Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Maggio 2012 -

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Devo premettere che sono ben lungi a buttar fango su un Ente ed una manifestazione fieristica che resta la più antica a livello nazionale ed internazionale, ma da buon cronista, in questi ultimi 37 anni, ho seguito le manifestazione dell’ente di corso del Mezzogiorno, anche l’ultima di giorni orsono e dopo aver visitato i padiglioni e i pochi convegni sento, credetemi, il bisogno di una riflessione. In questa ultima edizione della Fiera Internazionale dell’Agricoltura ho avvertito un tono dimesso, con la crisi fuori alla porta, pronta ad affacciarsi nei discorsi dei politici e tra gli stessi stand della Fiera. Sono convinto comunque che della presenza di una crisi profonda, come della sua portata, si fossero resi conto un po’ tutti, con nessuna prospettiva di recupero. Tutto ebbe inizio dalla fine dell’era del presidente De Meo, sotto la cui gestione il significato stesso della Fiera Internazionale dell’Agricoltura è andato svilendosi, confondendo la manifestazione foggiana alla miriade di altre iniziative similari, e niente è valso l’impegno del dinamico Segretario Generale, il dott. Antonio Vitulli. Poi l’era Gentile non ha portato nulla di nuovo né nelle forme, né tanto meno nei contenuti. Perché non si dia dello sfascista a chi scrive, sarà bene affrettarsi a salvare capra e cavoli. Se davvero si vuole sfruttare la posizione geografica della Capitanata e farne il punto modale tra le realtà produttive del centro e del sud d’Italia, non si può prescindere dalla crescita della stressa Fiera che deve diventare un punto di incontro e di confronto, una zona di scambio che sia però appetita e appetibile. Ben vengano allora manifestazioni collaterali mirate, che illustrino le vocazioni antiche della Capitanata, dall’agricoltura, all’artigianato, all’alimentazione, al turismo, e ben venga il monitoraggio delle aziende daune, che più degnamente di altre possono illustrare una realtà che non è solo la crisi, ma anche il lavoro, l’impegno e la produttività. E ben vengano scambi culturali con i mercati del domani, quelle delle zone depresse, o aree di crisi che potrebbero aprire nuovi sbocchi ad un’economia altrimenti asfittiche. La Fiera Internazionale dell’Agricoltura e la Campionaria d’Ottobre devono diventare le vetrine delle realizzazioni e non, come per troppi anni sono state, quelle delle buone intenzioni riducendole ad una sorta di Mercatino del Venerdì formato esportazioni. Non è più tempo di piangersi addosso, quanto quello di dare più spazio alle realtà. Sull’argomento ho coinvolto alcuni enti ed associazione di categorie di Capitanata pubblico i prini interventi. Domanda: Archiviata la 63ª Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Foggia è opportuno una riflessione sullo slogan di questa edizione: Fieramente agricola, verso ciò che

eravamo. Un orgoglio che fa fatica a materializzarsi e intanto l’ombra del Cunavisud, dell’Enolsud, del salone dell’Olio Dop e i convegni aleggiano nell’area fieristica. Fedele Cannerozzi - Presidente Ente Autonomo Fiere di Foggia Debbo purtroppo dissentire, facendo rilevare che quella appena conclusa è stata un’edizione della Fiera Internazionale dell’Agricoltura e della Zootecnia che ha centrato gli obiettivi programmatici e di gestione prefissati dal nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Ente Fiera di Foggia. Abbiamo voluto caratterizzare questa edizione ponendo in evidenza i valori fondanti dell’agricoltura, senza i quali non vi può essere alcun processo di innovazione: l’identità rurale, il valore culturale della terra, il ruolo degli imprenditori agricoli per le nuove sfide alimentari, ma anche la transumanza come elemento di storia e tradizione che proietta il settore primario in una nuova visione

dell’agricoltura che guarda anche alla salvaguardia del territorio ed alle interrelazioni con altri comparti produttivi, a cominciare dal turismo. Questi elementi sono emersi anche in diversi convegni tenutisi durante i sei giorni di Fiera, a testimonianza della condivisone da parte degli Enti e delle Organizzazioni di categoria promotori dei vari appuntamenti, e confermati anche sul piano espositivo e delle affluenze di pubblico che hanno registrato un incremento di oltre il 10% sia degli espositori che dei visitatori rispetto alla scorso anno, e per il secondo anno consecutivo, a conferma dell’avvenuta inversione di tendenza e quindi di un progressivo processo di rilancio. Damiano Gelsomino - Presidente Confcommercio Premesso che non conosco benissimo il sistema fieristico, particolarmente quello legato al mondo agricolo, è evidente che anche questo settore risente delle difficoltà econo-


miche del momento e delle profonde trasformazioni in atto. Le fiere devono aiutare le aziende a farsi conoscere, a vendere i propri prodotti. Oggi i mercati sono più ampi e complessi di qualche decennio fa e non possono essere certo solo i convegni a dare sostanza alle manifestazioni. La specializzazione è una carta importante anche all’interno di uno stesso settore. Domanda: Riportare l’agricoltura al centro dell’economia di Capitanata per riproporla nel sistema nazionale ed internazionale, è il modus operante dell’evento fieristico primaverile foggiano che in questi ultimi decenni accusa qualche intoppo dovuto, forse, alla mancanza di sinergia tra enti locali ed associazioni di categorie? Fedele Cannerozzi, Presidente Ente Fiere di Foggia Quanto prima affermato nulla toglie, ovviamente, ad un quadro di forte difficoltà del settore, acuito dalla crisi economica generale. L’agricoltura, infatti, sconta disattenzione decennali e crisi contingenti delle quali la Fiera è specchio fedele. Tuttavia, i positivi dati produttivi, occupazionali e dell’export agricolo ed alimentare - per molti versi in controtendenza rispetto ad altri comparti e nell’attuale contesto di recessione - evidenziano un ritrovato protagonismo del mondo agricolo, un risvegliato senso di appartenenza che vede le organizzazioni professionali agricole e di categoria molto unite, ad esempio, su obiettivi prioritari e comuni quali le infrastrutture, la nuova politica agricola comunitaria, i PSR ed anche il confronto con il Governo centrale sulle politiche di carattere. La Fiera di Foggia sostiene questo dinamismo ed è al loro fianco ed apporta il suo contributo proprio favorendo l’incontro tra mondo agricolo, comunità scientifica ed enti locali. Damiano Gelsomino - Presidente Confcommercio Le sinergie sono sempre migliorabili e ritengo siano l’unica risposta possibile che il territorio può dare per il superamento di una crisi che forse non ha precedenti. Nello specifico, abbiamo sempre sostenuto che come provincia abbiamo la necessità di valorizzare le nostre due ricchezze: terra e mare. Solo da un progetto unitario che veda agroalimentare e turismo al centro di nuove politiche di sviluppo può venire una soluzione duratura ai tanti problemi. Una politica concreta, però, che sappia andare oltre le enunciazioni di principio facendosi sostanza e accompagnando le aziende in un processo di trasformazione e crescita che fortifichi una nuova cultura d’impresa. La Fiera di Foggia su questo terreno può svolgere un ruolo centrale per tutta la Capitanata. Domanda: Il Salone dell’Alimentazione dirottato a Manfredonia, ed intanto si pensa

funzionante e al passo con i tempi sia una infrastruttura strategica per il nostro rilancio. Ed è evidente che l’impegno della Confcommercio andrà sempre in questa direzione. Domanda: L’Ottobre Dauno è la prossima manifestazione fieristica, nelle primissime edizioni ospitava anche la mostra dell’Artigianato Pugliese, per dare rivitalità all’evento c’è bisogno di un attento studio e di una profonda analisi?

ad un Salone Mediterraneo del Cibo, ma è proprio vero che “l’erba” della porta accanto sia la migliore? Fedele Cannerozzi - Presidente Ente Fiere di Foggia È senza alcun dubbio indispensabile rafforzare la collaborazione con gli enti statutari della Fiera (Regione Puglia, Provincia, Comune e Camera di Commercio): l’obiettivo è quello di mettere a punto e consolidare tutte le sinergie necessarie per ricondurre definitivamente nel Quartiere Fieristico di Foggia le varie manifestazioni che in questi anni, su temi diversi, si sono tenute nel territorio provinciale. Damiano Gelsomino - Presidente Confcommercio Pensare che Manfredonia o Cerignola, solo per fare degli esempi, non siano strategici per la crescita del capoluogo è un errore che non ci possiamo più permettere. Fatte queste premesse ritengo che un quartiere fieristico

Fedele Cannerozzi - Presidente Ente Fiere di Foggia I positivi riscontri della Fiera Internazionale dell’Agricoltura sono derivati anche da un nuovo approccio di metodo, poiché l’organizzazione della rassegna è stata preceduta dalla implementazione e della condivisione di una documento programmatico che ha delineato obiettivi, strategie, priorità. Intendiamo replicare questa riuscita esperienza anche per la Campionaria Nazionale d’Ottobre, guardando ai settori di maggiore vocazione, come l’artigianato, il marmo, il turismo. Damiano Gelsomino - Presidente Confcommercio Sono sicuro che i responsabili della Fiera hanno tutti gli strumenti e le competenze per proporre azioni e interventi utili al rilancio della manifestazione. È chiaro anche però che la nuova legge regionale di riordino del sistema fieristico pone, con la crisi in atto, non poche difficoltà. Certo una campionaria non ha molto senso di esistere, ma far mantenere viva e partecipata una grande area urbana come quella della Fiera di Foggia è una necessità ineludibile.


Orta Nova - Centrale biomasse, il Consiglio comunale boccia il progetto Il Consiglio comunale ha unanimemente espresso la contrarietà della comunità di Orta Nova alla realizzazione della centrale elettrica che il gruppo Caviro vorrebbe realizzare in agro di Carapelle, ma nelle immediate vicinanze del territorio ortese, interessato dall’eventuale passaggio di un elettrodotto, ed a poca distanza dal termovalorizzatore del gruppo Marcegaglia. Il voto è stato espresso sull’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza e condiviso da quelli di minoranza, con cui si impegna “l’Amministrazione comunale ad esprimere parere negativo al progetto in ogni sede istituzionale ed a promuovere azioni di sensibilizzazione civica ed istituzionale avverso il progetto stesso ed a tutela della qualità della vita dei cittadini”. A motivare la decisione dell’Assise è stata la valutazione degli effetti dell’impianto: “inutile e dannoso consumo di suolo a causa della localizzazione in Contrada Bonassisa, zona di particolare pregio agricolo e tra le aree rurali più densamente abitate della Capitanata; mancata attuazione del modello di ‘filiera corta’, poiché sarà alimentato da biomasse solo residualmente prodotti dalle aziende agricole e agroindustriali del territorio dell’Unione dei 5 Reali Siti; concentrazione di emissioni nocive in un’area che già è sede del termovalorizzatore, determinando un’impronta ecologica eccessivamente pesante per quanti vivono e lavorano in quell’area”. “Tutti insieme, e ne sono particolarmente compiaciuta, abbiamo affermato la scelta di un modello di sviluppo per il nostro territorio fondato sulla sostenibilità e la qualità, delle produzioni e della vita di chi vive e lavora nelle campagne e nelle città”, afferma il sindaco Iaia Calvio. “Un modello che insieme a tantissimi cittadini siamo riusciti ad imporre quando abbiamo ingaggiato e vinto la battaglia contro l’insediamento della discarica per rifiuti speciali e che oggi riaffermiamo come amministratori e rappresentanti istituzionali, utilizzando il linguaggio e le forme proprie delle istituzioni e lasciando ad altri il populismo demagogico che alimenta esclusivamente tensioni e insicurezza. Questo non è il tempo delle divisioni”, conclude Calvio. “è il tempo della fiducia verso le istituzioni democratiche e della partecipazione attiva alla determinazione delle sue scelte”. Facoltà di Ingegneria, il Comune è pronto a contribuire finanziariamente L’Amministrazione comunale di Orta Nova è disponibile a partecipare al finanziamento della sede distaccata della Facoltà di Ingegneria a Foggia ed a perorare questa causa presso l’Unione dei 5 Reali Siti, “purché gli studenti siano disponibili a sottoscrivere un

patto etico che li impegni a prestare la propria professionalità, gratuitamente e per un periodo determinato, al servizio delle comunità che hanno contribuito alla loro formazione”. È la controproposta avanzata dal sindaco Iaia Calvio alla delegazione degli studenti che le ha chiesto di affiancarsi alle altre istituzioni territoriali per scongiurare il rischio della chiusura del corso di laurea. “Tanto per le Amministrazioni comunali che per le imprese è decisivo poter disporre di ingegneri qualificati e capaci”, continua Calvio, “Ma nel nostro caso è sempre più complicato assumerli o contrattualizzarli, tanto per ragioni formali che finanziarie. Mi è parso giusto ed equo, quindi, proporre agli studenti di compensare la comunità degli sforzi compiuti per agevolarli; oltretutto offrendo loro l’opportunità di testare sul campo la formazione accademica. La proposta è stata accolta con grande entusiasmo dai ragazzi e mi auguro che il rettore del Politecnico apprezzi e condivida questo nuovo metodo di relazione con la comunità foggiana”, conclude il sindaco, “improntato alla solidarietà istituzionale e alla valorizzazione delle professionalità locali”. Un documentario su Orta Nova “Orta Nova - La Storia - dal Passo d’Orta ad Orta Nova”, questo è il titolo del documentario presentato nei giorni scorsi presso la Sala Convegni dell’ex Palazzo Gesuitico. Prodotto da Videoflash per la regia di Domenico Francone è una ottima narrazione filmica sulla storia della città del basso tavoliere. Si parte dai primi insediamenti con la presenza di un domus federiciano per poi passare al Passo d’Orta, alla Casa d’Orta, alla transumanza fino alla nuova Orta. Francone con questa sua opera è riuscito, con oculata bravura, a dare quel giusto equilibrio alla narrazione per immagine in movimento e nel contempo un ottimo prodotto per il fruitore. “Orta di Capitanata” l’unico referente del movimento nazionale Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Giovanni Scommegna, coordinatore cittadino del circolo culturale neoborbonico “Orta di Capitanata” “Ultimamente alcune persone hanno preso ad organizzare, nella nostra città, manifestazioni e convegni, analoghi a quelli già proposti in passato dal nostro sodalizio, mascherando dietro una facciata di propositi culturali, una reale intenzione di attuare una propaganda politica, spesso adoperando dei toni piuttosto aggressivi e convulsi, col rischio di generare confusione, disorientamento e disappunto in coloro che vedono il fenomeno con gli occhi da profani. Il coordinamento del Circolo Cul-

