OLTRE L’APICE
Uno sguardo sulla chirurgia refrattiva corneale, dall’alta standardizzazione di oggi, alle prospettive di un miglioramento futuro
RIFLETTORI SULL’ESPERTO
Giorgio Tassinari
LARGO
Il Filo Rosso
TECNICHE CHIRURGICHE Stabilità e Semplicità
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) - Anno V - N. 1/2023 - Trimestrale 1/2023 ANNO V
AI GIOVANI
IPOVISIONE tra teoria e pratica
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Anna D’Ambrosio
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18-19 marzo 2023 Firenze Per aggiornamenti www.fgeditore.it/prisma2023
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Redazione
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Direttore responsabile
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Grafica e impaginazione
Cristiano Guenzi
Coordinamento scientifico
Vittorio Picardo, MD
Hanno collaborato a questo numero:
Lucio Buratto, MD
Michela Cennamo, MD
Ugo Cimberle, MD
Leonardo Maria Del Vecchio
Vikentia Katsanevakis, MD, PhD
Aylin Kiliç, MD
Andrea Leonardi, MD
Giancarlo Montani
Daniel S. Mojon, MD, FEBO
Paolo Nucci, MD
Giorgio Parisotto
Diego Ponzin, MD
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Giorgio Tassinari, MD
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IL
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Copia omaggio
UN GRANDE ALLEATO CONTRO
LA MIOPIA PEDIATRICA GLOBALE
PRESENTATE LE DATE PER LE
“GIORNATE DELLA VISTA”
DELLA FONDAZIONE
ONESIGHT ESSILOR LUXOTTICA ITALIA
nEwS dallE aziEndE
1 Sommario
CovEr topiC OLTRE L’APICE rifEttori Suul’ESpErto VIAGGIARE IN UN MONDO NUOVO largo ai giovani IL FILO ROSSO CaSi da inCubo RICONGIUNGERE E RAFFORZARE innovazioni RIMODELLARE LA CORNEA nEwS approfondimEnti
EditorialE
RUOLO CENTRALE DEL CONSENSO tECniChE ChirurgiChE
fiSiopatologiCa
E SEMPLICITÀ ottiCa
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LA REFRATTIVA HA AMPI MARGINI DI CRESCITA: PERCHÉ STENTA DUNQUE A DECOLLARE?
di Dottor Lucio Buratto, Centro Ambrosiano Oftalmico (Camo), Milano, Neovision Cliniche Oculistiche, Milano
LLa chirurgia refrattiva, liberando il paziente da una fastidiosa protesi esterna, gli offre l’opportunità di migliorare notevolmente la qualità della sua vista e della sua vita. Perché allora la refrattiva stenta a diffondersi?
Tutti i portatori di difetti di refrazione potrebbero o dovrebbero trarre vantaggio da questa opportunità: perché ciò non avviene?
Quali sono le ragioni per cui, ad esempio, un miope non si fa ancora operare?
A mio parere i motivi sono due: la paura e la negatività dell’ambiente oftalmologico verso la chirurgia refrattiva.
ESAMINIAMO LA PAURA. Si tratta di paura delle complicanze? Paura di non vedere più dopo l’ope-
razione? Paura del dolore? O di una generica paura dell’incognito?
Tranquillizzare il paziente sulla paura del dolore è facile: basta comunicargli che serve una sola goccia di collirio anestetico, poiché la cornea, essendo molto innervata e accessibile, acquisisce facilmente anestesia dai farmaci.
La paura delle complicanze è molto più difficile da combattere perché è una reazione umana irrazionale davanti ad ogni incognita, e quindi anche ad ogni tipo di intervento chirurgico. Gli occhi sono esposti all’ambiente e ai traumi, sono delicati, sensibili e vulnerabili e tutti lo sanno, perciò basta un niente perché una persona si spaventi all’insorgere del minimo problema: la possibilità che qualcosa vada storto spaventa e ciò fa evitare l’intervento. Nel profondo, agisce il timore che l’intervento per una qualsiasi ragione porti a non vederci più, che riconduce alla paura ancestrale del buio. Questa paura irrazionale crea insicurezza e induce a non affrontare l’intervento.
COSA PUÒ FARE
IL CHIRURGO REFRATTIVO PER RIDIMENSIONARE
LA PAURA?
Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito: www.eyeseenews.it
Deve rassicurare il potenziale paziente, operandolo! Deve dimostrargli che l’intervento è sicuro, privo di rischi e portargli esempi di sicurezza come citazioni bibliografiche, articoli di magazine oculistici, citare personaggi dello sport e dello spettacolo che si sono fatti operare, ed esempi di professioni, come quella del pilota di aerei, in cui il paziente operato di refrattiva deve necessariamente acquisire una perfetta acuità visiva dinamica.
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EditorialE
“La LASIK è la procedura elettiva più sicura, di maggior successo e più studiata nel mondo; merita il titolo di ‘World’s Safest Elective Surgery’, e ha il più alto grado di soddisfazione del paziente”
Eric Donnenfeld, past President dell’American Society of Cataract and Refractive Surgeons ( ASCRS)
Quando si ha di fronte il paziente, è relativamente semplice riuscire a tranquillizzarlo. Molto più difficile è farlo fuori dagli ambulatori. Qui gli esperti di chirurgia refrattiva, con internet, la stampa e la televisione, possono fare un grande lavoro di informazione e di tranquillizzazione. Occorre poi reindirizzare le scelte di quelli che sono i migliori potenziali pazienti della refrattiva, cioè i portatori di lenti a contatto (LAC), persone già refrattarie all’uso degli occhiali. È d’obbligo informarli che i danni potenziali da LAC sono considerevolmente maggiori di quelli della chirurgia refrattiva: questo è un passaggio che va enfatizzato nella comunicazione a tutti i pazienti. Ad esempio, nei portatori di LAC, la Acanthamoeba induce infezioni veramente gravi che portano danni considerevoli alla vista: la Banca degli Occhi del Veneto e la letteratura scientifica sono concordi su questo punto.
“In anni recenti abbiamo visto un aumento dei casi di cheratite da Acanthamoeba nel Regno Unito e in Europa (...). Anche se rara, è una delle cause più gravi, ed è responsabile di circa la metà dei casi di perdita della vista dovuti a cheratite nei portatori di lenti a contatto. Il packaging delle lenti a contatto dovrebbe includere accurate informazioni sull’uso sicuro delle lenti e su come evitare i rischi. Le lenti a contatto riutilizzabili più che triplicano il rischio di infezioni oculari rare ed prevenibili”.
Fonte: Carnt N et al. Ophthalmology. 2023. doi: 10.1016/j. ophtha.2022.08.002.
Occorre dire chiaramente che utilizzare LAC è più rischioso rispetto a un intervento di chirurgia refrattiva e, alla lunga, anche più costoso oltre che più indaginoso e fastidioso. Oltretutto, le LAC portano pressoché sempre alla secchezza oculare con tutte le conseguenze che ciò comporta. Per i rischi e i timori di complicanze gli oculisti devono lavorare bene perché ci sono tanti “messaggi” contrari: quelli di una parte degli ottici e quelli dei colleghi che non fanno questa chirurgia, per cui occorre seminare positività a 360 gradi. Quando un paziente viene da noi oculisti refrattivi, è innanzitutto importante trasmettere fiducia e sicurezza se si vuole incoraggiarlo ad affrontare un intervento che desidera fare, ma che gli suscita dubbi e paure. La seconda ragione è che molti operatori sanitari o pseudo sanitari sconsigliano la refrattiva, anzi si dicono contrari. Posso capire che lo siano gli ottici, perché nei loro pensieri più profondi temono che il loro business ne risenta, ma non comprendo gli oculisti, o li comprendo solo in parte: è vero che molti sanno poco di refrattiva e quindi per non sbagliare la sconsigliano, ma è soprattutto vero che parecchi, non facendo la chirurgia, temono di perdere il paziente se lo inviano al chirurgo refrattivo. Il loro comportamento è poco corretto, perché la chirurgia refrattiva, togliendo l’uso di una protesi esterna, aiuta a migliorare non solo lo stato visivo, ma anche quello generale e psicologico del loro paziente.
Per il benessere visivo del paziente, dovrebbero invece consiglia -
re la chirurgia refrattiva tutte le volte che c’è un difetto refrattivo correggibile. Non ha importanza l’entità del difetto, l’età e lo stato sociale del paziente; basta che ci siano le condizioni cliniche favorevoli ad ottenere un buon risultato. Questo comporta quindi che, prima di eseguire un intervento, si faccia sempre un’accurata visita che ne confermi la validità.
Vedere bene senza dipendere da una protesi esterna amplia il campo di sguardo e migliora la percezione di oggetti alla periferia del campo visivo, ma anche la sicurezza delle persone, soprattutto in caso di emergenza. Molte pubblicazioni illustrano questa realtà: se c’è un incendio, un incidente, un malessere, è decisamente meglio essere pienamente indipendenti da una correzione ottica per gestire al meglio la propria sicurezza e quella degli altri. Vedere bene vuol dire vivere più sicuri e poter fare tante cose che occhiali e lenti a contatto ostacolano.
I progressi nelle tecnologie per le indagini preoperatorie, quali la topografia e l’aberrometria, hanno migliorato enormemente la precisione refrattiva dell’intervento, e i moderni laser garantiscono grande sicurezza perciò il desiderio di avere una buona vista indipendente da ostacoli esterni è non solo realizzabile, ma caldamente raccomandato. Non c’è dubbio che per il futuro la richiesta aumenterà, perché comunque l’occhiale e le LAC sono protesi impegnative e fastidiose. Tuttavia occorre saper fare bene la chirurgia refrattiva, saperla eseguire in sicurezza e fare in modo che soddisfi pienamente le personali esigenze visive del paziente.
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OLTRE L’APICE
Uno sguardo sulla chirurgia refrattiva corneale, dall’alta standardizzazione di oggi, alle prospettive di un miglioramento futuro.
Intervista alla Dottoressa Vikentia Katsanevaki, Orasis Eye Center, Atene e al Dottor Ugo Cimberle, CIDIEMME.
Quella della chirurgia refrattiva è una storia breve, cronologicamente parlando molto recente. Un denso avvicendamento di cambiamenti, scoperte e riscoperte, frutto del lavoro di illustri maestri dell’oftalmologia tuttora attivi, o di cui si conserva un ricordo ancora fresco nella mente. Tutto cambia nell’anno 1949. Anno
in cui, ispirato dal lavoro del predecessore Wacław Szuniewicz, José Ignacio Barraquer delinea in una nota preliminare la procedura per la correzione dell’ametropia, rimodulando la curvatura corneale tramite cheratomileusi.
Nasceva ufficialmente la chirurgia refrattiva, e con essa un’incredibile
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Q Cover TopiC
Il Dottor Ugo Cimberle
corsa al perfezionamento, e alla creazione di nuove procedure, nuovi sistemi, nuove piattaforme diagnostiche e chirurgiche; dalla RK, alla PRK, la LASIK, la transPRK fino alla SMILE. Un percorso che attraverso figure di grande spicco come Svyatoslov N. Fyodorov, Stephen Trokel, Ioannis Pallikaris, John Marshall, Lucio Buratto, ed altri, ha portato la chirurgia refrattiva ai massimi in termini di efficacia, sicurezza e precisione. Una fulminea evoluzione nella pratica, un arco apoteotico che in poco più di settant’anni è riuscito a garantire un alto grado di standardizzazione a disposizione dell’attuale generazione di oftalmologi.
“Ad oggi abbiamo aumentato notevolmente i nostri standard, e si può dire che siamo arrivati”, afferma Ugo Cimberle. “Abbiamo a che fare un po’ come con una monoposto di Formula Uno: per ottenere un’ottimizzazione quasi impercettibile sarà necessario investire una montagna di risorse nella ricerca e nello sviluppo, perché ormai siamo già ad un livello di performance altissimo; in particolare quando parliamo di laser ad eccimeri non credo che saremo davvero in grado di superare lo standard attuale”.
Specialista del segmento anteriore dell’occhio, Ugo Cimberle, MD, viene riconosciuto come parte del gruppo di oculisti innovatori che per primi hanno introdotto in Italia e in Europa la chirurgia refrattiva laser. “Chiedere ad un oculista come sarebbe stata, ad esempio, la LASIK dieci anni fa, avrebbe portato ad avanzare diverse ipotesi in termini di creazione del flap o dei profili di ablazione. Oggi invece si percepisce chiaramente che è stato di recente raggiunto l’apice”, afferma Vikentia Katsanevaki. “L’unica cosa su cui possiamo ancora lavorare riguarda i tempi di guarigione e recupero del paziente”.
Vikentia Katsanevaki MD, PhD è Head
of refractive department dell’Orasis Eye Center di Atene. Esperta internazionale di chirurgia del segmento anteriore, Katsanevaki è stata inoltre nell’editorial board di illustre pubblicazioni internazionali come Eurotimes e Ocular Surgery News
“Da tanti anni ormai non c’è più nulla di veramente nuovo nel mercato, per quanto riguarda i laser refrattivi.
L’unica cosa nuova, relativamente
nuova, è il Femto della SMILE, che è stata per molti anni un cavallo di battaglia della Zeiss e che sta vedendo l’arrivo di nuove piattaforme. Lì c’è ancora margine per raggiungere un’ulteriore standardizzazione”, spiega Cimberle.
“L’arrivo sul mercato della SMILE fu percepito anni fa come una grande promessa. Oggi con svariati anni di follow up e più di un milione di inter-
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di Timothy Norris
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La Dottoressa Vikentia Katsanevaki
Possiamo dire che la SMILE non è riuscita comunque ad eccellere rispetto alle altre procedure esistenti
Vikentia Katsanevaki
Cover TopiC
venti eseguiti globalmente, e con il supporto di svariati studi scientifici, possiamo dire che la SMILE non è riuscita comunque ad eccellere rispetto alle altre procedure esistenti”, spiega Katsanevaki.
