Il profilo gestionale delle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate in sanità: tra diritti, management e partecipazione A cura di Teresa Petrangolini, Federica Morandi, Eugenio Di Brino, Americo Cicchetti
DICEMBRE 2019
Il profilo gestionale delle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate in sanità: tra diritti, management e partecipazione A cura di Teresa Petrangolini, Federica Morandi, Eugenio Di Brino, Americo Cicchetti
DICEMBRE 2019
Il profilo gestionale delle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate in sanità: tra diritti, management e partecipazione
Autori Americo Cicchetti coordinatore del Comitato Scientifico di PAL, direttore di ALTEMS – Alta Scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari, professore ordinario di Organizzazione aziendale, Facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore Eugenio Di Brino project manager di PAL, ricercatore di ALTEMS – Università Cattolica del Sacro Cuore Federica Morandi responsabile delle attività di ricerca PAL- Ricercatrice in Organizzazione Aziendale- Università Cattolica del Sacro Cuore Teresa Petrangolini Direttore di PAL, esperto facilitatore della partecipazione dei cittadini e della patient advocacy
Autore per la corrispondenza: Eugenio Di Brino: eugenio.dibrino@unicatt.it
Questo lavoro è stato reso possibile da un grant incondizionato di AMGEN, Celgene, Eli Lilly, Merck, Fondazione MSD, Medtronic, Novartis, Pfizer, Roche, Takeda, UCB. La pubblicazione dei risultati non è stata condizionata dall’approvazione degli sponsor. Pertanto, i risultati riportati rappresentano il punto di vista degli autori e non necessariamente quello degli sponsor.
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INDICE INTRODUZIONE
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di Americo Cicchetti
CAPITOLO I
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Il Patient Advocacy Lab (PAL) di ALTEMS: le sue finalità e il suo lavoro di Eugenio Di Brino e Teresa Petrangolini
CAPITOLO II
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Le motivazioni dell’attività di ricerca del PAL e della Survey sulle associazioni di patientadvocacy di Federica Morandi, Teresa Petrangolini, Lina delle Monache
CAPITOLO III
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Gli aspetti metodologici e i principali risultati della Survey di Federica Morandi
CAPITOLO IV
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La discussione sui risultati e i trend emergenti di Teresa Petrangolini
CAPITOLO V
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Le conclusioni di Federica Morandi e Teresa Petrangolini
RINGRAZIAMENTI 81 BIBLIOGRAFIA 85
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INTRODUZIONE
ALTEMS, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari nella sede di Roma dell’Università Cattolica, ha come mission la progettazione e la realizzazione di programmi di formazione economico-manageriale per tutti coloro che operano in ambito sanitario. La creazione del Patient Advocacy Lab (PAL) da parte di ALTEMS risponde all’esigenza prioritaria di poter offrire un’attività di formazione qualificata per lo sviluppo di competenze manageriali delle persone che gestiscono/governano o sono ai vertici delle organizzazioni a tutela dei pazienti e dei cittadini. PAL è un progetto che vuole rispondere al gap che abbiamo osservato all’interno dell’associazionismo in ambito sanitario, dove è tanta l’attività formativa, ma peculiarmente di tipo tecnico, in modo da aiutare le Associazioni dei pazienti a contribuire al disegno degli studi clinici o alle attività di HTA; nessuno ad oggi aiuta queste organizzazioni, che sono sempre più grandi e complesse, a sviluppare le competenze di gestione che ne permettono la crescita e una maggiore efficacia in termini di incisività sulle decisioni di politica sanitaria. La Survey che viene presentata, a cui hanno collaborato circa 140 associazioni di pazienti e di cittadini, serve a capire quanto esse si sentano coinvolte nei tavoli decisionali della Sanità e quanto sia necessario migliorare le loro competenze. Volevamo conoscere il profilo professionale dei manager delle varie associazioni e le loro competenze specifiche. La ricerca ci ha permesso di conoscere da vicino i leader delle organizzazioni intervistate, i loro punti di forza e quelli di debolezza, i tratti di professionalità che li caratterizzano, il valore dell’esperienza di cui sono portatori. Nell’indagine sono stati espressi bisogni di formazione manageriale che siano tali però da poter generare una vera e propria trasformazione del proprio modello professionale. Quindi, non è avvertito tanto il bisogno di ricevere un semplice addestramento, 5
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quanto piuttosto si rileva l’esigenza di apprendere abilità tecniche di programmazione economico-finanziaria, strategica, di controllo di gestione e di gestione del personale. Su questa base conoscitiva, grazie alla collaborazione del Focus Group, composto da 12 associazioni di Patient Advocacy e con la collaborazione del Comitato Scientifico, abbiamo costruito i profili di ruolo ideali, i profili di professionalità, sulla base dei quali intervenire in ambito formativo. Ciò ci ha permesso di promuovere e impostare il Master di II livello, che sta per avviare la sua seconda edizione, in Patient Advocacy Management, in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia e Engagemind hub dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Siamo particolarmente contenti di poter offrire un quadro inedito di un soggetto che nei prossimi anni conterà sempre di più nelle politiche sanitarie. Siamo infatti di fronte ad uno scenario che sta cambiando in maniera profonda. L’avanzamento della ricerca in ambito biomedico garantisce oggi alle persone innovazioni tecnologiche e approcci diagnostico-terapeutici sempre più efficaci. Terapie geniche curative, farmaci biologici, dispositivi medici impiantabili, chirurgia robotica associati alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale, stanno cambiando lo scenario nel sistema delle cure, generando promesse per gli operatori sanitari e speranze per tutti noi. Tutta questa innovazione ha un costo e ci si trova spesso a parlare di “sostenibilità” dei sistemi sanitari a livello globale. Il Servizio sanitario nazionale italiano è tra i pochi a livello europeo ad aver mantenuto un’impronta universalistica (“tutto a tutti, dalla culla alla bara”) anche se l’accessibilità ai servizi, ma anche la loro qualità, conosce alti e bassi a seconda delle Regione in cui ci si trova. I servizi costano, le cure richiedono grandi investimenti, le dinamiche demografiche comportano un ulteriore peso per il sistema sanitario. Oggi, come abbiamo fortemente ribadito in occasione del decennale di ALTEMS che cade proprio nel 2019, una delle sfide più importanti per garantire una sostenibilità negli anni a venire è l’investimento nella qualità dell’organizzazione. E’ come dire che pur esistendo un diritto costituzionale alla tutela della salute, non esiste un diritto a che questa tutela avvenga in un contesto organizzativo in grado di aumentare la probabilità di avere una buona cura. Ad esempio, i nostri LEA sono oggi definiti in termini di tecnologie (es. 6
una terapia farmacologica approvata da AIFA è nei LEA) oppure in termini di procedure (es. uno screening); ma la “qualità” dell’organizzazione sottostante l’erogazione di quella prestazione non è definita come un LEA. Un grande alleato dell’innovazione organizzativa, che costituisce un punto centrale della missione di ALTEMS, è rappresentato dai pazienti e dalle loro organizzazioni, che vivono spesso gli effetti di cattive performance del servizio. Le loro evidenze, le loro esperienze, unite ad un grado di competenze che consenta loro di essere appieno attori del sistema, sono risorse essenziali per vincere questa sfida. Ci auguriamo che dati presentati in questa ricerca possano offrire un contributo prezioso per rafforzare la centralità del ruolo dei cittadini nel servizio sanitario nazionale.
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CAPITOLO I
Il Patient Advocacy Lab di ALTEMS, le sue finalità e il suo lavoro
L’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari – ALTEMS - è una delle otto Alte Scuole dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Come ogni Alta Scuola, ALTEMS è dotata di specifici organi di governo, ma non ha personalità giuridica né autonomia economico-patrimoniale, bensì si configura come struttura didattica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’amministrazione di ciascuna attività o iniziativa è affidata a competenti uffici dell’Università Cattolica. Le Alte Scuole dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sono strutture di eccellenza nella ricerca e nella didattica, nate per essere, nei rispettivi campi di interesse, la risposta dell’Ateneo alle gran-
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di sfide dei processi di globalizzazione. Grazie a una fitta rete di rapporti internazionali e alla collaborazione con imprese, centri di eccellenza e organizzazioni di tutto il mondo, le Alte Scuole operano come veri e propri “think thank”, luoghi di incontro tra studenti, docenti scienziati, ricercatori e professionisti, che sviluppano, attraverso un intenso e continuo lavoro di cross-fertilization e di scambio di idee, progetti, prodotti sempre aggiornati e attività di consulenza di elevato valore culturale. I Laboratori e gli Osservatori rappresentano la formula che ALTEMS utilizza per incubare e sviluppare iniziative integranti e funzionali all’offerta formativa e all’attività di ricerca. Tutti i laboratori e gli osservatori sono coordinati da uno o più responsabili. Attualmente ne sono attivi otto tra laboratori e osservatori. Nel 2017 ALTEMS ha avviato il Patient Advocacy Lab (PAL), un Laboratorio dedicato allo sviluppo delle competenze manageriali e gestionali di coloro che operano nel contesto delle organizzazioni che rappresentano gli interessi dei pazienti e dei cittadini nel settore salute. L’obiettivo è lo sviluppo delle competenze manageriali e gestionali di chi opera nel contesto delle organizzazioni dei pazienti e dei cittadini nel settore salute. Il “marchio di fabbrica” del laboratorio è l’attenzione dedicata allo sviluppo di un modello di competenze che veda nelle abilità comportamentali l’aspetto centrale e qualificante del profilo professionale del “manager” dell’organizzazione di patient advocacy. Il Patient Advocacy Lab nasce dalla felice congiunzione di intenti tra ALTEMS e una diffusa esigenza, espressa dalle associazioni civiche, di rendere più forte e competente il punto di vista dei cittadini nelle politiche sanitarie. Da qui l’intuizione di istituire un vero e proprio laboratorio formativo universitario. Sono infatti sempre più frequenti le occasioni nelle quali le associazioni hanno l’opportunità di portare il proprio punto di vista e il proprio contributo nei tavoli nazionali e regionali, nelle politiche regolatorie, nelle cabine di regia sulle malattie croniche, nei programmi di implementazione e valutazione dei servizi sanitari. Esse rappresentano ormai uno stakeholder importante per garantire la centralità del paziente nelle scelte sanitarie. Per questo è necessario investire su di esse e valorizzarne il ruolo e l’esperienza. Esiste un gran numero di associazioni portatrici di proprie sensibilità e competenze, ma non “un luogo neutro” che faccia da catalizzatore, da promotore, da sostenitore di un processo di crescita del mondo delle organizzazioni civiche dal punto di vista manageriale e di solidità professionale. Tale processo è molto più sviluppato nel mondo del non profit che produce servizi per la collettività, molto meno nell’ambito dell’advocacy. Oggi la crescita 10
delle associazioni di advocacy diventa essenziale perché il soggetto cittadino/paziente è uno degli interlocutori più importanti delle politiche sanitarie soprattutto per garantire la sostenibilità del sistema sanitario. Il Modello operativo del Patient Advocacy Lab Il modello operativo è fondato sul coinvolgimento di diverse associazioni, di diverse aree terapeutiche e con persone provenienti da diverse regioni italiane. L’attività del laboratorio è inoltre ispirata al più ampio dialogo con gli stakeholder, sia istituzionali che provenienti dal mondo delle professioni e da quello delle aziende private, nella fase di progettazione e di implementazione del progetto. L’approccio persegue, nel medio periodo, lo sviluppo di una vera e propria “community of practice - CoP” che coinvolga i responsabili delle principali associazioni di pazienti e cittadini a livello nazionale in un lavoro di collaborazione e di networking fondato sullo sviluppo delle competenze. Il PAL si sviluppa su 3 linee di attività tra loro interdipendenti: formazione, counseling, ricerca. L’attività di ricerca ha al suo centro la promozione di una attività costante di raccolta di informazioni che consenta di adeguare l’offerta Le tre linee di attività del Pal formativa alle esigenze delle organizzazioni. A tal riguardo, è stata predisposta una Survey rivolta alle associazioni di cittadini e pazienti operanti in Italia, che ha permesso di disegnare lo scenario attuale. L’obiettivo è stato quello di comprendere gli attuali modelli di professionalità e le competenze agite oggi da parte dei leader delle organizzazioni di patient advocacy. II risultati della survey, presentati nei capitoli successivi, hanno contribuito in modo sostanziale a fornire ele11
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menti conoscitivi e scientifici ai programmi formativi attivati per la patient advocacy e alle attività di counseling. L’attività di formazione si sostanzia in un programma di formazione e sviluppo, realizzato mediante la progettazione dei percorsi formativi condivisi con un focus group, composto dai leader di diverse organizzazioni, e finalizzato a costruire ed adeguare nel tempo il profilo di ruolo e le competenze delle organizzazioni. L’attività principale è rappresentata da un Master di II livello in Patient Advocacy Management (in formato corso di aggiornamento per i non laureati) e la costruzione parallela di un Modulo specifico sulla patient advocacy erogato trasversalmente nell’ambito degli altri Master appartenenti all’Offerta Formativa di ALTEMS. L’attività formativa prevede l’erogazione di Corsi di Alta Formazione attivati in modo parallelo e su specifica richiesta. In questi due anni sono stati attivati 4 corsi: • “Patient Advocacy: come rendere i cittadini/pazienti protagonisti delle scelte sanitarie. Un workshop di lavoro per le associazioni di pazienti per l’Epilessia”. • “Patient Advocacy: come rendere i cittadini/pazienti protagonisti delle scelte sanitarie. Un workshop di lavoro per le associazioni di pazienti per il Parkinson”. • “Management del Terzo Settore - Advocacy e strumenti gestionali per chi opera in ambito salute. Focus sul volontariato nei centri di senologia”. Corso attivato in partnership con Europa Donna Italia, in due edizioni. L’attività di counseling prevede la creazione di una attività di supporto per i partecipanti al Master e alle attività formative mediante la creazione di: • uno Sportello di consulenza per le attività post Master con un servizio di accompagnamento nella messa in pratica dei contenuti dell’attività formative; • la creazione di una banca-dati delle esperienze di successo maturate e formalizzate e loro diffusione; • Iniziative di divulgazione, comunicazione e promozione dei contenuti e dei metodi del PAL, a supporto delle strategie di sviluppo delle associazioni civiche al livello nazionale, regionale e locale. Tale attività riguarda sia programmi di supporto alle singole associazioni o aree associative, sia il coinvolgimento delle Regioni interessate a sviluppare programmi partecipativi rivolti alle associazioni dei cittadini impegnate in ambito sanitario. 12
Organigramma del Pal
Direttore del LAB
Teresa Petrangolini
Project Manager
Eugenio Di Brino
Comitato Scientifico Coordinatore
Americo Cicchetti
Focus Group
Segreteria
Lina Delle Monache
Steering Group
Attività di ricerca
Federica Morandi
Il modello organizzativo del PAL prevede la Direzione di Teresa Petrangolini, il Comitato Scientifico guidato da Americo Cicchetti, il project management affidato ad Eugenio Di Brino, la responsabilità delle attività di ricerca deputata a Federica Morandi e l’attività di segreteria e di rapporti con le associazioni affidata a Lina Delle Monache. Il Comitato Scientifico è composto da studiosi e rappresentanti delle istituzioni e di organizzazioni formative del sistema sanitario. • Americo Cicchetti, Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (in qualità di Coordinatore); • Filippo Buccella, Presidente Accademia europea dei pazienti - EUPATI; • Laura Del Campo, Direttore F.A.V.O. - Federazione Italiana delle Associazioni Volontariato in Oncologia; • Tiziana Frittelli, Presidente Federsanità ANCI; • Guendalina Graffigna, Professore Ordinario di Psicologia per il Marketing Sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Centro di Ricerca EngageMindsHub; • Francesca Moccia, Vicesegretario Generale Cittadinanzattiva Onlus; 13
