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ISSN: 2283-7973
20182
bm Editore - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, NE/UD editore ISSN 2283-7973
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MANGIAVINO
MANGIAVINO Rivista Unica dell'associazione italiana sommelieR FRiUli venezia GiUlia
tRimestRale di cUltURa del vino e del cibo
€ 8,00
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Il formaggio ciene prodotto come una volta utilizzando il nostro latte intero e crudo.Il latte non viene pastorizzato e questo caratterizza le nostre trasformazioni casearie. Ciò è possibile grazie alla trasformazione esclusiva del nostro latte che viene rapidamente trasferito dalla mungitura della singola vacca al deposito frigorifero, predervandolo così eventuali contaminazioni. In questo modo mantiene tutte le sue caratteristiche organiche, profumi e qualità che si ritrovano poi nei nostri formaggi. Dopo almeno due mesi di affinamento all’interno delle nostre sale di stagionatura, il formaggio viene valutato e solo quello idoneo ai nostri standard viene identificato permanentemente con il marchio “Bontà dai Pascoli” applicato a fuoco sulla faccia piana. Il simbolo garatisce ed identifica l’alta qualità di un prodotto dall’intenso profumi e sapore di latte. 33020 Sauris (UD) - Tel. +39 392 0027191 - info@borgoeibn.it www.borgoeibn.it
Ăˆ tutta questione di equilibrio Dal 1499 www.tenutavillanova.com
Editoriale I recenti dati ufficiali raccontano che in Friuli Venezia Giulia, nel 2018, il turismo è in crescita e va così a incrementare un 2017 già molto positivo. Tutto questo naturalmente fa piacere ma non deve far pensare di aver completato un percorso avviato da diversi anni e dalle diverse amministrazioni che si sono succedute. Se infatti, pur tra alti e bassi, lo “storico e strutturato” turismo stagionale tiene, c’è ancora un grande potenziale che deve essere sfruttato: è il turismo enogastronomico che va assolutamente valorizzato. La “strada del vino e dei sapori” e il “servizio promozione agraria di Ersa” vanno in quella direzione. Il coinvolgimento delle grandi e piccole realtà produttive e ricettive del settore enogastronomico, della loro partecipazione sinergica può aumentare in modo esponenziale il “desiderio” di conoscere il Friuli Venezia Giulia. Frequentare le spiagge o le piste da sci della nostra regione deve equivalere alla visita ad un’azienda vitivinicola, a un ristorante stellato, a un agriturismo, a una attività artigianale, alle fiere e alle manifestazioni tradizionali o culturali. C’è molto lavoro da fare perché l’accoglienza, la migliore possibile, non rimanga solo una bella parola ma si possa tradurre in uno strumento di reddito a beneficio per tutto il Friuli Venezia Giulia. Per questo è necessario e imprescindibile, lo abbiamo già scritto in queste pagine, una capillare e costante azione di formazione degli addetti. L’Associazione Italiana Sommelier lo sta già facendo, anche a supporto delle Istituzioni, con la sua esperienza e il suo entusiasmo è a disposizione.
Renzo Zorzi Direttore Responsabile Presidente Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
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c o n t e n u La
stella più vicina
I “tocai” Rimanere La
di
di Giorgio C. Riva/p. 8
Cormons di Anna Comel /p. 12
a fil di tiere
di Diana Candusso/p. 22
birra tra i vigneti friulani
di Alessandro Pareschi/p. 26
Antica Distilleria Gemona di Flavia Virtilli /p. 30 I
funghi e il vino
Benjamin Il
Vitovska di Renzo Zorzi e Gianluca Castellana /p. 36
ragazzo della donna alata
Anche
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e la
di Renato Paglia /p. 32
di Vladimiro Tulisso /p. 44
il tempo ha i suoi tempi
di Matteo Bellotto /p. 48
t i In Copertina “in cammino” foto di: Fabrice Gallina
Massimo
e la passione per le capre
di Alessandro Martin /p. 50
tortino di farro con salsa al formaggio caprino e tartufo scamorza nera
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oca sia !
La
Dolce
Manlio di Daniele Cernilli /p. 60
dello
Spagnolo di Federico Magni /p. 64
salato e caffè
Negozio La
di Raffaella Nardini /p. 56
ribolla di
L’ascesa
di Andrea Canton /p. 52
da re
ricetta di
di Bruno Cataletto /p. 68
di Giorgio C. Riva /p. 70
Mangiavino /p. 74
L’ineguagliabile
carne di
Gerardo di Flavia Virilli /p. 76
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LA STELLA PIÙ VICINA di Giorgio C. Riva
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foto di Umberto Pellizon
on scesi, come fa il Meduna, da Tramonti di Sopra, nel ‘93. Regis Cleva, madre, padre, nonna Maria nota come il Gallo per la sua combattività, oggi di novantanove anni. Con la loro salamoia per il formaggio salato. E dove il fiume sbocca in pianura, a Meduno, appunto, hanno subito aperto l’osteria che volevano, diventata poi la trattoria che sognavano. Giuliana, laureata in lingue, sposa di Regis, il ”primattore”, ha felicemente affiancato ai fornelli mamma Ivana. Papà Adriano, da solo dopo l’abbandono per raggiunti limiti di età del Gallo, è tuttora nelle retrovie, a coltivare i 1.600 metri quadri di orto e ad allevare gli animali da cortile. Un instancabile lavoro “nascosto”, che rende possibili, prima di ogni altro, i sapori che troviamo in tavola a La Stella. Sapori di prodotti e di cucina di casa, oggigiorno quasi introvabili e praticamente sconosciuti a chi non ha “una certa età”. Regis, in cantina e in sala, sempre “sulla scena” comunque e ovunque. Non è solo la cucina, di casa, qui. Anche l’edificio ove si trova la nostra trattoria appare come una bella dimora di paese, con le finestre di pietra lavorata tutte fiorite, sulla via Principale, vicino alla fermata della corriera, a due passi dalla Piazza, dalla Chiesa e dal suo Campanile, con un bel portale recante l’anno di costruzione, 1867, e un bel portone in legno tra vasi di rosmarino e di salvia. Solo la riproduzione, tra il numero civico e il campanello, di una vecchia foto della nonna tra le galline recante La Stella, con orari e giorni di chiusura, ne rivela la destinazione. L’interno, riscaldato a legna, è una calda confusione delle moderne sculture lignee e di vecchio e nuovo arredo in legno. Mantenuti gli originari pavimenti e l’antico fogolar. Vivaci quadri alle pareti. Tavole apparecchiate con cura e originalità, con tovagliato armonicamente diverso. Sparsi, libri, cesti di mele in stagione, cesti di pane. Scaffali di bottiglie. Parliamo di vino, allora. Le scelte son di Regis, a suo gusto. I friulani che gli piacciono, ovviamente, con un occhio alla qualità/prezzo. Una rappresentanza di amati piemontesi, di amati pinot neri altoatesini e di Borgogna, tutti di prezzo non astronomico e di buona qualità, interessanti per le proposte di Ivana e Giuliana. Anche qualche bolla con preferenza per il Trentino e un paio di must francesi. Appena seduti, arriva un tagliere col salame, con la polenta, poi onnipresente, da urlo, la mangerete compulsivamente anche senza accompagnamento, e col formaggio salato (l’attento lettore si ricorderà della salamoia!). Avvertirete subito l’armonia percepita dai tanti fedeli avventori, che quest’anno festeggiano coi “nostri” il venticinquesimo dell’attività. Cronaca, per invogliare, dell’offerta di qualche settimana fa. Fuori carta, ragù di piccione e trippa in bianco, con gli ultimi pomodori aggiunti a fine cottura per dare una giusta acidità al piatto. In carta, per cominciare, porcini al forno e formaggio salato e fegato d’oca flambato alla grappa. Poi, tagliatelle ai porcini e finferli, risotto al formaggio salato e pepe nero, minestrone di verdure “vere” (astronomico!). E ancora quaglie in casseruola, anatra al forno coi fichi, gallo in tecia all’aglio fresco e, il mio preferito, coniglio al forno (questa volta al rabarbaro). Ivana e Giuliana, oltre all’orto e al cortile, attingono al territorio, seguendo la stagionalità. Oltre al formaggio salato è fatto in casa anche il “formai dal cit”. Sempre in casa son fatte le gelatine d’accompagnamento ai formaggi, le tagliatelle, gli gnocchi, il pane e tutti i dolci con cui, se ci sarà ancora spazio, sarete coccolati. È un luogo, un ambiente, che dà il meglio di sé in autunno-inverno, ovviamente, ma che può essere irresistibile anche nella stagione calda, se troverete posto nei pochi tavoli all’esterno, nell’androne a fianco del corpo principale. Il tutto a 40 km da Pordenone e a meno di 50 da Udine. Un’occasione anche per una gita nelle nostre belle Prealpi, in Val Tramontina.
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LA STELLA Via Principale, 38 33093 Meduno (PN) T 0427 86124 ristorantelastella@gmail.com
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TIARE Collio Friulano 2017 Alc. 13% - Euro 15 Giallo paglierino luminoso. Intensi e netti profumi fruttati di mela e pera ruggine, di erbe mediterranee come timo, rosmarino e salvia, di trame erbacee come sfalci e mentuccia. Leggere sensazioni speziate. Beva di ottimo peso e proporzione. Ingresso morbido, allungo fresco e balsamico. Si congeda senza fretta ripercorrendo le note del naso e proponendo una bella scia sapida. Vinificazione in acciaio e una piccola parte nel rovere grande.
DAMIJAN PODVERSIC Bianco Kaplja 2014 Uve: chardonnay 40%, malvasia 30%, tocai friulano 30% Alc. 14% - Euro 36 Suadente ambra luminoso. Complesso ed elegante corredo odoroso, d’effetto. Cera d’api, tè, caramella inglese. Mieli balsamici, polvere di salvia e timo, fiori di magnolia e zagara, pesca e albicocca. Cocktail di agrumi e di frutta tropicale. Raffinato, glicerico e balsamico. Equilibrato dal perfetto apporto acido, procede con lentezza evidenziando la gran classe. Fermenta sulle bucce per 90 giorni. Matura in botti grandi di rovere per 36 mesi.
VIGNAI DA DULINE Friuli Venezia Giulia Malvasia Chioma Integrale 2017 Alc. 12,5% - Euro 23 Giallo paglierino deciso e luminoso. Profumi chiari di biancospino, mentuccia, rosmarino, timo e maggiorana. Limone e pompelmo, mela annurca e pesca bianca. Delicate spezie introducono spruzzi di salsedine e gesso. Fresco, incisivo e sapido. Si snoda su piacevoli riverberi di agrumi e sbuffi marini. Echi di erbe balsamiche e spezie dolci. Conclude il percorso fresco e sapido. Vinifica a matura nel rovere francese di più passaggi. 12
ROCCA BERNARDA Friuli Colli Orientali Refosco dal peduncolo Rosso 2016 Alc. 13,5% - Euro 13 Rosso rubino fitto. Naso varietale e cupo. Pepe nero, chiodi di garofano, grafite. Seguono visciole, prugne e mirtilli neri. Una delicata viola anticipa erbe profumate e folate erbacee di fienagioni estive. Subito intenso, corposo e dal tannino vigoroso che accompagna la beva. La componente glicerica, adeguata e gradevole, garantisce una buona simmetria gustativa. Persistenze speziate e fruttate segnano il racconto. Solo acciaio per 8 mesi.
ZOF Friuli Colli Orientali Schioppettino 2015 Alc. 12,5% - Euro 15 Rosso rubino acceso. Temi olfattivi dai tipici richiami varietali. Pepe nero e chiodi di garofano anticipano sottobosco, more di rovo, mirtilli e polpa di ciliegie. Legno di rabarbaro, china, erbe mediterranee essiccate. Sorso corrispondente e atteso. Il tannino, ancora ben presente, scandisce il lento assaggio che risulta gradevole e balsamico. Chiusura speziata e fruttata. Vinificazione in acciaio e maturazione nei legni nobili di Allier.
I may not be perfect
But it scares me how close to it I am
D I L E N A R D O V I N E YA R D S F R I U L I - I TA L I A T +39.0432.928633 F +39.0432.923375 INFO@DILENARDO.IT W W W. D I L E N A R D O. I T
I "TOCAI" DI CORMÒNS di Anna Comel
foto di Fabrice Gallina
Nel territorio di Cormòns la coltura della vite è attestata sin dall’antichità. Non mancano infatti riscontri storici che, a cominciare dagli scritti di Erodiano del 238 a.C. e attraversando il periodo dei Longobardi, testimoniano l’esistenza di appezzamenti ubicati alle pendici del monte Quarin. L’originalità di quest’area risiede nella sua eterogeneità pedoclimatica, che la rende culla di vini unici. Recenti studi scientifici hanno delimitato ben cinque diverse zone del cormonese che differiscono per composizione del suolo, pendenza, esposizione, escursione termica e disponibilità di acqua. Tale micro diversità è straordinariamente interpretata dal vitigno Tocai Friulano. Di origine incerta, il vino Tocai compare in numerose citazioni fin dal Seicento, anche se la sua reale identità ampelografica viene affermata univocamente solo agli inizi del Novecento quando, a causa della decimazione del ‘Vigneto Friuli’ dovuta a oidio, peronospora e fillossera, viene selezionato come una delle varietà più atte a trasmettere la complessità del territorio friulano. Vigoroso, produttivo, dal profilo aromatico corrispondente alla sua ormai accertata identità di Sauvignonasse, il Tocai colpisce per la sua versatilità nel dare origine, a seconda del luogo d’impianto, a vini dai tratti organolettici ben distinti. Ed è proprio a questo patto ormai consolidato tra il Tocai e i suoi terroir che vogliamo rendere omaggio con un breve viaggio tra le sottozone di Cormòns e i loro vini Friulano.
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niziamo il nostro cammino dall’area più bassa, collocata nel tratto di pianura creata dagli affluenti del fiume Isonzo che dalle colline del Collio va verso il mare. Il terreno è costituito da ghiaie calcaree e si presenta molto asciutto e caldo. Tali caratteristiche contengono la vigoria del Tocai ma nello stesso tempo favoriscono la piena maturazione dell’uva, dando un Friulano di gran corpo, dal profilo fruttato e solare, ricco delle calde note ammandorlate e dagli spiccati richiami salmastri. Salendo dal centro di Cormòns verso Brazzano troviamo una variegata zona che comprende due fasce di terreno, una di più tipico flysch marnoso, l’altra formata da depositi colluviali con base argillosa-limosa, con alta disponibilità di acqua per la vite e grande profondità per l’affondo dell’apparato radicolare. Tale ricchezza pedoclimatica si manifesta in un carattere di Friulano poliedrico, potente e al contempo solare, glicerico ma dal comparto odoroso fine e ben integrato con l’elegante sbuffo fumé tipico del Collio.
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Vini di notevole complessità e vigore, che si manifestano senza mai snaturare l’identità varietale. Per certi versi climaticamente simile a quest’area, ma più omogenea nella natura tipicamente marnosa del suolo, la collina di Pradis si estende dalla fonte di acque sulfuree del Faet a sud-est della strada della Subida. Protetta dal monte Quarin dai freddi venti delle Alpi e delimitata a valle dalla piana dell’Isonzo, lambita dalle brezze marine provenienti dall’alto Adriatico, Pradis gode di un’invidiabile esposizione al sole, risultando quindi una delle aree più calde della zona di Cormons. Parenti stretti dei Friulani di Brazzano, i vini di questo settore hanno però un carattere meno poderoso centrato sulla costruzione di arabeschi aromatici che spaziano dai tratti varietali di erbe officinali ai fiori, dalla frutta croccante agli agrumi, dal timbro minerale a quello balsamico. Oltrepassato Pradis, salendo lungo la strada regionale di Plessiva, si attraversa una vera e propria enclave enologica attorniata dai boschi delle pendici del monte Quarin: la Subida. Caratterizzata da intensi terrazzamenti dovuti alla discreta pendenza dell’area, la zona, ben esposta al sole, è però soggetta un’elevata escursione termica dovuta alle sacche di aria fredda che durante la notte scendono verso il suolo. Il Tocai esprime qui appieno il suo carattere più spiccatamente varietale e profumato, teso e vibrante nelle accentuate parti fresche e sapide. Siamo quindi giunti al margine nord orientale del cormonese, al confine con la vicina Slovenia, dove si trovano i cru di Novali, Zegla e Plessiva. Nonostante il terreno di queste dolci colline sia costituito dalla più classica ponca, le condizioni climatiche ne fanno un’area unica. In tale contesto ambientale, spesso sferzato dai venti provenienti dalla Slovenia e in cui le calde brezze marine arrivano solo in seconda battuta, le elevate escursioni termiche fanno sì che il Tocai esprima in maniera ottimale la sua componente aromatica ma anche il proprio carattere più vigoroso e indomito, tanto da non temere macerazioni sulle bucce e lunghi invecchiamenti. Questo nostro percorso, unito alle degustazioni, dimostra chiaramente che il Friulano è un testimone silenzioso ma eloquente del territorio, capace di restituire alle singole sottozone la loro identità più autentica.