TECNICHE DIFFERENTI, RISULTATI SIMILARI
Nonostante la chirurgia refrattiva non abbia un unico approccio, l’alto grado di standardizzazione ha portato al traguardo di un appiattimento delle differenze tra tecnica e tecnica.
Secondo Ugo Cimberle la differenza è ormai quasi irrilevante.
“Penso che alla fine il risultato si porti a casa con tutte quante le tecniche, con delle differenze davvero sottili tra una e l’altra nel postoperatorio.
La PRK soffre ancora qualche problema, con il paziente che lamenta un po’ di fastidio e dolore più frequentemente rispetto ad altre tecniche.
D’altra parte la PRK garantisce risultati migliori in particolare nei casi più difficili come cornee asimmetriche,
astigmatismi asimmetrici ed irregolari”, spiega. “In particolare la Trans PRK è quella che preferisco maggiormente, in quanto è possibile mandare a casa il paziente con una lente protettiva dopo una manciata di secondi di intervento no touch”.
“Niente ha ancora provato davvero la superiorità della SMILE rispetto ad una LASIK”, aggiunge Katsanevaki. “Anzi, in certi casi la LASIK si rivela addirittura migliore in termini di riabilitazione visiva del paziente.
Certo, rispetto alla Femto LASIK la SMILE garantisce zone ottiche funzionali più ampie, ma questo non è sufficiente a garantirle il podio. Resta comunque una valida opzione per il trattamento miopico”.
“La SMILE ha il vantaggio di non indebolire la cornea, teoricamente parlando, anche grazie ad un’apertura estremamente più piccola rispetto a quella della LASIK. I tempi di guarigione però sono più lenti, a causa di un po’ di infiammazione causata dalla procedura”, osserva
Ugo Cimberle. “C’è lo svantaggio di dover rimuovere il lenticolo chirurgicamente, ed è una fase piuttosto delicata, perché se ti si rompe il lembo o rimane attaccato da qualche parte devi andare a cercarlo, e rimuovere qualche micron di tessuto non è semplice”.
“È un po’ come una condizione dell’infanzia per una tecnica. Anche la PRK e la LASIK hanno subito lo stesso processo, e di sicuro la SMILE non sarà da meno: oggi le problematiche legate alla procedura SMILE attendono solo di poter essere risolte migliorando la nostra competenza”, aggiunge Katsanevaki.
L’OSTACOLO
DELLA DIFFIDENZA
Nessuna tecnica di chirurgia refrattiva è dunque nata senza le proprie problematiche. Nonostante il superamento degli ostacoli e il perfezionamento della resa chirurgica, alcune cicatrici rimangono. Vincere la diffidenza del paziente è stata senza dubbio una delle maggiori fatiche che la refrattiva ha dovuto affrontare nel suo percorso verso la standardizzazione. “Ad essere percepita negativamente dai pazienti era principalmente la LASIK, quella classica effettuata con microcheratomo. Questa percezione è andata via via peggiorando anche a causa di alcune problematiche nel risultato finale che abbiamo visto e continuiamo a vedere tutt’oggi”, spiega Cimberle. “Si tratta però di una procedura che ormai è morta, o per lo meno è decisamente moribonda e quasi completamente soppiantata dalla Femto LASIK”.
“Fino a dieci anni fa il paziente poteva anche avere delle legittime esitazioni riguardo alla chirurgia refrattiva”, osserva Katsanevaki. “Sono però stati questi ultimi dieci anni a generare il salto di qualità in termini di sicurezza. Abbiamo prima di tutto una diagnostica più avanzata e precisa che
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Fino a dieci anni fa il paziente poteva anche avere delle legittime esitazioni riguardo alla chirurgia refrattiva. Sono però stati questi ultimi dieci anni a generare il salto di qualità in termini di sicurezza.
Vikentia Katsanevaki
Il Dottor Cimberle in sala operatoria
può escludere pazienti a rischio, un migliore imaging corneale, ma prima di tutto abbiamo imparato dai nostri errori, migliorando la nostra pratica clinica e chirurgica”, aggiunge.
ATTRAVERSO LE ONDATE
Uno degli eventi che maggiormente hanno influito nel flusso e nella domanda dei pazienti di tutto il mondo è stata senza dubbio la pandemia di SARS-CoV-2. Uno spartiacque che non ha risparmiato la refrattiva, seppur in un modo differente da quanto previsto.
“Durante la pandemia, paradossalmente, abbiamo assistito ad un aumento della domanda”, racconta Ugo Cimberle. “Principalmente ciò era dovuto alla questione delle mascherine, che stavano dando non pochi problemi a chi porta gli occhiali.
È stato in realtà un fenomeno inaspettato, ovviamente contenuto durante il periodo di lockdown, ma che è incrementato molto velocemente tra le varie ondate”, spiega.
“Durante la pandemia sono aumentate nettamente le richieste di cataratta refrattiva da parte dei pazienti più anziani, con una maggiore richiesta di una correzione delle ametropie per l’indipendenza dall’occhiale. Al contempo invece non si è notato un aumento o una diminuzione sensibile dei pazienti più giovani”, osserva.
“Oggi questo trend si è comunque ridotto, probabilmente legato a fattori di ordine più economico o all’assenza dell’obbligo di mascherina”.
“A livello globale, la crescita della domanda è rimasta netta e stabile, in particolare nei mercati vasti come quello asiatico e nordamericano”, afferma Vikentia Katsanevaki. “Questo però si deve addurre principalmente all’aumento dello standard di effi-
cienza delle procedure chirurgiche, che hanno ridotto i rischi legati all’operazione rendendola sicuramente più sicura dell’uso quotidiano di lenti a contatto; e come operazione una tantum, è decisamente più comoda”, aggiunge. “La maggior parte sono pazienti che ad un certo punto sviluppano un’intolleranza alle lenti a contatto, e che a seguito della chirurgia refrattiva si domandano perché non ci avevano pensato prima”, afferma Katsanevaki.
IL SACRO GRAAL
Secondo Vikentia Kasanevaki, il vero sogno della chirurgia refrattiva è la soluzione alla presbiopia. “Non c’è al momento una vera e propria procedura chirurgica in grado di risolvere davvero il problema della presbiopia,
ne ipermetropica classica in genere offerta dalla piattaforma”.
ossia restituendo al cristallino la propria elasticità naturale. Stiamo parlando della ricerca di un elisir di lunga vita per l’occhio, né più né meno”, spiega. “Quello che abbiamo adesso serve a ripristinare la visione da vicino, non certamente a curare la presbiopia. Una cosa che faccio di solito con un limite di quattro, quattro diottrie e mezzo di correzione ipermetropica con un pizzico di monovisione. Preferisco la correzione ipermetropica classica ai profili presbiopici di speciali software delle piattaforme laser, perché è un tipo di pazienti con un angolo kappa molto ampio, e centrare la correzione non è facile. Opto spesso e volentieri per la più morbida ablazione possibile, ossia la correzio-
“La presbiopia non la risolviamo affatto, a meno di scoprire la bacchetta magica e di ritornare indietro nel tempo. Detto ciò abbiamo due sistemi per ‘correggerla’ con degli escamotage dal punto di vista ottico”, spiega Ugo Cimberle. “Creiamo da una parte delle multifocalità di qualche tipo o delle aberrazioni per aumentare la profondità di campo, cosa che facciamo già con le lenti intraoculari e che possiamo fare anche a livello corneale. Dall’altra possiamo creare una monovisione sfalsando il potere di un occhio rispetto all’altro, cosa che si può fare in chirurgia refrattiva”, afferma. “Il problema è che se optiamo per una lente intraoculare e il risultato è imperfetto, possiamo sostituire la lente, mentre a livello corneale non è proprio così semplice risolvere il problema, con il rischio di dover eliminare la multifocalità portando il paziente ad avere una visione peggiore del preoperatorio, e un risultato perfetto con questo metodo è già da sé molto difficile da ottenere”.
ALL’APICE:
IL PROSSIMO FUTURO
Lo stretto margine di miglioramento, a fronte del grado di standardizzazione, concede ancora qualcosa per i prossimi anni in ambito di ricerca e sviluppo. Per Ugo Cimberle, “qualcosa ancora bolle in pentola”, in particolare verso una maggiore attenzione nei confronti della soddisfazione del paziente.
“Non ci sono al momento grosse rivoluzioni all’orizzonte, ma non mancano delle cose interessanti. Se ad esempio parliamo di PRK, si stanno mettendo a punto delle lenti a contatto per il
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Abbiamo a che fare un po’ come con una monoposto di Formula Uno: per ottenere un’ottimizzazione quasi impercettibile sarà necessario investire una montagna di risorse nella ricerca e nello sviluppo
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Ugo Cimberle
Possiamo fare di meglio, ma siamo già al meglio delle nostre capacità
Vikentia Katsanevaki
Cover TopiC
postoperatorio, con piccole dosi di anestetico non steroideo e atossico, che non bloccano la guarigione della cornea e riducono sensibilmente il dolore e il fastidio del primo giorno. Questo per il paziente potrebbe essere una vera svolta”, spiega Cimberle. “Resto convinto che la tecnica migliore in tutte le chirurgie sia la più semplice e la più versatile, in questo caso la PRK con tutte le possibilità di customizzazione”, aggiunge.
“Abbiamo inoltre imparato negli anni a capire meglio il paziente e ad adottare pratiche che possono rendere l’esperienza della chirurgia più confortevole”, aggiunge Katsanevaki. “Una maggiore sensibilità nei confronti della malattia dell’occhio secco, specialmente nei pazienti di sesso femminile di mezz’età, ci ha portato a trattare la superficie oculare prima dell’operazione”, osserva.
“Sono proprio loro i miei pazienti maggiormente soddisfatti”.
“Nell’ambito della femtolaser ci si sta muovendo un pochino”, spiega Ugo Cimberle. “Sta aumentando il numero di piattaforme per la SMILE,
e questo la sta spingendo ad evolvere. Si va verso una SMILE con la possibilità di scegliere le zone ottiche, con una centratura più semplice, un docking più facile e con dei tracker più reattivi e precisi”.
“L’area in cui possiamo migliorare è di sicuro la diagnostica”, afferma Katsanevaki. “Abbiamo visto cose meravigliose con la nuova generazione di topografi, con l’analisi del fronte d’onda dell’occhio, con l’OCT del segmento anteriore. Possiamo davvero usare tutto questo per migliorare il nostro grado di efficienza”, puntualizza.
OLTRE L’APICE: IL LONTANO FUTURO
La chirurgia refrattiva sembra essere arrivata al capolinea del suo sviluppo, in un confortevole stato di evoluzione che ha ben poco da aggiungere al suo arsenale tecnologico e pratico. Raggiunto l’apice, le opzioni sono due: meglio adattarsi, o tentare di superarlo per addentrarsi in nuovi territori? Secondo Vikentia Katsanevaki, l’adattamento è l’opzione più probabile.
“Abbiamo raggiunto un punto in cui
l’unico limite è il tessuto umano, e con esso non possiamo fare moltissimo. Possiamo creare nuove lenti, nuove ottiche, nuove formule, possiamo approfondire il mistero del posizionamento effettivo della lente che nessuna formula è in grado di predire con precisione, possiamo ancora muoverci entro questi limiti”, spiega Katsanevaki. “Questi limiti sono tuttavia molto, molto stretti, ormai. Possiamo fare di meglio, ma siamo già al meglio delle nostre capacità”, osserva. “Quello che cambierà sarà l’assetto economico: abbiamo visto come la Femto LASIK oggi venga proposta a costi ridotti, mentre nella sua prima decade era talmente costosa da costringere gli oculisti ad optare comunque per il vecchio microcheratomo. Oggi una cosa simile sta succedendo con la femtocataratta opposta alla facoemulsificazione, ed in un futuro non troppo distante la faco verrà del tutto soppiantata dall’abbattimento dei costi della femto”, conclude.
Per Ugo Cimberle, la possibilità di uno sfondamento della parete non è un’opzione da escludere del tutto. “Ci sono un paio di importanti novità che potrebbero rappresentare il prossimo grosso punto di domanda nel futuro della nostra pratica”, afferma Cimberle. “In primis il Gemini Refractive Capsule di Omega. Un dispositivo legato alla cataratta refrattiva che facilita sensibilmente la sostituzione della IOL per adattarla a diverse fasi della vita del paziente”, spiega. “Ancor più, si sta studiando un sistema laser per la modulazione dell’indice di rifrazione della cornea, in modo da renderla selettivamente più densa o meno densa in base alle esigenze, senza alcuna rimozione del tessuto. Questo ci permetterà di modulare la curvatura, migliorare e modificare la messa a fuoco, e possibilmente trovare nuove soluzioni in particolare per i giovani ipermetropi. Una cosa fantastica”, afferma Cimberle. “Vediamo cosa salterà fuori nel futuro”, conclude.
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Si va verso una SMILE con la possibilità di scegliere le zone ottiche, con una centratura più semplice, un docking più facile e con dei tracker più reattivi e precisi Ugo Cimberle
Dislocazione del flap
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RiflettoRi sull’espeRto
VIAGGIARE IN UN MONDO NUOVO
La formazione e la carriera negli anni di più grande cambiamento dell’oculistica italiana
U
Una storia che coinvolge gli anni più importanti dell’oftalmologia italiana. Un percorso attraverso tutte le più grandi trasformazioni della chirurgia del segmento anteriore e posteriore, con in pugno il testimone e l’insegnamento di uno dei Grandi Maestri della disciplina. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Ferrara nel 1972, “mezzo secolo fa” come puntualizza durante la sua intervista, il Dottor Giorgio Tassinari inizia la sua carriera all’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, sotto la guida del suo maestro e per lunghi anni mentore Egidio Dal Fiume, fino a diventare, nel 1988, Primario dell’Ospedale “Infermi” di Rimini. “La parentesi di Ravenna è stata
essenziale a formarmi come medico e chirurgo oculista. In questo, il rapporto con il Professor Egidio Dal Fiume è stato veramente fondamentale per la mia crescita. Erano quelli gli anni settanta e i primi anni ottanta: anni in cui il mondo dell’oculistica andava incontro a delle trasformazioni veramente fondamentali. Un mondo nuovo si prospettava davanti a noi: la chirurgia della cataratta era limitata alla tecnica intracapsulare; i pazienti venivano ricoverati, operati preferibilmente in anestesia generale e rimanevano in degenza per una settimana, con tutta una serie di attenzioni particolari. Tenere il paziente fermo per giorni a letto nell’immobilità più assoluta è qualcosa che oggi non riusciamo più ad immaginare”, ricorda Tassinari. “Invece era questa la realtà dell’oculistica, e della sua chirurgia, ben differente da quella che viviamo oggi. Erano gli anni in cui nell’allora Divisione di Oculistica di Ravenna si iniziavano a vedere le prime facoemulsificazioni, le prime vitrectomie con l’inroduzione delle prime macchine: il Facoemulsificatore di Kelman e il Vitrectotomo di Kloti e il VISC di Machemer, l’Argon Laser. Erano anni di grande fermento, di continue ricerche e aggiornamenti in Italia e all’estero. In tutto ciò, la Divisione Oculistica di Ravenna era sempre in primo piano”.