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• Patrizia Popoli, Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci dell’Istituto Superiore di Sanità; • Francesco Ripa di Meana, Presidente Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO); • Andrea Urbani, Direttore Generale della programmazione sanitaria, Ministero della Salute; • Stefano Vella, Direttore di Centro (GLOB) - Centro nazionale salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità; Lo Steering Group riunisce i rappresentanti degli enti patrocinanti e degli sponsor. Lo Steering Committee è composto dalle Aziende private che hanno deciso di dare il loro supporto alle attività del PAL nel suo complesso, favorendone lo sviluppo in una logica di partnership. Il Focus Group costituito dai rappresentanti delle associazioni civiche è composto da 12 organizzazioni. Esse sono sia Federazioni, sia singole associazioni di diverse patologie, operanti a livello nazionale e regionale, proprio al fine di avere le diverse prospettive. Ne fanno parte ed hanno partecipato 12 associazioni: EPAC (epatite C), ANMAR (malattie reumatiche), UNIAMO (malattie rare), FAND (diabete), AIMAC (malati di cancro), EUROPA DONNA (tumore al seno), AIMA (Alzheimer), PARENT PROJECT (distrofia di Duchenne), AMICI LAZIO (malattie croniche intestinali), ASSOCIAZIONE MALATI DI RENI (malattie renali croniche), AISM (sclerosi multipla), AISC (scompenso caridaco). A partire dal gennaio 2018 il PAL si è posto l’obiettivo di comprendere gli attuali modelli di professionalità e le competenze agite oggi da parte dei leader delle organizzazioni di patient advocacy. La domanda a cui rispondere era: chi sono, cosa sanno, cosa vorrebbero sapere? Per questo motivo si è deciso di iniziare il lavoro mediante un Survey che avesse per oggetto lo studio delle organizzazioni dal punto di vista delle competenze e delle attitudini da esse espresse. I primi risultati sono stati presentati in una Conferenza stampa tenutasi il 13 luglio 2018, assieme al Comitato scientifico, destando notevole interesse con numerose uscite tra carta stampata, canali televisivi e siti web. I risultati finali sono oggetto del workshop del 19 ottobre 2019 presentati in questo rapporto. Si è ritenuto fondamentale, proprio al fine di costruire un programma condiviso, attivare un Focus group per identificare il modello di professionalità 14
dei leader delle organizzazioni di patient advocacy alla luce di una analisi del contesto e della letteratura esistente. Era necessario rispondere alla domanda: che profilo di ruolo ha il leader di una organizzazione di patient advocacy? Per questo motivo si è creato un gruppo composto dai leader di diverse associazioni, finalizzato a costruire in modo processuale il disegno del profilo di ruolo. Il Focus group si è riunito 3 volte: settembre 2018, novembre 2018 e luglio 2019. Scopo di questi incontri è stato quello di confrontarsi sui risultati preliminari della Survey sulle competenze delle associazioni e sulla definizione del programma del Master, in partenza per il mese di marzo 2019. Si è altresì affrontato il tema del proseguo delle attività di ricerca e del programma di supporto del PAL. Molte le questioni affrontate che riguardano il rafforzamento della leadership e della capacità di impatto delle associazioni. Grazie alla collaborazione delle Associazioni è avvenuta una forte azione di sensibilizzazione per le iscrizioni alla prima annualità del Master. Il Master di II livello in Patient Advocacy Management A questo punto si è avviata l’elaborazione di un programma di formazione e sviluppo di taglio universitario per i leader delle organizzazioni. La progettazione ha tenuto conto delle indicazioni del Focus Group ed è entrata nel dettaglio del programma dei percorsi formativi. In questo quadro, ALTEMS ha deciso di allargare la platea dei promotori mediante una collaborazione più ampia dell’Università cattolica del Sacro Cuore che ha coinvolto l’Engagementmind-Hub e l’Alta scuola di psicologia Agostino Gemelli (ASAG), con i quali erano già attive collaborazioni su progetti di ricerca. Nel mese di marzo 2019 ha preso l’avvio la I Edizione del Master di II livello in Patient Advocacy Management (in formato corso di aggiornamento per i non laureati). La Direzione del Master è affidata alla Prof.ssa Guendalina Graffigna, Direttore del Centro di Ricerca Engageminds-HUB, Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Coordinamento Scientifico è affidato alla Dott.ssa Federica Morandi, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Coordinamento Didattico è affidato al Dott. Eugenio Di Brino, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore. Il master si compone di 10 moduli ed è articolato in didattica tradizionale, 15
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testimonianze di soggetti istituzionali e esperienze delle associazioni. Alla I Edizione hanno preso parte come discenti 31 persone, provenienti prevalentemente da associazioni di pazienti a livello nazionale. I partecipanti hanno avuto un colloquio che ha permesso di avviare per ognuno di loro un percorso di formazione finalizzato. Nel corso del Master sono previsti eventi, come conferenze e tavole rotonde, con i docenti italiani e stranieri partecipanti. Il Patient Advocacy Lab ha contribuito alla costituzione di un fondo di sostegno per le borse di studio dei partecipanti. Attività di supporto per il dopo Master
L’impegno tra l’Università Cattolica e la Regione Marche
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È stata forte l’esigenza di accompagnare il lavoro di ricerca e formazione con un programma di supporto per le attività post Master al fine di facilitare la messa in pratica dei contenuti dell’attività formativa per gli studenti delle varie edizioni del corso. Hanno già preso l’avvio e sono in corso di realizzazione attività di supporto. In particolare la convenzione tra l’Università Cattolica e la Regione Marche per lo sviluppo dei programmi ALTEMS/PAL. Iniziative future del Patient Advocacy Lab L’attività di ricerca è un’attività molto importante per il Patient Advocacy Lab. Per tale motivo, è stata progettata ed è in corso una ricerca sulla “Storia ed evoluzione delle Associazioni civiche in sanità”, proprio al fine di conoscere e valorizzare l’impatto che esse hanno avuto sullo sviluppo del servizio sanitario nazionale. Altro importante punto di crescita per le associazioni coinvolte nel Patient Advocacy Lab è sicuramente la possibilità di costruire partnership funzionali con gli Assessorati regionali alla sanità e/o con le Aziende Sanitarie Locali e/o Aziende Ospedaliere, finalizzate ad accompagnare il diffondersi di programmi di partecipazione e dialogo tra istituzioni e associazioni di patient advocacy. Particolare importanza sarà data alla costruzione dell’Ufficio Counseling del Patient Advocacy Lab, al fine di poter condividere buone pratiche con le Associazioni di cittadini e pazienti che ne necessitano. Infine, come partner e stakeholder del mondo sanitario, il Patient Advocacy Lab ha elaborato un assessment sulle attività di patient advocacy attivate presso le aziende del mondo farmaceutico e del mondo dei dispositivi medici, al fine di costruire una fotografia dello stato dell’arte circa le diverse modalità di rapporti tra imprese e organizzazioni civiche. La finalità è quella di lavorare insieme per rendere maggiormente efficace il rapporto tra imprese, istituzioni e cittadini.
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CAPITOLO II
Le motivazioni dell’attività di ricerca del Pal e della survey sulle associazioni di Patient Advocacy
Numerose sono le ricerche nell’ambito delle organizzazioni non profit e non mancano i dati statistici circa l’impatto, le caratteristiche, le dimensioni, lo sviluppo. Molto poco si sa di una fetta di associazionismo dedicato all’advocacy dei pazienti. Segno questo di una scarsa attenzione al settore. Normalmente quando si parla di associazionismo in ambito sanitario si intende l’attività assistenziale, anche volontaria, messa in campo nell’ambito di specifiche patologie. Esiste infatti un grande settore di assistenza, sviluppatosi nell’area del cosiddetto Terzo Settore, che copre un’ ampia fetta delle attività di aiuto alla persona. Gli obiettivi perseguiti nell’ambito della ricerca condotta dal PAL all’interno delle attività di ALTEMS, sono stati progettati partendo da una visione sistemica rispetto alle caratteristiche distintive delle organizzazioni dedite alla rappresentazione dei cittadini, ma allo stesso tempo maggiormente focalizzata su una specifica area di associazionismo civico impegnato nel rappresentare e di sostenere le esigenze, i bisogni e i diritti delle persone che necessitano di cure sanitarie. L’ attività prevalente di tali associazioni è riconducile al termine advocacy, ovvero la mobilitazione dei cittadini in generale o con riferimento ad una loro specifica condizione, per rappresentarne con più forza il punto di vista e le esigenze nel confronto con i diversi interlocutori (pubblici e privati). La ricerca ha preso avvio dalla specifica esigenza di tracciare per la prima volta il profilo caratterizzante i leader delle associazioni di cittadini, intendendo con tale l’insieme delle capacità di influenzare un gruppo ai fini del raggiungimento di un’idea, di una visione o di un insieme di obiettivi (Robbins et al., 2017). I perché di questa scelta sono da rintracciare sia in motivazioni di carattere istituzionale che su ragioni più marcatamente scientifiche.
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1. Le Motivazioni Istituzionali Sotto la prospettiva istituzionale all’interno del sistema sanitario si è progressivamente sentita l’esigenza di coinvolgere a pieno titolo il mondo dell’associazionismo civico nelle scelte di programmazione e di organizzazione dei servizi, sintetizzata dallo slogan “il paziente al centro”. Questa affermazione rischia di restare senza significato e effettività pratica se non si investe su tale soggetto sia dal punto di vista della formazione, che dal lato del sostegno economico, fino a giungere al coinvolgimento nei processi decisionali e alla semplificazione nell’accesso alle informazioni. Mettere il paziente al centro di un sistema significa inoltre approfondirne la conoscenza, analizzarne le caratteristiche, i punti di forza e di debolezza, farne appunto oggetto di ricerca. Si potrebbero fare molti esempi di coinvolgimento dei pazienti, già avviati. For-
The European Medicines Agency (EMA) and patients have been actively interacting since the creation of the Agency in 1995. This cooperation was extended to include consumer groups with an interest in medicines. Both of these stakeholder groups bring a ‘real-life’ experience as well as specific knowledge and expertise to scientific discussions on medicines and on the impact of regulatory decisions. Collaborating with these groups supports transparency and improves regulatory processes
(Ema, 2019)
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se il più significativo è quello realizzato EMA, l’Agenzia europea del farmaco. In secondo luogo, e in conseguenza di quanto detto, è necessario rifuggire dalle semplificazioni e dagli appiattimenti concettuali. Un soggetto diventa importante se se ne percepisce la complessità, se si riesce a costruirne una storia, se se ne individuano i tratti, vedendo differenze e connessioni. Il mondo dell’advocacy dei pazienti non è mai stato studiato come un sistema, una sorta di ecosistema vivo e pulsante. Esso rischia di essere visto invece in modo riduttivo non cogliendo l’importanza di una grande risorsa fatta di esperienze, di dinamiche complesse, dove si verificano successi e fallimenti e dove esiste un dinamismo e una continua evoluzione. La survey condotta dal gruppo di lavoro PAL si pone l’obiettivo di avviare questo percorso, progettato fin dal principio come un processo in continuo sviluppo e miglioramento, caratterizzato dall’ ambizione di costruire un patrimonio di conoscenze utili a far crescere il valore e la considerazione dell’associazionismo civico in sanità. Grazie al processo di continuo apprendimento e conoscenza di questo settore, incardinato in un sistema di rigore scientifico e di conoscenze possedute da Altems, le evidenze raccolte e interpretate costituiranno il valido fondamento per l’accrescimento delle competenze comportamentali, manageriali e delle skills tecniche. 2. Le motivazioni scientifiche Passando alla prospettiva scientifica della ricerca, come di frequente si agisce, il lavoro prende avvio dalla individuazione di un gap nel dibattito scientifico. La letteratura definisce il settore sanitario come uno tra i più istituzionalizzati, ovvero un contesto in cui le regole e le aspettative impattano enormemente sulle decisioni strategiche e organizzative sia degli enti dediti alla regolamentazione che delle organizzazioni che erogano assistenza sanitaria (Ruef e Scott, 1998). In particolare sono due le pressioni che impattano sui sistemI sanitari, quelle di natura tecnica e quelle di natura istituzionale. La pressione tecnica riguarda la sfera della produzione e delle risorse impiegate per la stessa. Inoltre la pressione tecnica coinvolge tutti quei fattori in grado di influenzare la domanda, come ad esempio I fattori socio demografici nonchè le caratteristiche dei consumatori e dei concorrenti. Dall’altro lato le pressioni istituzionali possono essere descritte come l’insie21
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me delle conoscenze culturali e cognitive chiamate nel loro complesso “norme”, che provengono dall’ambiente legale e dal Sistema di regolamentazione, che conferisce senso e stabilità in un settore specifico (Scott et al., 2000). All’interno di settori ad alto tasso di istituzionalizzazione, una delle più importanti strategie adottabile è legata all’ottenimento di legittimazione. Essa nel settore sanitario può essere ottenuta rispettando regole e norme provenienti dal governo; offrendo cure di alta qualità ai pazienti, ascoltando la voce delle associazioni di pazienti e cittadini. Mentre sulle prime due azioni esiste un ampio dibattito e una vasta letteratura, ancora molto rimane da scoprire rispetto alle caratteristiche delle associazioni dedite all’advocacy e al modo con cui esse manifestano la propria “voce” nel settore di riferimento, che ai fini della presente ricerca è appunto quello sanitario. Allo stato attuale esistono numerose definizioni offerte dalla letteratura scientifica rispetto alle associazioni di pazienti e cittadini, che variano da una loro definizione come counsellor, watchdog (letteralmente cani da guardia) rappresentanti (Abrams 1978) fino ad arrivare a potenziali informatori (Ahern and McDonald 2002, Andersen 1990). Tutte queste definizioni tuttavia mostrano un punto in comune che identifica l’azione di advocacy quale attività in cui una persona rappresenta un’altra (Allmark and Klarzynski 1992, Konke 1982a, 1982b, Morrison 1991), non solo nell’attività del parlare ma piuttosto nell’intervenire per quelle persone più vulnerabili (Copp, 1986). Nonostante le associazioni di cittadini e pazienti caratterizzino il Sistema sanitaria italiano fin dalla sua fondazione nel 1978, progressivamente e in maniera sostanziale nei periodi più recenti la loro importanza all’interno della pianificazione regionale e nazionale è cresciuta. Tali associazioni costituiscono dunque importanti stakeholders per il Sistema sanitaria assumendosi da un lato l’onere (e l’onore) della rappresentanza dei pazienti, dall’altra il potere di conferire o sottrarre legittimazione alle organizzazioni sanitarie attraverso la divulgazione di opinioni e la realizzazione di azioni. Ma in che modo e sulla base di quali competenze e abilità vengono formulate le manifestazioni di voice da parte delle associazioni di pazienti? Quali sono I tratti che rendono una associazione particolamente efficace? Il profilo del leader di associazione trapela nel modo con cui esse comunicano all’esterno? Come costruiscono il loro network le associazioni dedite all’advocacy? Sulla scorta delle poche evidenze, e quasi mai di carattere nazionale capaci di offrire risposte a queste questioni è stata progettata la presente survey che costituisce un primo ma importante passo per aumen22
