L’ERA DELLA DIGITALIZZAZIONE

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”

MACROAREA DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione Tesi di Laurea in Informatica e Rappresentazione della Conoscenza L’ERA DELLA DIGITALIZZAZIONE: Da una nuova forma di segregazione sociale ad un probabile futuro senza memoria.

Relatore: Chiar.mo Prof. Fabio M. Zanzotto

Laureando: Matteo Piarulli

Anno Accademico 2014/2015



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2016 Matteo Piarulli www.matteopiarulli.it/tesi


A mia madre, a mio padre e a mio fratello.


INDICE

Introduzione ............................................................ 1 Capitolo I Comunicazione e trasmissione dei dati ................. 3 1.1 Dall’oralità alla scrittura ................................. 5 1.2 La diffusione della scrittura ............................ 9 1.3 La stampa a caratteri mobili .......................... 11 1.4 Il Sutra del Diamante .................................... 14 1.5 I nuovi mezzi di comunicazione ................... 15 Capitolo II L’era della Digitalizzazione.................................. 18 2.1 La comunicazione e l’informatica ................ 23 2.2 Le TIC ........................................................... 24 2.2.1 Il “linguaggio” binario ........................... 25 2.3 Duttilità del digitale ...................................... 27 2.4 La rete ........................................................... 28


2.4.3 Protocolli e trasmissione ........................ 30 2.5 La Network Society ...................................... 32 2.6 Internet, un problema etico? ......................... 33 Capitolo III Digital Divide: Una nuova segregazione ............. 36 3.1 Cos’è il digital divide? .................................. 39 3.2 Connessione, il vero problema? .................... 40 3.3 (S)Collegati a metà ........................................ 42 3.4 Le non possibilità .......................................... 43 3.4.1 Il genere come fattore di divisione ........ 44 3.4.2 Le competenze informatiche .................. 46 3.5 Il “Matthew effect” ....................................... 47 3.6 Le Agende Digitali e il gap ........................... 48 3.6.1 L’agenda digitale Europea ..................... 49 Capitolo IV Quale memoria per il futuro? .............................. 52 4.1 Il “Backup” ................................................... 55 4.2 Desertificazione della memoria .................... 56 4.3 Il medioevo digitale ...................................... 57 4.4 Gli standard come soluzione ......................... 59 4.5 Data Recovery ............................................... 60


4.6 Una Selezione Naturale Digitale................... 62 4.7 Alcune ipotesi ............................................... 63 Conclusioni ............................................................ 67 Bibliografia ............................................................ 70


RINGRAZIAMENTI

Arrivare al giorno della laurea è una gioia difficile da esprimere con parole. Sono felice di aver raggiunto questo traguardo che va ad aggiungersi alle altre esperienze della mia vita. Il lavoro profuso in queste pagine è dedicato a mia madre, a mio padre e a mio fratello, le persone più importanti della mia vita. Da sempre mi hanno sostenuto, hanno spronato la mia curiosità e la mia voglia di apprendere. La mia vita e la mia carriera universitaria sono state segnate dall'influenza dei miei genitori e dai loro insegnamenti. Mio padre mi ha insegnato la perseveranza e la tenacia, mia madre mi ha fatto capire l'importanza del sacrificio e dell’umiltà, mio fratello maggiore mi dà la sicurezza di avere sempre qualcuno alle spalle che mi proteggere. La mia esperienza di studi all'estero mi ha fatto sentire cittadino europeo, ha rotto ogni pregiudizio culturale e ha impresso e ha impresso nel mio animo una nuova concezione della vita. Voglio ringraziare la mia seconda famiglia, Dominik, Anita e Hubert perché grazie a loro vivere in Germania è stato come sentirsi a casa.


Grazie ai lunghi discorsi avuti con Dominik e ai consigli della mia amica e collega Maria mi sono impegnato nella realizzazione di questa tesi. Un ruolo chiave lo hanno avuto anche i professori del mio corso di laurea. Attraverso le lezioni e gli esami nelle varie materie sono riuscito ad incrementare le mie conoscenze. Loro mi hanno anche insegnato il dono della critica e dell’argomentazione. Ringrazio il Chiar.mo Prof. Fabio Massimo Zanzotto per la disponibilità dimostrata nei miei confronti, per avermi fatto appassionare a questo argomento su cui vorrei continuare le mie ricerche in futuro. Nel mio percorso di vita, hanno avuto tantissima importanza i miei amici, con loro sono riuscito a superare momenti d’incertezza e di paure, ma soprattutto ho vissuto momenti indimenticabili che resteranno impressi nella memoria. Tra questi desidero ringraziare i miei amici e parenti sparsi in tutto il mondo: Incoronata B., Marco, Marialaura, Desy, Giovanna G., Miriam, Silvio, Ana, Fidel, Davide, Regina, Tobias, Masha, L’Eclissi, Sabrina, Miloš, Antonello, Rosy, Mariangela, Ilaria, Tommaso, Zio Michele, Laura, Elisa, Alessandro, Elena, Vincenzo, Pietro B., Francesca.



INTRODUZIONE

Tutti stiamo partecipando alla frettolosa corsa alla digitalizzazione, tutto deve passare in formato digitale, dai documenti della pubblica amministrazione a semplici fotografie private. L’evoluzione tecnologica ha raggiunto livelli di conoscenza molto alti ma ha portato con sé anche tanti nuovi problemi. La nostra società è già stata colpita da

una

nuova

disuguaglianza

sociale

che

nega

l’opportunità di progresso ma che non da nessuna certezza sul futuro dei nostri dati. Non tutti sono riusciti ad adeguarsi ai nuovi usi che facciamo della tecnologia ed è proprio qui che nasce una nuova segregazione sociale chiamata in gergo digital divide. Oggi nella nostra società chi non utilizza un computer è considerato un escluso. Coloro invece che fanno parte dell’universo digitale sfruttano gli strumenti informatici per comunicare

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e diffondere dati e informazioni legate alla vita privata e sociale, spesso senza preoccuparsi di archiviarli su supporti in modo permanente per non perderne traccia e accedervi in futuro.

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Capitolo I COMUNICAZIONE E TRASMISSIONE DEI DATI

Nel “Fedro” di Platone, Socrate diceva che la scrittura era una minaccia per la cultura perché a un libro non si possono fare domande. A Socrate mancava Internet. Luciano De Crescenzo

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Nella sfera dei bisogni fondamentali dell’uomo rientra a pieno titolo la comunicazione, necessaria per instaurare qualsiasi tipo di relazione. Nel tempo il desiderio di comunicare è aumentato e ciò ha comportato di conseguenza profondi cambiamenti nelle modalità con cui l’uomo conversa con gli altri. L’uomo nel tempo ha avvertito anche l’esigenza di lasciare traccia di ciò che comunicava, l’esigenza di trasmettere1 nello spazio e nel tempo le nozioni, le informazioni e i dati che possedeva, in modo da raggiungere con la propria idea un numero sempre maggiore di persone e per lasciare un’eredità intellettuale e materiale che potesse superare il limite della propria vita mortale. Comunicazione orale, gestualità, segni grafici, scrittura, libri, sms, chiamate e videochiamate, email, ecc… sono strumenti utilizzati per fare comunicazione e per trasmettere i contenuti delle comunicazioni.

1

Dal latino transmissio -onis, der. di transmissus, p. pass. di transmittĕre, composto da trāns- "al di là" e a mĭttere "mandare”.

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1.1 Dall’oralità alla scrittura Prima della comparsa della scrittura, avvenuta nel III millennio a. C., i gruppi di persone organizzati nelle loro comunità si esprimevano mediante la voce, i gesti per comunicare tra di loro, al fine di esprimere un pensiero, una opinione, uno stato d’animo, scambiare informazioni. L’oralità diveniva anche il mezzo per tramandare un’idea, un sapere ai propri figli, nipoti oppure alle altre comunità. Trasmettere nel tempo notizie, fatti, tradizioni ovvero l’insieme di un’intera cultura avveniva attraverso l’oralità, considerata il mezzo privilegiato per svolgere tale funzione. Per favorire il ricordo di ciò che si voleva raccontare venivano utilizzate formule ripetitive e mnemoniche in grado di allenare la memoria ed evitare che le narrazioni potessero cambiare e garantirne l’affidabilità. Tuttavia l’uso di tali formule, benché mirate a potenziare i meccanismi della mente umana, erano limitate al tempo dell’esistenza individuale di una persona. Inoltre la tradizione orale non si poteva definire perfetta perché le testimonianze potevano subire trasformazioni in base a colui o a coloro che si assumevano il compito di

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tramandare la storia. Il rapporto tra chi raccontava e chi ascoltava era un rapporto diretto che presupponeva un coinvolgimento maggiore e una presenza fisica necessaria per la trasmissione del sapere e delle conoscenze. Quando le comunità cominciarono ad ingrandirsi e a divenire più complesse, crebbe anche la quantità di informazioni da trasmettere e si rivelò l’impossibilità della memoria umana di immagazzinare un numero illimitato di nozioni. Le circostanze che portarono a un cambiamento nella comunicazione si crearono intorno al III millennio a. C. con il fiorire di due importanti civiltà: Sumeri2 ed Egiziani. È in questo periodo che nacque la scrittura. Nel 3200 a. C. nella regione della Mesopotamia3 i Sumeri svilupparono un tipo di scrittura chiamata “cuneiforme” caratterizzata da particolari segni e incisioni eseguiti con uno stilo su tavolette di argilla. Più o meno nello stesso periodo, la civiltà egizia elaborò una scrittura basata su

2

I Sumeri sono la prima popolazione sedentaria al mondo vissuti tra il 4000 e il 1700 a. C. 3 Regione pressoché corrispondente alle attuali zone del Medio Oriente e dell’Asia Minore.

