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Chirurgia della cataratta e la gestione del post-operatorio

di Vincenzo Orfeo, Segretario AICCER a cura di Laura Gaspari

Un’indicazione sulla strada da seguire

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La chirurgia della cataratta è in continua evoluzione e le società scientifiche devono mantenere costantemente aggiornate le linee guida per garantire il miglior rendimento operatorio per il paziente, nell’interesse della sua salute. Dunque la gestione terapeutica del postoperatorio deve prendere in considerazione la prevenzione delle infezioni successive, rimanendo sempre attenti al fenomeno dell’antibiotico resistenza e tutelando la superficie oculare del paziente. A tal proposito, le linee guida ESCRS si occupano prevalentemente della prevenzione delle infezioni dopo l’intervento di cataratta, dando specifiche indicazioni sui trattamenti post-operatori dimostrati da studi a supporto. La nostra società AICCER è in linea con i consigli di ESCRS. Si stanno infatti valutando, oltre alla prevenzione delle infezioni, anche altri aspetti ugualmente importanti, come la salute e il benessere del paziente che si opera di cataratta, e l’attenzione per la superficie oculare.

Cefuroxima e levofloxacina in associazione con desametasone: semaforo verde

Le conclusioni di uno studio di qualche anno fa, a cura della stessa ESCRS, hanno dimostrato che la soluzione migliore per ridurre l’incidenza di endoftalmite è quella di eseguire un’iniezione di cefuroxima intraoculare a fine intervento e proseguire poi con una terapia nell’immediato postoperatorio con antibiotico per sette giorni, quattro gocce al giorno. Tra gli antibiotici più potenti contemplati dagli studi ESCRS c’è la levofloxacina, antibiotico appartenente alla classe dei fluorochinoloni, somministrata a dose piena. Questi due antibiotici ad ampio spettro in combinazione, tra quelli testati dallo studio ESCRS, hanno dimostrato di essere un’arma molto potente, a livello intraoculare, nel caso di cefuroxima, e per la superficie oculare con la levofloxacina. Entrambi hanno dimostrato di ridurre drasticamente la carica batterica, sia intraoculare che sulla superficie. La possibilità di utilizzare la levofloxacina in associazione con i cortisonici come il desametasone è importante e amplia molto le possibilità dell’oculista. Era da molto tempo che non uscivano sul mercato delle associazioni nuove. Sicuramente un’arma molto importante nelle mani del medico oculista, ma come tale essa va gestita nel modo giusto e corretto.

Antibiotico resistenza: un nemico costantemente alle porte

Il problema dell’antibiotico resistenza è molto serio e sta crescendo in modo esponenziale. Tutti i medici, non solo gli oculisti, devono prenderne coscienza e sensibilizzare sull’argomento, evitando l’utilizzo incongruo degli antibiotici nelle pre-

scrizioni, soprattutto per quanto riguarda i colliri antibiotici in associazione con cortisonici. Nonostante tendenzialmente gli antibiotici più nuovi e più potenti vadano incontro a minori problemi di resistenza, purtroppo anche i fluorochinoloni possono averne, poiché sono stati utilizzati per tempi prolungati e a dosi non complete. Uno dei grossi problemi che ha causato gran parte delle resistenze batteriche è stato il dosaggio, che non è stato in grado di garantire un completo effetto battericida. Frequenti e pericolosi sono stati i fenomeni di tapering, ossia la tendenza a ridurre la posologia dell’associazione antibiotico e cortisone, valutando solamente la necessità di calare la somministrazione degli steroidi a scapito dell’effetto battericida dell’antibiotico. A ciò si legava anche un’utilità di tipo economico per il paziente, per fargli conservare il collirio prescritto e comprato inizialmente. L’ideale quindi è prescrivere il collirio in associazione con il cortisonico, quattro gocce al giorno per sette giorni a dose piena, senza scendere con la posologia e successivamente prescrivere un altro collirio con un cortisonico più leggero e a minore penetrazione che possa essere ridotto man mano e che non contenga l’antibiotico. In questo modo possiamo prevenire l’infezione in modo efficace, prestando maggiore attenzione ai fenomeni di resistenza e, contemporaneamente, trattare l’infiammazione per altri 15-20 giorni, in modo da riportare la superficie oculare ad una situazione di tranquillità. Oltre a quello, l’utilizzo dei FANS è molto importante, perché ci può aiutare a prevenire l’edema maculare cistoide, salvo nei casi di dry eye severo, dove il chirurgo oculista deve procedere con ulteriori valutazioni.

Attenzione alla superficie oculare!

Il chirurgo deve avere molta attenzione alla superficie oculare del paziente che sta per operare. A tal proposito, interessandomi da anni alla tematica, ho scritto un libro per la collana AICCER Educational. Di vitale importanza è conoscere la situazione della superficie oculare dell’occhio da operare, effettuando gli adeguati accertamenti prima di procedere con l’intervento e informando adeguatamente il paziente. Il discomfort della superficie oculare nel post-operatorio rappresenta la complicanza più frequente negli interventi di cataratta, raggiungendo circa il 35% dei pazienti. Possiamo trovarci generalmente davanti a tre situazioni: la prima, in cui abbiamo soggetti sani, che possono presentare piccoli disturbi nel postoperatorio, facilmente risolvibili nel giro di poco tempo. La seconda, con pazienti che si ritengono sani e sono asintomatici, ma che invece hanno segni di un iniziale dry eye: questi sono pazienti molto pericolosi, in quanto lo stress chirurgico può aggravare questa situazione di partenza, instaurando situazioni di disagio continuo e che il paziente purtroppo ed inevitabilmente assocerà all’intervento. In questi casi è difficile intervenire a posteriori; si rende quindi necessario che il chirurgo valuti prima dell’intervento la situazione della superficie oculare del paziente informandolo che se dovessero verificarsi dei disturbi, sono da imputarsi ad una situazione precedente e non alla chirurgia. Infine, abbiamo una terza tipologia di paziente, che già soffre di dry eye e che immagina già di andare incontro ad un piccolo peggioramento dovuto allo stress chirurgico, che comunque rientrerà nella situazione precedente. A supporto della salute della superficie oculare del paziente, possono venire in nostro aiuto dei validi sostituti lacrimali, da somministrarsi sia prima dell’intervento, che nel post-operatorio per un periodo di almeno tre mesi.

Ascoltiamo i nostri pazienti

Per un chirurgo oftalmologo è importantissima la compliance del paziente e il miglior modo per ottenerla è quando si spende qualche minuto a informarlo delle necessità e utilità delle cose che deve fare, in modo da sensibilizzarlo e renderlo cosciente di ciò che sta avvenendo. Dall’altro lato comunque, sebbene il chirurgo sia da sempre orientato al risultato-obiettivo da raggiungere in chirurgia, ora deve impegnarsi a pensare anche al risultato soggettivo del paziente: a volte possiamo raggiungere anche i 10/10, ma se abbiamo un paziente scontento per un problema di superficie oculare che abbiamo sottovalutato non va bene. Il nostro obiettivo dev’essere quello di un paziente contento che vede bene e l’unico modo per far sì che ciò accada è una mutua collaborazione con lui e una maggiore presa di coscienza da parte nostra, sia della sua situazione personale, che della migliore gestione terapeutica nel post-operatorio.

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