Giornale_delle_giudicarie_luglio_2021

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Cultura

LUGLIO 2021

Ultimamente, tuttavia, Annibale Salsa nel suo primo libro a carattere narrativo “Un’estate in Alpeggio” (Collana Passi, edizioni Ponte alle Grazie) ha voluto dedicarsi alla stesura di un testo molto personale in cui affronta l’esperienza rurale quotidiana a contatto del bestiame bovino a prescindere dalla vita in malga e soprattutto rievoca “la prima estate in alpeggio a 10 anni nelle terre del formaggio Raschèra (Alpe della Balma del Mondolè, versante piemontese delle Alpi Liguri)”. Prima di questa età Salsa racconta che andava al pascolo nei prati da sfalcio della media valle Corsaglia (valli di Mondovì - CN) vicini al paese dei suoi parenti. Qui si portavano quelle poche mucche che non venivano condotte in alpeggio: «I miei genitori non si sentivano tranquilli a mandarmi in malga prima di 10 anni». In tutto il libro l‘esperienza infantile nell’Ovest-Alpi fa da contrappunto con la sua recente di osservatore anziano in Trentino, in particolare in Val di Sole e soprattutto Val Rendena, suo luogo prediletto da circa dodici anni, dove ha anche fissato il domicilio ed è stato insignito della cittadinanza onoraria del Comune di Carisolo. Ma cos’è la salita in malga? «È una specie di rito di passaggio - spiega Salsa - l’entrata in un altro mondo con ritmi e stili di vita diversi. Nell’arco alpino queste forme di ritualità sono simili ma non eguali e tutte accomunate da una specie di tempo dell’attesa. Sembra che anche le vacche lo sentano. In alcune zone, dove la cultura dell’alpeggio è più forte e più

Il rito dell’alpeggio nell’ultimo libro di Annibale Salsa

“La salita in malga è una specie di rito di passaggio” di Mariachiara Rizzonelli Nato nell’entroterra savonese nel 1947 da famiglia paterna piemontese e materna ligure, per cui ha vissuto stabilmente gli anni dell’infanzia a cavallo delle montagne delle due Regioni (Alpi Liguri, Marittime, Cozie) fino a quattordici anni, Annibale Salsa ha conosciuto il mondo contadino già dalla nascita, con questo ha sempre familiarizzato, restandone profondamente influenzato per tutta la vita. Ciò lo portato in età adulta ad occuparsi in veste di studioso della cultura alpina nei suoi aspetti antropologici,

etnografici, storici, di pianificazione paesaggistica e di governance territoriale sia sul versante cisalpino italiano e ticinese sia sui versanti transalpini francesi, svizzeri, austro-bavaresi e sloveni, acquisendo così una conoscenza agro-pastorale e soprattutto storico-antropologica pan-alpina. Conoscenza che è riuscito a traslare in una copiosa produzione di libri, trattati e articoli su tanti argomenti riguardanti le montagne in generale e le Alpi in particolare di grande impatto culturale.

ricca come in Svizzera, si assiste a vere e proprie feste in costume. In altre più povere è meno appariscente ma non per questo meno sentita. L’alpeggio è l’anima vera e profonda delle Alpi e delle loro genti». Certamente la meccanizzazione, la tecnologia moderna, hanno cambiato molto le abitudini ma non tutto, almeno nello spirito, ribadisce Salsa. Se le transumanze un tempo si facevano a piedi e con l’ausilio di animali da trasporto caricati a basto, oggi gli autocarri hanno sostituito quelle pratiche, ma le emozioni non mancano. Al di là tuttavia dei sentimenti che la pratica dell’alpeggio può suscitare, l’antropologo sottolinea che la pratica è fondamentale per mantenere viva

la montagna. L’alpeggio ha infatti valenza economica e culturale, afferma Salsa. Produce reddito per la gente della montagna e qualità ambientale, soprattutto paesaggistica, grazie al fatto che favorisce la biodiversità naturale e culturale. L’economia della malga deve essere perciò favorita mediante misure di natura fiscale e burocratica. Oggi invece, oltre ad una burocrazia soffocante, gli alpigiani devono affrontare i fenomeni legati all’inselvatichimento delle terre alte e alla crescita esponenziale dei grandi predatori che vanno a complicare la loro già difficile vita per una «percezione dell’ambiente e del paesaggio alpino che risente fortemente, nel governo del territorio, di

una cultura/ideologia urbanocentrica che vorrebbe vedere la selvaticità ovunque». Rappresentazione della montagna ideale che contrasta con la montagna reale. «Un’invito mi sento di rivolgere alle nuove generazioni, soprattutto del posto - conclude Salsa - trovare occasioni per far questo tipo di esperienze. Come già accade sulle Alpi francesi e svizzere, dove sono attivi corsi di istruzione con proposte professionali interessanti per futuri allevatori e pastori; questa attività non può essere rubricata come un’attività socialmente subalterna e culturalmente datata; può avere invece un futuro per far vivere ancora l’economia delle terre alte».