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BORGO DEL TIGLIO Collio Bianco Ronco della Chiesa 2016 Alc. 14,5% - € 45 Cru Brazzano Paglierino carico dai riflessi dorati. Naso eclettico: soffuso nei toni di camomilla, tiglio e zagara, aromatico nei sentori di erbe officinali, esotico tra suggestioni di macedonia e noce di cocco, territoriale nei cenni marini e fumé. In bocca manifesta tutta la sua personalità nell’incipit frescosapido e succoso, che prosegue pieno e iodato verso un finale dai richiami minerali. Rotolo di coniglio alle erbe.
TERRE DEL FAET Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 14 Cru Pradis Paglierino intenso. Si passeggia sulla collina di Pradis con questo mazzetto di rosmarino, salvia, aneto, alloro e mentuccia e con il bouquet di fiori bianchi profumati, tra i quali spiccano la peonia e il biancospino. In bocca ritroviamo il calore della zona, con una bella freschezza a guidare la chiusura sapida su ritorni di erbe officinali. Bocconcini di pollo con salvia e Prosciutto di San Daniele.
DORO PRINCIC Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 22 Cru Pradis Sgargiante veste giallo paglierino. Intense tonalità di frutta a polpa bianca e pompelmo rosa dominano il quadro olfattivo, intarsiato da intrecci varietali di mandorla sgusciata ed effluvi di erbe officinali, origano, menta, incenso e resina. In bocca è egualmente materico e cremoso, ben bilanciato dalla sferzante sapidità iodata e ingentilito da tocchi balsamici e agrumati. Tartare di pesce spada all’arancia.
COLLE DUGA Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 17 Cru Zegla La lucentezza del nucleo paglierino anticipa un bouquet olfattivo dalla grande impronta aromatica, in cui svettano rosmarino, timo e salvia, subito seguiti da pesca bianca e mela croccante, papaia e pepe bianco, mentre un soffuso cenno di fumo richiama la ponca. Beva d’impatto in cui acidità e morbidezze procedono assieme e conducono a un finale di marcata sapidità. Orzotto alle erbe. 18
SUBIDA DI MONTE Collio Friulano 2017 Alc. 13% - € 15 Cru Subida Brillante nella veste paglierina e unico nell’impronta aromatica di tiglio, acacia e biancospino, che si uniscono alla pesca bianca, alla mela golden e a sbuffi di salsedine. Chiude la sequenza un delicato fumé di marna. Il profilo gustativo è corrispondente, vellutato e piacevolmente sapido, che riporta al territorio grazie a continui echi minerali. Zuppa di pane con Montasio stravecchio e porcini.
ISIDORO POLENCIC Collio Friulano Fisc 2016 Alc. 13,5% - € 21 Cru Plessiva L’avvolgenza del caldo manto paglierino con bordature dorate e la solarità dagli slanci olfattivi di cocktail di agrumi, pesca e nocciole tostate lasciano spazio a un timbro aromatico deciso, con erbe officinali, fiori di campo, timo, spunti affumicati e salmastri. Il carattere si mostra anche all’assaggio, che risulta sapido e proporzionato con continui echi speziati. Fusilli al pesto di nocciole ed erbette.
RACCARO Collio Friulano Vigna del Rolat 2017 Alc. 13,5% - € 22 Cru Cormòns Il caleidoscopico manto paglierino preannuncia un corredo olfattivo esuberante, in cui decisi spunti balsamici e resinosi si rincorrono su una trama di pera croccante e infuso di erbe. Netti richiami ammandorlati giocano con fini tostature e conducono verso un sorso dal perfetto bilanciamento tra calore e freschezza salina. Ravioli di faraona con pesto di menta e pistacchio.
ANZELIN Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 15 Cru Plessiva Giallo paglierino luminoso con riflessi dorati. Perfetto duetto aromatico su temi fumé tra gli effluvi vegetali di rosmarino, salvia, origano e fienagioni estive e il piacevole fruttato di mela fuji e scorza di pompelmo e cedro. Al palato è di estrema corrispondenza, fresco e avvolgente, costruito su un filo conduttore sapido con richiami agrumati e minerali. Rana pescatrice con pomodorini.
CACCESE Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 18 Cru Pradis Luce paglierina nel calice. Naso di grande eleganza costruito su sfumature di pera kaiser, pesca bianca, fienagione d’alpeggio, genziana e fiori bianchi. Seguono in composta sequenza timo, maggiorana e soffi tostati. Precisa corrispondenza stilistica anche all’assaggio, di bella simmetria, che culmina in un tripudio sapido dai richiami olfattivi. Maltagliati al sugo d’oca. DRIUS Collio Friulano 2017 Alc. 13% - € 14 Cru Cormòns Paglierino luminoso. Intreccio olfattivo intrigante, con sottili venature fumé miste a dragoncello e rosmarino. La trama portante è composta da profumi dolci di mandarino, pesca gialla, ananas e fiori di acacia. Si contraddistingue per morbidezza e sottile nervo acido in equilibrio, con allungo dai richiami fruttati. Ravioli di branzino con salsa di acciughe e capperi. 19
BLAZIC Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 17 Cru Zegla Paglierino di grande intensità e lucentezza. Sprigiona, in lenta ma irreprensibile sequenza, aromi di erbe mediterranee, fienagione estiva, agrumi, pesca bianca e pera abate. Questi snodi olfattivi sono accompagnati da eleganti tocchi affumicati. In bocca è materico, di gran corpo, ben bilanciato da una piacevole sapidità che allunga fino alla chiusura. Uova di Parisi al tartufo. TOROS Collio friulano 2017 Alc. 13% - € 19 Cru Novali Bagliori dorati illuminano un compatto nucleo paglierino. Il ricco profilo aromatico vede la fusione di note varietali di mandorla sgusciata con sentori di agrumi, fiori di zagara, muschio bianco, burro alle erbe e soffi macchia mediterranea. L’assaggio è centrato sulle imponenti componenti morbide, ben domate dalla vivace sapidità e dalla vibrante freschezza. Risotto agli agrumi con tartare di gambero rosso.
RONCO DEL GELSO Friuli Isonzo Rive Alte Friulano Toc Bas 2016 Alc. 14% - € 14 Cru pianura di Cormòns Elegante tonalità di giallo paglierino. La partitura aromatica si sviluppa su un sottofondo dolce di miele, burro d’arancia, caramella d’orzo, tostature e spezie. Fresche essenze di aloe, salvia, rosmarino e mineralità gessosa sanciscono il perfetto sposalizio tra vitigno e territorio. Glicerina e sapidità guidano il sorso, dal lungo finale ammandorlato. Baccalà in umido con fagioli bianchi.
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PICECH Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 16 Cru Pradis L’intensa tonalità di giallo paglierino dai riverberi dorati anticipa il deciso impatto olfattivo sui toni di mela cotogna, albicocca, pesca gialla e gelatina di agrumi, impreziositi da sbuffi resinosi. Il sorso, morbido e ricco, è ingentilito dall’elegante sapidità e dalla raffinata mineralità pietrosa che contraddistingue il lungo l’epilogo. Ravioli con mazzancolle in salsa di zafferano.
VOSCA Collio Friulano 2017 Alc. 13,5% - € 19 Cru Brazzano La smagliante cornice paglierina contorna un variopinto quadro olfattivo tratteggiato su tocchi di ginestra, pera abate e pesca gialla, impreziositi da sfumature di santoreggia, mandorle tostate e biscotto al malto. All’assaggio è altrettanto multiforme, potente nel carico glicerico ma sublimato da una vibrante sapidità di spiccata impronta territoriale. Rombo al forno con patate.
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“ET PERÒ CREDO CHE MOLTA FELICITÀ SIA AGLI UOMINI CHE NASCONO DOVE SI TROVANO VINI BUONI”
ph. Franco Zanussi
LEONARDO DA VINCI
VIGNAIOLI DAL 1963
RIMANERE A FIL DI TIERE di Diana Candusso
Foto di Fabrice Gallina
Nella continua ricerca e scoperta di piccoli agricoltori, giovani, motivati ed entusiasti, una delle caratteristiche che più amo trovare è l’umiltà, il non sentirsi dei “vip farmers” perché si è deciso di credere e investire nell’agricoltura per una moda, per un momentaneo richiamo dei mass media o dei social, ma l’essere semplicemente contadini, portatori di tradizioni tramandate dalla propria famiglia o creatori ex novo di realtà agricole, rimanendo sempre fedeli al rapporto con la terra. Questa è l’essenza contenuta anche nel nome che Gregorio Leonarduzzi – classe 1976 - ha deciso di dare alla sua azienda e che potrebbe essere uno stile comune a molti degli agricoltori che più apprezzo, “A fil di tiere”, identificativo di un approccio “olistico” all’agricoltura che si lega perfettamente anche al nostro carattere friulano: non volare troppo in alto, rimanere “raso terra” e apprezzare i piccoli successi che le tue mani ti fanno raggiungere. Gregorio è stato uno dei primi ad avvicinarsi a questo ambiente in punta di piedi, non abusandone, continua a farlo in maniera sostenibile e prendendosi cura del suo territorio e dei suoi prodotti.
Gregorio si definisce – oltre che un allevatore di conigli - un coltivatore della Cipolla di Cavasso e della Val Cosa, uno dei tredici Presìdi Slow Food del Friuli Venezia Giulia, diventato tale già nel 2012, anche grazie al suo contributo. Una cipolla dal cuore croccante e dolce, ottima anche cruda e mai piccante, che – soprattutto grazie alla pazienza dei produttori e dei sostenitori – ha raggiunto produzioni sempre maggiori, nonostante i semi rimasti fossero davvero pochi. La produzione – sempre più in crescita - permette alla ristorazione regionale di utilizzare questa cipolla nelle varie preparazioni o come singolo prodotto. Come per la cipolla, Gregorio mantiene fede alla sua “vision” anche sulle altre produzioni e coltivazioni: «per quanto si utilizzino i macchinari per coltivare anche diverse varietà antiche – come la cipolla – l’elemento essenziale rimane la mano dell’uomo, che addomestica quel prodotto, quel frutto, quella varietà orticola tramandando e contribuendo ad un patrimonio genetico che si plasma dopo ogni passaggio e va preservato il più a lungo possibile». L’ultima avventura in ordine di tempo è la coltivazione del “pignoletto della Val Cosa”, mais ad impollinazione libera che Gregorio, assieme ad altri coltivatori della zona, vuole riscoprire e valorizzare, anche per inserirlo nella rotazione aziendale. Il papà di Gregorio, Claudio, inizia l’allevamento dei conigli già negli anni ’80 partendo con circa 50 fattrici che nel 2001 arrivavano a 500. Il figlio intende seguire le orme del padre ma, motivato e vulcanico come era già allora, alla laurea in produzione animale abbina un criterio più ecosostenibile nel fare agricoltura (riduzione dell’utilizzo di pesticidi e antibiotici, meno automazioni, senza sprechi…). Anche da questa logica, nasce il nome “a fil di tiere”, legato sì all’approccio inizialmente descritto, ma anche al ciclo delle stagioni, ad una sorta di “never ending story” in cui anche l’imparare dai propri errori è interminabile: «ogni anno sbagli, ogni anno impari». Accanto alla coltivazione della cipolla, troviamo lui: l’ormai famoso “coniglio rosa della Val Cosa”. Permettetemi la citazione di un prodotto che già al nome è simpatico, anche se ufficialmente la varietà non è registrata, e forse non lo sarà mai. Gregorio decide di proseguire con l’allevamento di questo coniglio perché la sua carne bianca è ricca di proteine e – nel suo caso – anche sana, perché non vengono utilizzati antibiotici nel mangime e, soprattutto, la messa in vendita della carne non avviene prima dei 120 gg e ciò rende la carne più matura e saporita. A fianco alla vendita della carne, nel 2014, Gregorio decide di creare un laboratorio di trasformazione all’interno della vecchia latteria di Lestans, aprendo anche la vendita diretta. Il laboratorio è polifunzionale: si trasforma la cipolla (es. composta di cipolle con il marsala e l’uvetta di Corinto), ma anche la carne di coniglio (ragù, salse…) o i prodotti orticoli (pesto di cavolo broccolo friulano con noci), la vendita è su prenotazione e molto viene distribuito nel canale ristorativo. Essenziale è il continuo supporto dello chef Federico Mariutti dell’Osteria Turlonia di Fiume Veneto - è stata fondamentale per migliorare i prodotti in alimenti trasformati o semplicemente per utilizzarli nei piatti locali e non. Accanto al “coniglio rosa della Val Cosa” non possiamo non citare i “cunicici”, ovvero i “cevapcici” fatti con carne di coniglio, che nascono nel 2015 da un evento decisamente casuale: Gregorio non aveva più budelli per fare le salsicce di coniglio e, con aglio della Val Resia, cipolla della Val Cosa e spezie, crea i fratelli dei “cevapcici”, diventato un prodotto “sold out”, soprattutto per le numerose grigliate estive. Così, alla fine del racconto, scopriamo che Gregorio fa tutto da solo – per quanto la moglie Francesca e i figli Olimpia e Oscar lo sostengano e lo aiutino parecchio – e sono ben 14 gli ettari da gestire più un laboratorio e la partecipazione alle fiere e agli eventi, dove facilmente lo incontrerete con un cappello di paglia e il quadro-citazione “ceci n’est pas un oignon”. Sarà sempre un incontro sorprendente e rigorosamente… “a fil di tiere”.
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A FIL DI TIERE Vicolo della Latteria, 8 33090 Lestans di Sequals (PN) T. 320 0135391 afilditiere@gmail.com
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IL FORNO
foto di: Umberto Pelizzon
di riccardo flaborea
Dopo diverse generazioni della mia famiglia passate a fare il pane, eccomi qui anch’io, e non senza difficoltà iniziali, a vivere il mistero del pane. Fare il pane per me non è solo un mestiere meraviglioso, ma una passione, oserei dire un’arte, frutto di una ricerca e uno studio continui, di un misurarsi costante con una materia viva, che prendo, modello, accarezzo aspettando che mi ripaghi gonfiandosi orgogliosamente.
“il pane deve avere un’anima�
Concordia Sagittaria (VE) Piazza Matteotti, 31 T. 0421 270262
Poi la inforno e lei, se ne ho avuto rispetto e dedizione, mi ricompensa diventando pane ed esce bello e dorato dal forno, croccante e fragrante, pieno di gratitudine. Queste mie poche righe vogliono essere il mio ringraziamento personale a tutti voi che, consumando il pane come alimento degno di rispetto, mi permette di gioire ogni giorno del mio lavoro. Grazie.
LA BIRRA TRA I VIGNETI FRIULANI di Alessandro Pareschi
Le colline friulane poste a Est di Udine sono famose per la produzione di strepitosi vini, bianchi soprattutto. Corno di Rosazzo è un vero e proprio cru e i suoi vigneti ben esposti sono tra i più belli della regione. Da qualche tempo però questa “terra di vino” è anche diventata “terra di birra”, birra artigianale naturalmente.
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ui mi sento immerso nella natura, circondato dalle vigne e dai campi. Per cui il nome “Campestre” è nato come spontanea associazione di idee, oltre che come modo per segnare un legame tra il birrificio e il territorio». Giulio Cristancig, faccia simpatica, dalla coinvolgente empatia, apre nel 2015, non ancora trentenne, il birrificio a Corno di Rosazzo. Dopo gli studi in agraria e gli anni trascorsi da “homebrewer” ha deciso di trasformare la sua passione in lavoro e in breve è diventato un punto di riferimento per il territorio grazie alla tenacia e alla sua indiscussa competenza. Giulio ha le idee chiare, guarda avanti, e fin da subito decide di realizzare un impianto di proprietà. Questo gli permette non solo di dedicarsi immediatamente alla produzione per soddisfare la richiesta regionale, ma anche di occuparsi con vigore alla sperimentazione, alla ricerca di prodotti nuovi da proporre al mercato che è in costante crescita. L’azienda subirà prossimante un ulteriore sviluppo nelle dimensioni e nelle offerte. Altri lungimiranti progetti sono: la distribuzione fuori dal territorio regionale e far diventare Campestre un birrificio sempre più agricolo, aumentando l’utilizzo di materie prime locali quali cereali e luppolo. La filosofia aziendale promuove una birra gradevole, non troppo luppolata, basata principalmente sullo stile inglese ma con interessanti divagazioni su quelli tedesco e americano. Le birre, frutto della curiosità e del gusto personale di Giulio, sono spesso caratterizzate dall’aggiunta di spezie o elementi aromatici assieme a materie prime di assoluta qualità e questo piacevole connubio le rende così facilmente apprezzabili ai palati più diversi. Le ricette sono tutte da lui studiate con grande attenzione. L’amore per la terra e per i suoi frutti si riscontra subito dal nome del birrificio, Campestre appunto, e delle birre, per rammentare e contemporaneamente premiare i diversi momenti di una giornata lavorativa in campagna: “Aurora”, “Rurale”, “Sore Sere”, “Scur di Lune”, e dalle curiose etichette delle birre che rappresentano i diversi animali. Alle quattro birre principali, già citate, tutte ad alta fermentazione rifermentate in bottiglia o fusto si aggiungono: la session IPA “Dove canta la rana”, attualmente la birra più richieste e originariamente pensata per i mesi estivi; la “Primula Rossa”, ambrata e aromatizzata con coriandolo e cannella, la “More Dog”, stout inglese dedicata per la festa di San Patrizio, e molte altre interessanti creazioni in edizione stagionale o limitata che il birraio propone a cadenza regolare. Le birre sono confezionate in bottiglie da 0,50, 0,75 e fusti. La produzione è indirizzata anche alla suggestiva “tap room” adiacente al birrificio che, a conferma del fatto che siamo nella terra del vino, Giulio chiama “frasca della birra”.