turale Neoborbonico “Orta di Capitanata” tiene a precisare di essere l’unico riferimento del Movimento Nazionale per i 5 Reali Siti, non riconoscendo affatto altri tipi di associazioni con il medesimo titolo. Quindi, alla luce di tutto ciò, il Circolo tiene a precisare e ad informare i cari lettori che gli svariati eventi non sono affatto organizzati dal medesimo, ma da altre associazioni presenti sul territorio. Logicamente, le argomentazioni che si trattano in questi convegni non sono monopolio della nostra Associazione, né tantomeno del Movimento Neoborbonico Nazionale, quindi l’oggetto in essere è naturalmente di dominio pubblico. Il Circolo “Orta di Capitanata”, seguendo la linea e le direttive che giungono dalla sede centrale di Napoli, cerca di elaborare minuziosamente le proprie iniziative, adottando un approccio pacato e ragionato, visto che, per la stragrande maggioranza delle persone, tali tematiche costituiscono un’assoluta novità. Il nostro Circolo tende ad assumere un atteggiamento divulgativo e allo stesso tempo aderente alla vita pratica”. Lauree Giovedì 19 aprile scorso, Antonello Sinisi, già laureato in Ingegneria Informatica, ha conseguito la Laurea Specialistica in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso la I° Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari, con una valutazione di 110 e Lode. Ha discusso una Tesi di Laurea in Sistemi e Reti di Radiocomunicazione dal titolo “La Radio In TV: La piattaforma che ha trasformato una radio in radiotelevisione”, relatore il Chiar.mo Prof. Pietro Camarda e correlatore il Dott. Francesco Minunni (Responsabile Settore ICT Gruppo Norba). Auguri al novello ingegnere. *** Il 14 marzo scorso presso l'Università degli Studi di Foggia Luigi Battaglini con 104/110. ha conseguito la Laurea in Beni Culturali con la tesi in Storia dell'Arte Moderna dal titolo “Francesco De Mura in terra di Puglia”. Sinceri auguri al neo Dottore e al papà Mimmo. Lutti L’editore Annito Di Pietro, il direttore Michele Campanaro e l’intera redazione partecipano al dolore del dott. Mimmo Staltari, presidente dell’A.N.P.O.S.D.I. per la perdita della diletta madre. *** È venuto improvvisamente a mancare Salvatore De Leo. L’Editore Annito Di Pietro, il Direttore e la Redazione tutta sono vicini alla famiglia De Leo.


Stornara ha il suo nuovo sindaco: è Rocco Calamita, 48enne impiegato nel settore agricolo e impegnato nel sociale. Calamita, sostenuto dalla lista civica La Torre di Stornara, e “caldeggiato” dalle forze politiche di centrodestra del Pdl e dai Socialisti, fratello dell’ex assessore provinciale Giuseppe, si è preso la sua personale rivincita dopo essere stato battuto, a fil di lana, per soli 40 voti, nell’ultima tornata elettorale a discapito di Matteo Silba, poi costretto alle dimissioni per dissidi in seno alla maggioranza a cui è subentrato per un anno il commissario prefettizio Sergio Mazzia, traghettatore della res publica fino a lo scorso 8 maggio. Calamita ha ottenuto 1517 voti, pari al 45,41%, contro i 1259 di Matteo Silba, con la lista civica Nuove Idee e sostenuto dalla coalizione di centrosinistra, eccezion fatta per il Pd,

che così non è riuscito a bissare il successo del 2009; con 564 preferenze si attesta Vito Antonio Nigro, alleato con la lista civica Tutti Per Stornara e da militanti Pd, unica

Rocco Calamita è nato il 30 novembre 1963 e da sempre vive a Stornara. Impiegato presso un opificio come addetto alla qualità, è sposato e ha tre figli. Tra i suoi principali interessi vi è l’impegno nel sociale e nella promozione culturale, infatti è fondatore e presidente dell’associazione “Città Futura”, attenta a bisogni e necessità della popolazione di Stornara, in particolar modo dei ceti sociali più in difficoltà. Da noi contattato, Calamita non ha nascosto la propria emozione e gioia per il traguardo raggiunto, una sorta di vendetta nei confronti di Matteo Silba, che tre anni fa lo sconfisse per soli quaranta voti, salendo a Palazzo di Città prima di essere costretto alle dimissioni per dissidi con alcuni consiglieri della sua maggioranza. “Ringrazio l’elettorato di Stornara, che ha avuto fiducia in me e nella lista che mi ha sostenuto: rispetto a tre anni fa, quando avevamo una lista con ben 17 candidati consiglieri, la cittadinanza ha premiato la nostra concretezza e trasparenza di programma serio e attento alle reali necessità della collettività” sono state le parole del neosindaco. “Un grazie particolare va rivolto ai tanti giovani

che ci hanno supportato durante tutta la campagna elettorale con entusiasmo e freschezza, aiutandoci coi loro consigli e suggerimenti ad affrontare ogni situazione”. Calamita, fratello dell’ex assessore provinciale alle Politiche del Lavoro Giuseppe, è stato sostenuto da una lista civica, al cui interno vi era il consigliere provinciale Nigro, in forza ai Socialisti; a lui e al segretario cittadino Pdl Prencipe, che si è prodigato per la candidatura di Calamita, sarà assegnato un posto nella Giunta Comunale. I punti salienti del programma del nuovo sindaco saranno “il rilancio dell’agricoltura, l’attenzione a impianti di energia rinnovabile come il fotovoltaico e la riqualificazione della gestione rifiuti, attraverso la promozione della raccolta porta a porta”; inoltre non mancherà l’ascolto verso i giovani di Stornara, “con la creazione di una consulta giovanile e la presenza in consiglio comunale di un giovane eletto all’interno del movimento La Torre di Stornara”. Quali saranno i primi provvedimenti della nuova Giunta? “Ci muoveremo per ridare lustro alla viabilità attraverso due decisioni: innanzitutto provvederemo a

new entry nel rinnovato scenario politico, numero tuttavia non sufficiente per garantirgli di sedere in Consiglio Comunale nello schieramento di opposizione. Alta l’affluenza all’urne, attestatasi all’85,9%, di un punto inferiore rispetto alle precedenti elezioni, a testimonianza di un consolidato attaccamento alle vicende amministrative in un paese bisognoso di uno slancio economico e socioculturale. 21 le schede bianche e 49 le nulle, per una percentuale del 2%. Cinque i seggi assegnati alla coalizione di maggioranza, con i seguenti consiglieri più suffragati: Giovanni Di Corato (336 voti), Roberto Nigro (267), Brigida Andreano (211), Ferdinando Iagulli (192) e Francesco Bianchino (135). Siederanno tra gli scranni della minoranza il candidato sindaco Silba e il più suffragato della sua lista, Fedele Alborea (268 preferenze).

spostare il mercato settimanale del martedì da Via Oberdan (dove fu collocato con una delibera del commissario Mazzia) a via Mazzini e ci impegneremo a rifare il manto stradale lungo le vie cittadine” ci fa sapere Calamita. Auguriamo al nuovo sindaco, assieme alla Giunta e a tutto il Consiglio Comunale, di lavorare alacremente per il bene comune a favore della collettività, affinchè Stornara diventi un esempio virtuoso di buona e sana politica costruttiva e propositiva.


Questi sono gli eletti a Stornarella nel nuovo Consiglio Comunale dei Ragazzi: Mattia D'Agnello, Gerardo Baccari, Sofia Carosiello, Luca Fiordelisi, Marida Murgese, Chiara Cannone, Francesco Lombardi, Vito Berardi, Fabio, Quercia, Rebecca Matera, Martina D'Agostino, Mauro Cassanelli, Cristina Lombardi, Carmelo Palumbo, Carmen Stafano e Pietro Sardone. Mattia D'Agnello è stato eletto Sindaco, riuscendo ad avere la fiducia dei suoi compagni, con la presentazione del suo programma elettorale: “Insieme costruiamo il nostro futuro”. Sin dalle prime battute, all'atto dell'insediamento, pare che il Mattia voglia “fare sul serio”, e non ha nascosto affatto le sue intenzioni di far sentire la propria voce al Consiglio “degli adulti”, ai quali ha chiesto di adoperarsi per: 1) - informatizzazione delle aule; 2) - una casa soggiorno per gli anziani; 3) ristrutturazione della palestra per le attività motorie. La cerimonia di insediamento del nuovo Consiglio si è svolta nell'aula consiliare del Comune, alla presenza del Sindaco Vito Monaco e della professoressa Giuditta Martino, quale Vicaria responsabile dell'Istituto Comprensivo “Aldo Moro”. Il primo cittadino, dopo aver fregiato il Sindaco D'Agnello con la fascia tricolore e donato ai nuovi “amministratori” il libro Cittadini... per Costituzione, ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno collaborato, sia all'elezione del CCRR che alla riuscita della bella cerimonia. Ha voluto ringraziare anche tutte le mamme che con il loro grande entusiasmo, hanno saputo trasformare la cerimonia in una grande festa di paese. «È importante - ha voluto precisare la professoressa Martino - creare relazioni di collaborazione e confronto fra i ragazzi, a partire dai problemi reali ed ascoltare i loro diversi punti di vista». Tuttavia il dovere di cronaca non può

sottrarmi dall'obbligo di parlare delle vere artefici di questa cerimonia, due insegnanti della “Primaria” che sono state le animatrici e nello stesso tempo referenti del progetto: Ornella Paglialonga e Pina Agostinelli. Loro hanno saputo accompagnare i

ragazzi lungo il percorso di questa affascinante esperienza, volta a far conoscere agli alunni i meccanismi fondamentali della vita democratica. «Ringraziamo l'Amministrazione Comunale - dice la signora Agostinelli - per aver istituito cinque anni fa il CCRR, un mezzo sicuramente valido con il quale, i nostri ragazzi imparano cosa significa essere un cittadino ma soprattutto a riconoscere quella linea di demarcazione, spesso ignorata, che esiste tra i diritti e i doveri. Noi - continua la signora Agostinelli - riteniamo importante che i ragazzi possano acquisire la conoscenza di base sull’ordinamento politico ed il sistema amministrativo della propria città, conoscere le risorse del territorio di Stornarella nel suo contesto storico, culturale e

ambientale». «In questi ultimi mesi il nostro Istituto Comprensivo - visibilmente raggiante la signora Paglialonga per la riuscita della cerimonia - si è trasformato in una vera e propria palestra di democrazia, dove i ragazzi hanno imparato a confrontarsi civilmente sui programmi e ad elaborare proposte e progetti per il bene della nostra Comunità cittadina. Grande importanza l'abbiamo assegnata anche all’osservanza delle regole, senza le quali il confronto democratico correva il rischio di perdere la sua efficacia e scadere ad un livello da rissa da stadio. Per questi motivi - ha continuato la sig.ra Paglialonga - da qualche anno con il consenso dell'intera dirigenza scolastica, il CCRR lo abbiamo inserito nell'ambito di un progetto molto più ampio, che è quello dell'Educazione alla Legalità, compito fondamendale del mondo della scuola». Cari ragazzi, anzi, cari “colleghi” da oggi inizia per voi un'avventura importante ed impegnativa, forse tra le prime vere sfide della vostra vita, ma credetemi se vi confesso che nella vostra avventura ci sentiamo pienamente coinvolti e un po' emozionati anche noi. Questa amministrazione, della quale ho l'onore di far parte come delegato alla pubblica istruzione, crede profondamente nel valore della partecipazione democratica dei azzi, nel loro coinvolgimento nelle decisioni di carattere generale e nella condivisione dei percorsi. Prendere posizioni condivise nell'interesse generale, non è affatto facile, neanche per noi “grandi” proprio perchè viviamo in un momento in cui la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica è ai minimi storici. Vi esorto ad apprendere quella disciplina denominata “Cittadinanza e Costituzione” che sinteticamente si concretizza nel libro che il nostro sindaco ha voluto farvi dono. Auguri ragazzi!

Al giorno d'oggi il senso civico delle persone deve essere sempre sollecitato perché appare chiaro che molto spesso il rispetto non solo per le persone ma per tutte le forme di vita, animali e ambiente venga tenuto in scarsa considerazione e che emergano maggiormente sentimenti di indifferenza, noncuranza e insensibilità. Ha rivolto l'attenzione sul tema della raccolta differenziata il convegno tenutosi nella mattinata di venerdì 27 aprile nei locali della biblioteca comunale di Carapelle a cui hanno partecipato vari ospiti. Dopo i saluti del sindaco, prof. Alfonso Maria Palomba, sono intervenuti Giuseppe Russo, dirigente dell'Istituto Comprensivo di Carapelle, il quale ha coinvolto anche gli studenti delle scuole medie presenti alla manifestazione, il dott. Giovanni de Seneen, console provinciale maestri del lavoro d'Italia e infine l'architetto Francesco Vasciaveo. I relatori hanno per prima cosa sottolineato che la raccolta differenziata rientra nel settore più ampio della gestione dei rifiuti ed è uno dei molteplici modi per ridurre l'inquinamento ambientale. Il 40% dei nostri rifiuti è costituito da materiale organico, poi ci sono le plastiche, difficili da gestire per quanto riguarda il volume, vetro e infine carta e cartone. Questi scarti, prodotti sia dalle utenze domestiche sia dalle piccole e grandi utenze commerciali prima di essere

definitivamente smaltiti, “devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero” così come riporta la quarta parte del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, che disciplina le norme in materia ambientale. Infatti la riduzione dei rifiuti facilita le tecniche di recupero e di riciclaggio con il conseguente riutilizzo di quelle stesse materie prime che possono essere impiegate in modi nuovi e diversi. Se poi la coscienza di alcune persone non è incline all’educazione ambientale si può sempre far leva su un altro aspetto che non è spesso preso in considerazione. Contribuire a mantenere pulito l’ambiente facendo la raccolta differenziata comporta un risparmio in termini economici, maggiore di quanto si crede. Basti pensare alla minore produzione di plastica da parte delle aziende che risparmiano così sugli imballaggi, alla possibilità di sfruttare i nostri scarti per ricavare energia, alla diminuzione dei costi di smaltimento oppure ai benefici in agricoltura con l’utilizzo del compost naturale ricavato dai rifiuti organici. E questi sono solo alcuni degli aspetti positivi. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2010 la percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani è del 31,7% con un aumento rispetto al 2009 di 1,4 punti; inoltre risulta che Pordenone, Novara e Carbonia sono ai primi posti

della classifica delle città che effettuano la raccolta differenziata mentre agli ultimi posti troviamo Messina, Enna e Siracusa. Questi dati, oltre a dimostrare una differenza tra le abitudini ambientali degli italiani, fanno percepire che qualcosa sta lentamente cambiando e che non tutti sono indifferenti alla questione scottante della spazzatura. Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga, vanno modificati gli atteggiamenti sbagliati e bisogna incrementare le attività e gli incentivi per la raccolta differenziata. Non bastano le parole, portate via dal vento, servono i fatti, le azioni e quindi ben vengano i convegni e le manifestazioni per trattare questioni sull'ambiente ma ci vuole molto più coraggio ad agire. I cittadini devono, dal canto loro, evitare di gettare fazzoletti, bottiglie, carte e scarti di ogni genere in mezzo alla strada, mentre le Pubbliche Amministrazioni hanno l'obbligo di verificare giornalmente che la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti vengano eseguiti in rispetto alla vigente normativa, di fornire gli strumenti necessari per la raccolta differenziata, di sollecitare le aziende preposte allo svuotamento dei cassonetti e alla pulizia delle strade e soprattutto di punire i trasgressori. L'ambiente é la nostra vita, se non vogliamo uccidere noi stessi, non dobbiamo uccidere l'ambiente.