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simboli che venivano incisi sulla pietra, i geroglifici 4. Verso l’anno 1000 a. C. nacque invece l’alfabeto fenicio, un sistema di scrittura semplice, con 22 lettere che indicavano solo le consonanti. Grazie ai vari scambi commerciali, i greci conobbero questo alfabeto e vi aggiunsero le vocali rendendolo completo. La comparsa di queste prime forme di scrittura permise la registrazione e la conservazione di grandi quantità di informazioni e determinò una rivoluzione nella comunicazione e nella trasmissione delle conoscenze. Ciò nonostante non ci fu una netta separazione tra oralità e scrittura, la trasmissione del sapere attraverso la scrittura non determinò la fine della tradizione orale perché all’inizio la scrittura rimase un privilegio di pochi. Alla tradizione orale venne affidata la diffusione dell'opera di Omero e molti altri racconti epici subirono diverse varianti, a seconda del contesto politico, sociale, geografico nel quale venivano trascritti e divulgati.

4

Il termine geroglifico deriva dal latino hieroglyphicus, a sua volta dal greco ἱερογλυφικός (hieroglyphikós) nella locuzione ἱερογλυφικά [γράμματα] hieroglyphikà [gràmmata], "[segni] sacri incisi" composta dall'aggettivo ἱερός hieròs, che significa "sacro", e il verbo γλύφω glýphō, che significa "incidere".

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Il maestro greco di filosofia Socrate si servì della parola per comunicare il suo messaggio ai discepoli ritenendo che un’idea fissata in uno scritto perdesse valore e vitalità mentre Platone, il suo più famoso discepolo, affidò proprio alla scrittura la trasmissione dei suoi dialoghi. Ed è in uno di questi dialoghi che Platone fa conoscere il pensiero del suo maestro: Dunque chi crede di poter tramandare un’arte affidandola all’alfabeto e chi a sua volta l’accoglie supponendo che dallo scritto si possa trarre qualcosa di preciso e di permanente, deve esser pieno d’una grande ingenuità, […] Perché vedi, o Fedro, la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: crederesti che potessero parlare quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa.5 Ho preso in considerazione questo dialogo di Platone ritenendolo un emblema di come un cambio

5

Discorso tra Socrate e Fedro (Platone, Opere, vol. 1, 1967)

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culturale sia difficile da accettare anche quando viene condiviso dalla maggior parte delle persone. 1.2 La diffusione della scrittura Con

la

diffusione

dell’alfabeto

greco

e,

successivamente all’incontro tra greci e romani, lo sviluppo

dell’alfabeto

latino

si

trasformarono

la

comunicazione e la trasmissione del sapere. La scrittura diventò portatrice di una memoria permanente. La società romana al tempo dei consoli e degli oratori fu una società “dominata da un continuo bisogno di cultura scritta”6. Di

qui

la

necessità

di

una

maggiore

alfabetizzazione degli individui per poter diffondere i testi scritti e le idee, poiché la scrittura, a differenza dell’oralità, implicava una divisione tra chi scriveva e chi non, tra chi sapeva leggere e chi non ci riusciva. Nell’antica Roma la crescente alfabetizzazione fu favorita dal fatto che si parlava in latino e si scriveva in latino. Con l’arrivo dei barbari che non parlavano latino, il disintegrarsi dell’impero romano e la nascita del Cristianesimo cambiò

6

(Cavallo, 1997)

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il panorama storico-culturale. Lingua scritta e lingua parlata non coincisero più in molti casi, il latino divenne lingua ufficiale delle comunità cristiane per diffondere i vangeli e gli scritti religiosi e infine crebbe il numero delle persone prive di alfabetizzazione. I centri culturali più importanti divennero i monasteri dove operavano gli amanuensi, monaci che passavano molte ore della giornata a trascrivere e ricopiare i testi scritti in lingua latina. Tra XII e XIII secolo la nascita del volgare e l’introduzione in Europa della carta ebbero come conseguenza la diffusione sociale della scrittura e crebbe la percentuale numerica degli individui in grado di leggere e scrivere. Ciò comportò un mutamento nelle forme di trasmissione del sapere7 perché l’uso della carta al posto della pergamena permise di fissare i testi e le conoscenze su un supporto capace di durare più a lungo nel tempo e di preservare e facilitare la conservazione della memoria di un popolo8. Lo studioso Havelock sostiene che l’invenzione della scrittura ha modificato la memoria e i processi cognitivi dell’uomo (Havelock, 2006) 8 “La memoria scritta di una determinata area socioculturale è costituita dall’intero patrimonio di tutte le testimonianze scritte” (Petrucci, 2002) 7

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1.3 La stampa a caratteri mobili Nel 1455 il tedesco Johannes Gutenberg elaborò una tecnica tipografica per copiare i caratteri alfabetici su un foglio di carta. Tale tecnica si rivelò efficace perché permetteva di riutilizzare i caratteri e per questo motivo si diffuse rapidamente in tutta Europa.

Nacque così la

stampa a caratteri mobili. Il primo testo che Gutenberg stampò con tale metodo fu la Bibbia. In soli tre anni, dal 1452 al 1455 vennero prodotte nella città di Mainz più di 180 esemplari del testo sacro di cui solo 48 copie sopravvivono9. Due copie integre si trovano presso la British Library e sono consultabili su Internet10 ad alta risoluzione grazie al progetto Turning the Pages™. La stampa si diffuse in breve tempo in quasi tutta Europa. Man mano che gli anni passarono nuove tecniche vennero scoperte e migliorate. Dopo la Germania, arrivò l’Italia, Venezia divenne capitale dell’editoria e a Subiaco fu ideato il “Maiuscolo”, un tipo di carattere che ancora oggi utilizziamo. Nacquero nuove figure lavorative, si

9

(Treasures in full Gutenberg Bible, s.d.) http://goo.gl/1dZCZD

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determinò un innalzamento del tasso di alfabetizzazione. I testi, di qualsiasi natura, potevano essere distribuiti in modo più veloce, economico e in maggiore quantità. La società entrò così in una nuova epoca dello sviluppo della comunicazione umana e della trasmissione dei testi. Le alte gerarchie politiche e religiose capirono la grande e rivoluzionaria portata di questo nuovo mezzo di riproduzione capace di diffondere in modo più capillare e invasivo qualsiasi pensiero anche sconveniente per loro e videro un nemico da combattere attraverso la limitazione della libertà di stampa oppure con il controllo sui contenuti da divulgare. Ciò provocò in alcuni casi una vera e propria damnatio memoriae dei testi ritenuti pericolosi e di cui si cercò di cancellarne la memoria. Forme di negazione della libertà di stampa non si verificarono solo in Occidente. La monarchia assoluta dell’Impero Ottomano si oppose senza mezzi termini all’uso di questa nuova invenzione. Nel 1538 a Istanbul venne dato alle fiamme una copia del Corano stampato a Venezia da Paganino e Alessandro Paganini, i due tipografi condannati con l’amputazione della mano. Un’analisi

molto

dettagliata e ricca di

12

preziose


informazioni su questo argomento è stata pubblicata da Carlo Pannella nel suo libro: “Fuoco al Corano in nome di Allah” che ho ritenuto opportuno citare in questo paragrafo: “l’autocastrazione della civiltà islamica basata su profondi dogmi religiosi che la motivavano nel rifiuto dell’esegesi del Libro Sacro, nel rigetto più fermo di ogni rapporto tra Fede e Ragione”.11 Un’altra motivazione ancor più valida va ricercata nell’opposizione al nuovo medium, la stampa, visto come l’essenza di una modernità e di una trasformazione sociale che non si conciliavano con la cultura islamica, profondamente radicata in una tradizione non aperta ai cambiamenti. Come accade ogni qualvolta ci si trova di fronte ad una novità, le risposte possono essere positive o negative. C’è chi si adatta subito alle trasformazioni, chi è scettico ma curioso di avvicinarsi al nuovo e chi invece rifiuta a priori ciò che non conosce. Dopo l’invenzione della stampa, libro manoscritto e libro a stampa continuarono a coesistere, come era già capitato con il passaggio dall’oralità alla scrittura. Sostanzialmente quello che

11

(Panella, 2014)

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differenziò i due tipi di libri fu la loro circolazione e diffusione. Il manoscritto era disponibile in un numero limitato di copie e di solito era richiesto da un privato per ingrandire la propria biblioteca mentre il libro stampato circolava contemporaneamente in centinaia di copie e poteva essere a disposizione di un maggior numero di persone, soprattutto di coloro che frequentavano le scuole e le università. La rivoluzione della stampa portò con sé la consapevolezza che tempo e spazio sono assoggettabili alle tecniche e agli strumenti che l’uomo riesce a inventare e costruire per accrescere le proprie capacità e apportare miglioramenti nella società in cui vive, a partire dalla comunicazione e dalla trasmissione delle conoscenze acquisite. 1.4 Il Sutra del Diamante Il più antico documento stampato e conosciuto al mondo risale all’868 e fu ritrovato nel 1907 in una grotta a Dunhuang nella provincia del Gansu in Cina12. Si chiama

12

(Hopkirk, 2006)

