Occhio, refrazione e presbiopia

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Lucio Buratto Silvano Abati Maurizio Cusani Mario Giò Marco Moncalvi

Occhio, Refrazione e Presbiopia

FGE Editore


Copyright 2012 Lucio Buratto Piazza della Repubblica, 21 – 20124 Milano e-mail: office@buratto.com www.camospa.it – www.buratto.com Impaginazione e stampa: FGE Srl Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT) Si ringrazia Medicongress per la preziosa collaborazione. Si ringrazia

per l’immagine di copertina.

Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale. Questa pubblicazione è stata resa possibile grazie al contributo essenziale di:

FGE Editore Fabiano Gruppo Editoriale Finito di stampare: Febbraio 2012


Gli Autori Lucio Buratto È un medico oculista specializzato nella chirurgia della cataratta e nella refrattiva (tecnica che corregge la miopia, l’astigmatismo e l’ipermetropia). In ambedue i settori ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale tra cui, al Congressodell’American Academy, il massimo riconoscimento internazionale per un chirurgo refrattivo. Lucio Buratto – Piazza della Repubblica 21, Milano – Tel 02 6361191 Silvano Abati Laureato in Fisica, da ottobre 2011, è direttore della sezione Scienze della Visione (scuola di ottica, optometria, contattologia, ipovisione e aggiornamento professionale) dell’Istituto Enrico Fermi di Perugia. Professore a contratto in Ottica Oftalmica al corso di Laurea in Ottica e Optometria dell’Università di Firenze. Dal 1976 al 31 Luglio 2010 ha svolto attività didattica presso l’I.R.S.O.O. di Vinci ricoprendo, dal 1985, la carica di Direttore. Dal 2009, è Segretario della Società Italiana P.R.I.S.M.A. (professionisti riabilitazione ipovisione e studio malattie associate) - Associazione ONLUS con sede a Vinci (Fi). Autore di oltre trenta libri di ottica ha tenuto oltre 300 corsi in varie città Italiane; è stato responsabile, o nel comitato di redazione, di numerose riviste: Aioc; Visione; l’Oroptero; Ottica Fisiopatologia; Medicina Ieri, oggi e domani; Notiziario Oftalmologico. Come libero professionista, collabora a progetti di coordinamento che coinvolgono aziende, enti ed associazioni. Maurizio Cusani Laureato in Medicina con 110/110 e lode e specializzato in Oculistica. Libero professionista ha condotto 25 corsi ECM con 4 diversi provider ed è stato direttore scientifico di 3 corsi FAD. Membro del Comitato Scientifico di Riza Psicosomatica dal 1999. Presso la SOI ha tenuto come direttore cinque corsi su “Psicosomatica Oculare”, è stato responsabile scientifico del simposio “Occhio e Psiche” nel 2010 e segretario scientifico del simposio “Occhio e nutrizione” nel 2011. Studioso di sufismo ha pubblicato 15 saggi su nutrizione, medicina complementare ed enneagramma, tecnica che insegna al Master di Psicosomatica per Medici e Psicologi presso l’Istituto Riza dal 1999. Pubblica nell’ottobre 2006 “Psicosomatica Oculare” (di cui esce una seconda edizione ampliata e aggiornata nel 2009). Mario Giò Nato a Milano il 14 Marzo 1961, si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1986 e si specializza in Oftalmologia nel 1990 presso Ospedale San Raffaele allora sede dell’Università degli Studi di Milano. In passato collabora con diversi specialisti Italiani, francesi ed americani. Attualmente è consulente del Centro Diagnostico Italiano, del Centro Medico Sinergie, del Policlinico San Marco, della Casa di Cura Columbus. Inoltre è responsabile dell’Unità Operativa di Oftalmologia presso la Casa di Cura Ambrosiana dell’Istituto Sacra Famiglia dove visita, opera ed in particolare si occupa delle malattie dell’apparato visivo e della chirugia oculare nei disabili. Marco Moncalvi Laureato in Medicina e Chirurgia alla Università Statale di Milano con 110/100 con lode e specializzato in Oftalmologia nel 1986 con il massimo dei voti. Ha svolto attività di specialista ambulatoriale e in studio privato a Milano. È stato titolare di incarico presso l’ASL di Legnano e presso le strutture ambulatoriali di Milano dipendenti dagli ICP. È stato coautore di alcuni libri di argomento oculistico e di alcuni dizionari medici. È deceduto per una grave malattia in corso di esecuzione di questa opera.