tare la conoscenza su un panorama di soggetti organizzativi tanto necessari quanto strategici per il nostro Sistema salute. 3. Il tema della leadership delle associazioni Fin dalle prime battute la costruzione della ricerca si è mossa dalla consapevolezza che nonostante esista un ampio panorama di conoscenze e materiali dedicati alla esplorazione dei più vari contesti sociali, quali ad esempio sindacati, enti dediti alla cooperazione, imprese industriali, aziende no- profit, partiti politici e organizzazioni di tipo religioso, tali ricerche sono state per lo più utilizzate per la progettazione di strutture e corsi di formazione, stesura di manuali. Il processo mossosi dalla raccolta di dati ed evidenze, abilmente interpretati e combinati, ha consentito ai gruppi dirigenti e gli addetti di tali aree di sviluppare competenze e capacità di leadership. Sulla scorta di queste spesso positive esperienze si è voluto implementare un processo similare nell’ambito dell’advocacy, che costituisce un campo che seppur più piccolo e limitato, non meno importante per lo sviluppo del Paese. Basti pensare al contributo che le associazioni dei pazienti stanno dando alla conoscenza e alla prevenzione della malattie, alla cura del benessere delle persone e al rispetto dei loro diritti. Nonostante la strada da percorrere sia ancora lunga e che sia necessario investire in formazione e acquisizione di competenze, l’ esperienza maturata da numerose associazioni è veramente significativa. Solo per fare alcuni esempi, si riportano qui di seguito: • la promozione dei diritti del malato, come nel caso della Carta Europea dei diritti dei pazienti, quella sui diritti dei malati di cancro o di malattie renali, le campagne sulle diritti dei malati reumatici • la realizzazione di iniziative di prevenzione, su temi come la salute delle ossa, la prevenzione del melanoma e del cancro al seno • il rafforzamento dell’empowerment del paziente, come nel caso degli stili di vita nelle malattie croniche • il supporto e l’informazione sulle politiche sanitarie, avvenuto ad esempio per la diffusione dei farmaci contro l’epatite C • l’avvio di nuove politiche sanitarie, come nel caso degli screening neonatali per la SMA • il monitoraggio sulla qualità dei servizi, ad esempio sui percorsi di cura per i diabetici o sull’umanizzazione delle strutture sanitarie •
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Sempre dal punto di vista della logica di sistema il tema della leadership è stato scelto perché rappresenta il punto di partenza di un percorso finalizzato a dare supporto alla crescita di questo tipo di associazionismo. Esiste una leadership consolidata con determinate caratteristiche, andiamo a conoscerla meglio per capire di che cosa necessita per svolgere al meglio il proprio compito. Lo sviluppo della leadership nell’esercizio di funzioni di advocacy è determinante per la massimizzazione della efficacia della propria attività. Come si vedrà nella nota metodologica all’interno del capitolo successivo si sono scelti alcuni item per misurare modelli di professionalità, attitudini e competenze, componendo un questionario complesso e abbastanza lungo. Quasi cento associazioni hanno avuto la pazienza di compilarlo dando un contributo fondamentale al successo della Survey. Sicuramente un ruolo importante lo ha avuto anche il FOCUS GROUP del PAL che si è confrontato con i diversi step della Survey dando il suo contributo nella scelta delle competenze che le 12 associazioni che lo compongono ritengono più importanti. Pur avendo opinioni differenti sulle priorità, ognuno ha confermato la centralità del tema della leadership e del suo potenziamento per il successo di una organizzazione. Ciò che ci ha fatto capire quanto fosse importante la scelta del tema è stata proprio la discussione dei tratti di competenza. Chiarezza degli obiettivi, identificazione dei bisogni, assieme alla fidelizzazione dei soci, alla programmazione strategica, sono considerati il top delle caratteristiche che deve garantire un responsabiledi associazione, mentre molto meno importante 24
sembra essere la gestione dei conflitti. Molti dei tratti sottolineati del FOCUS GROUP sono stati confermati dalla Survey, anche se con ordini di priorità differenti. Fatto sta che grazie al “marchio di fabbrica” di tipo partecipativo si è giunti ai risultati che vengono qui presentati. È stato quindi proprio il confronto con le associazioni che ha permesso al PAL di procedere con il piano della ricerca che centrasse i problemi e individuasse i punti di caduta. 4. A chi servono questi dati Servono ad una pluralità di soggetti: al PAL, alle associazioni, alle istituzioni e agli stakeholder in generale, • Servono innanzitutto al PAL che proprio perché si pone l’obiettivo di dare forza al mondo associativo mediante una azione costante ed efficace, ha bisogno di conoscere i bisogni formativi delle persone che animano le associazioni. Senza dati sui bisogni e sulle necessità si rischia di cadere in una logica top down che forse crea sapere ma non incide sui modelli comportamentali necessari a incrementare le capacità manageriali dei leader associativi. • Sicuramente la ricerca serve alle associazioni perché più ci si apre ad un confronto che metta in luce caratteristiche e trend di sviluppo più si cresce. Restare chiusi nel proprio guscio senza “studiarsi”, rischia di provocare immobilismo e autoreferenzialità. Come si vedrà dai risultati dell’indagine, l’associazionismo è un mondo ricco e in continua evoluzione che non può che trarre vantaggi dal lavoro di ricercatori che ne analizzano dinamiche e possibili trend di sviluppo. • Le Istituzioni hanno un assoluto bisogno di conoscere meglio le associazioni dei pazienti. Infatti, la parola d’ordine “centralità del paziente” rischia di scontrarsi con una scarsa attitudine del mondo politico ed amministrativo a misurarsi con esse. Molto spesso si conoscono solo le organizzazioni che hanno richiesto un contatto o che sono più conosciute o addirittura con cui si ha un rapporto personale. Non c’è una conoscenza più approfondita e più oggettiva, che ne comprenda le dimensioni, le potenzialità, l’esperienza accumulata. Due Regioni, le Marche e la Campania (in stipula), hanno stretto una Convenzione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore mediante l’azione del PAL proprio al fine di avviare programmi partecipativi assieme alle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate nel campo della salute. Altre Regioni hanno già leggi o strumenti amministrativi per 25
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attivare il coinvolgimento dei pazienti, così come il Ministero della Salute ha promosso una Maratona sul Patto per la Salute nel mese di luglio 2019 che ha coinvolto più di 100 associazioni. Urge un quadro conoscitivo che non si limiti ad un indirizzario per capire meglio in che modo deve avvenire una inclusione nelle politiche sanitarie che contribuisca alla sostenibilità del sistema e non sia quindi occasionale e esclusivamente formale. • Uno dei beneficiari dei dati che vengono presentati sono gli stakeholder della sanità, e in particolare le aziende farmaceutiche, alcune delle quali figurano come partner del PAL. È sempre più diffuso presso tali soggetti la creazione di figure che si si occupano di patient advocacy. Ci sono ormai numerosi strumenti che regolano la correttezza dei rapporti tra le Compagnie e le associazioni. Basti pensare alla Regolamentazione delle relazioni con le associazioni dei pazienti prevista nelle linee guida della Commissione Europea, al Codice deontologico del Codice Farmindustria e del codice EFPIA e alle tante policy interne con regolamenti adottati dalle varie aziende. Al di là delle regole formali, comunque essenziali, è indubbio che sono sempre più intensi i rapporti tra questi due soggetti, finalizzati, da parte delle aziende, a conoscere meglio le esigenze e i bisogni dei pazienti, a promuovere progetti e diffondere informazioni su aspetti del sistema sanitario. C’è quindi un grande interesse sia a potenziare il ruolo dei soggetti civici, sia a comprendere in quale modo la stessa azione delle Compagnie può essere più efficace, nel rispetto dell’autonomia e della indipendenza delle organizzazioni e con una attenzione a costruire partnership e non solo rapporti occasionali.
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CAPITOLO III
Gli aspetti metodologici e i principali risultati della survey
La presente sezione è dedicata alla presentazione della metodologia e dei risultati della survey condotta tra il 2018 e il 2019 da parte del Patient Advocacy Lab- Altems dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. 1. Strategia di ricerca Con l’obiettivo di fornire per la prima volta una fotografia sul mondo dell’associazionismo, ed in particolare sulle caratteristiche dei leader delle associazioni di pazienti, la survey è stata inviata tramite surveymonkey a circa 300 Associazioni operanti sul territorio italiano. La survey, preceduta da una lettera di richiesta di collaborazione, ha previsto l’impiego di un questionario semi-strutturato articolato in 7 sezioni, riguardanti: Sezione 1: informativa sulla privacy Sezione 2: informazioni anagrafiche dei rispondenti (associazione di appartenenza, età, genere, stato civile, numero di figli, titolo di studio, formazione svolta, anzianità nell’associazionismo, anzianità nel ruolo di responsabile di associazione di pazienti, collaborazione con altre associazioni di pazienti e indicazione delle medesime) Sezione 3: profilo di leadership: questa sezione ha previsto l’impiego di diverse fonti di letteratura nazionale e internazionale con la finalità di proporre agli intervistati una serie di item relativi alle doti di leadership. Gli item originariamente proposti in letteratura in lingua inglese, sono stati tradotti in italiano e ritradotti in inglese al fine di assicurare la fedeltà al senso originario. Le risposte sono state fornite attraverso l’espressione del grado di 27
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accordo/disaccordo sulla base di una scala Likert a 5 punti, dove 1 indica il minimo accordo e 5 il massimo accordo. Sezione 4: Modello di professionalità. Questa sezione ha previsto l’impiego di domande a risposta aperta finalizzate a rilevare la descrizione degli intervistati rispetto a: obiettivi assegnati, descrizione delle relazioni interne ed esterne, condizioni ambientali di lavoro, principali compiti da svolgere, livelli di autonomia e responsabilità, strumenti di lavoro. Sezione 5: Check list attitudini e competenze intese come un sistema di conoscenze, concettuali e procedurali, organizzate in schemi operativi che permettono, all’interno di un gruppo di situazioni, l’identificazione di un compito e la sua risoluzione attraverso un’azione efficace. Si può distinguere tra competenze professionali, che sono abilità tecniche contestualizzate, e competenze comportamentali, più trasversali e suscettibili di essere trasportate da una situazione a un’altra, di essere applicate a contesti professionali diversi. Questa sezione prevede la rilevazione del grado di confidenza con le competenze proposte, espresso tramite scala Likert a 5 punti dove 1 indica uno scarso grado di confidenza, e 5 un massimo grado di confidenza. Sezione 6: check list skills intese come capacità di mettere in atto un sistema o una sequenza di comportamenti che sono funzionalmente coerenti con l’obiettivo di prestazione desiderato (capacità di pianificare, pensiero analitico, etc.). Questa sezione prevede la rilevazione del grado di confidenza con le skills tecniche proposte, espresso tramite scala Likert a 5 punti dove 1 indica uno scarso grado di confidenza, e 5 un massimo grado di confidenza. Sezione 7: Questa sezione ha previsto l’impiego di domande a risposta chiusa e aperta. In particolare, rispetto ad un elenco di sfide proposte gli intervistati sono stati invitati ad indicare quella o quelle maggiormente sentite per la propria associazione di appartenenza. È stato inoltre chiesto di indicare eventuali altre sfide non presenti in elenco, sotto la dizione “altro”. Il questionario, validato dal Comitato scientifico del PatientAdvocacy Lab è stato costruito sulla base di diverse fonti di letteratura nazionale e internazionale (Kalshoven et al., 2011; Neider&Schriesheim, 2011; Hu et al., 2012; Judge et al., 2003; Houghton et al., 2012) che hanno consentito la costruzione degli item più appropriati ai fini dell’indagine. La survey è rimasta aperta da maggio 2018 a giugno 2018, si è poi proceduto a diverse recall e a nuovi invii mirati per completare il quadro dei rispondenti. 28
Le associazioni rispondenti sono state nel complesso 140; eliminando le risposte incomplete o illeggibili, i rispondenti totali sono 91. Le analisi sono state condotte impiegando differenti metodologie. La sezione 2, relativa alle caratteristiche demografiche del campione, è stata analizzata attraverso statistiche descrittive, da cui emerge la fotografia dei rispondenti. La sezione 3 relativa al profilo di leadership è stata analizzata attraverso l’impiego di analisi fattoriale, condotta attraverso il software SPSS, al fine di identificare i tratti emergenti dei leader di associazione di pazienti. L’Analisi Fattoriale parte dall’ipotesi che esista una variabile che influenza ed agisce su un gruppo di variabili fra loro altamente correlate. Questa variabile sottostante (definita fattore) agisce evidentemente su un particolare “tratto” comune a tutte le altre. L’ Analisi fattoriale allora, si assume il compito d’individuare il o i fattori, cioè le variabili sottostanti ad un gruppo di altre variabili(Everaert, 2007). Per individuare se l’analisi restituisca o meno un buon fattore esso deve avere senso, deve essere semplice da interpretare, deve possedere una struttura semplice. La sezione 4 relativa al modello di professionalità, presenta delle risposte aperte, di natura qualitativa. Per questa ragione la metodologia impiegata ha previsto una analisi di contenuto condotta attraverso l’impiego del software NVivo 12.L’analisi di contenuto è un insieme ampio ed eterogeneo di tecniche manuali o assistite da computer di interpretazione contestualizzata di documenti provenienti da processi di comunicazione in senso proprio (testi) o di significazione (tracce e manufatti), aventi come obiettivo finale la produzione di inferenze valide e attendibili (Tipaldo, 2014). Il software NVivo, acronimo di Non-numericalUnstructured Data*Indexing, Searching and Theorizing Vivo, è un programma finalizzato all’analisi di testi, immagini e documentazione multimediale che si inserisce nell’ambito dei cosiddetti CAQDAS (Computer Assisted Qualitative Data Analysis). Il programma si compone di procedure che corrispondono all’esigenza di descrivere, analizzare e interpretare i molteplici materiali e dati che si producono in un percorso di ricerca qualitativa (Coppola, 2018; Bazeley, 2007; Richards, 1999). La sezione successiva, la numero 5, relativa alla check list di attitudini e competenze è stata analizzata in prima battuta attraverso statistiche descrittive finalizzate a individuare il grado di competenze presenti tra i leader di associazioni di pazienti. Accanto a ciò è stato calcolato un degree di compe29
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tenze, standardizzato, con la finalità di poter essere impiegato all’interno di analisi di correlazione con le variabili demografiche del campione. Queste ultime sono state realizzate attraverso l’impiego del software SPSS. La stessa procedura è stata utilizzata per la sezione 6 relativa alla check list delle skills tecniche. Infine, nella sezione 7 sono state condotte analisi descrittive relative alle frequenze con cui sono state indicate le sfide future. All’interno del questionario è stata inserita anche la rilevazione delle relazioni tra associazioni di pazienti, al fine di mappare il network attraverso lo strumento della Social Network Analysis (Borgatti et al., 2002). Accanto a questa fonte primaria dei dati sono state utilizzate quali fonti secondarie le mission delle Associazioni di pazienti rilevate attraverso i siti web delle associazioni. Questo dato è stato impiegato al fine di evidenziare come i tratti di leadership si manifestino all’esterno delle associazioni attraverso le mission. 2. Risultati Anagrafica rispondenti I rispondenti totali alla survey sono 91, di cui la maggioranza donne (68,4%), come mostrato in Figura 1 L’età media degli intervistati è 55 anni. Dei rispondenti, la maggioranza rivestono lo stato civile di coniugato/a (64,2%), seguito da separato/a (16%). La figura 2 mostra il quadro completo. In media il numero di figli è 1,82, con una prevalenza (66%) di età superiore ai 18 anni. Rispetto al grado di istruzione i rispondenti sono per la maggior parte laureati (57,9% in possesso di una laurea di vecchio ordinamento o magistrale, 11,6% in possesso di diploma universitario). La Figura 3 presenta i risultati completi su questo aspetto. Rispetto alle aree patologiche di appartenenza degli intervistati, il grafico sottostante indica come siano coperti numerosi ambiti. L’area patologica maggiormente rappresentata è quella di ambito oncologico (26,3%), seguita dall’ambito neurologico (23,2%). Accanto ad esse sono 30
Figura 1- Distribuzione del campione per genere
Figura 2- Stato civile rispondenti
Figura 3 - Livello istruzione rispondenti
Figura 4 - Aree patologiche associazioni rispondenti