La solenne festività della Madonna Incoronata rappresenta un momento di grande devozione e preghiera per migliaia di fedeli del nostro territorio e dei limitrofi Comuni lucani, devotissimi alla solennità dell’apparizione della Vergine Maria nell’ultimo sabato di aprile del lontano 1001 al conte di Ariano Irpino e al pastore Strazzacappa, che resosi subito conto dello straordinario evento, versò dell’olio in un tegame di rame e accese un fuoco in onore della Madonna apparsa su di una quercia. Le celebrazioni sono cominciate il 22 aprile con la traslazione dell’effigie della Vergine nella cripta e successivamente nel Santuario, con la solenne vestizione alla presenza di S.E. Mons. D’Ercole, Vescovo della Diocesi de L’Aquila, alla presenza di autorità civili e religiose. Venerdì 27 è stata la volta della tradizionale Cavalcata degli Angeli sul tema “Giovanni Paolo II e la famiglia” in ricordo dei venticinque anni dalla visita dell’indimenticabile Papa presso il Santuario Incoronata, con la successiva veglia di preghiera organizzata nella Parrocchia di San Paolo di Foggia presieduta da Mons. Tardio, vicario della Diocesi Foggia-Bovino. Il sabato mattina è da sempre il giorno dedicato al pellegrinaggio a piedi di migliaia di fedeli provenienti da ogni zona limitrofa verso il Santuario, con l’Eucarestia presieduta dal Vescovo S.E. Mons. Tamburrino alle 4, l’ora di apparizione della Madonna. Durante

tutta la mattinata si sono alternate le celebrazioni di Sante Messe, in una Chiesa gremita all’inverosimile ma contraddistinta da un ordinato e mai pericoloso afflusso, grazie all’imponente servizio d’ordine realizzato dai giovani della comunità parrocchiale, nonché le numerose associazioni di protezione civile e sanitaria della nostra provincia. La solennità si è poi conclusa la domenica successiva, con la celebrazione della santa messa officiata da Don Felice Bruno, Rettore del Santuario, che ha benedetto l’olio, donato dalla comunità religiosa e dal Comune di San Giovanni Rotondo, con cui è stata accesa la lampada votiva posta sotto la statua della Madonna, ancora senza la preziosa corona rubata cinque mesi fa e sostituita da una corona in argento bagnata tre volte nell’oro, indossata venticinque anni fa in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II. E sempre in ricordo di questa storica venuta a fine maggio la comunità di Don Orione accoglierà una reliquia di Karol Wojtyla. È in fase di realizzazione un Parco dedicato proprio a Karol Wojtyla, uno spazio utile a ogni pellegrino come luogo di sosta e raccoglimento all’aperto, immerso nel verde. È possibile aiutare la costruzione del parco effettuando un’offerta libera di 250 euro (il proprio nome sarà inciso sul mattone) o 100 euro (inciso sul tabellone): per informazioni consultare il sito www.santuarioincoronata.it.

S.S. MARY INCORONATA STORY Not too far away from here, There is a big bush where, in the middle of it, a great Church has built. A long time ago in this place, a thousand years and more, on the top of an oak tree a bright and celestial image appeared. It appeared to a man With his cow, that standing by the tree, and blinded for the light, both fallen down on their knees. One second time the celestial image appeared to the “Conte Appiano” saying to be the God Mother, the Holy Mary Incoronata, called Incoronata because of three crowns hanging on her head. The Holy apparition was the last Saturday of April; just in that warm time, when a lot of flowers blow up, and fields are all gree. From that time on, it is a folk tradition to walk in pilgrimage to Mary Incoronata Church, where, many and many people came to pray Her, to visit Her moving from everywhere. By Sara *** Non molto lontano da qui, c’è un grande bosco dove, in mezzo ad esso, una Chiesa è costruita. Molto tempo fa in questo posto, un migliaio di anni e più, sulla cima di un albero di quercia una luminosa e celestiale immagine apparve. Essa apparve ad un uomo con i suoi buoi che si trovavano nei pressi dell’albero, i quali, frastornati per la luce, entrambi caddero inginocchiati. Una seconda volta, la celeste immagine apparve al Conte Appiano, dicendogli di essere la Madre di Dio, Maria Santissima Incoronata, così chiamata per via di tre corone sospesa sulla propria testa. La Santa apparizione avvenne l’ultimo sabato di aprile, proprio in quel tiepido periodo quando molti fiori sbocciano, e i campi di grano sono verdeggianti. Da quel tempo in poi, è tradizione popolare, andare in pellegrinaggio a piedi alla Chiesa della Madonna Incoronata, dove tanta, e tanta gente si reca per pregarla, per visitarla; muovendosi da ogni luogo.


Venerdì 20 aprile u.s. si è tenuto un interessante convegno presso la Sala della Rimembranza del Palazzo ex Gesuitico in Orta Nova (FG) alla presenza del Sindaco di Ordona Dott. Rocco Formoso, Presidente dell’Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti, del Consigliere Antonio Tartaglia, delegato dal Sindaco di Orta Nova Avv. Iaia Calvio e del Sindaco di Carapelle, Prof. Alfonso Palomba, Assessore alla Cultura dell’Unione. L’aver promosso tale convegno di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, d e d i c a n d o un’intera serata al tema “Banche, imprese, famiglie, crisi: quattro parole difficili da coniugare”, va ascritto a merito dei giovani avvocati organizzatori, docenti presso la nostra Sede: Gerardo Antonio Cavaliere, Gianluca Guastamacchio e Filippo Marco Gatta. In un momento di crisi come l’attuale ecco che l’Unitre organizza una conferenza dibattito con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia. L’Avv. Ettore Palomba ha comunicato ai presenti il saluto del Presidente dell’Ordine Avv. Mario Antonio Ciarambino; prevista l’attribuzione di tre crediti per la formazione professionale permanente degli avvocati. Il primo relatore il Prof. Avv. Giulio Gentile, docente di Diritto bancario nell’Università degli Studi di Bari, ha ripercorso le tappe salienti della situazione di grave crisi economicofinanziaria che attanaglia i nostri tempi. Dal crollo delle Lehman Brothers (15/9/08) all'imponente numero di licenziamenti in vari settori, focalizzando l'attenzione proprio sulle banche e sulla loro mancanza di liquidità. Sono proprio le banche, infatti, che hanno cominciato a vestire la maglia nera delle cattive aziende, un po' perché la normativa di Basilea 2 impone loro di essere molto restrittive nell'erogazione del credito, un po' anche perché sono aumentate conseguentemente le sofferenze. In questi

ultimi anni, passati alla lente di ingrandimento del Prof. Gentile, sono protagonisti anche i debiti sovrani, ovvero i titoli di stato con cui gli Stati vendono il proprio debito in cambio di liquidità. Il grave crollo della solidità di questi titoli ha portato al deprezzamento (mai visto) dei capitali delle grandi banche, che proprio quei titoli detengono in grossa quantità. Insomma, una situazione paradossale, in cui chi dovrebbe avere i soldi (le banche) non li ha davvero e non li vuole prestare a nessuno che non

sia affidabile, mentre chi starebbe sempre in deficit (le famiglie) mette sotto il mattone i pochissimi risparmi che riesce a fare, bloccando i consumi in maniera drastica. Gli altri interventi tra cui quello dell’Avv. Filippo Marco Gatta, dell’Avv. Gianluca Guastamacchio che ha svolto il compito di moderatore, hanno inteso evidenziare le tante sfaccettature al tema. L’Avv. Gerardo Antonio Cavaliere ha relazionato in merito all’etica delle banche, o meglio, se vi sia effettivamente un'etica nelle banche. Premesso che si tratta di società che mirano, nella maggior parte dei casi, a remunerare gli azionisti con i proventi degli utili, è difficile applicare alle banche il significato della parola etica per come siamo abituati a pensare. Si è giunti alla conclusione che l'etica delle banche è di tipo deontologico, cioè l'azione è giusta se rispetta i principiguida, a prescindere dalle conseguenze a cui essi conducono; diversamente, l'etica

teologica o della responsabilità, prevede che un'azione sia giusta solo se essa produce direttamente o indirettamente un beneficio. Nell'affrontare il tema dell'etica delle banche si è più volte fatto cenno alle importanti statuizioni che il diritto impone nei rapporti fra risparmiatori e banche stesse. In questo complesso equilibrio fra etica e diritto, però, si frappone l'ingerenza della politica, che mescola le carte del buon vivere comune, creando non pochi problemi ai consociati. Molti sono gli esempi che si possono contare in questo specifico ambito. Fra tutti, però, è stato evidenziato il caso dell'anatocismo, fenomeno che, pur essendo stato regolamentato in favore dei consumatori da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è stato oggetto di un colpo di spugna proprio da un decreto legge della fine del 2010. In questo caso, recentemente è intervenuta la Corte Costituzionale, dichiarando quell'articolo del decreto legge incostituzionale. Certo nessuno pensa si possa trovare nell’ambito ristretto di una conferenza, la soluzione ai numerosi problemi e alle tante difficoltà che ciascuno di noi incontra ogni giorno, ma il confronto sereno su un argomento che ci coinvolge, può aiutarci a trovare significati, spunti di riflessione sui comportamenti e le azioni nostre e altrui. In un 2012 proclamato dell’Unione Europea come “Anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni” le sedi Unitre possono fare leva sull’organizzazione per sensibilizzare le istituzioni e incoraggiare i responsabili politici a fissare gli obiettivi da realizzare. È un nobile modo per ampliare la finalità di servizio, contenuta nel nostro agire, e concretizzare il relativo interesse al bene civico, culturale e sociale della comunità.


Confesso di essere preoccupato per le sorti dell’“Unione”. Troppi segnali negativi, infatti, veicolano in me il convincimento che in questo momento storico l’“Unione” non sia in buona salute, sottoposta com’è da qualche tempo a troppe spinte centrifughe che stanno minando alla base la coesione stessa dell’ente sovracomunale, giunto oggi al suo quarto anno di vita. Il mancato trasferimento del canile di Ortanova all’“Unione” (con conseguenti tensioni interne tra i sindaci), la frattura determinatasi in seno al consiglio sulla nomina del presidente (un’inezia rispetto ai problemi seri da affrontare Much Ado About Nothing - W. Shakespeare), la vexata quaestio dell’impianto a biomasse nel territorio di Carapelle (con divisione manichea dei consiglieri e dei sindaci in “buoni” e “cattivi”, come ha testimoniato l’assise del 2 maggio tenutasi presso il comune di Stornarella) sono sintomi evidenti di un malessere endogeno, generato da chissà quali pensieri sotterranei o da inconfessabili manovre: di certo quando mancano il dialogo costruttivo e la fiducia reciproca vuol dire non solo che non tutti, specie tra i neofiti, hanno seguito a tempo debito (cioè al tempo della nascita del nuovo ente territoriale) l’ampio dibattito sviluppatosi intorno al progetto e segnato dalla «fatica» spesa nel far sedere intorno ad un tavolo cinque sindaci (e, quindi, cinque amministrazioni) di diversa estrazione ideologica, ma prova anche come la politica non intenda esplorare percorsi nuovi, perché ancora troppo condizionata dalla coltivazione dell’«orticello» personale. Agli sciamani dello «sfascismo» consiglio, pertanto, ancora una volta di riflettere sull’importanza di «fare sistema» sul territorio, nonostante le difficoltà che si incontrano lungo il cammino, perché è l’unica via possibile per affrontare le sfide del presente, reso oggi più drammatico dalla crisi finanziaria del Paese, oltre che dalla marcata indigenza morale e civile dei tempi che stiamo attraversando: il fallimento del progetto sarebbe, infatti, non solo la prova dell’inadeguatezza della politica, ma anche l’ammissione della sua impotenza. Come sia possibile litigare per la nomina del presidente del consiglio non è dato sapere, a meno che non si voglia qui ricordare l’insegnamento di Fedro, per il quale numquam est fidelis cum potente societas (= col forte essere socio non è cosa sicura I, 5): non è consentito ad alcuno, in altri termini, vantare primati demografici o pretendere una leadership che non sia «concessa» dagli altri partner, perché all’interno di un team tutti hanno pari dignità. È fuori della storia, poi, chi ritenga di poter trinciare giudizi sul pregresso

dell’«Unione», non solo perché non è consono al ruolo rivestito esprimere condanne per qualcosa che non si è vissuto in prima persona, ma anche perché si dimostra sul campo la propria valentia (a prescindere, direbbe Totò) e non certo a parole, di cui facciamo oggi largo uso e notevole abuso. A questi pessimisti per atteggiamento naturale o a questi stregoni dell’iconoclastia a tutti i costi dico soltanto che tutto è ancora possibile, perché, per dirla con il filosofo Remo Cantoni, le cose accadono o non accadono, se noi vogliamo che accadano o non accadano: l’attivismo della volontà consapevole e ragionato, infatti, è più forte di ogni forma di pessimismo. Si abbandonino, dunque, i malintesi, i tatticismi per la conquista della primazia all’interno dell’“Unione”, i giochini sotterranei per piccole “vendette” che servono solo a mettere a dura prova la tenuta del neonato ente e si cerchi tutti insieme di far decollare la delicata «macchina» costruita nel tempo con grande fatica e soprattutto grazie ad una forte tensione ideale, oggi affievolitasi, in vero, non solo a causa del turnover continuo dei vari sindaci e delle diverse delegazioni comunali, ma anche a causa delle implicite difficoltà ad andare, per ragioni elettoralistiche, oltre il municipio e oltre il proprio partito. Dinanzi ad una tale vision ideologica e politica del sistema - “Unione” vero e proprio punto di appoggio archimedeo per poter andare avanti nel cammino - è naturale che ci possano essere tentennamenti (abituato com’è ogni singolo «attore» del processo avviato a «cavarsela» da solo, rinchiudendosi nella solitudine del proprio cuore), anche perché l’“avventura unionista” cantierizzata, se è tale da far tremare le vene e i polsi a chicchessia, non è impossibile, a condizione, però, che ognuno porti all’interno del consiglio idee, progetti e proposte e abbassi il dito accusatorio sempre puntato nei confronti dell’altro. È facile «distruggere», infatti, mentre “costruire” è estremamente complicato: sul terreno, invece, della ricomposizione dei conflitti e del riassestamento delle fragilità emerse durante il triennio trascorso, si gioca la partita più significativa, se si vuole continuare ad operare tutti insieme nell’interesse del territorio. Oppure, se ci sono manovre subdole sotto banco, si abbia il coraggio di dirlo, perché è inutile “vivacchiare” senza passione e soprattutto senza partecipazione e senza condivisione. Io credo che tutto sia ancora possibile. *assessore alla cultura