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il Sutra del Diamante ed è un rotolo stampato su fogli di carta incollati tra di loro, lungo più di quattro metri e mezzo e largo trenta centimetri. Questa copia riporta la data di stampa risalente alla fine della dinastia Tang13, il nome del committente, Wang Jie e un’illustrazione raffigurante il Buddha in trono circondato da alcuni assistenti e di fronte a lui una piccola figura che s’inginocchia e prega. È presumibile che sia proprio Wang Jee, il donatore che ha pagato per la stampa di questo libro sacro. Nel Sutra del Diamante sono raccolti gli insegnamenti del Buddhismo e alcune delle dottrine ZenBuddhiste. Il documento è conservato nella biblioteca nazionale del Regno Unito (British Library) ed è visionabile online nella lista dei libri virtuali (Turning the Pages™)14. 1.5 I nuovi mezzi di comunicazione Il desiderio di comunicare con un numero sempre maggiore di persone, di semplificare il passaggio di

13

Il quindicesimo giorno del Quarto mese del Nono anno del periodo Xiantong del sovrano Tang Yìzōng, corrispondente all'11 maggio 868 (DCCCLXVIII in numeri romani). 14 http://goo.gl/c6x8Ls

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informazioni e conoscenze e di riorganizzare le forme di trasmissione ha determinato nella società odierna la nascita di nuovi mezzi di comunicazione. Computer, cellulari, tablet, smartphone, Internet, pc sono, a partire dagli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, i protagonisti della nuova rivoluzione informatica. Sono cambiate le regole della comunicazione orale, sono stati modificati i processi di scrittura, trasmissione e conservazione dei testi. Dall’oralità al libro manoscritto, al libro a stampa e poi ai media digitali abbiamo assistito a vari passaggi dei modi di comunicare: dalla

fissità

alla

mobilità,

dalla

staticità

alla

multimedialità, dalla presenza fisica al virtuale, dalla durata alla transitorietà. Multimediale, ipertestuale, interattivo sono i nuovi termini usati per definire il rapporto comunicativo. La digitalizzazione si è imposta come sistema dominante perché da un lato rende più economica la produzione industriale delle informazioni e, allo stesso tempo, espande i mercati e i confini della loro fruizione.

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In una societĂ culturale basata su mezzi di comunicazione sempre piĂš veloci e mutevoli, il problema della conservazione della memoria sembra essere passato in secondo piano. Bisogna impedire che ciò accada e trovare soluzioni per preservare la nostra cultura e tramandarla adattando di volta in volta le nuove scoperte tecnologiche con i mezzi a disposizione dell’uomo.

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Capitolo II L’ERA DELLA DIGITALIZZAZIONE

Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti. Umberto Eco

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L’era

che

stiamo

vivendo

è

fortemente

caratterizzata dalla tecnologia, il passaggio dall’analogico al digitale è l’emblema della nostra società. La comunicazione è mediata non più dalle gesta o dalla tavoletta d’argilla ma da un hardware e da un software che danno la possibilità agli individui di comunicare in tempo reale tra di loro. Una società sempre più sviluppata ha bisogno di una comunicazione all’avanguardia, che si adatti alle nuove esigenze sociali e culturali di ogni periodo storico. Nasce così il binomio comunicazione-tecnologia dove per tecnologia intendo l’uso costruttivo delle scoperte scientifiche e delle conoscenze tecniche per la pianificazione

strutturata

e

la

trasmissione

delle

informazioni. Le stesse tecnologie nate per uno scopo ben preciso o con una particolare esigenza hanno il problema di essere utilizzate per scopi non affini al ruolo a cui sono destinate. Ed è proprio in questo senso che entra in gioco l’uso che facciamo di ogni strumento tecnologico. Quando Albert Einstein mise appunto il principio di equivalenza massa-energia con la famosa equazione

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E=mc2 prevista nella teoria della relatività ristretta, suggerì anche in linea di principio la possibilità di trasformare direttamente la materia in energia o viceversa, Einstein non vide applicazioni pratiche di questa scoperta ma intuì che il principio di equivalenza massa-energia poteva spiegare il fenomeno della radioattività. Non poté certo mai immaginare la possibilità ipotetica di costruire una bomba atomica15. Questo dimostra che le stesse tecnologie, nate per una particolare esigenza, non possono non essere riadattate ad altri ed innumerevoli utilizzi e non possono non condizionare eventi successivi. Quando

parliamo

di

tecnologia

bisogna

considerare il rapporto tra l’esigenza a cui risponde un prodotto e l’uso che ne viene fatto. Non bisogna commettere l’errore di considerare questo legame di tipo meccanicistico, ovvero quello di ridurre la complessità

15

Nel 1939 fu fondato il progetto Manhattan fortemente voluto dal presidente Americano Roosevelt, che prevedeva un team di ricerca esclusivo con lo scopo di creare la bomba atomica. Questo accadde dopo che Einstein persuaso da Fermi e Szilard fu costretto a scrivere una lettera al presidente Roosevelt per segnalare che c’era la possibilità ipotetica di costruire una bomba utilizzando il principio della fissione ed era probabile che il governo tedesco avesse già disposto delle ricerche in materia. (United States Department of Energy, 1999)

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dell’evoluzione tecnologia alla sola relazione lineare causa-effetto. In aiuto a questa mia visione liquida16 della tecnologia prendo in considerazione l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Nel momento in cui Gutenberg inventò i caratteri mobili per la riproduzione dei libri, lo scopo era quello di rendere più efficiente e decisamente più veloce la produzione di una copia di un libro. Infatti, in soli tre anni (1452-55) riuscì a produrre i primi 180 esemplari del primo libro a stampa della storia17, lo stesso tempo che avrebbe impiegato un amanuense, per trascriverne una sola copia. Pur presentando la Bibbia con l’impego dei caratteri gotici medioevali come il lavoro di un amanuense; senza titolo né numerazione delle pagine e nessuna innovazione dal punto di vista grafico rispetto agli antichi manoscritti. Il geniale orafo tedesco Gutenberg, senza accorgersi, segnò un passaggio epocale di

16

Il termine liquido si riferisce alla labilità di qualsiasi costruzione nella nostra epoca. Zygmunt Bauman, usa la metafora di modernità liquida contrapposta alla solida proprio per indicare la vita sempre più frenetica nella post-modernità. 17 (Stalignò, 2000)

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straordinaria importanza per l’Umanità e per la diffusione della cultura. La tecnologia è determinante o condizionante? Una certa tecnica viene prodotta all’interno di una determinata cultura e una data società è condizionata dalle proprie tecniche. […] Il torchio di Gutenberg non ha determinato la crisi della Riforma, lo sviluppo della scienza moderna e neppure il sorgere degli ideali illuministici e il peso crescente dell'opinione pubblica nel Diciottesimo secolo, li ha solo condizionati. Si è limitato a fornire una parte indispensabile del contesto globale da cui sono sorte queste forme culturali. Se, per una filosofia intransigentemente meccanicista, un effetto è determinato dalle sue cause e potrebbe pertanto esserne dedotto, il semplice buon senso suggerisce che i fenomeni culturali e sociali non obbediscono a uno schema del genere. La molteplicità dei fattori e dei soggetti coinvolti impedisce il benché minimo calcolo deterministico degli effetti. Inoltre, tutti i fattori “oggettivi” in fondo non sono altro che condizioni suscettibili di interpretazione da parte di individui o gruppi capaci d’invenzione radicale. […] Queste tecnologie, […] sono arrivate da dove nessuna ‘istanza decisionale’ le attendeva.18

18

(Lévy, 1997)

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La nascita delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) può essere considerata una risposta al cambiamento repentino e ai nuovi sviluppi della comunicazione. 2.1 La comunicazione e l’informatica Il nostro secolo è caratterizzato da veloci trasformazioni sociali, l’economia si è adattata al dinamismo che caratterizza la società post industriale e la comunicazione occupa una posizione di fondamentale importanza. In una società partecipativa come la nostra, le nuove tecnologie informatiche e la comunicazione a distanza sono considerati i due pilastri fondamentali per lo sviluppo delle attività umane. Nasce così la cosiddetta società dell’informazione. Tale espressione, è stata usata per la prima volta dal sociologo Daniel Bell nel 1973 per identificare la “società post-industriale” ovvero la società moderna che, giunta al culmine del processo di industrializzazione e della produzione di beni materiali, concentra i nuovi sforzi sulla produzione di beni immateriali e servizi.