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ad ogni modo rappresentate numerose altre aree patologiche sebbene con tassi di rispondenza inferiori, ad esempio l’area dermatologica e l’area delle malattie del sistema linfatico presentano un tasso di risposta appena superiore all’1%. Circa il 62% dei rispondenti non esercita una funzione di caregiver. Il “Caregiver familiare” è la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura di una persona non autosufficiente o comunque in condizioni di necessario ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé. Infine a completare il quadro circa le caratteristiche descrittive del campione di rispondenti, è stato analizzato il percorso di sviluppo personale tramite i percorsi di formazione. In particolare è stata operata una distinzione tra i percorsi formativi veri e propri considerati quali trasformazione forte dei discenti attraverso un trasferimento di competenze esportabili anche in contesti diversi rispetto a quello in cui il percorso è stato maturato e fruito. Essi si distinguono dai percorsi di addestramento, considerati una trasformazione debole di competenze perché particolarmente legata e circoscritta al contesto in cui essa viene erogata. I percorsi di formazione cui hanno partecipato i rispondenti alla presente sono nel 32, 6% dei casi riconducibili alla formazione propriamente intesa, nel 20% dei casi si tratta di addestramento. Nel 40% dei casi i rispondenti non hanno svolto alcuna attività né di addestramento né di formazione. I dati anagrafici di sopra elencati sono stati correlati con i tratti di leadership, di competenze e di skills tecniche mostrate dai rispondenti. Degree leadership, competenze e skills tecniche Le domande relative al profilo di leadership, così come la check list relativa alle competenze e alle skills tecniche possedute dai leader di associazione intervistati, hanno permesso la formulazione di alcune interessanti analisi di correlazione. La prima dimensione presa in considerazione è quella relativa i tratti di leadership. La metodologia impiegata ha preso avvio dalla delineazione, rispetto alle domande proposte, degli item relativi al profilo di leadership che hanno raccolto il maggiore consenso da parte dei rispondenti. Essi indicano il risultato del processo di auto valutazione cui i rispondenti sono stati sottoposti 32
Figura 5 - Valori modali item leadership
attraverso la compilazione della sezione 3 del questionario. Nello specifico è stato loro richiesto di esprimere la propria valutazione circa la presenza/ assenza delle azioni e dei comportamenti descritti negli item. La figura 5 mostra il valore modale con cui i rispondenti si sono auto valutati rispetto ai tratti di leadership. In una logica descrittiva i rispondenti si sono auto valutati in pieno possesso di molte caratteristiche quali: la capacità di investire tempo nei contatti personali, l’attenzione ai bisogni dei collaboratori, la capacità di accettare consigli e la capacità di chiarire priorità ruoli e responsabilità, la profusione di impegno nel mantenere la parola data, e nel mantenere viva la cooperazione nel gruppo, infine la abilità di pensare in modo nuovo. Al contrario i rispondenti hanno mostrato disaccordo (valore= 1), evidenziando la non presenza di tali caratteristiche nella descrizione del proprio profilo di leadership circa gli item “non partecipo alle decisioni” e “ho dubbi circa le mie competenze”. Le risposte fornite agli item circa i tratti di leadership sono stati utilizzati per la costruzione di uno score individuale, espresso in valore percentuale 33
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Figura 6 - Degree leadership- tenure associazionismo, area patologica
rispetto ad un massimo ideale (punteggio 5 a tutte le domande). Tale indicatore denominato “degree leadership” è stato utilizzato per la costruzione di analisi di correlazione con le dimensioni anagrafiche più significative tra quelle precedentemente illustrate. Le mappe che seguono hanno la finalità di illustrare graficamente i risultati ottenuti. La figura 6 pone in correlazione tre dimensioni quali il degree di leadership, la tenure nell’associazionismo da parte dei rispondenti e l’area patologica dell’associazione da cui provengono. Da una prima osservazione emerge come la anzianità nell’associazionismo non sia un fattore discriminante sull’ampiezza del degree di leadership. I leader di associazione con un degree di leadership superiore al 70% (su una scala ricordiamo da 0 a 100%) sono posizionati sia nel quadrante in basso a destra che in quello in alto indicanti rispettivamente anzianità al di sotto degli 11 anni (basso-destra) e superiore agli 11 anni (alto-destra). Tra questi due quadranti la concentrazione maggiore sembra rintracciabile nella popolazione con una anzianità inferiore agli 11 anni, mentre nel quadrante in alto a destra, over 11 anni le osservazioni sembrano essere meno concentrate. Ciò significa che i leader 34
Figura 7 - Degree leadership- tenure associazionismo, ruolo
di associazione sono dotati di una elevata opinione circa il proprio profilo in qualità di leader. I livelli più bassi di degree di leadership sono parimenti distribuiti in maniera bilanciata tra soggetti con anzianità bassa e alta, anche se in questo caso i rispondenti con alta anzianità che mostrano un degree di leadership basso appaiono in lieve minoranza rispetto ai soggetti con tenure inferiore. Venendo alla terza dimensione presa in considerazione, ovvero le aree patologiche, la mappa mostra una prevalenza dell’area “oncologia” nei quadrante in basso a sinistra e in basso a destra, relativi ad una bassa anzianità nell’associazionismo, pur a fronte, nel quadrante di destra di elevati livelli di degree di leadership. Da notare ampi spazi di miglioramento nell’ambito del profilo di leadership per l’area patologica della nefrologia. Tra le associazioni con una alta tenure nell’associazionismo non si notano prevalenze degne di nota né tra gli alto score né tra i basso score. La figura 7 correla le dimensioni precedentemente illustrate (degree leadership e tenure nell’associazionismo), utilizzando come terza variabile di codifica il ruolo ricoperto in associazione. Come possiamo notare la prevalenza dei leader intervistati riveste il ruolo di presidente dell’associazione, seguito dal ruolo di attivista. 35
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Figura 8 - Degree leadership- tenure associazionismo, genere
In particolare, gli attivisti (codificati in azzurro) mostrano una tenure nell’associazionismo più bassa, collocandosi prevalentemente nei quadranti in basso. A parità di tenure bassa tuttavia sono gli intervistati che rivestono il ruolo di presidenti (codificati in viola) a mostrare degree di leadership più elevati. Concentrando l’osservazione sui quadranti in alto, indicanti livelli di tenure nell’associazionismo più elevati appaiono prevalenti i rispondenti nel ruolo di Presidente, essi mostrano una uguale distribuzione tra i quadranti alto sinistra e alto destra indicanti rispettivamente degree di leadership al di sotto e al di sopra della mediana attestata al 75%. Come già discusso dall’analisi dei dati anagrafici, il genere femminile prevale nel campione in analisi, dato confermato dalla Figura 8 in cui le dimensioni di tenure nell’associazionismo e degree di leadership sono state codificate per genere. Nel grafico appare interessante notare che i due casi in esatta contrapposizione rintracciabili nel quadrante in alto e destra e in basso a sinistra indicanti rispettivamente nel primo caso alto degree di leadership e alta tenure nell’associazionismo e nel secondo bassa tenure e basso degree di leadership sono rappresentati da leader di associazione di genere femminile. La maggioranza delle osservazioni si concentra nella zona in basso indicando come i leader di associazione, prevalentemente di genere femminile, hanno una tenure nell’associazionismo relativamente moderata, e che ampi 36
Figura 9 - Degree leadership-età
spazi di miglioramento sono possibili in termini di tratti di leadership. Tenendo in considerazione il fattore età anagrafica, esso non sembra rilevante rispetto al degree di leadership dei rispondenti. Come si evince dalla figura 9 il campione sembra distribuirsi in maniera decisamente omogenea nei quattro quadranti, evidenziando come sia in corrispondenza di età anagrafica al di sotto della mediana (55 anni) che al di sopra, i rispondenti mostrano indifferentemente livelli alti o bassi di degree di leadership. La medesima procedura di computazione delle risposte fornite dai partecipanti è stata impiegata per la rilevazione del grado di possesso di competenze e skills tecniche. Rispetto alle competenze la sezione 4 del questionario prevede la rilevazione tramite scala Likert a 5 punti del grado di presenza di alcune competenze individuate come rilevanti per rivestire un ruolo di leader di associazione. La figura 10 mostra il valore modale con cui i rispondenti si sono auto valutati rispetto alle competenze possedute. Il grafico proposto mostra come i rispondenti abbiamo un livello alto di percezione circa le proprie competenze. L’unica competenza per la quale il campione si è attestato ad un valore pari a 3 è relativa all’impatto e influenza nel37
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Figura 10 - Competenze rilevate - valore modale
le relazioni esterne. La scarsità di presenza di tale competenza sarà infatti confermata anche dalla conformazione del network di associazioni che allo stato attuale non appare particolarmente denso di relazioni. Come già illustrato rispetto al calcolo del degree di leadership, anche per quanto attiene le competenze si è proceduto al calcolo di un indicatore individuale di sintesi espresso in valore percentuale rispetto ad un massimo ideale (punteggio 5 a tutte le domande). Tale indicatore denominato “degree competenze” è stato utilizzato per la costruzione di analisi di correlazione con le dimensioni anagrafiche più significative tra quelle precedentemente illustrate. La figura 11 evidenzia la correlazione tra il degree di competenze e la anzianità nell’associazionismo, codificata per l’area patologica. Dal grafico si evince come indipendentemente dall’area patologica tutte le aree patologiche esplorate facenti parte del campione intervistato presentano un degree di competenze al di sopra del valore mediano (50%). Indipendentemente dalla tenure nell’associazionismo le aree patologiche che si attestano intorno al valore del 100% afferiscono alle aree patologiche oncologia, assistenza/ formazione, neurologia, gastroenterologia, diabete e metaboliche. Mentre spazi di miglioramento nell’ambito delle competenze possedute si osserva per l’area patologica della nefrologia, che possiamo osservare attestarsi al 38
Figura 11 - Degree competenze, tenure associazionismo - area patologica
60% del valore, complice con buona probabilità anche la bassa anzianità nel mondo dell’associazionismo posseduta dal rispondente e che potrebbe essere la determinante di un percorso professionale in fase di sviluppo. Rispetto alla correlazione tra degree di competenze, tenure e ruolo ricoperto, la Figura 12 mostra uno scenario in cui si rintracciano scarse osservazioni nel quadrante in alto a sinistra che identifica un basso degree di competenze a fronte di una alta tenure nell’associazionismo. Solo 7 rispondenti, di cui la maggioranza Presidenti di associazione si collocano infatti in tale quadrante. Le osservazioni prossime ad un degree di competenze pari al 100% sono in totale 8, la maggioranza delle quali sopra la mediana di anzianità nell’associazionismo (11 anni circa) di cui 5 riferite a Presidenti di associazione e 3 ad attivisti. Il quadrante in basso a sinistra indicante bassa tenure nell’associazionismo e basso degree di competenze (al di sotto del valore mediano) è popolato parimenti da Presidenti di associazione e da attivisti. I due addetti alla comunicazione presenti nel campione e codificati in rosso appartengono al medesimo quadrante. I membri del direttivo, codificati in giallo, si trovano indistintamente nei quadranti in basso a sinistra e nel basso alto destra, indicando eterogeneità sia nella tenure che nel degree di competenze posseduto. Rispetto alla correlazione tra degree di competenze e tenure nell’associazio39
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Figura 12 - Degree competenze, tenure associazionismo - ruolo
nismo codificato per genere, il grafico in figura 13 evidenzia una scarsità di osservazioni nel quadrante in alto a sinistra indicante la relazione tra elevata anzianità nell’associazionismo e basso degree di competenze. Una più ampia concentrazione a parità di basso degree di competenze viene rintracciata nel quadrante in basso a sinistra. Ciò indica dei percorsi di miglioramento nonché di una consapevolezza circa le proprie competenze in divenire per quei leader di associazione con un livello di esperienza inferiore agli 11 anni circa. Le osservazioni prossime al valore 100% nel degree di competenze sono per lo più riferite a leader di genere femminile. Infine, come osservato anche in precedenza risulta interessante osservare il ruolo che l’età riveste nel possesso di competenze. La figura 14 a tal fine mostra tale relazione. Come già osservato per il degree di leadership anche nel caso delle competenze l’età non sembra giocare un ruolo particolarmente rilevante. Osservando gli estremi relativi ai degree di competenze osserviamo come all’estremo minimo (intorno a 60%) le osservazioni si muovono in un range di età compreso tra i 30 e i 60 anni. Nell’estremo massimo di degree di competenze (intorno al 100%), le osservazioni si muovono in un range di età più elevato, ovvero tra i 40 e gli 80 anni circa. 40
Figura 13 - Degree competenze, tenure associazionismo - genere
Figura 14: Degree competenze, età
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Figura 15 - degree leadership e degree competenze, livello associazione
Ciò indica seppure in maniera lieve il percorso di sviluppo nel possesso di competenze ad opera dei leader di associazione. Rispetto alle caratteristiche delle associazioni appare rilevante la portata che esse hanno, se nazionale o regionale. A tal fine risulta interessante analizzare come il rapporto tra degree di leadership e degree di competenze subisca delle modifiche sulla base del livello delle associazioni. La figura 15 mostra tale relazione. Rispetto a tratti di leadership e competenze possedute è possibile notare come i leader delle associazioni censite si collochino nella porzione alto-destra della figura, indicando elevati punteggi in entrambi i degree. Interessante notare come il leader di associazione con i livelli più bassi nelle dimensioni oggetto di analisi appartenga ad una associazione di livello nazionale, mentre l’associazione con i punteggi più elevati è di livello regionale. L’ultima dimensione rilevata nel questionario, relativa al saper fare, misura il possesso di skills tecniche. Come già osservato per le precedenti dimensioni, leadership e competenze, anche per le skills è possibile osservare in un quadro di insieme il grado di presenza delle stesse nei rispondenti. La figura 16 permette di osservare come in generale il livello di possesso di skills tecniche è relativamente basso mostrando ampi spazi di miglioramento, specie per alcune skills quali ad esempio le tecniche di fundraising. Le skills su cui i rispondenti mostrano maggiori livelli di confidenza sono le 42
Figura 16 - Skills tecniche rilevate - valore medio
conoscenze informatiche, le conoscenze manageriali, le tecniche relazionali, l’utilizzo di social e infine la gestione dei progetti. Anche nel caso delle skills tecniche è stata calcolata una misura individuale standardizzata, denominata degree skills, espressa in valore percentuale rispetto ad un massimo ideale (punteggio 5 a tutte le domande). Tale indicatore è stato utilizzato per la costruzione di analisi di correlazione con le dimensioni anagrafiche più significative nonché con gli altri degree calcolati per il possesso di caratteristiche di leadership e competenze. Il grafico proposto in Figura 17 mostra la correlazione tra la tenure nell’associazionismo e il degree di skills tecniche possedute, codificato per area patologica di appartenenza. È possibile osservare come una vasta fetta di intervistati abbiano dichiarato di non possedere skills tecniche, indipendentemente dalla loro anzianità nel mondo dell’associazionismo. Le due aree patologiche di appartenenza in cui si osservano maggiori livelli di degree di skills tecniche sono relative all’area di assistenza/ formazione e patologie del sistema immunitario. Tutte e due queste osservazioni si attestano nel quadrante in alto a destra in cui sono posizionati i leader di associazione con una tenure superiore al valore mediano. Il grafico proposto in Figura 18 aggiunge dettagli a quanto sopra individua43
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Figura 17 - Degreeskills tecniche, tenure associazionismo - area patologica