Alla presenza dell'Assessore Regionale alla Sanità, dr. Ettore Attolini e dell'Assessore ai Servizi Sociali d.ssa Elena Gentile è stata inaugurata, ad Orta Nova, la nuova sede del presidio socio-sanitario. All'importante cerimonia non ha voluto mancare, tralasciando anche altri impegni, l'ing. Attilio Manfrini, Direttore della ASL di Foggia. Un'opera certamente importante da annoverare come pietra miliare posta a testimonianza di una volontà istituzionale a voler garantire un servizio sanitario sempre più efficiente. Il sindaco di Orta Nova, dott.ssa avv. Iaia Calvio non è riuscita a nascondere la sua soddisfazione nell'inaugurare la nuova sede, ricordando ai cittadini ortesi presenti che con la nuova struttura, si riusciranno a concentrare, mettendoli a disposizione dell'intera comunità, i principali servizi sociali e sanitari. Il sindaco ha voluto ringraziare anche l'opera svolta dal dr. Potito Mauriello e dal consigliere Lacerenza, nell'approntare in tempi brevissimi l'apertura ufficiale del presidio sanitario. Presenti alla crimonia, anche i sindaci di Carapelle e di Stornarella: il prof. Alfonso Palomba ed il rag. Vito Monaco. Positivo e di grande valenza politica è stato l'interevento del dr. Rocco Formoso, sindaco di Ordona, nonché attuale Presidente dell'Unione dei Cinque Reali Siti, che con il suo discorso ha esordito, dicendo: “Partecipare a manifestazioni come questa credo rappresenti, nella quotidianità di chi è impegnato nella gestione della cosa pubblica, uno dei rari momenti gratificanti e ripaganti in queste giornate in cui si respira un pesante clima di antipolitica”. Continuando ed entrando nel vivo del suo discorso ha affermato che: “Centro di salute mentale, Unità operativa territoriale per le dipendenze patologiche, Servizio del 118, Guardia medica, acquistano oggi una dimensione, una sistemazione logistica degna dell'importante ruolo che essi svolgono nel contesto della complessa organizzazione dei servizi sanitari territoriali”. Infine il dr. Rocco Formoso, riferendosi alla Sanità a livello regionale, ha voluto concludere il suo intervento “...con l'auspicio che venga attuata la nuova organizzazione di un servizio sanitario più efficiente, ancorato sul concetto di equipe, che prevede tra l'altro il cosiddetto “trasferimento di

chiamata” che dirotta sul telefonino del medico di guardia la chiamata stessa”. Sicuramente in queste celebrazioni ufficiali gli auspici non guastano mai, ma il compito fondamentale di un organo d'informazione è di sollecitare le varie istituzioni, ad iniziare da quelle locali a riservare una corsia preferenziale, nel momento in cui si debba decidere su questioni che interessano il servizio più importante per il cittadino: la Sanità. Credo che ognuno di noi è cosciente che è difficile definire in quale punto del guado attualmente si trovi quella vera realizzazione di riforma sanitaria che tutti aspettiamo. Sono convinto che oggi su di un dato dovremmo tutti convenire: più il tempo passa più le esperienze, le realizzazioni, le prospettive tendono, in questo settore, a diversificarsi profondamente. Perciò cari lettori, il tema del presente scritto è, che chi avrà il compito di utilizzare la nuova struttura socio-sanitaria, si dovrebbe seriamente interrogare come farla funzionare e metterla al servizio dei propri cittadini. Il timore di chi scrive è che spesso la lentezza nell'approvazione di riforme più efficaci, metteno a repentaglio anche la componente più essenziale del concetto di salute. Alla prossima.


Orta è situata a mezza strada tra Foggia e Cerignola, quasi al centro di un pentagono irregolare sui cui vertici sono posizionate Carapelle, Ordona, Stornarella, Stornara e Tressanti, la sesta “Colonia” che doveva chiudere la poligonale, progettata nei 1858, e che non fu realizzata per la caduta, due anni dopo, del Regno delle Due Sicilie. Il suo territorio fertile, ricco di boschi e pascoli e di acque per via dei numerosi corsi d'acqua (il Carapelle, il Rio morto, il canale di Zampino, quello di S. Andrea, ecc.) e delle numerosissime sorgenti affioranti in superficie (Palata, Capo dell'acqua, Passo d'Orta, ecc.) era l'habitat ideale per numerose specie di animali, di uccelli e di pesci. Questo spiega la presenza, su di esso, di insediamenti umani fin dalla preistoria. Sono altresì presenti e attendono di essere riportate alla luce gli insediamenti di epoca romana, perché una ramificazione dell’antica Via Traiana passava in prossimità della Masseria Cirillo-Durante risalente al XVII secolo. Il nome di Orta compare per la prima volta in un documento ufficiale del 1101, l’atto di donazione col quale il Conte Guglielmo donava Orta all’Abbazia della SS. Trinità di Venosa. Federico II vi fece costruire una “domus”, una residenza di caccia dalla quale, nel 1240, spedì numerose lettere e dove suo figlio Manfredi, nel novembre del 1263, firmò il decreto di fondazione dell'odierna Manfredonia. Andata in rovina la “domus federiciana”, abbandonata dai sovrani angioini succeduti agli svevi, il territorio di Orta fu abitato da piccoli gruppi umani raccolti nelle varie “poste” e “masserie” disseminate nella “Locazione di Orta” (una delle 23 in cui era stato suddiviso nel 1446 il Tavoliere), destinata al pascolo delle greggi transumanti dall'Abruzzo e soggetto alla giurisdizione della Dogana che, dopo Lucera, si era insediata a Foggia nel palazzo che ancora oggi ne tramanda il nome. All'inizio del XVII secolo il vasto possedimento di Orta fu acquistato dai Gesuiti che vi edificarono, intorno al 1610, una masseria ratificata con annessi Convento e Chiesa dedicata a S. Maria delle Grazie. Nasceva così, attorno alla residenza gesuitica, il primo nucleo dell'odierna Orta. Espulsi i Gesuiti dal Regno di Napoli nel 1769, i loro possedimenti furono acquisiti al patrimonio della Corona. Cinque anni dopo, nel 1774, su consiglio del Ministro Tanucci, il Re Ferdinando IV, figlio del grande Carlo III, vi insediò cinque “colonie”: Orta, Stornara, Stornarella, Ordona e Carapelle. Quattrocentodieci braccianti nullatenenti (dei quali 105 destinati ad Orta), provenienti da una ventina di Comuni di 5 Regioni del Regno, furono inviati a popolane. Il 14 giugno 1806 Giuseppe Bonaparte, insediato sul trono del Regno di Napoli dal fratello Napoleone, innalzava Orta al rango di Comune con giurisdizione anche su Carapelle (divenuta autonoma nel 1957) e su Ordona (che raggiunse l'autonomia nel 1975). Molti giovani, figli di ricchi pastori o di possidenti ortesi, mandati a studiare a Napoli, aderirono prima alle società segrete della Carboneria e successivamente alla Società Nazionale di ispirazione mazziniana. Vanno ricordati i fratelli Vincenzo e Savino Colavita e l'avvocato Alessandro Carella. Essi, insieme all'avvocato stornarellese. Pietro Golia e a Salvatore Aulisi, originario di Bagnolo (AV) ma che operava nel territorio dei “Cinque Reali Siti”, organizzarono sia in occasione dei moti liberali del 1820 che di quelli del 1848 manifestazioni popolari a sostegno della Costituzione, per due volte concessa e per due volte poi revocata dai Sovrani borbonici, pagando col carcere il loro amore per la sovranità popolare, in opposizione all'assolutismo regio. All'indomani della proclamazione del Regno d'Italia (1861), Orta aveva già 3742 abitanti. La popolazione era cresciuta rapidamente nel corso dei due precedenti decenni a seguito dell'afflusso di numerosi braccianti dai Comuni dell'Alto Tavoliere (distretto di S. Severo) e dalla Terra di Bari (la marina). Nel periodo in cui viene amministrata dal Sindaco Giuseppe Smisi, Orta (che nel 1863 assunse il nome di Orta Nova per non confondersi con altre località omonime del Regno) cominciò a dotarsi delle prime infrastrutture e dei primi edifici pubblici, a cominciare dal Palazzo Municipale, inaugurato “Cinque anni dopo redenta l'Italia”, ossia nel 1866. Nei decenni successivi, alla pastorizia e alla cerealicoltura si affiancarono l'olivicoltura e la viticoltura. Nel 1884 (Sindaco Francesco De Maio), primo fra i Comuni della Provincia, Orta Nova assunse, a spese del Comune, un agronomo di Minervino Murge, Filippo Maninelli, “per insegnare ai coltivatori ortesi la fatturazione del vino” e due anni dopo venne iniziato lo scavo del “Formone”, conosciuto da tutti come “La bonifica”, il canale di raccolta delle acque pluviali, che fu completato negli Anni Trenta del secolo scorso. All'inizio del XX secolo Orta Nova contava 6981 abitanti che salirono

a 8546 nel 1911 e a 10206 nel 1931. Sotto i tre Podestà Antonio Schiavone, Pietro Di Conza e Giovanni Spinelli, nel decennio 1928-1938, Orta Nova assunse i caratteri di una cittadina moderna, con le strade principali pavimentate con basole di pietra lavica, dotata di rete idrica e fognaria e della pubblica illuminazione; di un moderno Campo Sportivo, di un nuovo Edificio Scolastico, della sede dell'ONMI, di un nuovo Macello e di un nuovo Cimitero, ampliamento del vecchio, poi ulteriormente ampliato, in questi ultimi dieci anni sotto l'amministrazione di Giuseppe Moscarella. Ha due sale cinematografiche, la Sala Eden e la Sala Roma, una cartiera (Frezza), una distilleria (De Lorenzo) e un grande stabilimento vinicolo (Colucci) con filiale a Reggio Emilia. Nel 1943, in piena guerra, il Podestà Luigi Russo porta a termine l'appoderamento della Mezzana. Orta Nova pagò, come tutti i Comuni d'Italia, il suo tributo di sangue alla Patria nelle due Guerre Mondiali: 116 morti nella prima (fra cui 16 decorati alla memoria e tre soli tornati vivi dal fronte) e 96 nella seconda, fra i quali numerosi decorati al valore. Ad essi si deve aggiungere la M.O. Antonio Di Conza, caduto nella guerra d'Etiopia del 1935-36. Finita la II Guerra Mondiale, Orta Nova riprese faticosamente il suo cammino. Fra il 1946 e il 1947 (Sindaco Bios De Maio), viene costruito il Cine teatro Cicolella, l'unico ancora in funzione. Il terremoto del 1948, grazie all'intercessione del Santo di Padova, Patrono della città, evitò la perdita di vite umane ma provocò l'inagibilità di molte costruzioni del centro storico. L'ing. Antonio Schiavone intervenne ancora una volta in favore della città progettando e dirigendo i lavori di costruzione delle “case minime per terremotati” addossate al muro di cinta del Campo Sportivo da lui realizzato anni prima. Contemporaneamente, con i fondi raccolti con una pubblica sottoscrizione, egli sopraelevò il fabbricato dell'ex ONMI, dando così una sede degna alla Scuola Media che diresse fino al giorno della sua messa a riposo per limiti di età. Nel 1951, su iniziativa dell'arciprete Domenico Vallario, venne demolita la vecchia Chiesa gesuitica e iniziò la costruzione della Nuova Chiesa Matrice, della quale ricorre il Cinquantenario della sua apertura al culto. Orta Nova contava 13382 abitanti nel 1951, ma nel giro di pochi anni circa due mila di essi emigrarono, prevalentemente a Torino e a Milano, ma anche in altri Paesi europei, a seguito delle tremende gelate del biennio 1955-56 che distrussero la quasi totalità della produzione agricola e misero letteralmente in ginocchio l'economia ortese. Nei tre decenni di amministrazione guidata da Saverio Zampini (195282) e nei due successivi, l'economia ortese lentamente si riprese. Sorsero le prime Cantine sociali e alcuni importanti stabilimenti vinicoli privati (Ladogana, Lapenna, Lavacca, Losito, ecc.). Per un certo numero di anni fu attiva anche una Manifattura tabacchi impiantata dalla baronessa Cirillo, la quale aveva introdotto la coltivazione del tabacco nella sua masseria avvalendosi di manodopera leccese, come i Rizzo e gli Zacheo. Le migliorate condizioni economiche dovute al “boom economico” verificatosi in Italia tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Anni Sessanta e il cambiamento dello stile di vita determinato dalla motorizzazione di massa, dall'arrivo sul mercato dei moderni elettrodomestici, la sostituzione del cavallo e del carretto con il trattore e i veicoli a motore, rendevano del tutto inidonee le vecchie abitazioni del centro storico alle mutate esigenze delle famiglie. Si assistette perciò al declino e al progressivo svuotamento del centro storico e alla contemporanea espansione del centro abitato, con la nascita di nuovi quartieri. Il passaggio dalla cerealicoltura e dalla pastorizia alle colture intensive di prodotti ortofrutticoli, la sostituzione dei vecchi vigneti “a spalliera” con i più produttivi impianti “a tendone”; i costi considerevoli connessi alla meccanizzazione agricola, il passaggio di molti figli di coltivatori nelle fila degli operai dell'industria e la vendita, da parte degli ortesi emigrati, dei loro fondi rustici di ridotta estensione, tutti questi fattori portarono ad un riassetto della proprietà terriera che ormai si caratterizza sempre più per la presenza di aziende di dimensioni mediopiccole, medie e mediograndi, in grado di affrontare la sfida posta dal “mercato globale” che esige prodotti di pregio o, come si dice oggi, “di nicchia”. Nel 1984, sotto le amministrazioni guidate da Vincenzo Maffione e Giuseppe Netti, il vino ortese ebbe il riconoscimento della DOC. I fazzoletti di terra sono stati acquistati e accorpati da moltissimi agricoltori scesi dai Comuni del Subappennino (principalmente da Orsara e da Bisaccia). Ciò ha determinato un costante incremento della popolazione e del tessuto urbano. Dopo il calo dei 1961 (12256 abitanti) il numero degli abitanti era risalito a 14409 nel 1981 e oggi tocca i 18000.