Dall’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna al ruolo di Primario all’Ospedale
“Infermi” di Rimini, il Dottor Giorgio Tassinari ha avuto un ruolo attivo nei grandi cambiamenti dell’oftalmologia moderna.
Qualche parola sulla sua sottospecialità e sulla sua area di interesse.
La mia area di interesse prevalente è sempre stata la chirurgia della cataratta, ma da quando nel 1988 ho ottenuto il ruolo di Primario dell’O-
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Intervista al Dottor Giorgio Tassinari, CIDIEMME
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
spedale Infermi di Rimini, mi sono interessato anche alla chirurgia vitreoretinica sulla scia di quanto appreso nella precedente esperienza a Ravenna. Nei dieci anni trascorsi lì, ho contribuito ad organizzare corsi e convegni sia sulla chirurgia della cataratta che sulla chirurgia vitreoretinica, una buona abitudine che ho mantenuto anche quando nel ‘98 sono diventato Primario dell’Unità Operativa di Oculistica dell’O-
spedale Maggiore di Bologna.
Qual è stato il suo contributo al progresso dell’oculistica? Quali ritiene che siano i traguardi professionali che ha raggiunto?
Il contributo che ho dato penso che riguardi prevalentemente la chirurgia ambulatoriale della cataratta. Durante la mia esperienza riminese ho cercato di modificare completamente gli approcci alla chirurgia
di Timothy Norris
della cataratta approfondendo le tecniche di facoemulsificazione. Nel ‘92 a Rimini abbiamo iniziato ad effettuare operazioni di cataratta in regime ambulatoriale e nel ‘94, in occasione del terzo Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Facoemulsificazione (AIF che poi diventerà AICCER), affiancato ad illustri nomi come Harry Grabow, Donald Serafano ed Egidio Dal Fiume, ho gestito un corso ➧
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Erano quelli gli anni settanta e i primi anni ottanta: anni in cui il mondo dell’oculistica andava incontro a delle trasformazioni veramente fondamentali.
Giorgio Tassinari
Nella sua carriera, Giorgio Tassinari si è interessato sia di chirurgia del segmento anteriore che di vitreoretinica.
RiflettoRi sull’espeRto
che includeva la chirurgia in diretta della cataratta, in day hospital e in anestesia topica: un’innovazione assoluta per quegli anni, a cui sono molto orgoglioso di aver dato il mio contributo.
Quali sono le figure che hanno maggiormente caratterizzato la sua formazione?
Nella mia carriera ho avuto un solo Maestro, ed è stato il Professor Egidio Dal Fiume. Con lui ho avuto un rapporto che è andato avanti da quegli anni fino al giorno della sua scomparsa, pochi anni fa. Lui ha veramente caratterizzato la mia formazione. Poi ho avuto la fortuna di incontrare tanti colleghi dai quali ho sempre appreso qualcosa. Voglio ricordare, per esempio Relia Zivojinovic, a Rotterdam o Ronald G. Michels del Wilmer Eye Institute di Baltimora dove per qualche tempo sono stato loro ospite. Professionisti che mi hanno indicato la strada verso le più innovative tecniche nella chirurgia vitreoretinica. Mentre nell’ambito della chirurgia del segmento anteriore e della cataratta sicuramente meritano una
menzione Howard Gimbel, di cui ho avuto modo di frequentare corsi sulla facoemulsificazione a Calgary, Lucio Buratto e Philippe Crozafon che sono stati essenziali ad introdurmi alle nuove tecniche di facoemulsificazione, facendomi sentire parte di un progresso non solo nazionale, ma anche internazionale.
Quanto del progresso internazionale l’ha vista coinvolta da protagonista, e quanto ciò è stato integrato nella sua pratica quotidiana?
Nonostante la mia attività e la mia partecipazione a congressi e corsi internazionali, non ritengo di aver avuto un ruolo fondamentale a livello internazionale. A livello nazionale forse sì, perché ho favorito molto le innovazioni nella chirurgia della cataratta in day hospital e ambulatoriale e nella chirurgia vitreoretinica, campo nel quale ho promosso la fondazione della Associazione Italiana di Chirurgia Vitreoretinica (GIVRE).
Quanto considera la professione nella sua vita e in una scala di importanza da uno a dieci?
I miei familiari dicono dieci. Io dico un po’ meno: direi sette - otto su dieci. Ma forse non è così: nella nostra vita in fondo non ci sono momenti in cui non pensiamo alla nostra professione, perché è parte integrante del nostro essere e della responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri pazienti. È quel ‘qualcosa’ che ci portiamo sempre dietro anche se stiamo facendo altre attività: ci viene sempre da pensare ad una situazione clinica, o ad un paziente particolare, su come dovrei fare, anche diversamente dal solito, in quella circostanza. È una costante del nostro pensiero.
Da quel punto di vista, questa è una professione che ci coinvolge completamente, dieci su dieci, ma
Giorgio Tassinari
che non mi impedisce, comunque, di trovare spazi liberi quando necessario.
Parliamo di questi spazi liberi. Quali sono le sue passioni e i suoi hobby?
Le mie passioni sono tante, nel senso di proprio del termine.
Gli hobby: a me piace molto la vita all’aria aperta. Mi lascio coinvolgere in qualunque attività che si svolga in spazi liberi. E i cavalli hanno sempre avuto un ruolo molto importante. Sono stato un buon cavaliere, ho fatto gare e trekking per me memorabili: da Ravenna a Talamone, attraversando l’Appennino, in sei giorni, per citarne uno. Amo i cavalli e ai cavalli ho dedicato molto, molto del mio tempo cercando di coinvolgere in questa passione anche i miei nipoti. Per concludere. Un desiderio, un’innovazione che vorrebbe ci fosse già oggi per i suoi pazienti Sono diverse le cose che vorremmo per i nostri pazienti che ancora non ci sono e che vorremmo vedere realizzarsi presto, quanto meno in un tempo abbastanza prossimo. La domanda che i pazienti mi fanno più frequentemente riguarda il trapianto di retina. Quando si potrà fare? E purtroppo è una domanda a cui non so dare una risposta in termini di tempi. Oggi però, grazie alle nuove terapie geniche e alle nuove ricerche che si stanno conducendo - leggevo recentemente di un gruppo cinese che sta pubblicando dati su processi di rigenerazione delle fibre nervosesi profila un futuro interessante ed incoraggiante. Sono convinto che un domani ci arriveremo, se non al trapianto di retina, almeno ad una cura per la maggior parte delle patologie retiniche. Sarà una sfida, che impegnerà le nuove generazioni che avranno la opportunità di percorrere queste nuove frontiere.
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È quel ‘qualcosa’ che ci portiamo sempre dietro anche se stiamo facendo altre attività: ci viene sempre da pensare ad una situazione clinica, o ad un paziente particolare, su come dovrei fare, anche diversamente dal solito, in quella circostanza.
Giorgio Tassinari insieme al suo maestro, Egidio Dal Fiume.
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Largo ai giovani
IL FILO ROSSO
Banche degli Occhi come ulteriore opportunità formativa per i chirurghi di domani
Intervista al Dottor Diego Ponzin, Direttore sanitario di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus, Venezia, e alla Dottoressa Michela Cennamo, oculista della Clinica Oculistica Ospedale Careggi, Firenze
Non si può dire che la storia del trapianto di cornea sia priva di innovazioni e repentini passi avanti: dalla prima cheratoplastica di Eduard Zirm nel 1905, alla prima Banca degli Occhi nel 1944 da parte dello statunitense Townley Paton, fino alle più recenti rivoluzioni, come la cheratoplastica lamellare e le tecniche ad essa riferite, come DSAEK e DMEK.
Un viaggio iniziato poco più di un secolo fa, un filo rosso che unisce i grandi del passato con i maestri del presente e che sarà nelle mani dei giovani che in futuro continueranno la storia del trapianto di cornea.
Il ruolo delle Banche degli Occhi, oltre a quello imprescindibile di università, ospedali e società scientifiche, è centrale nel far sì che questo filo rosso non si spezzi e rimanga tra le mani di chi ogni giorno si impegna a ridare la vista ai pazienti.
UN SETTORE
DELL’OFTALMOLOGIA
MAI FERMO
“Il mondo del trapianto di cornea è un settore straordinario in cui è pos-
sibile trovare delle motivazioni fortissime dal punto di vista dei risultati”, spiega il Dottor Diego Ponzin, Direttore sanitario della Banca degli Occhi del Veneto, tra gli enti più impegnati nell’organizzare eventi di formazione per i giovani che vogliono raccogliere il testimone e specializzarsi nel trapianto.
“Al di là degli interessi e passioni personali, quello che spinge noi giovani verso questa branca è l’allargarsi delle possibilità chirurgiche: questa versatilità, unita ai risultati sempre migliori offre a noi giovani un forte stimolo”, spiega Michela Cennamo, giovane oftalmologa della clinica oculistica dell’Ospedale Careggi di Firenze, parlando del perché i giovani si avvicinano al mondo della cornea. Perseguire un percorso di specializzazione in trapianto di cornea significa impegnarsi a trovare le opportunità giuste per indirizzare la propria carriera. “Si è indubbiamente facilitati se si è fatto un percorso di specializzazione in una scuola in cui ci sia una tradizione di trapianto di cornea”, spiega Ponzin. “Appena finita la specialità è raccomandabile individuare una struttura o una realtà che siano dedicate alla cornea, in modo che i giovani specialisti siano favoriti nello sviluppare una buona capacità di curare le malattia della cornea, della superficie oculare e arrivare presto alla chirurgia”. Proprio la chirurgia ora è diventata più accessibile ai giovani, che fin dai primi tempi della loro carriera possono arricchire il loro bagaglio chirurgico, in un percorso tutto in divenire. “Le prospettive per i giovani sono cambiate profondamente: oggi abbiamo più spazio da parte dei tutor di riferimento per quanto riguarda la chirurgia”, afferma Michela Cennamo. “Si orga -
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Dottor Diego Ponzin
nizzano sedute operatorie dedicate ai giovani, come ad esempio all’Ospedale Careggi, dove abbiamo una seduta operatoria pomeridiana e una il sabato mattina dedicate ai giovani che si vogliono cimentare con il trapianto di cornea”. Non solo ospedali e cliniche universitarie: le società scientifiche giocano un ruolo fondamentale per un giovane che vuole inserirsi nel mondo del trapianto di cornea. “Frequentare ambienti scientifici come la Società Italiana Trapianto di Cornea è importante per apprendere ciò che c’è di meglio in campo chirurgico e terapeutico sulla patologia corneale, e per incontrare le persone con cui stabilire una relazione professionale di riferimento, quella che a volte cambia la vita, e che aiuta un giovane a inserirsi nel luogo giusto”, puntualizza Ponzin.
LE BANCHE DEGLI OCCHI: UN LABORATORIO PER IL FUTURO
Nelle cliniche universitarie e nelle sessioni didattiche dei congressi,
si fa sempre più uso del simulatore chirurgico e del wet lab, con cui i giovani possono muovere i primi passi verso un’autonomia chirurgica consolidata. “Vi è la disponibilità di cornee umane e di una riproduzione, direi realistica, di una camera anteriore in cui vengono ricreate tutte le condizioni per eseguire un trapianto di cornea, simili a quelle di una sala operatoria”, spiega Michela Cennamo. “L’aiuto di tutor dedicati e la frequenza di queste opportunità aumentano sicuramente le possibilità per il giovane chirurgo”.
In questo senso, le banche degli occhi sono diventate strategiche nella formazione, nonostante la loro attività prevalente sia diversa. “Negli ultimi dieci-quindici anni, il ruolo delle banche degli occhi nel -
Dottor Diego Ponzin
la chirurgia è diventato importante per la chirurgia lamellare di tutti i tipi”, afferma Ponzin. “Le banche degli occhi sono una fucina, un laboratorio, in cui il chirurgo, giovane o meno, viene ad affinare le sue tecniche, in uno spettro di interventi chirurgici sempre più ampio”.
Ciò è reso possibile dalla disponibilità di tessuti corneali non adatti all’utilizzo clinico e utilizzabili per attività formative. “Si tratta di attività legali, correlate al miglioramento delle attività di trapianto, e organizzate all’interno di sedi scientifiche sul territorio nazionale”, spiega Ponzin. Proprio in questo contesto la Banca degli Occhi del Veneto si inserisce con le sue giornate di wet lab dedicate ai giovani. “Si tratta di incontri con una decina di giovani chirur-
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di Laura Gaspari
Le banche degli occhi sono una fucina, un laboratorio, in cui il chirurgo, giovane o meno, viene ad affinare le sue tecniche, in uno spettro di interventi chirurgici sempre più ampio
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Dottoressa Michela Cennamo
Dottoressa Cennamo durante il wet lab organizzato da Banca degli Occhi del Veneto a cui ha partecipato
Largo ai giovani
ghi affiancati da tutor d’eccellenza. Ognuno ha la sua postazione chirurgica, dotata di microscopio e ferri chirurgici. Durante queste giornate, forniamo tessuti umani o sintetici con determinate caratteristiche, per ricreare le situazioni che possono accadere in sala operatoria e le varie procedure chirurgiche”, racconta la Dottoressa Cennamo. “Io che ho già esperienza in sala e con i wet lab devo dire che il livello di precisione è davvero notevole. Un esempio sono i corsi focalizzati sulle suture: noi giovani chirurghi impariamo principalmente a eseguire interventi per cataratta, che non prevedono suture, quindi non abbiamo molta dimestichezza con l’apposizione di queste. Dunque questi corsi sono estremamente utili nel completare la nostra formazione”.
