Tra i gorghi della politica ancora una volta l’Unione si è incagliata e, da più di settanta giorni a questa parte, non dà alcun segno di vita, al punto da far legittimamente ritenere che ad Ortanova, durante il dibattito svoltosi, domenica 18 settembre 2016, tra i sindaci, nell’ambito della «Settimana della cultura» (12-18 settembre 2016), si è fatto solo “ammuina”, come dicono in maniera incisiva a Napoli. Stando alle entusiastiche dichiarazioni dei sindaci presenti in quella circostanza (assente solo quello di Carapelle) e degli altri invitati alla tavola rotonda (sul tema “Dove va l’Unione?”), ci s a r e m m o aspettato un cambio di passo rispetto al passato, ma in realtà tutto si è svolto secondo il solito copione, segnato dal deserto delle idee e dall’inerzia di tutti i soggetti coinvolti a livello politico-amministrativo. Rispetto al tema dell’Unione, infatti, sul nostro territorio si continua predicare bene, ma a razzolare male, nel senso che a parole tutti sono d’accordo, ma poi tutti affogano nel mare che si interpone tra il dire e il fare. In fondo qui è la chiave di volta per comprendere la frattura che esiste tra la politica e i cittadini, di cui raccontano tante inchieste recenti e di cui è testimonianza evidente il fenomeno dell’astensionismo elettorale: la gente è stanca delle belle parole e dell’insignificanza attuale della politica, ma vuole i fatti e soprattutto vuole che alle belle intenzioni, come
quelle enunciate in seno al dibattito del 18 settembre 2016, seguano i fatti, per non sentirsi ancora una volta turlupinata dalla inconcludente logorrea verbale del politico di turno. La controprova dell’inerzia dell’Unione, ad esempio, è data dal silenzio “assordante” che la circonda: non si ha notizia, infatti, che nel palazzo ci siano iniziative finalizzate a smuovere le acque stagnanti del “tirare a campare” né che ci siano in can-
tiere attività di confronto e di discussione con associazioni e partiti né che ci sia in programma la volontà di comunicare con i giornali e, nello specifico, con il nostro giornale (Lo sguardo sui 5 reali siti), che pure ha avuto in settembre il merito di gettare una pietra nello stagno dell’immobilismo. Non certo, però, per introdurre nel dibattito semi di discordia o di contrapposizione - cosa che non appartiene alla linea editoriale di questo giornale, che ha sempre dimostrato di essere rispettoso degli amministratori e collaborativo con le istituzioni - ma solo per stimolare, per suggerire, per offrire idee
e proposte, per esortare, per incitare, per costruire “insieme”, per sollecitare chi di dovere ad intraprendere azioni idonee a non sciupare quanto di buono è stato creato sul territorio. Lo abbiamo dimostrato domenica 18 settembre 2016, ponendo all’attenzione di tutti gli intervenuti due questioni importanti, che vogliamo qui ribadire a testimonianza del nostro impegno - disinteressato e leale perché tutto il sistema riprenda a marciare nella giusta direzione: per noi de Lo sguardo sui 5 reali siti è, infatti, urgente la revisione dello statuto, così come è una priorità l’ ingresso ufficiale di Ascoli Satriano all’interno dell’Unione. Che si è fatto, in questi due mesi e più, su questi due problemi prospettati in quella sede e soprattutto ben accolti da tutti i presenti? Ben poco crediamo, ma siamo pronti a rivedere la nostra posizione, se qualcuno vorrà avere la bontà di informarci a mezzo stampa. Per ora diciamo soltanto che la partita in gioco è troppo importante e che un eventuale fallimento, dovuto a divisioni interne o a mera negligenza, sarà per noi e per tutti la prova lampante che senza passione autentica non si va da alcuna parte. Ricordiamoci tutti che l’interesse per la politica è il frutto della credibilità degli uomini che si impegnano, non solo a parole, ma con i fatti, a modificare lo stato delle cose.
La ricorrenza del 4 novembre celebra la battaglia di Vittorio Veneto, celebra la vittoria che, a conclusione della Prima Guerra Mondiale, portò all’unificazione dell’Italia. Per commemorare questa data, ci siamo raccolti dinnanzi al nostro monumento dei caduti e abbiamo deposto, come consuetudine, una corona d’alloro ai piedi della bianca lapide, che riporta iscritti i nomi di tanti nostri concittadini, che hanno perso la vita sui campi di battaglia, o in qualche campo di prigionia. Perché questo gesto? I più piccoli, che ancora non conoscono la nostra storia risorgimentale, se lo saranno chiesto. Vi siete chiesti, ragazzi, il vero significato di questo monumento? Vi siete chiesti il perché di questo nostro profondo riconoscimento? Vi siete chiesti il senso, oggi, di questa festa solenne? Ebbene, questo nostro gesto, questa festa, questa data vuole ricordare, vuole rendere omaggio e onorare, con dignità e passione, i tanti militari, che sono caduti per la nostra Nazione, che hanno sacrificato gli anni migliori della loro esistenza per un’Italia unita, libera e solidale. Militari, che hanno pagato con la vita l’attaccamento al dovere e al loro ideale patriottico, hanno pagato con un prezzo troppo alto la fedeltà alla nostra patria. Se noi oggi siamo un popolo, è grazie a loro. Se noi oggi festeggiamo la festa del popolo italiano lo dobbiamo a loro. Lo dobbiamo a giovani ragazzi, alcuni dei quali, poco più grandi di voi, che hanno compiuto gesti eroici e grandiosi, forse senza nemmeno rendersene conto.
È necessario avere la giusta conoscenza del nostro passato, delle nostre origini, della nostra storia, per ricostruire la nostra identità, per capire veramente chi siamo oggi e poter programmare il nostro futuro, un futuro più stabile e più sereno. Ecco perché dobbiamo essere orgogliosi delle nostre radici, accettare con orgoglio l’eredità gloriosa ed eroica dei nostri avi. Bisogna essere fieri di questa nostra Italia, di un’Italia che, sebbene un po’ stanca e malata, bisogna amare e servire, rispettare e proteggere, per renderla più sana, più fiorente, più unita. Ma soprattutto per renderla più sicura, più giusta e più pacifica. L’Italia è un nostro bene, come la nostra casa, la nostra città. Bisogna perseguire i doveri tracciati dalla Costituzione Italiana, obbedire alle leggi, rispettare le regole, le norme sociali e comportamentali, che permettono a ognuno di essere libero, ma nello stesso tempo di rispettare la libertà degli altri. Oggi, questa ricorrenza, vuole anche invitare tutti noi a riflettere, a
pensare, a prendere atto degli errori commessi in passato, quindi a trarre insegnamento dalla storia. La memoria di quegli anni ci invita a ripudiare con forza la guerra, ad evitare, per quanto possibile, gli errori che l’hanno scatenata. Bisogna cercare di intraprendere sempre la via del dialogo, del confronto, dell’onestà. E considerarla sempre l’unica via possibile. L’articolo 11 della nostra Costituzione recita: “L’Italia ripudia la Guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali”. Si tratta di un messaggio forte e chiaro, che ci invita a coltivare e perseguire sempre sentimenti di armonia e di pace. La Guerra fa male a tutti, anche a chi la vince. Nelle guerre, infatti, non ci sono vincitori. La Guerra, anche quella non armata, porta solo morti, feriti, distruzione e tanta miseria. * Sindaco di Orta Nova
La Olivetti a Bovino Il 25 novembre scorso, presso la sala consiliare del Comune di Bovino, evento finale del progetto “Vivere il Museo” attuato dall’Istituto Olivetti di Orta Nova presso il Museo Civico “Carlo G. Nicastro”. È stato presentato il resoconto delle attività iniziate a gennaio e finalizzate alla realizzazione di un percorso di alternanza scuola-lavoro per gli studenti dell’Olivetti e, nel contempo, orientare e valorizzare il sito prescelto a fini turistici. La scelta di svolgere attività didattiche presso un museo è stata fatta nella consapevolezza delle potenzialità di sviluppo del settore archeologico, palestra di scoperte e acquisizione di competenze. Sono stati coinvolti gli studenti dell’attuale 5ª Liceo Classico e le alunne della 4ª B del Professionale. In questi mesi, gli alunni hanno lavorato sia nelle sale del museo sia nei laboratori della scuola ed effettuato visite guidate presso Accadia, Rignano Garganico ed Ascoli Satriano dove hanno anche avuto l’occasione d’incontrare Alberto Angela. Attività che li ha impegnati con dedizione e cura, guidati dai docenti e dall’entusiasmo di realizzare un diverso modo di fare scuola alternando lezioni frontali a contesti applicativi concreti. Gli studenti del Liceo Classico hanno, tra l’altro, prodotto un power point di approfondimento sulle stele antropomorfe confrontandole con altre tipologie presenti in Italia e all’estero. Le alunne della quarta professionale hanno contribuito alla predisposizione di un piano di marketing museale e sito web del museo. “Una sinergia efficace fra scuola, istituzioni e associazioni - ha detto la prof. Roccotelli - che ha avuto come collante l’archeologia, disciplina che non sempre rientra nei curricoli scolastici ma che permette di conoscere storia e territorio e acquisire competenze spendibili in più contesti”. “Un bel connubio scuola e territorio per valorizzare la cultura che può essere occasione di lavoro - ha detto il sindaco Dedda - anche se i fondi sono sempre troppo pochi per realizzare idee e progetti che nel settore culturale certo non mancano”. Il Dirigente Giuseppe Russo ha puntualizzato che “historia est magistra vitae” perché avere uno stretto rapporto con il passato, dialogare con chi ci ha preceduti significa apprendere quello che ci circonda. Non c’è miglior laboratorio di vita di un museo. Attraverso questo progetto tutti ci siamo arricchiti culturalmente”. La dottoressa Bonomi ha esortato gli alunni “ad essere continuamente curiosi, ad avere una solida base umanistica qualunque sia poi l’aspirazione lavorativa. Bovino è un luogo stupendo con tante testimonianze storiche”. L’evento ha visto anche la partecipazione di un ex alunno della scuola, Luigi Staffieri, maestro di musica, che si è esibito con chitarra classica. L’Istituto Olivetti è stata l’unica scuola pugliese ad aggiudicarsi il finanziamento del Miur per la tipologia C del Concorso Nazionale “Progetti didattici nei musei, nei