Presentazione Il volume Occhio, Refrazione e Presbiopia, è un volume di facile consultazione che affronta un tema di importanza fondamentale per i professionisti del settore; tratta infatti in maniera semplice ma esaustiva tutte le tematiche che si interfacciano alla presbiopia: dall’’anatomia alla fisiologia dell’apparato visivo, dai difetti della vista, a come si affronta una rifrazione per arrivare alla sua compensazione o correzione. Chiamato a integrare il testo ho avuto modo di valutare appieno la sua importanza, infatti il modo in cui si affrontano gli argomenti lo rendono unico nel suo genere. Semplicità e completezza ne fanno un manuale di facile lettura per tutti: medici, optometristi, ottici, ortottisti ed anche aziende del settore dell’ottica potranno così trovare un piacevole testo di studio o di semplice consultazione per avvicinarsi a questa tematica divenuta oggi di grande interesse ed attualità. Silvano Abati Direttore sezione Scienze della Visione Istituto Enrico Fermi - Perugia



Indice 9

Cenni di anatomia e fisiologia dell’apparato visivo – Marco Moncalvi

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La visita oculistica – Lucio Buratto

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I difetti della vista – Lucio Buratto

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La refrazione e la prescrizione delle lenti – Maurizio Cusani

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La presbiopia – Mario Giò, Cristina Giordano

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Il laser corregge la miopia, l’ipermetropia, l’astigmatismo – Lucio Buratto



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Cenni di anatomia e fisiologia dell’apparato visivo Marco Moncalvi Tra gli organi di senso l’occhio è il più importante e quello che fornisce al cervello e cioè all’uomo il maggior numero di informazioni. Il bulbo oculare cioè l’occhio è il fulcro del senso della vista, ma per avere le sensazioni visive sono necessari anche gli annessi oculari e le vie nervose; l’apparato visivo comprende quindi gli annessi, il bulbo oculare e le vie nervose. Gli annessi oculari sono: muscoli extraoculari, palpebre, apparato lacrimale, congiuntiva.

Muscoli extraoculari Sono sei muscoli che fanno muovere il bulbo oculare nelle varie direzioni di sguardo; essi lavorano in modo complementare in maniera da tenere sempre i due occhi in una posizione per cui immagini sostanzialmente uguali di oggetti cadono su punti retinici corrispondenti.

Palpebre Esistono una palpebra superiore ed una inferiore; hanno la funzione di proteggere il bulbo oculare. A questa funzione partecipano attivamente anche le ciglia. Dall’esterno all’interno le palpebre sono formate da uno strato cutaneo, da uno strato muscolare e da uno fibroso (tarso); quest’ultimo è ricoperto dalla congiuntiva. I muscoli della palpebra sono il muscolo orbicolare che serve a serrare le palpebre, il muscolo elevatore che alza la palpebra superiore. (Figura 1)

Apparato lacrimale. Percorso delle lacrime L’apparato lacrimale comprende la ghiandola lacrimale principale le ghiandole lacrimali accessorie e le vie di deflusso. La ghiandola lacrimale principale si trova posizionata nella zona supero-temporale ed anteriore dell’orbita.

Figura 1 Anatomia palpebrale

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Le ghiandole lacrimali accessorie si trovano nello spessore delle palpebre. Le vie di deflusso iniziano con i puntini lacrimali, superiore ed inferiore; essi si trovano sul bordo palpebrale superiore ed inferiore al limite palpebrale verso il naso; si continuano con i canalini lacrimali che sboccano nel sacco lacrimale; da qui parte il canale lacrimale che termina nella cavità nasale inferiore. La funzione della lacrime è di proteggere, nutrire e idratare la cornea. Esistono sostanzialmente due tipi di secrezione lacrimale. Perché le lacrime possano svolgere adeguatamente la loro funzione di protezione del bulbo, di nutrimento della cornea e di mezzo ottico è necessario che esse siano “a posto” sia da un punto di vista quantitativo sia da un punto di vista qualitativo. Una riduzione delle lacrime può causare secchezza oculare. All’opposto dell’occhio secco, ci può essere l’occhio lacrimoso. (Figura 2).