Ad una di queste giornate la Dottoressa Cennamo ha partecipato lo scorso anno. “Il corso, focalizzato sull’esecuzione della tecnica di trapianto lamellare DSAEK, prevedeva una parte teorica e un intenso momento chirurgico. Abbiamo avuto modo poi di visitare la Banca degli
Occhi dove si preparano i tessuti e il Centro ricerche, e questo ci ha fatto capire il lavoro di squadra che c’è dietro, ma soprattutto la grande attenzione per l’innovazione e la formazione”, spiega. La speranza è che questa pratica diventi sempre più presente e consolidata. “Vorremmo rendere queste esperienze parte di percorsi formativi accademici. Sarebbe la realizzazione di uno dei sogni che ho nel cassetto”, afferma Ponzin.
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I futuri passi avanti nel trapianto di cornea partono da quello che si riesce a coltivare nel presente. I giovani sono, ancora una volta, il vero motore dell’innovazione, e non solo testimoni passivi di chirurgie e terapie già consolidate. “Io sono convinto che il mondo del trapianto di cornea, con la sua dinamicità, si adatti molto bene alla capacità di adattamento dei giovani e alla loro intraprendenza nell’applicare nuove idee”, spiega Diego Ponzin. Sempre secondo il Dottor Ponzin, il nuovo rinascimento del mondo
del trapianto di cornea non si è mai fermato dai primi anni Duemila, e continua ad aprire nuovi orizzonti in cui i giovani devono essere i protagonisti.
“Credo che ciò che abbiamo oggi vent’anni fa venisse considerato fantascienza, e oggi noi giovani ci ritroviamo già in una prospettiva futuristica. Il nostro futuro è rappresentato dall’oftalmologia rigenerativa con tecniche di terapia cellulare e mi chiedo, da giovane e in maniera provocatoria, se queste sostituiranno il trapianto di cornea vero e proprio”, afferma Michela Cennamo. Dare ai giovani fin da subito gli strumenti per mettersi in gioco e aprire nuove strade è importantissimo. “Siamo ormai sulla soglia dei limiti del tipo di tessuto da trapiantare, andiamo incontro alle terapie cellulari, c’è la sfida tecnologica, con il laser a femtosecondi e le conoscenze nel campo dell’aberrometria, che solo i nativi digitali possono davvero sostenere, valorizzare e utilizzare al meglio”, specifica Ponzin.
Tuttavia, davanti a tutte queste innovazioni, il paziente, ma soprattutto i donatori e le loro famiglie, devono rimanere centrali, ricorda Ponzin. “Non dimentichiamo da dove partiamo: in tutta la medicina rigenerativa la disponibilità dipende dai donatori e dalle famiglie. Questa consapevolezza sociale va mantenuta, e solo grazie alle donazioni siamo in grado di progredire velocemente e raggiungere risultati gratificanti”.
I giovani oftalmologi ne sono consapevoli. “Tenendo sempre a mente che il chirurgo è fruitore dei tessuti, sia per la chirurgia che per la formazione, e che quindi i donatori sono importantissimi, noi giovani siamo il motore, i fautori di idee, esperienze e proposte”, conclude Michela Cennamo. Affinché il filo rosso tra passato, presente e futuro non si spezzi.
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Credo che ciò che abbiamo oggi vent’anni fa venisse considerato fantascienza, e oggi noi giovani ci ritroviamo già in una prospettiva futuristica
Dottoressa Michela Cennamo
Il Dottor Ponzin tiene uno dei wet lab organizzato da Banca degli Occhi del Veneto
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Ci sono casi che diventano un incubo, non solo per il medico, ma soprattutto per il paziente. Casi che possono stravolgere la realtà quotidiana, peggiorando drammaticamente la qualità di vita. Una ragazzina di 12 anni, correndo con la sorella, inciampa e cade a terra, sfortuna vuole, proprio su un fil di ferro che sbucava dal terreno. Il filo affonda nella palpebra inferiore destra; ferita perforante, chirurgia in urgenza, forse un poco grossolana, il gonfiore e l’ematoma non consentono di apprezzare da subito l’esito dell’intervento, ma nei giorni la bambina inizia a vedere doppio, abbassa il capo per trovare un conforto dallo sdoppiamento e il gonfiore non scompare del tutto “Quando si è presentata da noi, la bambina mostrava un’evidente PAC (posizione anomala del capo) in chin down con sguardo rivolto verso l’alto. Posizione che la aiutava a mantenere una buona stereoacutezza”, spiega
Paolo Nucci, Professore Ordinario di Oftalmologia all’Università Statale di Milano. “Ai riflessi luminosi corneali in posizione primaria la bambina presentava un’importante ipertropia dell’occhio di destra, compatibile con un deficit del muscolo retto inferiore, confermata in abduzione (campo di maggiore azione del retto) e meno evidente in adduzione, dove è attivo l’obliquo superiore”.
Nel ricostruire l’anamnesi della paziente, emerge gradualmente la storia: un trauma insolito, un precedente tentativo, forse non molto efficiente, di risolvere il problema in sala operatoria, una evoluzione inattesa.
“Il trauma che aveva subito era piuttosto singolare, la caduta su un filo di ferro che aveva apparentemente danneggiato solo la palpebra inferiore, riparata da un intervento chirurgico in Romania” , racconta Nucci. “La documentazione recata alla nostra attenzione, frammentaria, poco dettagliata e in lingua romena sembrava segnalare una regolare morfologia dei bulbi. Effettivamente la paziente mostrava un visus molto buono, nessun segno di esoftalmo ed enoftalmo. Il referto tradotto riportava inoltre in modo poco specifico ‘sguardo per il retto inferiore di destra’. In sostanza non sapevamo nulla della procedura”.
La paziente viene dapprima sottoposta ad una risonanza magnetica, per meglio comprendere la situazione e valutare l’opzione chirurgica più adatta.
“Le scansioni non mostravano disomogeneità di segnale del
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C
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
Un interessante caso di flap tear in una giovane paziente con strabismo verticale
Intervista al Professor Paolo Nucci, Università Statale di Milano
Il Professor Paolo Nucci
di Timothy Norris
Paolo Nucci
tessuto adiposo e nessun segno caratteristico come una frattura blow out”, spiega Nucci. “Ma a livello del retto inferiore, nella sua porzione anteriore, compariva un’area di alterato segnale, compatibile con una cisti. Si trattava, per la nostra esperienza, probabilmente di uno strabismo dovuto a flap tear, condizione per cui la lesione muscolare genera un flap che assottiglia il ventre e permette l’intrusione di altro tessuto, comportando un progressivo indebolimento della funzione”.
Il muscolo retto inferiore della paziente risulta diviso in due, con una perdita di forza traente e con la presenza di una cisti a complicare il quadro. È necessario un nuovo intervento: rimuovere
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Ai riflessi luminosi corneali in posizione primaria la bambina presentava un’importante ipertropia dell’occhio di destra, compatibile con un deficit del muscolo retto inferiore, confermata in abduzione
La paziente nel preoperatorio
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Una fase dell’operazione per la risoluzione del flap tear e della stretched scar
Casi da inCubo
Identifichiamo quindi
parte che sembra
Paolo Nucci
che inizialmente riteniamo essere tessuto muscolare, procediamo verso l’isolamento della cisti, che scopriamo essere bilobata, e la asportiamo. A quel punto il presunto tessuto muscolare che avevamo ancorato appariva soltanto capsula di Tenone, il muscolo era in realtà scivolato più indietro formando una stretched scar”, racconta. “Decidiamo di avanzare l’intera parte effettuando una plicatura”. La procedura non si prospetta molto semplice: il muscolo è inconsistente, sfibrato e assottigliato, una resezione appare rischiosa. “Identifichiamo quindi quella parte che sembra essere ancora una porzione muscolare, la isoliamo e la ancoriamo alla inserzione originaria, e verifichiamo se il bulbo viene tratto posteriormente ed effettivamente il risultato pare soddisfacente”, racconta Nucci. “Decidiamo comunque di non effettuare altre manovre di “cleaning” sulla struttura muscolare, proprio allo scopo di non indebolirne la struttura. E finalmente possiamo richiudere la congiuntiva”.
Il risultato postoperatorio è soddisfacente. La risoluzione di un problema, che avrebbe comportato problematiche posturali per la vita alla giovane paziente, ha dato i risultati sperati.
“Il movimento di infraduzione è apparso efficiente nell’immediato postoperatorio”, afferma Nucci.
la cisti e ripristinare, per quanto possibile, l’anatomia alterata.
“Viene inizialmente effettuata un’incisione a livello del limbus,
anche allo scopo di comprendere meglio ciò che era già stato fatto durante la prima operazione”, spiega Nucci. “Ancoriamo quello
“Nel settore dove c’era la maggiore limitazione si è notato un recupero importante. A distanza di tempo abbiamo registrato ulteriori miglioramenti: l’allineamento in posizione primaria è stato ben ottenuto e i risultati nel settore inferiore hanno assicurato un recupero funzionale ottimale”, conclude.
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quella
essere ancora una porzione muscolare, la isoliamo e la ancoriamo alla inserzione originaria, e verifichiamo se il bulbo viene tratto posteriormente ed effettivamente il risultato pare soddisfacente
La comparazione pre e postoperatoria mostra un ottimo risultato finale dell’intervento
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RIMODELLARE LA CORNEA
Un metodo più semplice, naturale e veloce per trattare il cheratocono
II pazienti con cheratocono non hanno vita semplice. Sono spesso giovani, in età scolare o produttiva, con una malattia visiva progressiva da affrontare, una vista che continua a calare e una posizione molto delicata. Devono fronteggiare continui cambi di gradazioni delle lenti e, arrivati ad un certo punto, sottoporsi a trattamenti come il cross-linking o addirittura a chirurgia e trapianto di cornea se necessario. Dare sempre più opzioni, meno invasive e veloci, a questi pazienti significa dare loro una possibilità di vivere la loro vita in modo sereno e tranquillo. Da questa base è partita Aylin Kiliç, Professoressa associata presso il Medipol University Hospital di Istanbul, Turchia, nell’ideazione di una tecnica innovativa e semplice che consiste nel ridare forma alla cornea di un paziente con cheratocono semplicemente con l’utilizzo di tessuto corneale, sterile e pronto all’uso, l’allograft corneal inlay.
OLTRE GLI ANELLI CORNEALI IN PMMA
Nell’impianto degli anelli intrastromali, un metodo ormai consolidato di rimodellamento della curvatura centrale della cornea in pazienti con cheratocono, il materiale più spesso utilizzato è il PMMA. Trattandosi tuttavia di un corpo esterno impiantato nella cornea, negli anni sono stati osservati numerosi effetti avversi e complicanze dovute a quest’impianto, tra cui melting ed estrusione, perforazione endoteliale e perdita di trasparenza della cornea nel lungo periodo, che portano inesorabilmente ad una perdita della vista. La ricerca di una soluzione alternativa ha portato gli specialisti a prendere in considerazione l’utilizzo di tessuto corneale umano per evitare tali complicanze. “Con anello corneale allogenico noi intendiamo del tessuto corneale umano fornito e modellato da una Banca degli Occhi e che può essere impiantato in un occhio con cheratocono”, esordisce Aylin Kiliç.
La prima ad introdurre l’idea fu Soosan Jacob nel 2015 con la CAIRS, Corneal Allogenic Intrastromal Ring Segment implantation, in cui l’impianto di anelli composti di tessuto corneale di un donatore è eseguito tramite un canale creato nella cornea con microincisioni d’entrata fatte con il laser a femtosecondi. In combinazione con questa procedura, può essere utilizzato il cross-linking. Aylin Kiliç però, pur partendo da quest’idea, è andata oltre, rivoluzionandone le basi.
UN’ULTERIORE
SEMPLIFICAZIONE
“Il mio metodo è completamente diverso da quello di Soosan Jacob”, spiega Kiliç. “I segmenti corneali forniti dalla Banca degli Occhi solitamente vengono preparati direttamente dal chirurgo in sala operatoria. La Dottoressa Jacob nella sua tecnica lo faceva con uno speciale trapano a doppia lama”.
Tra le innovazioni della Professoressa Kiliç c’è dunque la stessa preparazione del tessuto corneale. “Ho lavorato con la Banca degli Occhi internazionale, con sede negli Stati Uniti, e Lions VisionGift nella preparazione di un prodotto, KeraNatural™, ossia segmenti corneali sterili confezionati, con scadenza a due anni, pronti all’uso per la chirurgia”, spiega.
La stessa terminologia ‘anello corneale’ per Kiliç è obsoleta. “Non possiamo parlare di veri e propri anelli, poiché questi sono rigidi, mentre questo è tessuto elastico e che si modella. Ultimamente sto utilizzando il termine ‘iniezione di collagene’, che rende di più”. Il punto di partenza di Aylin Kiliç però non è stato il cheratocono, bensì la correzione della presbiopia e dell’ipermetropia. “Abbiamo iniziato sei anni fa con Allotex a condurre trial clinici sugli impianti di collagene umano al centro della cornea per la correzione della presbiopia e dell’ipermetropia. Nel follow up, ci siamo accorti che i pazienti
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InnovazIonI
Professoressa Aylin Kiliç, Medipol University Hospital di Istanbul, Turchia
Intervista alla Professoressa Aylin Kiliç, Medipol University Hospital di Istanbul, Turchia
toglievano molto presto gli occhiali”, afferma Kiliç. “Ci siamo chiesti: perché non applicarlo anche al cheratocono?”