siti d’interesse archeologico, storico e culturale o nelle istituzioni culturali e scientifiche”. Successo di presenza ai Mercatini di Natale della Pro Loco Anche quest’anno ad Orta Nova “I Mercatini di Natale”, giunti alla terza edizione, organizzati dalla Pro Loco Orta Nova. L’evento natalizio si è svolto dal 7 al 10 Dicembre in piazza Nenni ad Orta Nova. L’apertura dei Mercatini ha visto l’accensione del tradizionale Falò dell’Immacolata e il concerto “Natale Insieme” a cura dell’Orchestra Giovanile S. Pertini. Sono stati 40 i partecipanti, quest’anno, che hanno esposto opere artigianali, creazioni Hand-Made, lavori all’uncinetto e presepi, si è potuto anche gustare i deliziosi dolci natalizi. I visitatori sono stati coinvolti nella magica atmosfera del Natale, con le tradizionali musiche natalizie, in una chiave del tutto moderna e originale, eseguiti dalle associazioni musicali. Un evento in crescita e di cui sono più che soddisfatti il Presidente Carlo Gaeta e tutti i soci della Pro Loco Orta Nova. Carapelle - I 100 anni di Rocco Izzo
Giornata di festa lunedì scorso a Carapelle per i 100 anni di Rocco Izzi, tanti i cittadini e i parenti accorsi nell’aula consiliare del comune carapellese, per festeggiare il centenario carapellese. Presente anche l’amministrazione comunale con il sindaco Remo Capuozzo, che ha consegnato una targa ricordo per un evento importante, sottolineato dal commento del vicesindaco Antonio Laganara: “Carapelle ha festeggiato con gioia il centenario di Rocco Izzi, persona stimata e benvoluta da tutti, affetto confermato dalla partecipazione delle centinaia di persone presenti. Auguri nonno Rocco di vivere in salute ancora a lungo, traghettaci tutti verso il tuo traguardo“. Festa di S. Gerardo Maiella “Gesù Cristo è il volto del misericordioso Padre” è stato il tema della Festa in onore di S. Gerardo Maiella, il santo di Muro Lucano vissuto a Deliceto, organizzato dal Comitato Feste e dalla Parrocchia del SS. Crocifisso di Orta Nova. Nove giorni vissuti in preghiera e animazione liturgiche. La novena è stata presieduta da don Antonio Aghilar. Domenica 16 ottobre significative la celebrazione delle Sante Messe con la benedizione del pane e quella dei semi per la semina del
grano. Dopo la processione per le strade cittadine lo spettacolo dei fuochi pirotecnici, offerti dall’azienda di Lorenzo Annese, ha concluso la festa. Speciale Nonni 2016 La scuola dell’infanzia “N. Piccinni” quest’anno ha festeggiato i nonni con un’ospite speciale: Nonna Adelina, forse molti la conoscono già la signora Adelina Tarantino, ma per i nostri bimbi è stata una presenza quasi magica, un personaggio uscito da una fiaba, una nonnina nella sua immagine più rappresentativa: chioma candida raccolta alla nuca, occhialini, seduta sulla sua poltroncina di vimini raccontare una fiaba. I bambini intorno a lei l’ascoltano con incanto…. e già, una nonnina così non capita tutti i giorni. In verità anche nonni presenti, ben più indietro di lei negli anni, l’ascoltano con ammirazione. Dopo aver narrato la fiaba eccola pronta e rievocare i giochi con cui si divertiva da bambina: le bambole di pezza, “mazze e muschill”…..Come pure ciò che era la sua merenda: pane e pomodorino, pane e olio, E per rendere più concreto il suo dire, abbiamo pensato di offrire ai presenti, grazie alla preziosa collaborazione delle mamme rappresentanti di sezione, la merenda di ona Adelina: pane e olio per tutti. Insomma una splendida giornata, ma per noi è stato importante aver regalato ai otri bambini l’opportunità di poter serbare un ricordo, quel ricordo meraviglioso che ogni adulto custodisce nel cuore: il nono, la nonna, la presenza più affettuosa dopo mamma e papà. Grazie Nonna Adelina, torna presto a trovarci, ti aspettiamo. Il 20° anniversario della comparsa di don Cesidio “Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove eravamo, ma sono ovunque noi siamo”, così scriveva S. Agostino. Sono trascorsi 20 anni dalla dipartita di don Cesidio Cordisco è il suo ricordo resta indelebile per la collettività parrocchiale ortese, che ha voluto omaggiarlo con una Santa Messa nella chiesa del SS. Crocifisso. Lutto È venuto a mancare all’età di 82 anni Antonio Mauriello già dipendente del Comune di Orta Nova, l’editore Annito Di Pietro, il Direttore Michele Campanaro e l’intera redazione sono vicini al fratello, ai figli, generi e nipoti.
Il Centro di coordinamento del Registro Tumori della Regione Puglia ha fornito un rapporto relativo ai dati di mortalità (2006-2011) e di ospedalizzazione (2006-2013) della provincia di Foggia, dei Distretti Socio Sanitari e di quattro comuni (Foggia, Manfredonia, Cerignola, Lucera), realizzato dalla dr.ssa Anna Maria Nannavecchia, statistico del centro di coordinamento. La popolazione in studio è costituita dai residenti nella provincia di Foggia. L’analisi è stata condotta selezionando tutti i decessi di residenti nella provincia di Foggia avvenuti negli anni 20062011. È stata considerata la causa iniziale di decesso riportata sulla scheda di morte. Per le diverse cause di decesso sono stati calcolati i Rapporti Standardizzati di mortalità che corrispondono al rapporto tra casi osservati di decessi per una specifica patologia e il numero di casi attesi nella popolazione di riferimento regionale e provinciale. Gli SMR rappresentano una misura di associazione utilizzata per confrontare l’esperienza di mortalità per cause specifiche nel territorio di interesse, i comuni di Foggia, Manfredonia, Cerignola, Lucera, i singoli Distretti Socio Sanitari e l’intera provincia. In Provincia di Foggia la mortalità risulta in eccesso, rispetto all’analogo dato regionale, in entrambi i sessi per traumatismi ed avvelenamenti, tumore maligno del colon retto, malattie del sistema circolatorio e disturbi circolatori dell’encefalo; nel sesso maschile si osservano scostamenti in eccesso per tutte le cause di morte, tumore dello stomaco, tumore della laringe, tumori immunoproliferativi e leucemia mieloide, malattie dell’apparato digerente e nefrosi; risultano in difetto, in maniera statisticamente significativa, i dati di mortalità per tumore del polmone e del fegato, per malattie del-
l’apparato respiratorio. Nel sesso femminile si rilevano eccessi per tutti i tumori del sistema nervoso centrale. Il dato dei ricoveri presenta eccessi per quasi tutte le cause di ospedalizzazione, dato che è però fortemente condizionato dalla nota e persistente tendenza, nel territorio della ASL di Foggia, a ricorrere al setting ospedaliero molto più frequentemente rispetto al resto della regione. Nel Distretto di Cerignola la mortalità fa registrare eccessi significativi per diabete mellito, malattie ipertensive, malattie dell’apparato respira-
torio e malattie polmonari croniche, nel sesso maschile, rispetto ad entrambi i confronti geografici. Inoltre, il confronto con la sola Regione, fa evidenziare difetti significativi per epatite virale e per tutti tumori. La mortalità nelle donne risulta in eccesso per le malattie del sistema circolatorio, in entrambi i confronti, mentre fa evidenziare difetti significativi per mieloma multiplo e per i sintomi mal definiti. Nel confronto con la provincia, si evidenziano eccessi significativi per tumore della mammella, diabete mellito e per tutte le cause, nel sesso femminile. L’ospedalizzazione mostra difetti significativi, rispetto alla provincia e per entrambi i sessi, per tutte le cause, per tutti i tumori maligni, per i tumori della pelle, per i tumori della ghiandola tiroidea, per malattie ereditarie e degenerative, per malattie del sistema circolatorio, per malattie polmonari cronico-ostruttive e per ma-
lattie dell’apparato digerente; eccessi significativi si evidenziano per malattie infettive e parassitarie e per malattie dell’apparato respiratorio, in ciascun sesso. Nel solo sesso maschile, si evidenziano difetti significativi per il tumore dell’esofago e dello stomaco nonché per insufficienza cardiaca. Per il solo sesso femminile, invece, si evidenziano eccessi significativi per tumore del polmone, malattie ischemiche del cuore e malattie dell’apparato urinario. Il rapporto inoltre ha preso in esame alcuni comuni tra cui quello di Cerignola. La mortalità per tutti i tumori e per tutti i tumori maligni, nel sesso maschile, mostra un valore in difetto rispetto alla Provincia ed alla Puglia. Si evidenziano eccessi di mortalità per diabete mellito e malattie ipertensive, in entrambi i sessi, sia nel confronto con la Provincia che con la Regione. Nel sesso femminile, si riscontra un eccesso di mortalità per tumore maligno alla mammella e per disturbi circolatori dell’encefalo in entrambi i confronti. Nel sesso maschile, si riscontra una mortalità in eccesso per malattie polmonari croniche in entrambi i confronti. Relativamente all’ospedalizzazione, nel confronto con la Regione, l’ospedalizzazione per tumore del polmone, della pleura, della vescica e della tiroide, nel sesso maschile, mostra un difetto significativo. Tutti i tumori maligni, i tumori della cute, le malattie ereditarie e degenerative, le malattie del sistema circolatorio, le insufficienze cardiache e le malattie dell’apparato digerente, in ciascun sesso, mostrano un difetto se confrontati con la Provincia. Infine, si evidenzia un eccesso di ospedalizzazione per le malattie infettive e parassitarie, per le malattie dell’apparato respiratorio (escluse le malattie cronico ostruttive e l’asma) e per le malattie dell’apparato urinario, in entrambi i sessi, nel confronto con la Provincia e con la Regione.