Figura 2 L’apparato lacrimale: A. Puntino lacrimale inferiore B. Puntino lacrimale superiore C. Canale lacrimale D. Sacco lacrimale che va a scaricarele lacrime nel naso

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Congiuntiva Si tratta di una membrana mucosa trasparente che inizia al limbus, la periferia della cornea e copre la sclera riflettendosi – in questo modo forma un fornice - a ricoprire la superficie posteriore delle palpebre. Si parla quindi di congiuntiva bulbare, del fornice e palpebrale.

Il bulbo oculare Il bulbo oculare è uno sferoide del peso di 7-7,5 grammi, delimitato da tre membrane concentriche; dall’esterno all’interno ci sono: la tunica fibrosa, quella vascolare e quella nervosa. La tunica fibrosa nella sua parte anteriore è formata dalla cornea, che è trasparente e permette di vedere la pupilla e l’iride; gli altri 5/6 sono formati dalla sclera, che appare bianca ed è ricoperta dalla congiuntiva. L’iride, che delimita il forame pupillare, e che noi possiamo vedere attraverso la cornea, è la parte anteriore della tunica vascolare o uvea; l’iride si continua posteriormente nel corpo ciliare, che, a sua volta, si continua nella coroide. La tunica nervosa prende il nome di retina e ricopre internamente la tunica vascolare. All’interno del bulbo si distinguono tre cavità: la camera anteriore posta tra cornea anteriormente ed iride e cristallino posteriormente; la camera posteriore delimitata anteriormente dall’iride e posteriormente dal cristallino: queste due camere contengono entrambe un liquido chiamato umore acqueo e sono divise dal forame pupillare e poi c’è la camera vitrea posta dietro il cristallino che contiene l’umore vitreo (gelatinoso) che è a contatto con la retina. Procedendo dal davanti all’indietro, cornea, umore acqueo, cristallino ed umore vitreo sono i mezzi diottrici dell’occhio, gli unici trasparenti. (Figura 3)

Cornea Si tratta di una struttura trasparente, simile ad un vetro di orologio; ha spessore di circa mezzo millimetro (tra 500 e 540 micron cioè millesimi di millimetro); un diametro di 12 mm in orizzontale e di 11 mm in verticale. Il raggio di curvatura della superficie anteriore viene mediamente considerato di 7,7-7,8 mm, della superficie posteriore è di 6,5 mm. La sua struttura è composta da cinque strati che, dall’esterno all’interno sono: epitelio, membrana di Bowman, stroma, membrana di Descemet ed endotelio.

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Figura 3 L’occhio nel suo insieme: A. La cornea B. L’iride C. Il corpo ciliare D. Le fibre zonulari E. I muscoli extraoculari F. Il nervo ottico G. La retina H. I vasi retinici

L’orlo corneale o bordo corneale si chiama limbus sclero-corneale; si tratta di un’area anulare di circa 1,0 mm di larghezza che fa da passaggio verso la sclero-congiuntiva. Una cornea con un raggio di curvatura della superficie anteriore di 7,7 mm ha un potere diottrico di 43.8 diottrie; una cornea con raggio di curvatura di 8,0 mm ha invece un potere diottrico che si abbassa a 42.2 diottrie; in pratica il raggio di curvatura è inversamente proporzionale al potere diottrico della cornea: maggiore è il raggio di curvatura minore il potere diottrico e viceversa. La cornea è il tessuto oculare che viene trattato con il laser ad eccimeri per correggere la miopia ed anche gli altri difetti rifrattivi; con il trattamento laser si modifica il potere diottrico corneale, modificando così il potere diottrico totale oculare arrivando alla correzione del difetto visivo. (Figura 4) Nella LASIK l’epitelio e la Bowman rimangono illese perché si forma un lembo corneale al di sotto di essi che poi viene riposizionato sullo stroma che è il tessuto che viene invece trattato. Nella PRK invece si esegue la rimozione meccanica dell’epitelio, si tratta la Bowman e lo stroma superficiale: l’epitelio si riforma pian piano in lacuni giorni a partenza dal limbus, mentre la membrana di Bowman

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Figura 4 Cornea: A. Epitelio B. Membrana di Bowman C. Stroma D. Membrana di Descemet E. Endotelio

viene sostituita da tessuto fibroso/connettivo; il tessuto stromale “portato via” dalla superficie corneale dal laser ha una moderata tendenza a ricrescere, soprattutto negli strati stromali superficiali; per questo motivo nella PRK è necessario un trattamento con colliri a base di cortisone che rallentano o bloccano la proliferazione di nuovo tessuto (la ricrescita del tessuto annullerebbe parzialmente o totalmente l’effetto del laser).