L’ISTANBUL NOMOGRAM: PIÙ PAZIENTI, PIÙ VANTAGGI
La procedura è dunque estremamente veloce e semplice. Come per la CAIRS della Dottoressa Jacob, viene creato un canale corneale con l’utilizzo del laser a femtosecondi, ma più largo e con una profondità di 200 µm in cui viene iniettato il collagene. Non sono necessarie suture. “I trapianti di cornea occupano molto tempo in sala operatoria e le suture possono creare astigmatismo irregolare nell’occhio del paziente. Senza contare che il tempo di guarigione arriva fino a sei mesi”, spiega. “Dopo sei mesi è necessario rimuovere sutura per sutura, e non sappiamo se l’acuità visiva è o non è migliorata”.
In anestesia topica, la procedura dura cinque o sei minuti, ricordando in un certo senso la LASIK. In due anni di follow up su 120 occhi, i vantaggi sembrano essere molto significativi. “La tecnica è veloce, facile, reversibile e modificabile al bisogno: questo perché non andiamo minimamente a toccare il centro della cornea, ma vogliamo che
questa si rimodelli da sola a seconda della tensione esterna. La maggior parte dei pazienti ha un incremento del visus di entità variabile. Solo il 2% dei pazienti in esame non ha avuto miglioramenti dell’acuità visiva, ma nessuno ha affrontato un peggioramento”, afferma Kiliç.
L’Istanbul Nomogram permette un trattamento secondario dopo sei mesi o un anno per risistemare il collagene e adattarlo al paziente. “Facciamo un’altra valutazione e procediamo con gli aggiustamenti a seconda del paziente: possiamo dividere il collagene, toglierlo, reinserirlo, accorciare i segmenti, soprattutto se ci accorgiamo che c’è astigmatismo. Si tratta di una chirurgia a due fasi, che soddisfa sia noi che il paziente”, spiega.
Non si sono registrati importanti effetti avversi, come quelli registrati in certi impianti di anelli in PMMA. “Lavoriamo con cornee molto sottili nei casi di cheratocono: le possibilità di estrusione e melting corneale sono altissime. Motivo per cui quando impiantavo anelli corneali in PMMA ero molto selettiva con i pazienti”, chiarisce la Professoressa Kiliç. “Invece il collagene è morbido ed elastico, sicuro e, iniettato in una
parte superficiale della cornea, non dà effetti collaterali importanti”.
Con una tecnica così semplice e immediata, si allarga di molto il numero dei pazienti con cheratocono che vi si possono sottoporre. “Ogni paziente è potenzialmente eleggibile. Personalmente la raccomando ai pazienti con cali di vista e che sarebbero idonei per la cheratoplastica. La raccomando soprattutto a quei pazienti che hanno intolleranza alle lenti a contatto. Escludo completamente invece i pazienti con cicatrici corneali”, afferma Aylin Kiliç.
VERSO UN NOMOGRAMMA PERSONALIZZABILE
Proprio per la particolarità dei pazienti con cheratocono, nuove tecniche sempre più accessibili, semplici e non invasive possono essere una valida alternativa. Nella visione di Aylin Kiliç, il futuro non può che portare miglioramenti. “L’Istanbul Nomogram è una base, e spero che più avanti si lavori su piani chirurgici personalizzati paziente per paziente perché ogni cheratocono è diverso: un solo standard non va bene per tutti”.
La speranza è che questo tipo di trattamento guadagni sempre più popolarità e venga considerato prima di altre tecniche già esistenti nella cura del cheratocono. “Non c’è ragione di esitare ad imparare questa tecnica: la curva di apprendimento non è insormontabile e penso sia il futuro nel trattamento del cheratocono”, fa appello Aylin Kiliç. I pazienti, secondo Kiliç, devono darsi una possibilità in più per avere vita più semplice e migliorare la propria vista.
“La cheratoplastica è molto costosa anche in termini di tempo per il paziente, tra visite preoperatorie e follow up. Inoltre, nei pazienti giovani con cheratocono che si sottopongono a cheratoplastica c’è un’alta possibilità di rigetto. Questo trattamento invece non ha di questi problemi: è facile, aggiustabile e si sta dimostrando efficace”, conclude.
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di Laura Gaspari
La tecnica è veloce, facile, reversibile e modificabile al bisogno: questo perché non andiamo minimamente a toccare il centro della cornea, ma vogliamo che questa si rimodelli da sola a seconda della tensione esterna
Professoressa Aylin Kiliç
FDA APPROVA AFLIBERCEPT PER LA RETINOPATIA DEL PREMATURO
La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato Eylea (aflibercept) per il trattamento farmacologico per i neonati prematuri affetti da retinopatia del prematuro (ROP). Con questo primato nel trattamento di una malattia oculare pediatrica, Eylea è ora indicato da FDA per cinque condizioni retiniche causate da angiogenesi oculare.
“La retinopatia del prematuro è la più comune causa di cecità infantile al mondo. Finora l’unico trattamento approvato da FDA era la fotocoagulazione laser, procedura lenta e complessa che può creare stress, non solo nel piccolo paziente, ma anche nelle famiglie che devono gestire una difficile situazione come una nascita pretermine”, ha affermato in un comunicato stampa George D.
Yancopoulos, MD, PhD, Presidente e Responsabile Scientifico di Regeneron e principale ideatore di Eylea.
L’approvazione da FDA è stata supportata dai dati, molto positivi, di due studi randomizzati di fase 3, FIREFLEYE e BUTTERFLEYE, che hanno comparato il trattamento con Eylea 0,4 mg e la fotocoagulazione in bambini affetti da ROP. In entrambi gli studi, circa l’80% dei pazienti ha raggiunto l’assenza di progressione della ROP e risultati strutturali favorevoli alla cinquantaduesima settimana di vita. Non si sono registrate nuove segnalazioni di sicurezza per Eylea in entrambi gli studi.
“Senza nessuna precedente approvazione da FDA per i trattamenti della ROP con anti-VEGF, c’era molto bisogno di fare ricerca per capire come trattare al meglio la malattia tenendo a mente la sicurezza dei piccoli pazienti prima di tutto e salvare la loro vista per il resto della loro vita”, spiega Jeff Todd, CEO di Prevent Blindness. “Questi studi di Regeneron hanno contribuito ad una maggiore comprensione su come trattare questa malattia e hanno restituito un trattamento basato sulle evidenze per aiutare i bimbi prematuri a mantenere la vista”, conclude.
Fonte: https://investor.regeneron. com/news-releases/news-release-details/eylear-aflibercept-injection-approved-first-pharmacologic
24 News
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FDA APPROVA IL PRIMO TRATTAMENTO PER L’ATROFIA GEOGRAFICA
FDA ha approvato Syfovre (pegcetacoplan) di Apellis Pharmaceuticals per il trattamento dell’atrofia geografica. Si tratta del primo farmaco approvato per questa patologia. L’approvazione si basa sui risultati positivi degli studi di fase 3 OAKS e DERBY a 24 mesi. Syfovre è approvato per il trattamento di pazienti con atrofia geografica con o senza coinvolgimento subfoveale e prevede una flessibilità nel dosaggio con regimi in un range da ogni 25 a 60 giorni.
“L’approvazione di Syfovre è l’evento più importante dell’ultima decade nel mondo della retina medica”, afferma Eleonora Lad, lead investigator dello studio OAKS e Professoressa associata al Duke University Medical Center, Durham (USA). “Finora, non c’erano terapie approvate da poter offrire ai pazienti che vivono con l’atrofia geografica e che perdevano la vista inesorabilmente. Con Syfovre abbiamo finalmente un trattamento sicuro ed efficace con miglioramenti nel tempo per questa devastante patologia”.
Il profilo di sicurezza di Syfovre è stato dimostrato a seguito di circa 12000 iniezioni. Gli effetti collaterali più comuni (≥ 5%) riportati nei pazienti trattati con Syfovre sono discomfort oculare, AMD neovascolare, floaters vitreali ed emorragia congiuntivale. Syfovre è controindicato nei pazienti con infezioni oculari e perioculari e con infiammazione attiva intraoculare. “Oggi si pone una straordinaria pietra miliare per i pazienti, la
comunità medica che si occupa di retina e Apellis. Con miglioramenti progressivi e dosaggio flessibile, crediamo che Syfovre farà un’importante differenza nelle persone che convivono con l’atrofia geografica”, afferma Cedric Francois, co-fondatore e CEO di Apellis in un comunicato stampa.
L’applicazione alla commercializzazione invece per EMA è in fase di revisione e ci si aspetta una decisione per i primi mesi del 2024.
Fonte: https://investors.apellis. com/news-releases/news-release-details/fda-approves-syfovretm-pegcetacoplan-injection-first-and-only
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ESEGUITO PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA UN TRAPIANTO DI CORNEA ARTIFICIALE
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È stato eseguito per la prima volta in Italia lo scorso dicembre un trapianto di cornea artificiale su una paziente di 76 anni dopo cinque anni di cecità. L’intervento, eseguito al Policlinico Sant’Orsola dal Professor Luigi Fontana, docente di Malattie dell’Apparato Visivo dell’Università di Bologna e Direttore dell’unità di oftalmologia, è stato realizzato grazie ad una protesi endoteliale in materiale polimerico. Si tratta di un piccolo strato di materiale sintetico di 50 μm di spessore e 6,5 mm di diametro. Simile ad una piccola lente a contatto morbida e pieghevole, questa viene inserita nell’occhio, facendola
aderire alla parete interna della cornea. Il valore aggiunto di una protesi in materiale polimerico sta inoltre nella minore percentuale di rigetto e nella poca invasività dell’operazione chirurgica. L’intervento al Sant’Orsola è durato circa una mezz’ora.
I risultati di questo primo intervento e dei successivi confermano la potenzialità dell’uso di materiale artificiale per trattare alcune forme di opacizzazione della cornea. Gli studi sono molto promettenti sulla sicurezza e l’efficacia di impianti di cornea artificiale in casi di pazienti con patologie corneali complesse.
News 26
FRANCIA ANNULLA LA MAXI MULTA A ROCHE E NOVARTIS PER LUCENTIS
La Corte d’Appello di Parigi ha annullato le maxi-multe inflitte nel settembre 2020 in Francia alle aziende farmaceutiche Roche e Novartis, per aver cercato di preservare le vendite del farmaco Lucentis (ranibizumab) ai danni di Avastin (bevacizumab) per il trattamento dell’AMD. Le sanzioni ammontavano a complessivi 444 milioni di euro, ed erano state decise dalle autorità francesi della concorrenza (AFC) per abuso di posizione dominante: secondo AFC, i due colossi farmaceutici si erano accordati per screditare l’uso del bevacizumab in oftalmologia. Anche in Italia Roche e Novartis erano finite nel mirino delle autorità.
Roche avrebbe dovuto pagare 385 milioni di euro e Novartis 60 milioni. Tuttavia, la Corte d’Appello di Parigi ha ritenuto che a partire dal 2011, con l’entrata in vigore della nuova legislazione, Avastin dovesse essere ritenuto fuori mercato per il trattamento dell’AMD: quindi tra i due preparati, secondo la Corte, non c’è davvero concorrenza. La Corte ha ritenuto inoltre che nelle comunicazioni delle società non vi siano stati toni denigratori, allarmistici o addirittura fuorvianti. Una decisione, quella di Parigi, simile a quella turca dello scorso 27 gennaio. In Italia invece il Consiglio di Stato deciderà il prossimo 27 aprile.
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L
IL RUOLO DELLE
CELLULE IMMUNITARIE NELLO SVILUPPO DELLA CATARATTA DIABETICA
P
I ricercatori del Molecular Biomarkers Nano-Imaging Laboratory (MBNI) al Brigham and Women’s Hospital e dell’Harvard Medical School hanno trovato segni precoci di un danno al cristallino precedenti all’insorgenza di diabete di tipo 2. Condotto dal Direttore del MBNI Ali Hafezi-Moghadam, MD, PhD e dal Professore Dr. Christoph Rußmann assieme al team di ricerca, lo studio pubblicato nel Journal of Biomedical Science ha preso in esame un particolare tipo di cavia, il topo del Nilo (Arvicanthis niloticus), un murino in grado di sviluppare spontaneamente il diabete di tipo 2 in modo molto simile all’essere umano, quando posto in regime di cattività.
Le lenti oculari della cavia sono state analizzate con un avanzato sistema di imaging, evidenziando nel cristallino delle cavie delle microlesioni puntinate, “non visibili altrimenti”, come sottolineato dal Dr. Hafezi-Moghadam. Queste inedite microlesioni, precedenti a qualsiasi forma di cataratta diabetica, sono apparse prima che la cavia entrasse in uno stato di iperglicemia in
almeno metà dei casi analizzati, suggerendo un’alternativa all’attuale teoria vigente.
L’idea dominante che l’alto livello di glucosio nelle lenti di un paziente diabetico si trasformi in sorbitolo, cambiando la struttura e favorendo l’opacizzazione del cristallino, è detta teoria dello zucchero. “Una convinzione che ha retto per più di mezzo secolo”, osserva Hafezi-Moghadam, “Ma che non necessariamente spiega come funzionano i processi della cataratta umana”. I ricercatori hanno quindi identificato nelle cavie analizzate una migrazione di cellule immunitarie dal corpo ciliare al cristallino. Nelle aree attraversate da queste cellule, le cellule epiteliali subivano una trasformazione epiteliale-mesenchimale (EMT) generando un processo che porta alla compromissione della funzione della lente.
