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Dall’emmetropizzazione alla miopia
sviluppo rifrattivo. È da notare che gli animali domestici sono più miopi delle controparti selvatiche.
Miopia da deprivazione di forme/Form-Deprivation Myopia (FDM)
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Da quando Hubel (2, 3), nel corso delle sue ricerche sugli effetti delle anomalie della visione sullo sviluppo del cervello, osservò che la chiusura chirurgica delle palpebre induceva miopia assiale nelle scimmie questo è divenuto il modello di miopia sperimentale. Lo stesso risultato può essere ottenuto anche con schermi diffusori che possono determinare diversi gradi di degradazione delle immagini. Maggiore è la degradazione delle immagini maggiore sarà la FDM. Questi dati enfatizzano il concetto che immagini retiniche chiare e ad alto contrasto sono essenziali per l’emmetropizzazione. La FDM è essenzialmente caratterizzata da un allungamento della porzione posteriore del bulbo oculare con approfondimento della camera vitreale e assottigliamento della coroide e della sclera. E ben noto che in molte specie (tra cui l’uomo) l’entità della FDM dipende da fattori sia ambientali, sia genetici. Per esempio è ben noto che l’entità dei cambiamenti della crescita oculare e la miopia sono correlati con l’età del soggetto e con la durata della deprivazione. Anche il buio costante produce una deprivazione di stimoli visivi strutturati con ingrandimento del bulbo oculare. L’effetto di questa deprivazione però coinvolge anche la porzione anteriore del bulbo oculare con spostamento rifrattivo verso l’ipermetropia per il notevole appiattimento della cornea (4). Questo effetto sulla cornea si osserva anche in condizioni di luce costante e appare correlato alla perdita del ciclo circadiano (5) .
Recupero dalla FDM
Rimuovendo lo schermo diffusore utilizzato per ottenere la degradazione dell’immagine retinica gli animali giovani mostrano un sistematico e rapido recupero della miopia nell’occhio deprivato (6, 7). Il fatto che correggere la FDM con lenti negative impedisca il recupero conferma
che i meccanismi dipendenti dalla visione correlati allo stato rifrattivo dell’occhio regolano la crescita oculare e l’emmetropizzazione (8). L’età del soggetto al momento della rimozione degli schermi diffusori è un parametro determinante, insieme all’entità della FDM, per il recupero. Infatti è poco probabile che ci sia un pieno recupero se la restrizione visiva viene eliminata dopo l’età in cui la cornea e il cristallino hanno terminato il processo di appiattimento. Questa limitazione dipendente dall’età del recupero dalla FDM può spiegare perché molte volte la miopia che compare negli adolescenti o negli adulti è una miopia persistente. Nei bambini il potere della cornea raggiunge i valori dell’adulto tra i 18 e i 24 mesi d’età mentre tra gli 8 e i 10 anni i cambiamenti nel potere del cristallino sono ormai minimi. Per questo i neonati con miopia subito dopo la nascita mostrano una almeno parziale emmetropizzazione, mentre i bambini che divengono miopi dopo i 10 anni no.
Compensazione del defocus
Recenti studi in giovani adulti (9, 10, 11) hanno dimostrato la presenza di piccole variazioni bidirezionali a breve termine della lunghezza assiale e dello spessore della coroide in risposta a 1-2 ore di defocus miopico o ipermetropico. Allo stesso tempo brevi periodi di visione senza defocus o degradazione dell’immagine riduce enormemente la miopia assiale; solo due ore al giorno di visione libera riduce l’FDM di quasi l’80%. (12) Ci sono ancora molti aspetti da chiarire sul ruolo della compensazione lenticolare ma gli studi su animali hanno ben dimostrato che una semplice lente da occhiale può modificare la crescita oculare in modo prevedibile. Questi risultati sono un solido fondamento scientifico per le strategie di trattamento ottico per ridurre la progressione della miopia nei bambini. In definitiva, i segnali visivi derivanti dal defocus retinico controllano la crescita dell’occhio e guidano l’emmetropizzazione e lo sviluppo rifrattivo. Il defocus ipermetropico favorisce l’allungamento assiale, il defocus miopico inibisce l’allungamento assiale. Questi cambiamenti
sono più marcati negli animali più giovani ma sono presenti anche negli occhi degli animali più vecchi.
