Carmelo, reduce da una mattinata trascorsa nella terra del Prosecco, alla ricerca di salami e di vino delle piccole realtà contadine della zona. Si siede con me, al sole, e facendomi compagnia con il "rosso sfuso", mi racconta un po' di lui e della sua vita da oste. Ha iniziato il mestiere nel ‘67’, a occhio poco più che ventenne, a San Odorico di Sacile, dove mamma Rina , che lo aveva partorito malata di tifo il giorno della Madonna del Carmine e che, sentendosi miracolata insieme al bimbo , riconoscente, lo aveva chiamato Carmelo, preparava , senza trascurare il lavoro nei campi, da contadina quale era, gallo in tecia, tagliatelle col gallo e gnocchi con l'anatra. Piatti che a distanza di cinquant'anni anni Carmelo, arrivato, dopo qualche anno passato a Sacile, con Vilma, a Villotta, continua a proporre e i clienti continuano ad apprezzare. Il menù della Trattoria da Carmelo è di quelli che non si leggono frequentemente. Al centro, come in tutto il decoro dell'osteria, il gallo. Oltre al gallo in tecia e con le tagliatelle e agli gnocchi con l'anatra, son proposti fegatini di pollo con polenta, pasticcio di fagiano con radicchio di Treviso, spezzatino di vitello con patate, trippe alla parmigiana (servite, come la porchetta, e quasi tutti i piatti, perché richiesti, tutto l'anno), baccalà cotto in bianco. Tutte le paste, ovviamente, sono fatte in casa. Contorni in piena armonia: ad esempio piselli con la pancetta e spinaci e bietina passati al burro, in estate i prodotti dell'orto. Lisa, impeccabile, sorridente ed efficiente padrona delle sale, mi fa sedere nel solo tavolo resosi libero, davanti al bel camino acceso, e gustare il pasticcio con faraona e "peverei”, papavero selvatico, raccolto ieri nei campi, che proprio oggi ha sostituito in lista quello con fagiano e radicchio Treviso, e poi lo spezzatino di vitello, da urlo. Piatti semplici, casalinghi, tradizionali, eseguiti alla perfezione da Gabriele. Semplicemente squisiti. Talmente gustosi e appaganti da impedirmi addirittura l'assaggio dei dolci, anche questi rigorosamente casalinghi, che, prometto a Lisa, dispiaciuta di non essere riuscita nemmeno a propormeli, mi riservo per la prossima visita, senz'altro a breve. Da Carmelo si beve, sempre sfuso, anche un buon rosso di Ornella Bellis di Pramaggiore. Secondo Carmelo, ed è vero, sono ideale accompagnamento, semplice e casalingo, buono, della buona cucina, semplice e casalinga, della sua Trattoria dove portate e vini sono frutto del territorio, dove la tradizione friulana di sposa con quella veneta. Ma l'offerta di vini non è limitata agli sfusi. Ci sono, in una confusione organizzata, bottiglie anche importanti per avventori giustamente esigenti per quanto il vino. Tutti, piccoli e grandi, vedo, qui stan bene. I primi si tuffano tutti sulle ormai uniche, vere, patatine, a spicchio, fritte, di casa e scoprono e apprezzano i sapori dei piatti delle bisnonne, a cominciare dalla meravigliosa giardiniera maison; i grandi si ritrovano bambini, rassicurati. Piccoli e grandi, dicevamo, di qualunque livello socio economico, in un ambiente casalingo familiare dai prezzi estremamente corretti. Un esempio della classica trattoria italiana, che non solo resiste, ma trova nuovamente, come è giusto, a mio parere, sempre maggior consenso. Quasi impossibile arrivarci, almeno le prime volte, senza Gps. Pochi i riferimenti, infatti, in piena campagna, anche se in realtà il centro di Pordenone è a soli dieci minuti.

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DA CARMELO CUCINA CASALINGA Via Villotta, 41 33087 Pasiano di Pordenone T. 0434 620259

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QUEL GENIO DI ISI BENINI di Daniele Cernilli La foto pubblicata grazie alla gentile concessione della Famiglia Benini www.doctorwine.it

Parlare di Friuli, dei suoi vini e dei suoi personaggi, non può prevedere di dimenticare un uomo che fu davvero importante per quel mondo. Isi Benini, che scomparve a soli 65 anni nel gennaio del 1990, è stata una figura fondamentale per l’enogastronomia regionale e non solo. Capo redattore della Rai di Udine fin dal 1971, ma soprattutto ideatore e direttore della rivista Il Vino, forse la più bella pubblicazione enologica di quei tempi, dove anche il sottoscritto mosse i suoi primi passi, professionalmente palando.