“È chiaro che c’è molta più complessità in questi processi di quanto la teoria dello zucchero riesce a spiegare”, osserva Ehsan Ranaei Pirmaradan, PhD, prima firma dello studio e postdoctoral fellow al MBNI and Harvard Medical School. “Ci stiamo avvicinando ad una migliore comprensione del perché alcune complicazioni del diabete emergono nello stadio pre-diabetico della malattia,” osserva Hafezi-Moghadam. “Questo ci aiuterà in futuro a scoprire un modo per prevenire lo sviluppo della cataratta nei pazienti diabetici, assieme a molte altre complicazioni, non solo a livello oculare. Questo studio rivela nuove esaltanti ipotesi, che dovranno essere approfondite in futuro”, aggiunge.
Fonte:
Ranaei Pirmardan, E., Zhang, Y., Barakat, A. et al. Pre-hyperglycemia immune cell trafficking underlies subclinical diabetic cataractogenesis. J Biomed Sci 30, 6 (2023). https://doi.org/10.1186/ s12929-023-00895-6
28 News
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Approfondimenti
IL RUOLO CENTRALE DEL CONSENSO
Per la cheratocongiuntivite primaverile (VKC) serve un indirizzo comune
LLa cheratocongiuntivite primaverile (VKC) - o Vernal - come patologia allergica cronica può rappresentare una vera fonte di fastidio e disagio per i pazienti che ne sono affetti e si manifesta solitamente dai primi mesi primaverili, per persistere durante tutta l’estate e addirittura l’autunno. Tenendo conto che si tratta di pazienti giovani, bambini e adolescenti, e che ha solitamente una durata sintomatologica di lungo periodo, non stupisce che si tratti di un disturbo notevole sia per il paziente, che per la sua famiglia o i suoi caregiver. Conoscerla per saperla trattare e cercare un consenso tra specialisti coinvolti, non solo a livello nazionale, ma internazionale, diventa quindi fondamentale per il benessere dei pazienti. Andrea Leonardi, Professore Associato presso il Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Oculistica dell’Università di Padova, ha parla-
to ad EyeSee dell’importanza di una diagnosi precoce e di un’efficace impostazione del trattamento di questa patologia, oltre che dello sforzo che la comunità internazionale dovrebbe inseguire nel trovare un punto in comune, con il fine del benessere dei pazienti.
SUPERARE LE DIVERSITÀ PER TROVARE UN PUNTO IN COMUNE
“Esistono delle linee guida e indicazioni redatte dalla Società Europea di Allergologia ed Immunologia Clinica, di cui faccio parte, che riguardano tutte le problematiche delle congiuntiviti allergiche, tra cui la VKC”, spiega Leonardi. L’argomento su cui però si necessita di trovare un punto di convergenza è la gestione della patologia. “Su questo abbiamo diversi atteggiamenti e correnti di pensiero, o comunque suggerimenti che possiamo trovare in letteratura, ma non una vera e propria linea guida”, afferma. La vera mancanza di una linea guida non si deve limitare al territorio nazionale, ma deve essere sopperita soprattutto a livello europeo, nonostante vi siano stati dei tentativi recenti e vi sia un trattamento specifico per la VKC attualmente sul mercato. “È stato promosso un gruppo di lavoro che comprendeva sette specialisti della materia, provenienti da aree europee diverse e forse con una diversa opinione sul trattamento della patologia per trovare un consenso univoco perlomeno sull’approccio terapeutico a livello europeo”, spiega Andrea Leonardi. “Inoltre, recentemente è stato introdotto un nuovo farmaco con l’indicazione specifica per il trat-
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Professor Andrea Leonardi
Intervista al Professor Andrea Leonardi, Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Oculistica dell’Università di Padova
tamento della cheratocongiuntivite primaverile severa”.
Alla luce delle novità in campo farmacologico è dunque importantissimo che si trovi una direzione comune sul trattamento e sul tipo di paziente da trattare. “È importante l’opinione di esperti con background scientifici e clinici diversi, esperienze in diverse aree europee e che la direzione comune sia sul come, quando, per quanto tempo trattare la patologia e sul profilo dei pazienti affetti”, afferma Leonardi.
LO STANDARD PER LE CURE A TUTTI I LIVELLI
Avere una linea comune su una patologia la cui sintomatologia è di lunga durata aiuta anche a dare coerenza di diagnosi e trattamento nel caso il paziente dovesse spostarsi per qualsiasi motivo, come ad esempio una vacanza con la famiglia d’estate. “Il paziente può trovare delle risposte simili se gli operatori sanitari in diverse aree del nostro Paese o in Europa sono a conoscenza delle indicazioni diagnostiche e terapeutiche” illustra Andrea Leonardi. “Lo stesso vale per l’accesso ai farmaci, che sono indispensabili per il trattamento”. Il riconoscimento della VKC e la capacità di trattarla al meglio non sono e non devono essere appannaggio esclusivo degli oculisti specializzati, ma tutte le figure potenzialmente coinvolte devono esserne a conoscenza. “Importante è il riconoscimento della patologia da parte di tutti gli oculisti sul territorio. Ovviamente poi ci sono gli specialisti più propensi a prendersi cura di questi pazienti e altri che li riferiranno ad un centro specialistico, soprattutto pazienti con una patologia a un grado di severità maggiore”, spiega Leonardi. “Questo non significa che gli oculisti del territorio, ambulatoriali, ospedalieri o privati che vedono per primi questi pazienti, non debbano occuparsi del problema”.
Prima si riconosce la patologia, più tempestivamente si può intervenire e la sua gestione deve essere condivisa dagli oculisti con altre figure mediche specifiche per garantire al paziente la migliore cura. “Trattandosi anche di bambini molto piccoli, quando si presentano i primi sintomi, i genitori di solito si rivolgono al pediatra di base. Spesso questo tipo di congiuntivite viene trattata in modo
aspecifico perché confusa con una congiuntivite classica”, afferma. “Ci sono altre figure che possono essere coinvolte, come il medico di base, l’oculista del territorio e l’allergologo. Devono conoscere la patologia e indirizzare le famiglie verso qualcuno di più esperto che sappia gestirla”. Questo non vuol dire però che i pazienti debbano per forza essere inviati in altre Regioni o sottoporsi a chilometrici “viaggi della salute” per la diagnosi e la cura della patologia. Lo scopo del documento di consenso è appunto quello di dare la possibilità a tutti gli oculisti, pediatri e allergologi di riconoscere la malattia, gestirla e riconoscere quali siano i limiti della gestione da parte del “non-specialista” indicando dei “red flags”, o avvertimenti, per un eventuale tempestivo invio ai centri di riferimento regionali o nazionali.
IL RUOLO CHIAVE DI FAMIGLIE E CAREGIVER
Le famiglie e chi si prende cura di questi pazienti hanno un ruolo centrale nella gestione e trattamento della patologia. Spesso sono coloro che si accorgono dei sintomi lamentati dal paziente, che si rivolgono agli specialisti e che si occupano della buona gestione del trattamento e dell’adesione alla terapia. “Bisogna far capire a genitori e caregiver di cosa si sta parlando prima di tutto
di Laura Gaspari
e quali possono essere le conseguenze sia di una mala gestione della patologia, sia di un trattamento terapeutico non ottimale”, spiega Leonardi.
Con il trattamento farmacologico vi è la possibilità di usare farmaci di diverso tipo a seconda della gravità della malattia, e bisogna stare particolarmente attenti a quelle soluzioni, soprattutto i cortisonici, che sono efficaci nel breve periodo, ma che nel lungo possono creare effetti collaterali.
Da non sottovalutare il ruolo delle scuole, asili e dei loro operatori, in quanto una corretta gestione terapeutica passa inevitabilmente attraverso la loro collaborazione senza costringere - come spesso accadegenitori e nonni ad andare a scuola durante l’orario scolastico per la somministrazione “del collirio”. Tutto questo riporta ancora una volta a una necessità di indicazioni comuni e linee guida affinché si copra ogni aspetto che riguarda la cheratocongiuntivite primaverile. “La patologia è di lunga durata quindi l’adesione al trattamento è fondamentale. Se il paziente inizia a stare meglio, non deve sospendere la terapia, ma continuare a seguire i suggerimenti che gli vengono dati. Le linee guida inoltre servono allo specialista per una gestione del follow up, degli effetti collaterali e dell’inefficacia eventuale di alcune terapie”, conclude.
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Tecniche chirurgiche
STABILITÀ E SEMPLICITÀ
Tecnica VIP per la CO-MICS, il vantaggio di una camera anteriore stabile
Intervista al Professor
Daniel S. Mojon, Università di Berna, Airport Medical Center Eye Clinic, Zurigo e Central Station EyeSanCentre, Gallo
LLa CO-MICS, Coaxial Micro-Incision Cataract Surgery, è un approccio non certo nuovo nel panorama chirurgico del segmento anteriore e che, grazie alla sua ridotta invasività, unita a buoni risultati, è oggi largamente utilizzato. “Ho cominciato ad usare la CO-MICS già dieci anni fa, quando l’incisione era ancora di 2,2
Professor Daniel S. Mojon
mm. Ormai da cinque anni, invece, ho cominciato ad utilizzare microincisioni di 1,6 mm”, afferma Daniel S. Mojon, Professore associato all’Università di Berna e illustre chirurgo oftalmologo in tre diverse cliniche svizzere. Proprio l’avvento della CO-MICS ha portato la strumentistica ad evolversi per realizzare incisioni
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
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sempre più piccole, come quella di 1,6 mm. Non solo: i chirurghi hanno potuto sviluppare tecniche accessorie alla CO-MICS per perfezionarla ed evitare potenziali complicazioni postoperatorie. Circa quattro anni fa, il Professor Mojon ha ideato la sua tecnica VIP, Viscoelastic Pressurized Surgery, con l’obiettivo di mantenere la camera anteriore stabile durante la chirurgia senza l’utilizzo di un mantenitore di camera anteriore, ma sfruttando l’uso di entrambe le mani, la punta del facoemulsificatore e un pizzico di fluidodinamica.
CO-MICS CON TECNICA VIP
“Il problema nella CO-MICS emerge quando, durante la chirurgia, usciamo con gli strumenti dalle aperture: non c’è più irrigazione nell’occhio e la pressione oculare cade. Si verifica dunque un movimento in avanti della lente, che tocca l’endotelio corneale e rischia, muovendo il corpo vitreo, di fare trazione sulla retina e portare ad un distacco”, spiega Mojon. La stabilizzazione della camera anteriore è dunque il concetto fondamentale da tenere a mente.
“La tecnica VIP è una buona aggiunta alla CO-MICS: le microincisioni rendono già l’occhio più stabile rispetto a delle aperture più grandi, e con questa tecnica stabilizziamo ancora di più”, afferma Daniel Mojon. Come suggerisce il nome stesso, l’uso del viscoelastico e dell’irrigazione è fondamentale. La chirurgia comincia con le incisioni, una di 1,6 mm per la punta del facoemulsificatore da una parte e una di 2,4 mm dall’altra per l’irrigazione, l’aspirazione e la manipolazione del nucleo e la capsuloressi. Successivamente si fa
un’idrodissezione per preparare il nucleo, mentre l’irrigazione avviene esclusivamente attraverso la punta del facoemulsificatore senza l’utilizzo di altri strumenti. Il nucleo viene così rimosso e la camera anteriore rimane stabile.
A questo punto inizia la tecnica VIP vera e propria.
“Io faccio la facoemulsificazione solitamente con la mano destra; quindi, con la mano sinistra inietto del viscoelastico nella camera anteriore e la riempio prima di uscire con la punta del faco. Questo impedisce il movimento anteriore della capsula, del cristallino e del corpo vitreo che possono portare al distacco del vitreo”, spiega Daniel Mojon.
A quel punto si cambia posizione per irrigazione e aspirazione. “Con l’irrigazione io spesso parto a destra, poi vado a sinistra, tenendo l’aspirazione sempre dalla parte opposta. Quando devo estrarre la cannula dell’irrigazione per inserirla nell’altra paracentesi, mi assicuro sempre di riempire la camera anteriore di viscoelastico per stabilizzare il tutto”, precisa Mojon. A questo punto avviene l’impianto della nuova lente. “Normalmente l’impianto lo faccio sotto irrigazione, con alcune eccezioni. Con un paziente anziano, ad esempio, o uno con un cristallino di 25 diottrie, preferisco mettere un po’ di viscoelastico prima di eseguire l’impianto della IOL per non avere stress sulla zonula, ma sono casi rari”, spiega. Nel momento di chiudere le aperture, si deve ritirare in parte la cannula dell’irrigazione per idratare sia la paracentesi che l’incisione corneale in cornea chiara per evitare uno spostamento anteriore del diaframma irideo-lenticolare. La chirurgia è quindi conclusa con
delle ferite minime, una lente centrata e, grazie alla tecnica di impianto sotto irrigazione, nessun residuo di viscoelastico.
MOLTISSIMI VANTAGGI
PER I CASI PIÙ COMPLICATI
La tecnica riduce di molto l’astigmatismo indotto grazie alle microincisioni e al mantenimento costante della curvatura fisiologica della cornea. Le microincisioni favoriscono inoltre una maggiore stabilità della camera anteriore, rendendo la chirurgia più sicura ed elegante. Inoltre, l’altro grande vantaggio è la diminuzione di casi di distacco di retina e altri danni a livello maculare. “Abbiamo notato che avevamo meno edemi maculari postoperatori, statisticamente con la tecnica VIP li abbiamo ridotti di un terzo”, afferma Mojon. Un altro grosso vantaggio postoperatorio è sicuramente quello di poter evitare il bendaggio dell’occhio nei giorni successivi all’operazione, con il conseguente mantenimento della visione stereoscopica e della visione periferica a 180°. L’acuità visiva inoltre è molto buona. “Sembrerebbe esserci meno perdita di cellule endoteliali. Stiamo ancora facendo le statistiche necessarie a verificare questo dato, ma tutto sembra portare a questa conclusione. Senza dubbio il recupero dell’acuità visiva è molto più rapido”, spiega. Tenendo stabile la camera anteriore, inoltre, si sono osservate meno pieghe sulla Membrana di Descemet.