I segnali visivi che guidano la crescita oculare vengono processati a livello oculare. Sezionare il nervo ottico non interrompe la compensazione del defocus. La restrizione del defocus a una limitata regione retinica determina una modifica della crescita bulbare localizzata (fig. 1). Segnali visivi da defocus a carico di ampie porzioni delle retina periferica incidono sulla lunghezza assiale e sullo stato rifrattivo centrale. E’ la camera vitreale la struttura che va incontro alle modifiche dimensionali più evidenti. Il fatto che i meccanismi dipendenti dai segnali visivi che dominano lo sviluppo rifrattivo possano produrre modifiche della forma dell’occhio in modo selettivo e regionale suggerisce che è improbabile che esista un qualche meccanismo neurale centrale in grado di incidere sullo sviluppo rifrattivo. Per esempio, è stato spesso ipotizzato che l’atto accomodativo contribuisca allo sviluppo della miopia. E’ difficile immaginare come l’accomodazione o le modifiche meccaniche ad essa associate (come il possibile aumento della PIO) possa produrre le modifiche della forma oculare che abbiamo visto. Per potersi muovere in un mondo tridimensionale è necessario che gli occhi esplorino e fissino innumerevoli punti dell’ambiente. A seconda dello stato accomodativo, il segno e l’entità del defocus variano continuamente. L’integrazione nel tempo di segnali visivi competitivi è presumibilmente il sistema più significativo di regolazione della crescita oculare. Evidenze suggeriscono che le modifiche dimensionali dell’occhio avvengano in modo non lineare* e agiscano per ridurre la tendenza dell’occhio a divenire miope (13). La non linearità del processo
*Si dice non lineare un sistema in cui le variazioni dei risultati non sono proporzionali alle modifiche dei fattori di base. Molti sistemi in natura sono intrinsecamente non lineari. I sistemi non lineari, descrivono cambiamenti nel tempo di variabili caotiche, non prevedibili e non intuitive, in contrasto con i molto più semplici sistemi lineari.
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fig. 2 Figura 2
Segnali visivi da defocus a carico di ampie porzioni delle retina periferica incidono sulla lunghezza assiale e sullo stato rifrattivo centrale. E’ la camera vitreale la struttura che va incontro alle modifiche dimensionali più evidenti. Il fatto che i meccanismi dipendenti dai segnali visivi che dominano lo sviluppo rifrattivo di emmetropizzazione complica l’individuazione e la valutazione delle possano produrre modifiche della forma dell’occhio in modo selettivo e regionale suggerisce che è attività visive che possono contribuire alla crescita oculare. È proprio improbabile che esista un qualche meccanismo neurale centrale in grado di incidere sullo sviluppo rifrattivo. Per esempio, è stato spesso ipotizzato che l’atto accomodativo contribuisca allo sviluppo della questa non linearità che rende poco consistente l’impatto dell’impegno miopia. E’ difficile immaginare come l’accomodazione o le modifiche meccaniche ad essa associate (come il visivo per vicino sulla miopia (14) . possibile aumento della PIO) possa produrre le modifiche della forma oculare che abbiamo visto. Per potersi muovere in un mondo tridimensionale è necessario che gli occhi esplorino e fissino Il parametro più utilizzato per valutare l’impegno per vicino sono le innumerevoli punti dell’ambiente. A seconda dello stato accomodativo, il segno e l’entità del defocus “diottrie orarie” cioè l’entità accomodativa richiesta espressa in diottrie variano continuamente. L’integrazione nel tempo di segnali visivi competitivi è presumibilmente il sistema più significativo di regolazione della crescita oculare. Evidenze suggeriscono che le modifiche dimensionali moltiplicate per le ore di impegno per vicino. Questo parametro risul-dell’occhio avvengano in modo non lineare* e agiscano per ridurre la tendenza dell’occhio a divenire miope ta debolmente correlato con la miopia nei bambini (15). Questa debole (13). La non linearità del processo di emmetropizzazione complica l’individuazione e la valutazione delle attività visive che possono contribuire alla crescita oculare. E’ proprio questa non linearità che rende poco consistente l’impatto dell’impegno visivo per vicino sulla miopia (14).