to, andando a specificare i ruoli ricoperti dai leader di associazione mappati sulla base della correlazione tra degree skills tecniche e tenure nell’associazionismo. Come si evince dalla figura di sopra proposta, vasta parte dei rispondenti che hanno indicato un livello di degree di skills prossimo allo 0% sono Presidenti di associazione. D’altro canto tuttavia un elevato numero di presidenti di associazione sono presenti nei due quadranti di destra che indicano un elevato degree di skills tecniche. I due rispodenti con il più alto degree di skills teniche sono codificati come attivista e presidente, con una tenure per entrambi al di sopra del valore mediano. Venendo al ruolo che il genere esercita nella correlazione tra le due variabili in esame, la Figura 19 ne mostra le specificità. Dalla figura si evince come nel quadrante in basso a sinistra siano collocate prevalentemente leader di associazione di genere femminile, che presentano basso degree di skills correlato con una bassa tenure, segnale di un processo in divenire. Tra i leader di associazione con una bassa tenure nell’associazionismo ed un elevato degree di skills tecniche risalta una maggiore concentrazione di rispondenti di genere maschile (quadrante basso destra). Relativamente alla correlazione tra età dei rispondenti e degree di skills tecniche, dalla Figura 20 si evince come essa non sia un fattore determinante. 44
Figura 18 - Degree skills tecniche, tenure associazionismo - ruolo
Figura 19 - Degree skills tecniche, tenure associazionismo - genere
Sia i livelli più alti e più bassi di degree di skills tecniche sono distribuiti sia al di sopra che al di sotto della mediana dell’età (55 anni). Ulteriori analisi sulle dimensioni di ledership, competenze e skills tecniche sono state svolte al fine di verificare come il titolo di studio dei rispondenti impatti su di esse. Dalla figura 21 si evince come sia il degree di competenze (linea rossa) che il degree di skills tecniche (linea verde) sono inversamente proporzionali al titolo di studio conseguito. Entrambe le suddette linee 45
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Figura 20 - Degree skills tecniche - età
infatti decrescono al crescere del livello di istruzione. Per quanto attiene la linea azzurra, relativa al degree di leadership, il valore più alto è stato dichiarato dai rispondenti in possesso di diploma universitario. Un approccio similare è stato seguito per mappare come la formazione o l’addestramento effettuati nel contesto lavorativo siano determinanti per i livelli di degree di leadership, competenze e skills tecniche. La figura 22 esplicita tale relazione. Come è possibile apprezzare dalla Figura sovrastante le skills tecniche aumentano in corrispondenza della partecipazione ad attività di addestramento, tipicamente utilizzato come strumento di implementazione del saper fare. Le competenze (linea rossa) aumentano in corrispondenza delle attività di formazione che di consueto si impiegano per incrementare i saperi. Il degree di leadership non viene maturato attraverso la formazione quanto piuttosto attraverso l’addestramento, segnale di un apprendimento per osservazione e affiancamento. Modello di competenze Le analisi successivamente svolte hanno riguardato la sistematizzazione delle descrizioni fornite dagli intervistati circa il proprio modello di competenze. In particolare,nella sezione 4 del questionario è stato chiesto di illustrare 46
Figura 21 - Titolo di studio e presenza degree
Figura 22 - Addestramento, formazione e presenza degree
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tramite risposta aperta gli obiettivi assegnati, le relazioni interne ed esterne, le condizioni ambientali di lavoro, i principali compiti da svolgere, i livelli di autonomia e responsabilità, gli strumenti di lavoro. Le risposte fornite sono state analizzate attraverso l’analisi testuale resa possibile tramite l’impiego del software NVivo 12, finalizzata a misurare la frequenza con cui parole vengono impiegate nelle descrizioni fornite. Più grande è il carattere con cui le parole appaiono scritte all’interno della “nuvola”, maggiore è la frequenza con cui sono state impiegate. Le figure che seguono mostrano i risultati ottenuti. La prima descrizione, relativa agli obiettivi assegnati e presentata in Figura 23, mostra che le parole utilizzate con maggiore frequenza sono PARTECIPAZIONE, TAVOLI, LAVORO, PAZIENTI, ASSOCIATI. Corredano lo scenario parole in carattere più piccolo ma comunque indicante una buona frequenza parole quali PERSONE, RICERCA. Rispetto alla seconda descrizione richiesta relativa alle relazioni interne ed esterne, la Figura 24 mostra quanto segue. I principali interlocutori nelle relazioni riguardano il CONSIGLIO DIRETTIVO, le ASSOCIAZIONI, le ISTITUZIONI, ma anche PAZIENTI, PRESIDENTI e VOLONTARI. Le condizioni ambientali di lavoro, in cui si chiedeva ai rispondenti di descrivere il livello di sicurezza in cui si trovano ad esercitare il loro ruolo di leader di associazioni di pazienti rivela, come si evince dalla Figura 25, che con forza i rispondenti non riconoscono rischi per la salute, sebbene appaia come utilizzato con una certa frequenza il termine BURNOUT. Nella descrizione dei principali compiti da svolgere i leader di associazione intervistati utilizzano con una frequenza più elevata termini quali ATTIVITÀ, PAZIENTI, PARTECIPAZIONE, ORGANIZZAZIONE, FORMAZIONE, EVENTI, CONVEGNI, GESTIONE, PROGETTI. Come evidenziato dalla Figura 26. I livelli di autonomia e responsabilità descritti dai rispondenti e i cui risultati sono presentati in Figura 27, evidenziano una elevata frequenza nell’utilizzo di parole quali AUTONOMIA, RESPONSABILITÀ, COMPLETA, DIRETTIVO, ASSOCIAZIONE. Infine, nella descrizione degli strumenti di lavoro gli intervistati dichiarano di utilizzare con maggiore frequenza, e ciò lo deduciamo dalla grandezza dei termini all’interno della “nuvola”, strumenti quali: SOCIAL, COMPUTER, CELLULARE, INTERNET, SMARTPHONE, FACEBOOK, NEWSLETTER. 48
Figura 23 - Obiettivi assegnati
Figura 24 - Relazioni interne ed esterne
Figura 25 - Condizioni ambientali di lavoro
Figura 26 - Principali attività da svolgere
Figura 27 - Livelli autonomia e responsabilità
Figura 28 - Strumenti di lavoro
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Profilo di leadership La sezione 3 del questionario relativa al profilo di leadership è stata analizzata attraverso l’impiego di analisi fattoriale, condotta attraverso il software SPSS, al fine di identificare i tratti emergenti dei leader di associazione di pazienti. Nella costruzione dei fattori sono stati inseriti solo quegli item che presentano valori di saturazione superiori a .40. Ogni fattore che identificheremo include almeno due variabili con valori di saturazione superiori a .60. Come affermato dalla letteratura i nomi dei fattori sono stati assegnati dal gruppo di ricerca. I fattori che delineano i tratti dei leader di associazione di pazienti sono: • Attenzione al gruppo; • Orientamento al compito; • Empowerment collaboratori; • Chiarezza; • Bassa autoefficacia. Le tabelle che seguono mostrano gli item e i valori di saturazione risultanti. Nel fattore Attenzione al gruppo sono stati ricondotti dal software gli item che spiegano in che modo il leader di associazione si prende cura, motiva e rispetta i propri collaboratori. La tabella 2 presenta invece gli item relativi al fattore Orientamento al compito. In questo fattore sono ricompresi gli item che concernono le operazioni logiche e operative, nonché le strategie mentali che mantengono focalizzato l’orientamento verso i task assegnati e che ne consentono il perseguimento. La tabella 3 presenta gli item relativi al fattore Empowerment dei collaboratori. In tale fattore sono presenti gli item che illustrano come i leader delle associazioni delegano responsabilità e autonomia ai propri collaboratori, mostrando altresì fiducia e apertura verso i loro consigli e suggerimenti. All’interno del fattore denominato Chiarezza, i cui item sono riportati in tabella 4, si identificano quelle affermazioni che portano a identificare nei leader di associazione l’attenzione posta alla esplicitazione di ruoli, responsabilità e priorità. L’ultimo item, con un fattore di saturazione al limite dell’accettabilità pone effettivamente una nota distonica rispetto ai primi due maggiormente saturi e dunque più significativi ai fini dell’identificazione del fattore. 50
Tabella 1 - Fattore attenzione al gruppo Mantengo sempre la parola Mantengo le promesse Dò incoraggiamenti Incoraggio cooperazione nel gruppo Presto attenzione ai bisogni dei collaboratori Mi prendo cura dei miei collaboratori Mi prendo del tempo per parlare di emozioni con collaboratori
0,860 0,854 0,681 0,652 0,646 0,532 0,436
Tabella 2 - Fattore orientamento al compito Lavoro tramite specifici obiettivi Prima di svolgere un compito lo visualizzo Mantengo traccia del mio lavoro
0,808 0,787 0,777
Stabilisco obiettivi rispetto al mio rendimento individuale Valuto esattezza dei miei pensieri se in difficoltà Sono confidente rispetto al successo che merito Disegno una performance di successo prima di agire Porto a compimento i miei obiettivi
0,734 0,572 0,542 0,541 0,428
Tabella 3 - Fattore Empowerment collaboratori Delego responsabilità sfidanti a colleghi e collaboratori Permetto a colleghi di influenzare decisioni strategiche Ascolto consigli colleghi e collaboratori riguardo la strategia Accolgo suggerimenti e riconsidero decisioni in base ad essi
0,782 0,746 0,727 0,557
Tabella 4 - Fattore Chiarezza Chiarifico ruoli e responsabilità Chiarifico le priorità Incoraggio a pensare in modo nuovo
0,822 0,703 0,414
Tabella 5 - Fattore bassa auto-efficacia Se fallisco mi sento inutile Ho dubbi sulle mie competenze Qualche volta non riesco ad avere controllo sul lavoro
0,792 0,696 0,693
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Infine l’ultimo fattore, identificato come bassa autoefficacia identifica la sensazione di inadeguatezza e di scarso controllo sulle proprie attività avvertito dai leader di associazione. I tratti dei leader si manifestano in maniera operativa attraverso la formulazione delle mission delle associazioni. La mission indica la formulazione degli obiettivi ufficiali riferiti alle dichiarazioni formali circa gli ambiti di azione e i risultati che l’organizzazione cerca di raggiungere (Daft, 2019). Essa, come si diceva, appare in stretta relazione con la visione e il comportamento del gruppo dirigente (Kreitner e Kinicki, 2004). I discorsi manifesti e accettati che vengono appositamente creati e fatti circolare dai leader con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza all’organizzazione, sviluppare il consenso, stimolare la solidarietà tra i lavoratori, ma anche per chiarire e legittimare le scelte strategiche dell’organizzazione risentono inevitabilmente delle caratteristiche di chi li formula.Su tale scorta risulta interessante osservare come i tratti dei leader penetrano nella mission delle associazioni di pazienti e dunque come giungono agli interlocutori esterni siano essi pazienti, altre associazioni o istituzioni. I dati secondari rappresentati dalle mission contenute nei siti web delle associazioni sono stati ricondotti ai tratti di leadership emergenti dall’analisi fattoriale di sopra riportata. Successivamente tramite l’impiego del software NVIvo 12, perogni tratto sono state evidenziate le parole e la loro frequenza di impiego nelle mission. I grafici che seguono mostrano i risultati di tale procedura. La figura 29 indica le parole impiegate nelle mission per esplicitare il tratto di attenzione al gruppo. La grandezza nei caratteri con cui le parole si presentano nella “nuvola” indicano come termini quali: COLLABORAZIONE, ASSOCIAZIONE, VOLONTARI, OPERATORI, FAMIGLIE, PAZIENTE vengono utilizzati di frequente nelle mission. Il concetto di attenzione al gruppo richiama un coinvolgimento non solo all’interno dell’associazione (volontari, paziente, operatore), ma apre la strada a concetti di collaborazione con altre associazioni e con le famiglie. Rispetto al tratto di orientamento al compito i leader delle associazioni dichiarano attraverso le mission i seguenti concetti, ravvisabili in Figura 30: PROMUOVERE, PERSONE, INFORMAZIONI, RICERCA, MIGLIORARE, PREVENZIONE, QUALITÀ. Gli obiettivi e le strategie che i leader di associazioni costruiscono trovano dunque espressione nel raggiungimento di questi task finalizzati al verificarsi di un impatto positivo sui pazienti e sulla società in generale. 52
Figura 29 - Attenzione al gruppo
Figura 30 - Orientamento al compito
Figura 31 - Empowerment collaboratori
Figura 32 - Chiarezza
Figura 33 -Auto-efficacia
Figura 34 - Empatia
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Il terzo tratto emergente dall’analisi fattoriale riguarda l’empowerment dei collaboratori. Nelle mission questo concetto è presente e si esplicita attraverso l’utilizzo di termini quali FORMAZIONE, PROMUOVERE, STUDIO, VOLONTARI, ATTIVITÀ, RICERCA. Come evidenziato in figura 31 queste parole sono impiegate con maggiore frequenza. Il tratto della chiarezza, nella esplicitazione di scopi, obiettivi e priorità viene comunicato tramite le mission prevalentemente tramite l’eplicitazione dell’esistenza di un COMITATO SCIENTIFICO, come si evince dalla Figura 32. Il tratto della bassa auto efficacia non trova corrispondenza nelle mission delle associazioni dove al contrario se ne rileva un livello elevato. Come evidenziato nella figura 33 nelle mission sono molte le parole e le espressioni che fanno percepire come le associazioni di pazienti sentono di essere in grado di operare, cambiare, aiutare. Lo rileviamo ad esempio tramite l’utilizzo di termini quali: DIVENTARE, ESSERE, CENTRI, RIFERIMENTO, PAZIENTI, MALATI, PERSONE, CANCRO. Infine dall’analisi delle mission delle associazioni emerge un ulteriore “nodo concettuale” relativo all’empatia. Come evidenziato in Figura 34 esso si esplica tramite l’utilizzo di termini quali MALATTIA, PERSONE, FAMIGLIE, SOSTEGNO, SOLIDARIETÀ. Analisi delle relazioni Come anticipato in apertura all’interno del questionario è stata inserita la rilevazione delle relazioni tra associazioni di pazienti, al fine di mappare il network attraverso lo strumento della Social Network Analysis. In linea con i principali studi di network (Mehra, Kilduff& Brass,2001), I dati sono stati raccolti attraverso il questionario. All’interno dello strumento è stato inserito come di consueto un “generatore di nomi” ovvero una domanda in cui ogni associazione è stata invitata a nominare “altre associazioni con cui si è interagito/ collaborato, negli ultimi 12 mesi”. Questa scelta è stata guidata dalla volontà di lasciare ciascun rispondente libero di rispondere. I dati riferiti al network sono stati analizzati attraverso il software UCINET (Borgatti et al., 2002). La Figura 35 mostra il network risultante dall’analisi. L’analisi evidenzia l’esistenza di un grande network con al centro una specifica funzione di brokerage da parte dell’associazione numero 67. Sulla sinistra della figura sono evidenziate circa 30 associazioni del tutto isolate dalle altre. Al centro della figura si trovano alcuni micro cluster com54
Figura 35 - Network associazioni di pazienti
Colori
Colori
Figura 36 - Collaborazione con associazioni e degree
Area Terapeutica Assistenza/formazione Autismo Cardiologico Dermatologia Diabete Ematologia Gastroenterologia Malattie Genetiche Rare Malattie Atopiche Nefrologia Neurologia Oncologia Patologie Cerebrali Patologie immunologiche Reumatologia Sistema Linfatico Respiratorio Trapianti
Colori
Area Terapeutica Assistenza/formazione Autismo Cardiologico Dermatologia Diabete Ematologia Gastroenterologia Malattie Genetiche Rare Area Terapeutica Malattie Atopiche Assistenza/formazione Nefrologia Neurologia Autismo Oncologia Cardiologico Patologie Cerebrali Dermatologia Patologie Diabete immunologiche Ematologia Reumatologia Gastroenterologia Sistema Malattie Linfatico Genetiche Respiratorio Rare Trapianti Malattie Atopiche Nefrologia Neurologia Oncologia Patologie Cerebrali Patologie immunologiche Reumatologia Sistema Linfatico Respiratorio Trapianti
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Figura 37 - Collaborazione con associazioni e degree
Figura 38 - Collaborazione con associazioni
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prendenti non più di 3-4 associazioni. La densità del network appare molto bassa, intorno allo 0.013, con un basso numero di legami tracciati, circa 155 in totale. Molte associazioni appaiono legate sulla scorta dell’area patologica di appartenenza. I leader di associazioni tuttavia non hanno piena consapevolezza circa la scarsità di legami caratterizzanti il proprio network affermando, in circa 56 casi di aver sviluppato relazioni esterne. La collaborazione con altre associazioni è ad ogni modo legata ad un livello più elevato in termini di degree di leadership e di competenze, testimoniato dalla maggiore concentrazione di sfere rosse nel quadrante in alto a destra. Le associazioni con i più bassi livelli di degree di leadership e competenze dichiarano di non avere collaborazioni con altre associazioni, come evidenziato in Figura 36. Nella relazione tra degree di skills e competenze (Figura 37) e tra degree di leadership e degree di skills tecniche (Figura 38), il ruolo della collaborazione con altre associazioni non appare quale fattore determinante.