Pur tra grandi difficoltà economiche, ambientali, esistenziali i giorni del calendario si assottigliano. Siamo di nuovo a dicembre, tempo del Natale, dell’albero, del presepe, dei regali. La nostra Sede, in particolare ad Orta Nova è in pieno fervore per la realizzazione di alcuni presepi nell’ambito del corso di arte presepiale, guidato da Filomena Marchese e Luigi Novelli. Le indagini di mercato e i servizi televisivi ci informano giornalmente di come gli italiani si preparano al Santo Natale, soffermandosi sull’aspetto consumistico: regali tecnologici, preparazione del cenone. Un diffuso atteggiamento culturale e sociale che riconosce l’uomo valore assoluto e unico; concezione questa in cui il Figlio di Dio, venuto tra noi, rimane una persona vaga e astratta, fuori dalla vita reale e per nulla coinvolto e interessato alla soluzione dei problemi della vita quotidiana. Si rinnova il dramma del Vangelo di San Giovanni: «venne in casa sua, ma i suoi non lo ricevettero» (Gv., 1, 11). È il momento dell’analisi sociologica del Natale: festa di costume o avvenimento di salvezza? Tanti attendono nella gioia e nella speranza la venuta del Messia, costituiscono il popolo di Dio che nell’Avvento celebra, con la preghiera e l’ascolto della parola, la venuta del Bambin Gesù. Momenti d’incontro in cui si guarda con il Padre il meraviglioso progetto della vita, si organizza il piano di partecipazione al disegno di Dio, ci si lascia abitare dalla presenza divina, per riempirci della sua forza e del suo spirito: liberazione da una concezione di amore come “eros”, da una concezione materialista della vita, da una visione angusta e terrena dell’esistenza. Rappresenta, in sintesi, il dominio responsabile nel servirsi delle realtà dei beni temporali e non esserne asserviti. Una serie di liberazioni che forse non sono apparenti e coscienti, ma sono continuamente sollecitate dalla società dei consumi, che reclamizza falsi bisogni o libertà. È giunto il tempo di analizzare gli elementi critici relativi a una concezione della vita di tipo produttivo e spersonalizzante, per fare emergere le esigenze che ogni uomo porta nel suo mondo interiore: gioia, festa, relazione, meditazione. Poco o nulla valgono le mode giornaliere, le imitazioni, il fare colore o avere “lo spunto”, mali di cui molti soffrono e che scambiano, spesso, come disposizione al discorso serio o al piano qualificante. Questo Santo Natale, tra i suoi doni, ci porti l’impegno come partecipazione: essere utili agli altri oltre che a se stessi. L’acquisizione di maturazioni adulte, quelle che servono per fare
qualcosa, magari in maniera anonima, ma assai efficaci nel complicato processo della crescita umana! Gli auguri li affido a questo mio racconto dal titolo: “Le statuine del presepio” Luca si avviò da casa per la consueta lezione presso la scuola elementare, dove insegnava già da alcuni anni. Era un giovane maestro, non aveva proprio scelto quella professione, ma era lì e si sentiva appagato; era la settimana precedente le vacanze natalizie e pregustava già il periodo piacevole che avrebbe trascorso in montagna con gli amici. Aveva preparato i suoi piccoli allievi alla venuta del Santo Natale e lo aveva fatto nella forma più tradizionale, con la realizzazione di un piccolo dono per i genitori e la colorata letterina con i lustrini. In classe aveva spiegato che il giorno di Natale la tradizione ha associato riti connessi con gli aspetti religiosi, come il presepio, e consuetudini profane come l’albero decorato, Babbo Natale e la preparazione di particolari cibi. Quasi fermo nel traffico cittadino guardava dal finestrino la lenta processione delle auto e la folla che, più del solito, invadeva i marciapiedi e faceva ressa davanti alle sfavillanti vetrine. Tutti erano presi da un’agitazione febbrile, quasi qualcuno li avesse obbligati
a girare a vuoto con le facce contratte e carichi di pacchi e sacchetti. Un senso di fastidio lo invase, ma non voleva cedere, anche lui, alla circolarità delle esperienze. Certamente il clima che caratterizzava la città in quei giorni poteva rappresentare un ostacolo alla comprensione dell’annuncio cristiano, soprattutto per i suoi piccoli amici. Nella loro mente si accumulavano gli elementi più eterogenei: i fatti evangelici contaminati con le leggende, i simboli cristiani, i canti religiosi utilizzati per sollecitare i consumi, la festa come occasione per lo scambio di doni. La suggestione del consumo, insomma, aveva finito col travisare il significato del Natale cristiano e col sopraffare la genuina radice spirituale da cui era nato. A scuola si respirava un’atmosfera di festa e, quando entrò in classe, si meravigliò del silenzio e del fatto che tutti i bambini fossero compostamente seduti nei banchi, su cui era poggiata una statuina, una casetta o una stella di Natale. Si ricordò allora della sua promessa: avrebbero fatto il presepio! Lesse sui loro visi l’aspirazione potente e misteriosa dell’umanità: l’attesa di un liberatore che riporti la felicità e cancelli la sofferenza. Ben vengano, pensò, le pecorelle e i loro pastori, il presepio e la greppia, il bue e l’asinello, se tutto ciò, contemplato con l’ingenuità dei bambini, rende bello il mondo. Segno della continuità nel valore universale del Natale; l’attesa tenace e profonda del ritorno ad un tempo felice implica e rilancia un messaggio di speranza e di pace.
Puntualmente, con ottobre, arriva il secondo appuntamento annuale della grande famiglia dell’A.N.PO.S.DI., l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali, guidata magistralmente, da più di un decennio, dal poliedrico ed infaticabile Presidente, dott. Mimmo Staltari: sodalizio tenacemente attivo sin dal 1952, finalizzato alla salvaguardia e alla tutela dei dialetti e delle lingue minoritarie presenti sul territorio. Numerosi i poeti e gli scrittori provenienti da ogni parte d’Italia (foltissimo il gruppo pugliese capeggiato dall’ottimo delegato regionale Annito di Pietro), forti delle loro passioni e del loro incontaminato entusiasmo, che hanno partecipato alla celebrazione di questo convegno d’autunno, dal 6 al 10 ottobre 2016, graditi ospiti dell’Hotel Meridiano nella bella città di Termoli, nel Molise. È città ricca di natura ancora incontaminata nel cuore dell’Adriatico, capace di stupire i visitatori con i sui colori, le sue trasparenze, le forme dei suoi edifici storici, le sue atmosfere, le sue sonorità, i suoi profumi che catturano i sensi e regalano momenti di vivo benessere, di serenità e di abbandono alla Bellezza. Non è stata la prima volta a Termoli, bensì la seconda, a distanza di cinque anni, proprio per rivivere quelle esperienze e quelle emozioni rimaste nell’animo di tutti gli anposdini. L’occasione è stata la concomitanza con la Cerimonia di Premiazione della VII edizione del Concorso Nazionale di poesia “Carlo Cappella”, che ha visto tra i vincitori molti giovani molisani e numerosi poeti appartenenti all’Associazione. Naturalmente tutto ciò grazie alla sintonia, alla collaborazione, alla volontà ed all’impegno progettuale ed organizzativo, senza misura, di due giganti della cultura dialettale e non solo, quali l’infaticabile Presidente, dottor Staltari, e il fraterno Padre Spirituale dell’Associazione, Don Enzo Ronzitti, Presidente dell’Associazione culturale termolese “A Paranze” e del Premio di Poesia Nazionale “Carlo Cappella”. Dalla loro brillante vivace ed eclettica collaborazione, dalla sinergia dei loro intenti, dall’instancabilità profusa a piene mani è risultato un convegno che ha regalato a ciascuno dei partecipanti una miriade di occasioni di scoperta, di conoscenza, d’incontro, di divertimento, di riflessione condito con il caleidoscopio scoppiettante delle emozioni vissute giorno per giorno, anzi momento per momento durante tutto il convegno. Pilastri su cui si articola questo periodico incontro sono la scoperta e la conoscenza del territorio ospitante sotto l’aspetto storico-geografico e linguisticoletterario, le dotte e pertinenti relazioni di personaggi della cultura locale e non e gli attesissimi recital di poesia nelle lingue dialettali di tutta Italia, gli svariati momenti di aggregazione e di divertimento nei dopocena, oltre alle riunioni di rito ed istituzionali che fungono da apertura e, dulcis in fundo, la Santa Massa, l’“ora più bella” a coronamento di tutto il convegno. Dal punto di vista turistico-paesaggistico, oltre alla suggestiva passeggiata nella bella Termoli alla riscoperta del suo centro storico e dei suoi caratteristici monumenti, il gruppo dei poeti ed
accompagnatori ha visitato la ormai tristemente nota cittadina di San Giuliano di Puglia dove, alle 11.32 del 31 ottobre 2002, un terribile terremoto distrusse la scuola F. Iovine, seppellendo sotto le macerie ventisette piccoli alunni e la loro maestra. La cittadina ha accolto sotto un cielo terso e trasparente il nutrito gruppo degli anposdini nel silenzio sacrale di un luogo di dolore, ancora palpabile, nonostante il tempo trascorso e gli edifici ormai del tutto ricostruiti e rivestiti a nuovo, secondo regole antisismiche. Con il sindaco, Luigi Barbieri, si è percorso le strade del piccolo centro e ci si è soffermati sull’area che ospitava la scuola distrutta. Lì ora sorge il “Parco della Memoria”, un cammino di meditazione e di preghiera dove tante piccole luci, in cima a sottili supporti di metallo, ondeggiano libere al vento, si lasciano inclinare ed accarezzare dalla sua forza che ci passa attraverso senza trovare ostacoli su cui abbattersi con forza. Un percorso dell’anima, un cammino in cui il silenzio si fa grido per il dramma vissuto in quello spazio-tempo, tuttora e sempre presente al cuore ed alla mente degli uomini. Nella zona centrale, per terra, i nomi dei teneri germogli falciati quell’ultimo giorno d’ottobre, scritti su grandi lastre di metallo accanto al piccolo numero dei loro anni. Un’emozione forte ed una stretta al cuore inesprimibile con parole, solo lacrime e compassione per ciò che è stato e che purtroppo ancora accade troppo spesso in altri luoghi. Un grande e variopinto bouquet di fiori è stato deposto dal Presidente accanto all’unico pezzo di pilastro rimasto in piedi della