Isi me lo aveva fatto conoscere Veronelli al congresso dell’AIS del 1980, che si svolse proprio in Friuli, tra Lignano e Udine. Gli disse che ero una giovane promessa e un suo allievo e gli chiese, quasi gli impose, di farmi scrivere sulla rivista che dirigeva. Tra i due c’era una grande complicità, e Isi accolse di buon grado la proposta e iniziò la collaborazione. “Non provare a scrivere come Veronelli o come Gianni Brera, quelli sono dei fenomeni, non si possono copiare perché hanno uno stile personale e inconfondibile. Scrivi come se dovessi far capire il testo a chi di vino non ne sa nulla, e scrivi in modo semplice, con frasi brevi.” Fu la prima raccomandazione che mi fece e devo confessare che poche volte un consiglio mi è stato più utile. Ma Isi, lo scopersi dopo, era un grande maestro di giornalismo, non solo un ottimo conoscitore di vini friulani. Sapeva di sport, di arte, di letteratura, scriveva con un’efficacia incredibile di qualunque argomento, con una prosa asciutta, essenziale, ma non per questo scarna o poco elegante. Poi sapeva andare in video, cosa rara a quei tempi per un giornalista della sua generazione. Indro Montanelli, ad esempio, che era uno dei suoi ispiratori, è sempre stato molto più efficace sulla carta stampata che in televisione, dove una leggera balbuzie lo rallentava. Per non parlare di Giorgio Bocca, molto scarso in tivvù. Invece lui era un mattatore, ironico, spiritoso, di enorme competenza sul piano enogastronomico. Mi prese a benvolere e m’insegnò le basi del mestiere, che ricordo ancora oggi. Da considerare che io avevo 25 anni e lui 55. Poteva essere mio padre, e in qualche modo lo fu relativamente alla professione giornalistica. Nel 1989 iniziò a collaborare con il Coni e la Federcalcio per l’organizzazione dei campionati mondiali di calcio di Italia ’90, quelli delle “notti magiche” della Nannini e di Bennato. E mentre era a Montevideo per contatti con la federazione dell’Uruguay, fu stroncato dal ripresentarsi della malaria che aveva contratto in Kenia anni prima. Morì come Coppi, con i medici che scambiarono la malattia per un infarto e lo curarono per quello. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto ritirare il premio Risit d’Aur dai Nonino, suoi grandi amici. Gli era stato assegnato per i tanti meriti che aveva avuto nel valorizzare la cultura materiale del suo amatissimo Friuli. Lo voglio ricordare a tutti perché temo che della sua straordinaria opera ormai si stiano perdendo le tracce, e questo non è proprio possibile per quel genio generoso e travolgente che fu il grande Isi Benini.

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IL FORNO di riccardo flaborea

il pane ha il compito di accompagnare nella volarizzazione del cibo e dei vini.

foto di: Umberto Pelizzon

“il pane deve avere un’anima”

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Concordia Sagittaria (VE) Piazza Matteotti, 31 T. 0421 270262


Fin dall’inizio della sua coltivazione in Friuli Venezia Giulia, il sauvignon ha rappresentato una sfida ed ha consentito un utile confronto con il resto del mondo vitivinicolo. Le origini francesi lo hanno privilegiato per secoli come modello unico con cui misurarsi e ciò per il Friuli quanto per le aree più vocate del pianeta. La coltivazione richiede climi e latitudini adatti a esaltare le sue caratteristiche organolettiche che esprimono note varietali in gioventù, più minerali e territoriali se derivanti dai lunghi affinamenti. Si può affermare, a ragion veduta, che la nostra regione ha in sé quanto di meglio si possa chiedere per ottenere grandi risultati da questa cultivar. A dimostrazione di questo basti pensare che è tra i primi vini a bacca bianca ivi prodotto e tra i più esportati. Oggi gli stili più conosciuti, per storia o per capacità produttiva, sono quelli della Loira e della Nuova Zelanda. Secoli e secoli di passione, tradizione e sapienza infinita nel primo. Qualche decennio, estensioni inimmaginabili dei vigneti e tecnologie ipermoderne nel secondo. Complessità, profondità gustativa in Loira. Immediatezza, freschezza aromatica e facilità di beva per i vini dell’emisfero australe. Due mondi paralleli e due modi di intendere un grande vino a cui si aggiungono altre interpretazioni come quelle, per esempio in Italia, dell’Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia. Rimaniamo a casa nostra. Dicevamo che le formidabili caratteristiche ambientali della regione, unite alla capacità dei vignaioli, possono garantire un’altissima qualità dei vini a base sauvignon. Così è infatti! Soprattutto si possono costatare le innumerevoli possibilità che questo vitigno offre sia nella fase giovanile che in quella matura. Insomma, quello che emerge, è che si tratta di uno “stile friulano” vero e proprio, capace di esprimere, e questo aspetto è fondamentale, una profonda e netta territorialità nel vino. Certo, ne sono passate di stagioni da quando nei sentori varietali del Sauvignon spiccava il famoso clone “R3” che spesso violentava, con rudezza e prepotenza, l’eleganza innata di questo vino. Il tempo, i vigneti piantati da molti decenni e la capacità di “leggere” sempre meglio questo vino da parte dei produttori, ci hanno permesso di godere, oggi, di un Sauvignon davvero competitivo dal punto di vista qualitativo e paragonabile per questo motivo alle produzioni più prestigiose del mondo.

