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Un bel posto

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(pr. s'ciao) e sciao è chiaramente una forma veneta per “schiavo”, servo. Qualcuno usava sciao anche per salutare, ma generalmente per salutare si diceva “ciao” mentre sciao stava per “beh, pazienza”, “non è importante”, “è fatta!”, “è finita!” o cose del genere: dipendeva dal tono con cui si diceva.

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Ora tutti usano “ciao” per salutare tutti, non so se è perché ritengono che lo si possa usare con tutti o perché sono in confidenza con tutti e danno del tu a tutti e con nessuno usano le cosiddette “formule di cortesia”. Ai miei tempi e nella mia terra mai e poi mai si sarebbe salutato con “ciao” qualcuno con cui non si aveva confidenza, persone cui si dava del lu o ela (del “lei”) o del vu (del “voi”). Ritengo quindi molto probabile che quel sciao stesse sì per “servo tuo” ma visto che, almeno ai miei tempi, lo si usava solo con chi si aveva familiarità, probabilmente era un “servo tuo” del tutto scherzoso e canzonatorio, per niente servile e umiliante.

Io penso che sia così e se non lo fosse … “sciao”.

Padoan

Ormai anche le parole francesi sono pronunciate come fossero inglesi ed è fine dire Pàdoan e non Padoàn. Pier Carlo Padoan sarà anche nato a Roma ma il cognome è sicuramente veneto: padoàn è uno di Padova come trevisàn è di Treviso, vene§iàn di Venezia, furlàn del Friuli, vixentìn di Vicenza, marostegàn di Marostica, trentìn di Trento.

Capita che, fuori dal luogo di provenienza, nel Veneto uno sia conosciuto come “el padoàn”, “el trevisàn”, “el vixentìn”. Ancor più capitava in passato ed è frequente che

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siano diventati cognomi, cognomi che tutti i veneti non anglofili (o snob) pronunciano Padoàn, Visentìn, Trevisàn, Furlàn, Trentìn.

Parimenti altri cognomi derivano dalle professioni o sono diminutivi o accrescitivi: Marangòn è il falegname, da favro (fabbro) viene Favrìn, Marcòn da Marco, da munàro (mugnaio) Munarìn, Munaròn. In genere in veneto i vocaboli che in italiano terminano in “ne” o “no” sono parole tronche che terminano in “n”: can, pan, vin, cugìn, camìn, facchìn, mu§ulmàn, cristiàn, magaxìn, Ioanìn, Lorenzìn, Lorenzòn, ecc.. Nel giro dei miei parenti e conoscenti trovo: Parolìn, Cumàn, Corradìn, Tonìn, Restigliàn, Padoàn, Pavàn, Favrìn, Nardòn, Trevisàn, Ranzolìn, Munaròn, Grigolòn, Grigolìn, Spigolòn, ecc.

Anche del Ministro dell’Economia io non dirò Pàdoan ma Padoàn.

Paese natale

Non so se Leonardo oggi nascerebbe a Vinci o se quel comune è come i tanti piccoli paesi in cui non nasce più nessuno o quasi perché non c’è ospedale: niente ospedale, niente clinica privata, niente reparto maternità, niente nascite. Ospedali nei comuni più piccoli non ci sono mai stati, in quelli meno piccoli non ci sono o non ci saranno più e – se le cose stanno come credo – quasi nessun nasce più in questi paesi.

Un tempo alle donne capitava anche di partorire in casa, non sempre assistite da un medico: c’erano le levatrici che facevano nascere i bimbi anche nei più remoti casolari e comune di nascita e di residenza della madre coincidevano.

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