correlazione rispecchia il fatto che la diottria oraria è primariamente un parametro non oggettivo basato sulle informazioni fornite dai soggetti esaminati e, evidentemente, non cattura gli aspetti critici dell’esperienza visiva che contribuiscono alla miopizzazione. Questo fatto è, d’altra parte, pienamente confermato dall’indiscutibile e consistente effetto protettivo nei confronti della miopizzazione del tempo passato all’aperto. È come se i meccanismi che regolano lo sviluppo rifrattivo siano più sensibili agli stimoli che normalmente rallentano la crescita assiale rendendo più facile la loro individuazione e la comprensione della loro influenza sullo sviluppo rifrattivo. I dati sperimentali sostengono che il processo di emmetropizzazione è influenzato dal ritmo circadiano e dalle caratteristiche della luce e, in particolare, dalla sua composizione spettrale e dall’intensità. Di fatto le attività per vicino si realizzano in ambienti chiusi con parametri illuminotecnici molto lontani da quelli che in ambito sperimentale sono risultati più protettivi nei confronti dell’allungamento assiale. È stato evidenziato che la presenza di luce violetta (360-400 nm) nello spettro luminoso sopprime l’allungamento assiale e sovraregola l’espressione del gene soppressivo della miopia EGR1 (16). Questa osservazione trova conferma nel riscontro di una riduzione della sensibilità dei coni per le lunghezze d’onda corte (coni S) negli umani miopi (17) . Il ritmo circadiano notoriamente influenza l’andamento della pressione intraoculare (PIO). È possibile che la forze esercitate sulla sclera dalle variazioni della PIO possano interferire sulla sintesi dei proteoglicani della matrice extracellulare della sclera (18). Infatti, è noto che l’applicazione di forze meccaniche modifica la sintesi delle molecole della matrice extracellulare dei tessuti connettivi modificandone spessore ed estensibilità (19, 20) . In definitiva: – l’intensità e la composizione spettrale della luce incide sulla crescita oculare attraverso percorsi complessi che interagiscono con il ritmo circadiano oculare e le caratteristiche temporali dei segnali visivi;
– la crescita oculare in risposta ai segnali visivi coinvolge la sintesi della matrice extracellulare della sclera e le sue proprietà biomeccaniche e in particolare il suo spessore e la sua estensibilità. La coroide svolge un ruolo attivo nel controllo della crescita oculare e dello stato rifrattivo. Le variazioni dello spessore coroideale sono collegate alle risposte di compensazione del defocus e contribuiscono a modulare la crescita oculare e l’emmetropizzazione. Le modifiche indotte sperimentalmente dello stato rifrattivo sono associate a modifiche anatomiche soprattutto a carico della profondità e della forma della camera vitreale. Queste modifiche incidono anche sulla retina, sull’epitelio pigmentato retinico (EPR), sulla coroide e sulla sclera. La retina è il tessuto in cui il defocus viene trasformato in un segnale molecolare che viene trasmesso attraverso l’EPR e la coroide alla sclera e qui viene tradotto nelle modifiche strutturali sottostanti allo sviluppo della miopia. Il defocus induce notevoli variazioni dell’espressione genica nella retina che causa un aumento della proliferazione dei progenitori retinici alla periferia retinica con incremento della neurogenesi e della crescita della retina. Esiste la possibilità che le variazioni dello spessore coroideale osservate durante le fasi di crescita anomala del bulbo oculare possano essere associate a modifiche del trasporto di fluidi ionici attraverso l’EPR. In particolare la concentrazione di ioni potassio e cloro cresce rapidamente a livello coroideale nelle prime 72 ore di recupero dalla FDM, durante le quali lo spessore della coroide aumenta significativamente. In realtà la coroide non è solo la fonte di sangue per la retina ma è la struttura che più della stessa sclera contribuisce a determinare la forma e la dimensione del bulbo oculare. Nella coroide umana sono presenti i misteriosi neuroni coroideali intrinseci (la cui funzione è ancora poco nota), vi sono muscoli lisci e lacune che potrebbero svolgere il ruolo di vasi linfatici. Certamente lo spessore della coroide si modifica in risposta al defocus retinico agendo in modo da portare il piano dell’immagine sulla retina.