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AURORA Fermentazione: alta; Stile: Golden Ale; Alc. 4,5%; Temperatura di servizio: 5-6 °C; bicchiere consigliato: english pint. Birra di ispirazione inglese dal gusto pieno e ben equilibrata. Prodotta con malti chiari e il solo luppolo Hallertau. Profumi delicati di fiori, miele millefiori, erbe aromatiche, agrumi ed erba falciata assieme a lievi note resinose. L’assaggio segue l’olfatto: sorso piacevole, fine, dalla buona e scorrevole beva; ingresso secco e finale dai toni luppolati, mai invadenti. Decisamente invitante. Sandwich di polenta con soppressa e Montasio.
SORE SERE Fermentazione: alta; Stile: Amber Ale; Alc. 5%; Temperatura di servizio: 7-8 °C; bicchiere consigliato: english pint. La passione di Giulio per le birre inglesi si vede in questa birra, da cui traspare anche una chiara influenza tedesca. Piacevoli, caldi sentori di caramella d’orzo, frolla abbrustolita, miele di castagno e pocket coffee introducono a un assaggio dall’intenso attacco maltato sostenuto da un buon corpo che caratterizza l’intera beva. Il finale, di ottima fattura, è amaricante e tostato e moderato. Roast beef all’Inglese con salsa d’arrosto e pie di zucca.
SCUR DI LUNE Fermentazione: alta; Stile: Porter; Alc. 5,2%; Temperatura di servizio: 8-10 °C; bicchiere consigliato: english pint. Birra di chiara origine inglese, con aggiunta di avena maltata. Colore bruno. Ventaglio olfattivo caldo e balsamico dominato da: aromi di caffè, cioccolato, toffee, pepe lungo e radice di liquirizia. Mediamente amara, dal corpo leggero e dalla moderata carbonazione. Nel finale lascia spazio a ricordi di fave di cacao e caramello che è originato dai malti tostati. Filetto di maiale alla brace, guanciale di Sauris, finferli brasati.
CHI SONO? CASTORO! Alta Fermentazione: alta; Stile: IPA; Alc. 6%; Temperatura di servizio: 7-8 °C; bicchiere consigliato: english pint. Strepitosa IPA con luppoli tedeschi, inglesi e americani personalizzata dall’aggiunta di buccia di bergamotto. Aromi intensi tra: l’erbaceo, la frutta matura e l’agrumato e ben amalgamati con la nota di tostatura del malto. Corpo pieno, con sentori di caramello che non cedono alcuna sensazione di dolcezza. Finale dall’amaro secco e pulito, sugli stessi toni dell’aroma. Sorso scorrevole nonostante la media gradazione. Ribs di maiale con salsa barbecue.
DOVE CANTA LA RANA Fermentazione: alta; Stile: Session Ipa; Alc. 4%; Temperatura di servizio: 5-6 °C; bicchiere consigliato: tulipano. Dry hopping di luppoli americani e tedeschi con aggiunta di pepe nero e semi di coriandolo. Dimostra carattere deciso: scorze di bergamotto e mandarino, zenzero, pesca matura, spezie dolci, frutta tropicale e sbuffi balsamici. L’amaro iniziale è intenso data la generosa luppolatura. Sorso perfettamente bilanciato grazie al corpo decisamente scorrevole e al perfetto contributo del malto. Finale luppolato e rinfrescante. Pollo tandoori masala.
Il prezzo delle birre è: Euro 4,50 per il formato da 0,50 litri; Euro 6,50 per il formato da 0,75 litri.
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BIRRIFICIO CAMPESTRE Via IV Novembre, 6 33040 Corno di Rosazzo (UD) T. 345 2937130 www.birrificiocampestre.it
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ANTICA DISTILLERIA IN GEMONA di Flavia Virilli
Foto di Fabrice Gallina
Fondata 90 anni fa a Gemona del Friuli dal bisnonno Giulio, l’Antica Distilleria Driussi, produce distillati, liquori e sciroppi da ben quattro generazioni, rappresentando una delle aziende famigliari più risalenti e prestigiose della zona. Oggi, ad aver raccolto l’eredità del fondatore sono i pronipoti Carlo e Francesco Driussi, i quali, con l’aiuto del padre Daniele e della mamma Licia, hanno reso la distilleria un’autentica fucina di idee, dove studiare nuovi prodotti con l’occhio attento e lungimirante di chi guarda al futuro sapendo valorizzare al meglio la tradizione.
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el lontano 1928, patron Giulio avviò la produzione concentrandosi inizialmente sulla sola grappa di vinaccia e, nel giro di qualche anno, comprese l’opportunità di ampliare l’offerta con alcuni liquori, quali l’anice secco, la creola rhum, l’elisir china, le “trestelle” e il “grigioverde” (grappa e menta), che sono ancor oggi un successo, non temendo le mode e continuando a riscuotere un ampio consenso di pubblico. Ma se a Giulio va il merito di aver fondato il marchio Driussi, al figlio Luigi va quello di aver attuato la prima importante svolta aziendale, con l’acquisizione, nel 1965, della licenza e della ricetta dello sciroppo di lampone ideato da un’altra celebre ditta gemonese, la “Falomo”, nota all’epoca in tutta Italia sia per gli sciroppi che per le sue amate bibite. Ebbene, quello sciroppo, che la leggenda narra fosse apprezzato anche da Gabriele d’Annunzio e che faceva bella mostra di sé nei bar d’élite delle più importanti città italiane, rappresenta tuttora un autentico cavallo di battaglia per i Driussi. Daniele, poi, in linea con la volontà del padre di offrire ai clienti una gamma sempre più vasta di proposte, oltre a mantenere l’ampia produzione di sciroppi - arancia, cedrata, fragola, orzata, menta, lampone, mirtillo, sambuco e, da quest’anno, anche menta bianca -, tutti freschi, non pastorizzati e senza conservanti, negli anni Settanta del Novecento cominciò a lavorare sulle infusioni in grappa. Se, infatti, inizialmente la produzione si limitava alla sola grappa alla ruta, con la terza generazione dei Driussi cominciarono a comparire sugli scaffali grappe aromatizzate con gemme, frutti, radici e bacche. Tant’è che ora la scelta spazia dalla grappa alla radice di genziana a quella alle bacche di ginepro, alle gemme di pino silvestre, ai lamponi, alla radice di liquirizia e ai mirtilli. Non solo, con Luigi la distilleria intuisce le esigenze di un mercato che si fa sempre più attento e inizia a proporre anche le grappe da singolo vitigno, come il verduzzo, il pinot grigio e il picolit. La cura riservata alla selezione della materia prima non ha fatto che crescere e oggi il grezzo viene distillato, sempre in maniera artigianale, parte nel nostro prestigioso Collio e parte in Veneto, nelle migliori zone di produzione del Prosecco, a partire da vinacce di prima qualità e utilizzando alambicchi a ciclo discontinuo con piccole caldaie di rame. Nell’ampio laboratorio, dunque, lo slancio creativo di questa famiglia è tutt’altro che scemato e, grazie a Carlo e a Francesco, sta vivendo un rinnovato fermento. I due fratelli sono al lavoro per sperimentare nuovi gusti e nuove ricette e una delle loro ultime creazioni, nell’ambito delle macerazioni in alcol, riprende proprio un amaro ideato dal nonno Luigi, riedito in chiave moderna e raffinata. L’hanno battezzato “Amaro Friuli” e di questa Regione ne conserva le peculiari e intriganti suggestioni, incarnando perfettamente lo spirito dei suoi creatori: comunicare i sapori e la storia di un territorio con classe e modernità. Esso riesce, però, a sorprendere chi lo degusta con una fragrante folata che, elevandosi da un incipit balsamico e mentolato - ove spiccano l’anice, il rabarbaro, la genziana e la liquirizia -, riesce a trasportare il naso
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sui prati fioriti delle Prealpi Carniche, collocandosi al di là di quanto abbiamo assaggiato finora. Chi volesse fare un confronto con la ricetta del nonno non ha che da chiedere: il suo “Friûl Amaro” è ancora in produzione, così come la sua versione del Fernet, la “Ferrochina” (un liquore al rabarbaro) e la lunga serie di liquori di frutta e punch. Non dimentichiamo però che anche le tradizionali grappe bianche, dalle “giovani” alle “speciali”, sono sotto la lente d’ingrandimento di Carlo e Francesco, i quali stanno lavorando proprio al lancio di una collezione di grappe invecchiate. Noi siamo qui ad attenderle, curiosi di scoprire ciò che questi due giovani hanno in serbo per il futuro.
ANTICA DISTILLERIA DRIUSSI Via Osoppo, 105 33013 Gemona del Friuli (UD) T 0432 981225 www.distilleriadriussi.com 33
I FUNGHI E IL VINO di Renato Paglia I funghi sono stati forse tra i primi alimenti che hanno nutrito l’uomo. Egli li ha utilizzati, fin dalla preistoria, anche come medicina, quali ingredienti per rituali, li ha impiegati per fabbricare manufatti e fin anche come “stoppini” per accendere il fuoco. Nell’antica Grecia il fungo era simbolo di vita mentre nella civiltà romana fu spesso associato agli avvelenamenti e alla morte. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia descrive la pericolosità dei funghi, soprattutto i boleti: “Tra le piante che è rischioso mangiare, mi sembra giusto mettere anche i boleti: essi costituiscono innegabilmente un alimento squisito, ma li ha posti sotto accusa un fatto enorme nella sua esemplarità: l’avvelenamento, compiuto per loro tramite, dell’imperatore Tìberio Claudio”. L’utilizzo di alcuni tipi di fungo è legato alla loro capacità allucinogene. Un tema affascinante quanto pericoloso. Il più famoso è l’Amanita muscaria, dal caratteristico cappello rosso puntinato di bianco. Ricchissima è la storia e la letteratura che si ispira ai funghi messicani tanto usati dagli Aztechi. Il fungo apporta all’organismo umano molte sostanze come gli oligoelementi, i sali minerali con proprietà antiossidanti (selenio, potassio, fosforo, magnesio), alcune vitamine B e un insieme di principi attivi che fanno del fungo un efficace antibiotico naturale. Costituito al 90% da acqua, possiede solo 250 Kcl/kg e ciò lo rende di fatto un alimento ipocalorico. Ricco invece di sapori e profumi che vanno dalla nocciola, alla panificazione, al dolce, all’agro, all’amarognolo, all’umami. I funghi possono essere consumati crudi e cucinati in vari modi: impanati, fritti, trifolati, grigliati. Nella cucina italiana, e in quella friulana in particolare, i funghi sono ingredienti formidabili di ricette straordinarie come quelle, inarrivabili, di Gianni Cosetti, il grande chef carnico che Veronelli definì “il cuoco più moderno che l’Italia abbia mai avuto, perché ha intuito, primo fra tutti, il valore assoluto delle sue erbe, dei suoi funghi, dei prodotti delle sue malghe». La «vellutata ai funghi porcini» è una ricetta complessa che prevede vari tempi e tipi di cottura nonché alcuni ingredienti come patate, porro e olio Evo. La cottura a fuoco moderato preserva i ricchi sapori e i profumi. Tendenza dolce e aromaticità sono le principali sensazioni. Seguono persistenza gusto-olfattiva e lieve untuosità. È preferibile un vino bianco di buona struttura e dal corredo olfattivo adeguato. L’equilibrio gustativo garantisce un buon sostegno alla persistenza. La «insalatina di ovuli crudi» è un antipasto o un secondo piatto davvero raffinato. I funghi sono finemente affettati e conditi con olio extravergine d’oliva, sale, pepe, prezzemolo, lattughino e qualche scaglia di Montasio stagionato. Piatto delicato, a tendenza dolce e dalla tenue acidità data dal fungo crudo e dalla verdura. Il formaggio aggiunge sapore e persistenza. Si consiglia un bianco morbido, di buona freschezza, semi aromatico e persistente che assicura un perfetto sposalizio. I «chiodini trifolati con polenta di farina di Socchieve» appartengono alla cucina tradizionale. L’olio extravergine, lo spicchio d’aglio, il rametto di rosmarino in cottura con i chiodini, il prezzemolo tritato, e infine la polenta che accompagna il piatto caldo e saporito, sono un compendio di sapori e profumi. Untuosità, succulenza, tendenza dolce e aromaticità richiedono un vino rosso, di buon corpo, ben definito nei profumi, dal tannino morbido e non particolarmente invecchiato. Il «raviolo ai funghi gialletti con crema di Montasio» è un trionfo di sapori e profumi che spaziano dalla tendenza dolce della pasta all’uovo, alla sapidità dei funghi, alla decisa persistenza aromatica del Montasio. La preparazione della ricetta è complessa e il giusto equilibrio del ripieno determina la bontà del piatto. Il vino che può sostenere queste sensazioni è un bianco strutturato, elegante nei profumi, aromatico e che esprima anche una buona freschezza. Evitare i rossi tannici. Il «filetto di manzo ai finferli» è un classico. La rosolatura della carne a cui segue la cottura al forno, l’aggiunta di noce moscata, erbe aromatiche, sedano, olio Evo, cipolla, la panna e il vino per stemperare apportano varie percezioni gusto olfattive. Tendenza dolce, succulenza, sapidità, tendenza amarognola, profumi intensi e aromaticità richiedono un vino rosso morbido, di buona spalla e dalla lunghezza gusto-olfattiva coerente. La complessità del cibo giustifica un vino invecchiato.
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VELLUTATA AI FUNGHI PORCINI TOMADONI Collio Friulano Selezione 2016 Alc. 15% - Euro 17 Giallo paglierino intenso. Profumi intensi, intriganti e buona complessità. Erbe mediterranee, pera kaiser, pesca bianca e mela renetta. Fioriture primaverili che riportano al tiglio, alla zagara, al biancospino. Note fumé, agrumi e sbuffi di salsedine. Setoso, pieno, ben proporzionato dalla freschezza marina. Sorso di grande classe e dal finale interminabile. Lunga macerazione sulle bucce, vinificato solo in acciaio per 9 mesi.
INSALATINA DI OVULI CRUDI BLASON Malvasia 2017 Alc. 13,5% - Euro 18 Giallo paglierino luminoso. Comparto olfattivo dai netti richiami varietali. Erbe officinali, fienagioni estive, fiori di camomilla, pesca e mela golden in prima battuta. Poi gesso e pietre spaccate che riconducono al territorio. Inizialmente fresco e diretto. Bilanciato da ottima morbidezza che evidenzia il corpo. Si congeda sui temi fruttati ed erbacei. Fermentazione pellicolare, poi in acciaio per 6 mesi con frequenti batonnage.
CHIODINI TRIFOLATI CON POLENTA DI FARINA DI SOCCHIEVE SIRCH Friuli Colli Orientali Pinot Nero 2017 Alc. 12,5% - Euro 12 Rosso rubino vivido. Gradevoli profumi varietali che ricordano il pepe nero, i mirtilli di rovi, i lamponi e le visciole. Delicate suggestioni di viole. Sottobosco e sfalci d’erba. Sottile nuance fumé. Al gusto è fresco e dalla beva scorrevole. Il tannino è aggraziato e agevola la morbidezza che non tarda a giungere e a permanere sino al finale speziato e fruttato. Vinificato nell’acciaio dove matura per 6 mesi.