scuola, con un biglietto contenente un pensiero rivolto ai bambini, ora angeli nel seno di Dio. Con tanta tristezza, con gli occhi umidi ed in un silenzio metafisico, il gruppo è giunto in visita al nuovo Museo Multimediale della Memoria del Terremoto, inaugurato solo il 25 maggio 2016. “Un’opera che abbiamo voluto al termine della ricostruzione perché un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, ha dichiarato il sindaco Luigi Barbieri, “È il primo centro culturale italiano nato per “ricordare”, “prevenire” e “intervenire”, ha continuato. Interessante progetto innovativo e unico ideato, voluto e patrocinato da cittadini, associazioni ed istituzioni del territorio di San Giuliano di Puglia. All’interno non opere artistiche quindi, ma piattaforme multimediali: dalle simulazioni sismiche su edifici scolastici, ai dati forniti in diretta dai tre sensori sismici installati nell’area della distrutta scuola Iovine, ma anche “Maestro Terremoto”. È proprio tale Personaggio a spiegare ai visitatori, soprattutto ai ragazzi, cosa sia un terremoto, in un percorso multimediale in grado di ricordare l’importanza primaria degli studi geologici, della prevenzione, della ricerca e del rispetto per l’ambiente in cui si vive. La seconda mattinata turistica è stata dedicata a Guglionesi, cittadina dalle molteplici ricchezze artistiche situata nel basso Molise, la cui origine si fa risalire al 412 d.C., ma è nel periodo Normanno che è diventata un centro di notevole importanza per la sua posizione strategica “a guglia” tra l’Abruzzo, la Puglia e l’Adriatico. Distesa su tre colli che partono
geologicamente dalla costa adriatica, domina la parte terminale delle fertili vallate del Biferno e del torrente Sinarca, abbracciando vasti panorami godibili attraverso un belvedere che apre lo sguardo su un territorio vastissimo: ad oriente il mar Adriatico, il Gargano e le isole Tremiti, a settentrione le cime del Gran Sasso e della Maiella, ad occidente il massiccio del Matese ed a meridione la rigogliosa e fertile valle del Biferno. Addentrarsi nella storia di Guglionesi è significato, per i convegnisti, conoscere ed apprezzare il notevole impianto urbanistico, l’architettura, l’arte, le tradizioni e il folklore che rappresentano l’identità irrinunciabile dei suoi abitanti. Di primaria importanza architettonica è la chiesa di San Nicola, di cui i guglionesani sono da sempre devotissimi. Di essa si parla già in un Codice Diplomatico di Tremiti (1049). Chiesa romanica, maestosa, sobria nei suoi interni, nelle sue intatte facciate ed in particolare nei resti di una cripta, datata probabilmente XII sec., rinvenuta solo durante lavori di restauro nel 1970. Spiccano tra le altre chiese la Collegiata di Santa Maria Maggiore, in posizione baricentrica nell’urbanistica medioevale, che conserva la parte absidale della preesistente chiesa romanica ed una splendida cripta dedicata a San Adamo (990/1070). Si presenta ricca nell’architettura settecentesca, costruita su tre navate in stile barocco. Notevoli le tele e le pale d’altare in essa conservate e gli affreschi di pregio della volta a crociera della cripta. Altra visita alla chiesa di San Antonio da Padova, edificata nel 1410 e a Santa Maria delle Grazie, ex Convento dei Cappuccini. Qui, a Guglionesi, da oltre un decennio, le antiche manifestazioni in onore di San Nicola si sono arricchite di una Giostra medioevale, il “Palio di San Nicola” che si pone come momento di recupero e di rafforzamento dell’identità di un popolo, attirando turisti da ogni parte d’Italia e non solo. Davvero molto interessante. Dalle ore 16.00 di ciascun pomeriggio, poi, si è dato inizio
ai lavori del convegno vero e proprio. Con l’affettuoso e caloroso saluto del Presidente dott. Staltari e del direttivo al completo ai soci convenuti, cui si è associato il sindaco di Termoli, e altre personalità istituzionali, il convegno ha preso a svolgere la parte più propriamente letteraria. È toccato al tenace attivissimo Padre Enzo Ronzitti la relazione su “Il premio Carlo Cappella: speranza per un futuro della lingua dialettale molisana”, che ha introdotto la bella Cerimonia di premiazione del concorso. Numerosi i poeti vincitori nelle tre sezioni previste. Tantissimi i ragazzi molisani premiati, verso i quali c’è da ben ventisette anni un concorso in lingua dialettale riservato solo a loro. Interessantissima la relazione del pomeriggio successivo del biblista prof. Don Giuseppe de Virgilio sul tema “Anche Dio parla in dialetto”, una piacevolissima carrellata sul Vecchio e Nuovo Testamento alla scoperta della “lingua dialettale” di Dio. Davvero una guida a riflettere ed a scoprire il “parlato” semplice, familiare, intimo d’un Padre che si rivolge ai suoi figli. Al prof. Giuseppe Biscione è toccato relazionare su “I proverbi: una Bibbia laica nata e tramandata dai dialetti”. Grande l’interesse dell’uditorio e la partecipazione attiva motivata e motivante alle sollecitazioni dei relatori, applauditi apprezzati e ringraziati da tutti per il grande contributo offerto. Successivi a questi momenti impegnati, i tre gruppi del Recital di poesia nei vari dialetti: ciascun poeta ha declamato la propria composizione, presentata dal Presidente con un’attenta recensione che ne ha illustrato i motivi ispiratori, i contenuti, la poetica e che ciascun altro socio ha potuto seguire grazie alla magnifica brochure stampata apposta per l’evento, Tanti i temi, gli stili, le sonorità che hanno arricchito, entusiasmato e gratificato l’intero uditorio, inframmezzati piacevolmente dalla chitarra e dalla voce del poeta G. Bruzzese. Ma il convegno non è ancora tutto qui! Ci sono gl’intrattenimenti serali del dopocena! Bellissimi, divertenti, sorprendenti ed unici! A
questi ci ha pensato il Sorprendente (è il caso di dirlo) Padre Enzo Ronzitti, che di sera in sera, annunciava un dopocena “a sorpresa”. E che sorprese! Il primo intrattenimento, il venerdì, il bellissimo concerto della corale “Città di Termoli” diretta dal maestro Carmine Mascitelli, che ha deliziato i convegnisti con brani della tradizione musicale italiana e colonne sonore di fama internazionale. Momenti di puro godimento, di armonia e di dolci e calde emozioni. Sabato sera altra sorpresa: il gruppo folkloristico degli “Zig Zaghini” di San Giovanni in Galdo gruppo folkloristico tra i più accreditati interpreti del folklore locale. Fondato nel lontano 1963 dal prof. Nicolino di Donato, rappresenta la più autentica e genuina espressione delle tradizioni e della cultura popolare reinterpretando ed esprimendo, attraverso la danza, le credenze e i miti di una società legata alla terra e alla natura, intese come forze che incidono e influenzano la vita di una comunità. Davvero entusiasmante: vigore, sinergia, gestualità, musica, canto, colori, bellezza, armonia, emozioni! Una sferzata di pura energia: corpo e anima, indissolubilmente legati nelle movenze della danza, per evocare, idolatrare, demonizzare le forze della natura o dell'immaginazione restituendo ad una platea di altri tempi, la nostra, miti e credenze ormai negletti e dispersi nel dedalo della moderna civiltà. Davvero unico! Terzo ed ultimo intrattenimento serale affidato al gruppo “Louis Mister Jazz” un trio capeggiato dalla voce e dalla tromba di Roberto Di Carlo in un “Tribute to Armstrong” gradevole ed un po’ nostalgico, che ha riempito di vocalità e sonorità jazzistiche l’uditorio che, a sua volta, ha saputo apprezzare e divertirsi cantando e ballando su quelle note. Insomma che dire di più? Ottimo convegno, progettato e realizzato come sempre con professionalità, generosità e competenza grazie alla collaborazione attiva di persone speciali come l’instancabile presidente Staltari e sua moglie Teresa, Padre Enzo Ronzitti, il segretario generale G. Catalucci, il delegato regionale del Molise Angelomaria Di Tullio, Ivan Vennera della Mave Management e tanti altri, tra cui il nostro Annito di Pietro, che hanno contribuito alla impeccabile realizzazione di un evento di così alta portata e di così prestigioso livello. Grazie allo staff dell’Hotel Meridiano, professionale, attento, discreto e sempre disponibile a risolvere ogni problema degli ospiti. Un sincero e grato grazie a tutti da parte dei soci di questa bella e ricca famiglia ed un arrivederci al prossimo convegno di primavera, consapevoli che un convegno che si chiude lascia sempre un po’ di nostalgia nel cuore, ma anche la gioia di aver vissuto giorni pieni di incontri, di conoscenze e d’indimenticabili emozioni, sempre più convinti che ”chi ha smesso di usare il dialetto è uno che ha rinunciato a un grado d’intimità col proprio mondo ed ha stabilito distanze” (Erri De Luca) e tutti noi, invece, vogliamo solo costruire ponti.