Secondo Daniel Bell, l’attuale

società dell’informazione è caratterizzata dal ruolo

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primario della scienza dove si concentrano le conoscenze teoriche, da classi più qualificate grazie alle tecnologie dell’intelligenza, dal lavoro modificato a causa di una nuova centralità della produzione di conoscenza e di servizi, e dall’integrazione delle donne nel mondo del lavoro. Alcune critiche a questa interpretazione della nuova società, sono state mosse da Kumar che vede la nostra società dell’informazione uno sviluppo storico della cosiddetta terza rivoluzione industriale concretizzatosi in un'enorme estensione della taylorizzazione del lavoro e della società19. 2.2 Le TIC La digitalizzazione è quel lavoro di traduzione di qualsiasi informazione in codice binario. Qualsiasi cosa misurabile, come il suono, il testo, le immagini e i filmati può essere rappresentata in formato digitale, ovvero tradotta in bit. I progressi della tecnologia hanno portato, addirittura, alla nascita di un “naso elettronico”, era impensabile fino a qualche anno fa poter misurare gli odori, ma ad oggi è una realtà ben conosciuta. Tanto è

19

(Kumar, 1995)

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vero, che il Sistema Olfattivo Artificiale (SOA) è già usato in moltissimi laboratori di analisi.20 Digitalizzare significa quindi convertire nel linguaggio matematico (binario) ciò che in precedenza era analogico, materiale e visibile all’occhio umano. Per leggere un file digitalizzato o born digital21 c’è bisogno di una macchina (computer) che traduce dal linguaggio matematico al linguaggio comprensibile all’uomo e viceversa. 2.2.1 Il “linguaggio” binario Il codice binario è un sistema di calcolo in base due, a differenza del sistema decimale che utilizza i numeri da 0 a 9, il codice binario utilizza 0 e 1. Si tratta sostanzialmente di capacità di linguaggio diverse. L’uomo

Il sistema Olfattivo Artificiale (SOA) sono degli studi nell’ambito della misurazione e digitalizzazione degli odori mediante l’uso di un “naso elettronico” (Polo Tecnologico, 2005) Dal 2014 è in sperimentazione presso il Policlinico gemelli di Roma il “naso elettronico” che annusa e scopre precocemente i tumori. (Pappagallo, 2014) 21 Born digital significa “nato digitale”, cioè un dato che è nato maniera digitale. Il contrario di “born digital” è il “Digital reformatting” che consiste nel trasportare i dati originariamente analogici in digitale. 20

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sa contare in base dieci, la macchina ha capacità ridotte rispetto all’uomo tanto che può contare solo in base due. Lo 0 rappresenta il no e l’1 rappresenta il sì. Mediante l’utilizzo di queste due cifre, la macchina è in grado di elaborare non solo tutti i numeri possibili all’infinito, ma anche di tradurre nei nostri linguaggi comunicativi ciò che è stato programmato dal calcolatore. Il computer prima riceve un dato lo converte nel suo linguaggio, il binario, e poi lo traduce nel nostro, cosicché noi possiamo vedere e comprendere immagini, video, suoni e testi. La

trasformazione

della

comunicazione

da

analogica a digitale rappresenta un miglioramento delle performance della comunicazione, infatti, digitalizzare significa trasformare informazioni in serie di 1 e di 0 e questo fa sì che il trattamento dell’informazione obbedisca a delle regole matematiche inequivocabili dove la rapidità e la precisione diventano per la prima volta le caratteristiche principali che contraddistinguono la nuova comunicazione. Si tratterebbe quindi di virtualizzazione dell’informazione

dove

le operazioni

matematiche

vengono elaborate seguendo i teoremi matematici.

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Tagliare, copiare e incollare su un documento word sono riconducibili a calcoli aritmetici e logici che avvengono in maniera simultanea nel momento in cui le nostre dita cliccano sul mouse o sui tasti di una tastiera. 2.3 Duttilità del digitale La grande versatilità della comunicazione in rete ha stravolto la vita dell’uomo, il suo modo di lavorare, il modo di educare, le sue passioni e il suo svago. Un’informazione digitalizzata significa rapidità, duttilità e convenienza applicabili in tutti i campi, in quello economico ma soprattutto allo spazio fisico che un documento digitale occupa. Pensiamo a una risma di fogli bianchi A422 prendiamo in considerazione che ogni foglio pesi 75 gr. Una risma è un’unità di conteggio della carta e corrisponde a 500 fogli. Se moltiplichiamo 75 gr per 500 fogli avremo il risultato del peso totale di una risma di fogli che è di 3,75 Kg. Provo a fare la stessa operazione nel digitale, creo un documento word di una sola pagina vuota e la dimensione del file corrisponde a 11,1 KB 22

Un foglio A4 ha le dimensioni di 210 x 297 mm che sono regolamentate dalla normativa ISO 206 e dal DIN (Deutsches Institut für Normung) Istituto tedesco per la standardizzazione.

27


(11.100 byte). Se utilizzassimo il nostro sistema di elaborazione dati, possiamo facilmente calcolare le dimensioni di un file a 500 pagine semplicemente moltiplicando 11,1KB per 500 con il risultato di 55.500 KB (55.500.000byte) ma in realtà questo è un calcolo sbagliato proprio perché il computer ha una struttura “mentale” diversa dalla nostra cosicché un documento di 500 fogli bianchi corrisponde a 13,9 KB (14.270 bytes) e non a 55.500 KB. Comparare qualcosa di reale (la risma) con qualcosa di virtuale (i file) sembra davvero impossibile perché uomo e computer non seguono gli stessi procedimenti logico-matematici. 2.4 La rete La vera rivoluzione della tecnologia non sono i computer ma è la rete. I computer connessi a una rete hanno una capacità comunicativa più avanzata, connettere due o più computer tra di loro significa potenziare le capacità di calcolo a disposizione. Una rete di computer connessi tra di loro oppure connessi alla grande rete mondiale (Internet) fa sì che una grande quantità di

28


informazioni possano essere modificate, elaborate, copiate e condivise in qualsiasi luogo e tempo. 2.4.1 La grande rete: Internet È definito come la “rete delle reti”, è un insieme di reti di computer sparsi per il mondo ma collegati tra di loro. A questa grande rete sono connessi miliardi di utenti che si scambiano informazioni di tipo binario. La particolarità è che nessuno ha provato a definire Internet con altre parole, ma l’immensità della rete stessa e la sua potenza fanno sì che Internet sia in possesso di tutti ma non è di nessuno. Infatti, affinché Internet funzioni c’è bisogno che le parti connesse mantengano in efficienza i computer di proprietà. Secondo McLuhan, Internet è il "prolungamento" all’esterno del nostro cervello o secondo una definizione più fantascientifica, Internet sarebbe un "cervello collettivo". 2.4.2 La storia di Internet All’inizio di questo capitolo ho affermato come una visione liquida della tecnologia potrebbe chiarire anche i passaggi storici di alcuni invenzioni. Non cadere

29


nell’errore di considerare la tecnologia e l’evoluzione di tipo meccanicistico significava dunque porre le basi per interpretare la storia della nascita di Internet. Siamo negli anni ’60, esattamente il 4 ottobre 1957 si sta vivendo il successo scientifico dei sovietici che mettono in orbita il primo Sputnik. Siamo in piena guerra fredda, il periodo in cui la tecnologia raggiunge il massimo della follia, la supremazia

delle

sperimentazioni

portano

al

rafforzamento delle armi di distruzione di massa, come la bomba H, una potenza nucleare inaudita. Gli USA lanciarono il loro programma spaziale che doveva portare l’uomo sulla luna, mentre dall’altra, a livello militare, predisposero un piano di difesa da un eventuale attacco atomico da parte dell’Urss. Fu proprio in questo contesto storico che il Pentagono mise appunto A.R.P.A. (Advanced Research Projects Agency), un’agenzia per progetti scientifici a livello avanzato a scopi militari. E fu proprio lì che nel 1962 nacque l’idea di creare un sistema di comunicazioni in grado di sopravvivere ad un attacco nucleare basato sul sistema della trasmissione mediante commutazione di pacchetto. 2.4.3 Protocolli e trasmissione

30


L’obiettivo era creare un sistema di navigazione senza una centrale di controllo che poteva essere oggetto di attacco e che se colpita poteva mettere fuori servizio le comunicazioni necessarie per stabilire un attacco offensivo. Ma il grande sviluppo di Internet si ebbe con Vint Cerf, considerato il padre di Internet ora Evangelista di Google, egli nel 1969 creò ARPANET, collegando al nodo dell’Università di Los Angeles le tre Università americani di Santa Barbara (California), di Stanford e dell’Università dello Utah. Questo significò il passaggio dalle cosiddette LAN (Local Area Network, rete locale) ad una WAN (Wide Area Network, o rete su un’area vasta) fino ad arrivare all’attuale dimensione mondiale. Nel 1973 Vinton Cerf, insieme al suo collega Robert Kahn, mise appunto il protocollo di controllo trasmissione (TCP), standard indispensabile per la comunicazione tra le reti di computer. Successivamente viene aggiunto un protocollo tra rete e rete (IP), realizzando in questo modo il protocollo definitivo TCP/IP utilizzato ancora oggi. Grazie al World Wide Web, messo appunto nel 1991 dal CERN di Ginevra, oggi è possibile avere accesso a Internet attraverso l’uso di un browser e utilizzare un sistema multimediale basato

31


sull’ipertesto. Una risorsa che ha permesso di poter visionare informazioni a piacere, senza limiti o ordini. 2.5 La Network Society Già negli anni ’60 si avvertì il bisogno di consolidare una nuova società in cui il sistema produttivo era legato alla potenza cognitiva e alla rapidità di connessione. L’informazione diventa merce e strumento di potere, le industrie culturali iniziano ad affermarsi in una società sempre più globalizzata e interconnessa. Ma l’informazione non era una novità in sé, “società informate” erano anche quelle dell’impero Romano, anzi furono proprio loro i pionieri dell’informazione. Le fitte reti di collegamento in tutta Europa, le costruzioni delle strade e le staffette di comunicazione rafforzarono l’esercito romano. A questo punto la definizione di Società dell’Informazione per indicare la società post-industriale sembra non essere del tutto adeguato. Tra il passato e il presente non è l’informazione la novità ma lo è il mezzo con cui si realizza la comunicazione. Per questo motivo è nata la Network Society, Dijk conia questa definizione a favore di una società in cui i social network e le reti di