RAVIOLO AI FUNGHI GIALLETTI CON CREMA DI MONTASIO SCHIOPETTO Collio Sauvignon 2017 Alc. 13% - Euro 20 Paglierino intenso con riflessi giovani e lucenti. Raffinato al naso. Profumi caratteristici di essenze floreali primaverili, mango, papaia, tè alla menta e polpa di agrumi. Erbe officinali fresche. Nitide folate di salsedine incidono il comparto assicurando rara eleganza. Avvolgente, ben articolato nel lento sviluppo gustativo accompagnato da bella freschezza. Simmetrico, corrispondente nell’interminabile epilogo. Acciaio per 8 mesi.
FILETTO DI MANZO AI FINFERLI VALPANERA Friuli Aquileia Refosco dal peduncolo rosso Superiore 2014 Alc. 13% - Euro 16 Rosso rubino cupo. Ventaglio odoroso intenso e ampio. Balsami, erbe aromatiche, sottobosco e resine. Segue piccola frutta rossa e nera, mirtilli e prugne in particolare. Spezie scure, china, rabarbaro e legno arso. Morbido e ben equilibrato da sapidità e freschezza balsamica e speziata. Chiude, senza fretta, con precise corrispondenze che valorizzano la beva. Acciaio, poi per 12 mesi nel rovere francese e di Slavonia di varie dimensioni. 36
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BENJAMIN E LA VITOVSKA di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano
foto di Fabrice Gallina
A
volte la vita è fatta di piccole cose che hanno all’apparenza un significato accessorio ma che, se si riesce a riconoscerne il valore autentico, diventano importanti perchè irripetibili. I temporali insistenti hanno bruscamente interrotto l’interminabile estate. Oggi però splende il sole, la temperatura mattutina è più che autunnale e spira un teso “borin” che tiene pulito il cielo dall’azzurro intenso e lascia a bocca aperta chi, come noi, ammira il golfo triestino da quassù. Il mare è increspato. A perdita d’occhio la costa istriana, poi Grado e Lignano, laggiù Venezia. Il panorama dal terrazzo della “osmiza” di Banjamin è impareggiabile. Il contesto, di assoluto privilegio, carica l’attesa di emozioni e aspettative. Ambiente, terreno, vitigno e uomo. Qui, nel Carso, questo “unicum” è più forte che altrove. Qui ogni metro di terra è conquistato, qui ogni frutto della terra diventa una scommessa con la natura e una vittoria dell’uomo sugli elementi. Qui nulla è scontato. Ogni successo è preceduto da sconfitte da cui imparare. È così, da secoli. Un territorio stretto tra il mare e la montagna di calcare bianco. Da questi due elementi ricavano la loro essenza i vini di questo lembo di terra che offre poco e tantissimo al tempo stesso. È difficile capire fino in fondo la gente, e vini, del Carso se non lo hai vissuto, almeno un po’. Bisogna venirci sul Carso, in tutte le stagioni. In quelle suggestive e quasi scontate, come la primavera e l’estate. O in autunno, quando i colori esplodono in tutta la loro bellezza con i contrasti tra il rosso purpureo del sommaco, la pietra chiara e il blu del mare. E in inverno, quando il vento di bora impazza e sembra che ogni cosa scivoli via lontano. Mai era stata fatta una verticale della Vitovska di Zidarich così completa. Benjamin ha già allineato le bottiglie sul tavolo centrale dell’osmiza che oggi è chiusa. La sua consueta tenuta informale (è un eufemismo), e il suo modo di fare genuino, non devono ingannare. Egli è un comunicatore perfetto del suo vino e del territorio che lo esprime. La sua filosofia è semplice: produrre vini in modo naturale, nella continuità della tradizione del Carso. «Quali sono, tra tutte queste bottiglie in fila, quelle che preferisci ?». La domanda non è casuale. «Forse quelle delle annate più difficili – risponde senza pensarci tanto – perché a volte, per riuscire a realizzare un ottimo vino, devi fare davvero tanti sacrifici, in vigna soprattutto. Nel Carso sono molte le variabili con cui devi fare i conti e riuscire a far bene quando tutto sembra vada storto è impagabile». È indubbio quello che dice Zidarich e questo attaccamento ai vini “più sofferti” lo abbiamo riscontrato già in molti produttori che in questi anni abbiamo avuto modo di incontrare tramite MangiaVino. «Hai scelto la vitovska come vitigno da utilizzare in purezza o nei blend come il Prulke e con essa hai realizzato dei vini importanti, da lungo affinamento, vini che conquistano spesso i riconoscimenti più ambiti della critica e hanno un grande successo tra gli appassionati. Perchè ti sei concentrato sui vitigni del luogo, sconosciuti al grande pubblico, come la vitovska e il terrano, e hai scelto di usare solo in minima parte gli internazionali ?». «Sono i vitigni che coltivavano mio nonno e mio papà, sono i vitigni che meglio esprimono questo territorio. Non potrei fare diversamente». Anche noi crediamo che i vignaioli del Carso debbano rimanere fedeli alle loro tradizioni e al loro modo di vivere questo straordinario lembo di terra. Si riempiono i calici e cogliamo le piccole impercettibili sfumature in quel giallo dorato che indicano forse le variabili di cui accennava Benjamin. È da questo elemento che inizia la degustazione. Via via compaiono i ricordi. Aneddotti di vendemmie complicate o invece perfette. Per ogni annata c’è un racconto, un piccolo pezzo di storia che emoziona, che si percepisce essere stato vissuto con intensità. L’assaggio pare quasi scontato, è come la conseguenza logica di quanto il tempo, il terreno, l’ambiente e l’uomo hanno potuto realizzare insieme. Certi momenti sono davvero irripetibili. Si la vita è fatta a volte di piccole cose che solo all’apparenza hanno un significato accessorio.
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Denominazione: Indicazione Geografica Protetta Venezia Giulia. Zona di produzione: vigneti collinari, numerosi piccoli appezzamenti ad altitudine di metri 260 -280 slm, esposizione Sud/ Est. Terreni clacarei, terra rossa di dolina. Comune di Duino – Aurisina, Località Prepotto (TS). Viticoltura: ecosostenibile. Età delle vigne: 10 anni - 60 anni. Per la Vitovska Collection si utilizzano solo le uve dei vigneti più vecchi. Metodo di allevamento: guyot e alberello, 4-5 gemme. Resa per ettaro: 5 t di uva con densità di 8-10.000 ceppi /ettaro. Uve: vitovska in purezza. Epoca raccolta delle uve: fine settembre – prima decade di ottobre. Vendemmia manuale con accurata selezione, in cassette. Vinificazione: Delicata diraspatura dell’uva, macerazione delle bucce, in tini in rovere aperti, per 2 mesi con più follature giornaliere e nessun controllo di temperatura. Lieviti autoctoni. Fermentazione malolattica: in botti grandi di rovere. Per Vitovska Kamen la macerazione e la fermentazione sulle bucce avviene per 1 mese in una vasca di pietra. Per la Vitovska Collection la macerazione sulle bucce avviene per 3 settimane. Affinamento: in botti medie e grandi di rovere di Slavonia per due anni. Imbottigliamento: senza filtrazione e nessun tipo di stabilizzazione. Commercializzazione: dopo due anni. Per la Vitosvska Kamen la maturazione avviene per due anni nel rovere grande di Slavonia. La cantina di maturazione e affinamento è scavata nella roccia carsica e si trova ad una profondità di 20 m e disposta su 5 piani. Per Vitoska Collection: Affinamento in un’unica botte grande da 10 ettolitri per quattro anni. Prima annata prodotta: 1988 ma prima uscita il bottiglia nel 1992; per Vitovska Collection: 2006. Bottiglie prodotte: circa 13.000 anno; per Vitovska Collection 2009: 1.300 bottiglie. Temperatura ottimale di servizio: 15-16°C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Chardonnay). Prezzo medio al pubblico in enoteca: euro 28; per Vitovska Kamen: euro 45; per Vitovska Collection: euro 75.
VITOVSKA Andamento climatico: annata tra le migliori degli ultimi due decenni, perfettamente bilanciata tra: sole, vento e giuste precipitazioni. Oro tipicamente velato per assenza di filtrazione. Ventaglio olfattivo di strepitosa nitidezza ed espressività. Fragranze di agrumi, erbe mediterranee, estratto di albicocca, finissime spezie e profumate resine che si alternano a incenso e toni salmastri. Il sorso, simmetrico, ha soave avvolgenza affiancata da freschezza tartarica di rara precisione. Ripercorre perfettamente il ricco defilè aromatico. Congedo intenso di sensazioni sapide e balsamiche. È all’inizio di un lungo percorso evolutivo. Gnocchi di seppia, guazzetto di pomodorino giallo e uva di mare.
20 15 Alc.12,5% Punteggio 94/100
20 16 Alc.12% Punteggio 95/100
VITOVSKA KAMEN Andamento climatico: annata da considerarsi buona, leggermente piovosa in alcune fasi. Fermentazione sulle bucce in tini di pietra aperti per la durata di 1 mese. Giallo solare dorato di lieve opalescenza. Comparto odoroso di raffinata complessità, condito da cardamomo verde, canfora ed eucalipto. Un possente sbuffo salino si mescola a folate di miele di tiglio, fiori di arancio, purea di albicocca e cera d’api. Assaggio energico che scorre mostrando una definizione acido-sapida che è la vera chiave di lettura del territorio, sospeso tra il mare e le montagne. Una decisa nota ruvida rallenta sul finale la beva. Si allontana su temi balsamici, difficili da dimenticare. Pollo al curry, mango e zenzero.
VITOVSKA Andamento climatico: l’annata piovosa ha portato un grande lavoro di diradamento in vigna, la vendemmia è stata posticipata il più possibile in modo da raccogliere solo le uve perfettamente mature. Oro netto, lucente. Lineare e leggero, evidenzia percezioni di erbe alpine e mediterranee, avvinghiate a presenze di pesca noce, fiori campestri e roccia bagnata. Il sorso dalla filigrana sottile, mostra un’acidità in primo piano e una struttura gustativa un tantino gracile, ma molto efficace. Figlio di una annata difficile, non è un campione di persistenza, ma sa come incidere, chiudendo su ammalianti rintocchi salini che sono un continuo invito. Paccheri con san pietro di laguna, limone e aneto.
20 14 Alc.12% Punteggio 89/100
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20 13 Alc.12% Punteggio 92/100
VITOVSKA Andamento climatico: annata equilibrata e fruttuosa, che non ha richiesto particolari attenzioni in vigna. Tonalità oro più intensa delle precedenti. Naso compresso e concentrato, ben declinato su chiare essenze di agrumi, propoli, resina di pino, miele e fiori di zagara. L’ingresso offre una densità piuttosto consistente e che ricorda al sapore il wafer inglese. Centro bocca che viene letteralmente attraversato dalla vivace freschezza, quanto mai propizia e dinamizzante. La poderosa sapidità segna il lentissimo epilogo che ricorda spruzzi salini e pietra spaccata. Una Vitovska che interpeta al meglio il Carso e la sua affascinate essenza. Tagliatelle fini, ragù di corte e crema di cipolla bianca.
VITOVSKA Andamento climatico: l’annata, ricca di luce e calore, ha permesso la raccolta di uve mature. Vendemmia non abbondante. Oro netto, dalla classica opalescenza. Moltepici profumi si susseguono e si rincorrono. Composta di albicocca, incenso di cedro, fiori gialli carnosi, rosmarino, infuso di frutta, agrumi in leggera canditura e ancora suggestioni iodate e balsamiche. L’assaggio conferma appieno le aspettative. La strepitosa proporzione di gusto coniuga la freschezza dell’altopiano con l’energia e il calore del mare. È un puzzle perfetto dove tutti gli elementi che lo compongono si incastrano perfettamente. Sfuma senza fretta, esaltante ed appagante. Animelle di vitello glassate alla carota e senape.
20 10 Alc.12% Punteggio 92/100
Andamento climatico: annata da considerarsi soddisfacente anche se c’è stato parecchio da lavorare in vigneto per permettere alle uve di raggiungere le giuste maturazioni. Oro dai vistosi riflessi ambra. Sequenze odorose davvero originali che promettono personalità. La partenza ricorda delicate nocciole tostate, a cui fanno seguito albicocche disidratate, anice stellato, miele di tarassaco, calde resine ed estrosi richiami di malto d’orzo. In bocca è un concentrato di vigoria ed equlibrio dove la morbida consistenza si alterna alla elettrizzante sapidità. Puntuali riverberi di frutta secca riprendono la scena. Ha intrapreso il percorso verso la piena maturità. Sovracosce di tacchino al forno laccate al miele.
Andamento climatico: annata ottima, calda ma senza eccessi. Sensuale veste oro dai riflessi ambra. L’elegante naso offre molti piani di lettura. Le innumerevoli spezie, inizialmente dominanti, non coprono affascinanti quanto inattese essenze di tartufo, nocciola, albicocca matura, fiori di tiglio e camomilla essiccata. Racconta di profumati incensi, erbe mediterranee ed estrose folate idrocarburiche. Sorso che manifesta la sua sfarzosa complessità. Struttura salda, non eccessiva, e sapidità quasi travolgente. Allungo deciso, ricco e persistente che riconduce piano piano a intrecci di spezie e di polvere di erbe officinali. Brodo di prosciutto crudo, merluzzo sfogliato e rapanelli di Andrea Berton.
Alc.12,5% Punteggio 98/100
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Alc.12,5% Punteggio 97/100
VITOVSKA
VITOVSKA
20 09
20 11
20 09 Alc.12% Punteggio 96/100
VITOVSKA COLLECTION Andamento climatico: annata perfetta che ha permesso una selezione delle uve provenienti solo dalle piante più vecchie e meglio esposte. Oro puro. Avvio fitto, impenetrabile. Emerge lentamente uno strepitoso bouquet di miele di eucalipto, incantevoli resine, arancio candito e compote di albicocca. Imprevedibili sbuffi di cappero, olive verdi e colatura di alici. Assaggio vellutato e continuo, ritmato dalla vena acida e sorretto da estratti calibrati in grado di poter assicurare al vino la ricchezza di sapore. Un’incisiva traccia salmastra emoziona l’epilogo. Una delle più esaltanti degustazioni recensite da MangiaVino. Maturazione in grandi botti di rovere di Slavonia per 4 anni. Risotto allo zafferano e teriyaki di vitello.
20 04 Alc.12% Punteggio 95/100
VITOVSKA Andamento climatico: annata abbastanza equilibrata, segnata da un’estate che ha alternatato giornate calde ad altre molto piovose; entrambe le fasi fortunatamente senza eccessi. Veste dorata. Lascia trasparire un tessuto olfattivo di grande spessore: incenso, cereali e frutta secca sono solo gli avamposti di una complessità aromatica che si fa man mano più imponente. Avanza su toni speziati e salmastri. La salicornia in grande evidenza. Al palato è spoglio di qualsiasi deriva fruttata, lasciando emergere solo il timbro territoriale composto da incessanti sferzate minerali e vibranti acidità. Una semplicità armoniosa, quasi disarmante, come solo i grandi vini sanno fare. Questo é il Carso. Lumache di mare e polenta.
VITOVSKA Andamento climatico: annata assolutamente fresca, segnata da piogge costanti. Sono gli anni della “barrique a tutti i costi” e anche Benjamin la utilizza prontamente. Oro di incredibile lucentezza, brilla di luce propria. Corredo odoroso suadente, ben disposto e raffinato, fatto di noccioline tostate, pasta sfoglia, burro d’alpeggio, wafer e lemon curd. In bocca è possente e rotondo, accompagnato da una vitalizzante freschezza che ne sottolinea la genesi e il luogo di appartenza. Chiude senza fretta con racconti di spezie dolci. Il peso impresso, nei lunghi 20 anni, dal piccolo legno di rovere, non ha scalfito minimanente la vitalità del vino. Soprendente e senza incertezze. Ravioli di foie gras.
19 96 Alc.12% Punteggio 93/100
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ZIDARICH LocalitĂ Prepotto, 23 34011 Duino Aurisina (TS) T. 040 201223 www.zidarich.it 45
IL RAGAZZO DELLA DONNA ALATA di Vladimiro Tulisso
foto di Umberto Pellizon
Osservata dall’alto, la superficie a vigneto nella fattoria Col Santo di Montefalco, in Umbria, sembra un aquilone che picchia verso il basso richiamando gioiosi giochi di bambini ed è forse qui, nel 2001, che un ragazzino friulano ha cominciato a intuire il proprio viaggio nella vita. Immerso per tutta l’infanzia tra vigneti e profumi di mosto, Matteo Livon ha deciso di fare dell’uva la ragione della propria esistenza: “Era la mia opportunità – confida, alla vigilia del suo trentesimo compleanno – sarebbe stato stupido non raccoglierla”.