MALEDETTO SAUVIGNON di Renato Paglia

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Foto di Fabrice Gallina

Ma (c’è sempre un “ma”) assistiamo negli ultimi anni, a realizzazioni che nulla hanno a che vedere con la territorialità. Qualche inopportuna scelta produttiva, a volte, lascia intravedere più la voglia di stupire il consumatore con croccantezze e fragranze esagerate e inusuali che l’effettiva ricerca di un’identità regionale precisa che questo vitigno esprime più e meglio di altri. Un gran peccato! Pare che una maledizione abbia colpito questo vino che è oggetto di stravolgimenti ed esperimenti organolettici che mai hanno subìto altri vini. Copiare altre realtà vitivinicole, oltre a svilire la propria identità, sconcerta il consumatore che considererà il vino a cui si accosta sempre una semplice riproduzione di qualcosa che già esiste… altrove! Un “tarocco” dunque! Il risultato finale sarà sempre deludente. È certo, si sa, la moda paga. Ma si sa anche che è una situazione transitoria ed è destinata a vita breve. Rimarrebbe quindi alla fine solo il rammarico dell’identità persa e forse mai cercata veramente. Il Friuli Venezia Giulia, per sua natura, non può seguire le mode e deve esprimere una personalità propria perché la possiede ed è forte, che il mondo ci riconosce. È un vino che racconta di sentori varietali, floreali, erbacei e minerali di grande eleganza. Sapido, nervoso e fresco. Il corpo pieno garantisce l’equilibrio. Man mano che passano gli anni, l’affinamento spoglia il vino delle sue espressioni giovanili evidenziando una profondità che richiama immediatamente i terreni e le brezze del Friuli Venezia Giulia, lo identifica appieno e lo rende riconoscibile tra mille. Da bere subito, o dopo molti anni, offre sensazioni uniche e accomunate dall’estrema e costante qualità che esprime nel tempo. È questo è il nostro Sauvignon! Oh, benedetto Sauvignon!

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La ricetta di MangiaVino

I VINI IN ABBINAMENTO BORTOLUSSO

Chardonnay 2015 Alc. 13% - € 8 Giallo paglierino lucente, carico e solare. L’olfatto si snoda sui temi varietali. Pesca bianca, banana, mango, macedonia di agrumi maturi. Poi fioriture estive ed erbe aromatiche mediterranee si accompagnano a sensazioni salmastre, quasi fumé. Intenso ed avvolgente all’inizio. Si allunga con bella nota fresco-sapida che rende la beva piacevole e simmetrica. Vinificato in acciaio dove sosta per 6 mesi.

BLEKI CON RAGU' DI GALLINA Chef: Tom Oberdan

PASCOLO Collio Friulano 2015

Foto di Dean Dubokovic

Alc. 13,5% - € 13

I bleki sono una pasta all’uovo, stesa sottile e tagliata irregolarmente a quadrati. Ingredienti per il ragù: gallina, carote, cipolla, sedano, pomodoro, vino bianco, olio evo e sale. Disossare la gallina, tagliarla a cubetti e soffriggerla lentamente con l’evo. A parte preparare un brodo vegetale. Quando la gallina è ben rosolata, bagnare con il vino bianco. Appena evaporato, aggiungere le verdure frullate e il brodo q.b. A cottura ultimata condire la pasta e aggiungere un filo d’olio evo.

Giallo paglierino luminoso. Naso raffinato e preciso, disposto su note floreali e fruttate. Fiori di magnolia e tiglio, pesca gialla, mela stark e pera kaiser. Folate di salsedine e del tipico fumé della ponca. Bocca perfettamente bilanciata. Avvolgente ed adeguatamente fresco-sapida. Il sorso è intenso e si distende nei richiami fruttati e salini in un lento finale. Vinificato nell’inox dove rimane sui lieviti per 8 mesi. ZIDARICH

Malvasia 2013 Alc. 13% - € 26 Veste d’oro opalescente. Sequenza odorosa straordinaria. Note agrumate di mandarino e lime si fondono con tostature e spezie dolci. Fiori maturi di gelsomino e zagara. Respiri balsamici di eucalipto, mentolo e toni iodati. Avvolgente e ben strutturato, bilanciato da ottima freschezza, si spegne lentamente con rintocchi speziati, balsamici e sapidi. Da uve macerate. Vinificato e maturato nel rovere grande per 24 mesi. BAJTA

Malvasia 2015 Alc. 12,5% - € 14 Lucente giallo paglierino con riflessi dorati. Si presenta all’olfatto con eleganti note di vegetazione spontanea della macchia mediterranea seguite da delicati sentori floreali di ginestra e da sbuffi fruttati di pesca bianca, mela stark e mandorla fresca. Il sorso è ricco, saporito, con freschezza e morbidezza equivalenti e intense. Chiude con ricordi profondi di resina e salsedine. Vinificato nel solo acciaio. FLAIBANI

Bianco Riviere 2015 Uve: tocai friulano 100% Alc. 12,5% - € 14

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TRATTORIA VALERIA 1904 Strada per Vienna , 52 34151 Opicina (TS) T. 040 922 02 86