32


comunicazioni di massa creano strutture di portata individuale, organizzativa e sociale. 2.6 Internet, un problema etico? «Lo sconvolgimento che si verifica oggi nella comunicazione presuppone, più che una semplice rivoluzione tecnologica, il rimaneggiamento completo di ciò attraverso cui l'umanità apprende il mondo che la circonda, e ne verifica ed esprime la percezione. La disponibilità costante di immagini e di idee, così come la loro rapida trasmissione, anche da un continente all'altro, hanno delle conseguenze, positive e negative insieme, sullo sviluppo psicologico, morale e sociale delle persone, sulla struttura e sul funzionamento delle società, sugli scambi fra una cultura e l'altra, sulla percezione e la trasmissione dei valori, sulle idee del mondo, sulle ideologie e le convinzioni religiose».23 È forte la verità di queste parole, ci basterebbe solamente guardarci intorno per capire che “la terra è un globo ronzante di trasmissioni elettroniche, un pianeta blaterante, annidato nel silenzio dello spazio.” Internet, e i nuovi media portano con sé anche il rovescio della medaglia. Posso essere utilizzati per il bene delle persone 23

(Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, 22/02/2002)

33


e della società ma possono anche essere utilizzati per sfruttare, manipolare, dominare e corrompere. Pensare che la tecnologia sia un bene a prescindere è un trabocchetto. Oggi, la tecnologia vive il disastro della violazione della privacy, “vendiamo” dati senza ricevere nulla in cambio. Se la rete dal suo canto ha creato un insieme di regole per disciplinare il comportamento degli utenti24, dall’altro lato della medaglia gli sviluppatori, le multinazionali, le compagnie assicurative e le agenzie di marketing stanno facendo razzia di dati personali per incrementare il loro dominio nei mercati. Un altro grande rischio è che la tecnologia prima ha rimpiazzato gli operai con l’introduzione delle macchine, oggi rimpiazza i cosiddetti colletti bianchi. Agenti di viaggio, musicisti, fotografi, traduttori, giornalisti, impiegati, autisti. Stanno diventando tutte categorie a rischio. A parlarne è Jaron Lanie, uno dei più importanti teorici del web:

24

La netiquette disciplina il comportamento da assumere su internet nel rispetto degli utenti. Non è stabilito da nessuna legge ma si tratta di una questione “morale”. Se l’utente non assume un comportamento consono viene ‘espulso’ in gergo bannato.

34


«Per quanto mi faccia male dirlo, potremo anche sopravvivere distruggendo solo la classe media composta da musicisti, giornalisti e fotografi. Ciò che non è sostenibile è la distruzione di quella che lavora nei trasporti, nella manifattura, nel settore energetico, nell'educazione e nella sanità, oltre che nel terziario. E una tale distruzione accadrà, a meno che le idee dominanti sull'economia dell'informazione non facciano dei passi avanti.»25 Jaron, è stato il primo a remare contro l’idea secondo

cui

Internet

e

benessere

economico

coinciderebbero per definizione.26 Senza dimenticare questo punto di vista, nel capitolo successivo parlerò di questo binomio e dell’effetto che ha sulla società.

25

(Lanier, La dignità ai tempi di Internet. Per un'economia digitale equa, 2014) 26 (Lanier, You Are Not a Gadget: A Manifesto, 2011)

35


Capitolo III DIGITAL DIVIDE: UNA NUOVA SEGREGAZIONE

Fornire un accesso al computer e a Internet a tutti i bambini, ricchi e poveri, maschi e femmine, di città e di campagna, può mitigare quella forte discriminazione che oggi esiste fra la qualità dell'istruzione accessibile ai ricchi e ai poveri. Muhammad Yunus

36


L’accesso a Internet è la condizione primaria della nostra società. Avere accesso alla tecnologia e a Internet non è solo una nuova politica ma un fabbisogno del “nuovo” essere umano. Il Web gioca il ruolo primario delle governance, delle propagande e dell’attivismo e influenza le decisioni politiche, economiche e industriali. I Social e i Media Digitali stanno cambiando gli usi e i costumi di intere civiltà. Le nuove tecnologie informatiche e la comunicazione a distanza sono considerati i due pilastri fondamentali per lo sviluppo delle attività umane del nostro secolo, ma nonostante questa grande importanza c’è chi ancora non ha la possibilità di avere accesso a questo nuovo cambiamento. Una nuova segregazione sociale ha permesso la nascita degli analfabeti funzionali27 o nello specifico chiamati anche analfabeti digitali che manifestano un grave limite nell’interazione

delle

TIC.

Nonostante

la

grande

importanza della tecnologia, di Internet e dei media più

27 L’analfabetismo è l’incapacità a usare in modo efficace le

competenze di base (lettura, scrittura e calcolo) e avere un’autonomia nella società contemporanea, nel nostro Paese tocca la quota del 47% (Analfabetismo di ritorno, 2012)

37


della metà del mondo non ha la possibilità per vari motivi di accedere a Internet. Le statistiche dell’Eurobarometro o di altre organizzazioni come la Banca Mondiale non lasciano spazio ad interpretazioni e mostrano il grande divario digitale all’interno del vecchio continente. Il gap viene analizzato seguendo alcuni criteri generali, come ad esempio

confrontando

le

diverse

classi

sociali,

l’educazione, l’età e il sesso oppure analizzando dati tecnici sulla possibilità e la velocità di connessione. L’Europa nel 2010 presentava ancora un livello di digitalizzazione molto basso e quindi poco competitivo per il mercato mondiale. L’Italia, ancora oggi, è venticinquesima per competenze digitali e rientra nel gruppo

delle

“basse

prestazioni”.

L’obiettivo

da

raggiungere è l’accesso universale ai computer e alla connessione a Internet. A quanto pare il digital divide è ancora una grande sfida che l’Europa, i Governi e l’intera umanità stanno cercando di affrontare.

38


3.1 Cos’è il digital divide? Il digital divide è la differenza tra chi ha accesso alla tecnologia rispetto a chi invece ne è escluso per vari motivi. Le ragioni di questa nuova esclusione riguardano principalmente l’aspetto culturale, l’accesso fisico, le competenze digitali e altri fattori che verranno analizzati in

questo

capitolo.

Come

ampliamente

descritto

precedentemente, l’uomo non può fare a meno di comunicare, altrettanto non può fare a meno di comunicare attraverso un “media” e quindi sembra impossibile non partecipare al processo della digitalizzazione. Eppure, anche se in apparenza sembra impossibile, si deve dare atto a un numero elevato e preoccupante della popolazione mondiale che non è nelle condizioni di accedere a Internet, di avere un computer o di utilizzare uno smartphone. Bisogna

innanzitutto

considerare

che

la

grande

rivoluzione tecnologica non ha investito l’intero pianeta e questa considerazione è dovuta al fatto che spesso è più facile generalizzare che individuare singoli casi. Per questo motivo, alcune volte è presente un vizio di forma che tende a confondere la reale portata dei cambiamenti in atto nella nostra società. La rivoluzione digitale è un

39


fenomeno che ha colpito meno della metà della popolazione mondiale, ma si è tentati a credere che questo fenomeno sia di portate più vaste. Un altro reale problema che si lega al vizio di forma è la facilità di confondere la possibilità di accesso alla conoscenza e all’uso che si fa di Internet. 3.2 Connessione, il vero problema? La Banca Mondiale28, un organismo che lavora affianco all’Organizzazione delle Nazioni Unite dal 1990, ha iniziato a raccogliere e monitorare il numero di utenti di Internet e alcuni dati sulle connessioni Internet per Paese come parte del suo progetto di indicatori di governance in tutto il mondo. La percentuale della popolazione mondiale connessa ad Intenet nel 2014 risulta essere del 40% ovvero quasi 3 miliardi di persone collegate. In soli 14 anni la rivoluzione digitale ha investito la maggior parte della popolazione, tanto che nel 2000 il numero degli utenti connessi risulta essere 394 28

La Banca Mondiale è la principale organizzazione internazionale per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà. Fu istituita nel 1945. All’interno ci sono varie istituzioni internazionali che cooperano tra di loro come Agenzia specializzata delle Nazioni Unite. (Ministero Degli Affari Esteri - Farnesina, 2016)

40


milioni. Questa grande “divisione” non sembra ancora sufficiente per colmare il gap digitale, cosicché nel 2016 il digital divide sembra essere un vero e proprio problema da risolvere. Le Governance europee e nazionali hanno messo appunto apposite Agende Digitali per individuare soluzioni e ridurre i danni del Digital Divide. Per anni le politiche sul digitale hanno ritenuto opportuno che la sola possibilità di connessione a Internet potesse portare benefici e ridurre il gap. Probabilmente ci si è accorti troppo tardi che puntare alla possibilità di connessione non significa ridurre il divario ma solo colmarlo dal punto di vista tecnico. Una società connessa è sintomo di una società sviluppata ma non è detto che questa lo sia solo perché vi è la possibilità di accedere ad una fonte di sapere. L’Asia con ben il 41% degli utenti web si aggiudica il titolo di continente più connesso al mondo, seguita dall’Europa con il 26% e il Nord America con il 14%. È quindi importante ricordare che, nonostante gli impatti enormi che Internet ha sulla vita di tutti i giorni, molte persone (la percentuale maggiore) rimangono del tutto scollegate o collegate a metà. Solo un terzo della popolazione mondiale ha accesso a Internet e questi non

41


sono da considerare “inclusi” in una società sviluppata come il vizio di forma ci potrebbe far credere. 3.3 (S)Collegati a metà Un Paese non connesso è un sintomo29 e non una malattia. Affermare che la non presenza di Internet o la non possibilità di connettersi è un fatto che incrementa l’isolamento di alcuni individui è riduttivo, e non è possibile imputare all’accesso la causa principale del digital divide. L’impossibilità di connettersi a Internet non il motivo per cui è nata una nuova segregazione sociale. Il termine digital divide ha causato più confusione che chiarezza, ed è per questo motivo che ho ritenuto opportuno usare la parola segregazione proprio perché indica l’isolamento forzato o volontario di una persona dal contatto con gli altri30, nel nostro caso in contatto attraverso l’uso della rete. Si è collegati a metà quando si ha la possibilità di connettersi ma altri fattori lo

Il termine sintomo viene fatto risalire al greco sýmptōma, il cui significato è coincidenza, avvenimento fortuito, e a sympiptein che significa "accadere" (da syn "insieme" e piptein "cadere"). 29

30

(Coletti, s.d.)