Ancora una volta si è imposto all’attenzione della città di Foggia e dell’intera provincia il Consolato provinciale dei Maestri del Lavoro, grazie ad un vero e proprio evento che, martedì 22 novembre 2016, ha raccolto un largo consenso tra quanti hanno avuto la possibilità di partecipare alla manifestazione, tenutasi, alla presenza di un pubblico attento e numeroso, presso Palazzo Dogana e, specificatamente, nella sala del Tribunale della Dogana. Gli applausi tributati, a fine manifestazione, agli organizzatori dell’evento - in primis al console M.d.L. Roberto Bauco e agli instancabili Giovanni De Seneen, console emerito, e ad Alcide Foscarini, viceconsole regionale, oltre che a tutti i componenti del direttivo - non hanno di certo rappresentato una novità, perché chi, come me, li segue ormai da tanti anni e conosce bene la “passione” dei maestri del lavoro di Foggia nell’adoperarsi, sempre e comunque, per il bene della comunità e soprattutto apprezza il loro impegno a favore della formazione dei giovani, considerati veri e propri interlocutori privilegiati, destinati a raccogliere, prima o poi, i valori della responsabilità, della partecipazione, della laboriosità e dell’appartenenza, profusi a piene mani dal benemerito sodalizio. In fondo, a pensarci bene, su queste quattro coordinate - vere e proprie pietre miliari lungo il cammino del Consolato provinciale di Foggia - riposa il télos (la finalità ultima) dei Maestri del Lavoro che, grazie anche all’esperienza accumulata sul campo durante la vita lavorativa, hanno intus et in cute interiorizzata la lezione di Enrico Chiavacci, per il quale <… ciascun singolo è responsabile del buon andamento della vita associata, cioè della migliore attuazione del bene comune in generale e dell’arricchimento globale degli altri singoli associati> (Teologia morale, 1980). Per questa via, infatti, tutti i suoi componenti - guidati da dirigenti particolarmente attenti come Roberto Bauco, Giovanni De Seneen e Alcide Foscarini - hanno maturato una marcata sensibilità per le complesse problematiche della società contemporanea, in nome di un’ etica della solidarietà - quella praticata e non semplicemente sbandierata - assunta come compito, come scelta e come opzione valoriale: una sorta di stella polare che illumina il loro impegno culturale e sociale ad un tempo, esercitato in maniera disinteressata e leale. In quest’humus valoriale, pertanto, si è inserita anche l’iniziativa del 22 novembre 2016 che, in linea con le tematiche trattate negli anni precedenti (tutte di notevole spessore culturale), ha aggiunto un’altra “stella al merito” sul gonfalone del sodalizio daunio, trattando un argomento, non solo di grande interesse ma anche di scottante attualità (“Giovani nella rete del cyberbullismo”), “raccontato” in modo pregnante all’uditorio, perlopiù composto da giovani studenti, da qualificati esperti e ragguardevoli professionisti del settore. Non è possibile a tale proposito non ricordare la grande vis di coinvolgimento degli organizzatori, capaci di creare
vere e proprie “alleanze strategiche” sul territorio tra scuola, università e singoli professionisti, per cercare piste di intesa e di collaborazione effettiva, convinti come sono che solo dall’“incontro” possono derivare reali occasioni di crescita per i giovani che affollano oggi le aule scolastiche. In questa logica della complementarietà operativa riposa, in fondo, la cifra distintiva del sodalizio foggiano, che ha dimostrato, martedì 22 novembre
2016, di essere un interlocutore stimolante anche per le istituzioni e per quanti hanno a cuore la formazione dei giovani e soprattutto il loro futuro, come ha dichiarato lo stesso dirigente dell’ufficio scolastico provinciale di Foggia, prof. Maria Aida Episcopo, che da anni segue con interesse le attività del Consolato, in un’ottica di intelligente collaborazione e di interscambio reciproco. Così quest’anno (2016) la celebrazione della “53ª Giornata dei Maestri e delle Maestre del Lavoro” è stata dedicata all’approfondimento delle problematiche connesse con il cyberbullismo, un fenomeno odioso ed inaccettabile, che sta assumendo oggi proporzioni allarmanti, al punto da suscitare una grande preoccupazione diffusa, come testimoniano le analisi e le indagini sistematiche condotte da numerosi istituti di ricerca. Oggi fortunatamente, rispetto al bullismo e al cyberbullismo, si sta diffondendo una maggiore consapevolezza tra la gente, anche se c’è ancora molto da fare sul piano della sensibilizzazione, in quanto sono ancora troppi quelli che continuano ad equiparare le forme di bullismo a semplici bravate, di cui menar vanto. In questa direzione il Consolato provinciale dei Maestri del Lavoro di Foggia ha voluto, per così dire, gettare una pietra nello stagno per affermare, con l’aiuto di professionisti specifici e di qualificati esperti, la necessità di “costruire” con urgenza una seria educazione al miglior uso degli strumenti tecnologici nelle nuove generazioni, coinvolgendo in modo particolare gli insegnanti e i genitori sulla base di una sorta di “santa alleanza (così come l’ha definita il ministro della p.i. Stefania Giannini), tesa alla responsabilizzazione dei giovani circa l’inaccettabile fenomeno del bullismo in
tutte le sue forme. Così, dopo gli onori tributati alla bandiera italiana e i saluti istituzionali - quelli del presidente della Provincia, avv. Francesco Miglio (per il tramite di Carmine Pecorella, addetto stampa), quello del Console regionale dei Maestri del Lavoro, dott. Francesco Germano e quello, ampio ed articolato, del dirigente scolastico provinciale, prof.ssa Maria Aida Episcopo - sotto la sapiente regia di Antonio Aquilino, misurato ed equilibrato moderatore dell’evento, si è entrati in medias res con gli interventi, densi e stimolanti, del dott. Salvatore Panza, psicoterapeuta, e della dott.ssa Rosa Schena, mediatrice familiare. Il primo, con l’acume e l’intelligenza che lo contraddistinguono, dinanzi ad un uditorio di studenti particolarmente attento, per un verso ha indagato il fenomeno del bullismo/cyberbullismo nelle sue caratteristiche principali (intenzionalità della condotta negativa messa in atto, persistenza dell’azione di prevaricazione, asimmetria di potere, in quanto la vittima è sempre più debole del “carnefice”), per l’altro ha in modo incisivo sollecitato tutti a riflettere sulle pesanti conseguenze derivanti dalle azioni orientate a creare, intorno alla vittima di turno, una condizione di umiliazione e di sofferenza fisica e/o psichica, facendo riferimento ai tanti casi riportati dai mass media. Subito dopo, in linea con quest’humus di pensieri / stimoli / considerazioni, si è mantenuta la dott.ssa Rosa Schena che, con la sua fine sensibilità di donna, di madre e di professionista e con la sua grande capacità affabulatoria, ha coinvolto il pubblico giovanile presente in un percorso di riflessione sulle forme di bullismo che si espletano, oggi sempre più frequentemente, attraverso smartphone, tablet, pc, social network, chat, sostenendo con esempi (e non solo a parole) come esso sia deleterio e preoccupante e chiamando continuamente in causa la scuola e la famiglia. Su quest’ultimo aspetto ha particolarmente insistito, perché convinta, per dirla alla maniera di Jessie Jackson, ex candidato democratico alla Casa Bianca, che, se famiglia e scuola sono distanti, i ragazzi cadono facilmente nel vuoto che si crea nel mezzo. In fondo, questo era l’obiettivo - pienamente conseguito - del Consolato Daunio: richiamare, cioè, l’attenzione dei genitori e degli insegnanti sulla urgenza di stabilire un “patto di alleanza reciproca”, fondato sulla consapevolezza che esiste tra la scuola e la famiglia una «corresponsabilità educativa» che non può vivere di fratture e di iati, bensì di contiguità e di interazioni, all’interno di un continuum intessuto di collaborazione e di solidarietà. Ognuna delle due più importanti istituzioni formative, però, deve fare la sua parte, perché ogni alibi è una colpa in fatto di educazione: i genitori, da un lato, devono impegnarsi ad abbattere il muro di silenzio che spesso si stabilisce all’interno delle famiglie e devono cominciare a comunicare e a conoscere realmente i figli, interrogandosi sul perché di tanti silenzi, di tante assenze, di tante incomprensioni; la scuola, dall’altro, deve sapersi aprire di più al dialogo con le nuove generazioni e soprattutto i docenti devono essere capaci di «fermarsi accanto» agli adolescenti, comprendendo sino in fondo che, dietro ai loro occhi, gesti e parole, c’è la diversità di chi attraversa una fase delicata della vita, che può essere piacevole o no, triste o allegra, sottomessa o ribelle. Un bel successo, dunque, come si può facilmente comprendere, per gli organizzatori dell’evento e soprattutto per il Console Roberto Bauco. Ad maiora.