Giallo paglierino luminoso. Profumi floreali di biancospino e magnolia. Erbe officinali fresche, buccia di pompelmo e polpa di limone. Mentuccia e sfalci d’erba. Note iodate completano il quadro olfattivo Ingresso intenso e inizialmente fresco. Prosegue su morbidezze gliceriche che inducono all’equilibrio della beva. Richiami delicatamente fruttati e marini accompagnano la chiusura. Vinificato nell’inox. 63


Abbiamo lasciato il mare alle nostre spalle. In una fresca serata primaverile stiamo attraversando Piazza della Borsa, a Trieste, puntando decisi verso alcune luci calde e soffuse che creano un meraviglioso contrasto cromatico con una luna piena che, alta nel cielo stellato, rischiara ogni angolo della città. Oltrepassata la soglia dell’Antico Caffè Torinese, l’atmosfera liberty del locale avvolge completamente i nostri sensi proiettandoci indietro nel tempo, esattamente agli anni Venti del secolo scorso. Preziosi intarsi di svariate qualità di legno fanno da cornice a un bellissimo bancone, il cui ripiano di marmo è illuminato da un grande lampadario in cristallo. Ci accoglie con un sorriso contagioso Matteo Pizzolini che, assieme all’amico e socio Massimo Galati, gestisce con irrefrenabile entusiasmo questo gioiello architettonico d’altri tempi. Seduti a un tavolino, incastonato come una gemma preziosa in una delle piccole nicchie che attraverso le loro vetrate consentono agli avventori di osservare in prima fila la vita che scorre sui vicini marciapiedi e al tempo stesso offre loro la possibilità di essere visti dai frettolosi passanti, scopriamo che l’Antico Caffè Torinese vide la luce nel 1919, frutto della creatività e della raffinatezza dell’ebanista triestino Giuliano Debelli. Nell’ottobre del 2014 Massimo, innamoratosi a prima vista del locale durante il suo addio al celibato e dopo aver vissuto diverse esperienze lavorative all’estero, e Matteo, proveniente da una lunga esperienza all’Hotel Cipriani di Venezia, decidono di realizzare il loro sogno cercando di creare qualcosa di nuovo e magico, un “cocktail bar”. L’Antico Caffè Torinese ha sede nel cuore pulsante della città e vive seguendo i suoi ritmi e le sue abitudini: durante la mattinata si può degustare una tazza di caffè, dell’ottima cioccolata preparata ad hoc o una delle innumerevoli tisane in foglia, sempre accompagnate da prodotti freschissimi di pasticceria di alta qualità. A pranzo è possibile rilassarsi con un pasto leggero accompagnato da un bicchiere di vino scelto da una lista in cui le grandi aziende vengono affiancate da piccoli produttori artigianali. Seguiamo con attenzione la descrizione di una normale giornata di lavoro, ma a un certo punto della conversazione gli occhi del nostro interlocutore cominciano a brillare quando, descrivendo la vita serale del locale si inizia a parlare di cocktail. Matteo usa il termine di “mixology”, indicando con questa parola l’arte di miscelare in perfetto equilibrio gli ingredienti alcolici, quelli non alcolici e gli aromi di ciascun drink ottenendo un’intrigante mistura di cultura e creatività. Ci racconta, con appassionata enfasi, delle innumerevoli ore trascorse a studiare i testi di barman famosi per perfezionare la tecnica e sperimentare nuovi ingredienti. Questa ricerca ha portato Massimo e Matteo a creare perfino delle serate a tema chiamate “Speakeasy Night”. Il termine, che veniva utilizzato per indicare un esercizio commerciale che vendeva illegalmente bevande alcoliche, ci riporta nel passato, e più precisamente al 16 gennaio del 1920 quando il Governo degli Stati Uniti d’America proclamò il XVIII Emendamento dando inizio al Proibizionismo. Per ricreare quell’atmosfera Matteo e Massimo hanno persino riprodotto la musica dell’epoca, con l’aiuto del Vintage Dj Set Yeronimus Kaplan e soprattutto di due grammofoni originali del 1927. L’entrata alle serate è riservata a chi è a conoscenza di una precisa parola d’ordine e, anche in questo caso, la parte del leone è svolta dai cocktail, quattro per ogni evento, che si rifanno ovviamente a ricette originali degli anni Venti. Rimaniamo decisamente affascinati nel vedere come dei giovani barman riescano a creare questo perfetto mix di storia e innovazione, e soprattutto dalla maestria con cui riescono a far “cambiare pelle” al loro bar a seconda dei diversi momenti della giornata, “miscelando” in maniera ottimale le diverse tipologie di clienti che si trovano a dover soddisfare. L’entusiasmo di Matteo è a dir poco contagioso, e vorremmo restare ore ad ascoltare i progetti e i sogni che lui e Massimo sono intenzionati a realizzare nei prossimi anni. Ma dal nostro tavolino, che rappresenta un privilegiato e confortevole punto d’osservazione sul mondo notturno che ci circonda, ci rendiamo conto che la luce lunare continua a illuminare i marciapiedi ormai deserti e che il silenzio si è fatto sempre più profondo. Diamo un ultimo sguardo agli arredi, alle bottiglie, ai mille piccoli particolari che contribuiscono a rendere vivo e fremente questo scrigno fatto di legno, marmi e cristalli che risponde al nome di Antico Caffè Torinese e in cui ci ripromettiamo di tornare per riassaggiare un altro di suoi famosi cocktail.