42


impediscono come la motivazione, le conoscenze o la mera paura della tecnologia. 3.4 Le non possibilità Secondo una ricerca pubblicata nel 2008 da Jan van Dijk gli esclusi non sono connessi per problemi motivazionali31. Quando si parla di divario digitale gli esclusi sono raggruppati sotto la grande categoria degli “have-nots” di quelli che non hanno Internet, ma si dimentica spesso degli “want-nots” quelli che non voglio connettersi. Probabilmente negli ultimi vent’anni il fenomeno della tecnofobia, del rifiuto di Internet e delle macchine in generale è molto diminuito. In Europa, l’uso dei computer e di Internet è fattore primario per non restare marginalizzati ma ci sono ancora forti motivi che mettono a freno l’uso di Internet e dei computer che possono così raggrupparsi: il non bisogno e la non opportunità; la mancanza di tempo oppure di piacere; rifiuto del medium; mancanza di soldi; mancanza di conoscenze. I fattori che spiegano questo tipo di rifiuti possono essere spiegati attraverso motivi sociali, motivi culturali, mentali o di

31

(Dijk, 2008)

43


natura psicologica. Il gap europeo tra il nord, l’ovest e l’est è considerato maggiore rispetto al gap tra il nord e sud dell’Europa, ma questo può dipendere dalla disponibilità, dai costi della tecnologia digitale nel Paese, dal livello generale di alfabetizzazione ed educazione, dalle conoscenze delle lingue, in particolate l’inglese, dal livello di democrazia (libertà di espressione), dalla promozione dell’informazione in generale o l’accesso all’informazione e dall’attrazione alla tecnologia nella cultura. L’aspetto culturale è di particolare rilievo e importanza perché è uno dei fattori che spiega il motivo per cui il sud Europa è meno connesso del nord. Nelle popolazioni del sud Europa, è parte dello stile di vita spendere la maggior parte del tempo al di fuori della propria abitazione o nelle strade molto di più rispetto alle popolazioni del Nord Europa. Qui le persone spendono la maggior parte del loro tempo a casa e quindi vicino ad un computer. 3.4.1 Il genere come fattore di divisione La discriminazione di genere ha tristemente macchiato la storia dell’umanità. La lotta delle donne per la parità al sesso maschile ha dato spiragli di giustizia e i tanti successi hanno migliorato le condizioni disumane in

44


cui versavano le donne. Per fortuna, grazie al progresso e alla civiltà oggi la donna è integrata nella società moderna. I dati su gap di genere sono il risultato di una guerra quasi millenaria

all’integrazione

e

alla

partecipazione

femminile. La donna oggi deve vedere nella tecnologia il riscatto di una storia di emarginazione molto profonda e radicata. Nel paragrafo 2.1 La comunicazione e l’informatica ho introdotto il fenomeno della tecnologia quale motivo di integrazione da parte delle donne. I dati confermano questa interpretazione ed evidenziano che nella maggior parte dei paesi sviluppati il ritardo femminile nell’accesso al web è un dato trascurabile. Già dal 2004 l’Europa ebbe un risultato positivo, il gap tra maschi e femmine risultava essere un po’ più accentuato tra gli adulti ma molto più equo nella fascia dei giovani32. Positivo perché la fascia dei giovani dai 16 ai 24 anni registrati nel 2004 saranno gli adulti del futuro ed è prevedibile che manterranno equo il gap di genere.

32

(Eurostat, 2004)

45


3.4.2 Le competenze informatiche In Europa, come nel resto del mondo, la società media non ha competenze professionali nel settore delle TIC ed è molto diffuso l’analfabetismo digitale citato già in precedenza. Le digital skills33sono suddivise in tre tipi: le capacità di lavorare con l’hardware e il software, la conoscenza dell’informazione e la capacità che ne deriva nella ricerca e selezione della notizia e infine le abilità strategiche, ovvero l’utilizzo del web per obiettivi particolari, come la ricerca di ospedale nelle vicinanze o per migliorare le proprie conoscenze. Queste carenze escludono i cittadini dalla società e dalla economia digitale e limitano l’effetto moltiplicatore della produttività che deriverebbe dall’adozione delle TIC. Avere queste conoscenze significa anche migliorare la propria posizione nella società. Senza tecnici competenti le TIC non possono contribuire alla crescita della società e

incentivare

la

produttività

e

la

competitività

dell’economia. In un mondo in cui tutto è digitalizzato, a mio malgrado, manca ancora l’istituzione di un

33

Competenze digitali (Steyaert, 2000)

46


insegnamento che si occupi della formazione nel campo delle TIC e dia gli strumenti necessari ai cittadini per non restare esclusi. 3.5 Il “Matthew effect” «Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.»34 Questo passo biblico presente nel vangelo di San Matteo ha dato vita al fenomeno sociologico che nel 1968 Merton qualificò come: “Matthew Effect”. Anche la tecnologia, integrata come abbiamo visto nella società, non può prescindere dal fatto che vantaggi e svantaggi presentano un effetto cumulativo. In molte analisi si è riscontrato che coloro che appartengono a fasce di reddito più o meno elevato, oppure si pregiano di un grado d’istruzione hanno di conseguenza accesso alle TIC. I

cittadini

che

avranno

una

maggiore

partecipazione nella vita sociale, politica, economica e culturale del Paese tendono ad occupare posizioni più forti e a beneficiare maggiormente dell’accesso e dell'utilizzo 34

(Vangelo di Matteo)

47


delle TIC, così le parti più deboli continueranno a indebolirsi sempre più e a rimanere escluse. Questa visione strumentalista non è assolutamente difendibile anzi si può e si deve prendere in considerazione Internet come lo strumento per migliorare e rafforzare parte della società segregata. Meglio si utilizza questo strumento, migliori saranno i risultati per raggiungere questo scopo. Questa prospettiva, se realizzata potrebbe ridurre il digital divide e migliorare le competenze abbattendo la disuguaglianza in ogni misura. 3.6 Le Agende Digitali e il gap Le politiche e le governance europee e nazionali hanno già messo appunto le loro Agende Digitali volte a rendere i mercati, le società e le politiche europee più competitive in questi termini. I vantaggi che i governi potrebbero raggiungere diminuendo il digital divide non si traducono solo in termini di sviluppo, a cui si affianca una sostanziale crescita generale, ma centra nel mirino i mercati finanziari. Il settore delle TIC rappresenta un

48


valore di mercato di 660 miliardi di euro l’anno35 ma contribuisce alla crescita complessiva della produttività di in maniera straordinariamente maggiore. Tutti i mercati hanno avuto una forte influenza dal settore delle TIC, 250 milioni di persone connesse ogni

giorno

hanno

radicalmente cambiato il modo di vivere, di lavorare e il loro stile di vita. Le Governance sembrano essere molto attente a questi cambiamenti tanto da incentivare e mettere a disposizione contenuti e servizi interessanti in un ambiente Internet interoperabile e senza confini. 3.6.1 L’agenda digitale Europea L’agenda digitale europea nasce grazie al bisogno di rendere il digitale ancora più condiviso e accessibile. Lo scopo principale è l’inclusione sociale che porta vantaggi socioeconomici sostenibili. Entro il 202036 l’Europa deve raggiungere obiettivi ben precisi, l’agenda digitale è una delle iniziative faro per stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione

35 36

(Commissione Europea, 2010) (Commissione Europea, 2016)

49


(TIC). Il mercato digitale è il trampolino di lancio per un’Europa più giusta e all’avanguardia. La commissione europea ha paragonato lo sviluppo di reti ad alta velocità alla rivoluzione che ha portato l’energia elettrica e i trasporti avvenuta nello scorso secolo. L’agenda digitale ha anche pubblicato alcuni studi e dati preoccupanti sul divario digitale che affligge l’Italia. Su 28 Stati Membri dell’Unione Europea l’Italia è venticinquesima per competenze digitali e rientra nel gruppo delle “basse prestazioni” ovvero, nella lista dei Paesi al di sotto della media, come Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia. Insieme all’agenda, il DESI37 (indice dell’economia e della società digitali) ha tracciato il ritardo dell’Italia anche per quanto riguarda la connettività; un

quarto

degli

italiani

non

ha

un

abbonamento a Internet e il 31% della popolazione non ha mai utilizzato Internet. I benefici delle TIC sono limitati da preoccupazioni inerenti la riservatezza e sicurezza e della mancanza o carenza di accesso a Internet, usabilità

37

(Commissione Europea, 2016)

50


capacità adeguate o accessibilità per tutti. Ci sono seri ostacoli come la frammentazione dei mercati digitali e l’aumento della criminalità informatica, ma il più grande limite della tecnologia è la carenza in materia di definizione degli standard che non permette di affidarsi in maniera del tutto tranquilla alla tecnologia che comporta trasformazioni repentine di questa nostra società moderna.