Sclera Essa è composta, come lo stroma corneale, da fibre collagene, ma la disposizione delle stesse è diversa, per cui la sclera non è trasparente.

Coroide Comprende l’iride (la porzione che dà il colore agli occhi); si tratta di un tessuto al cui interno si trovano i muscoli dilatatore e costrittore della pupilla. Coi suoi movimenti l’iride riduce o dilata il forame pupillare permettendo all’occhio di adattarsi alle differenti condizioni di luce ambientale. L’iride risulta colorata in base alla quantità di pigmento contenuta e da ciò dipende il colore degli occhi; la pupilla

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viceversa appare nera perché l’occhio dall’interno non riflette la luce. L’iride si continua con il corpo ciliare; si tratta di una struttura a sezione grossolanamente triangolare contenente i muscoli accomodativi, cioè quei muscoli che, agendo sul cristallino, permettono di mettere a fuoco gli oggetti vicini o lontani; ciò viene ottenuto per il tramite delle fibre zonulari (la zonula dello Zinn) che si attaccano alla lente cristallina o cristallino. La contrazione dei muscoli ciliari mette in tensione o rilascia le fibre zonulari e ciò fa modificare la curvatura del cristallino permettendo la messa a fuoco alle diverse distanze; si tratta della cosiddetta accomodazione. La presbiopia, cioè l’incapacità dovuta all’età di mettere a fuoco gli oggetti vicini è dovuta al fatto che il cristallino perde la capacità di modificare la sua curvatura col passare del tempo. Il corpo ciliare si continua posteriormente con la coroide; si tratta di una struttura formata essenzialmente da vasi; serve per la nutrizione degli strati esterni della retina.

Pupilla L’iride è una struttura che si restringe o si dilata; la pupilla è il forame situato centralmente ad essa. Si parla di miosi quando c’è un restringimento della pupilla per azione del muscolo costrittore dell’iride. Si parla di midriasi quando c’è un ampliamento della pupilla per azione del muscolo dilatatore dell’iride. La pupilla si riduce di diametro con la radiazione visibile (luce) (riflesso pupillare fotomotore) mentre si dilata al buio. La pupilla si riduce di diametro in automatico anche con la convergenza (riflesso pupillare per vicino). Invece fattori emotivi, tipo uno spavento improvviso, possono causare dilatazione della pupilla.

Produzione dell’umore acqueo A livello del corpo ciliare esistono i processi ciliari a livello dei quali si produce l’umore acqueo; questo liquido è il principale determinante della pressione del bulbo oculare. L’umore acqueo qui prodotto entra in camera posteriore raggiunge il forame pupil-

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Figura 5 Percorso fisiologico dell’umor acqueo: il liquido prodotto dal corpo ciliare passa attraverso le fibre zonulari, tra iride e cristallino, raggiunge la camera anteriore, passa attraverso le maglie del trabeculato sclerocorneale, raggiunge il canale di Schlemm e da qui le vene episclerali e lo spazio sottocongiuntivale.

lare e da qui passa in camera anteriore; dalla camera anteriore l’umore acqueo defluisce verso l’angolo della camera e attraverso il trabecolato, una specie di tessuto spugnoso, raggiunge le vene episclerali fuoriuscendo in questo modo dal bulbo oculare; dalle vene episclerali il liquido arriva poi nel flusso sanguigno. (Figura 5). Un bulbo oculare contiene circa 100-400 mm cubici di umore acqueo. In condizioni normali la quantità di umore acqueo prodotta è in equilibrio con la quantità che defluisce dall’occhio: in questo modo la pressione intraoculare rimane costante. La pressione oculare è fondamentale nel mantenere una determinata consistenza al bulbo oculare ed è sicuramente necessaria per mantenere la corretta disposizione delle strutture rifrattive del bulbo. Se viene meno la pressione oculare, il bulbo si “affloscia”, se essa aumenta oltre il normale si possono avere dei danni ad alcune strutture del bulbo (si parla allora di glaucoma). La pressione oculare aumenta perché il deflusso di umore acqueo non compensa più completamente la sua produzione. Ciò può succedere attraverso due meccanismi: 1. aumento della produzione di umore acqueo; 2. riduzione del deflusso di umore acqueo. Dei due meccanismi il più comunemente in gioco è il secondo.