COCKTAIL TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE di Bruno Cataletto 64

foto di Fabrice Gallina

ANTICO CAFFÈ TORINESE Corso Italia 2, Trieste T. 040 2600153 www.anticocaffetorinese.ts.it

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cantina produt tori

C ORMÒNS Oltre centocinquanta viticoltori Vi danno il benvenuto nel cuore d’Europa, all’estremo lembo nord orientale d’Italia,in quel Friuli Venezia Giulia dalle zone vitivinicole più pregiate del mondo. Vi invitano a conoscere la Cantina Produttori Cormòns, nata alla fine degli anni Sessanta per la lungimiranza di alcuni viticoltori cormonesi, che hanno voluto fare tesoro di tradizioni secolari. Ezio Dalla Pozza, Aldo Moretti, Adriano Drius, Stefano Gregorat: Presidenti appassionati che, sostennero da principio che il futuro della vite e del vino non era legato a effimere mode, ma alla tenace valorizzazione del proprio territorio. Nacque così una Cantina unica al mondo, per la qualità dei vini e per le sue molteplici iniziative.

Il buon vino nasce in campagna: la Cantina Produttori Cormòns ha fatto proprio il vecchio detto contadino ed ha puntato gran parte del suo progetto produttivo sulla cura della vigna, redigendo uno Statuto, supportato da un Quaderno di campagna, un minuzioso codice di comportamento al quale tutti i Soci devono ottemperare. Vi vengono annotati tutti i particolari e le date della potatura invernale, delle pratiche agronomiche e delle operazioni colturali, specificando prodotti e dosi. Ogni Socio riporta le date di inizio e fine delle fasi fenologiche delle varietà coltivate, in modo da ottenere un omogeneo ed elevato standard qualitativo delle uve. Il Quaderno di campagna è mirato a ottenere un prodotto affidabile dal punto di vista organolettico e di altissimo pregio; così, la lotta contro i parassiti prevede un impiego minimo di anticrittogamici, puntando sul monitoraggio costante degli oltre 400 ettari di vigneti. Otto attrezzate centraline meteorologiche, disseminate in vari punti microclimatici del territorio, registrano qualsiasi mutamento climatico, della temperatura, dell’umidità, dell’irraggiamento solare, della quantità di pioggia caduta. I dati raccolti arrivano in tempo reale nella centrale computerizzata della Cantina Produttori Cormòns, dove sono attentamente vagliati per prevenire ogni minima anomalia. Tecnologia nel vero rispetto delle antiche usanze, un perfetto mix di tradizione e di alta tecnologia che permette alla Cantina Produttori Cormòns di tenere sotto controllo la zona, ottenendo uve di qualità eccezionale e quindi ottimi vini.

Lungo il corso del fiume Isonzo, non lungi da Gorizia, protetta a Nord dalle Alpi Giulie e riscaldata dal benefico influsso del mare Adriatico, pochi chilometri più a Sud, si estende una terra fertile e rigogliosa. Ospitò l’uomo e la coltura della vite sin dai tempi delle prime civiltà mediterranee. Produsse e produce vini superbi, nel segno migliore delle culture da cui ebbe origine e di cui visse e vive. Dal loro retaggio, nel 1983 cominciò a mettere le prime tenere radici un simbolo di fratellanza umana: la Vigna del Mondo. Nato nel cuore di tutti i soci della Cantina Produttori Cormòns, giorno dopo giorno e con la collaborazione di uomini altrettanto generosi di tutta la Terra, ha visto mettere a dimora alcune centinaia di vitigni provenienti da ogni Paese ove la vite alligna e rallegra l’uomo con il suo generoso liquore. Altri continuano ad aggiungersi, al punto che già oggi può essere considerato una delle più belle collezioni varietali del mondo intero. Dai loro grappoli non poteva che scaturire un vino altrettanto unico sia per le caratteristiche naturali sia per il messaggio che gli si volle affidare, quello di essere il Vino della Pace. Un vino simbolicamente capace di affratellare gli uomini, proprio come le viti venute da ogni continente si affratellano nella vendemmia, nella spremitura dei loro grappoli, nella fermentazione, nell’unico vino che, appunto, ne nasce. Il 1985 vide la prima vendemmia. Più di 500 donne, uomini e fanciulli, colsero, in grande festa, i grappoli tanto attesi. Il Vino della Pace era così nato. Ornato con il tratto di grandi artisti – Baj, Music e Pomodoro -, il 9 aprile del 1986 prese il suo primo volo per recare a ogni Capo di Stato civile e religioso il suo messaggio di Pace, vettore ufficiale Alitalia. Così cominciò la storia della Vigna del Mondo e del Vino della Pace: un messaggio di fraternità e di pace che, puntualmente, ogni anno si sta rinnovando