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CAPITOLO IV La discussione sui risultati e i trend emergenti
I dati che emergono dalla Survey sono numerosi ed alcuni meriterebbero ulteriori approfondimenti che PAL farà nel corso delle sue attività di ricerca. È possibile però rilevare alcuni trend verso cui ci orientano le informazioni raccolte, riconducibili a 10 milestones di seguito elencate e discusse analiticamente. 1. Una leadership al femminile 2. Il valore dell’esperienza 3. Addestramento vs formazione 4. Una opinione di sé in contrapposizione con le competenze e l’efficacia 5. Criticità nello sviluppo delle relazioni esterne 6. I nuovi leader e l’ambizione di conoscenze 7. Competenze più elevate a livello regionale 8. Fabbisogno di skills tecniche 9. Partecipazione, tavoli, direttivo, associazioni, collaborazione, empatia, persone: una visione plurale 10. Legami scarsi, network fragile 1. Una leadership al femminile I dati anagrafici mostrano che il 68,4 % dei rispondenti, prevalentemente composti da dirigenti dell’organizzazione, sono donne, in linea con quanto accade nel più ampio panorama del non profit dove circa il 71% (Istat, 2018) della forza lavoro è costituita da donne. Nonostante ciò la correlazione con le posizioni di “comando” appare ancora labile. Nel terzo settore infatti la leadership femminile è fortemente minoritaria tanto che solo una posizione apicale su quattro è ricoperta da donne (Il Sole 24ore, 2016), così come confermato anche dai dati Istat. A margine di ciò tuttavia una leadership tutta al femminile è senza dubbio rintracciabile all’interno di quelle associazioni 59
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che si occupano di problematiche legate alla condizione della donna, quali violenza domestica e femminicidio. Questi dati indicano che nel mondo dell’associazionismo dei pazienti siamo di fronte ad un fenomeno in controtendenza. Non sappiamo se sia nuovo in quanto non abbiamo dati di ricerche precedenti ma sicuramente assistiamo all’emersione di un universo di esperienze, di storie, di iniziative e di battaglie sociali che hanno una impronta femminile. Su questa distribuzione percentuale così elevata potrebbe aver inciso la composizione delle associazioni rispondenti, provenienti in larga parte dal mondo oncologico (circa il 26%). Tale area patologica è sfortunatamente crescente e di conseguenza maggiormente rappresentata anche a causa del proliferare di tumori femminili. La notizia positiva in questo scenario è legata al ruolo importante e preponderante delle donne nelle attività di difesa della salute e dei diritti ad essa collegati. Nel settore dell’advocacy dunque il famoso “soffitto di cristallo” che impedisce alle donne di emergere non solo si è incrinato ma addirittura si è infranto. Restano da discutere motivazioni e implicazioni di questo nuovo paradigma di leader. Accanto al genere, altre caratteristiche che emergono dai dati riguardano le informazioni anagrafiche e di stato civile delle rispondenti, con una età media pari a 50 anni, per lo più conviventi e con figli. Il profilo della leader donna di associazione è quello di una persona che bilancia il suo tempo tra impegni quotidiani e miglioramento della condizione delle persone affette da uno stato patologico. Sebbene non siamo in possesso del dato relativo al loro status di malate, siamo a conoscenza della loro funzione come caregiver, presente solo nel 48% dei casi. Ciò vale a dire che una quota pari al 62% non ricopre il ruolo di leader di associazione perché dedita alla cura di un malato nella vita privata, ma piuttosto probabilmente per un interesse e una vocazione che vanno al di là dell’esigenza. Altro dato degno di nota emergente dall’analisi delle caratteristiche demografiche dei leader delle associazioni è il titolo di studio. Con un 57,9% dei rispondenti in possesso di una laurea, lo scenario identifica interlocutori con a disposizione un bagaglio di conoscenze specifico ed elevato. 2. Il valore dell’esperienza Analizzando il profilo di leader si osservano elevati punteggi relativi all’autoconsapevolezza, quali empatia, coinvolgimento del team, chiarezza, ac60
countability ed empowerment. Ne emerge un quadro in cui le doti personali e l’esperienza hanno un peso non indifferente. Inoltre presentano punteggi molto alti l’impatto e l’influenza nell’associazione, la capacità di costruire partnership, come quella di fidelizzare i soci. Questi punteggi salgono via via che aumenta la tenure nell’organizzazione, che va di pari passo con l’esperienza. I valori prevalenti riguardano l’impegno in contatti personali, l’attenzione ai collaboratori, l’ascolto, il mantenere la parola data, la gestione del gruppo, la collaborazione. È interessante notare anche come proprio alcuni di tali valori coincidano con quelli messi in luce negli studi che analizzano la leadership femminile. Sharon Hadary (Hadary, 2016), ricercatrice e scrittrice di grande esperienza sul tema, e Laura Henderson, al termine di una approfondita indagine sul campo, scaturita nel testo: “How Women Lead” individuano i sei punti di forza che caratterizzano lo stile di comando delle donne e che rappresentano la loro caratteristica vincente. 1. Per le donne leader, prima di tutto ci sono i valori 2. Le donne leader sono olistiche e multiformi 3. Caratteristiche principali delle donne leader: comprensione e collaborazione 4. Le donne leader sanno ascoltare 5. Le donne leader sanno creare condivisione 6. Le donne leader sanno valorizzare i propri collaboratori Un’ esperienza dunque che si rifà ad alcune competenze ritenute vincenti per condurre una organizzazione. Tali competenze inoltre risultano presenti anche per quel 36% di leader che appartengono al genere maschile. Essi infatti forniscono risposte del tutto sovrapponibili a quelle già discusse per le donne. Sembrerebbe quindi che questa scala di comportamenti sia diventata un tratto distintivo dell’associazionismo dedicato all’advocacy, sia che sia guidato da donne o che veda uomini in posizioni di responsabilità. Le esperienze condotte dalle associazioni dei cittadini e di pazienti sono spesso eccezionali per i risultati che riescono ad ottenere. Nel mese di settembre 2019 per la prima volta l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha incluso le patologie rare in una dichiarazione politica, sulla copertura sanitaria universale (UHC), adottata da tutti i 193 Stati membri, durante l’assemblea generale ONU in corso a New York. Questo risultato, è stato raggiunto grazie al lungo impegno di EURORDIS-Rare Diseases Europa, del 61
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Consiglio Internazionale delle Malattie Rare (RDI) e del comitato delle ONG per le malattie rare. Ma come ci sono arrivate? Quale esperienza di relazioni, di condivisione con i collaboratori, di programmazione strategica hanno costruito? Per poter dare una risposta a questi interrogativi sarebbe estremamente importante che le organizzazioni promotrici trasformassero questo grande successo in un sapere formalizzato, ricostruendo tappe, risorse, strategie adottate per arrivare alle Nazioni Unite. L’esperienza non basta se non diventa competenza formalizzata e trasmissibile. Uno dei fini che si pone il PAL è esattamente questo: aiutare le associazioni e trasformare l’esperienza in competenza trasmissibile e replicabile. Per tale ragione ALTEMS sta lavorando sulla promozione di “community of practices” quali ambienti favorevoli alla crescita delle organizzazioni e di condivisione delle esperienze di successo. Nel caso delle associazioni dei pazienti ciò costituirebbe un passo importante per condividere i“saperi”maturati attraverso la pratica. 3. Addestramento vs formazione L’universo delle associazioni dei pazienti è costellato di iniziative: convegni, corsi, premi, fiere, campi scuola, cui le associazioni prendono parte più o meno attivamente anche in relazione alle opportunità di apprendere nuovi saperi e competenze specie quando esse riguardano le aree patologiche di diretto interesse. Nonostante l’apprezzabile valore di queste iniziative informative, esse rappresentano una forma di apprendimento debole, caratterizzato cioè da una forte e a volte esclusiva applicabilità ad un contesto abbastanza circoscritto e limitato. Ne sono alcuni esempi la gestione della patologia, l’empowerment del paziente nell’uso dei dispositivi, le innovazioni cliniche, l’uso del web e dei social, le relazioni istituzionali, le nuove disposizioni normative e così via. L’addestramento risulta una attività sicuramente positiva e ricca di opportunità di conoscenza, da incentivare anche come occasione di incontro con altri soggetti, quali diverse organizzazioni dei pazienti, medici, esperti, amministratori. Se però tale attività è volta a far fare un salto di qualità decisivo alle associazioni è necessario costruire percorsi formativi integrati, dove le persone siano messe in grado di misurarsi e fare propri stili e attitudini comportamentali legati al ruolo di manager che devono incarnare, con un mix di competenze che da una parte conservino il valore di una leadership civica, costruita sulla esperienza, dall’altra la completino negli aspetti carenti della professionalità necessaria. 62
Dalla survey emerge che solo una porzione limitata di rispondenti hanno preso parte ad iniziative formative vere e proprie, caratterizzate da un apprendimento forte in quanto esportabile ed applicabile in molteplici contesti. Infine esiste una fetta di associazioni (circa il 40%) che ha dichiarato nella survey di non aver mai partecipato né ad iniziative di addestramento, né tantomeno di formazione. 4. Una opinione di sé in contrapposizione con le competenze e l’efficacia I rispondenti alla Survey sono piuttosto confidenti riguardo alla qualità del proprio profilo di leadership, e questo a prescindere dall’anzianità nel ruolo e dall’età anagrafica. Autocontrollo, capacità di definire gli obiettivi, fare rete, costruire partnership e molti altri fattori presentano punteggi molto alti. Ad una prima lettura sembrerebbe di trovarsi di fronte a persone altamente auto-efficaci, con una notevole concezione di sè. In realtà una più attenta lettura aiuta a comprendere come ci si trovi di fronte ad un tratto differente, tipico di chi incarna una funzione di “guida”. Secondo Daniel Goleman (Goleman, 2003) unadelle caratteristiche portanti di un leader è l’intelligenza emotiva. In base almodello sviluppato dallo studioso, il successo di un leader dipende non solo da cosa fa, ma anche da come lo fa e quindi dalla sua capacità di ispirare e di guidare le emozioni. Per Goleman le competenze correlate all’ intelligenza emotiva sono la “selfawarness” da intendersi come la consapevolezza delle proprie emozioni, una accurata opinione di sè e la fiducia in se stessi, accompagnata dalla capacità di self management (autocontrollo, trasparenza, adattabilità, orientamento al risultato, iniziativa e ottimismo), di “social-awareness (empatia, consapevolezza organizzativa), e di “relationship management” (ispirazione, capacità di influenzare, catalizzare il cambiamento, gestire i conflitti, lavoro di squadra e collaborazione). Tali definizioni aiutano a capire quanto sia importante per un leader, anche di una associazione dei pazienti, guidare le proprie emozioni e accrescere la propria autostima, tratti che si rintracciano anche nel nostro campione. Tuttavia i risultati dell’indagine mostrano anche un’altra faccia della medaglia che rende il profilo del leader di associazione di cittadini e pazienti più complesso e sfidante da analizzare e comprendere. Come abbiamo visto nell’ambito dell’analisi fattoriale, le variabili latenti che compongono il profilo del leader sono: attenzione al gruppo, orientamento al compito, compimento degli obiettivi, empowerment dei collaboratori e chiarezza, tutti fat63
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tori positivi tranne l’ultimo emergente identificabile alla stregua di un senso di “bassa auto-efficacia”. Tale variabile composta da affermazioni quali: “se fallisco mi sento inutile”, “ho dubbi sulle mie competenze”, “qualche volta non riesco ad avere il controllo del lavoro” identificano una bassa fiducia nelle proprie capacità. Tale evidenza, in netto contrasto con l’opinione che i leader della associazioni hanno di sé stessi, può tuttavia essere considerata fisiologica in quei soggetti con una alta self awarness, che ricomprende la presenza di consapevolezza circa i propri limiti. Ciò costituisce un input ad individuare con maggiore precisione dove e in quali situazioni i leader di associazione si percepiscano poco efficaci e poco competenti. Nel complesso, seguendo la teoria e la classificazione di Goleman, i rispondenti delle associazioni godono di buona salute manageriale perché, pur vivendo momenti di incertezza e di senso di inefficacia, sono sostanzialmente leader consapevoli del loro ruolo e delle loro responsabilità. 5. Criticità nello sviluppo delle relazioni esterne Tra le competenze “deboli”, come dichiarato dai rispondenti, si annoverano lo scarso impatto e capacità di influenza nelle relazioni esterne, sia che si tratti di relazioni istituzionali, sia che si parli di rapporti con altre organizzazioni, questione a cui verrà dedicato spazio in seguito. Le difficoltà di rapporti con le istituzioni rappresentano un nodo più volte sottolineato dalle associazioni e allo stesso tempo una delle sfide con le quali misurarsi prioritariamente. È ancora debole l’approccio culturale e organizzativo orientato a dare spazio ad un dialogo con le associazioni dei pazienti. L’Italia si è dotata, anche grazie all’attivismo dei cittadini, di un ampio patrimonio legislativo in tema di partecipazione. A partire dal Decreto Legislativo 502/1992 contenente un Titolo su “Partecipazione e tutela dei diritti” fino ad arrivare al più recente Piano nazionale sulle cronicità, che in più parti richiama la necessità di un coinvolgimento dei pazienti e delle loro organizzazioni come elemento essenziale per l’attuazione del dispositivo. Lo stesso hanno fatto le Regioni con provvedimenti ad hoc o inserendo strumenti di interlocuzione e partecipazione nei loro Piani sanitari. Eppure allo spirito e alla lettera delle leggi non sempre è corrisposta una attuazione concreta e corretta. La “Consultazione sulla partecipazione civica in sanità” (Cittadinanzattiva, 2019), progetto realizzato da Cittadinanzattiva tra il 2018 e il 2019, mette in guardia da alcuni fattori critici che impediscono la effettività del coinvolgi64
mento, qui sintetizzati: 1. Molte previsioni contenute nelle norme, anche stringenti e di alto profilo, sono dichiarazioni di principio 2. Molti istituti e strumenti di partecipazione prevedono norme regolatrici burocratizzanti con troppe previsioni di organi e di procedure, mentre altri provvedimenti privilegiano una lista di operazioni pre-impostata 3. Vi è scarsa integrazione fra modalità di coinvolgimento più tradizionali e modalità di coinvolgimento on line 4. La ricostruzione dei momenti partecipativi è spesso complicata e legata alla memoria di chi era presente personalmente 5. Manca una valutazione sugli output dei processi di partecipazione e non sembra essere praticata quasi in nessun casouna valutazione degli outcomes Al fine di misurare e controllare la qualità del coinvolgimento, Cittadinanzattiva propone una matrice, riportata a pagina 66. Al fine di incrementare la capacità di impatto delle associazioni nelle relazioni con le istituzioni tale matrice può essere utilizzata come strumento per misurare i punti di forza e di debolezza nel sistema di relazioni. Si forniscono alcuni esempi per la comprensione del funzionamento della matrice: • Qualità dei meeting: la qualità di un incontro è data dal tipo di output che produce. Se ad esempio non avviene alcun tipo di verbalizzazione dei contenuti discussi la qualità è bassa. • Coinvolgimento delle associazioni: se il coinvolgimento delle associazioni è garantito da criteri oggettivi e codificati, come sperimentato in EMA , e non sulla base di scelte casuali e arbitrarie, la qualità aumenta. Da questi elementi emerge fortemente come la debolezza nelle relazioni esterne non costituisce un aspetto marginale, ma piuttosto rappresenta un elemento chiave nella definizione del profilo di ruolo, legato alle competenze manageriali e relazionali. 6. I nuovi leader e l’ambizione di conoscenze Tra gli item dalla ricerca è stata inserita la tenure nell’organizzazione e nella carica di leader. I risultati indicano una lunga militanza nell’organizzazione (12 anni di media) e un mantenimento nella carica abbastanza stabile (9 anni di media). Ciò combacia con una generale manifestazione di difficoltà da parte dei Presidenti nel garantire un adeguato ricambio e accanto a ciò un 65
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sostanziale desiderio di sostituzione e di scarico da questo tipo di responsabilità. Sicuramente, come in altri settori, esistono eccezioni, ovvero organizzazioni nelle quali la lunga permanenza nel ruolo è voluta da chi lo esercita e non piuttosto da difficoltà o impossibilità di sostituzione. Il tema interessa la ricerca e l’attività del PAL per almeno due motivi. Innanzitutto perché gli stessi dati dell’indagine ci indicano che una leadership più giovane, inferiore agli 11 anni, è più propensa a percorsi di miglioramento ed è maggiormente desiderosa di incrementare le proprie competenze. Esiste un dinamismo più forte in chi deve ancora dimostrare la propria capacità di leadership e misurarsi con le sfide che ha di fronte. Tuttavia questo fenomeno è scevro da correlazioni con l’età anagrafica risultando dunque totalmente da attribuirsi all’anzianità nell’esercizio del ruolo. Chi da più tempo ricopre questa posizione infatti ha (o ritiene di avere) maggiori competenze. Questo elemento rappresenta un vantaggio ma anche un limite legato ad una sorta di immobilismo nella organizzazione . In secondo luogo è interesse del PAL lavorare sugli strumenti che servono a favorire un processo di ricambio della leadership. Anche in questo caso entra in gioco la competenza. Si tratta infatti di acquisire la capacità strategica e manageriale di creare le condizioni per un turn-over dirigenziale. Per farlo si richiede un investimento sulle risorse umane, non solo nella veste di collaboratori ma anche come possibili successori. Ciò comporta la necessità di misurarsi con programmi a medio e lungo termine, di porsi i problemi della sostenibilità, di riuscire a coniugare conservazione delle competenze acquisite e apertura al nuovo (“ricambio con conservazione”), di porsi il problema della remunerazione o meno dei dirigenti. Si tratta di competenze che si possono senz’altro acquisire, ma che richiedono un investimento di risorse e di tempo, non sempre alla portata di chi gestisce una associazione. Il PAL, come momento di incontro e di scambio tra le associazioni, può e vuole diventare lo strumento utile a pensare a soluzioni innovative che sostengano i leader in tale lavoro. 7. Competenze più elevate a livello regionale I dati della Survey ci dicono che i leader delle associazioni di livello regionale hanno un livello di competenze superiori rispetto ai leader appartenenti ad associazioni di livello nazionale. Seppur si tratti in alcuni casi di differenze lievi, l’informazione che ne deriva è significativa. È sicuramente molto più difficile misurarsi con i problemi di un Paese che avere responsabilità per 67