51


Capitolo IV QUALE MEMORIA PER IL FUTURO?

Internet è come un immenso magazzino (di informazioni), ma non può costituire di per sé la memoria. Umberto Eco

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Le tecnologie digitali hanno quasi sostituito la carta. Grazie alla flessibilità, al basso costo e all’ingombro zero, la storia del 2000 sta concludendo il suo primo ventennio caratterizzato dall’uso dei computer, dalla velocità in cui le informazioni viaggiano e dalla rottura della concezione spazio-tempo che viene ridotta ai minimi termini. Agli smartphone, ai tablet e ai computer ultra sottili a velocità stratosferiche, entrati impetuosamente nella vita dei privati, nelle industrie e negli uffici delle pubbliche amministrazioni è affidato l’arduo compito di immagazzinare informazioni, elaborarle e renderle accessibili. Ma i nuovi supporti magnetici ed elettronici riusciranno a svolgere questo compito così problematico? La rivoluzione delle tecnologie digitali ha cominciato a scavare un grosso buco nero nella memoria dell’uomo. Basti pensare al filmino del matrimonio dei nostri genitori registrato in analogico sul formato VHS, che oggi nella maggior parte delle nostre case non può essere più riprodotto. La velocità dell’innovazione ha spazzato via il lettore VHS cosicché la maggior parte dei nostri ricordi, della nostra memoria, è stata annientata in pochissimo tempo.

53


Le foto della mia prima comunione sono ancora conservate in un album che mi fu regalato proprio in quell’occasione da un amico di famiglia fotografo. Avrà avuto forse lungimiranza? Quelle, invece, del mio 18esimo compleanno furono scattate con la mia prima macchinetta digitale38, salvate sul computer e masterizzate su un floppy disk. Anch’io ebbi lungimiranza nel salvare le foto su due supporti diversi ma forse non fu abbastanza; nel giro di poco tempo il mio hard disk si ruppe e persi oltre alle foto anche alcuni documenti. Il floppy-disk non so che fine abbia fatto, ma nel caso in cui lo ritrovassi non ho davvero idea delle condizioni in cui riversa, ma la cosa ancor più complicata è che non ho nessun computer che mi dia la possibilità di leggerlo ancora. Non si tratta solo di dati personali o di documenti non essenziali, questa esperienza è capitata a me come singolo individuo privato, ma questo è da rapportare alle pubbliche amministrazioni, agli ospedali, agli enti di pubblica sicurezza, ai governi nazionali e organizzazioni internazionali che si affidano ogni giorno al digitale per

38

Panasonic Lumix dmc ls3 compatta

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creare e archiviare documenti di particolare rilievo e importanza. 4.1 Il “Backup” Siamo nati con l’idea che tutto ciò che è memoria digitale può essere facilmente accessibile, sicuro e permanente. Ci siamo illusi della facilità con cui salviamo semplicemente con un click i nostri file, il backup ovvero la copia di sicurezza che facciamo dei nostri dati ci dà l’impressione di un’invulnerabilità e l’arrivo del cloud computing39 ha favorito questa percezione tanto che applicazioni, smartphone e computer sono oggi connessi alle “nuvole digitali”. Ma la privacy gioca il ruolo principale: «la crescente tendenza a trasferire i propri dati nelle cosiddette "nuvole digitali" senza più archiviarli in supporti di memoria personali crea una nuova vulnerabilità. Nella "cloud", infatti, tutto passa da un sistema di elaborazione di dati centralizzato. Che può 39

È una tecnologia che permette di archiviare la maggior parte dei nostri file (dati) su server non di nostra proprietà. L’innovazione consiste nel fatto che è un servizio online (anche gratuito) che offre la possibilità di accedere ai dati e di modificarli anche senza una connessione internet, e di salvarli prima sul dispositivo e successivamente sul server predisposto non appena si presenti la possibilità di una connessione a Internet.

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essere sicuro e fruibile per un gran numero di anni. Oppure vulnerabile, esposto a incidenti tecnici, concepito con un orizzonte temporale limitato. Noi non lo sappiamo: siamo completamente nelle mani di chi gestisce il servizio».40 La memoria dei nostri dispositivi non è infinita e spesso siamo costretti a selezionare ciò che è importante da ciò che necessario in una memoria a breve termine o a eliminare quello che riteniamo frivolo. Ma il problema della conservazione dei dati privati è nulla di fronte alla problematica in cui riversa la conservazione del patrimonio collettivo di intere civiltà. 4.2 Desertificazione della memoria I risultati dei censimenti degli USA raccolti tra il 1960 e il 1980 sono andati in gran parte perduti, e secondo il sito della National Archive, solo due macchine al mondo erano in grado di leggere i dati di quel censimento nazionale. Anche la Nasa ha avuto problemi del genere, i dati della sonda Viking su Marte del 1976 sono persi per sempre. Secondo alcuni studi scientifici pubblicati tra il Nicholas Carr, studioso dell’impatto della Internet culture sulle società contemporanee. 40

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1991 e il 2011 i ricercatori non sono riusciti a recuperare tantissime informazioni.41 Il problema della memoria non riguarda solo il supporto dove viene salvato il dato ma il software e l’hardware che servono per leggere tale supporto. La rivista New Scientist racconta che la NASA ha vissuto già vicende simili: aveva bisogno di recuperare dati della Lunar Orbiter ma non avevano a disposizione i lettori dei nastri che risalivano agli anni ’60. Fortuna fu che un ex dipendente aveva nella sua cantina uno dei lettori utilizzati a quei tempi, ma fu impresa ardua rimetterlo in funzione. 4.3 Il medioevo digitale La paura e il pericolo di non avere più accesso ai nostri dati sono i rischi che si pongono all’apice di questa digitalizzazione. La sfera della privacy è messa a dura prova e di questo gli internauti ne sono già a conoscenza, ma ciò che del tutto ignorano è il rischio di una perdita totale dei nostri dati. Il problema di natura tecnica sembra preoccupare solo alcuni studiosi che paventano l’arrivo di

41

(Dusi, 2013)

57


un Medioevo digitale. Forse andremo incontro alla grande amnesia della storia, in sostanza tutti nostri dati digitali per diversi motivi andranno persi e chi in un futuro cercherà informazioni sulla nostra società, si ritroverà di fronte a un grande buco nero. Secondo Jerome P. McDonough "con l'attuale stato della tecnologia, i dati sono vulnerabili perché esposti alla cancellazione, sia accidentale che voluta. Ciò di cui abbiamo bisogno è un ambiente dove si abbia la possibilità di accertarsi che i dati non debbano morire a causa di incidenti, intenti malevoli o semplice trascuratezza". Il professore dell'Università dell'Illinois avverte che ci sono in circolazione qualcosa come 369 exabyte (369 seguito da 18 zeri) di dati che potrebbero andare per sempre perduti e potrebbe lasciare un futuro senza memoria. Anche Vint Cerf, il padre di Internet citato nel paragrafo sulla storia di Internet, ha dei seri dubbi sulla capacità della tecnologia a mantenere in vita la nostra memoria, egli ipotizza un futuro molto più catastrofico. "Dietro di noi un deserto digitale, un altro medioevo.” Cerf

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durante un convegno annuale della American Association for the Advancement of Science, ha dichiarato: “Pensando a 1000, 3000 anni nel futuro, dobbiamo domandarci: come preserviamo tutti i bit di cui avremo bisogno per interpretare correttamente gli oggetti che abbiamo creato? Senza neanche rendercene conto, stiamo gettando tutti i nostri dati in quello che rischia di diventare un buco nero dell’informazione. Nei secoli a venire chi si farà delle domande su di noi incontrerà delle enormi difficoltà, dal momento in cui la maggior parte di ciò che ci lasceremo dietro potrebbe essere solo bit non interpretabili”. In altri termini, sembrerebbe che il bit immortale non esista, infatti Cerf parla di “bit rot” ovvero bit in decadimento per indicare espressamente la putrefazione dei bit. 4.4 Gli standard come soluzione Una delle soluzioni al problema secondo Cerf potrebbe essere “il ritorno” alla stampa: “Il mio consiglio è: se ci sono foto a cui davvero tenete, createne delle copie fisiche. Stampatele”.