Ad Orta Nova si usava e si usa dire: “Mmaculåta Cungétte a Natåle diciassètte”, ovvero “Per arrivare a Natale devono passare diciassette giorni” e “Si Natåle vù c’adda durå, da la Mmaculåte a accumènzå”, ovvero “Se il Natale vuoi che duri, devi iniziare dall’Immacolata”. Indubbiamente questo va riferito soprattutto al gran mangiare che si faceva durante questo periodo ed anche perché per l’Immacolata doveva essere pronto, oltre che nelle chiese, il presepe in tutte le case. Alla vigilia dell’Immacolata si usava mangiare spaghetti con sughetto di baccalà e pizze fritte e baccalà, il giorno dopo v’era un gran pranzo. Ciò creava l’atmosfera natalizia ed iniziavano i preparativi per il grande avvenimento: le mamme con l’aiuto delle nonne e delle sorelle più grandi si mettevano “au tavelire”, (alla spianatoia) e con ingredienti vari preparavano le leccornie natalizie: taralli, scaldatelli, biscotti, scartellate, crostata con mostarda, calzoncelli, pizza a sette panni. Per i ragazzi “ch’i ramère” (grandi teglie rettangolari per forno), “i canistre” (canestri) e “i rùcele” (teglie rotonde) in testa o a mano era un continuo andirivieni dalle case ai vari forni, dove venivano infornati per cuocere le varie ghiottonerie. Per tutte le strade si spandeva una fragranza di pasticceria varia, che c’inebriava. A proposito dei fornai c’era e c’è un proverbio che dice: “A Pasque e a Natåle s’arrecchìsscene i furnåre” ovvero “A Pasqua e a Natale s’arrichiscono i fornai”. Questo proverbio non avrebbe bisogno di spiegazione perché facilmente si deduce che durante questo periodo tutta la popolazione faceva uso del forno per infornare e cuocere le golosità e questo era motivo di arricchimento dei fornai. A casa tutto questo ben di Dio, una volta arrivato, mia madre diceva che lo sidoveva portare alla stazione e che sarebbe ritornato alla vigilia di Natale, epoca per la quale si poteva mangiarlo. Noi piccolini ci credevamo. In effetti non era così, la mamma con l’aiuto di papà metteva il tutto “sop’a la ciuffenire”, un armadio molto alto, che aveva tre belle ante con grandi specchi. Però una volta scoperta la stazione, di nascosto dall’interno dei nostri stanzini, che si trovavano alle spalle “de la ciuffenire”, noi visitavamo la stazione prendendo quello che ci capitava sotto le mani. Dal 16 al 24 dicembre c’era la Novena di Natale, che veniva svolta “la
matine de notte” presso la Chiesa del Purgatorio e “la sère” presso la Chiesa Madre. Particolarmente affollata era quella che si svolgeva la sera; ad essa vi partecipavano grandi e piccini e a volte veniva un padre predicatore, che proponeva per l’occasione una vera spiritualità ispirata dalla Parola di Dio. La vigilia a mezzogiorno si solevano mangiare gli spaghetti con il capitone o con il baccalà, accompagnati, come per la vigilia dell’Immacolata, da pizze fritte e baccalà. La sera, in attesa della Messa di Mezzanotte, si riunivano più famiglie, amici e parenti, e solitamente si formavano due tavoli, uno riservato ai bambini, che si divertivano “cu sciuche de l’oche” (con il Gioco dell’Oca), l’altro ai grandi, che usavano giocare “au cinguandacinghe” (al cinquantacinque). Alle ore ventitrè ci si recava in chiesa per assistere alla Santa Messa, che è la più sentita dai fedeli ed ha una durata maggiore rispetto a quelle degli altri giorni. Con questa messa si condivide con la comunità dei credenti il grande evento della discesa di Gesù sulla terra per la redenzione dell’umanità. La predica (una volte si diceva predica e non omelia) della messa di Natale verteva in genere sul mistero dell’incarnazione, sul mistero di un Dio che nasce in una povera mangiatoia per addossare su di sé tutti i peccati del mondo. Molti di noi bambini, in verità declinavamo la testa appoggiandola sulle gambe delle mamme e dei papà. Dopo la messa si ritornava a casa,
i piccoli, mezz’addormentati venivano messi a letto; anche le donne andavano subito a letto, perché di lì a poco dovevano alzarsi per preparare il grande pranzo di Natale. Gli uomini riprendevano a giocare e tiravano così fino all’alba, quindi andavano a riposare. A quell’ora le donne si svegliavano e si mettevano all’opera. Il rumore di stoviglie, “u vresceriglie” (il parlare sommesso) di mamma e di mia sorella grande ci svegliavano. Ci alzavamo e mezzi nudi anche noi prendevamo parte alla lavorazione e preparazione del pranzo di Natale. In verità eravamo più d’impiccio che di aiuto. Questo era ed è ancora il Menù del 25 dicembre Primo Quadrucci in brodo di tacchino Secondi Tacchino alla griglia con contorno di insalata riccia. Teglia al forno con agnello, patate, funghi e lampascioni Frutta Di stagione: mele, mandarini, arance, melone verde o giallo invernale Secca: noci, nocciole, noccioline americane, castagne secche ed arrostite, semi di zucca e ceci arrostiti, lupini Dolci Taralli, scaldatelli, biscotti, scartellate, calzoncelli, crostata con mostarda, pizza a sette panni Vini
LO SGUARDO Rosso, rosato e bianco Digestivo Rosolio Primo Quadrucci in brodo Ingredienti per sei persone: per i quadrucci: 300 gr. di semola di grano duro rimacinata; 3 uova; sale; un pizzico di prezzemolo tritato. Per il brodo: Kg. 1/2 di carne di tacchino (per il brodo si consigliano le ali, il collo e qualche pezzo di carne e osso del petto e le due cosce); un mazzettino di prezzemolo; sale; formaggio parmigiano grattugiato. Per fare i quadrucci si mette la semola sulla spianatoia, si fa un buco al centro, si mettono il pizzico di sale, le tre uova e si impasta. Se le uova non sono sufficienti per impastare si aggiunge qualche cucchiaiata di brodo. Allorché è quasi pronta la pasta, si aggiunge il prezzemolo tritato e, una volta amalgamata, si mette in un tovagliolo appena inumidito e si fa riposare una mezzoretta. Con il matterello si stendono le sfoglie, che si tagliano con un attrezzo apposito da sotto a sopra, ottenendo le tagliatelle, e, ripassando le stesse da destra a sinistra, si ottengono i quadrucci, che si lasciano asciugare. Adesso i quadrucci si possono fare con la macchinetta per fare la pasta. Per il brodo, si prende la carne di tacchino, si mette in una pentola piena d’acqua e si lascia cucinare. Allorché è quasi pronto si mette il mazzetto del prezzemolo e si aggiusta di sale. Il brodo è pronto per condire con una abbondante manciata di formaggio i quadrucci, che si fanno cucinare in una caldaia d’acqua calda bollente e salata. Dolci Pizza a sette panni Ingredienti: per la pasta delle sfoglie:
Kg. 1 di farina 00; 100 gr. di olio extra vergine d’oliva; 200 gr. di vino bianco. Per il ripieno: Zucchero; semi di pinoli e mandorle; cioccolato fondente; frutta candita; uva passita; secondo i gusti un po’ di polvere di garofano e cannella; olio extra vergine d’oliva; vino cotto; rosolio di mandarino; succo di limone. Prima di preparare la pasta per le sfoglie si prepara il ripieno. Si prendono i pinoli e si abbrustoliscono. La stessa cosa avviene per le mandorle, che vengono tritate. Il cioccolato si fa a pezzettini, allo stesso modo la frutta candita. Si passa alla pasta per fare le sfoglie. Si mette sulla spianatoia la farina, si fa un buco al centro, si mette l’olio e si mischia, si aggiunge il vino bianco e si lavora fino a quando l’impasto diventa di una giusta consistenza. Si formano sette porzioni di pasta, dei quali uno deve essere un po’ più grande perché
servirà a fare da base per il fondo della pizza che dovrà sbordare per contenere il resto delle sfoglie. Si prende un tegame e si unge d’olio. Si comincia a lavorare la pasta prendendo il pezzo più grosso. Con il matterello si fa una sfoglia grande, sottile e rotonda, si mette nel tegame e si mettono gli ingredienti. Si fa una seconda sfoglia, si coprono gli ingredienti e sulla stessa si mettono altri ingredienti elencati. E così fino alla sesta sfoglia. Con l’ultima sfoglia si copre tutta la pizza. Si prendono i bordi della prima sfoglia, si piegano all’interno del tegame e si appiccicano all’ultima sfoglia, ciò per non far fuoriuscire i vari ingredienti. Si prende una forchetta e si bucherella la pizza. Allorché il forno, a centottanta gradi, ha preso calore, si inforna la pizza, che deve cuocere per un’oretta, comunque fino a quando non prende un bel colore dorato.