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È
lungo le curve di via Montarezza, a Dolegnano, mentre i vigneti rasati riempiono sempre di più lo sguardo, che si incomincia a entrare nel mondo di Matteo. Per passare dai giochi tra i filari al primo vero passo nell’azienda è servito un decennio. Il bambino che padre e zio si portavano appresso tra Umbria e Toscana, nel 2011 con la prima vendemmia ha deciso di abbracciare la “donna alata”, che rappresenta il simbolo dell’azienda, e che da allora l’ha portato sempre più in alto. Completata la formazione da enotecnico all’Isis Paolino d’Aquileia di Cividale, era il tempo dell’Università, a Udine. Ricorda Matteo: “Avevo finito il primo anno di Agraria e mentre aspettavo di tornare in aula, a settembre, papà e zio mi diedero la responsabilità di organizzare la raccolta dell’uva. Furono settimane appaganti e non volli più rinunciarci. Lasciai i libri, pensavo solo temporaneamente perché avevo l’intenzione di riprenderli, ma da allora Rinaldo Stocco (l’enologo dell’azienda, ndr) è diventato il mio docente a tempo pieno. Il primo anno di lavoro vero in azienda l’ho trascorso con lui, in cantina”. Dal 2011, ma senza essere precipitosi - perché, come insegna Moliere “gli alberi che sono lenti a crescere portano i frutti migliori” - Matteo Livon si è immerso gradualmente nell’azienda di famiglia (200 ettari e 900mila bottiglie). Dalla supervisione delle tenute nelle zone Doc (Collio e Colli Orientali, Grave del Friuli, Chianti Classico e Montefalco) alle nuove scelte produttive; dalla gestione dell’imbottigliamento al settore commerciale: così il giovane vignaiolo di San Giovanni al Natisone ha condiviso l’impegno del padre Valneo e dello zio Tonino, braccia e menti di un’azienda creata dal nonno Dorino Livon nel 1964. “La nostra fortuna – sostiene Matteo – è il clima di fiducia. Lo zio si occupa della campagna, mio padre degli aspetti commerciali. Io collaboro con entrambi mentre mia cugina Francesca gestisce l’ospitalità nella tenuta di Villa Chiopris. Abbiano idee diverse, ma le decisioni sono unanimi”. E le decisioni stanno modificando l’azienda. Spiega con orgoglio Matteo: “In questi ultimi anni, anche grazie ad alcuni reimpianti, è più forte l’impegno ad aumentare la qualità. Nei vigneti cresce la lotta integrata con trappole a feromoni. Poi più alberi da frutto per portare insetti e impollinazione. In Umbria ci stiamo convertendo al biologico. Nelle attività aziendali pretendiamo la massima cura”. Su alcune di queste decisioni il giovane di casa Livon ha messo anche il proprio sigillo. Lo racconta così: “Nel 2012 ho proposto la messa a dimora del Pinot Bianco nella vigna di Cavezzo al confine con la Slovenia. Dal 1983 non etichettavamo la varietà in purezza. È stata la mia prima decisione e nel 2016 sono arrivate quattromila bottiglie nella linea Collio. Ora sto ragionando sul Braide Mate, il vino a base Chardonnay sospeso nel 2000. Vorrei riproporlo con una selezione maturata in legno”. Progetti che prendono forma, ma senza essere precipitosi. Lo sa bene anche Giulia, laurea in economia, che di Matteo è la fidanzata. “Mi ha aiutato molto – confida – e sarebbe bellissimo stare con lei in azienda, ma preferisco che si realizzi con un lavoro esterno. Non fa bene alle imprese che le famiglie occupino tutte le posizioni di vertice, se servono risorse meglio far entrare competenze esterne”. Così Giulia e Matteo, per trascorrere più tempo assieme, stanno pensando a una casa tutta loro. Ci sono voluti dieci anni di fidanzamento, ma si sa, Matteo è sicuro che “gli alberi che sono lenti a crescere portano i frutti migliori”.
LIVON Via Montarezza, 33 33048 Dolegnano (UD) T. 0432 757173 www.livon.it 47
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ANCHE IL TEMPO HA I SUOI TEMPI di Matteo Bellotto
foto di Fabrice Gallina
Non si vedevano dalle scuole medie. Si ricordavano ancora dell’imbarazzo profondo che provavano ogni volta che i loro occhi si incrociavano prima del suono della campanella per entrare nelle rispettive classi e ricordavano entrambi quel brivido potentissimo che pervadeva la loro spina dorsale ogni volta che a ricreazione uscivano dall’aula sapendo che si sarebbero guardati ancora. Non sapevano come chiamarla quella cosa e aspettavano di provarla o che per lo meno passasse perché era si bella, l’emozione, ma faceva male da qualche parte.
E
rano tenuti lontano dalla paura delle parole, le stesse che avrebbero potuto avvicinarli e distruggerli, attraverso le prese in giro o attraverso quell’aspettativa che è capace soltanto di far rumore, fermentare, trasformando tutto in qualcosa che non si conosce. A Carnevale, complice la confusione, avevano trovato un unico momento di incontro. Si videro, in silenzio, nel tumulto dei coriandoli, e percorsero insieme il lungo corridoio della scuola, uno accanto all’altra, senza dire niente. Poi la scuola finì e i loro occhi con lei.
Crebbero entrambi con un bagaglio di nostalgia e dolce rimorso. Ricordavano tutti i profumi l’uno dell’altra. Capita anche a voi di farvi trasportare da quel delicato aspetto del tempo che è il profumo, quando ricordate la polenta bruciata sul fuoco, la brovada che si fa aspra e il sapore di antico delle nonne, in case sempre uguali capaci di resistere ai loro tempi e all’oblio. Capita di ricordare le persone dal loro profumo, così aspro dell’adolescenza, ma capace di un’eco sublime che si riverbera negli anni tenendo vivo ciò che non riesce a morire mai. Passarono venticinque anni prima di quella cena. Si erano incontrati per caso a degustare insieme le proprie aspirazioni in un mondo del vino che accarezza e schiaffeggia i Sommelier senza immaginare che abbiano qualcosa da dire. Forse era così, ed è per questo che loro, dopo venticinque anni, non appena rivisti, continuarono a non parlarsi. Si scambiarono i numeri e si decisero per un appuntamento, a cena, per assaporare da vicino quello che il tempo poteva dire per loro. Non era la loro città, e questo avrebbe aiutato, non c’erano i loro amici o la loro famiglia, solo loro due e nessun altro. Si salutarono con un bacio casto e distante, che permise ai nasi l’epifania reciproca del profumo. Si rividero passeggiare nel corridoio, ancora impauriti e teneri e sorrisero entrambi di quell’imbarazzo passato. Erano diventati entrambi Sommelier, per cercare nel vino quelle parole che non si erano mai detti e per cercare nei profumi quella sensazione alla spina dorsale di un primo bacio mai dato. Si sedettero, sempre in silenzio. Lui indicò al cameriere, dalla carta, il vino scelto per rompere il ghiaccio. Era fermo, giovane ma già pronto e formato, con alle spalle un Erasmus in acciaio ed un master in legno, una profondità collinare tipica capace di avvolgere e stupire, come un’adolescenza che non voleva finire mai. Quel Pinot Bianco aprì una strada maestosa che percorsero entrambi. Lo lasciarono aprire, continuando a sorridere ad ogni sorso senza riuscire a dire niente. Poi scelse lei; scelse un Riesling, che aspettava anch’egli da venticinque anni di essere baciato, e li fece ricacciare in un angolo di ricordi ancor più teneri perché raccontavano il mai accaduto. Quel tempo insieme trascorreva lento, pacato, scandito dalle sorsate di vino sempre più generose e dalle espressioni di sorpresa che le sensazioni costringevano ad assumere. Decisero di assaggiare una dolcezza finale, un Picolit, per delegare a lui la voglia di farla finita con tutto questo silenzio. Non c’era più tensione e tutto sembrava fermo. Arrivò il primo sorso a far chiudere gli occhi e d’un tratto si misero a ridere. Sapeva di tappo e se lo fecero riportare. Finirono anche quella bottiglia e se ne uscirono nella notte. C’era una panchina di pietra davanti al panorama offerto dalla terrazza del locale. Si sedettero a guardare le luci silenziose, con il braccio di lui a cingere le spalle di lei, lasciando la sua testa posarsi sul petto. Nei loro occhi l’imbarazzo era finito e quel bacio aveva ancora addosso il sapore di quei venticinque anni d’attesa. Si salutarono e tornarono a casa senza dirsi nulla. Il vino aveva fatto le veci delle parole. Il vino insegna il valore del tempo e lo fa proprio, lontano dai nostri tempi, per provare a tracciare la strada di qualcosa di bello da dire.
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CONSORZIO PER LA VALORIZZAZIONE DEL FIGOMORO DA CANEVA Via Cadorna, 7 33070 Caneva (PN) T. 333 2399111 www.figomoro.it 51
MASSIMO E LA PASSIONE PER LE CAPRE di Alessandro Martin
foto di Alessandro Martin
Antichi castelli e piccole pievi, siti archeologici e borghi medioevali, sorgenti d’acqua limpida e colline boscose: questa è la parte orientale della pedemontana pordenonese, sinuoso lembo di terra da Caneva ad Aviano ricco di storie e tradizioni. Addentrandosi si trova Castello d’Aviano, frazione che già dal nome evoca un passato importante, e qui, sotto l’ombra dei ruderi del secolare castello, l’azienda agricola San Gregorio, specializzata in prodotti caprini.
C
ol tempo è diventata il riferimento in zona per l’allevamento di capre e la produzione di formaggi ma, a sentire il racconto di Massimo Cipolat, proprietario e factotum, l’inizio è stato una scommessa. Innamorato della propria terra e con un diploma di perito agrario in mano, Massimo percepì subito l’esigenza di raccontare un territorio attraverso il frutto del proprio lavoro. Avviò l’attività l’8 dicembre del 2008 con l’acquisto di 5 capre della specie Camosciata delle Alpi. Scelta non proprio strana: prima della crescita di allevamenti bovini e latterie sociali, fino alla fine dell’800, nella pedemontana pordenonese era consuetudine a livello familiare allevare capre per produrre latte, attività poi abbandonata perché poco redditizia. Massimo non ha fatto altro che riportare alla luce una tradizione ormai dimenticata ma appartenente al territorio, idea ripresa anche nella scelta del nome aziendale. Nelle vicinanze è infatti situata una chiesetta quattrocentesca dedicata a San Gregorio che contiene affreschi del pittore carnico Gianfranco da Tolmezzo. Questo ciclo pittorico, raffigurante scene della passione di Cristo contestualizzate nel paesaggio della pedemontana, non solo rivela il modo di vivere la fede cristiana della gente nativa ma descrive una terra rigogliosa di flora, fauna, tradizioni e usanze locali (emblematica la presenza sul tavolo dell’Ultima Cena di gamberi un tempo presenti nelle rogge della zona). Massimo ha sviluppato la sua impresa a partire dai locali di proprietà dei nonni, una vecchia stalla coperta di 30mq dove un tempo trovavano riparo le mucche. Nel 2012 sono ristrutturati i fabbricati esistenti e adeguato i locali per: mungitura, produzione formaggi e punto vendita. Viene inoltre realizzata la nuova stalla per le capre: un edificio moderno, rispettoso dell’ambiente e degli animali, dotato di impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica. Ad oggi l’azienda consta di ben 130 capre in stalla di cui 90 in mungitura. Gli animali sono alimentati all’interno della stalla con fieno locale di erba medica, mais in granella e mangime selezionato. Vista l’impossibilita di portare le capre al pascolo, si cerca di lavorare su un’alimentazione sana che non prevede né silomais, né insilati, né foraggi fasciati aumentando di conseguenza la qualità del prodotto caseario. La mungitura delle capre avviene di solito da gennaio a novembre e porta alla produzione in un anno dai 600 ai 1000 litri di latte, sulla base di 3-6 litri giornalieri per ogni capra. Da questo latte, lavorato a crudo per conservare l’artigianalità del prodotto, si realizzano caprini (freschi, spalmabili, aromatizzati, muffettati, stagionati), ricotte, caciotte, yogurt (pluripremiato in varie manifestazioni del settore) e frozen yogurt (gelato espresso allo yogurt), bevande aromatizzate alla frutta e dessert (“Biancoricò” e “Cioccoricò”, dolci di stampo antico a base latte e ricotta). Massimo definisce la sua azienda “caseificio agricolo” in quanto presenta tre caratteristiche distintive: si lavora solo latte crudo, non si utilizza lisozima da uovo, non si trasporta il latte (è portato dal locale mungitura al locale di lavorazione attraverso tubazioni refrigerate). Ormai presenza quasi quotidiana nei mercati locali del pordenonese, l’agricola San Gregorio è anche fattoria didattica e sociale, e rientra in un marchio, formato da 8 aziende regionali, dal nome “Cuore caprino 100% Friuli Venezia Giulia”, che accumuna caseifici agricoli con la stessa filosofia lavorativa orientata alla qualità dei prodotti, dei processi e dell’allevamento. Tra i progetti in cantiere ci sono la creazione di una sala degustazione e l’allargamento della stalla per realizzare la cantina di stagionatura delle carni caprine, ma in primis il potenziamento della capacità divulgativa, obiettivo a prima vista non impossibile. Ad oggi, con il suo instancabile lavoro e la sua tenace passione, Massimo Cipolat è, grazie ai suoi impareggiabili prodotti di capra, testimone entusiasta e narratore sincero di un territorio e dei suoi tesori nascosti, sulle orme di quel San Gregorio che soleva dire “Gli esempi, nella maggior parte dei casi, colpiscono più delle parole della ragione”.
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AZIENDA AGRICOLA SAN GREGORIO Via 4 novembre, 25 33081 Castello di Aviano – Pordenone T. 338 1951729 www.massimocipolat.it 53
TORTINO DI FARRO CON SALSA AL FORMAGGIO CAPRINO E TARTUFO SCORZANERA Chef: Andra Canton
INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 150 g farro messo a bagno in acqua 2-3 ore prima, 300 g caprino stagionato grattugiato, 100 g panna, 150 g verdurine (carote, porro, zucchine) tagliate a julienne, 1 fiocco di burro, 1 tartufo scorzanera, ½ cipolla. PREPARAZIONE DELLA SALSA: Portare a ebollizione la panna, versarla in un frullatore e unire il caprino grattugiato e il tartufo pelato e tagliato a dadolini, aggiungere sale q.b. PREPARAZIONE: far appassire in una padella la cipolla tritata finemente con un po’ d’olio extravergine d’oliva, versare il farro sgocciolato e cuocere come un risotto per circa 30 minuti; a questo punto asciugare dall’acqua in eccesso e mantecare con 2/3 cucchiai di caprino e un fiocco di burro. In una placca da forno, ricoperta da un foglio di carta antiaderente, appoggiare coppapasta e riempirlo con un cucchiaio di farro mantecato, pressandolo leggermente. Spolverare i tortini ottenuti con il caprino. Infornare e gratinare leggermente. Servire con salsa al caprino e tartufo scorzanera e guarnire il piatto con verdurine tagliate a julienne, leggermente brasate in acqua e olio extravergine d’oliva.
RISTORANTE LA PRIMULA Via San Rocco, 47 33080 San Quirino (PN) T. 0434 91005 www.ristorantelaprimula.it 54
I VINI IN ABBINAMENTO FANTIN NODAR Friuli Colli Orientali Sauvignon 2017 Alc. 13,5% - € 12 Vivido giallo paglierino. Le intense sensazioni odorose varietali si contraddistinguono per rara eleganza. Pesca gialla, cedro, pera ruggine aprono il sentiero a muschio bianco, fiori di tiglio e cardamomo. Erbe officinali fresche, balsami e folate marine. Pesi perfettamente contrapposti tra freschezze e morbidezze gliceriche. L’allungo morbido e setoso conduce senza fretta all’epilogo tutto varietale. Vinifica nell’acciaio per 7 mesi.
LA DELIZIA Friuli Pinot Grigio Sass Ter 2017 Alc. 12,5% - € 12 Paglierino luminoso. Delicato nei profumi che si distinguono per l’ottima pulizia. Nette sensazioni di succo di pera e mela gialla. Fioriture estive e fienagioni di montagna. Buon corpo e buona proporzione. Cremoso inizialmente, supportato da consistente spalla acida. La persistenza è marcata da opportuna sapidità che delinea la grazia della beva. Si congeda su richiami di erbe aromatiche. Vinificato nell’acciaio dove rimane per 8 mesi.
OBIZ Friuli Aquileia Bianco Natissa Riserva 2016 Uve: malvasia 50%, tocai friulano 50%. Alc. 13% - € 15 Giallo paglierino carico con le sfumature dell’oro. Ampia e calda gamma odorosa. Fiori di zagara, agrumi canditi, ginestra, fiori secchi di camomilla, miele millefiori, sbuffi resinosi. Ben strutturato. L’ottima beva è scandita dal contributo sapido e fresco che regola la morbidezza. Si spegne lentamente con echi fruttati e varietali. Vinificato nell’acciaio per 4 mesi, poi matura per 5 mesi in vasi di cemento. Affina in bottiglia per 4 mesi.