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Cristallino Si tratta di una struttura trasparente, senza vasi o nervi; ha la forma di una lente biconvessa, ortogonale all’asse ottico; ha la funzione di far convergere la luce sulla retina e di mettere a fuoco, gli oggetti osservati, alle varie distanze. In esso si possono distinguere una capsula di rivestimento, una corteccia ed un nucleo centrale. Quando il cristallino perde di trasparenza si parla di cataratta. Un tempo dopo l’asportazione del cristallino catarattoso il paziente doveva usare un occhiale per correggere il difetto visivo; oggi si impianta un cristallino artificiale. Attualmente l’intervento di cataratta consiste nell’aprire la parte anteriore della capsula del cristallino, rimuovere la corteccia ed il nucleo, lasciando in sede la capsula posteriore con le connessioni al corpo ciliare. La IOL viene inserita nella posizione naturale del cristallino, all’interno della capsula, cioè nella sua sede naturale. (Figura 6) Figura 6 Il cristallino: A. La capsula B. La corticale C. Il nucleo esterno D. Il nucleo centrale

Retina Nella retina si distinguono due foglietti, quello più interno nervoso, la retina propriamente detta, e quello più esterno pigmentato, aderente all’uvea. Nella retina nervosa si distinguono genericamente tre strati: strato dei fotorecettori, coni e bastoncelli; strato delle cellule bipolari, che sono il primo neurone afferente; strato delle cellule ganglionari, che sono il secondo neurone afferente: gli assoni di queste cellule vanno a formare le fibre del nervo ottico. (Figura 7)

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La retina quindi, contenendo fotorecettori, è sensibile agli stimoli luminosi; i fotorecettori ricevono lo stimolo luminoso e lo passano alle cellule bipolari che a loro volta lo trasmettono alle cellule ganglionari i cui prolungamenti formano il nervo ottico, la cui testa si chiama papilla ottica; da essa iniziano le vie ottiche. Le fibre ottiche provengono per 2/3 dalla retina periferica e per 1/3 dalla regione centrale, la macula; la regione maculare contiene solo coni che sono i recettori per i colori e che sono funzionanti in condizioni di luce; il resto della retina contiene prevalentemente bastoncelli che sono i recettori usati in condizioni di scarsa illuminazione o di buio; essi servono per distinguere i vari gradi di luce e buio e non per la visione dei colori. Considerando invece la superficie della retina possiamo distinguere una zona centrale del diametro di circa 5 mm e una zona periferica. Nella porzione centrale si riscontra una zona di 3 mm di diametro che si chiama macula lutea (lutea perché è presente un pigmento giallo); centralmente si trova la fovea (1,5 mm di diametro), che ha al centro la foveola (0,3 mm di diametro); la zona della fovea è priva di vasi. La fovea è formata solo da coni e non ha bastoncelli; si tratta dell’unica zona della retina che permette di vedere i 10/10; basta spostarsi anche di pochissimo fuori da questa area affinché la retina, pur sana e funzionante, possa vedere solo 12/10. Si capisce quanto sia importante questa area retinica. La fovea, essendo di dimensioni ridotte, avendo una nutrizione indiretta (dai vasi coroideali) ed essendo sottile può andare incontro, più facilmente del resto della retina, a inconvenienti legati a problemi circolatori e, se si altera comporta gravi problemi di vista. Classico è il caso della DMLE o degenerazione maculare legata all’età.

Figura 7 Fotorecettore

Vie ottiche Le vie ottiche iniziano con i due nervi ottici i quali poi si incrociano nel chiasma per continuare nei tratti ottici e da qui al corpo genicolato laterale. Le fibre nervose poi arrivano alla corteccia occipitale. Il nervo ottico ha una lunghezza di 35-55 mm (in media 1 mm intraoculare, 25-30 intraorbitario, 20 mm extraorbitario) dalla retina al chiasma. Il diametro del nervo ottico aumenta da 1,5 mm a 3-4 mm perché uscendo dal bulbo oculare le fibre del nervo si rivestono della guaina mielinica.