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una quota di territorio più limitata. Gli interlocutori istituzionali aumentano passando dal livello regionale a quello nazionale o addirittura talvolta europeo, così come diviene più complessa la gestione interna dell’organizzazione. D’altra parte è interessante registrare la crescita delle leadership locali, che in situazione di regionalismo sempre più avanzato, rappresentano un interlocutore importante sia per i cittadini che per le istituzioni. È quindi fuor di dubbio che per supportare i leader delle associazioni dedite all’advocacy è necessario percorrere ambedue le direzioni. Ad esempio un’associazione impegnata ad ottenere nuove terapie per i tumori o il riconoscimento di una malattia rara, necessita del rafforzamento della propria dimensione nazionale. Così come la definizione degli investimenti per la salute nelle Leggi finanziarie annuali o le decisioni dell’agenzia regolatoria sulla introduzione di innovazioni farmaceutiche necessitano di una portata nazionale. Eppure le associazioni, pur denunciando quotidianamente le distorsioni di un federalismo diseguale, devono misurarsi quotidianamente con quanto avviene nei territori. Quindi una buona notizia che la ricerca ci restituisce è una maggiore attenzione alle competenze da parte delle leadership regionali, perché con buona probabilità è proprio a tale livello che si sono fatti maggiori passi in avanti nella interlocuzione e nella partecipazione civica. Ad esempio in alcune Regioni sono già attivi tavoli di confronto con le associazioni su temi quali PDTA, dispositivi, programmazione dei servizi territoriali, liste d’attesa, farmaceutica, in cui è necessario mostrare non tanto il possesso di competenze tecniche e specifiche sulla materia (farmaci biosimilari, dispositivi medici per i diabetici, centri di riferimento per le malattie rare, ecc), quanto piuttosto la presenza di un bagaglio di conoscenze manageriali e trasversali. La Survey parla infatti di capacità legate alla comprensione del contesto e di mappatura degli interlocutori, abilità negoziali, teambuilding, capacità di sviluppare alleanze e partnership, di saper raccogliere e usare i dati, di saper comunicare e motivare le persone, infine di fare un’analisi delle risorse necessarie ed acquisirle. L’esperienza in altri settori ci dice che possedere tali capacità aumenta la possibilità di ottenere buoni risultati nella gestione dei rapporti sia con i cittadini che con i diversi interlocutori e stakeholder. Il fatto che i rispondenti si siano dimostrati molto attenti a questi aspetti come caratteristici del loro profilo di leader, significa che li considerano dunque particolarmente importanti. Sotto questa prospettiva è possibile affermare che la strada intrapresa dal PAL nel campo della formazione è quella giusta, ma d’altra parte indica anche che non è sufficiente un lavoro a livello nazionale, senza la disseminazione della formazione manageriale al livello 68
regionale. Ne sono testimonianze le esperienze in corso presso la Regione Marche e (in stato embrionale) nella Regione Campania, in cui sono attivi i già citati processi di convenzionamento con l’Università cattolica del Sacro Cuore e con ALTEMS. 8. Fabbisogno di skills tecniche Mentre i punteggi sulle competenze manageriali e comportamentali sono molto alti, quando si passa a parlare delle skills tecniche essi si abbassano. Sebbene con livelli di variabilità tra gli intervistati, livelli più alti si riscontrano nelle conoscenze informatiche, nell’uso dei social, e nelle capacità progettuali. Le skills tecniche sembrano essere scarsamente influenzate dalla tenure nell’organizzazione e dall’anzianità, così come dalla posizione nell’associazione. I rispondenti di genere maschile appaiono in possesso di maggiori skills tecniche rispetto alle donne. In generale i punti più problematici sono il fundraising, la conoscenza delle lingue, la raccolta dati, il monitoraggio dei servizi, le competenze amministrative, segnale che esistono ampi spazi di miglioramento e di investimento negli anni a venire. Rispetto alle tempistiche alcune skills richiedono una certa celerità di apprendimento perché servono a misurare l’efficacia di una associazione. Si pensi ad esempio alla capacità di raccogliere dati a supporto dei propri obiettivi. Ormai si parla con una certa frequenza di Patient evidence (Nice, 2019), vale a dire dell’importanza di raccogliere e presentare dati che misurino l’impatto di determinati trattamenti sui pazienti e sulla loro qualità della vita. Nel campo dell’Health Tecnology Assessment ci sono esperienze significative di quanto la raccolta delle esperienze e delle evidenze dei pazienti possano incidere sul decision making delle amministrazioni sanitarie. A testimonianza di ciò si riporta l’estratto di un articolo di recente pubblicazione (Facey et at, 2019) che pone in evidenza l’importanza del Patient Involvement nella scelta delle terapie. L’articolo (riportato a pagina 70) presenta quattro casi nei quali il punto di vista dei pazienti e delle loro associazioni (Patient-based evidence) è stato determinante ai fini della scelta dei trattamenti. Il confronto tra l’esperienza scozzese del trattamento delle medicazioni antimicrobiche per il trattamento delle piaghe, quella canadese relativa alla cure per le apnee del sonno, l’esperienza inglese sull’uso di inibitori per il trattamento della spondilite anchilosante e l’esperienza brasiliana dove esiste un apparato legislativo in grado di formalizzare un tipo di modalità partecipativa alle scelte sanitarie. 69
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È quindi molto importante acquisire la capacità di fare propri gli strumenti di raccolta informazioni e di presentazione delle evidenze, messi a disposizione dalla Società internazionale di HTA (HTAi) tramite l’HTAi Interest Group for Patient and Citizen Involvement in HTA (PCIG) (HTAi, 2019), fondato nel 2005. Così come i materiali che sono stati predisposti da Eupati (Eupati, 2019) Le associazioni per converso conoscono bene l’utilità di determinate competenze tecniche. Si pensi all’uso di internet e dei social, delle app, degli strumenti informatici in genere. Prima della rivoluzione digitale le possibilità di comunicare con un ampio pubblico erano veramente limitate. Si potevano utilizzare i canali televisivi, i giornali, i messaggi di posta, la comunicazione vis a vis in occasioni pubbliche. Oggi, grazie al web le possibilità di comunicare sono pressoché illimitate, a costi bassissimi e con una platea notevole di persone. Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica del dipartimento di Salute Pubblica dell’IRCCS – Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” (Santoro, 2017) parla di 11 milioni e mezzo di italiani che usano internet per informarsi sulla salute. Lo stesso sito “Dove e come mi curo”, portale di Public Reporting (Doveecomemicuro, 2019), ha registrato 70
1,7 milioni di utenti unici solo nel mese di settembre 2019 di cui solo il 10% costituito da professionisti sanitari. Sono innumerevoli i blog in cui i pazienti comunicano scambiandosi esperienze sulla loro condizione, che sia il diabete o il fibroma uterino, una malattia reumatica o un problema pediatrico dei propri figli. La ricerca non aveva tra i suoi obbiettivi la valutazione della correttezza o meno delle informazioni diffuse. È però indubbio che avere tra le proprie skills la capacità di usare internet e soprattutto i social è diventata una priorità assoluta per le associazioni dei pazienti. La competenza che si richiede ad un leader di patient advocacy non è necessariamente quella di un blogger o di un webmaster. Diventa però difficile comunicare con il proprio pubblico se si rientra nella categoria degli analfabeti digitali. A tale esigenza si aggiunge la necessità di avere conoscenza dei progressi della sanità digitale, con le sue enormi possibilità di migliorare la qualità dei trattamenti sanitari e di semplificare la vita dei pazienti. La scelta da parte della ricerca di porre in evidenza questo tipo di skills è direttamente collegata al ruolo sempre più significativo che le organizzazioni dei cittadini potranno avere in questo ambito. Importanti sono a tale proposito le prime esperienze di coinvolgimento dei pazienti nella valutazione delle innovazioni digitali , come avviene nel Patient’s Digital Health Award (Pdha, 2019). 9. Partecipazione, tavoli, direttivo, associazioni, collaborazione, empatia: una visione plurale È esistito un tempo in cui il profilo dei leader delle associazioni dei pazienti era di tipo monocratico, non per propria volontà ma per le condizioni date e per la natura pioneristica dell’impegno. Figure eroiche, veri innovatori. Riproporre oggi modelli analoghi sarebbe anacronistico con il rischio di dare spazio ad eccessivi personalismi ed autoreferenzialità. Questo è quello che sembrano pensare coloro che hanno risposto al questionario della Survey. Dall’analisi testuale delle risposte al questionario fornite nell’ambito dedicato alla rilevazione delle competenze, emerge una visione plurale della leadership, con la ripetuta presenza di parole chiave come partecipazione, tavoli, direttivo, empatia, collaborazione. Le stesse informazioni risultano sia dall’analisi dei questionari, sia dalla lettura delle mission nei siti delle associazioni di riferimento. Tra gli obiettivi dell’organizzazione ci sono la partecipazione, assieme al lavoro, il rapporto con gli associati e i pazienti, la realizzazione di tavoli. Un insieme di finalità che richiedono un forte rapporto con le persone. L’impegno dei leader sembra essere principalmente quello 71
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di relazionarsi con gli altri per svolgere il proprio compito. Lo stesso risultato emerge dalle risposte alla domanda che chiede con chi ci si confronta di più. La parola che risulta essere dominante è Direttivo. Ciò dovrebbe significare che il governo dell’associazione è collegiale, democratico e che non si prendono decisioni prima di averle condivise con chi siede negli organismi dirigenti. Si tratta di un esempio di trasparenza e di visione plurale che le associazioni dovrebbero sottolineare con più forza anche nella definizione della loro mission. Il riferimento qui non è ai testi degli Statuti, i quali per legge (si pensi alle varie normative su associazionismo e volontariato, e al Codice del Terzo Settore) devono contenere regole di collegialità e organi elettivi. Si sta parlando di comportamenti e di pratica quotidiana esplicitata nelle risposte al questionario, utilizzato per la ricerca. La parola Presidenti, ad esempio, compare nel conteggio dei termini ma è a caratteri molto piccoli. Ciò sta a significare che essa è poco citata dai rispondenti. Potrebbe darsi che i rispondenti abbiano leggermente “addolcito” la situazione della propria associazione nel rispondere alle domande. È comunque evidente un trend prevalente democratico e collegiale. Questa rappresentazione della leadership è rafforzata nell’analisi fattoriale. Il leader, anche in questo caso, appare come una persona che ha grande attenzione al gruppo, che mantiene la parola e le promesse, che incoraggia le persone e le spinge a cooperare tra loro. Ha un punteggio alto anche il principio della delega, con la propensione ad assegnare responsabilità sfidanti ai collaboratori e a permettere loro di influenzare le decisioni strategiche, accettando consigli ed indicazioni. Se si passa alle principali attività da svolgere: la parola Pazienti è la più ripetuta, accompagnata dal lavoro organizzativo, dalla attività di formazione, la partecipazione ad eventi, la gestione dei progetti, i rapporti istituzionali. Attività queste con un forte impatto di tipo sociale, per svolgere le quali necessita l’esperienza, ma anche una competenza manageriale, che sta a sottolineare l’importanza di una formazione adeguata. La buona volontà è una precondizione per promuovere socialità e spirito di gruppo, democraticità e condivisione. Ma proprio perché tale attività richiede ampi spazi di Autonomia e Responsabilità, termini ampiamente ripetuti nella ricerca, risulta essere centrale una competenza che rafforzi l’attitudine al controllo di sé e la capacità di azione. Ne discende una gestione plurale dell’organizzazione, che non rappresenta solo un valore a cui uniformarsi quanto piuttosto una capacità manageriale da apprendere, in quanto richiede lo sviluppo di “saperi” e l’acquisizione 72
di strumenti idonei. In situazioni complesse, contraddittorie e irte di ostacoli, avere competenze specifiche e una professionalità adeguata aiuta a raggiungere gli obiettivi. Non a caso gli stessi rispondenti inseriscono la capacità di promuovere la collegialità tra le proprie competenze, dandogli un posto nel profilo di ruolo. 10. Legami scarsi, network fragile Il tema dei rapporti tra associazioni e dello sviluppo del network è particolarmente strategico. L’appartenenza ad un network indica legami, scambi di risorse e idee, collaborazione. Nella presente ricerca i legami esistenti tra le associazioni di pazienti e cittadini sono stati studiati mediante la tecnica della Social Network Analysis. Il quadro che ne emerge è quello di una rete di relazioni, con qualche punto di riferimento associativo che fa da catalizzatore. Ad un primo colpo d’occhio sembrerebbe trattarsi di una situazione ottimale. In realtà da una osservazione più attenta emergono elementi critici. Circa 30 associazioni non presentano alcun legame. Si rilevano inoltre una cospicua quantità di legami diadici e triadici, fondati con buona probabilità su specifiche tematiche di interesse (aree patologiche). In generale il numero dei legami tracciati nel grafo è molto esiguo (circa 155 connessioni), con una bassa densità. In sostanza, pur in presenza di relazioni, esse risultano essere non particolarmente significative e poco frequenti. Come detto in precedenza, il mondo associativo è denso di momenti di contatto, ad esempio convegni e seminari, ma anche con enti deputati al macro coordinamento tra associazioni quali le federazioni (si pensi al CNAMC di Cittadinanzattiva, FAVO o ancora UNIAMO), nonché di momenti pubblici di incontro ed iniziative collettive. Eppure tutto ciò non sembra ancora sufficiente a far si che le associazioni riescano a diventare una massa critica con forti e intense sinergie. Le organizzazioni di advocacy non dispongono di un potere economico, come nel caso delle aziende farmaceutiche, non hanno (ancora) un forte posizionamento nel sistema sanitario. La capacità quindi di fare gruppo per stratificare e condividere esperienze, competenze e relazioni, è essenziale al fine aumentare il proprio potere di influenza. Le attività del PAL e l’esperienza della prima edizione del Master in Patient Advocacy Management hanno permesso di fare alcuni importanti esperimenti di networking interassociativo, come nel caso delle associazioni di malati di Parkinson, riunite assieme per una finalità comune proprio grazie al PAL (Altems, 2019). Oppure della “Maratona sul patto per la salute”, re73
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alizzata nel mese di luglio 2019 dal Ministro della salute in cui sono stati convocati tutti gli stakeholder della sanità, tra cui le associazioni dei pazienti e di attivismo civico (più di 100), per tre giorni di consultazione. Alcune associazioni del PAL hanno deciso di presentare il medesimo documento di proposte, sia in forma orale nel proprio intervento, sia consegnando un contributo scritto. I leader associativi intervenuti hanno ambiti di attività e patologie di riferimento molto diversi. Eppure hanno ritenuto importante, accompagnare ai temi specifici dei loro interventi una piattaforma comune, proponendo la creazione di un’ interfaccia istituzionale permanente tra mondo della associazioni e delle istituzioni, con la funzione di facilitatore della partecipazione dei pazienti e della collaborazione costante tra i diversi soggetti. Il valore dell’iniziativa non riguarda solamente i contenuti, ma il metodo, vale a dire la scelta di costruire un legame finalizzato a mettere in comune una proposta di governance partecipata del sistema sanitario, utile per tutte le associazioni. I proponenti hanno avviato la costruzione di un network “denso” fatto di relazioni, contenuti, condivisione di emozioni, supporto reciproco, dimostrando che l’impegno per la tutela della propria patologia può misurarsi con una strategia più generale e con obiettivi da raggiungere insieme. Il primo risultato di tale attività è stata la creazione presso la Regione Lazio della figura dell’esperto facilitatore della partecipazione dei cittadini, che dovrà contribuire all’attuazione della Delibera sulla costruzione di un percorso di coinvolgimento delle associazioni nelle politiche regionali. Molti soggetti, soprattutto le federazioni di associazioni, si stanno interrogando sui modi più efficaci di fare rete. I dati dell’indagine e gli esempi sopra esposti possono aiutare a comprendere verso quale direzione orientarsi.