È davvero curioso conoscere la nascita di questo interessante progetto, ad opera di un folto gruppo di vecchi amici, ex colleghi della storica Banda cittadina “Città di Orta Nova”, i quali, in una buia serata del novembre 2011, hanno deciso che sarebbe nato un nuovo sodalizio artistico, che personalmente trovo davvero interessante. La New Yort Band, creativa già dal nome, ha come componenti musicisti ortesi che, grazie alla nuova formazione, hanno ritrovato l’entusiasmo di un tempo. In ordine sparso essi sono: sax tenore - Antonio Gallicchio, sax contralto - Umberto Trecca, clarinetto Domenico Cannone e Gianfranco Marinacci, flauto - Antonella Trecca, trombone Enzo Junior Pastore, Nicola Luongo, Benedetto Ferrante e Gianluca Ariemme, corno - Gianvito Bolognini, tromba - Paolino Sardella, Gerardo Annese, Rocco Di Salvatore e Luigi Ariemme, chitarra - Antonio Lepore, basso - Giuseppe Massa, pianoforte - Andrea Borea, percussioni - Emanuele Zanni e batteria - Rocco Zanni, direttore,

Il Maresciallo Di Leo Michele, in forza alla Stazione dei Carabinieri di Orta Nova, ha tenuto nella giornata di sabato 24 marzo 2012, presso il Primo Circolo “N. Zingarelli”, un incontro con gli alunni delle classi quarte e quinte sul tema della legalità. Il programma degli incontri è stato organizzato dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia in collaborazione con la Scuola. La giornata è iniziata con l’inter-

il maestro Franco Ariemme. Inoltre la New Yort Band si avvale di una voce femminile, quella della vocalist Lucia Tanzi. Ho avuto nei giorni scorsi un piacevolissimo incontro con alcuni componenti, ed è stata occasione per una breve intervista, per conoscere in

maniera più dettagliata i progetti e le ambizioni che questo gruppo di amici vorrebbe realizzare. Domanda: In cosa consiste il progetto New Yort Band? Risposta: La nostra formazione, che a un primo approccio può sembrare un’orchestra, in realtà è un progetto anomalo, interessante direi. Essa non ripercorre le orme della vecchia banda cittadina, anche se da quell’esperienza ha portato diverse cose, né tantomeno si tratta di un’orchestra

di tipo jazz, o di una big band, come quella di Paolo Belli, per intenderci. È un progetto nuovo, davvero ambizioso. D.: La musica della vostra formazione di che genere sarà? Quale repertorio pensate di eseguire? R.: Sicuramente non ci sarà un genere definito, ma spazieremo su tutto il fronte musicale, dalla napoletana classica alla disco music anni ’70, dalla leggera italiana alla jazz orchestrale stile Gershwin o Glenn Miller, naturalmente adattandola alle esigenze della band e ai suoi strumenti. D.: Progetti futuri. R.: Non abbiamo ancora numerose date definite. Il giorno 22 maggio ci sarà una serata in piazza B.M.V. Lourdes, qui ad Orta Nova, in occasione dei festeggiamenti in onore di Santa Rita da Cascia. Con l’approssimarsi della stagione estiva ci piacerebbe esibirci ancora ad Orta Nova, così come nel circondario dei 5 Reali Siti. Comunque saremo presenti in ogni occasione di aggregazione, specie poi quando ad ascoltarci saranno amici e appassionati di musica. New Yort Band: un saluto speciale a te e a tutti i lettori dello Sguardo dei 5 Reali Siti.

vento del Dirigente Scolastico, Dott.ssa Margherita Palma, la quale, introducendo l’importante iniziativa, ha richiamato l’attenzione dei ragazzi sul valore della legalità e il senso civico, presupposto di una serena e armonica convivenza democratica. Successivamente la parola è passata al maresciallo che ha proiettato un video istituzionale illustrativo di tutte le attività svolte sul territorio dall’arma per la salva-

guardia della legalità e la sicurezza dei cittadini. Gli studenti hanno assistito a questa proiezione con attenzione ed interesse ponendo numerose domande al maresciallo che con grande disponibilità e chiarezza ha soddisfatto tutte le loro curiosità. Il Maresciallo ha sottolineato l’importanza della legalità nelle scuole, focalizzando l’atten-zione e l'interesse negli sguardi dei giovanissimi ascoltatori sull'argomento ”legalità”, che deve essere intesa, oltre che come rispetto delle leggi e delle regole di civile convivenza, come concetto allargato che si fonda su tutta una serie di valori positivi, quali l’onestà, la correttezza, il rispetto per gli altri, la sicurezza e la giustizia… La Dirigente ha ringraziato il Maresciallo per l’operato quotidiano dell'Arma dei Carabinieri in favore di tutta la collettività. L’incontro si è concluso con un rafforzato sentimento di vicinanza tra l’Arma dei Carabinieri e gli alunni dell’Istituto.


In questi ultimi tempi la Lega si era data molto da fare per pulire la sua immagine messa a dura prova dagli ultimi scandali. Non è bastato mostrare ai suoi iscritti le simboliche scope di giunchi con il marchio sacro della verde stella delle Alpi a convincere l'intera base leghista, che l'intero staff dirigenziale era tutto proteso a fare pulizia di qualche “mariuolo”proveniente dalla “palude romana”. I dirigenti con Maroni in testa assicuravano ai propri militanti che la Lega era una forza politica diversa da tutti gli altri partiti, fondata su una solida base di pensiero, al servizio di quei cittadini padani che lavoravano e pagavano le tasse. Dopo lo scandalo, si erano immediatamente affannati a creare un account di posta, con cui tutti gli amministratori, militanti o semplici simpatizzanti del Carroccio venivano invitati ad inoltrare “...la documentazione degli insulti, delle calunnie e gli attacchi alla Lega per tangenti inesistenti usciti sui giornali locali e nazionali, radio e televisioni, volantini e manifesti”.... Una task force che aveva lo scopo di coinvolgere l'intero movimento alla difesa dell'onorabilità del “popolo padano”. Inoltre era disponibile un indirizzo e-mail per dimostrare che questa volta la Lega faceva sul serio: “Adesso basta, sù la testa!”, uno slogan di circostanza, che veniva ripetuto a tambur battente in ogni trasmissione di Radio Padania. “Dal territorio sono già arrivate decine di segnalazioni che, insieme alle centinaia che contiamo di raccogliere, verranno tutte immediatamente trasmesse ad un nostro pool di avvocati per intraprendere azioni di risarcimento civile e per lasciare in mutande chiunque infanghi la Lega”, ripetevano all'unisono i vari commentatori. Era disponibile anche un indirizzo mail a cui tutti i militanti erano invitati a spedire nomi di giornalisti e siti che ”diffamano” il Carroccio. Obiettivo: una lista di proscrizione di persone “da lasciare in mutande”. I nomi? Si parte da Crozza per arrivare a Cruciani, naturalmente anche Di Pietro. Insomma un lunghissimo elenco di personaggi politici e giornalisti di “poco scrupolo” che continuano ad accusare la Lega di un rapporto di concubinaggio con Finmeccanica. Roberto Maroni si era affrettato a smentire, con parole durissime coloro che mettevano in discussione l'onestà politica della Lega: “Noi siamo estranei a queste vicende, per questo procederemo legalmente

nei confronti di chi ha associato, associa o associerà la Lega Nord a questioni di tangenti”. Purtroppo cari lettori, tutto ciò non è bastato ai lumbard a convincere gli elettori che, secondo la loro aberrante concezione, l'illegalità è “patrimonio eslusivo” del Sud che non lavora, non produce e non paga le tasse. Il “caso” ha voluto che in quest'ultima tornata elettorale si è verificato un vero e proprio terremoto politico che ha sconvolto proprio la Lega Nord. Solo il sindaco di Verona, Flavio Tosi, 43 anni, maroniano, prototipo del leghista di nuova generazione, è riuscito, solo contro tutti, ad essere riconfermato alla guida della sua città. E' lui il primo grande vincitore di queste elezioni amministrative e di certo con lui cambieranno definitivamente, se per caso c'era ancora qualche dubbio, gli equilibri dentro il partito. Per il resto queste elezioni amministrative, nel quale la politica leghista cercava il rilancio, ha segnato la sua caduta libera in Lombardia e la sorpresa (man non tanto sorpresa) del Movimento 5 Stelle a Genova e a Parma, oltre al ritorno “trionfale” di Leoluca Orlando a Palermo. In queste circostanze c'è sempre il cosiddetto “spirito di sopravvivenza” che cerca scorciatoie per mitigare quella che è stata una grande disfatta elettorale. È assolutamente necessario mettere in soffitta le certezze di un tempo: la mappa della politica italiana esce rivoluzionata dal voto delle amministrative. Bisogna prendere atto che il terremoto elettorale e lo tsunami che è sopraggiunto, servirà a ridisegnare una nuova geografia politica,

che i partiti non sono riusciti a darsela autonomamente, anche se i segnali erano noti da tempo. Ciò che colpisce con molta evidenza è il definitivo sgretolamento dei vecchi feudi e le vecchie roccaforti della Lega, creandone di nuove. Fino a pochi giorni addietro, le province di Varese e di Bergamo erano zone ad alta concentrazione leghista, dove il vessillo del sole delle Alpi sventolava indisturbato da venti anni. Da oggi non è più così: tanto per dare l’idea dello tsunami che ha colpito il Carroccio, la Lega Nord in provincia di Varese perde Cassano Magnago il comune dove è nato Bossi, e nei dintorni di Bergamo crolla a Mozzo, paese natale di Roberto Calderoli. Se i risultati elettorali hanno un senso, oggi la capitale della Lega nord è a Verona, dove Flavio Tosi è riuscito nell’impresa di farsi eleggere sindaco al primo turno, in totale controtendenza rispetto alla sonora sconfitta del suo partito. A favore dei grillini, il Carroccio ha ceduto addirittura il comune di Sarego dove all'inizio dell'anno 2012 a Villa Da Porto si era insediato, col solito clamore, il nuovo “Parlamento Padano”. Chi non ricorda l'arroganza dei “lumbard” nel pretendere l'apertura, segiuta da una cerimonia farsa, di una sede ministeriale a Monza? Purtroppo nemmeno questa idea archetipa di Bossi e compagni, è servita al sindaco leghista uscente Marco Mariani una sconfitta da non guadagnarsi nemmeno il ballottaggio. Pare che l'ampolla contenente l'acqua del fiume Po che Bossi agita ad ogni manifestazione leghista ha perso ogni potere divinatorio.