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Gli assoni, cioè le fibre nervose che lo compongono, sono in numero di 1,2 milioni per ciascun nervo ottico; dove il nervo ottico arriva al bulbo dĂ origine ad una formazione rotondeggiante che si chiama disco o papilla ottica. Chiasma ottico: si tratta di una formazione ad X situata posteriormente al nervo ottico. A livello del chiasma si incrociano le fibre ottiche nasali dei due nervi ottici, per continuare come fibre eterolaterali nel tratto ottico. Tratto ottico: formato dalle fibre ottiche in partenza dal chiasma raggiunge il corpo genicolato laterale posto a lato del talamo. Radiazioni ottiche: sono l’insieme delle fibre ottiche che partono dal corpo genicolato laterale e arrivano alla scissura calcarina della corteccia occipitale. (Figura 8) Figura 8 A. Bulbi oculari B. Chiasma ottica con incrociamento delle fibre nervose C. Vie ottiche D. Corteccia cerebrale

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Funzione visiva Tutta la struttura anatomica descritta serve per il senso della vista. Per capire come funziona l’occhio, basta comprendere come funziona una macchina fotografica. In una macchina fotografica la luce esterna passa attraverso una apertura che si chiama diaframma; una lente la fa convergere su una pellicola sensibile alla luce che viene così impressionata. Nell’occhio il diaframma attraverso cui passa la luce si chiama pupilla; la luce viene fatta convergere dal cristallino e la retina è la “pellicola” fotosensibile. Sia nella macchina fotografica che nell’occhio l’immagine dell’oggetto viene rimpicciolita e capovolta. Come per gli altri sensi, anche per il senso della vista la sensazione si forma a livello del cervello. Quindi per vedere, deve funzionare tutto il sistema visivo, non basta che funzioni l’occhio. La luce colpendo la retina causa una reazione chimica e da questa originano gli impulsi elettrici. Figura 9 Le varie componenti di una macchina fotografica digitale e di un occhio: A: obiettivo A1: cornea B:diaframma B1: iride C: lente di messa a fuoco C1: cristallino D: sensore LCD D1: retina

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Questi impulsi sono trasmessi dalla retina attraverso le vie ottiche alla corteccia cerebrale visiva: essa si trova a livello dei lobi occipitali; qui gli impulsi elettrici vengono interpretati come immagini. Il cervello riceve da ciascun occhio l’immagine dell’oggetto che viene guardato, ma le fonde in una immagine unica, la cosiddetta visione binoculare singola. Se ciò non è possibile si vede doppio. (Figura 9) In un occhio privo di difetti le immagini di un oggetto posto all’infinito sono direttamente a fuoco sulla retina, senza che l’occhio debba esercitare accomodazione per mettere a fuoco le immagini. Viceversa per mettere a fuoco oggetti vicini deve intervenire l’accomodazione; in pratica le fibre muscolari ciliari si contraggono così da rilasciare la zonula dello Zinn; ciò permette al cristallino di modificare la sua curvatura mettendo a fuoco gli oggetti situati a distanza prossima. La visione dei colori e quindi la visione diurna sono appannaggio dei coni presenti nella parte centrale della retina, mentre la distinzione buio luce e quindi la visione notturna sono appannaggio dei bastoncelli, che prevalgono nella parte periferica.

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La visita oculistica Lucio Buratto La visita oculistica si avvale oggigiorno di una vastissima gamma di strumenti tecnologici che affiancandosi alle vecchie apparecchiature, consentono di studiare e misurare in modo approfondito e preciso l’occhio sia dal punto di vista morfologico sia da quello funzionale; essa prevede alcune tappe fondamentali che conducono alla valutazione della funzionalità oculare e alla diagnosi di eventuali stati patologici. Il primo passo è un esame ispettivo ed obiettivo esterno cioè un esame della motilità oculare, delle palpebre che è poi seguito dalla valutazione dell’occhio vero e proprio alla lampada a fessura. Questo strumento si compone di un microscopio che consente di ottenere elevati ingrandimenti delle strutture esaminate e di una particolare illuminazione a fessura; quest’ultima permette di osservare i tessuti quasi come se fossero sezionati e quindi di ottenere molte informazioni. L’analisi alla lampada a fessura consente di effettuare una valutazione qualitativa e quantitativa delle strutture dell’occhio; è possibile esaminare la cute palpebrale, l’impianto delle ciglia, i puntini lacrimali, la congiuntiva, la morfologia della cornea (presenza di alterazioni), la camera anteriore (profondità ed altro), l’iride (aspetto, colore, etc), la pupilla (anomalie di forma, di sede, etc) e il cristallino (eventuale opacità, dislocazione o assenza). L’impiego di opportune lenti (tra cui la lente a tre specchi di Goldmann che ha incorporati tre piccoli specchi con differenti angolazioni), consente inoltre la valutazione dell’angolo sclerocorneale (che è la struttura anatomica deputata al mantenimento di un corretto valore della pressione intraoculare), del vitreo (eventuale distacco posteriore, fluidificazione o aderenze patologiche) e della retina (presenza di degenerazioni centrali, periferiche o di distacchi). Dopo l’esame alla lampada a fessura degli annessi e del segmento anteriore si procede ad analizzare la funzionalità dell’occhio per mezzo della determinazione dell’acuità visiva; questo esame però va accompagnato da altri tipo cheratometria, topografia ed eventualmente aberrometria. La cheratometria o oftalmometria, fornisce la misurazione del raggio di curvatura della superficie anteriore della cornea. I valori normali corrispondono ad un potere