PAZIENTI DIFFICILI
La tecnica VIP si applica anche a casi molto difficili. “Il paziente ideale è quello che ha una conta endoteliale bassa, o che ha avu-
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di Laura Gaspari
La tecnica VIP è una buona aggiunta alla COMICS: le microincisioni rendono già l’occhio più stabile rispetto a delle aperture più grandi, e con questa tecnica stabilizziamo ancora di più
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Daniel S. Mojon
Tecniche chirurgiche
to precedenti maculopatie, o che sta affrontando delle iniezioni per trattare una patologia retinica in corso”, spiega Daniel Mojon.
“Stiamo parlando di pazienti con grossi rischi di complicazioni sulla macula o di scompenso endoteliale, che può voler dire un trapianto dopo l’intervento di cataratta”. Lo sviluppo della tecnica VIP ha permesso al Professor Mojon di evitare di inviare i suoi pazienti più a rischio ad altri chirurghi, o per una femtocataratta o, nel caso di edema corneale postoperatorio, per una DSEK o una DMEK. Questo anche perché l’anamnesi preoperatoria è molto accurata.
“Se un paziente mi riferisce che la mattina quando si sveglia fa fatica a vederci bene dopo aver aperto gli occhi, so già che la cornea è al limite, che c’è ipossia che porta ad un edema corneale. Lì preferisco mandare da altri per una chirugia combinata della cataratta e cornea. In caso contrario procedo pure con la CO-MICS con tecnica VIP”, afferma Mojon.
La tecnica VIP sembra funzionare bene anche in casi di microftalmo. “C’è spazio per lavorare anche in
un occhio molto piccolo. La punta da 1,6 mm del facoemulsificatore permette di avere libertà di movimento in tutte le direzioni senza toccare l’endotelio. Con la VIP in questi casi non c’è bisogno di una vitrectomia anteriore, oculopressione oppure infusione di mannitolo”, spiega.
CAMBIARE NON COSTA NULLA!
“Passare alla tecnica VIP non costa nulla: forse bisogna cambiare viscoelastico, ma la chirurgia non si prolunga, non ha costi aggiuntivi e ha molti vantaggi”, spiega il Professor Mojon.
Provare questa tecnica non significa necessariamente utilizzare da subito un’incisione di 1,6 mm.
“La tecnica VIP funziona anche con un’incisione da 2,4 mm. Magari serve un po’ di più di viscoelastico. Si può ridurre l’incisione mano a mano”, raccomanda Daniel Mojon.
La questione è tutta di pratica e attenzione nelle manovre, che devono essere precise. “Con una microincisione bisogna stare un po’ attenti con l’iniettore per im -
piantare la IOL. Quando la IOL esce fa molta più forza e ci sono dei trucchi che si possono imparare osservando ed eseguendo la tecnica”, spiega.
Lavorando con due mani, bisogna anche prestare attenzione a non creare erosioni periferiche e a non perdere il controllo della pressione oculare nelle manovre. “Se la paracentesi laterale non è ideale, può succedere che introducendo la cannula si crei un’erosione della cornea. Capita di rado, di solito non è grave e il paziente non lamenta dolore, e non ho mai avuto bisogno di mettere una lente a contatto”, racconta. La cosa davvero importante è osservare la tecnica da chi la esegue se si è interessati ad apprenderla e applicarla nella propria pratica chirurgica. “Chi vuole può venire in sala operatoria da me per osservare l’intervento e farmi delle domande. Tutti sono benvenuti da ogni parte del mondo. I vantaggi sono moltissimi, e la sicurezza dell’intervento molto alta. Si tratta di una tecnica facile, e andarla a vedere da chi la fa è sempre una buona cosa”, conclude.
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Ottica FisiOpatOlOgica
PRESENTE E FUTURO DI ESSILORLUXOTTICA LA PAROLA A OLGA PRENAT
CCon più di 25 anni di esperienza nell’industria dell’ottica e del vision care, Olga Prenat, Global Head of Medical Marketing, Professional Relations and Vision Care Education di EssilorLuxottica, si occupa di coordinare e gestire la comunicazione tra i molteplici stakeholders, mantenendo vivo il dialogo con oculisti, optometristi, ottici, organizzazioni pro -
fessionali, associazioni, scuole, università e media.
Intervistata da EyeSee, Olga Prenat ha parlato della sua esperienza, della sua formazione e del suo lavoro in una realtà così grande e illustre come quella di EssilorLuxottica e dei progetti presenti e, soprattutto, futuri come parte attiva dell’impegno di quest’azienda leader nel settore dell’eyewear.
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Per vedere l’intervista integrale a Olga Prenat, inquadra il QR code.
Ottica FisiOpatOlOgica
ESSILOR® STELLEST™:
UN GRANDE ALLEATO CONTRO
LA MIOPIA PEDIATRICA GLOBALE
IIn occasione del MIDO Eyewear Show di Milano del 4 - 6 Febbraio 2023 si è tenuto il simposio di EssilorLuxottica dedicato alla correzione e al controllo della progressione miopica. Protagonista indiscussa dell’evento è stata la lente Essilor® Stellest™, una nuova lente in grado di rallentare la progressione miopica in media del 67%1 in confronto a lenti monofocali, grazie alla nuova tecnologia H.A.L.T. (High Aspherical Lenslet Target).
È possibile rivedere l’intero simposio EssilorLuxottica a MIDO inquadrando il primo QR code.
Per la sola presentazione di Olga Prenat sullo studioStellest, inquadrare il secondo QR code.
Essilor è da trent’anni in prima linea nella ricerca di soluzioni ed innovazioni nel campo della gestione della miopia. Il simposio ha visto la partecipazione di illustri medici nazionali ed internazionali come il Dottor Massimiliano Serafino, Direttore dell’Unità Oculistica Complessa del Gaslini di Genova, il Professor Paolo Nucci, Ordinario di Oculistica dell'Università Statale di Milano, ed inoltre con la partecipazione di Giancarlo Montani, Professore dell’Università del Salento, oltre che importanti esponenti di EssilorLuxottica quali Olga Prenat, Head of Medical Marketing and Professional Relations e Giorgio Parisotto Professional & Medical Coordinator Italia, che hanno preso in esame le problematiche relative all’aumento della miopia tra i giovani a livello globale e le nuove strategie per combattere un trend in costante aumento.
UN PROBLEMA GLOBALE
La comunità oftalmologica è unita nel considerare l’aumento dei casi di miopia una problematica da affrontare con urgenza: secondo le previsioni, entro il 2050 circa la metà della popolazione mondiale sarà miope2, una tendenza già particolarmente marcata nei Paesi asiatici dove la pandemia miopica colpisce già in alcune aree più del 90% della giovane popolazione3
Secondo il panel di discussione, la causa dell’impatto negativo sull’età di insorgenza e sulla gravità della problematica è riconducibile alle abitudini di vita del bambino, con sempre più ridotte attività all’aria aperta e un uso sempre più frequente e prolungato della visione ravvicinata.
Lo sviluppo precoce della miopia in un bambino è legato a un livello più elevato di miopia in età adulta e ad una crescente gravità del disturbo visivo, con un associato aumento esponenziale del rischio di sviluppare ulteriori disabilità visive nel corso della vita4. La ricerca di una soluzione deve essere prioritaria.
UN PUNTO DI SVOLTA
Due anni di studi clinici hanno dimostrato l’efficacia delle lenti Essilor® Stellest™ nella riduzione della progressione miopica nel bambino. Questa lente, progettata con l’innovativo sistema H.A.L.T. si compone di una zona monofocale per la visione a distanza, attorniata da 1021 invisibili lenslet asferiche diffuse in 11 anelli concentrici, in grado di generare un volume di luce non focalizzata davanti alla retina indipendentemente dalla direzione di sguardo. Grazie a tale volume generato dalle lenti Essilor® Stellest™, è possibile dunque controllare e rallentare la progressione miopica in un occhio ancora in fase di sviluppo. Secondo lo studio clinico presentato al simposio, 9 bambini su 10 che hanno portato degli occhiali con lenti Essilor® Stellest™ hanno riportato un allungamento assiale simile o più rallentato rispetto ai bambini non miopi5
LO STUDIO
Al simposio EssilorLuxottica durante il MIDO Eyewear Show, Olga Prenat ha presentato i risultati a tre anni dello
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studio sulle lenti Essilor® Stellest™ condotto presso il WEIRC, Wenzhou Medical University - Essilor International Research Center, sito nei locali del Eye Hospital of Wenzhou Medical University a Wenzhou, in Cina.
I risultati dei precedenti 2 anni avevano dimostrato una riduzione del 67% della progressione media della miopia (0.99D) nel gruppo di bambini con lenti Essilor® Stellest™, indossate per 12 ore al giorno rispetto al gruppo con lenti monofocali1, e un alto grado di soddisfazione nei piccoli pazienti, con il 100% di adattamento alla lente entro la prima settimana6
Nel follow-up a tre anni, per motivi etici, il gruppo di controllo iniziale è passato alle lenti Essilor® Stellest™ ed è stato reclutato un nuovo gruppo di controllo, con caratteristiche affini a quelle del primo gruppo di controllo al momento della visita a 2 anni, equipaggiato con lenti monofocali.
I risultati hanno confermato l’impatto positivo delle lenti Essilor® Stellest™ sul rallentamento della progressione miopica, con una riduzione media di 1.17D con l’utilizzo giornaliero di 12 ore durante i tre anni.
“Si tenga presente l’importanza di ridurre la progressione miopica di 1D: come mostrato in una recente pubblicazione di Bullimore e Brennan, ridurre la progressione miopica di 1D può potenzialmente diminuire il rischio di sviluppare maculopatia miopica del 40%7,” ha commentato Olga Prenat. La fase di studio a tre anni ha dimostrato inoltre l’efficacia delle lenti Essilor® Stellest™ nel rallentare la progressione della miopia e l’allungamento assiale anche nei bambini più grandi, sia che avessero utilizzato lenti monofocali o lenti Essilor® Stellest™ nei precedenti 2 anni.
1 Compared to single vision lenses, when worn by children at least 12 hours per day every day. Bao, J., Huang, Y., Li, X., Yang, A., Zhou, F., Wu, J., Wang, C., Li, Y., Lim, E.W., Spiegel, D.P., Drobe, B., Chen, H., 2022. Spectacle Lenses With Aspherical Lenslets for Myopia Control vs Single-Vision Spectacle Lenses: A Randomized Clinical Trial. JAMA Ophthalmol. 140(5), 472–478. https://doi.org/10.1001/ jamaophthalmol.2022.0401
2 Holden BA, Fricke TR, Wilson DA, Jong M, Naidoo KS, Sankaridurg P, Wong TY, Naduvilath TJ, Resnikoff S. Global Prevalence of Myopia and High Myopia and Temporal Trends from 2000 through 2050. Ophthalmology. 2016 May;123(5):1036-42. doi: 10.1016/j.ophtha.2016.01.006. Epub 2016 Feb 11. PMID: 26875007
3 Ian G. Morgan, Amanda N. French, Regan S. Ashby, Xinxing Guo, Xiaohu Ding, Mingguang He, Kathryn A. Rose, The epidemics of myopia: Aetiology and prevention, Progress in Retinal and Eye Research, Volume 62, 2018, Pages 134-149, ISSN 1350-9462, https://doi.org/10.1016/j.preteyeres.2017.09.004. (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1350946217300393)
4 Sankaridurg P. A less myopic future: what are the prospects? Clin Exp Optom. 2015 Nov;98(6):494-6. doi: 10.1111/cxo.12358. PMID: 26769176.
5 Two-year prospective, controlled, randomized, double-masked clinical trial results on 54 myopic children wearing Essilor® Stellest™ lenses compared to 50 myopic children wearing single vision lenses. Results based on 32 children who declared wearing Essilor® Stellest™ lenses at least 12 hours per day every day. Eye growth of non-myopic children based on 700 datapoints of schoolchildren enrolled in the Wenzhou Medical University-Essilor Progression and Onset of Myopia (WEPrOM) prospective cohort study. Stable correction need defined as a spherical equivalent refraction change on both eyes strictly lower than 0.50D.
6 Two-year prospective, controlled, randomized, double-masked clinical trial results on 54 myopic children wearing Essilor® Stellest™ lenses compared to 50 myopic children wearing single vision lenses. Efficacy results based on 32 children who declared wearing Essilor® Stellest™ lenses at least 12 hours per day every day. Bao, J. et al. (2021). One-year myopia control efficacy of spectacle lenses with aspherical lenslets. Br. J. Ophthalmol. doi:10.1136/bjophthalmol-2020-318367.
7 Bullimore, M.A., Brennan, N.A., 2019. Myopia Control: Why Each Diopter Matters. Optom. Vis. Sci. 96, 463–465. https://doi.org/10.1097/OPX.0000000000001367
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di Timothy Norris
Ridurre di 1D può diminuire il rischio di complicazioni a carico della macula del 40% Olga Prenat
Da sinistra, Olga Prenat, Giorgio Parisotto, Giancarlo Montani, Massimiliano Serafino
Ottica FisiOpatOlOgica
PRESENTATE LE DATE PER LE “GIORNATE DELLA VISTA” DELLA FONDAZIONE ONESIGHT ESSILOR LUXOTTICA ITALIA
È stato presentato il calendario per il 2023 delle “Giornate della Vista” della Fondazione OneSight EssilorLuxottica, l’iniziativa che si pone l’obiettivo di garantire migliaia di visite oculistiche e occhiali gratuiti alle persone fragili con difetti visivi.
Dieci città in dieci mesi, le “Giornate della Vista” garantiranno a circa 8.000 persone accesso a un’assistenza oculistica adeguata alle loro necessità.
Dopo la tappa di Roma, svoltasi dal 20 febbraio al 4 marzo, le altre città previste sono: Napoli (20-31 marzo), Bari (12-21 aprile), Pescara (8-19 maggio), Torino (12-23 giugno), Genova (10-21 luglio), Catania (18-29 settembre), Milano (9-20 ottobre), Belluno (13-24 novembre) e Firenze (4-15 dicembre).