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La soluzione a questo grande rischio che incombe sono la ricerca e l’utilizzo di standard univoci. Anche secondo McDonough: "Utilizzare standard aperti è un gran passo, ma non basta. Se vogliamo che questo patrimonio informativo sopravviva, dobbiamo renderlo indipendente da uno specifico supporto. I DVD commerciali che usano schemi di protezione, ad esempio, rendono impossibile trasferire il loro contenuto su altri supporti. Così, quando il vecchio supporto morirà, tutte le informazioni che contiene moriranno con esso". 4.5 Data Recovery Se nel passato si producevano pochi dati di cui la maggior parte, ancora oggi accessibili, visionabili e leggibili, nell’epoca attuale si producono miliardi di dati e solo una minima parte di essi in un futuro non prossimo non saranno più accessibili, visionabili e leggibili. L’idea che in un futuro gli storici che vorranno reperire informazioni sulla nostra era non potranno farlo solo perché alcuni dati salvati su supporti non più utilizzabili oppure non più in commercio, non avvalla l’ipotesi di un vuoto. Sono convinto che quello che sta avvenendo è una

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Selezione Naturale Digitale, tantissimi dati andranno persi, ma questo non potrà sviluppare un “buco nero” e sarà un processo del tutto regolare, come successo in tutti i passaggi da un medium all’altro. Prendiamo in considerazione l’esempio di vita reale di cui ho parlato all’inizio di questo capitolo. Le mie foto andate perse per la rottura dell’hard disk e il mio floppy disk non più leggibili da nessun computer presente in casa. Nonostante sarebbero da considerare dati persi, perdere quelle foto ovviamente non ha cambiato la mia vita, ma averle oggi con me le renderebbe parte dei miei ricordi. In verità, il rischio di perderle completamente è tanto alto quanto quello di poterle recuperare. La tecnologia ha fatto anche grandi passi nel mondo dei data recovery. Se nel mio hard disk ci fossero state informazioni talmente importanti da cambiare magari le sorti della mia vita, avrei quantomeno provato a recuperare tali informazioni.

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La camera bianca42 è una delle soluzioni che si può utilizzare per il recupero dei dati all’interno dei supporti di memoria, hard disk, chiavette usb, CD-ROM, dvd, nastri etc. Ma ci sono anche software a pagamento o gratuiti che danno la possibilità di recuperare dati accidentalmente cancellati o perlomeno inaccessibili. Secondo Kroll Ontrack, azienda leader nel settore del recupero dati, più del 90% dei casi trattati ha un esito positivo nel recupero totale delle informazioni.43 4.6 Una Selezione Naturale Digitale Se

invece

prendessimo

in

considerazione

l’esempio del VHS, qui viene applicata la tesi della selezione naturale digitale. Il filmino del matrimonio dei miei genitori registrato nel 1985 se davvero è un dato importante per miei genitori o per me figlio cercherò in tutti modi di salvaguardare quel dato e tradurlo man mano negli anni nel formato più adatto e tecnologico. Infatti, vista l’importanza del contenuto delle due videocassette 42

La camera bianca è un “laboratorio molto pulito” che ha delle caratteristiche particolari, una di queste è la pressione atmosferica controllata. In questo laboratorio è possibile assemblare dispositivi come gli hard disk molto sensibili alle micro particelle di polvere. 43 (Kroll Ontrack, 2013)

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VHS fu proprio mia madre agli inizi degli anni 2000 a masterizzare una copia dvd-video del suo matrimonio.

4.7 Alcune ipotesi I casi affrontati nel paragrafo precedente (come il VHS o i floppy disk) fanno riferimento a situazioni in cui interviene l’uomo a modificare o migliorare il supporto su cui viene salvato un dato. Esistono tuttavia, situazioni che non dipendono dall’agire umano, come le catastrofi o semplicemente i blackout. 4.7.1 Catastrofi Nel caso di una catastrofe che colpisse i server, ovvero i computer connessi alla rete che danno la possibilità di visualizzare informazioni su Internet, c’è da ricordare che le società di servizi che detengono tali server hanno le loro basi in punti diversi del pianeta. Per esempio Google, l’azienda statunitense che si occupa di servizi online detiene miliardi di dati della società sparsi nei centri dati (data center) in giro per il mondo. Questa tecnica oltre a migliorare la sicurezza dei dati, perché è raro che potrebbe accadere una catastrofe di portata apocalittica in

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più parti del mondo, permette di essere più sicuri nel caso di danneggiamento di uno o più server. Inoltre, i miliardi di dati salvati sono necessariamente presenti su più di un server proprio perché le modifiche o la sostituzione di un computer fanno parte della manutenzione ordinaria dei data center. Google, inoltre, ha messo in mostra “Dove batte il cuore di Internet”44 dove è possibile visionare la posizione e le foto dei suoi data center. 4.7.2 L’energia elettrica La percezione di un mondo senza energia elettrica è una situazione concepibile, ma non ci appartiene più. L’energia elettrica è indispensabile per l’intero pianeta. Ma cosa succederebbe se non avessimo accesso a tale energia anche solo per pochi minuti? Il professor Luciano Floridi45 ipotizza che: One important problem we shall face will concern the availability of sufficient energy to stay connected to the infosphere non-stop.46

44

http://goo.gl/Xw4YHV Il Prof. Luciano Floridi è un filosofo italiano, Direttore di Ricerca e Docente universitario di Filosofia ed Etica presso l’Università di Oxford. 46 (Floridi, 2007) 45

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Secondo il professor Floridi, un problema da affrontare sarà quello della disponibilità dell’energia elettrica che serve per restare connessi non stop alla Infosfera. Il termine infosfera è stato introdotto proprio da Floridi per indicare la globalità dello spazio delle informazioni in cui ritroviamo sia il cyberspazio (Internet, telefonia digitale, ecc.) sia i mass media classici (biblioteche, archivi, emeroteche, ecc.). La riduzione o l’assenza di energia elettrica è una probabilità da non sottovalutare. Cosa accadrebbe se il mondo restasse con poca energia elettrica a disposizione per permette l’avviamento dei pc e la connessione a Internet? Si potrebbe andare incontro ad un energetic divide in cui l’energia a disposizione potrebbe avere un costo così elevato da poter essere disponibile e usufruibile solo per i più ricchi. Le conseguenze di una tale situazione potrebbero riflettersi negli aspetti economici e finanziari dell’intera società collettiva ma anche negli aspetti individuali cioè ogni persona soffrirebbe di astinenza da

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Internet.47 Se questo dovesse realmente accadere come farebbe il mondo a lasciare traccia di sé? Credo che la visione di un futuro senza memoria sia impossibile perché allo scenario appena accennato è possibile dare una risposta positiva. Gli studiosi, gli scienziati e l’intera società hanno il compito di comprendere la realtà in cui vivono e le problematiche che possono verificarsi e di conseguenza cercare di compiere le scelte giuste e di adottare le soluzioni più efficaci. Nel caso dell’energia elettrica, le fonti rinnovabili o alternative sono una realtà ben conosciuta e utilizzata che se ben incentivata dai governi potrebbe eliminare del tutto i problemi legati a episodi prolungati di blackout oppure a riduzione di fornitura di energia elettrica.

Secondo una ricerca effettuata dall’Università del Maryland nel 2012 che ha “privato” di ogni mezzo di comunicazione mille giovani per 24 ore; gran parte di essi (79%) non ha resistito dimostrando sintomi simili all’astinenza (Susan Moeller, n. 39, v. XX, 2012,) 47

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CONCLUSIONI

In questo lavoro ho voluto contestualizzare il fenomeno della digitalizzazione e gli aspetti ad esso collegati, come digital divide e memoria del futuro, partendo dalle prime forme di comunicazione e trasmissione usate dall’uomo. Grazie allo sguardo al nostro passato e all’analisi dei corsi e ricorsi storici risulta più efficace poter commentare l’attualità con un occhio più critico. Per esempio, il rifiuto della scrittura è facilmente paragonabile alla tecnofobia. Questo confronto bilaterale ha permesso di avanzare ipotesi futuristiche sull’evoluzione della nostra società. Allarmisti come Vint Cerf e McDonough paventano l’ipotesi di un medioevo digitale in cui i nostri dati subiranno l’oblio della memoria e andranno persi per sempre.

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Sul fronte opposto c’è chi vede nella tecnologia digitale l’apertura di straordinarie potenzialità. Ho voluto analizzare entrambe le posizioni per poter esprimere la mia idea a riguardo. Se nel passato si producevano pochi dati di cui la maggior parte ancora oggi accessibili, visionabili e leggibili, nell’epoca attuale si producono miliardi di dati e solo una minima parte di essi in un futuro non prossimo non saranno più accessibili, visionabili e leggibili. L’idea che in un futuro gli storici che vorranno reperire informazioni sulla nostra era non potranno farlo solo perché alcuni dati salvati su supporti non più utilizzabili oppure non più in commercio, non avvalla l’ipotesi di un vuoto. Ho usato l’espressione “Selezione Naturale Digitale” per indicare che tantissimi dati andranno persi, ma questo non potrà sviluppare un “buco nero”. Ci sarà un processo del tutto regolare perché ogni persona è libera di selezionare i dati ritenuti più importanti, come abbiamo visto per il VHS, e adottare di volta in volta soluzioni per

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la conversione di quei dati in un supporto adeguato al periodo e all’evoluzione tecnologica. Alla fine di questo lavoro ho cercato di dimostrare che la visione di un futuro senza memoria è impossibile, a meno che non si verifichi un passaggio epocale in cui si concepisca un nuovo modello di società. Pur prendendo in considerazione situazioni concepibili, ma che non ci appartengono più, come per esempio, la percezione di un mondo senza energia elettrica, ho fornito prove storiche e scientifiche in cui il passaggio dal vecchio al nuovo non ha quasi mai rappresentato una perdita, ma la sostituzione ha costituito un miglioramento delle performance e un adattamento alle nuove esigenze. Se la nostra società avesse il vero compimento non sarebbe affatto una società effimera. Lo sviluppo tecnologico non fallirà e le nuove tecnologie avranno la capacità di conservare i nostri dati, proprio come un’antica biblioteca conserva ancora i suoi volumi.

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