SCARBOLO Friuli Grave Chardonnay Lara 2016 Alc. 13,5 % - € 25 Giallo paglierino brillante. Complesso e varietale al tempo stesso. Cenni tropicali introducono fioriture estive, erbe profumate come timo e rosmarino, agrumi canditi e frollino al limone. Intensi spruzzi di salsedine. Sapido e intenso. Vira su posizioni più morbide a significare l’equilibrio che domina l’elegante palato sino alla chiusura lenta e corrispondente fin nei minimi dettagli. Per 7 mesi in acciaio, seguono 11 mesi nel rovere grande.
ZUANI Collio Bianco Vigne 2017 Uve: chardonnay 25%, pinot grigio 25%, sauvignon 5%, tocai friulano 25% Alc. 13% - € 18 Veste paglierina luminosa. Corredo olfattivo di gran pregio. Inizio su temi freschi come uva spina e felce bianca. Seguono mela rossa, pesca gialla, kiwi e cocktail di agrumi su un fondo terroso e fumé. Grande equilibrio in bocca tra freschezza balsamica e apporto glicerico. Divenire lento, dai richiami di erbe mediterranee in cui spiccano salvia e rosmarino. Finale arricchito dalla salsedine. Fermenta in acciaio dove rimane per 7 mesi.
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Ho sempre pensato che il sorriso fosse il modo migliore di presentarsi alle persone. Ho provato affinchè fossero le cose che faccio e non quelle che dico a parlare di me. Mi chiamo Michel Oberhammer e sono di Cortina d’Ampezzo. Qui sono cresciuto, seguendo passo dopo passo, la mia famiglia nel proprio lavoro e nella volontà di portare sempre avanti un’idea di qualità e cortesia. Di cercare sempre il dettaglio anche nelle piccole cose. Mio padre, grande sportivo nell’ambito dell’Hockey su ghiaccio, sport che a Cortina negli anni d’oro aveva trovato la perfetta collocazione, grazie a questa passione ha potuto girato il mondo. Soprattutto nel centro Europa , a cavallo fra Austria, Germania e Francia e alla loro grande tradizione di maestri pasticceri e cioccolatieri ha scoperto, oltre allo sport, la sua grande passione. Amante di Vienna e della sua storia, ebbe la fortuna di frequentare le più belle pasticcerie della città asburgica e di coglierne l’essenza. Così passo dopo passo nacque nel 1958 quella che sarebbe stata per tanti anni l’attività di famiglia ed il mio primo posto di lavoro da dove tutto sarebbe iniziato: l’Embassy caffè di Cortina. Arrivarono così a Cortina le ricette della Sacher, della Schwarzwald, della Kase-sahne, dei Krapfen, quest’ultimi un must per i frequentatori della nostra pasticceria. A questo unì il fatto di aver sposato mia mamma, conosciuta da tutti come la Signora Svizzera, poiché di Lausanne. Ecco allora l’introduzione della cioccolata fatta a regola d’arte e delle prime coppe gelato elaborate e ricche di ogni gusto. Non per ultimo, dopo un viaggio in Irlanda a trovare un amico e compagno di ghiaccio, l’Irisch Coffee che in Italia alla fine degli anni 50 in pochi conoscevano. Era tradizione di famiglia che in quel bar, che offriva ai suo avventori tante cose buonissime, il percorso per arrivare
alla postazione di frontman, ovvero quella persona che aveva l’onore e il piacere di parlare direttamente con il cliente, la strada fosse lunga. Così dalla zona lavaggio prima, alla pasticceria poi, alla gelateria fino ad arrivare finalmente al tanto aspirato bancone, la mia strada nel mondo del bar/ristorazione cominciò a disegnarsi. A differenza di oggi, si era coscenti del fatto che solo chi aveva le competenze professionali e caratteriali giuste poteva gestire con SAVOIR FAIRE il proprio affezionato cliente. Ecco da dove nasce la mia voglia di imparare, di conoscere, di scoprire, di confrontarmi e di stare con la gente. Ora a 43 anni fatti e vissuti, sono quasi trent’anni che lavoro nell’ambito di bar e ristorazione. Sono il fiero propietario di due belle realtà, quella di famiglia, l’Embassy caffè nel centro di Cortina ai piedi del campanile e delle Tofane che ne fanno da cornice, che ora gestisco da solo e quella da me creata 10 anni fa, sulla base della mia grande passione nel mondo vino: La Cave il vino a Cortina. Una realtà che assieme ai miei collaboratori cresce di anno in anno e che portiamo avanti con dedizione e impegno e diciamolo pure con divertimento e soddisfazione. Credo di aver fatto delle cose positive, altre assolutamente belle e come tanti, credo di aver fatto delle enormi stupidate. Ma questo fa parte di me, del mio percorso e di quello che ho sempre inseguito, a volte con l’incoscienza e la sfrontatezza di un ragazzo e fortunatamente, a volte con l’esperienza e l’attenzione di un professionista e di un vero commerciante. Di chi sono Io ora e di tutte quelle cose belle che ogni giorno faccio assieme ai ragazzi che mi aiutano non posso e non voglio parlare in questa sede. Ma senza le persone che mi hanno supportato e creduto in me, da mia moglie, mia figlia e ai miei genitori e amici non avrei fatto niente.
Località Pian da Lago, 13F, 32043 Cortina d’Ampezzo BL shop@lacavecortina.com T. 0436 5655 57
E OCA SIA! di Raffaella Nardini
“Oca giuliva”, si sa, nel linguaggio comune è una persona generalmente di sesso femminile, dall’aria stupida e compiaciuta di sé. Nulla di più sbagliato. L’oca, infatti, è un animale davvero intelligente e assolutamente capace di rapportarsi con chi gli sta intorno.
L
a sua attitudine alla difesa del luogo in cui vive e dei suoi simili, purché sia allo stato libero e nel suo gruppo sia presente almeno un maschio, l’ha resa protagonista dell’eroica impresa risalente al 390 a. C. che la vide porsi a difesa dell’Urbe Capitolina, minacciata dai Galli, nel celebre episodio noto a tutti come la leggenda delle oche del Campidoglio. Lontana dal poter essere lo stereotipo della stupidità, è un simpatico animale di cui, così come del maiale, non si butta via niente, o quasi... Nella storia dell’attività agricola dell’uomo, l’allevamento dell’oca ha radici molto lontane nel tempo. Nella pianura friulana, e in particolare nell’agro aquileiense, è da sempre allevata ed apprezzata per la sua piuma, il suo grasso, il suo fegato e per la deliziosa carne. Molti sono i prodotti tradizionali ottenuti con questo nobile palmipede, ma ben pochi sono coloro che a essi si dedicano, perché non è un animale dalla cui lavorazione si possano ottenere grandi guadagni, soprattutto quando sono allevate come Dio comanda. È stata una vera gioia trovare qui, nella “mia ridente” Bassa friulana, un’azienda che all’allevamento delle oche si dedica con passione, e ancora di più si prodiga nella trasformazione delle sue carni eccellenti. L’Azienda Agricola Lucia nasce a tutti gli effetti una quindicina di anni fa, dopo lunga tradizione di allevamento di animali di bassa corte da diverse generazioni, a Santa Maria La Longa. La signora Lucia, insieme ai figli Marco e Andrea Gattesco, conduce un’azienda di ben quindici ettari, tre dei quali dedicati all’allevamento delle oche allo stato brado, libere di razzolare e di svolazzare, mantenendosi in ottima forma senza accumulare troppo grasso anche grazie alla sana alimentazione con mais, orzo e pisello proteico, autoprodotti in azienda.
A pieno regime l’attività alleva, macella e trasforma la carne di mille oche all’anno, partendo direttamente dalle uova che si schiudono nella proprietà, oppure da piccole oche di 5 giorni circa che vengono cresciute fino al peso di 6-7 Kg. Le carni fresche vengono in parte conferite alla ristorazione, il resto viene lavorato con amore secondo le ricette di famiglia senza uso di conservanti, né lattosio, né tanto meno nitrati, ma solo spezie, sale e tanta pazienza. L’azienda produce lo speck d’oca arrotolato, insaccato in budello naturale e stagionato 3 mesi, poi quello d’oca affumicato, ottenuto dal petto fresco d’oca massaggiato ogni 12 ore nel periodo della salatura e delicatamente affumicato. C’è anche il salame di pura oca, chiamato il salame Ecumenico perché gradito anche al popolo ebraico la cui religione proibisce il maiale, di oca al 100%, insaccato e legato a mano, come vuole la tradizione friulana; poi il prosciutto crudo d’oca in rotolo, salato e massaggiato per 72 ore e stagionato 3 mesi e, per finire in gloria, il prosciuttino d’oca ottenuto dalla coscia fresca intera, marinata a secco e massaggiata per 48 ore prima della stagionatura di 50 giorni. Sfatato quindi lo stereotipo della stupidità delle oche, sfatiamo anche la credenza che il grasso delle oche faccia male. È infatti un grasso davvero ricco di omega 3, omega 6 e omega 9, quasi come un dietetico pesce di mare. Tutti i prodotti, gustosi e fatti con amore, sono disponibili in azienda, a Santa Maria La Longa, in via San Marco, con farine di grani antichi, di produzione propria, e con la Rosa di Gorizia, che l’azienda (che fa parte dell’Associazione Produttori Radicchio Rosa di Gorizia e/o Canarino di Gorizia) produce pure, sempre con dedizione. Lo spirito imprenditoriale di questa famiglia non si arresta. In anteprima ci hanno annunciato l’imminente l’apertura dell’AgriBistrot Lucia, in via Dante 10 a Palmanova, un locale gradevole e curato che proporrà, a partire dalla fine di novembre, è una promessa della famiglia, piatti a base di oca e di Rosa di Gorizia. Sarà senz’altro un’altra occasione, per mamma Lucia e i suoi ragazzi, di valorizzare il loro costante e amorevole lavoro.
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AZIENDA AGRICOLA LUCIA Via Molin, 17 33057 Palmanova UD T. 0432 928600 info@aziendaagricolalucia.it 59
LA RICET TA DELL' OCA RIPIENA AL FORNO INGREDIENTI PER 15 PERSONE è preferibile utilizzare una grossa oca pulita e disossata, carne macinata di maiale 250 g, carne macinata di manzo 250 g, salsiccia 150 g, 2 uova intere, pane grattugiato 250 g, Montasio stagionato grattugiato 200 g, 1 mazzetto di odori, sale e pepe per il ripieno e per insaporire esternamente, poco grasso d’oca, latte q.b, 2 bicchieri di vino bianco secco, ago e filo sottile per cucire, raffia da cucina. PREPARAZIONE predisporre il ripieno mescolando gli ingredienti in una grossa ciotola come se si dovesse impastare, aggiungere per ultimo il latte per inumidire l’impasto. Con ago e filo cucire l’oca partendo dal collo, fare punti piccoli e regolari fermandosi quando sarà rimasto lo spazio abbondante per poter inserire una mano nel posteriore. Inserire il ripieno un po’ per volta senza premerlo troppo e distribuirlo bene nell’intera cavità. Mettere tutto il ripieno e cucire completamente il posteriore dell’oca. Prendere un lungo pezzo di raffia e legare l’oca così da ridare all’animale la forma simile a quando era con le ossa. Salare, pepare e poi massaggiare con il grasso d’oca ed infornare a 180° in forno ventilato. Dopo 30 minuti versare un paio di bicchieri di vino bianco. Una volta evaporato il vino abbassare la temperatura a 160° e proseguire ancora per 2 ore e 30 minuti spennellando di tanto in tanto la superficie con il grasso di cottura e ruotando l’oca ogni 30 minuti circa. Passate le 3 ore di cottura trasferire l’oca in una teglia di ceramica e portarla in tavola.
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CASTELLO DI SPESSA Collio Pinot Nero Casanova 2015 Alc. 14,5% - â‚Ź 25 Rubino scuro. Subito note balsamiche aprono il corredo olfattivo che risulta elegante e netto. Appunti varietali liberano pepe nero seguito da tabacco, liquirizia, legno arso e sottobosco. Cuoio e finissime erbe mediterranee essiccate. Beva composta, bilanciata dalla freschezza balsamica che intercetta la componente alcolica. Il tannino vellutato rallenta il sorso a lungo. Per 24 mesi nei piccoli legni di Francia, affina in bottiglia altri 12 mesi.
RONCO SEVERO Friuli Colli Orientali Schioppettino di Prepotto 2015 Alc. 14% - â‚Ź 32 Rosso rubino. Offre una perfetta amalgama di profumi ben fusi tra loro ma perfettamente distinguibili. Subito viole e sottobosco in evidenza. Poi spezie scure e incenso. Tostature e resine. Piccola frutta rossa e scura come ciliegie, mirtilli e more di rovo. Ingresso morbido ma subito regolato dal tannino vivo e dalla freschezza ben presente. Sapido e speziato nel congedo. Fermenta in tini aperti e matura in botti grandi di rovere di Slavonia.
DE PUPPI Merlot Il Boscorosso Rosa Bosco 2012 Alc. 14,5% - â‚Ź 45 Rosso rubino fitto dalle vivide nuance purpuree. Ventaglio odoroso complesso, possente e ben fuso. Confettura di ciliegie e fragole, macchia mediterranea, legno arso, resina, china e incenso. Seguono raffinate spezie tra cui cardamomo e pepe di Sichuan. Avvolgente e balsamico. Il tannino setoso ben proporziona la bocca. Glicerico e lentissimo nel finale tutto dedicato alle spezie e alle resine. Fermenta e matura in barrique nuove per 24 mesi.
AGRITURISMO TINA Via Casa Pascutto, 1 33095 Rauscedo San Giorgio della Richinvelda PN T. 0427 94121 www.agriturismotina.it 61
LA RIBOLLA DI MANLIO di Daniele Cernilli
foto di Umberto Pellizon
www.doctorwine.it
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on provate a dirgli che la sua Ribolla Gialla spumante è fatta col metodo Charmat. “Resta tre anni in autoclave, altro che Charmat, questo è metodo Collavini e basta”. Non c’è molto da replicare. Manlio, che è normalmente persona amabile e tollerante, di formazione liberaldemocratica, visto che è stato fra i primi deputati eletti nelle liste della neonata Forza Italia berlusconiana, quella della “rivoluzione liberale”, su certi argomenti si accalora parecchio. Con molte ragioni. Perché c’è una bella differenza fra un semplice spumantino fatto con metodo Charmat, tenuto in presa di spuma per un paio di settimane al massimo, e quello splendore di Ribolla Gialla. Un vero fuoriclasse nel suo genere. “Non hai idea dei costi di produzione. Tenere un vino per tre anni in autoclave, occupandola per tutto quel tempo, costa una follia, più di un metodo classico.” Il risultato però è eccezionale. I profumi sono fragranti, ma accanto alle note fermentative, quelle di crosta di pane, di lieviti, sono ancora presenti quei caratteri olfattivi che invece derivano dall’uva, quel fruttato agrumato tipico del vitigno, in un’alternanza di sensazioni particolarmente eleganti e di eccezionale piacevolezza. Una cosa che accade anche nel profilo gustativo, dominato dalla componente di anidride carbonica che colpisce lingua e palato in modo sensuale, con un’effervescenza cremosa, continua e appena accennata, composta, dannatamente coinvolgente. Quella del 2013, che è appena uscita, poi è un vero capolavoro. Quando gliel’ho detto, per telefono, ho immaginato che abbia sorriso, anche se il suo tono sempre molto sotto le righe non è cambiato di molto. “Stavolta ti sei superato. L’ultima versione di quel vino è davvero eccezionale.” Manlio, ma l’avrete capito, è Manlio Collavini. Artefice di una fra le cantine più famose dei Colli Orientali del Friuli, a Corno di Rosazzo, manco a dirlo in via della Ribolla Gialla, e come poteva essere altrove? I Collavini fanno vino dal 1896, ma è da una quarantina di anni, da quando Manlio ha preso in mano l’azienda, che i vini hanno ottenuto fama e considerazione. Prima con Il Grigio, uno spumantino, quello sì, che ha letteralmente dominato la scena delle bollicine friulane per diversi anni. Poi con una serie di vini “fermi” di ottimo livello. Il Blanc Fumat, innanzi tutto, che è un Sauvignon profumatissimo e di ottimo corpo, e il Broy, un Collio Bianco ottenuto con uve Friulano e Chardonnay appena surmaturi e un saldo di Sauvignon Blanc. Un bianco possente, ricco, molto “friulano”, dal carattere inconfondibile. E tanti altri, da Ribolla, Refosco, Merlot. Solidi, affidabili, quasi riflettono il carattere di Manlio, che nel suo genere è una roccia, un uomo determinato e brillante, dall’intelligenza veloce. Uno che quando ti guarda ha capito in un attimo con chi ha a che fare. E se si fa un’idea poi per fargliela cambiare sono dolori. Soprattutto uno che nella vita ha fatto molte cose diverse, fra le quali l’imprenditore e il politico, e che ne ha viste di tutti i colori, non facendosi impressionare più di tanto. Però quello con la sua Ribolla Gialla spumante è un rapporto speciale. Come fosse un’amante segreta e liquida. Una storia quasi privata, alla quale sei ammesso solo se riesci a capire davvero. E non è difficile se si ama il vino
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DOMAINE PIERRE JEAN VILLA 5, Route de Pélussin 42410 Chavanay T. +33 474544110 www.pierre-jean-villa.fr
L'ASCESA DELLO SPAGNOLO di Federico Magni
Foto di Thomas Muselot
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uando acquista i primi vigneti nella parte più settentrionale della Vallée du Rhône e costruisce a Chavanay, paesino a due passi da Condrieu, una piccola ma funzionale “cantina”, nel 2009, Pierre Jean Villa, spagnolo per parte di padre, è già un veterano del mondo del vino. A partire dal 1992 lavora, tra altri, in due tra i più prestigiosi domaine della Côte de Nuits, Clos de Tart e Domaine de la Vougeraie con Pascal Marchad. Dal 2003 si avvicina a casa, prendendo le redini della vinificazione del progetto Vins de Vienne, creato da Yves Cuilleron, François Villard e Pierre Gaillard per valorizzare l’allora dimenticata zona di Seyssuels, appena a nord di Vienne, sulla riva sinistra del Rodano.