Ci sono notizie che non sono lanciate dall’agenzia di stampa e sono quelle di chi crede nei propri sogni e li realizza. Anna Maria Montereale è una persona di queste: appassionata fin da piccola dalla storia di Lady Oscar, ha intrapreso la sua carriera militare da circa un anno ed è Caporale dell’Esercito Italiano. L’abbiamo voluta incontrare in un pomeriggio di festività pasquali dove ha trascorso i pochi giorni di ferie. Domanda: Quando è iniziata la tua carriera e come mai questa scelta? Risposta: Da sempre avevo il sogno di intraprendere la carriera militare, da piccola quando vedevo Lady Oscar mi emozionavo tantissimo. Crescendo ho trascurato questo sogno e mi sono diplomata in ragioneria, dopo il diploma ho provato il test a medicina ma non mi “ispirava” tanto, cosicché decisi di studiare per i concorsi nell’esercito. Sognavo di intraprendere una carriera è feci il concorso da ufficiale ma ebbi solo una grande delusione, poi da sottoufficiale con un punteggio altissimo ma per un punto non superai e fu un’altra grande delusione allora decisi di partire per il VFP1 per capire se questa vita mi appartenesse o meno. Feci le visite di controllo a Bari e andò tutto bene, ricordo quando stavo dallo psicologo che mi chiese: “signorina quanti anni hai e da quanti elementi è composta la tua famiglia?” Io risposi ho 19 anni e in famiglia siamo cinque più uno, quindi sei, il cane. La dottoressa mi guardò, sorrise e mi mandò fuori. Fui contenta perché avevo i punteggi alti e avevo conquistato questo con le mie forze. A settembre partii ad Ascoli Piceno, arrivata sono rimasta sbigottita dalla situazione, appena entrata mi sembrava di stare in un carcere, avevo paura del posto, ma soprattutto avevo paura di deludere i miei genitori ai quali io mi imposi per fare questa scelta, mia madre era contentissima, mio padre mi ha sempre detto rinuncia e torna, io non volevo far vedere che ero debole e quindi con tutte le forze cercavo di resistere e per ora sono fiera di questa. D: Quali sono i ricordi di Ascoli Piceno? R: Appena sono arrivata ricordo che stetti tutta la mattina in piedi per attendere l’assegnazione della camera poi andammo a dormire e ci svegliammo prestissimo per la paura di ritardare, alle 5 stavamo sveglie. Le aspettative che avevo su Ascoli in generale non mi hanno delusa. Quando sono arrivata c’era il boom sul caso Parolisi e mia aspettavo qualsiasi cosa, però non essendo una persona limitata ho tentato. Ci sono persone meravigliose, che fanno il proprio lavoro e lo fanno in una maniera incredibile. Ho trovato persone che mantengono distante il rapporto persona/servizio, io sono una donna quando sono fuori dalla caserma ma una donna che mantiene sempre il proprio grado e il proprio servizio al primo posto. In addestramento sono stata 9 settimane durante il quale ho fatto l’addestramento. Fine addestramento ci sono delle graduatorie dove sono rientrata 30° su 500 per l’Aquila ed è stato un grande momento. Gli alpini per me sono la massima espressione del corpo operativo, ho scelto questo perché non volevo “morire” in un ufficio restavo qui a Carapelle e facevo la ragioniera visto il mio diploma in ragioneria. D: Com’è fatta la tua giornata tipo e quali saranno i futuri cambiamenti? R: La mia giornata inizia con l’alza bandiera come tutti i militari e si grida “l’Aquila” invece ad Ascoli Piceno si gridava “Piceno”, è una grande emozione, poi si svolgono le mansioni giornaliere oppure l’addestramento in montagna con 25kg di zaino e armati facendo circa 40 km a piedi ed è davvero duro. A livello psicologico all’inizio ho avuto un vero e proprio trauma, passare dalla vita civile a quella militare è davvero difficile, sentirsi urlare e restare inerti è dura. Poi ti accorgi che anche loro sono persone come te e lo fanno per metterti alla prova per capire se quella è la vita che fa per te. Ad Ascoli dove ho fatto l’addestramento era molto severa come caserma, ora all’Aquila la morsa si è un po’ allentata perché inizi a conoscere più gente. Quest’anno rimarrò all’Aquila fino a giugno

perché sono in ferma prefissata di un anno, aspettando un’ altra graduatoria che deciderà la mia permanenza nell’esercito. Le possibilità sono poche, perché molta è la domanda, ora ritento il concorso da sotto ufficiale con 75 posti a disposizione, ci provo perché se nella vita non tenti non sai mai come va a finire, può darsi che sarò la 74esima. D: L’educazione ricevuta dai tuoi genitori è stata utile per l’esercito e cosa dicono di questa scelta? R: Si davvero utile, perché i miei genitori mi hanno insegnato prima di tutto a essere umile e l’umiltà fa tanto nella vita, ti accorgi che ci sono tante persone che non la pensano così perché guardano solo i propri interessi. Umili significa “abbassare la testa e camminare”, ma significa anche tornare in caserma domenica di Pasqua per fare il piantone il lunedì di pasquetta senza farmi sostituire. Mia madre è stata sempre contenta, mio padre fino al giorno del giuramento era nettamente contrario, poi ha capito che questa è la vita che fa per me, infatti dopo il giuramento ricordo una scena commovente: mi venne incontro con le lacrime agli occhi chiedendomi: “scusa” e gli risposi: “grazie papà”. Tutti mi hanno detto che non sarebbe stata la mia vita, mi dicevano: “ma non puoi essere una ragazza normale che lavora nei centri commerciali?”. Io rispondevo sempre di no. Per me è una soddisfazione aiutare il prossimo, quest’ inverno sono stata un mese e mezzo senza scendere a casa per spalare la neve e far uscire le persone bloccate in casa, e questa è una grande soddisfazione. Su questa cosa voglio precisare che non abbiamo percepito un centesimo in più del nostro normale stipendio, perché si sentiva in giro che noi siamo stati pagati 75 euro al giorno per spalare la neve e questo è una cosa falsa, abbiamo solo il nostro stipendio mensile. D: Cosa sono le missioni di pace e ti ci vedi in missione? R: Per missione tengo a precisare che non si tratta di avere 50mila euro ma si tratta di perdere sette mesi della tua esistenza dove tutti i giorni rischi la vita. Io penso che molte missioni sono inutili, noi dobbiamo difendere la pace e la stabilità nel mondo, senza avere scopi economici che possono essere risolti attraverso la diplomazia e non con l’uso delle forza, io come soldato sono chiamata e rispondo: “Comandi, Signorsì!” per qualsiasi cosa. Un mio amico oggi mi diceva: ”Tu sei un soldato nel momento in cui non parli e dici comandi Signorsì” D: Ti piace identificarti più come soldato o come una ragazza che sta nell’esercito? R: Soldato. Per me è di fondamentale importanza

essere definita così, perché con questa parola non c’è distinzione di sesso, di razza e di lingua. Questa parola racchiude tutto, per esempio in Afganistan non ci sono soldati americani o inglesi o italiani si è tutti uniti, non esiste distinzione. D: Quante persone sono nell’esercito per l’amore della patria? R: Io penso che il 90% dei militari sono nell’esercito sono solo per questioni economiche, perché l’esercito a differenza di altri posti di lavoro ti offre anche un posto in cui dormire, magiare e vivere. Differente la scelta che fanno le donne, una donna secondo me sceglie l’esercito non per lo stipendio ma per la patria. D: Ci sono differenze tra uomo donna nell’esercito? R: All’inizio quando fai l’addestramento c’è uno per i maschi e uno per le femmine e quindi c’è una distinzione in base alla potenzialità fisiche. Le istruttrici donne che stavano li all’addestramento ci dicevano di dare il meglio, perché dopo bisognava concorrere con gli uomini e quindi si è costretti a lavorare. Per gli addominali un giorno ne fai 5 il giorno dopo 10 e poco alla volta aumenti di numero. Il fisico di un uomo è diverso da quello della donna ma noi abbiamo un cervello sicuramente più efficiente. D: Ti manca la tua famiglia, e le abitudini? R: La mia famiglia mi manca certo, ma sicuramente ho preso un distacco e mi lascio scivolare molte cose e capisco che devo iniziare a vivere da sola, in questa vita si ha bisogno di tutti ma alcune volte ci si ritrova soli soprattutto nelle situazioni difficili. Non mi manca nessuno a parte il mio cane Ibra con cui ci parlo a telefono, si lui è l’unico essere che mi manca davvero. Per me gli animali sono la cosa più importante della mia vita. Nell’esercito c’è la sezione veterinaria ma da quello che so si tratta molto di esperimenti. D: Come è cambiata la tua vita sentimentale? R: Io e il mio ragazzo polemizziamo sempre, anche perché trovandomi in una caserma di 600 uomini c’è una carenza di fiducia, ma siccome c’è il rispetto tra noi due, o si mettono in chiaro le situazioni oppure ognuno fa la sua strada, questa è la mia vita, non la cambio con nessuno e a nessun costo. Entrare nell’esercito è una scelta personale, è una vita molto dura, ti prende a livello psicologico e quasi tutti i giorni quando c’è da sfogarsi piango, mi sfogo con mia madre al telefono con le solite lamentele, e mia madre che è una donna forte, e ne vado fiera di questo, mi da sempre buoni consigli per sopportare tutto e tutti, poi mi accorgo che fanno molto per stimolarti, se ti vedono che non dici mai no, sei sempre quella convocata. Alle ragazze che hanno questo sogno gli dico di provarci e tentare, l’esercito non è una scelta lavorativa è un servizio e non si può consigliare di far fare una servizio, si può consigliare l’università, il lavoro se ce ne uno, ma non si può mai dire a una persona: ”perché non provi l’esercito?” Al massimo io gli farei queste domande:”Sei pronta a girare il mondo, a staccarti dagli affetti famigliari e a non vedere nessuno per 7 mesi?” Queste sono le domande che mi sono fatta prima di entrare nell’esercito, tutti mi hanno sconsigliato l’esercito e soprattutto gli alpini, mai nessuno mi ha detto che io ho fatto la scelta giusta, ancora oggi persone che sono vicine mi dicono di prosciogliermi e concedarmi dagli incarichi, ma io sono forte e mi reputo pure un po’ matta perché per fare il militare c’è bisogno di persone non tanto normali perché una persona che sale in montagna tutti i giorni con 25kg addosso in più l’arma e per ben 40 km e torna a casa distrutta ma soddisfatta e contenta di quello che ha fatto, questo lo reputo non normale.


L’ultimo incontro casalingo per il Foggia è stata una ennesima debacla e nel dopo partita ecco la conferenza stampa show di patron Casillo. Un vomitare di consonanti e vocali il tutto condito dalla cadenza partenopea per sferrare la solita “filippica” contro la città di Foggia, puntualizzando che non abbandonerà la squadra rossonera. In effetti “il pallone” è la sua ultima spiaggia per restare nel capoluogo dauno. Per racimolare i soldi per l’iscrizione al prossimo campionato, il vulcanico ex re del grano, ripropone pacchetti pubblicitari per le imprese, una sottoscrizione popolare per l’acquisizione del controllo della società e dulcis in fundo una lotteria aperta ai tifosi con un regalo ogni 90 biglietti venduti. Insomma niente di nuovo sul cielo rossonero, anzi con una prospettiva futura nera e una cassa in rosso. Il ritorno di Pasquale Casillo, un anno fa, fu accolto con entusiasmo sperando in un obiettivo e un programma superiore a quello del 27 agosto del 1989, per realizzare un Foggia champagne superiore d’annata, ed invece il rovescio della medaglia ha mostrato un patron senza soldoni per ridare il sogno calcistico che la tifoseria attende da anni. Si è ripetuto il solito copione che attanaglia i colori rossoneri da qualche decennio: imprenditori senza portafogli. E

così per la tifoseria, per la città e per l’intera provincia il ritorno del buon Pasquale è stata una delusione, quando iniziò a “masticare” di calcio c’erano i soldi di papà Gennaro, poi ebbe la fortuna di circondarsi di gente

esperta come Mauro Finiguerra e Peppino Pavone ed ebbe inizio il sogno rossonero. Ma la sua “spacconeria” di conquistare altri spazi nell’economia di Capitanata gli procurò la rovina del Foggia e il declino del suo impero economico. Tutto questo non ha limato il suo carattere, anzi... Ci sono stati due passaggi del suo intervento nel corso della conferenza stampa che mi spingono ad alcune considerazioni: il primo, dove con l’aiuto del suo ex segretario Peppino Affatato, ha illustrato il tocca sana di come gestire la società rossonera anche in tempi burrascosi concludendo con una frase prettamente casilliana: “Altrimenti si riparte dall’Eccellenza, almeno quella non ce la toglie nessuno. Vi conviene?” In quel “vi conviene?” riemerge la natura del sensale o del commerciante di grano, insomma non avete alternative e dovete adattarvi al mio volere. L’altro passaggio del suo intervento è quello riferito a Peppino Pavone: “Si è rotto le scatole” dichiara Casillo e vorrebbe approdare per altri lidi e pronta arriva la stoccata finale: “Non andrà via, ma se lo farà di Pavone in giro ne trovo quanti ne voglio”. Il guascone di San Giuseppe Vesuviano non si smentisce, anche lo scorso anno quando Zeman andò via proferì una frase analoga.

Domenica 29 aprile a Carapelle presso il campo sportivo comunale Di Gioio, si è disputata la partita più importante della storia del calcio carapellese. Con le reti di Ciccone, Compierchio e Magaldi i rossoblù hanno sottoscritto la vittoria di 3-0 contro l’Alexina Lesina aggiudicandosi cosi l’entrata ufficiale in promozione. Il Carapelle arriva all’ultima giornata di campionato con un solo punto di vantaggio sull’Apricena, durante il campionato la squadra del Mr. Ciccone si è fatta valere guidando la classifica da capolista. Il Carapelle aveva un solo obiettivo quello di vincere e ce l’ha fatta. Come per ogni sfida, la sorte vuole che ci siano sacrifici, in primis quello dell’allenatore che quattro anni fa accettò la sfida del Carapelle ad allenare in seconda categoria, in secondo luogo gli sforzi della società Tarantino - Civitavecchia che hanno portato stagioni straordinarie, hanno costruito formazioni eccellenti, capaci di primeggiare negli anni dalla prima alla seconda categoria per due finali, ai play off e per la stagione di quest’anno la promozione occupando sempre la prima posizione in classifica. Il campo di domenica 29 aprile era affollatissimo di gente,

la gioia dei tifosi accorsi numerosi era incredibile, a fine partita dopo un veloce brindisi i fan dei rossoblù hanno dato inizio a un corteo gioioso per le vie del paese. Il Mr. Ciccone insieme al presidente Civitavecchia e Tarantino sono stati fatti salire insieme ai calciatori su un furgone che ha poi guidato il corteo a suono di clacson, canti e musica. Il campionato di quest’anno a differenza di quello degli altri anni ha avuto anche un forte eco nei giornali locali, nei quotidiani online e sul web. Questa stagione è stata seguita da tantissimi blog, pagine web e social network dando così la possibilità di seguire la squadra del proprio paese a distanza, ma non solo, con l’iscrizione di Carapelle calcio sul famoso social, Facebook e con le tantissime dirette in streaming trasmesse da calciopuglia24 che grazie alla corrispondente Valentina Impagnatello si è potuto vivere la stessa emozione di chi è stato presente al Di Gioio. Ed è proprio su Facebook che Roberto Dimitrio giocatore rossoblù scrive a fine partita: «un’altra data da ricordare, ed è per questo che mi sento di ringraziare davvero tutti. In primo luogo la società Mariano Tarantino e Pasquale Civitavecchia che hanno

fato tantissimi sacrifici per farci trovare al meglio, dal fisioterapista Paolo Bruno al magazziniere Pasquale Di Varsavia per arrivare al mister Pasquale Ciccone che ha avuto piena fiducia in me. Un grazie va ai miei amici di squadra Alessandro Magaldi, Leonardo Mascia, Giuseppe Compierchio, Pietro Compierchio, Donato Monopoli, Maurizio Bosco, Francesco Bolumetti, Pasquale Padalino, Emanuele Villani e Marco Pagone che mi avete aiutato anche nei momenti difficili con il vostro sorriso, sono fiero di essere parte di questo gruppo, anzi di questa famiglia. Quest’anno per noi c’era solo un obiettivo, quello di vincere il campionato, e ci siamo riusciti da soli, contro tutto e tutti, dall’inizio alla fine. Un grazie va anche alla tifoseria carapellese che ci ha sostenuto dall’inizio alla fine. L’unica cosa che posso dire ora è: “la capolista eccola qua” per il resto la storia siamo noi » Questa stagione calcistica è finita con la vittoria che la squadra si meritava, ma il Carapelle, e i carapellesi si meritano anche degli impianti sportivi migliori e sicuri, un tasto dolente per tutta la cittadina che avvierà sicuramente un'altra stagione di non poche polemiche.