La Fondazione OneSight EssilorLuxottica opera in tutto il mondo. Dal 2013, con il sostegno di Governi, ONG e una vasta rete partner, la Fondazione ha dato accesso permanente all’assistenza oculistica a mezzo miliardo di persone e ha fornito occhiali a oltre 58 milioni di individui nelle aree e nelle comunità svantaggiate del pianeta. Facendo proprio l’obiettivo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la Fondazione si è posta come traguardo quello di contribuire a eliminare i difetti visivi non corretti nell’arco di una generazione, entro il 2050.
“Ci auguriamo che le Giornate della Vista in Italia possano continuare a crescere e aiutare tutti a sensibilizzare quante più persone possibile sull’importanza della cura della vista, offrendo una risposta immediata, gratuita e concreta a chi ha bisogno. Anche nel nostro Paese si può fare molto per favorire l’accesso alle cure oculistiche e
l’inclusione sociale per le persone nel bisogno”, commenta Leonardo Maria Del Vecchio, Presidente della Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia. Coinvolta nell’iniziativa c’è anche la Comunità di Sant’Egidio. “La Comunità di Sant’Egidio desidera ringraziare la Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia per questa importante iniziativa di visite oculistiche gratuite”, dichiara Giacomo Cesare Zucconi Segretario Generale di Comunità di Sant’Egidio ACAP Onlus “Siamo felici che la Fondazione abbia voluto la collaborazione di Sant’Egidio nelle varie tappe della Campagna del 2023, che toccherà numerose città italiane nelle quali Sant’Egidio è presente attivamente e che ci vedrà impegnati assieme”. Il diritto alla salute e alla cura è un diritto fondamentale ed è al centro delle iniziative della Fondazione come le “Giornate della Vista”. “In questo tem-
po difficile di crisi economica che vede un generale impoverimento di tante famiglie italiane, c’è davvero bisogno di promuovere reti di solidarietà, che sostengano chi è più povero e in difficoltà”, spiega Zucconi. “Solo grazie alla collaborazione di diverse realtà si può restituire la speranza a tanti e costruire un futuro migliore”.
Il diritto alla vista è dunque una missione importantissima da sostenere. “Ancora oggi sono 2,7 i miliardi di persone nel mondo con difetti visivi non corretti, nonostante le molteplici soluzioni in grado di risolvere l’80% di tutti i problemi legati alla vista. Solo attraverso un approccio innovativo orientato alla collaborazione con istituzioni, medici oculisti ed associazioni, possiamo creare un circolo virtuoso, per estendere la portata degli interventi e massimizzare il nostro impatto sociale”, conclude Leonardo Maria Del Vecchio.
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È
di Laura Gaspari
SCOPRI PERCHÉ È IMPORTANTE CONTROLLARE GLI OCCHI SIN DAI PRIMI ANNI DI VITA! 10/10 9/10 8/10 Lions Clubs International MULTIDISTRETTO 108 - ITALY Campagna di prevenzione dell’ambliopia INIZIATIVA PROMOSSA DA Con il patrocinio di Una iniziativa Lions Clubs International MULTIDISTRETTO 108 - ITALY LA VISIONE NEL istruzioniBAMBINO: per l’uso Manuale pratico per genitori consapevoli Puoi richiedere n. 50 copie gratuite da mettere a disposizione dei tuoi pazienti in sala d’attesa Con il sostegno di la soluzione oftalmica per la gestione della progressione miopica Richiedi gli opuscoli a: info@fgeditore.it ADERISCI ANCHE TU! www.sightforkids.it
UN FILM LACRIMALE STABILE È SEGNO DISTINTIVO DI SALUTE OCULARE
IIn un occhio sano, il film lacrimale ed i suoi componenti lavorano in COMBINAZIONE per lubrificare, ossigenare, nutrire, idratare e proteggere la superficie oculare. La stabilità del film lacrimale, che è un segno distintivo di un occhio sano, è minacciata quando le interazioni tra i componenti sono compromesse da una ridotta secrezione, iper-evaporazione o alterata composizione della lacrima; conseguenza di tutto ciò, sarà l’infiammazione oculare e il danno epiteliale. Una COMBINAZIONE di molecole che operano in SINERGIA per ricostituire tutti gli strati del film lacrimale e interagire con l’epitelio della superficie oculare, può essere di ausilio nel semplificare la gestione e il trattamento dell’occhio secco. TriMIX è una COMBINAZIONE AD AZIONE MULTIPLA a base di Acido Ialuronico cross-linkato, Trealosio, Stearilamina e Liposomi, formulata per il ripristino delle proprietà fisiologiche della superficie oculare.
• L’Acido Ialuronico cross-linkato , assicura un alto grado di idratazione e permanenza sulla superficie oculare, tale da alleviare i sintomi associati all’occhio secco e all’irritazione oculare che ne consegue
• I Liposomi stabilizzano la componente lipidica del film lacrimale, aumentando lo spessore della componente lipidica ed ancorando la fase lipidica alla fase acquosa. Inoltre migliorano la lubrificazione
• La Stearilamina , veicolata dai liposomi, per la sua carica positiva e le interazioni elettrostatiche, permette una migliore adesività sulla superficie epiteliale e contribuisce a stabilizzare lo strato lipidico
Due recenti pubblicazioni hanno confermato l’efficacia e la tollerabilità di TRIMIX
Effects of a New Formulation of Multiple-Action Tear Substitute on Objective Ocular Surface Parameters and Ocular Discomfort
Symptoms in Patients with Dry Eye Disease
Luca Vigo, Carlotta Senni, Marco Pellegrini, Aldo Vagge, Lorenzo Ferro Desideri, Francesco Carones, Vincenzo Scorcia & Giuseppe Giannaccare.
Ophthalmology and Therapy volume 11, pages1441–1447 (2022)
La I a COMBINAZIONE ad azione multipla che semplifica la gestione del paziente con occhio secco
• Il Trealosio ha proprietà stabilizzanti e protettive delle membrane delle cellule dell’epitelio corneale prevenendo la denaturazione delle proteine e la degradazione dei lipidi e contribuendo a mantenere e migliorare la loro funzione fisiologica nei rapporti con il film lacrimale e a ridurre i fenomeni infiammatori
Clinical Efficacy, Tolerability and Safety of a New Multiple-Action Eyedrop in Subjects with Moderate to Severe Dry Eye
Anna Maria Roszkowska, Leandro Inferrera, Rosaria Spinella,Elisa Imelde Postorino, Romana Gargano, Giovanni Wiliam Oliverio and Pasquale Aragona.
J. Clin. Med. 2022, 11(23), 6975; https://doi.org/10.3390/ jcm11236975
42 News dalle azieNde
NEUTRALID NET L’EVOLUZIONE NELLA TRADIZIONE
Aloe vera gel: una molecola naturale conosciuta da moltissimi anni particolarmente adoperata come facilitante i processi riparativi delle superfici del nostro organismo. Produce anche attività antinfiammatoria e lievemente antiallergica, peculiarità che aumenta ed amplifica l’igiene della superficie palpebrale con sensazione di freschezza e sollievo immediato Camomilla: prodotto vegetale le cui caratteristiche sono ben note e i cui effetti emollienti e rinfrescanti sono apprezzati da tempo immemorabile.
Le garze oftalmiche monouso Neutralid NET, grazie alle loro proprietà idratanti e lenitive sono un moderno device per l’igiene della zona perioculare di adulti e bambini. La pulizia e la detersione della rima palpebrale è fondamentale non solo ogni giorno come normale atto di igiene personale, ma soprattutto per prevenire quei numerosi fenomeni infiammatori e/o infettivi a carico della cute o delle strutture accessorie delle nostre palpebre che producono discomfort nei pazienti. Blefariti croniche, calazi, orzaioli sono le malattie più comuni che interessano la regione palpebrale e, per ovviare a queste patologie, da molto tempo si è data particolare importanza alla perfetta salute di questa area della regione oculare e peri oculare. L’integrità anatomica, e soprattutto quella funzionale, produce benessere anche sulla superficie oculare attraverso vari meccanismi meccanici e biochimici che si integrano a vicenda. Il sistema più semplice per assicurare integrità, pulizia ed igiene della rima palpebrale e della cute circostante
è senza dubbio l’uso di garze monouso, opportunamente medicate. Le garze oftalmiche monouso Neutralid NET, sono realizzare con tessuto non tessuto (TNT) attraverso un processo definito “Spunlace” che potenzia la struttura reticolare delle fibre componenti il fazzoletto, evitando che questi disperda filamenti, o altri residui, e che sia resistente all’azione meccanica prodotta dal loro uso. Queste caratteristiche strutturali facilitano il corretto utilizzo della garze Neutralid NET senza produrre una pur minima sofferenza della cute palpebrale né irritazione. Le garze sono imbevute di Sodio ialuronato 0,10%: una molecola naturale con particolari capacità plastiche ed idratanti che produce sulla cute una azione di modica imbibizione, rendendola morbida e trofica anche per la caratteristica di trattenere acqua e riportando ad un giusto equilibrio la trama del tessuto cutaneo in tutte le sue componenti. Le proprietà mucomimetiche e mucoadesive facilitano una attività riepitelizzante, ma anche blandamente antiinfiammatoria
Il confezionamento delle garze oftalmiche monouso Neutralid NET è senza conservanti tossici, elemento che produce un’alta tollerabilità del prodotto anche nei pazienti più giovani e con cute sensibile.
Consente anche l’utilizzo del device come sistema di pulizia nel post operatorio di qualunque chirurgia oculare perché assicura l’assenza di contaminazioni ed una bassa concentrazione di conservanti che ne aumentano la sicurezza senza produrre fenomeni negativi. L’uso regolare e costante di questo prodotto assicura una elevata igiene e detersione della rima palpebrale eliminando, ad esempio, i fattori irritativi provenienti da residui di trucco, per il pubblico femminile, o da fattori irritativi banali, come può accadere nei bambini . La compliance del paziente è assicurata pertanto dalla particolare formulazione con un perfetto equilibrio tra le varie componenti, dalla elevata qualità della struttura della garza che garantisce la resistenza del fazzoletto ai ripetuti passaggi sulla pelle, dalla speciale attenzione al confezionamento che in singola bustina sterile ne rende l’uso pratico e sicuro.
43 News dalle azieNde
RODENSTOCK PRESENTA MYCON D
Diversi studi* dimostrano che l’incremento della miopia è in costante progressione, i fattori che ne influenzano l’incremento sono molteplici. Tra questi troviamo la storia familiare. Secondo alcuni studi**, se uno dei genitori è miope, il rischio del bambino di sviluppare la miopia è maggiore. Rischio ancora più alto, con una probabilità del 35-60%, se entrambi i genitori sono miopi, così come la sua velocità di progressione. La miopia infantile aumenta anche il rischio di malattie oculari in età adulta, controllarne la miopia può ridurre significativamente il rischio di sviluppare malattie in età adulta.
“Per noi di Rodenstock è importante offrire la visione più nitida e confortevole possibile a tutti, anche ai nostri bambini.
Per questo abbiamo sviluppato una soluzione per correggere la loro miopia che allo stesso tempo contribuisca a controllarne la progressione, e non abbiamo dimenticato l’aspetto importante dell’estetica e del comfort, per far sentire a proprio agio i nostri bambini in tutte le loro attività quotidiane.
Le lenti MyCon sono disponibili negli indici 1.5, 1.6, 1.67 e 1.74, con i vantaggi tangibili di lenti più sottili e più gradevoli esteticamente rispetto a molte altre”. dichiara Valentina Pucci Mossotti, Training & Product Manager Rodenstock Italia.
Per poter identificare e risolvere tempestivamente eventuali problematiche è fondamentale programmare periodicamente le visite oculistiche fin dai primi mesi di vita per poter offrire loro la soluzione visiva e i monitoring necessari.
“La miopia è caratterizzata da un occhio leggermente più lungo della media. Il modo in cui le lenti monofocali convenzionali correggono la miopia fa sì che i raggi luminosi siano messi a
fuoco sulla parte centrale della retina mentre quelli che interessano le zone periferiche finiscano oltre. Come conseguenza, alcuni occhi, per adattarsi, tendono a crescere maggiormente e questo fa si che la miopia progredisca. Le lenti MyCon correggono la miopia, ne rallentano la progressione, controllando l’allungamento dell’occhio. I raggi luminosi vengono rifratti in modo da focalizzarsi sulla retina per rallentare l’allungamento del bulbo oculare e le aree di controllo della progressione sono posizionate temporalmente e nasalmente.” continua Valentina Pucci Mossotti. Un importante studio clinico indipendente ha esaminato, per 5 anni, la progressione della miopia nei bambini caucasici di età compresa tra 7 e 14 anni dimostrando che le lenti MyCon sono efficaci nella riduzione della progressione fino al 40%, e dell’allungamento del bulbo oculare fino al 35%”. Le lenti MyCon saranno disponibili in Centri Ottici partner Rodenstock selezionati.
* Holden et al. (2016). Prevalenza globale di miopia e miopia elevata e tendenze temporali dal 2000 al 2050. Oftalmologia. 2016; 123:103642.
**Kurtz D, Hyman L, Gwiazda JE, Manny R, Dong LM, Wang Y, Scheiman M, (2007). COMET Group. Role of parental myopia in the progression of myopia and its interaction with treatment in COMET children. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2007. Fonti: Mew-May Wu M, Edwards MH. (1999) The Effect of Having Myopic Parents: An Analysis of Myopia in Three Generations. Optometry and Vision Science. 1999; 76(6):387–92. Mutti DO, Mitchell GL, Moeschberger ML, Jones LA, Zadnik K. (2002). Parental myopia, near work, school achievement, and children’s refractive error. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2002; 43(12): 3633–3640.
44 News dalle azieNde
Le lenti progettate per correggere la miopia dei bambini e rallentarne la progressione.
GLAUCOMA: INNOVAZIONE NELLA NEUROPROTEZIONE