In definitiva, la coroide svolge un ruolo attivo nel controllo visivo della crescita oculare e dello sviluppo rifrattivo. Lo variazioni di spessore della coroide fanno parte della risposta compensatoria al defocus e si comportano come una risposta accomodativa che modula emmetropizzazione e crescita dell’occhio. L’atropina incide sulla crescita oculare e previene la miopia sperimentale attraverso meccanismi cellulari che non coinvolgono il sistema accomodativo ma agiscono attraverso azioni muscariniche e non muscariniche. La capacità dei farmaci colinergici muscarinici di prevenire lo sviluppo della miopia è uno dei riscontri meglio documentati sia nei modelli animali sia negli studi clinici. L’atropina è un antagonista non selettivo dei recettori muscarinici dell’acetilcolina. Infatti, l’atropina blocca tutti i sottotipi dei recettori muscarinici (M1, M2, M3, M4, M5). Per altro, l’atropina è un antagonista selettivo per i recettori muscarinici dell’acetilcolina nei confronti di altre classi di recettori come i recettori nicotinici dell’acetilcolina o gli adrenocettori. Negli animali l’atropina ha un effetto negativo dose dipendente sullo sviluppo sia della FDM sia della Lens Induced Myopia (LIM) determinando un ispessimento della coroide e una riduzione della sintesi dei proteoglicani della sclera. Quando si riteneva che la miopia fosse associata a un eccesso di accomodazione s’ipotizzava che il meccanismo con cui l’atropina sembrava rallentare la progressione della miopia fosse legato al suo effetto cicloplegico. Oggi sappiamo che l’atropina agisce con un meccanismo non accomodativo visto che inibisce l’evoluzione della miopia anche nei mammiferi che non posseggono l’accomodazione (21). L’ampia diffusione dei recettori muscarinici dell’acetilcolina a livello retinico e non retinico rende molto difficile l’identificazione di un preciso sito d’azione dell’atropina. Vari elementi indicano una modalità d’azione dell’atropina non muscarinica come ad esempio: i) le alte dosi di atropina necessarie per prevenire la miopia negli animali; ii) la prosecuzione del suo effetto
Induced Myopia (LIM) determinando un ispessimento della coroide e una riduzione della sintesi dei proteoglicani della sclera. Quando si riteneva che la miopia fosse associata a un eccesso di accomodazione s’ipotizzava che il La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano meccanismo con cui l’atropina rallenta la progressione della miopia fosse legato al suo effetto cicloplegico. Oggi sappiamo che l’atropina agisce con un meccanismo non accomodativo visto che inibisce della miopia anche nei mammiferi che non posseggono l’accomodazione (21). L’ampia diffusione dei anche dopo l’ablazione delle cellule amacrine colinergiche; iii) la sua recettori muscarinici dell’acetilcolina a livello retinico e non retinico rende molto difficile l’identificazione di capacità di inibire la sintesi dei proteoglicani in cellule sclerali isolate. un preciso sito d’azione dell’atropina. Vari elementi indicano una modalità d’azione dell’atropina non Sono stati individuati diversi composti biochimici a livello retinico (domuscarinica come ad esempio: i) le alte dosi di atropina necessarie per prevenire la miopia negli animali; ii) pamina, acido retinoico, ossido nitrico) che sono coinvolti nella mola prosecuzione del suo effetto anche dopo l’ablazione delle cellule amacrine colinergiche; iii) la sua dulazione della crescita oculare. Diverse variazioni osservate a carico capacità di inibire la sintesi dei proteoglicani in cellule sclerali isolate. della retina, dell’EPR, della coroide e della sclera incluse le modifiche molecolari nell’espressione dei geni suggeriscono l’esistenza di una cascata di segnali cellulari che originano dalla retina in risposta al defo5) Sono stati individuati diversi composti biochimici a livello retinico (dopamina, acido retinoico, ossido nitrico) che sono coinvolti nella modulazione della crescita oculare. Diverse variazioni osservate a carico della retina, dell’EPR, della coroide e della sclera incluse le modifiche molecolari nell’espressione dei geni cus e modulano la biochimica sclerale e la crescita bulbare attraverso suggeriscono l’esistenza di una cascata di segnali cellulari che originano dalla retina in risposta al defocusmolteplici percorsi. modulano la biochimica sclerale e la crescita bulbare attraverso molteplici percorsi.