Via Vino della Pace, 31 | 34071 Cormòns (GO) Italia | T. + 39 (0) 481 62471 | F. + 39 (0) 481 630031


I 3 DEL 1883 di Giorgio C. Riva

foto di Umberto Pelizzon

Marco, Stefano e Chiara sono i tre giovani intraprendenti -per fortuna ce ne sono- grazie ai quali Cervignano del Friuli può ora offrire, in pieno centro, di fronte alla Chiesa, in un unico edificio, già convento di fine ‘600, locanda, ristorante e osteria enoteca. Proprio lì si trovava, dal 1883 fino alla chiusura, qualche anno fa, la più vecchia osteria del paese. E 1883 Restaurant & Rooms si chiama oggi la nuova realtà che ha mantenuto, all’esterno, l’aspetto originario, ma che, all’interno, salva la conservazione del bellissimo vecchio bancone, perfetto anche per un’osteria-enoteca di oggi, è stata trasformata. “Abbiamo cercato -dice Chiara- uno stile che potesse valorizzare i locali, dando maggior valore ai materiali poveri, prediligendo poi colori naturali. La scelta è caduta sullo stile «gustaviano», semplificazione di quello Luigi XV. L’arredo è frutto di una scrupolosa ricerca di pezzi unici, rinvenuti in piccole botteghe di restauro e rigattieri. Il nostro desiderio era quello di trasmettere agli ospiti la sensazione di entrare a casa di amici. Per questo abbiamo vestito le pareti con preziose stampe inglesi e arricchito l’arredo di inusuale oggettistica”. Sensazione trasmessa e obiettivo centrato. Chiara figura come il factotum e il portavoce occupandosi, oltre che della cucina in aiuto, della gente in genere, della locanda, delle prenotazioni, dei dettagli e ciò mentre Stefano, lo chef, sta rinchiuso in cucina e Marco, tra banco e servizio ai tavoli, affabulando sempre in modo appropriato, ha il suo bel da fare. La passione di Marco è l’Aperitivo in osteria-enoteca, cambiare le proposte della lavagna, suggerire i calici e “gli stuzzichini” (bruschette con gorgonzola Tosi noci e sedano, baccalà mantecato, lardo di montagna, mortadella Favola Palmieri, acciughe del Cantabrico) da abbinare, parlare di vini e di produttori. Sta elaborando, con gli altri due, la nuova carta dove ci sarà tutto il Friuli che gli piace (e le sue anticipazioni sono convincenti) e qualche vino extra regione e straniero, in linea con le proposte della cucina. La cucina. La passione di Stefano. Ma anche di Chiara. Stefano ama il pane, “un alimento vivo, che respira e cresce, racchiudendo i segreti del panificatore che lo ha creato, emozionando le persone al solo profumo”. E il pane, qui, fatto da Stefano, è veramente buono. Lo emoziona trovare, scegliere, lavorare il cibo. Non solo per sfamare, ma anche per colpire. Gli abbinamenti, cambiarli, offrirne di diversi è la mania di Stefano e di Chiara, che ama “rubare” le ricette dei vecchi libri e dei diari di cucina del passato. Ogni due mesi circa, si cambiano i menu e la carta, sempre all’insegna di tradizione, rigore professionale e creatività. C’è un primo menu, non impegnativo, per conoscere la cucina, adatto al pranzo. C’è un menu gourmet. E la carta. Ho provato, a pranzo, recentemente, dalla carta, crema di fagioli di Controne con trippe di baccalà affumicate in casa, peperone e baccalà in olio cottura, meravigliosamente descritta da Marco, leggerissima e gustosa. A seguire passatelli profumati con scorzette di limone, serviti in brodo di cappone, stupendi. Indi “il Fritto”, di mare, con verdure, una nuvola, e salsa agrodolce all’aceto di lamponi. Per finire, dolcemente, mousse caffè, zabaione e cioccolato con cremoso all’amaretto. Ho accettato, e degustato, senza pentirmene, i calici proposti da Marco. Una bella sosta, a pranzo, a cena, anche solo all’aperitivo, lungo la strada da e per il mare. Senza svenarsi. Dimenticavo. Ottima e non invadente musica di sottofondo.