UNITRE “Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti”...
Anno Accademico 2016-2017 - Corsi di Orta Nova Informatica 1° grado
Antonio Mauriello e Luisa Trabacco
Informatica 2° grado
Prof. Nino Esposito
Chiaccherino
Maestra Caterina Mammolo
Ricamo
Maestra Antonella Finelli
Arte Presepiale
Maestri Filomena Marchese e Luigi Novelli
Assaggio di Olio
Dott.ssa Vittoria Mastrogiacomo
Ballo di Gruppo
Dott.ssa Michela Miafro
Ambiente, Territorio, Pianificazione e Trasformazione urbana Ing. Domenico Di Vito
sui 5 Reali Siti
Diritto ed Attualità
Avv.ti Gerardo Cavaliere e Gianluca Guastamacchia
Scienza dell’Alimentazione
Dott.ssa Federica De Finis
Teatro
Prof. Riccardo Sgaramella
Medicina (Lezione di Pneumologia)
Dott. Antonio De Angelis
Storia del Territorio
Dott. Luigi Battaglini
La quota di partecipazione ai corsi è di ¤ 50,00 (Cinquanta/00). Per gli uditori, minorenni, studenti, giovani fino a 25 anni, fratelli, figli e genitori, a quota di partecipazione è di ¤ 30,00 (Trenta/00). Le lezioni avranno inizio il 14 novembre 2016 e termineranno il 31 Maggio 2017. Per le iscrizioni dalle h. 9,00-12,00 alle 17,00-20,00 Orta Nova: rag. Annito Di Pietro – tel. 338 3579531
Novembre-Dicembre 2016 - 13
Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee spirava un vento gelido e c'era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro. Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «è nato!». «Eh?» fece un altro senza afferrare l'allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa». Un altro compagno osservò: «Guardate là, c'è una grotta. Andiamo dentro un momento, saremo riparati dal vento». Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l'elmetto, si sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase all'entrata e voltò le spalle all'interno con fare superiore: ma era perché aveva gli occhi pieni di lacrime. Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po' di terra umida e manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello da presepio. Poi stese il fazzoletto nell'elmetto del compagno e vi depose il Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla neve. Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela, l'accese e la pose vicino all'insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a recitare: “Padre nostro che sei nei cieli...”. Tutti continuarono e avevano il cuore
grosso da far male. Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare l'atmosfera che si era creata. Improvvisamente alle loro spalle una voce disse.«Fröhliche Weihnachten» (Buon Natale). Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi puntate stavano all'imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale». I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e avevano bisogno anche loro di un po' di presepio, anche se povero. Si guardarono confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella melodia natalizia che tutti
conoscevano. Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si spense l'ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici e gli tese la mano che l'altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto, augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù rimanendo per alcuni attimi in preghiera. Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle, senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra.
- Il vento porta via le orecchie dice il bidello. Dalle vetrate vedo gli alberi piegati come nello slancio di una corsa. I ragazzi battono i piedi, si soffiano sulle mani cariche di geloni. L’aula ha quattro grandi vetrate: damascate di gelo, tintinnano per il vento come le sonagliere di un mulo. Come al solito, in una paginetta di diario, i ragazzi mi raccontano come hanno passato il giorno di Natale: tutti hanno giuocato a carte, a scopa, sette e mezzo e ti-vitti (ti ho visto: un gioco che non consente la minima distrazione); sono andati alla messa di mezzanotte, hanno mangiato il cappone e sono andati al cinematografo. Qualcuno
afferma di aver studiato dall’alba, dopo la messa, fino a mezzogiorno; ma è menzogna evidente. In complesso tutti hanno fatto le stesse cose; ma qualcuno le racconta con aria di antica cronaca: “La notte di Natale l’ho passata alle carte, poi andai alla Matrice che era piena di gente e tutta luminaria, e alle ore sei fu la nascita di Gesù”. Alcuni hanno scritto, senza consapevole amarezza, amarissime cose: “Nel giorno di Natale ho giocato alle carte e ho vinto quattrocento lire e con questo denaro prima di tutto compravo i quaderni e la penna e con quelli che restano sono andato al cinema e ho pagato il biglietto a mio padre per non
spendere i suoi denari e lui lì dentro mi ha comprato sei caramelle e gazosa”. Il ragazzo si è sentito felice, ha fatto da amico a suo padre Pagandogli il biglietto del cinema… Ha fatto un buon Natale. Ma il suo Natale io l’avrei voluto diverso, più spensierato. “La mattina del Santo Natale - scrive un altro - mia madre mi ha fatto trovare l’acqua calda per lavarmi tutto”. La giornata di festa non gli ha portato nient’altro di così bello. Dopo che si è lavato e asciugato e vestito, è uscito con suo padre “per fare la spesa”. Poi ha mangiato il riso col brodo e il cappone. “E così ho passato il Santo Natale”.
Presente anche una rappresentativa della Sezione ortese dei Podisti di Capitanata a Caserta, domenica 20 novembre, per la 3ª Mezza Maratona Internazionale Reggia Reggia sulla distanza di 21,097 km, organizzata dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Reggia Run. Sono stati ben 2376 i podisti a tagliare il traguardo, primi tra tutti il keniano Joash Kipruto Koech in 1h05’02’’ e la marocchina Meriyem Lamachi in 1h18’24’’. Presenti anche 10 Podisti di Capitanata di cui 3 provenienti dalla Sezione ortese: Mario Gasbarro, 402° in 1h34’45’’, Massimo Picchirallo 1766° in 2h01’09’’ e Nino Di Gianni, 1985° in 2h18’40’’. Per tutti una splendida giornata di sole a far da cornice allo spettacolare l’attraversamento dell’intero viale del Parco con l’arrivo proprio nei pressi della facciata esterna della reggia vanvitelliana. Ora la stagione
prosegue con più allenamenti e meno gare, ma da segnalare ancora un interessante appuntamento, il prossimo 18 dicembre, con la 3ª Maratona delle Cattedrali da Barletta a Giovinazzo (da Bisceglie a Giovinazzo per la Mezza Maratona). Per con-
tinuare ad allenarsi in compagnia segnaliamo l’iniziativa Orta Nova Training (per informazioni, gruppo Fb “Orta Nova corre”), tutte le domeniche alle ore 8:00 in via Ponticelli nei pressi della Chiesa di S. Maria Alto Mare
Il sindaco Tarantino a Villavallelonga Una delegazione comunale con il Sindaco Dino Tarantino e gli Assessori Nicola Maffione e Alessandro Paglialonga si è recata a Villavallelonga (AQ) per incontrare il Sindaco del comune abruzzese e tutti gli amici del "Tour bike". Come si ricorderà ogni estate ci onorano con la loro presenza nel ricordo di una storia che accomuna le due Comunità: la transumanza. Con Villavallelonga non accomuna solo la Transumanza, ma anche e soprattutto il ricordo di Stefano Mastrella indimenticabile assessore deceduto anni orsono con altro collega ed un loro amico, intenti a svolgere il proprio dovere istituzionale. La delegazione ortese, dopo l’incontro istituzionale, si è portata presso il cimitero per un momento di raccoglimento per omaggiare il compianto Stefano.
Ogni bambino ha diritto ad essere bambino: a crescere, a sbagliare, a imparare. Con questa convinzione di fondo, gli alunni delle classi quarte del 2° Circolo Didattico hanno organizzato una serie di momenti ricreativi, nella mattinata di lunedì 21 presso la sala teatro della scuola e nella serata del 19 novembre presso il Centro Commerciale Mongolfiera di Foggia. “Giù le mani dai diritti dei bambini” hanno cantato alcuni di loro, accompagnati dal duo musicale: Michele Dell’Anno alla fisarmonica e Giustina Ruggiero alla voce. I ragazzi dalla visione di filmati hanno avuto modo di apprendere quanto sia triste la vita di coetanei meno fortunati, che hanno subito le angherie della guerra e i conflitti dello sfruttamento del lavoro minorile. Sui grandi drammi della storia, i piccoli poeti in erba hanno recitato le loro poesie, provando
a scongiurare il ripetersi di queste tragedie negli anni a venire. Alcuni di loro hanno proposto versi in rima, cantati sulle basi della musica rap; altri si sono cimentati con strumenti musicali e con passi di danza, rielaborando alcuni testi di Madre Teresa di Calcutta
e Bruno Tognolini. Altri ancora si sono impegnati a realizzare cartelloni, mostrando alcuni concetti chiave, sul diritto all’identità e all’appartenenza al territorio, come valore di cui essere fieri. È stato un momento davvero molto coinvolgente - ha commentato il preside reggente professor Giuseppe Russo -; è importante che sin da subito i ragazzi comprendano il valore e la difesa dei loro diritti, nei più piccoli risiedono le migliori speranze per il nostro futuro.
C’è un luogo a Orta Nova che resta di incontro, di vita di relazione, di erogazione e di prestazione ai bisogni specifici della popolazione anziana ortese, ed è il Centro polivalente per anziani “Mons. Michele Ventrella”. Il Centro oltre ad offrire assistenza alla persona, promuove attività culturali ed educative, di animazione e socializzazione. In questi ultimi mesi le attività sono state molteplici: dalla Festa dei Nonni dove dopo il saluto del Sindaco Gerardo Tarantino si è dato inizio ad un gioioso momento di incontro tra
nonni e nipoti con canti, poesie e pensieri in vernacolo. Una festa, quella dei nonni per riscoprire l’importanza della memoria storica. Alle parole dei bambini è seguita la declamazione di poesie con la partecipazione di Adelina Tarantino, di Maria Rosaria Vera e di Savino Luce. Altro momento conviviale è stata la 1° edizione della Festa della Castagna con una mostra
fotografica e la degustazione di dolci a base di castagne preparati dalle nonne del Centro. Una serata trascorsa tra balli e canti. Interessante la gioita sulla prevenzione del diabete con la dott.ssa Luisa Brunetti che ha sottolineato: “La prevenzione del diabete non solo è possibile, ma è anche molto semplice: basta seguire uno stile di vita sano”.