Bibliografia
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Fattori di rischio per miopia
Pasquale Troiano
Dalla nascita la crescita dell’occhio prosegue verso l’emmetropia. Nei primi 6 mesi di vita c’è un errore rifrattivo ipermetropico medio di circa 2D con un’elevata deviazione standard (SD ± 2.75 D) e una distribuzione normale. Tra i 6 mesi e l’anno di vita, l’ipermetropia si riduce e la distribuzione normale dell’errore rifrattivo osservata nei primi sei mesi di vita diviene progressivamente leptocurtica man mano che l’occhio matura, con la stragrande maggioranza dei soggetti raccolti intorno al valore medio di circa 2D d’ipermetropia. Tra i 5 e i 7 anni la gran parte dei soggetti ha un errore rifrattivo compreso tra zero e +2 diottrie.
Comparsa della miopia
Fino a 6 anni la prevalenza della miopia è bassa anche nell’est dell’Asia dove non supera il 5% anche se, ad Hong Kong, in 10 anni la prevalenza della miopia in età prescolare è passata dal 2,3% al 6,3% (1). L’incidenza della miopia cresce fortemente dopo i 6 anni di età. Questo cambiamento è stato messo in relazione con l’inizio della scuola primaria e con l’intensità del sistema educativo (2, 3) . Nei bianchi dei Paesi occidentali la comparsa della miopia nell’infanzia e la sua conseguente prevalenza è molto più bassa e ancora più bassa si trova nel sud dell’Asia, nella popolazione nera in Africa, e negli Ispani-
ci. Per contro è più alta nel sud-est asiatico, nella popolazione nera non in Africa, nei nativi Hawaiani, negli indiani d’America (4) .
Progressione della miopia
La letteratura scientifica è ricchissima di studi che hanno cercato di individuare elementi condivisi sulla progressione della miopia (5, 6, 7, 8, 9, 10). Basandoci su quanto emerge dalla letteratura scientifica si può sostenere che il tasso di progressione della miopia declina con l’avanzare dell’età: tra 6 e 9 anni la miopia cresce da -0.50 a -1.00 diottria/anno; dopo i 10 anni d’età la miopia cresce da -0.35 a 0.75 diottrie/anno.
Miopia elevata
Una delle principali sfide etiche per i medici oculisti è l’identificazione dei soggetti a rischio di miopia elevata o, perlomeno, dei soggetti con un tasso di progressione della miopia molto rapido. Sono decisamente pochi i dati disponibili, probabilmente il lavoro di Chua (7) ci fornisce il quadro più affidabile dei dati disponibili: – l’età di comparsa della miopia è il più forte predittore di miopia elevata tra i bambini di Singapore; – la durata della progressione miopica è un altro importante predittore di miopia elevata. In contrasto con i dati di Chua ci sono i dati di Williams (11) che assegnano un ruolo marginale all’età di insorgenza della miopia come fattore di rischio per miopia elevata in una coorte di gemelli britannici.
Miopia tardiva e sua progressione
La miopia che compare dai 16 anni in poi viene definita miopia tardiva (12). Questa miopia sembra essere più influenzata da fattori ambientali (13). La miopia tardiva tende a progredire anche nell’età adulta in particolare nei soggetti con intenso lavoro per vicino (14, 15). Anche la miopia tardiva può condurre alla miopia elevata.