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1883 RESTAURANT & ROOMS Restaurant & Rooms Via del Mercato, 3 33052 Cervignano del Friuli T. 0431 33217

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I vini in abbinamento alla cucina di 1883

GIORGIO COLUTTA Friuli Colli Orientali Sauvignon 2015 Alc. 13% - € 10 Giallo paglierino luminoso. Profumi varietali tersi ed eleganti che si aprono con mentuccia, agrumi, polpa di cedro, mela golden, pesca gialla e litchi. Seguono i fiori di tiglio e quelli della magnolia. Bella nota di salsedine. Alla morbidezza iniziale contrappone succosa freschezza e sapidità. Si snoda su piacevoli richiami agrumati ed erbacei che si confermano nella lenta chiusura aromatica. Vinificato nell’acciaio. JERMANN Vintage Tunina 2014 Uve: chardonnay, malvasia istriana, picolit, ribolla gialla, sauvignon. Alc. 13% - € 37 Rosso rubino dalle sfumature granate. Ventaglio olfattivo intenso e articolato. Sottobosco, chiodi di garofano e pepe nero, ciliegie sotto spirito, effluvi balsamici e lievi note fumé. Subito avvolgente al palato e bilanciato dall’ottima freschezza. Il tannino è sferico e ben sostenuto dal corpo adeguato. Si congeda su eleganti note balsamiche e corrispondenze speziate. Botte grande di quercia per 18 mesi.

LIVIO FELLUGA Friuli Colli Orientali Chardonnay 2015 Alc. 13% - € 16 Paglierino brillante. Ventaglio olfattivo complesso. Note fruttate di pesca gialla, banana, albicocca e succo di pera. Rosmarino, timo e salvia. Sbuffi di agrumi canditi e buccia di pompelmo. Sapido e deciso in bocca. Fresco e succoso. Il buon corpo regala morbidezza unitamente alla materia glicerica. La lunga persistenza riporta ai sentori fruttati ed e conduce alla chiusura sapida. Nell’acciaio per 6 mesi.

FOFFANI Friuli Aquileia Pinot Grigio Superiore 2015 Alc. 12,5% - € 9 Giallo paglierino con delicate nuance ramate. Il naso è netto e piacevole. Mela golden, pera ruggine, fiori d’acacia, fienagioni estive, cocktail d’agrumi e accenni di frutta secca. Già al primo sorso mostra ottimo equilibrio che risulta vincente anche lungo tutto l’assaggio grazie anche alla adeguata struttura. I richiami fruttati ed erbacei impreziosiscono il bel finale fresco e sapido. Nell’acciaio per 6 mesi.

PRADIO Friuli Grave Friulano Gaiare 2015 Alc. 13,5% - € 9 Giallo paglierino tenue e lucente. Corredo odoroso incentrato inizialmente sui temi floreali primaverili. Biancospino e fresia bianca. Poi fiori gialli, erbe officinali fresche, agrumi, pesca bianca, note di muschio, fienagioni e di delicate salsedine. Assaggio fresco, dalla beva facile e di grande pulizia, ben proporzionato. Chiude sulle sensazioni floreali, fruttate e sapide. Vinificato nell’acciaio per 6 mesi.

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MANGIAVINO Rivista Unica dell'associazione italiana sommelieR FRiUli venezia GiUlia

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LA RUBRICA DEI LIBRI

ISSN 2283-7973

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ISSN:22837973 20171

Rivista Unica dell’associazione italiana sommelieR Friuli Venezia Giulia

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BALADIN. LA BIRRA ARTIGIANALE È TUTTA COLPA DI TEO

di Teo Musso e Marco Drago Marco Drago, astigiano di Canelli, è autore di libri di narrativa e conduttore radiofonico. Teo Musso è considerato il precursore del movimento birrario artigianale italiano. Egli, nel 1996, ebbe il coraggio di realizzare un microbirrificio in una terra, quella delle Langhe, storicamente vocata al vino. Il libro ripercorre la “pazza idea” di Teo che aprì nel 1986, in un’epoca in cui la birra in Italia era sono la bionda industriale, la birreria Baladin nella piazza centrale di Piozzo. Nessuno avrebbe scommesso che, in un solo decennio, sarebbe scoppiato quel movimento fatto di passione, gusto e cultura che riguarda la birra artigianale. Nemmeno Teo si sarebbe immaginato che lui stesso sarebbe diventato un produttore. La sua capacità e il suo entusiasmo contagioso coinvolsero dapprima i clienti del suo esercizio e poi i ristoratori più aperti alle novità. Oggi la birra artigianale è considerata da tutti un prodotto di eccellenza nella ristorazione italiana. Prefazione di Carlo Petrini. € 14 – 160 pagine – EDIZIONI FELTRINELLI NON È IL VINO DELL’ENOLOGO di Corrado Dottori Corrado Dottori è un vignaiolo che produce Verdicchio sui colli marchigiani. Dopo un’esperienza lavorativa “da posto sicuro”, si è messo a fare il contadino viticoltore. In quest’opera l’autore fa un viaggio all’interno di questo mondo vivo e genuino ponendosi domande per una ricerca coerente del suo lavoro nel rispetto dell’ambiente. Una riflessione che parte dalla natura e arriva alla bottiglia di vino con tutto il suo percorso tecnologico e artificiale. È anche percorso dentro le contraddizioni che il mondo moderno propone a partire dall’assurda idea che “tutto possa essere trasformato in merce cui applicare un prezzo”. “L’uomo è l’unico essere a produrre rifiuti. Costruiamo cunicoli 500 metri sottoterra per depositarvi scorie radioattive. “Siamo poi così evoluti? ...O sono moderne le api che nel loro abitare il pianeta, nel loro produrre il miele, nel loro vagare da fiore a fiore, rendono possibile l’impollinazione, cioè il perdurare della straordinaria biodiversità del nostro pianeta?”. € 13 – 136 pagine –EDIZIONI DERIVE APPRODI - COLLANA HABITUS VINOLOGY di Alessandro Torcoli e Antonella Giardina È un libro moderno e innovativo sul vino. L’uso di un linguaggio contemporaneo e dell’infografica rende fruibile poiché tratta argomenti tecnici con grande facilità. Ciò significa non solo cura dell’estetica e del particolare dell’illustrazione, ma anche apporto di informazioni, dettagli e concetti profondi seppure mascherati e alleggeriti dal disegno. Questo approccio rende il libro fruibile su più livelli: intrigante per i curiosi, godibile per gli appassionati, e utile agli esperti. Si passa dalla definizione di “cru”, al bagaglio di notizie su vini e vitigni, dei quali c’è anche un format che illustra i principali profumi in sequenza cronologica, da quando il vino è giovane a quando invecchia nobilmente. Con le sue 85 schede sui vitigni e le mappe geografiche del mondo, Vinology è un’opera completa per conoscere o approfondire la materia, con un respiro internazionale. Sono 19 le tavole di introduzione al tema: dalla temperatura, alla degustazione, all’abbinamento. € 18 – 304 pagine – BUR RIZZOLI