Quando ero piccolo il 24 dicembre, il giorno della Vigilia di Natale, i grandi facevano il digiuno dalla mattina alla sera, fino all’ora di cena. Per noi bambini abbondante “pizze fritte” e baccalà, Poi nel pomeriggio mia madre e mia zia Giuseppina davano inizio al “rito” dell’uccisione del capitone, rito che ci vedeva tutti noi bambini in cucina per assistere a questa cruenta operazione. Noi bambini restavamo meravigliati e stupiti nel vedere che questo pesce ormai tagliato in tanti pezzi, nonostante non avesse più la testa, nonostante fosse stato lavato e infarinato, continuasse a muoversi e a saltare e, ancora più esterrefatti lo vedevamo torcersi e guizzare quando veniva buttato nell’olio bollente; in quel preciso momento si levava un coro: “ma com’è possibile, ma guarda, si muove ancora, poverino, chissà se soffre”… Il giorno di Natale, invece, si mangiavano piatti a base di carne: pasta al ragù, agnello al forno o alla cacciatora con contorno di patate, rape stufate, insalata verde, frittura mista di carciofi, cavolfiori, lampascioni, .. per poi passare a tutto quello che non si era consumato la sera prima. Si passava quindi, con la pancia strapiena, alla frutta fresca, quasi sempre locale, e a quella secca (mandorle, noci, datteri, fichi secchi farciti e non, ecc.) per poi arrivare finalmente al dolce. Era occasione per noi bambini fortunati degustare un dolce che si mangiava nella lontanissima Milano: il panettone; del pandoro, invece, se ne ignorava completamente l’esistenza. I nostri dolci, preparati a casa in quella bellissima atmosfera che si creava nell’attesa del Natale, con noi bambini che giravamo da una stanza all’altra, grazie alla chiusura delle scuole, erano cartellate, mostaccioli, calzoncelli, sfringe, mandorle atterrate, taralli e cantucci, tutto preparato in casa con la collaborazione di grandi e piccoli. Beh in più occasioni ho proposto piatti tipici natalizi, per queste festività mi piace proporre piatti dedicati al capitone alle
anguille, proponendovi un piatto che non mancava mai sulla tavola di Federico II°, il gusto raffinato dell’imperatore era per il pesce. “Alla tua fedeltà ordiniamo che a Berardo, cuoco della nostra cucina, tu faccia dare dei buoni pesci di lesina ed altri dei migliori che si possono trovare, affinché egli faccia per noi l’aschipescia e la gelatina che manderai a noi in fretta, secondo il nostro ordine”, così impartiva l’ordine Riccardo di Pulcaro per i cibi preferiti di Federico II° e l’aschipescia era la leccornia preferita, un piatto che risentiva fortemente l’influenza dei costumi saraceni. È sicuramente saracena la ricetta di questo piatto di pesce tuttora usato, soprattutto nel meridione: anguille grasse del lago di Lesina, in provincia di Foggia, tagliate a pezzi, fritte senza farina. Ancora fumanti vengono affogate in aceto forte di vino bianco, per la conservazione. Capitone Fritto Ingredienti per otto porzioni: n. 2 Capitoni da 600 g l'uno, 100 gr. di Farina bianca, 50 gr. di Farina gialla, 2 foglie di Alloro, 1 bicchiere di Aceto
bianco, Olio di arachidi per la frittura, Sale q.b. Per preparare il capitone fritto iniziare prendendo i capitoni e, senza spellarli, suddividerli in pezzi di circa 6 cm. di lunghezza, scartando testa e coda. Porre i pezzi in uno scolapasta e sciacquarli abbondantemente sotto un getto d'acqua fredda, fino a quando non abbiano perso ogni impurità. Versare in una padella due bicchieri di olio per friggere e portarlo a temperatura; nel frattempo infarinare bene i pezzi di capitone lavati,
unendo le due farine e friggerli lentamente, rivoltandoli spesso. Perchè risultino ben cotti anche internamente ci vorranno 10 minuti circa: a quel punto adagiarli su carta assorbente da cucina, spolverizzare il capitone fritto di sale fino o doppio e servirlo in tavola caldi con un contorno di insalata di rinforzo. Se avanzasse qualche pezzo, si può sistemare ancora caldo in una pirofila, spolverizzarlo di sale e irrorarlo con tutto l’aceto e condito con le foglie d’alloro. Conservare questo carpione in luogo areato e asciutto e servire in tavola nel giorno dopo. Capitone in umido Ingredienti: 1,20 kg. di Capitone, Pomodoro pelati in scatola, 1 bicchiere di Vino bianco secco, 2 foglie di Alloro, mezza Cipolla, 2 spicchi di Aglio 2 spicchi, Prezzemolo, Peperocino 3 cucchiai di Olio extra vergine. Pulire il Capitone. Tolta la testa e la coda al capitone, pulitelo sfregando la pelle con sale grosso per rimuovere la pellicola viscida che lo ricopre. Mettetelo a bagno in acqua e aceto per 1 ora. Lavatelo e tagliatelo a tocchetti di 5 cm senza togliere la pelle. Mettete l'olio in un tegame di coccio o di ghisa, lasciatelo scaldare e poi fatevi rosolare i pezzi a fuoco vivace assieme alle foglie di alloro. Una volta dorato, abbassate il calore con mezzo bicchiere di vino che lascerete evaporare completamente. Quando il vino sarà evaporato, rimuovete i pezzi di capitone dal tegame e teneteli da parte. Fate un battuto con la cipolla, l'aglio, il prezzemolo e il peperoncino e fatelo appassire a fuoco lento nel fondo di rosolatura del pesce assieme alle due foglie di alloro. Quando il soffritto sarà appena dorato, bagnate con un altro mezzo bicchiere di vino bianco secco che lascerete evaporare completamente. Aggiungete i pomodori pelati e tritati, fate insaporire per 5 minuti e poi unite mezzo litro di acqua che lascerete evaporare per metà. Aggiungere i tranci e controllate che siano ben coperti dal brodo, salate e fate cuocere per 20 minuti mescolando ogni tanto. A cottura ultimata, togliete i tocchetti di capitone, lasciateli raffreddare e deliscateli della spina centrale. Rimettete i filetti di capitone nel sugo. Accendete nuovamente il fuoco per scaldare fino ad ottenere la consistenza giusta.
Vito Procaccini FRAMMENTI Spunti e riflessioni sul filo dell’ironia. Edizione del Rosone
pianificazione territoriale in Puglia legata al piano di assetto dei tratturi, alla tutela del patrimonio fotografico e filmico sulla transumanza, ai progetti di recupero e valorizzazione delle vie pastorali realizzati in Francia e Spagna, utili punti di riferimento per le regioni italiane interessate dalla rete tratturale Domenico Farina Quattro amici al bar Edizioni il Castello pp. 126
Per affrontare le incongruenze del nostro tempo si potrebbe tentare qualche riflessione, evitando di rifugiarci nella sterile indignazione. Si potrebbe, magari, provare a sorridere dei nostri comportamenti spesso inadeguati, tentando di recuperare, sul filo dell’ironia, quello sguardo d’insieme che ci aiuti a decrittate la convulsa realtà in cui siamo coinvolti. I tratturi fra tutela e valorizzazione a cura di Saverio Russo e Stéphane Bourdin Claudio Grenzi Editore
Il volume raccoglie le relazioni presentate al seminario di Foggia del novembre 2014, integrate da alcuni contributi proposti in occasione dell’iniziativa di avvio (Roma, dicembre 2012) del programma di ricerca sulla transumanza promosso dalla sezione di antichità dell’École française de Rome e coordinato da S. Bourdin e S. Russo. Insieme ad alcuni saggi di inquadramento storiografico e di analisi di dati archeologici relativi all’Abruzzo, il volume comprende contributi relativi alla
Storie di destra fra Cerignola e dintorni. 20 anni di vita politica a Cerignola e in Capitanata, senza trascurare una dimensione più ampia: quella regionale e quella nazionale vissute con i protagonisti di allora. “Quattro amici al bar” vuole essere uno spaccato di vita di una città di provincia, di un partito dapprima piccolo e poi diventato forza di governo, di un gruppo di persone che alimentarono la vita politica in terra di Capitanata. È una storia certamente non lieta, fatta di tradimenti e di prevaricazioni, di impegni non mantenuti, di rivalità molto spesso inutili, di piccole invidie, di furbizia e di furbastri. La storia - o meglio questo spaccato di vita - è vissuta con gli occhi del protagonista, con il suo cuore, con i suoi sentimenti. In questo modo si dipanano 20 anni di vita politica a Cerignola e in Capitanata, senza trascurare una dimensione più ampia: quella regionale e quella nazionale vissute con i protagonisti di allora. In questo lungo periodo di tempo, tutti i protagonisti della storia della destra hanno avuto la possibilità di cambiare molte cose; una possibilità sciupata, però, in malo modo. Ed ecco allora l’allusione ai “quattro amici al bar”: quei ragazzi che, come diceva una vecchia canzone, volevano cambiare il mondo, ma che francamente non ci riuscirono per nulla.