L’EDITORIALE - di Adelino Amistadi

Continua dalla Prima Ci rassicurano, almeno qui da noi, gli esperti del Consiglio Superiore della Sanità: “Sono netto nel dire che, ovviamente continuando ad avere responsabilità e prudenza, il prossimo autunno non sarà come quello che abbiamo vissuto nel 2020...” dice il presidente Franco Locatelli. E questo ci conforta. Tutto finito allora? Probabilmente diciamolo con prudenza - si, oggi non ci sono più gli ospedali intasati con un impressionante stillicidio di morti e di intubati come nei mesi scorsi, per fortuna sembra che la stessa tragica situazione non si ripeterà nei prossimi mesi. Ma attenzione, dicono ancora gli esperti, basta restrizioni ok, ma ci vuole cautela perché “se questo contesto ci induce all’ottimismo, al tempo stesso non deve farci cadere nell’illusoria percezione di essere fuori dal problema ... il tutto dipende da noi e dal nostro comportamento responsabile...”. Cerchiamo di capirci: è giusto ricominciare a vivere. Sarà commovente tornare negli stadi, andare al cinema, recarsi al ristorante fino a

Forse è finita... ma con prudenza!

notte tarda. Ma questo non vuol dire che ormai siamo fuori da ogni pericolo e possiamo fare tutto quel che vogliamo, fare a meno del vaccino ad esempio, evitando magari la seconda dose o, peggio ancora non immunizzare i giovani. Purtroppo non è così. Non possiamo dirci al sicuro per sempre. I virologi hanno detto di tutto e di più, ma su una cosa concordano: il vaccino serve. Eviterà che il virus torni a diffondersi fra qualche mese con la forza dell’anno scorso. E anche se lo Stato ha riaperto le porte della normalità, molto dipenderà da noi, dalla nostra responsabilità individuale. A cominciare dai vaccini, unica sicura valvola di sicurezza che ci può garantisce un futuro sereno, chi non si immunizza è a suo rischio e pericolo, così

come chi non adotta le misure minime di igiene può essere un pericolo per sé e gli altri. Attenzione quindi all’autocompiacimento e all’illusione di poter abbassare la guardia. Certo, è facile da capire, siamo tutti spossati, stanchi, ci danno fastidio i virologi che ogni giorno, alla Tv, ce ne raccontano di nuo-

ve, di quel che succede nel resto del mondo, e allora cambiamo canale. Ormai possiamo viaggiare, all’aperto, senza mascherina, ma illuderci che sia finita potrebbe portarci a pentirsene amaramente. Fino a quando non saremo vaccinati quasi tutti, non c’è da star tranquilli. Fino a quando non sarà

vaccinato gran parte del mondo, ci sarà sempre il pericolo che il virus, magari rafforzato, ritorni in qualche forma. E allora torniamo alla responsabilità individuale. Tutto dipende dal nostro comportamento. Chi non si vaccina, chi non rispetta le regole, seppur minime che rimangono, chi fa il gra-

dasso, non è né furbo né coraggioso. A mio parere è semplicemente un immaturo, la cui intelligenza non è sufficiente a capire il tragico momento da cui stiamo cercando di uscire illesi. Allentiamo pure la severità dei mesi peggiori che abbiamo vissuto, e prepariamoci nel migliore dei modi alla ripartenza, a riprendere con serenità le relazioni umane, a viaggiare per goderci l’estate, all’economia che ci dovrà riportare a sorridere. Ma facciamo in modo che non ci siano prossimi allarmi. Per questo è importante l’invito pressante di farsi vaccinare senza se e senza ma, è l’unica garanzia di uscire definitivamente dall’incubo che ci ha accompagnato per due anni di seguito. E che Dio ci aiuti...


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