Ed eccoci al 2009, anno in cui, dopo una lunga -ma neanche troppo- riflessione, Pierre Jean decide di mettersi in proprio. All’inizio sono piccole parcelle in Saint-Jospeh, Condrieu e Côte Rotie –le cui uve vinifica dapprima nella cantina dell’amico Jean-Michel Gerin, uno dei grandi nomi del Rodano settentrionale, a Ampuis-. In poco tempo il suo domaine cresce arrivando agli attuali 14 ettari costituiti da un mix di vigne vecchie e nuove con alcuni cru di assoluta eccellenza come il Fongeant in Côte-Rotie. Dalle vigne abbarbicate su colline scoscese, a tratti inaccessibili, che delineano il paesaggio, ottiene acini perfettamente maturi che si affineranno con un passaggio in legno. Paradigmatica in tal senso è la cuvée Tildé, Saint-Joseph prodotto con uve provenienti da Chavanay e da Sarras, al limite sud dell’appellazione. Qui il granito è andato decomponendosi assumendo le sembianze di sabbia chiara. Il clima è tra i più secchi e ventosi della zona e la componente zuccherina degli acini molto elevata. La capacità di Pierre Jean sta tutta nel saper dosare, ricorrendo anche, a seconda dell’annata, a una percentuale di raspi in vinificazione, maturità del frutto e componente salina propria del suolo. Risultato, un vino carnoso, appagante, ma dalla beva facile, quasi “leggera”. Accanto alle più rinomate “appellazioni” di Côte-Rotie e di Saint-Joseph, la gamma dei rossi, tutti, ovviamente, syrah, è completata da un Crozes-Hermitage e da due IGP Collines Rhodaniennes provenienti dalle vigne più giovani del domaine su terreni ricchi di scisto e granito. Questi ultimi sono vini di una piacevolezza quasi disarmante soprattutto se serviti leggermente “freschi”. L’affinamento, sempre in legno, varia dai dodici ai ventiquattro mesi. Passaggio in legno anche per i bianchi, un Condrieu proveniente da vigne di circa quindici anni su suolo granitico e un Saint-Jospeh, da roussanne, con esposizione sud/sud-est. Con il progressivo allargamento degli ettari di proprietà si è fatta sempre più pressante l’esigenza di una nuova cantina, più ampia e funzionale, che oggi è in corso di realizzazione sempre nel comune di Chavanay. I vecchi locali sono adibiti a deposito e a spazio ricreativo dove Pierre Jean, insieme a un gruppo di amici composto da alcuni dei più importanti vignaioli della regione, coltiva la sua grande passione per la musica. Uomo schietto, disponibile, dal sorriso aperto e franco, ha saputo in pochissimi anni farsi un nome nella regione prima, e poi in tutta la Francia e ora anche all’estero a mia conoscenza è uno dei vignaioli più apprezzati dai suoi colleghi- ed è senz’altro destinato a diventare uno dei più grandi produttori di una delle principali regioni vitivinicole di Francia.
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COTE-ROTIE FONGEANT 2016 Uve: syrah 100% Alc. 13,5% - € 140
Vigne di più di 60 anni su terrazzamenti granitici ricchi di gneis, d’argilla e di ferro. In poche parole, uno dei principali “cru” di Côte Rotie. Colore di un rosso acceso, appena smorzato da una vena granata. Profondità, energia, vigore attraversano olfatto e palato. Frutti rossi si amalgamano con viola mammola e bacche di ginepro. Le spezie dolci non sono invadenti e imbrigliano un pepe nero e verde che sembra quasi di mangiare in grani. La chiusura non si può contare pervasa com’è da un corredo balsamico e salato che non concede tregua e rende uno dei vini più longevi godibile fin da subito. Anatra ripiena con spugnole.
COTE-ROTIE CARMINA 2016
Uve: syrah 100% Alc. 13,5% - € 70
La composizione del suolo è la stessa del fratello « maggiore ». Le vigne sono più giovani e il passaggio in legno meno prolungato. Rosso compatto, serrato, da cui lentamente si fanno strada profumi di fragola, pesca della vigna e prugna. Intenso e profondo l’assaggio con tannini che iniziano a farsi setosi, avvolgenti, straordinariamente maturi per la giovane età. Il frutto maturo si alleggerisce via via svelando sapori di caffè in polvere e tabacco e una sottile vena di cioccolato fondente. Rara la persistenza, totalmente corrispondente. Agnello al forno alle erbe aromatiche.
SAINT-JOSEPH TILDÉ 2016 Uve: syrah 100% Alc. 13% - € 60
Vigne di circa 40 anni esposte sud/sud-est su terreni scistosi. 24 mesi di affinamento in legno grande apportano un tocco che ricorda il caffè in moka. Attacco leggermente austero che in pochi attimi si compone di succo di mirtilli per poi virare su lavanda e rosmarino essiccato. Carnoso e succoso senza mai perdere in piacevolezza, il sorso scorre sostenuto da corpo che ben bilancia un tannino appena esuberante. Una nota di bastoncino di liquirizia contribuisce a prolungare e a rendere ancor più elegante il finale. Pluma di maiale iberico.
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SAINT-JOSEPH PREFACE 2017 Uve: syrah 100% Alc. 13,5% - € 45
L’opera prima di Pierre Jean come vignaiolo “in proprio”. L’età delle vigne varia dai 30 fino ai 90 anni. L’esposizione, come per gli altri, è sud/sud-est. La vinificazione è stata parzialmente sui raspi e l’affinamento è di 12 mesi in legno grande. Naso sottile, fresco, affilato, dove predominano il pepe nero e la violetta e solo in un secondo momento si fanno strada la marasca e la prugna secca. Il copione resta lo stesso, equilibrio cercato, e trovato, tra tannino arrotondato dal passaggio in legno e freschezza ben presente lungo tutto l’assaggio. Coniglio alla cacciatora.
CROZES HERMITAGE ACCROCHE COEUR 2017
Uve: syrah 100% Alc. 13% - € 40
Appellazione più recente rispetto alla vicina Hermitage, l’aoc Crozes Hermitage nasce nel 1937. I terreni sono di origine alluvionale con presenza di galets rouléts. Vigne relativamente giovani che superano di poco i 10 anni. Uno dei “piccoli” di casa. Lo si intuisce subito dal colore rubino e, appena portato al naso, dalla folata di succo di piccoli frutti rossi accompagnati da pepe verde, violetta e rosmarino. Il primo sorso e il secondo seguono a brevissima distanza a testimonianza di un assaggio che disarma per piacevolezza. Spiedino di lumache.
CONDRIEU JARDIN SUSPENDU 2017
Uve: viognier 100% Alc. 13,5% - € 60
Vigna di una quindicina d’anni su terreno prevalentemente granitico. Giallo paglierino impreziosito da riflessi dorati. Il legno grande non intacca la purezza della pesca bianca e della verbena e la scorza d’arancia candita introduce a eleganti profumi di resina e burro salato. Se l’attacco del primo sorso può ingannare per ampiezza, ci si ricrede all’apparire di una vena sapida che caratterizza l’allungo rendendolo fine ed elegante fino alla lenta chiusura in cui si ritrovano scorza di agrumi e frutta a pasta bianca. Zuppa di cipolla.
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DOLCE SALATO E CAFFÈ di Bruno Cataletto
foto di Stefano Quarantotto
In un pittoresco scorcio cittadino, fatto di alti palazzi in stile liberty, incontriamo idealmente, nel nostro lento cammino, due grandi figure: Dante Alighieri che ha dato il nome alla via che stiamo percorrendo e Umberto Saba la cui statua a grandezza naturale si erge proprio di fronte alla nostra odierna meta, il bar pasticceria Eppinger Caffè. Entriamo curiosi. Alla nostra sinistra ci imbattiamo immediatamente nella zona bar in cui avventori e barman da una parte e l’altra del bancone si fronteggiano immersi in un sottofondo sonoro creato dagli ordini delle comande e dal brusio incessante di chiacchiere appassionate. Volgendo lo sguardo a destra i nostri sensi vengono rapiti dal banco pasticceria, ricchissimo di colori e di profumi, dal quale fa capolino il sorriso franco e sincero di Sebastiano Scaggiante, il padrone di casa di questo angolo di paradiso. Dopo pochi minuti, seduti su alti sgabelli davanti all’ampia vetrata che ci isola come un paravento discreto dai passanti frettolosi che si muovono lungo la via, ascoltiamo un racconto che ci riporta indietro nel tempo.
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a famiglia Eppinger, nel 1848, si trasferisce dalla Boemia a Trieste, all’epoca porto dell’Impero austro-ungarico, riuscendo fin da subito a creare nei propri dolci una perfetta fusione fra i sapori mediterranei e gli aromi speziati tipici dell’Europa Centrale. Siamo solo all’inizio di un lungo percorso intriso di passione e tradizione. Infatti, come si legge nel registro della Camera di Commercio, nel 1888 Eppinger diventa una confiserie per la produzione di caramelle, drops e confetti e nel 1920 la ditta singola, proprietà di
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Raffaele Eppinger, assume il nome di «Giuseppe Eppinger» divenendo, in breve tempo, la più importante ditta dolciaria della città. Sebastiano evidenzia, con orgoglio e entusiasmo, che ancora oggi dolci tipici come il presnitz, la putizza, le fave, la pinza, il marzapane e lo strudel rappresentano il fiore all’occhiello di questo straordinario locale e sottolinea il fatto che vengono prodotti e consumati durante tutto l’anno, soprattutto per far conoscere la tipicità di questo variegato territorio ai numeri turisti in visita alla città. Sempre più spesso, nel mondo della ristorazione, tradizione
e innovazione non sono concetti contrapposti, ma procedono affiancati amplificando ed esaltando l’uno le qualità dell’altro. Eppinger Caffè ha rappresentato fin dalla sua apertura, nel 2010 in questa bella zona centrale della città, un bar pasticceria al passo con i tempi. Aperto non stop, sette giorni su sette, il locale è in grado di cambiare “pelle” e di offrire prodotti diversi con il trascorrere delle ore. I clienti che lo frequentano durante la mattinata sono accolti dal profumo delle intriganti miscele di caffè accompagnate dagli aromi dei prodotti da forno (frollini, brioches, crostate) e dalla produzione giornaliera di torte, paste e mignons. Lo scenario cambia durante la pausa pranzo in cui gli avventori si possono accomodare nella spaziosa sala situata al piano superiore e consumare una piacevole colazione di lavoro scegliendo fra un’ampia offerta di pasticceria salata e i numerosi piatti di un menù che utilizza prodotti di stagione. E, infine, quando le pareti del locale cominciano a riflettere i colori tenui e soffusi
del tramonto, i barman iniziano a esprimere tutta la loro creatività proponendo cocktail sempre nuovi e accattivanti. Il nostro padrone di casa ci ricorda che gli spazi al secondo piano si sono rivelati molto adatti per ospitare feste private, conferenze, mostre e eventi particolari quali, ad esempio, degustazioni di vini nazionali e internazionali. Proprio mentre stiamo assaporando un fresco ed elegante vino bianco regionale, Sebastiano continua a soddisfare la nostra curiosità raccontandoci come nello stabilimento Eppinger, situato nella zona industriale della città, ci sia un’esplorazione continua e costante nel tempo di nuove strade del gusto al fine di proporre prodotti sempre nuovi e indimenticabili che si possono ritrovare anche in un secondo bar aperto nel 2014 nella centralissima Piazza San Giovanni. Un’attività quindi a tutto tondo dove ognuno può trovare un aspetto nuovo e diverso, fatto di declinazioni e variazioni tra dolce, salato e caffè.
EPPINGER CAFFÈ Via Dante Alighieri, 2/b 34122 Trieste T. 040 637838 eppingercaffe@gmail.com 71
GODINA Via Dei Capuccini, 1 34170 Grado (GO) T. 0481 533136 www.spesagodine.it 72
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NEGOZIO DA RE di Giorgio C. Riva
foto di Umberto Pellizon
Gorizia, in zona centrale, c’è un mercato, di 859 mq, GODINA più, grande, non enorme, poco più di un grande negozio di vicinato, cui può assomigliare, ma diverso, assai diverso, nella concezione e nelle “proposte”, affiancato da GUSTO più, una gastronomia per asporto e per ristorazione sul posto, di 300 mq È l’erede del botteghino di alimentari, in una stanza di 10 mq, in cui Pietro Godina avviò la propria attività nel 1905, e del primo supermercato self-service della città, con una superficie di 400 mq inaugurato dal figlio di Pietro, Silvio, nel 1964. Davide Godina, figlio di Silvio, ci tiene a ribadire l’ impegno della propria famiglia -quotidianamente al lavoro con lui e consorte Francesca nel mercato, sette giorni su sette, ci sono già anche le figlie Carlotta e Camilla Diletta-: “Vogliamo far conoscere a una platea più vasta di consumatori i mondi, in regione e fuori, dei piccoli che producono qualità e che restano esclusi dalla grande distribuzione alimentare moderna. Non per far aumentare i consumi ma perché la clientela mangi meglio, magari prodotti locali naturali e biologici”. La VIA del GUSTO è il percorso interno a “mercato gastronomia” che coerentemente si sviluppa in 8 tappe, altrettanti “numeri civici” della Via che si percorre alla (ri)scoperta, come dice sempre Davide, anche del cibo locale e della nostra cultura. Il Mercato (reparto) della Frutta e della Verdura è quello che ci accoglie subito con la miglior offerta dei prodotti della terra ma, soprattutto, son le parole di Davide, la “guida”, con “i tesori locali nelle stagioni di raccolta”. Ad esempio, tra poco, la repa, rapa, ufiel, simbolo del borgo di San Rocco e la Rosa di Gorizia. Seconda tappa al Mercato del Pesce, al “civico 2”, per ascoltare i consigli di Daniele per l’acquisto del pescato di giornata proveniente da Grado e da Trieste. Il pesce preferito potrà anche essere acquistato fritto al momento e è un “servizio” irresistibile. Al successivo Mercato dei Salumi e dei Formaggi, c’è sempre calca. Son tutti inevitabilmente attratti da quella che appare la salumeria formaggeria del paese di Bengodi. Un vero tripudio, innanzitutto per gli occhi, i formaggi e i salumi esposti e suggeriti dai cartelli e da Angelo. Sol per tentare di far comprendere al lettore la meraviglia di questo reparto, inusuale in una piccola città ma anche in tutta la regione, si trovano sempre, oltre a quelli –in diversi stati di avanzamentoda affettare, almeno sette/otto prosciutti crudi da tagliare a coltello. In occasione dell’ultima mia visita erano sulle morse: la “Ferrari”, e cioè un maestoso Joselito Pata Negra di 60 mesi, un Parma Riserva Galloni Barrique 36 mesi, un Parma Sant’Ilario 36 mesi, un enorme Bettella XL di 30 mesi, un Carpegna, un crudo di Norcia, un dolce fumo di Cormons di D’Osvaldo e un prosciutto carsolino di Bajta. Sempre per la miglior comprensione, cito solo alcuni, per non appesantire, dei produttori affinatori “nostrani” di alcuni dei formaggi presenti, Agrisiamon, Gortani, Sirk, Tosoni, Zidarič, Zoff. Al “civico 3”, la Piazzetta degli assaggi e delle offerte. Marjon, alla BECHERIA, taglia e prepara, tra altro, nostrana pezzata rossa e stupenda piemontese de La Granda. Provare i suoi ceva!! Un salto, doveroso, in CANTINA e la BIRROTECA. Ben 600 etichette, di Collio e di Carso, soprattutto. Bolle, in particolare Prosecco. E champagne, anche di piccoli, selezionati, produttori. Le birre must e mirata selezione di birre artigianali, locali e non. E, ora, la CUCINA di GUSTO più. Dedicata a chi non ha tempo o voglia di cucinare, o a chi vuol togliersi qualche sfizio ma non è attrezzato, ai lavoratori e agli studenti fuori casa. Scegli il Gusto: CLASSICO, come la parmigiana di Matilde o il pasticcio di Pietro; FRONTIERA e cioè la liubianska di Godina; VEG & CONTORNI, tipo i Kiffel di Nicholas. Si può ordinare via internet e confermare l’ordine per telefono. E tra Gusto EXPRESS, si possono scegliere i sughi per la pasta di casa, oppure in VEG & CONTORNI, anche tutte le verdure già pronte per accompagnare i secondi della cucina di famiglia. Altrimenti, pizze e focacce e prodotti da forno in GUSTO PIZZA e in DOLCE & SALATO. Completano l’offerta del Mercato GODINA gli angoli I Secchi, con tutte o quasi le paste e i risi nazionali, i biscotti e i grissini etc., sempre con predilezione per il locale. Per finire, proprio perché il futuro, anche prossimo, dice Davide, deve vedere una maggiore propensione, anche del commercio, per la salvaguardia dell’ambiente in generale e del territorio ove si vive in particolare, il Mercato del BIO, con oltre 400 prodotti! Consiglio almeno una gita.