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diottrico rifrattivo che va da 37 a 52 diottrie. Lo strumento impiegato più frequentemente è l’oftalmometro di Javal, il quale è costituito da due mire luminose e colorate (una arancione ed una verde) che vengono proiettate sulla superficie anteriore della cornea; muovendo una rotella si ottiene il grado di astigmatismo; l’inclinazione delle due mire luminose consente di determinare la direzione (asse) dell’astigmatismo corneale dell’occhio esaminato che viene anche misurato nella sua entità. Si esegue poi la topografia. A tale scopo si utilizzano i topografi a riflessione, strumenti precisi dotati di un Disco di Placido che, proiettato sulla superficie anteriore della cornea, mediante l’applicazione di algoritmi matematici consente la rilevazione della curvatura, del potere diottrico e della superficie anteriore della cornea per la totalità di più di 6.000 punti misurati (dipende dallo strumento). L’acquisizione dell’esame avviene per mezzo della proiezione sulla superficie della cornea di un disco formato da numerosi cerchi concentrici egualmente distanziati tra loro (disco di Placido); una telecamera registra l’immagine del disco riflessa. Infine un computer analizza tale immagine confrontandola con alcune sfere di riferimento al fine di ricostruire la superficie corneale. La rappresentazione della superficie corneale è costituita da mappe colorate, in cui i diversi colori rappresentano valori differenti di misurazione. I topografi a scansione con Scheimpflug camera, più moderni dei topografi a riflessione, consentono di acquisire informazioni relative alla superficie anteriore della cornea, alla superficie posteriore ed una mappa punto a punto degli spessori corneali. La topografia corneale è un esame molto importante nello studio di alcune condizioni patologiche come il cheratocono, ma soprattutto rappresenta un fondamentale esame pre-chirurgico quando si debba operare sul segmento anteriore dell’occhio. Nell’intervento di cataratta la topografia corneale indica dove meglio collocare l’incisione corneale e permette di verificarne gli effetti sull’astigmatismo consentendo la valutazione pre operatoria dell’entità e della direzione dell’astigmatismo corneale nell’impianto di IOLs Toriche. Nella chirurgia rifrattiva consente di escludere la presenza di un cheratocono prima dell’intervento e di programmare la chirurgia in termini di diottrie, centratura della procedura, dimensioni della zona ottica e rapporti con la pupilla e naturalmente studiare il risultato ottenuto.

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Topografo con Scheimpflug camera Sirius di CSO per la valutazione del segmento anteriore: cornea, cristallino e angolo irido-corneale

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Figura 10 Rilevazione dell’esame topo-aberrometrico mediante OPD Scan III Nidek

La topografia corneale è un esame indispensabile nell’applicazione delle lenti a contatto, sia nella fase di studio della geometria corneale, sia per i controlli di feed back. In particolare ricordiamo i software di simulazione del pattern fluoresceinico nell’applicazione delle lenti a contatto gas permeabili e nelle lenti ortocheratologiche. (Figura 10). Volendo approfondire l’analisi funzionale e refrattiva dell’occhio, si esegue poi l’aberromtria; a tale scopo si utilizzano i topo-aberrometri; strumenti recentemente introdotti nella pratica clinica quotidiana poiché, unitamente allo studio topografico della superficie anteriore della cornea, consentono l’analisi delle aberrazioni (distorsioni ottiche) della superficie anteriore della cornea, della parte interna e della totalità del sistema ottico oculare.