Si sono svolti a Molfetta presso il Palapoli i Campionati Italiani Esordienti per i ragazzi e ragazze nati nel 1998. Sono stati ben 5 i giovanissimi atleti della Gym Star allenati dal Tecnico Francesco Perdonò e dall’istruttrice Rosa Esposito, protagonisti di questo evento. I ragazzi con appena un mese di preparazione hanno ben figurato. La prima a scendere in pedana è stata Ida Tarantino che inizialmente si è fatta sopraffare dall’emozione. Infatti sbagliava tutte e 3 le prove di strappo che solitamente usava in palestra come riscaldamento. Superata l’emozione e presa coscienza delle sue capacità affrontava in maniera magistrale la prova di slancio e addirittura chiedendo ai suoi allenatori di tentare di battere il suo record personale. Questa è la dimostrazione di quello che spiegava il Tecnico Francesco durante le prime lezioni dicendo che la Pesistica aiuta anche a migliorare la stima in se stessi. Seguiva la giovane atleta Antonella Pocchia che conquista la medaglia di bronzo classificandosi al 3° posto, mancando per poco la medaglia d’argento regionale sbagliando l’ultima prova di slancio. Antonella ha migliorato il suo record di strappo di ben 2 kg. Ada Mennuni classificatasi subito dopo la compagna di squadra Antonella conquista un meritatissimo 4 posto, ad un passo dal podio. Anche per Ada nuovo record personale nell’alzata di slancio. Carlotta Vallario, dopo un’iniziale riluttanza nei confronti della pesistica, si è subito appassionata ed è stata una della più concentrate durante gli allenamenti in palestra. Questo sta a dimostrare come questo sport veramente le sia entrato nel sangue e come Carlotta abbia desiderio di fare bene. L’unico maschietto, per la Gym Star, Marco Mastropieri superava senza problemi sia le prove

Anche questa 5ª edizione del cicloraduno “Memoriale Giuseppe Lavacca” organizzato dalla Moser di Orta Nova sotto l’egida della Libertas di Foggia, si può archiviare con successo. La partenza della carovana è avvenuta nei pressi dell’area di servizio Curci e dopo il primo giro turistico di due chilometri all’interno dell’aglomerato di Orta Nova si è partiti per i il percorso di 66 km. La carovana dei ciclisti ha attraversato Stornara, Stornarella, Ascoli Satriano per poi imboccare la strada intrapoderale per Ordona sino ad arrivare a Carapelle e poi taglaire il traguardo ad Orta Nova davanti al Municipio. Alla manifestazione hanno preso parte circa 70 ciclisti provenienti

di strappo che di slancio. Marco si classifica al 7 posto in classifica. Tutti gli atleti a fine gara sono stati premiati presso il Parco Divertimento Miragica avendo inoltre accesso gratuitamente a tutte le attrazioni del Parco. Prossimi eventi in programma le Qualificazioni ai Campionati Italiani Assoluti di Pesistica il 19 maggio che vedranno protagonisti gli atleti Rosa Esposito, Silvia Domi, SteckoLaurentiu, Lo Russo Luca, Izzi Giacomo e Lo Russo Christian, e il 27 maggio le Qualificazioni al Criterium Nazionale di Distensione su Panca dove Rosa Esposito e Silvia Domi cercheranno di conquistare il pass per

le Finali Nazionali. Il crescente numero di donne in questa disciplina dimostra come finalmente si stia cominciando a capire che questo sport non è lo stesso dove improbabili donne mostrano abnormi masse muscolari fuori natura. La pesistica olimpica è lo sport che permette di migliorarsi fisicamente sotto ogni aspetto, coinvolgendo tutti i muscoli del corpo. Purtroppo ci sono ancora tanti falsi miti che affliggono questo sport come appunto la crescita muscolare per le donne, il rischio di “bloccare la crescita” nei bambini e l’essere uno sport pericoloso.

dalla Capitanata: Un uomo solo a comando, Free bike, Irpinia Bike, Gs. Francesco di Palma,

Nuova Pantanicrs, Atletica di Stornara. Presenti alla premiazione erano gli sponsor del team Moser; Vinorte s.r.l, (Antonio Lavacca) Iannantuono elevatori (Giovanni Iannantuono) i quali sono stati premiati ed hanno premiato i ciclisti più giovani tra cui Michele Lucente (Gs. Francesco di Palma) il più anziano Rocco Russo (Moser di Orta Nova) tra le donne Annalisa Califano (Nuova Pantanicrs) e Rosaria Catapano (Free Bike Foggia) ed infine l’assessore allo sport Antonio Tartaglia ha premiato i gruppi sportivi l'a.s.d. Francesco Moser, Nuova Pantanicrs, Free bike, un'Uomo solo a comando, Unione Ciclistica di Foggia (FCI), Irpinia bike, Gs. Francesco di Palma, Atletica di Stornara.


Il racconto del mio amico mi aveva turbato e, non so nemmeno io quale meccanismo fosse scattato nella mia mente, fatto sta che, forse per contrasto, era riemersa dalla profondità della memoria l’immagine nitida di due attempati e distinti coniugi che tutte le domeniche passavano davanti a casa mia dopo l’uscita dalla messa vespertina domenicale. Avevo allora poco più di tredici anni e mi colpiva la vista di quelle due persone mature che procedevano sottobraccio parlando a bassa voce, sorridenti e che si guardavano spesso negli occhi con una tenerezza che era facilmente percepibile da tutti, anche da un ragazzino di tredici anni. “Stai guardando don Antonio e la signora Nicoletta?” - mi aveva detto un giorno mia madre - “Hai visto come sono felici? Se lo meritano e tutto il paese è stato felice quando finalmente, l’anno scorso si sono sposati!”. Poi mi aveva raccontato la loro storia, che molti miei coetanei forse ancora ricordano. Antonio era di famiglia umile ma il padre aveva fatto grandissimi sacrifici per farlo studiare, mentre gli altri figli non avevano potuto godere della medesima opportunità . A quella epoca, situazioni analoghe di disparità tra fratelli per motivi economici erano abbastanza frequenti. Antonio, consapevole dei sacrifici che tutti i componenti della famiglia facevano per lui, si era impegnato al massimo e aveva finito il Liceo senza perdere neanche un anno. Si era iscritto all’Università, alla Facoltà di Ingegneria, ma aveva dovuto interrompere gli studi per servire la Patria subito dopo la Disfatta di Caporetto, dell’ottobre 1917. Antonio si era comportato valorosamente, era stato ferito al capo e per il resto della vita avrebbe portato una placca d’argento sotto la cute che lo costringeva, soprattutto nei mesi caldi, a portare il cappello per il resto della sua vita. Tornato dalla guerra aveva concluso gli studi, si era laureato, aveva aperto lo studio e si era iscritto, come molti reduci, al PNF (Partito Nazionale Fascista), raggiungendo anche posizioni preminenti all’interno del Partito. Poi, ad una festa orga-

nizzata da amici comuni aveva conosciuto Nicoletta, una giovane, bella, dolce, raffinata, unica femmina fra i cinque figli del più facoltoso proprietario terriero del paese. Il loro era stato, veramente, un amore a prima vista, uno di quegli amori descritti nei libri di Guido da Verona, di Alba de Cespedes, per citare le autrici di “romanzi rosa” che le giovinette leggevano negli Anni Trenta. Erano anche gli anni in cui il Fascismo proponeva l’immagine della donna come “angelo del focolare”, sposa esemplare e madre prolifica, soggetta prima all’autorità del padre e poi a quella del marito. Antonio e Nicoletta si erano rivisti più volte dopo quella sera e si erano scambiate lettere d’amore appassionate per le quali faceva da postina la domestica della casa di Nicoletta. Questa si era confidata con la madre che, a sua volta, aveva sondato il terreno col marito e qui si era manifestato subito l’ostacolo insormontabile. Francesco, il padre di Nicoletta, non era solo il più ricco del paese, ma era anche un forte oppositore del Fascismo. La sua ostilità ad Antonio aveva dunque due cause ugualmente forti: la disparità di ceto sociale, cioè di ricchezza, e l’avversione politica. Perciò aveva convocato la figlia e le aveva proibito tassativamente non solo di frequentare ma anche di pensare ad Antonio. - “Tu non sposerai mai quel morto di fame, per giunta fascista! So io chi è l’uomo adatto a te!” - aveva detto alla figlia che in lacrime era scappata a chiudersi nella sua stanza. Per un mese le aveva proibito di uscire e quando le aveva permesso di andare a Messa, l’aveva obbligata a farlo accompagnata dalla madre o, al massimo dalla fedele domestica. Per mesi Antonio e Nicoletta si erano visti soltanto in chiesa scambiandosi solo sguardi pieni di amore e di disperazione. Il padre proponeva a Nicoletta un possibile marito dopo l’altro, ma lei rifiutava di accettare la loro proposta, minacciando di togliersi la vita. Il padre poteva negare il suo consenso al matrimonio con Antonio, ma non poteva obbligarla a sposarsi con un altro contro la sua volontà.

La notizia era diventava di dominio pubblico e le amiche di Nicoletta e la fedele domestica organizzavano occasioni di incontro fra i due innamorati, incontri brevi nel corso dei quali i due giovani potevano scambiarsi solo qualche parola e qualche bacio. Le amiche, però, una dopo l’altra si erano sposate e le occasioni di incontro fra Antonio e Nicoletta si riducevano sempre più, mentre il loro amore diventava sempre più forte. Entrambi speravano che, prima o poi, il padre si sarebbe arreso all’evidenza. Così però non accadeva. Per Francesco era diventata una questione di principio piegare la resistenza della figlia. Nella sua mentalità conservatrice e arcaica di padrepadrone, considerava l’ostinazione della figlia una offesa alla propria autorità, una disobbedienza inaccettabile. Fraintendeva il significato degli sguardi che gli rivolgevano gli altri proprietari terrieri soci del “Circolo dei Signori”. Pensava che lo schernissero perché egli non aveva autorità sulla figlia, e questo lo faceva andare in bestia, mentre in realtà essi lo disapprovavano perché impediva alla figlia e ad Antonio che godeva della stima generale di tutto il paese, di essere felici. Gli anni passavano, era passata anche la bufera e la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, quando Giuseppe, il figlio maggiore aveva affrontato suo padre per dirgli: - “Nostra sorella ha ormai superato la quarantina e da quasi ventanni non ha cambiato idea e così pure Antonio. Tu impedisci a due persone di farsi una famiglia e di avere figli solo per uno stupido puntiglio! Se non vuoi dargli il tuo consenso, che ora non serve più, lo darò io!” -. La presa di posizione netta del figlio e degli altri fratelli costrinse Francesco, ormai vecchio e malfermo di salute a cedere per non perdere quello che ormai gli rimaneva: un residuo di rispetto, poiché l’autorità l’aveva persa nel momento in cui essi si erano sposati. Così, a quaranta anni oramai passati Antonio e Nicoletta avevano potuto coronare il loro sogno d’amore ed era stata una festa per l’intero paese. Non avevano avuto figli, ma si amavano molto e vissero sereni il loro tramonto, con il rammarico di aver perso le ore più belle e luminose della loro giornata terrena. Barbara e Riccardo, Antonio e Nicoletta: nel destino di queste due coppie è racchiusa la storia degli ultimi decenni di Orta e la trasformazione che essa ha subito. (Fine)