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L’ab i li t à de ll ’ar r e dam e n t o su m i su r a Pr o g et t i amo e r eal i zzi am o ar r edament o p er p r i v at i e azi ende
Via G. Marconi n° 73 4070 Mariano del Friuli (GO) T/F + 39 0481 699679
sartori1907.it 75
La ricetta di MangiaVino PANE SOFFIATO CON CREMA DI SPINACI, FONDUTA DI MONTASIO, PORCINI E TARTUFO Chef: Matteo Contiero
Ingredienti per il pane soffiato: acqua frizzante 500 g, olio evo 50 g, lievito 8 g, farina “tipo 1” 100 g, farina tipo “00” 50 g. Ingredienti per il ripieno: spinaci freschi 100 g, brodo vegetale q.b., Montasio fresco 80 g, Montasio stagionato 40 g, panna fresca 70 g, porcino intero 1, tartufo nero, sale, pepe, noce moscata. Procedimento per il pane soffiato: mescolare le farine con l’olio. Preparare a parte il lievito con l’acqua. Unire i due composti e amalgamare servendosi di un mixer. Introdurre l’emulsione in un sifone caricato con una bomboletta di azoto. Lasciare riposare per 1 ora in frigo. Riscaldare il forno a 230 °C, disporre la massa all’interno di uno stampo cilindrico sopra una carta da forno, e cuocere per 15 minuti. Procedimento per il ripieno: cuocere gli spinaci in padella aggiustando di sale, pepe e noce moscata. Realizzare una crema con il mixer regolando la cremosità con brodo vegetale. Far bollire la panna, unirla al Montasio e mixare per ottenere la consistenza desiderata. Pulire il porcino, tagliarlo a fette e saltarlo in padella con l’olio e uno spicchio d’aglio in camicia. Composizione del piatto: creare un piccolo foro nella parte superiore del pane soffiato, inserirvi la crema di spinaci, poi quella di Montasio, completare con le fette di porcino e alcune lamelle di tartufo.
TRATTORIA AL PARADISO Via Sant’Ermacora, 1 33050 Paradiso di Pocenia (UD) T. 0432 777000 www.tratoriaparadiso.it
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I VINI IN ABBINAMENTO ISOLA AUGUSTA Friuli Latisana Pinot Nero 2017 Alc. 12,5% - Euro 12 Rosso rubino tenue e lucente. Comparto odoroso varietale e di buona fattura. Pepe nero, chiodi di garofano e leggere resine. More e mirtilli, fragole e ciliegie. Sottobosco e tabacco biondo. Un lieve fumé accompagna l’intera olfazione. Ingresso fresco e speziato, quasi succoso. Tannino composto e funzionale alla beva. Sfuma su respiri speziati. Vinificato nell’acciaio. Matura per 4 mesi in barrique francesi. Affina in bottiglia per 4 mesi.
FIEGL Collio Chardonnay 2017 Alc. 13% - Euro 13 Giallo paglierino vivido e brillante. Una serie di piacevoli effluvi di pesca gialla, mela golden, albicocca, succo alla pera, ananas e succo di pompelmo. Erbe officinali essiccate. Note fumé indicano la territorialità. Inizio sapido, teso e coinvolgente. Si apre poi su sensazioni morbide che arricchiscono il palato e regalano piacevolezza. Il finale richiama essenze fruttate e salsedine. Vinificato esclusivamente in acciaio dove sosta per 6 mesi.
COLLI DI POIANIS Friuli Colli Orientali Sauvignon 2017 Alc. 13,5% - Euro 15 Giallo paglierino intenso e luminoso. Naso inizialmente disposto sui temi varietali. Mentuccia, peperone, pompelmo e foglia di pomodoro in evidenza. Poi pesca gialla e albicocca. Frollino al limone e fiori di camomilla. Cocktail di agrumi e mineralità marina. L’assaggio fresco e fruttato si accompagna a morbidezze gliceriche e a decisa sapidità. Si congeda, senza fretta, sapido e tra agrumi e piccole spezie. Vinificato nell’acciaio per 8 mesi.
VENEZIA GIU
INDICAZIONE
LIA
GEOGRAFICA TIPICA
Grame
RENZO SGUBIN Bianco 3,4,3 206 Uve: tocai friulano 50%, chardonnay 30%, malvasia istriana 10%, sauvignon 10%. Alc. 14% - Euro 18 Paglierino intenso e luminoso. Naso raffinato e dal ventaglio articolato. Agrumi canditi, pesca gialla, frutta secca, fienagioni estive e miele millefiori. Polvere di salvia e rosmarino, succo di arancia rossa e salsedine. Spezie dolci e folate balsamiche completano il quadro. Setoso, pieno e la freschezza sapida rende l’assaggio simmetrico. Corrispondente e persistente. Vinificato nel rovere francese. Per 9 mesi tra tonneau e piccoli legni di rovere.
MALVASIA 2016
FERLAT Malvasia 2016 Alc. 13,5% - Euro 23 Antico giallo oro. Corredo olfattivo spiccato e complesso. Miele di castagno, cera d’api, tabacco e farina di castagne. Slanci balsamici e resinosi, erbe officinali, eucalipto. Frutta a pasta gialla e fioriture estive. Buon corpo, avvolgente e setoso. Il sostegno fresco-sapido è proporzionato e rende la beva snella. Sviluppi aromatici concludono il percorso. Vinificato sulle bucce nel cemento. Sosta per 12 mesi in barrique di più passaggi.
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L'INEGUAGLIABILE CARNE DI GERARDO di Flavia Virilli
foto di Fabrice Gallina
È il tempio friulano della brace antica, crocevia di appassionati gourmet che vi giungono da tutta Italia e non solo. Per trovarlo dovete addentrarvi nel dedalo di strade che attraversa la pianura gemonese, a nord di Udine, e chiedere di Gerardo: un nome che è ormai un marchio, simbolo di quella dedizione e di quella passione che hanno saputo trasformare la bistecca in pura arte.
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ato nel 1947 a Ospedaletto Euganeo, Gerardo Buttarello ha respirato fin da bambino l’aria dei grandi alberghi grazie alla madre, che in quegli anni ricopriva il ruolo di prima governante dell’Hotel Des Bains al Lido di Venezia. L’ambiente raffinato e cosmopolita, con il quale la sua famiglia era solita confrontarsi, fin dalla tenera età imprime nell’animo di Gerardo il “savoir faire” necessario a soddisfare la clientela più esigente, oltre a regalargli esperienze uniche. Come quando, all’età di 5 anni, salì sull’Orient Express per raggiungere il fratello a Parigi, dove frequentò le scuole elementari. Questo fu il primo di una serie di soggiorni all’estero che plasmarono il carattere di Gerardo in maniera indelebile, permettendogli di apprendere il francese e il tedesco, oltre a quel bagaglio di competenze che risulteranno determinanti per il successo della sua attività di ristoratore. Rientrato in Italia a 11 anni, egli prosegue gli studi a Gemona del Friuli, paese natale della madre, e, nel 1961, comincia la propria carriera nel settore alberghiero dapprima al Cavalletto & Doge Orseolo di Venezia e poi al Savoia di Trieste, lavorando in portineria. A 16 anni, Gerardo fa nuovamente le valigie e parte per la Germania, dove lavora per due anni al famoso hotel “Continental” di Monaco di Baviera con l’incarico di “page”. Questa esperienza risulta cruciale per la sua crescita professionale: catapultato nel jet set internazionale, egli ha la possibilità di conoscere le personalità più in vista dell’epoca, da Gunther Sachs a Helmut Kohl, dai Rolling Stones, fino ai Beatles, ad Anthony Quinn e a George Hamilton. La svolta avviene nel 1975, quando Gerardo decide di abbandonare il mondo dell’ospitalità alberghiera per cimentarsi in quello della ristorazione, aprendo il suo primo locale a Gemona, chiamato Al Santo, che rimane in attività fino al tragico sisma che colpì il Friuli l’anno dopo. Gli anni del post terremoto sono turbolenti e anche la cucina è attraversata da un fermento creativo che, tuttavia, non disorienta Gerardo, deciso a offrire al cliente qualcosa di unico, semplice e di altissimo livello.
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È così che il 9 giugno 1989 apre l’ormai storica trattoria “G&G da Gerardo” sempre a Gemona, dove, insieme all’eccellente cantina che vanta le migliori etichette nazionali ed estere, propone ai suoi clienti la fiorentina alla brace antica. «Una scelta dettata non solo dalla passione per la carne - confessa Gerardo -, ma anche dalla consapevolezza che quello specifico taglio era il più congeniale al mio stile e non andava a concorrere con le proposte già in voga in Friuli in quel momento». Proprio in questa consapevolezza sembra risiedere il segreto del suo successo, nell’aver dedicato tutte le sue energie a ciò che gli riesce meglio e che, di conseguenza, è in grado di regalargli le maggiori soddisfazioni. In pochi anni il locale diventa di tendenza e il plauso dei critici non si fa attendere. Arrivano anche le prime collaborazioni con nomi noti, come il macellaio-poeta Dario Cecchini, che stimolano l’instancabile creatività del “Maître grillardin” gemonese - questo il titolo di cui lo ha insignito nel 2000 la celebre confraternita Chaîne des Rotisseurs -, portandolo a sperimentare con la carne di diverse razze bovine, fino a fargli eleggere la sua preferita: la Limousine allevata in Friuli. Ovvero, quella che, a suo dire, incontra alla perfezione la sua personale tecnica di cottura alla brace. Oggi, dal suo locale, ove si sono avvicendati clienti noti e prestigiosi, si esce sempre con la consapevolezza di aver degustato una prelibatezza senza tempo, sublimazione di quel rito arcano che rappresenta da sempre la cottura della carne. Una maestria riconosciuta da un sempre crescente numero di estimatori, il che porta Gerardo a collaborare con numerosi professionisti della ristorazione. «Il segreto di una buona bistecca - dice lui - sta nella lunga frollatura a una temperatura ben definita e controllata». Ma noi sappiamo che ci vuole molto di più per diventare un “maestro” - come tutti lo chiamano -, ai segreti del mestiere, infatti, vanno aggiunti entusiasmo, perseveranza e sacrificio. Tutte doti che a Gerardo non mancano e che gli sono valse il titolo di Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana.
G&G TRATTORIA DA GERARDO Via Properzia, 139 - 33013 Gemona del Friuli (UD) T 0432 980333
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LA RUBRICA DEI LIBRI
ANDARE PER VINI E VITIGNI di Patrizia Passerini Un bicchiere di vino può suscitare emozioni indimenticabili, ma al contempo soddisfare anche la nostra sete di conoscenza. Patrizia Passerini, organizzatrice di progetti ed eventi sulla storia e cultura del vino, ci conduce per mano lungo un itinerario che attraversa tutta la nostra penisola, da Nord a Sud, alla scoperta di vini e vitigni la cui storia è legata indissolubilmente a quella del territorio che gelosamente li custodisce. Biancolella, Moscato, Primitivo, vitigni antichi talvolta già presenti ai tempi dei Greci, Etruschi e Romani, talvolta provenienti da aree geografiche lontane, ma da secoli profondamente adattati alle nostre regioni oppure originari del nostro stesso Paese. Lungo questo percorso affascinante scopriremo quanto sono variegati i territori del vino italiani e quanta storia e cultura siano in grado di trasmettere a chi ha la curiosità e la passione di visitarli. Euro 12 – 176 pagine – Il Mulino
LE VITI NATIVE AMERICANE ED ASIATICHE di Mario Fregoni Quello di Fregoni è un nome illustre nel mondo del vino. Innumerevoli incarichi, riconoscimenti ed esperienze fanno di lui un esperto a tutto tondo e soprattutto un riferimento sicuro nel complesso mondo enologico. Un testo di grande rilevanza scientifica che riscopre l’esigenza di tornare a valorizzare le origini della viticoltura attraverso lo studio delle viti native che diecimila anni fa hanno dato il via alla moderna viticoltura. Il testo fa una esposizione attenta delle viti presenti nei vari continenti elencando caratteristiche e virtù. Il volume è diviso in tre parti. La prima è dedicata alle viti selvatiche americane, la seconda esplora il mondo delle viti asiatiche e la terza affronta il tema dell’ibridazione tra le due specie. Fregoni si sofferma anche sul singolare caso, oggetto di accurati studi, della “Vitis Sylvestris” presente a Urzulei in Sardegna che potrebbe avere 10 secoli di storia e rappresenterebbe un caso unico a livello scientifico. Euro 25 – 145 pagine – Ci.Vin Editori
VINO: FEMMINILE, PLURALE di Cinzia Benzi Si basa su una serie di interviste, ben undici, che l’autrice ha realizzato ad altrettante donne del vino. Sono: Sandrine Garbay, Julie Gonet-Médeville, Anna e Valentina Abbona, Raffaella Bologna, Cristina Ziliani, Camilla Lunelli, Marilisa e Silvia Allegrini, Ginevra Venerosi Pesciolini, Cecilia Leoneschi, Susy e Caterina Ceraudo, Silvia Maestrelli. Parlano della loro vita professionale e di quella privata, dei successi e di cosa significa essere all’interno di questo mondo che fino a qualche anno fa era quasi esclusivamente in mano maschile. Le singole storie mettono in evidenza quando sia importante l’apporto femminile in questo settore. L’autrice narra con viva partecipazione i percorsi che hanno affrontato per affermarsi e come queste manager, enologhe, direttrici commerciali e della comunicazione abbiano portato nuovi valori e stili in un settore importante del life style italiano. La prefazione è di Massimo Bottura. Euro 12 – 128 pagine – Giunti Editore VINI ARTIGIANALI ITALIANI di Armando Castagno, Gianpaolo Gravina, Fabio Rizzari “Piccolo Repertorio per l’anno 2019” è il sottotitolo di quest’opera realizzata dai tre noti critici enoici che già in passato hanno unito con successo le loro esperienze e la loro capacità comunicativa. Questo repertorio, dedicato alle novità enologiche italiane più interessanti, è in realtà una novità assoluta dell’editoria dedicata al mondo del vino. Accanto a ciascuno dei 118 racconti legati ad altrettanti vini, descritti con stile brillante e aperto a diverse chiavi di lettura, viene riprodotta un’opera d’arte, o parte di essa (presenti nella Pinacoteca comunale di Marsala). Nelle intenzioni degli autori, che rispettivamente sono anche uno storico dell’arte (Castagno), un docente universitario di estetica (Gravina) e un musicologo (Rizzari), l’immagine costituisce un ambiente di lettura per i testi, ai quali è legata per analogie semantiche, cromatiche, materiche, compositive, metaforiche, storiche o concettuali. Il progetto grafico è di Armando Castagno. Euro 25 – 256 pagine – Tre Bit Edizioni 81
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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo Anno IV, Numero 18 Direttore Responsabile - Renzo Zorzi Direttore Editoriale - Renato Paglia Vice Direttore Editoriale - Giorgio C. Riva Editore e Concessionario per la Pubblicità
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