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Occhio, Refrazione e Presbiopia

Le mappe a colori risultanti sono la rappresentazione tridimensionale del fronte d’onda in uscita dei vari diottri ed i colori rappresentano le differenze rispetto ad un fronte d’onda piano (normale = verde). Dato che il fronte d’onda ha una forma tridimensionale, a descrizione di esso vengono utilizzate delle figure a loro volta tridimensionali che descrivono formule matematiche estremamente complesse, i polinomi di Zernike. Ogni polinomio può rappresentare una sola forma, quindi una sola aberrazione, quindi quanto è inclinato il sistema ottico (Tilt), oppure la presenza di due fuochi inversi (Coma), tuttavia i polinomi, essendo cardinali, possono essere sommati fra di loro a descrizione di aberrazioni complesse. Lo studio aberrometrico consente di valutare in maniera oggettiva la presenza di distorsioni ottiche che riducono la qualità visiva e, nel moderno concetto di correzione e di analisi refrattiva, di studiare la correzione migliore al fine di migliorare non solo l’acutezza visiva, ma anche la qualità visiva e, quindi la qualità di vita. Questo esame è fondamentale per i pazienti candidati alla chirurgia refrattiva o alla chirurgia refrattiva della cataratta, in quanto ad oggi è possibile studiare trattamenti correttivi calibrati sulle caratteristiche individuali, cioè eseguire interventi strettamente personalizzati con non pochi benefici sul risultato visivo globale. Fatti questi primi esami dell’occhio, si procede alla determinazione dell’acuità visiva; ci si avvale dell’utilizzo di tavole ottotipiche e di occhiali di prova muniti di lenti ed opportuno occlusore; oggi sempre di più è però utilizzato il forottero. La classica tavola ottotipica è oggi spesso sostituita od affiancata dalle tavole ETDRS che consentono esami più precisi e costanti nel tempo. Gli stimoli usati nella valutazione dell’acuità visiva sono chiamati tradizionalmente ottotipi e sono di diverso tipo: lettere dell’alfabeto, numeri arabi, “E” di Albini, “C” di Landolt, immagini stilizzate di oggetti o di animali, etc. Essi vengono presentati sotto forma di tavole illuminate o transilluminate, con un proiettore o su uno schermo tipo televisore o monitor di computer. Si parla appunto di tavole ottotipiche. Gli ottotipi sono di varie dimensioni, da grandi a piccoli, in genere su diverse righe, ma anche isolati. Le tavole ETDRS Early Treatment Diabetic Retinopathy Study è un sistema di determinazione che si propone di eliminare gli inconvenienti legati ai sistemi più tradizionali di determinazione dell’acuità visiva ed è dotato di un sistema autocalibrante di illuminazione. Una prima misurazione del difetto visivo avviene per mezzo dell’autorifrattometro, strumento automatico che consente di determinare il difetto rifrattivo dell’occhio

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Lucio Buratto, Silvano Abati, Maurizio Cusani, Mario Giò, Marco Moncalvi

Figura 11 Esame del visus con il forottero

analizzato. Questo apparecchio è utilizzato di routine nella pratica clinica in quanto di facile applicazione. Tale esame consente di ottenere una buona stima del difetto rifrattivo del paziente esaminato. Il forottero è uno strumento che per mezzo di un sistema contenente tutte le lenti positive e negative, le lenti astigmatiche, i prismi e i filtri permette di effettuare una refrazione completa con rilevamento delle forie, riserve fusionali ect. I moderni forotteri possono essere interfacciati con altri strumenti diagnostici (autorefrattometri, frontifocometri e topo-aberrometri), quindi, utilizzando le informazioni ottenute con i precedenti esami, sarà possibile ottenere una misurazione del difetto rifrattivo e dell’acuità visiva e quindi di consentire la prescrizione delle giuste lenti per gli occhiali da vista. (Figura 11) Il microscopio endoteliale è uno strumento che consente l’osservazione e la conta delle cellule endoteliali della cornea. L’endotelio corneale è lo strato più profondo della cornea, le sue cellule forniscono il ricambio nutrizionale delle cellule degli strati intermedi fino a quelle superficiali. È intuitivo come un danno a carico di queste cellule si ripercuota su tutti gli strati cellulari soprastanti e comprometta la funzionalità dell’intero tessuto e quindi la sua trasparenza, fondamentale per la visione.

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