Molte volte, o quasi sempre, siamo portati a raccontare storie di personaggi di una certa levatura sociale, vissuti nel nostro paese, e, giammai di quelli che a loro modo sono vissuti in ambienti familiari diversi, intendo dire di estrazione sociale umile. Questi personaggi, pur nella loro umiltà, hanno segnato un’epoca; per le loro attività lavorative hanno trasmesso ai posteri usi e costumi che, per fortuna, grazie al progresso sono solo un ricordo a volte triste e a volte divertente e umoristico. Nel precedente editoriale abbiamo parlato di Menicuccia ed abbiamo conosciuto alcuni interessanti aspetti del tempo passato. Questa volta parleremo di un personaggio non meno noto, umile e buono, ma che, per il suo lavoro, era tenuto ai margini della società ortese. Le sue mansioni lavorative erano veramente particolari. Il nostro uomo si chiamava Francesco Dell’Erna, nato l’11 luglio del 1907 e deceduto il 28 dicembre del 1973, da tutti conosciuto col nome di “Ciccillo u spaccungille” (Ciccillo piccolo spaccone), nomignolo affibbiatogli per le sue vanterie nelle “imprese” quotidiane. Era un operaio addetto alla nettezza urbana, detto oggi: operatore ecologico; ieri veniva identificato con la qualifica di spazzino. Lui svolgeva una funzione particolare:la raccolta degli escrementi umani in Orta Nova. Bisogna sapere che in quell’epoca nel nostro paese, come in tanti altri, non esistevano le reti idrico-fognanti. Il nostro personaggio per il suo lavoro era dotato di un carro-botte detto “carrato o carratiello”, trainato da un mulo o da un cavallo malmesso; oltre al carrato disponeva di una tromba che al mattino di buon’ora serviva da richiamo il

cui suono ad ogni angolo di strada invitava la gente a mettere fuori dall’abitato il pitale “u prise” posandolo sul ciglio del marciapiede in attesa che venisse svuotato. Egli in maniera “solenne” versava il materiale contenuto nel suddetto recipiente nella botola del carro. Solo lui era disponibile a fare tale lavoro fra i tanti operai assunti per la pulizia del paese. Per lui era motivo di orgoglio assolvere un compito discutibile ma, se vogliamo, necessario. La gente lo schivava per la “puzza” che si portava dietro.Bisogna sapere, per onor di cronaca, che ad Orta Nova per il completamento della rete idrico-fognante dobbiamo arrivare agli inizi degli anni 60. La sua costruzione subì un grande travaglio a causa di alcuni ingegneri, dipendenti del Comune, che non riuscivano a presentare un valido progetto per avere l’approvazione dall’E.A.A.P., per l’esecuzione dei lavori. Ci volle il risoluto intervento dell’avv. Pietro Di Conza, allora Podestà del Comune, che dette tale incarico all’E.A.A.P. per l’intero centro abitato. Il 31 gennaio del 1932 viene finalmente approvata l’esecuzione dei suddetti lavori. Il Podestà assunse un mutuo per finanziare l’intera opera. Era il quinquennio 1930-1935 del Podestà del Comune avv. Pietro Di Conza, persona molto affabile, professionista serio e preparato, ottimo amministratore e lungimirante. Dobbiamo a lui le grandi e molteplici opere pubbliche effettuate in quel periodo; le strade erano tutte sterrate, rese melmose in inverno e polverose in estate, fonte di gravi pericoli per la salute della popolazione. La malaria era di casa, ma grazie alla scoperta e alla somministrazione

del chinino si riuscì a debellarla. La situazione igienica e sanitaria era molto precaria, insetti di qualsiasi specie regnavano nel nostro paese:mosche, zanzare, pidocchi ecc. ecc… Fra le opere più significative di quel quinquennio dobbiamo ricordare la pavimentazione di molte strade, la rete idrica-fognante, la costruzione del campo sportivo, l’ampliamento del cimitero, la villetta comunale con la monumentale fontana che sorgeva là dove oggi ci sono i bagni pubblici e la costruzione del 1° Edificio Scolastico. A tale proposito va ricordato Artemio Tarantino, sindaco eletto di Orta Nova nel 1919 che durante il suo mandato, fra l’altro, presentò il progetto per la costruzione del suddetto edificio scolastico. Tornando a Ciccillo u spaccungille ci piace descrivere la figura di quest’ uomo; era persona non proprio dotato di tutti i requisiti giusti: leggermente claudicante a seguito di un incidente, con il viso butterato derivante dal morbillo. Spesso veniva preso in giro dai suoi stessi amici, buon temponi, che con una specie di cantilena recitavano. “E Ciccillo u spaccungille se nzurete senza vucille” (Ciccillo piccolo spaccone si è sposato senza uccello), ma lui per sfatare tale “infamia”, con aria di superiorità e divertito rispondeva gloriandosi che non solo si era sposato ma che aveva contratto tre matrimoni dai quali aveva avuto dieci figli. Era un uomo lavoratore e parsimonioso, tanto da costituirsi una discreta proprietà. Inizialmente dipese da una ditta appaltatrice per il suo lavoro, in seguito passò alle dipendenze del Comune di Orta Nova.

L'alto debito del Regno di Sardegna era legato ad un pesante deficit della bilancia commerciale, alle elevate spese militari e alla politica estera del governo sabaudo fondamentalmente guerrafondaia (come risulterà anche successivamente fino alla prima guerra mondiale): per entrare a far parte del gioco politico europeo, il Regno di Sardegna si era indebitato fino al collo con i francesi e con gli inglesi. Il Regno delle Due Sicilie garantiva la sua moneta interamente in oro mentre quella piemontese lo era solo per una lira su tre (la moneta circolante era di carta). All’atto dell’occupazione, gli stati preunitari portavano in dote, come riserve auree (fonte Francesco Saverio Nitti da “Principi di scienza delle finanze”) in milioni di lire: Regno delle Due Sicilie 443,2 Regno di Sardegna 27,0 Lombardia 8,1 Granducato di Toscana 85,2 Romagna, Marche-Umbria 55.3

Ducato di Parma Piacenza 1,2 Ducato di Modena 0,4 Venezia (nel 1866) 12.7 Stato pontificio (nel 1870) 35.3 Totale 668,4 milioni di lire: il Regno delle Due Sicilie (8 milioni di abitanti) possedeva, all’atto della sua occupazione, ben i 2/3 di tutto l’oro d’Italia che contava 22 milioni di abitanti! Per completezza di informazione bisogna aggiungere l’incasso fatto dal nuovo Regno d’Italia dalla vendite dei beni requisiti alla Chiesa e dei terreni degli usi civici del Regno delle Due Sicilie, che fruttarono in tutto circa 600 milioni di lire; del rastrellamento dell’oro e argento circolante sotto forma di moneta con l’aumento abnorme delle tasse che risultavano doppie per i duosiciliani. Fu messa anche una tassa di guerra per ripagare la spedizione dei mille di circa 5 milioni complessivi. Questo è stato il peso economico messo in carico al nuovo Regno d’Italia al momento

dell’occupazione della penisola (non annessione!), non mi sembra che i piemontesi si potessero tanto lamentare, la Spedizione aveva fruttato bene! Che l’Italia sia divenuta unitaria, nulla da obiettare, ma credo sia giunto il momento (finito i festeggiamenti, a proposito ma cosa si è festeggiato il 2011?) di dire la verità su quello che veramente è stato il Risorgimento e, quello ancora più importante, sulla politica socio-economica tenuta dal nuovo stato italiano nei confronti del mezzogiorno dopo l’unità. In un altro articolo dello stesso numero de Lo Sguardo è richiamato il nuovo ruolo che il mensile vorrebbe avere nell’ambito dei Cinque Reali Siti. Concordo con quanto ivi sostenuto: i nostri concittadini hanno bisogno di un punto di osservazione e di stimolo che traguardi l’interesse collettivo; che sia obiettivo e serva di aiuto per il riscatto e la crescita della nostra comunità.


E’ interessante analizzare il rapporto che si è instaurato tra l’uomo e la carne, ripercorrendo la storia dalla fine del XVI secolo, dalla scoperta dell’America sino ai tempi nostri. La figura del beccaio si è molto evoluta con la crescita esponenziale delle tecnologie e le nuove situazioni politiche socioeconomiche hanno portato allo sviluppo di un comparto alimentare di notevoli dimensioni. Dalle semplici botteghe, nell’Ottocento, la macellazione artigianale si è trasformata in quella controllata del macello pubblico. Grazie alle nuove scoperte c’è stato un miglioramento netto della vita umana, favorita inoltre da leggi che hanno cercato di risolvere i problemi igienici e di frode. Con l’arrivo della rivoluzione industriale e dei nuovi sistemi di lavoro anche i mattatoi sono cambiati, diventando delle vere e proprie industrie della carne, supportate dalla creazione di metodi di conservazione nuovi come l’appertizzazione o la catena del freddo. Infine con le comunicazioni sempre più veloci si è creato il mercato globale costituendo la base dell’attuale sistema alimentare e sociale. Questo mese voglio dare spazio alla figura del beccaio e la sua trasformazione in macellaio, raccontandovi la storia di Pompeo De Biase, per gli amici Macchiavielle (Macchiavelli) dovuto al suo linguaggio forbito e l’abitudine di portare i capelli a paglia di Firenze. Pompeo negli anni 20 del secolo scorso aprì una piccola beccheria nei pressi di via Diomede a Foggia dove per i tre suoi figlioli Vito, Armando ed Antonio divenne luogo per apprendere l’arte per un buon macellaio. Nel 1963 Vito apre la sua macelleria. Due anni dopo anche Armando chiamando a collaborare l’altro fratello Antonio aprì la sua macelleria nei pressi del mercato Arpi. Armando allargò il suo raggio commerciale diventando il fornitore di molte altre macellerie, E fu in questa azienda che iniziò il “personalissimo praticantato” il figlio Cristian che nel 1998 decise di aprirsi una sua macelleria in via Guido Dorso. Nel punto vendita di Cristian si riscopre il gusto del mangiar carne, la sua inventiva culinaria riesce a proporre delle squisite specialità come le Parigine (vitello e suino), i Pacchenelli (involtini con pancetta di maiale e salsiccia e poi spiedini e torcinelli. Non m resta che omaggiare Cristian nel ricordo di Pompeo De Biase con due tradizione ragù foggiani: Ragù alla foggiana (U ragù d’u chianghire) Ingredienti: 300 gr. di puntine di maiale; 300 gr. di spalla di agnello; due involtini (o di manzo o di cavallo); 400 gr. di concentrato di pomodori; gr.400 di pomodori pelati a pezzetti; semi di finocchio; una cipolla

bianca, due spicchi di aglio; un bicchiere di vino bianco; 100 gr. di pecorino grattugiato; prezzemolo, uva passa e pinoli; gr. 50 di salame; peperoncino in polvere; sale, uva passa, pinoli e pepe q.b.. Il ragù foggiano, meglio conosciuto come ‘U ragù d’u chianghire, il Ragù del Macellaio secondo qualcuno viene preparato con avanzi di carne, resto un convinto assertore che è una alchimia gastronomica del macellaio che riesce a coniugare carne di maiale, agnello e manzo, con la variante del cavallo. Diamo spazio alla preparazione. Affettare finemente la cipolla e versarla in un tegame con l’olio appena caldo ed uno spicchio d’aglio. Lasciare tutto a fuoco lento e coprire il tegame con un coperchio. Nel frattempo stendere le fettine di carne di manzo sul tagliere e assottigliarle con il batticarne, aggiungere sale, peperoncino, pinoli ed uva passa, unire fette di salame, spolverare con formaggio pecorino, coprire con abbondante prezzemolo e qualche pezzetto di aglio, avvolgere le fettine e fermarle con un filo bianco e con stecchini. Quando la cipolla sarà leggermente “appassita” aggiungere l’involtini e continuare la cottura a fuoco moderato e tegame coperto. Dopo 30 minuti togliere il coperchio e rosolare gli involtini, i pezzi di carne di maiale di agnello, aggiungere il vino bianco, uno spicchio d’aglio e il concentrato di pomodori; rimestare e dopo 5 minuti aggiungere i pomodori a pezzetti e acqua calda. Rimestare e lasciare cuocere a fuoco lentissimo per circa 6 ore.

Sugo di braciole di cavallo Ingredienti: 500 gr. di fettine di carne di cavallo; 100 gr. di lardo di prosciutto; 50 gr. di pecorino fresco; 200 gr. di salsa di pomodoro, vino bianco secco, olio di oliva extra vergine, aglio, cipolla, peperoncino, prezzemolo, basilico e sale. Stendere le fettine di carne di cavallo su di un tagliere e assottigliarle con il batticarne. Disporre su ogni fettine scagli di pecorino, lardo tagliuzzato, prezzemolo tritato, aglio, un pizzico di peperoncino e sale. Avvolgere le fettine e fermarle con un filo bianco o uno stecchino. In un tegame mettere a rosolare gli involtini aggiungere olio, una cipolla tritata, il restante lardo e un poco di vino bianco secco. Aggiungere la salsa di pomodori con una punta di peperoncino e basilico tagliuzzato, fare cuocere a fuoco medio per circa due ore, aggiungendo un po’ di acqua salata per non rendere il sugo denso. Si sconsiglia questo sugo per la pasta fatta in casa.



e la sua mano su di te posò dicendo “mio piccolo Angelo, tra breve tempo tu da me verrai, TRAMONTO A FOGGIA Il sole discende là dietro le case basse, e la Chiesa delle Croci s’imporpora d’oro. Improvvisa mi torni giovinezza. Remote memorie di voli d’Icaro: amori lontani perduti nella laguna del tempo. Le lunghe passeggiate all’ombra delle antiche torri del norman castello. Il profumo del fieno, i tigli e i mughetti nel bosco e l’ondeggiare delle lucciole nelle serate delicetane. Il mio cuore aquilone vola nell’isola della mia giovinezza e ripercorre i passi perduti nel tempo…… E’ sera e le tenebre avvolgono le case basse e la Chiesa delle Croci. Michele Campanaro

SENSO DI LIBERTÀ AL SIGNORE Signore, ti penso e ti lodo ammirando un mattino splendente, un tramonto infuocato, un prato fiorito, una montagna immacolata,

ti amo e ti lodo per tutto il Creato. Ti penso e ti lodo per gli affetti sinceri e duraturi, per la mia umile e varia quotidianità, per la vita che vuoi ancora concedermi, per la serenità e la pace che vorrei conservare per sempre.

perché ho bisogno di te, perché tu, piccolo pargolo, sarai tra i tanti altri pargoli che qui sono già da me e ti distinguerai dagli altri, perché prescelto tu fosti e perché tu sei un Angelo di fatto e di nome tu, piccolo fiore, piccolo gelsomino profumato”.

Rocchina Morgese

IL TEMPO Ho imparato che il tempo non è poi così restio a passare basta riempirlo di facezie, e se ne scorre via veloce. Ho imparato a trattarlo con non curanza, se costretta nei suoi limiti più angusti, fingo di essere impegnata. Allora lui si sposta di lancetta in lancetta, accontenta la mia fretta di scapparmene via. Spostiamo insieme io e lui qualcosa ogni giorno più pesante, ma lo facciamo con …….non curanza. Vincenza Zefferino

AL PICCOLO ANGELO CAGGIANO Quando tu nascesti, piccolo Angelo qualcuno ti prescelse e da lassù ti guardò

Ora che tutto vedi e tutto senti da lassù, fa’ in modo che si calmino le anime qua giù: i tuoi cari ti pensano e ti amano sempre e dal dolore non ne possono più. Tu, piccolo Angelo, che sei lassù in compagnia sei del Buon Gesù. Giuseppe Maggio

LA MORTE DI UN CADAVERE Era un bel giorno di notte. La luna scendeva a larghe falde ed io solo solo con tre compagni camminavo sopra una pietra di legno, ed al chiarore di un lumicino spento vidi un cadavere per terra. Presi dalla tasca un coltello senza manico, ma ci mancava la lama, lo conficcai sul petto e dissi: muori o tu scellerato cadavere. Giuseppe Silla senior


205/55 205/55 225/45 195/55

R16 R16 R17 R16

91V Bridgestone 91V Dunlop 94 w-xl Hifly Sunitral

¤ ¤ ¤ ¤

85,00 82,50 85,00 77,50

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