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CAPITOLO V Conclusioni
Con l’obiettivo di tracciare per la prima volta le caratteristiche dei leader delle Associazioni di cittadini e pazienti, il PatientAdvocacy Lab nell’ambito delle attività svolte da Altems, ha condotto tra il 2018 e il 2019 una survey destinata a collezionare un ampio numero di evidenze sulle caratteristiche degli stessi. La survey è stata inviata tramite surveymonkey a circa 300 Associazioni operanti sul territorio italiano ed ha previsto l’impiego di un questionario semistrutturato articolato in 7 sezioni. I questionari completi raccolti corrispondono a 91 Associazioni, dalle cui risposte è emerso un quadro che pure nella sua fisiologica eterogeneità, presenta numerosi punti di sovrapposizione. L’interpretazione di queste evidenze consente di mettere a sistema un complesso di future azioni e iniziative volte alla crescita continua di questi importanti interlocutori. Rianalizzando i punti di discussione emersi nel capitolo IV, è possibile intravedere operativamente la portata e gli obiettivi di tali azioni. 1. Una leadership al femminile Come si è detto nel capitolo precedente una delle specificità delle associazioni dei pazienti è rappresentata dalla presenza di una forte leadership femminile. Essa costituisce una grande ricchezza per il Paese e per questo va sostenuta e rafforzata. Sarebbe importante comprendere meglio il percorso che ha portato le associazioni ad avere questa maggioranza al femminile, capirne le ragioni. Ad esempio, anche in quei casi in cui la leader è portatrice essa stessa della malattia, comprenderne l’itinerario e capire, ad esempio, perché non ha “mollato”. Si è visto come questa prevalenza ha inciso anche sui tratti di leadership, sia in quella femminile che in quella maschile, e questo rappresenta un elemento importante da studiare con attenzione. Proprio perché si sta parlando di una delle caratteristiche fondanti del profilo di ruolo, sarebbe di grande interesse formalizzare, assieme alle donne che 75
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incarnano questo tipo di leadership, i percorsi intrapresi, individuare i punti di forza e di debolezza, non solo per lasciare una storia da raccontare ma anche avere materiale e strumenti per formare i leader che verranno dopo, non perdendo questa specificità. 2. Il valore dell’esperienza La ricerca ha messo il luce che esiste un bagaglio di esperienze, che hanno a loro volta prodotto competenze, derivanti dall’attività stessa e dalle battaglie per i diritti delle organizzazioni civiche. Allo stesso tempo, si è visto quanto sia difficile trasmettere tali esperienze trasformandole in prassi replicabili anche da altri. Per questo si rende necessario, e sarà un impegno del PAL, produrre strumenti utili a facilitare la formalizzazione del proprio lavoro, come ad esempio check list di supporto per la esplicitazione delle storie e delle caratteristiche della propria esperienza. Il lavoro è collegato a due obiettivi: costruire una banca-dati attingibile da tutti i soggetti interessati, secondo una logica di “community of practices” e redigere linee guida specifiche per la valorizzazione dell’esperienza individuale e delle esperienze associative. In questo modo si renderà possibile dimostrare concretamente il valore dell’esperienza, non solo come un insieme di singoli atti o casi, ma come processo collettivo che costruisce sapere e forza nelle organizzazioni. 3. Molto addestramento, poca formazione Il Master, promosso in seno all’attività del PAL, così come altre iniziative di formazione nazionali, è sicuramente il tronco principale per scommettere una formazione che abbia una impronta sistemica. Servono però anche appendici formative per branche, territoriali o associative. La cosa importante è che esse, a prescindere dai luoghi e dalle aree patologiche a cui si riferiscono, siano sempre basate su un trasferimento forte di competenze manageriali e gestionali. Sarà compito di Altems comprendere come trasmettere, su territori e gruppi più ristretti, il cuore dell’insegnamento finalizzato alla crescita del profilo di ruolo delle Associazioni dei cittadini impegnate in sanità. 4. Alta opinione di sé ma dubbi su competenze ed efficacia Si è visto come fisiologicamente i leader delle Associazioni abbiano un’alta idea di sé, che è fondamentale per poter esercitare il proprio ruolo. È anche 76
ammissibile che ci siano momenti di debolezza nella percezione di sé. Sarebbe però importante comprendere come ridurre il senso della propria non auto-efficacia. Perché si determina? Quali sono i fattori scatenanti? Potrebbe essere interessante approfondire questo aspetto della ricerca, al fine di contribuire a limitare l’insicurezza e paura del fallimento dei leader. Potrebbe essere utile ad esempio analizzare gli insuccessi per capirne le cause e/o costruire attorno a sè una squadra supportiva. Di indubbia utilità potrebbe essere l’uso di strumenti di aiuto come le check list sulle competenze comportamentali e manageriali della leadership. Infatti se si ha un modello a cui ispirarsi aumenta la sicurezza di potercela fare. 5. Le relazioni esterne sono un problema Tra i punti di debolezza, dichiarati dai leader delle associazioni, ci sono le relazioni con l’esterno, tra cui le relazioni istituzionali. È ovvio che ciò può dipendere, come si è detto, da una certa autoreferenzialità delle istituzioni stesse, ma è comunque compito delle organizzazioni lavorare per ridurre tale gap. A questo può contribuire il lavoro del PAL, orientato verso due direzioni. Innanzitutto rafforzare la formazione riguardante il funzionamento delle istituzioni nazionali e regionali, provando anche a capire meglio quali aspetti e quali insegnamenti approfondire. In secondo luogo, fare del Laboratorio, come in parte è già avvenuto in occasione della I edizione del Master, una occasione di incontro sui contenuti, sulle policies e sulle forme di interlocuzione e di partecipazione tra leader delle associazioni e rappresentanti istituzionali, in modo tale da facilitare il dialogo in un terreno “neutro” e dedicato alla formazione. Questo porterebbe indubbi vantaggi sia ai rappresentanti dei pazienti sia agli esponenti politici ed istituzionali, creando un clima favorevole al miglioramento delle modalità di relazione in un sistema di governance allargato. 6. Piu fame di conoscenza nei nuovi leader Si è detto quanto sia complesso lavorare sul ricambio della leadership, un impegno che richiede tempo e risorse. Per questo è difficile pensare che ogni associazione possa farcela da sola senza strategie comuni e condivise. Esistono modalità già sperimentate di gestione del ricambio, nell’apprendimento delle quali le associazioni potrebbero essere supportate. Ad esempio implementando le strategie di mentoring, con l’affiancamento delle nuove risorse da parte dei più anziani nella carica, massimizzando le competenze maturate dai leader uscenti da trasferire ai leader futuri. Potrebbe essere 77
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ancora più interessante impostare questo lavoro secondo una logica di reciproco scambio, promuovendo anche il cosiddetto reverse mentoring, mediante il quale giovani con meno esperienza trasferiscono ai meno giovani, ma più esperti. competenze che essi non hanno come ad esempio quelle digitali e di dimestichezza con altri linguaggi. 7. Leader regionali più competenti Il livello regionale ha assunto una importanza particolarmente rilevante, tale da richiedere un investimento sulle leadership anche al livello associativo. Il terreno sembra essere particolarmente fertile perché anche i dati della Survey ci restituiscono informazioni circa un buon livello di competenze dichiarate dai responsabili territoriali. Già il PAL ha avviato una politica di convenzioni con le Regioni per l’implementazione dei programmi di formazione e di supporto alla associazioni, finalizzato ad aumentare la collaborazione istituzionale e l’avvio di nuove prassi partecipative. Si tratta di un processo da ampliare passando da un livello sperimentale, ad un attività ordinaria e standardizzata per un numero ampio di enti regionali. Di questo lavoro si potranno avvantaggiare anche i livelli nazionali delle organizzazioni, in quanto si troveranno leader regionali sempre più preparati a supportare la dimensione nazionale e quindi a rafforzare l’associazione nel suo complesso. 8. Le skills tecniche hanno maggiori problemi Mentre le competenze comportamentali dei leader sembrano essere state acquisite tramite la formazione e soprattutto l’esperienza, le skills tecniche devono ancora essere apprese in modo adeguato. Non è pensabile avere leader che non sanno fare fundraising o non abbiano un minimo di competenze informatiche o non conoscano le normative sul non profit o ancora non abbiano capacità di budgeting. Questa esigenza per trovare risposte richiede una diversa strutturazione dell’attività formativa, non necessariamente di livello postuniversitario come un Master. Per tali motivi si potrebbero costruire format didattici ad hoc, anche in collaborazione con le associazioni ed altri soggetti esperti nel settore, finalizzati ad aumentare il livello di competenze specifiche. Esistono infatti in ambito universitario, sul mercato e anche all’interno di alcune associazioni saperi già consolidati su queste materie, che si potrebbero strutturare all’interno di percorsi formativi all’interno dei programmi promossi dal PAL e da ALTEMS nel suo complesso. 78
9. Partecipazione, tavoli, direttivo, associazioni, collaborazione, empatia, persone: una visione plurale Un tratto che emerge dalla ricerca è la distanza tra valori, comportamenti e prassi messi in campo dalle associazioni e modalità di comunicazione adottate per esprimere tutto questo. In un’epoca in cui la comunicazione ha una centralità assoluta, non usare strumenti idonei per farsi conoscere per come si lavora, come ci si rapporta agli altri, come ci si misura con i problemi delle persone, è un peccato. Sarebbe necessario dare maggiore enfasi al ruolo delle mission delle organizzazioni come strumento di far conoscere all’esterno i propri obiettivi e visioni del mondo. Si registra una scarsa congruenza tra i tratti dei leader, empatici, plurali, partecipativi, collaborativi e le mission, che seguono linee di espressione diverse, forse più concrete, ma meno funzionali a valorizzare la propria organizzazione. La ricerca potrebbe fornire elementi per riflettere su un nuovo modo di esplicitare all’esterno ciò in cui si crede, ciò che si fa, ciò che si vuole. 10. Legami scarsi, network fragile La ricerca per bocca dei rispondenti stessi mette in luce la necessità di legami e di sinergie con l’esterno, in particolare con il network di riferimento. Eppure questo è un punto debole sul quale è necessario lavorare. Uno dei modi possibili per farlo è quello di spingere sulle tecniche per aumentare la fiducia reciproca tra associazioni. Senza fiducia è difficile che si costruiscano legami stabili e seri. Potrebbe essere interessante utilizzare, anche per i rapporti tra organizzazioni e tra leader la griglia sottostante, che è stata predisposta per misurare il grado di fiducia che è capace di esprimere il responsabile di una organizzazione: comunicare, sostenere, rispettare, essere leali, essere prevedibili e competenti. Quanti di questi comportamenti vengono adottati non solo all’interno di un team, me nei rapporti con altre associazioni? Comunicazione Tenere aggiornati i membri dei team e i collaboratori spiegando loro le politiche e le decisioni e fornendo un adeguato feedback. Essere franchi nel discutere i problemi e i limiti di un individuo. Dire la verità. Sostegno Mostrare disponibilità e apertura, fornire aiuto, consiglio e sostegno alle idee dei membri del team. 79
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Rispetto La delega, sotto forma di una reale autorità decisionale, rappresenta la più importante espressione di rispetto manageriale. L’ascolto attivo delle idee altrui la distanzia di poco (l’empowerment non è possibile senza fiducia). Lealtà Riconoscere con rapidità i meriti dei collaboratori. Assicurarsi che tutti gli apprezzamenti e le valutazioni delle prestazioni siano obiettivi e imparziali. Prevedibilità Come accennato in precedenza, siate coerenti e prevedibili nelle vostre azioni quotidiane. Mantenete sia le promesse espresse sia quelle implicite. Competenza Valorizzate la vostra credibilità dimostrando buone competenze nel business, capacità tecnica e professionalità.
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RINGRAZIAMENTI
La Survey che viene presentata non si sarebbe potuta realizzare senza il contributo di tante persone e tanti soggetti che vi hanno collaborato con interesse e partecipazione attiva. Quindi un grande grazie va rivolto a tutti coloro che hanno consentito la realizzazione di questo lavoro. Innanzitutto alle 140 associazioni dei pazienti e dei cittadini che hanno risposto con grande pazienza al lungo questionario che è stato loro sottoposto da PAL/ALTEMS. Qui di seguito è possibile leggere l’elenco di tutti i rispondenti considerati, ad esclusione delle associazioni che hanno dato risposte o non leggibili o incomplete: • A.D.I.G.LAZIO • A.G.O.P. ONLUS - Associazione Genitori Oncologia Pediatrica • A.L.I.Ce. Italia ONLUS • A.M.I.C.I. Lazio • A.N.I.A.D. • A.N.I.Ma.S.S. ONLUS • A.r.l.a.f.e. Onlus • ADIG SARDA • AGBE ONLUS • AICE VENETO • Aimac • aimAKU - Associazione Italiana Malati di Alcaptonuria • AIPaSiM • AISF-ONLUS • AISM • AITSaM - Associazione Italiana utela Salute Mentale • Alcase • ALTS - Associazione per la Lotta ai Tumori del Seno • Amici Onlus • AMOC ONLUS ASS.MALATI
ONCOLOGICI COLON RETTO • Andrea Tudiscoonlus • ANED ASSOCIAZIONE NAZIONALE EMODIALIZZATI DIALISI E TRAPIANTO ONLUS • ANLAIDS • ANMAR onlus - Presidente Almar • ANMAR ONLUS ASSOCIAZIONE NAZIONALE MALATI REUMATICI • Antea Associazione • ASBI ONLUS • ass. onlus Maria Ruggieri • Ass.ne Mano Tesa Ogliastra • ASSOC.ONCOLOGICA MAI SOLI - ONLUS • Associazione Amici del Trapianto di fegato • Associazione Amici della Fondazione Natalino Corazza ONLUS • Associazione Apaim Associazione Pazienti Italia Melanoma • Associazione Azione Parkinson Ciociaria • ASSOCIAZIONE CALABRESE MALATI ONCOLOGICI IDA PONESSA ONLUS • Associazione epaconlus 81
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• Associazione Genitori Anni Verdi Via Dionisio ONLUS • Associazione IRENE onlus • Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani • Associazione Italiana Glicogenosi • Associazione Italiana Laringectomizzati - ailar - onlus • ASSOCIAZIONE ITALIANA PARKINSONIANI • Associazione Italiana Pazienti BPCO ONLUS • ASSOCIAZIONE ITALIANA SCOMPENSATI CARDIACI • Associazione Italiana Sindrome di Alexander -Più Unici che Rari onlus • Associazione Kool Kids kansl 1 Italia • associazione laziale asma e malattie allergiche - ALAMA • associazione malati di reni onlus • Associazione Nazionale Aperta/ MENTE IL MONDO INTERNO Onlus • Associazione Nazionale Guariti O Lungoviventi ANGOLO sez. di Siracusa • associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare • Associazione Oncologica Bergamasca • Associazione PaLiNUro • Associazione Pazienti Diabetici Dora Focaroli • Associazione Prader Willi Lazio • associazione risveglio onlus • ASSOCIAZIONE SCUOLA VIVA ONLUS • Cittadinanzattiva • Comitato Italiano Associazioni Parkinson • Costello.Cfc • Diabaino Vip-Vip dello Stretto • Diabete Forum • ELO 82
• Europa Donna Italia • famigliesma • FEDER-AIPA • Federasma • FederAsma e Allergie - Federazione Italiana Pazienti Onlus • Federzione Italiana Epilessie • FONDAZIONE LEGA ITALIANA RICERCA HUNTINGTON E MALATTIE CORRELATE ONLS • Kids KickingCancer Italia ONLUS • La Lampada di Aladino onlus • lega per la neurofibromatosi 2 onlus • Melanoma Italia Onlus • NADIR ONLUS • Net ItalyOnlus • NOI Nuova Oncologia Integrata • Noi per te • Nonsolo 15, associazione per la ricerca e il sostegno di familiari e amici di persone affette da sindrome invdup15 (idic15) onlus • NPS Italia Onlus • Onlus Carmine Speranza • Pagaierosa dragon boat onlus • PANDAS Italia • PARENT PROJECT ONLUS • Parkinson Parthenope • PARKINZONE ONLUS • PLUS ONLUS • Respirando • Salute Donna • SOS Linfedema onlus • Un Filo per la Vita Onlus A.N.A.D IICB • UN RESPIRO DI SPERANZA • Viva la Vita onlus
Non sarebbe stato possibile raggiungere questo risultato senza il lavoro condotto da Lina Delle Monache, membro dello staff PAL e anch’essa attivista civica, che ha curato la costruzione dell’indirizzario e monitorato costantemente le associazioni accompagnandole nella risposta al questionario. È riuscita con il suo impegno a far capire a molte associazioni l’importanza della Survey che si stava conducendo. Accanto a tutti questi vanno ringraziate le associazioni del Focus Group, che hanno accompagnato il lavoro della ricerca in tutte le sue fasi e i membri del Comitato Scientifico, che hanno dato il loro supporto, soprattutto nella fase di costruzione della Survey. Lo sviluppo del Patient Advocacy Lab nel suo complesso e l’attività di ricerca presentata in questo testo sono stati possibile grazie al sostegno e la collaborazione delle aziende che hanno creduto e che supportano questo progetto multi sponsor. Molte di esse hanno investito fin dall’inizio nell’iniziativa e hanno contribuito al suo sviluppo a partire dal 2018. Alcune hanno lasciato, ma altre si sono aggiunte successivamente come partner allo Steering Committee che le raccoglie. Un grazie particolare quindi a: Amgen Celgene Fondazione MSD Lilly Medtronic Merck
Novartis Pfizer Roche Takeda Ucb
Un ulteriore ringraziamento va rivolto all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che ha aiutato la crescita di questo progetto, soprattutto grazie alla collaborazione di Nicola Cerbino, capo ufficio stampa, e del suo staff, in tutte le attività di comunicazione della ricerca. In ultimo, merita un grande ringraziamento allo staff di ALTEMS, con i suoi ricercatori e collaboratori, guidati dal Direttore, Prof. Americo Cicchetti. Infatti questa nuova attività, il Patient Advocacy Lab, si è potuta avvalere, come è stile di ALTEMS, del lavoro di tutto gruppo nello svolgimento delle varie fasi della Survey che viene presentata. Si ringrazia in modo particolare il Dott. Luca Giorgio e la Dott.ssa Roberta Laurita per la collaborazione fornita nello svolgimento delle analisi di network delle associazioni e la Dott.ssa Maria Giovanna Di Paolo per l’analisi di contenuto sulle mission di queste ultime.
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Finito di stampare - dicembre 2019 nella tipografia Autenticrom - Roma
Il profilo gestionale delle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate in sanità: tra diritti, management e partecipazione
La Survey sul profilo delle associazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate in sanità è frutto del lavoro di ricerca del PatientAdvocacy Lab (PAL), laboratorio sorto in seno ad ALTEMS – Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica. Il PAL, che, accanto al lavoro di ricerca, si occupa di formazione e di counselling, è dedicato allo sviluppo di competenze comportamentali e manageriali delle associazioni di advocacy dei pazienti in uno scenario che le vede sempre più protagoniste nelle scelte sanitarie del Paese.
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