7 SOSTE SULLA STRADA DELLA PASSIONE di Valerio Bergamini L’autore, dopo una vita trascorsa in mezzo alle due ruote, si è dedicato con successo all’altra grande passione: l’enogastronomia, scritta e vissuta. Questa sua ultima fatica rappresenta un vero e proprio inno alla passione e all’impegno lavorativo di vignaioli, mastri birrai, osti e chef che sono accomunati dallo spirito di generosità, solidarietà e rispetto per la natura. La lettura scorre veloce, piacevole serena tra le “soste” descritte. Uomini e paesaggi decritti con dovizia. Aneddoti ed esperienze personali. Le terre raccontate sono quelle dei Colli Tortonesi, dell’Oltrepo pavese, del Collio goriziano e della baviera. Ma oltre alle 7 soste, c’è né un’altra tutta dedicata al “mangiar bene e vivere meglio”. Si tratta di interviste dedicate agli chef e ai patron dei ristoranti italiani che, secondo Bergamini, oltre ai riconoscimenti dovuti e meritati hanno quel qualcosa in più per cui vale la pena fare una sosta presso il loro locale. € 19– 218 pagine – PRINT SERVICE EDITORE 73


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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo Anno III, Numero 13 Direttore Responsabile Renzo Zorzi zorzi@mangiavino.com Direttore Editoriale Renato Paglia paglia@mangiavino.com Vice Direttore Editoriale Giorgio C. Riva riva@mangiavino.com Editore e Concessionario per la Pubblicità

Direzione commerciale e amministrazione Via Mantica 38, 33100 Udine tel. 0432 500468 grafica@bmeditore.com ; redazionemangiavino@libero.it Direttore Artistico Daniele Bressan Hanno Collaborato a Questo Numero Enrico Bertossi, Marco Calzavara, Gianluca Castellano, Bruno Cataletto, Walter Filiputti, Federico Magni, Raffaella Nardini, Alessandro Pareschi, Flavia Virilli Immagini di Dario di Gallo, Flavia Virilli, Enrico Bertossi, Fabrice Gallina, Dean Dubokovic, Marco Calzavara, Umberto Pellizon, e di chi citato. Se non diversamente indicato, sono dovute alla cortesia degli autori dei testi e/o degli intervistati e/o delle persone e/o degli enti di riferimento/provenienza e/o della redazione Impaginazione Grafica Martina Madrisan, Kevin Bisiacco Stampa La Tipografica Srl Basaldella di Campoformido (UD)

Unicità, Eleganza, Semplicità: nate dalla natura, ancor prima che dal progetto. Architettura — senza Tempo

L’eccellenza friulana di DomusGaia: artigianalità e innovazione tecnologica alla ricerca del piacere del vivere.

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Prezzo di Vendita € 8,00 Rivista Unica di Proprietà dell’Associazione Italiana Sommelier del Friuli Venezia Giulia Presidente Renzo Zorzi renzo.zorzi@aisfvg.it Registrata presso il Tribunale di Udine il 17/09/2013, n. 8/2013, ISSN 2283-7973 Degustazioni Gianni Ottogalli, ove non altrimenti precisato Abbinamenti ai Piatti Alessandro Pareschi o chi specificato I prezzi dei vini delle schede sono quelli medi d’enoteca indicati dai produttori Ringraziamenti a Michele Moschioni, Daniele Cernilli, Famiglia Benini, Giuseppe Fornaca, Tom Oberdan, Ferdinando e Mario Zanusso, Domaine Michel Maillard et Fils Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione totale o parziale di testi, fotografie, marchi e loghi non è consentita www.issuu.com/mangiavino

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