Schiaccianoci

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5 Lo schiaccianoci

Lo schiaccianoci

Stagione di Balletto 2015 / 2016

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Lo schiaccianoci Coreografia di Nacho Duato

Musica di Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij

Produzione Teatro alla Scala

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Martedì 9 febbraio 2016, ore 20 REPLICHE

Giovedì Domenica Martedì Giovedì Venerdì Venerdì Sabato Mercoledì Mercoledì Domenica

11 14 16 18 19 19 20 24 24 28

febbraio Ore 20 – Fuori Abbonamento Ore 15 – Turno H LaScalaUNDER30 Ore 20 – Turno M Ore 20 – Turno O Ore 14.30 - Invito alla Scala Ore 20 – Fuori Abbonamento Ore 20 – Fuori Abbonamento Ore 14.30 – Invito alla Scala Ore 20 – ScalAperta Ore 15 – Fuori Abbonamento

marzo Venerdì 11 Ore 20 – Fuori Abbonamento Domenica 13 Ore 15 – Fuori Abbonamento


SOMMARIO

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I sogni viaggiano nell’universo: uno Schiaccianoci tra le stelle

Marinella Guatterini

Intervista a Nacho Duato

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Topi e schiaccianoci: la lotta tra il bene e il male

Roger Salas

(Appunti per un’analisi dello Schiaccianoci di Nacho Duato)

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Nel sogno dello Schiaccianoci una possibile felicità

Vittoria Ottolenghi

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Nacho Duato, un coreografo ritornato al linguaggio accademico

Roger Salas

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Il soggetto Argument – Synopsis – Die Handlung – ࠶ࡽࡍࡌ – Сюжет

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Nel giardino dei fiocchi di neve

Michele Porzio

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Lo schiaccianoci alla Scala dal 1938 al 2014

Marinella Guatterini

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ˇ Pëtr Il’icˇ Cajkovskij

Vincenzina C. Ottomano

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Nacho Duato

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Vladimir Fedoseyev

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David Coleman

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Jérôme Kaplan

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Maria Eichwald

100 Lo schiaccianoci al Teatro alla Scala 118 Corpo di Ballo del Teatro alla Scala Coro di Voci Bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala 119 Orchestra del Teatro alla Scala 121 I ballerini del Teatro alla Scala 132 Teatro alla Scala


Lo Schiaccianoci di Nacho Duato al Teatro alla Scala, Maria Eichwald e Roberto Bolle nei ruoli di Clara e dello Schiaccianoci/Principe, dicembre 2014.

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Definirei il mio Schiaccianoci neoclassico, anche se per certi versi è classico: qui la cosa più importante, tuttavia, non è il virtuosismo, ma qualcosa di più che proviene direttamente dal cuore. Questo Schiaccianoci non somiglia alla mia Bella addormentata, perché le storie narrate sono molto diverse. Inoltre, La Bella addormentata è forse il balletto più accademico di Marius Petipa; è ricco di tecnica stupefacente e di parti coreograficamente molto complesse. Viceversa, mi sembra che Schiaccianoci offra maggiori possibilità di creare danze liberamente. Non propongo una mia personale versione della favola, né vi aggiungo nulla. Ho tagliato qua e là la musica, ma ho mantenuto la storia quasi senza alcun cambiamento. L’unica cosa che davvero non capisco è: se il Re dei Topi viene colpito a morte alla fine del primo Atto, come può essere ancora vivo nel secondo? Nella mia versione lo faccio morire nel primo Atto, mentre la Danza spagnola apre l’Atto secondo.

Nacho Duato

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


I sogni viaggiano nell’universo: uno Schiaccianoci tra le stelle Intervista a Nacho Duato Marinella Guatterini

Giuseppe Conte (Drosselmeyer) nel prologo con marionette della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, ideato da Nacho Duato per la sua versione dello Schiaccianoci al debutto al Teatro alla Scala il 18 dicembre 2014.

Nacho Duato ha debuttato nella scorsa stagione del Teatro alla Scala con la sua nuova versione dello Schiaccianoci, un balletto risalente al 1892 sulla riˇ conoscibile e fascinosa musica di Piötr Il’icˇ Cajkovskij; come si è svolta la sua prima volta scaligera? Anzitutto sono stato piacevolmente sorpreso e impressionato dalla bravura e dalla concentrazione dei danzatori del Corpo di Ballo. Le selezioni per scegliere ruoli e personaggi si sono svolte in un clima di grande entusiasmo. Credo che ai ballerini scaligeri piaccia il mio Schiaccianoci e questa per me è già una grande soddisfazione, un dono. Coreografo di formazione ed estro moderno-contemporaneo, lei si è accostato ai classici del repertorio di due secoli or sono molto di recente, perché lo ha fatto? Come è forse noto, sono stato impegnato, sino a qualche mese fa, nel ruolo di direttore artistico del Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo e anche in onore della città russa ho voluto allestire La Bella addormentata, omaggio sui generis, poiché reinventato nei passi, a Marius Petipa, il grande deus ex machina del balletto tardo-romantico. Il successo di quel balletto ha indotto il Sovrintendente del Teatro a commissionarmi un altro classico del repertorio ottocentesco. Non sempre, devo ammettere, ho accettato le sue sollecitazioni, ma in questo caso l’ho fatto con piacere: per la travolgente musica di ˇ Cajkovskij e anche per la storia che vi è narrata. L’incipit del suo Schiaccianoci è alquanto singolare. Drosselmeyer, l’ambiguo personaggio, o mago, che tira le fila del racconto, parla al pubblico e mostra tre burattini formato mignon che introducono la coreografia... Questa scelta nasce da due esigenze precise. Non ho mai amato la scena del primo Atto in cui Drosselmeyer introduce appunto dei burattini più o meno riconoscibili come Arlecchino, Colombina o inerenti alla storia del balletto in

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Foto Marco Brescia

generale. Inoltre, il Teatro Michajlovskij ha un grande pubblico composto di bambini. Il mio Drosselmeyer parlava a loro, come oggi vuole parlare ai piccoli presenti al Teatro alla Scala, nell’intento di coinvolgerli subito nella vicenda a cui assisteranno. In questo modo ho voluto rompere la barriera tra scena e platea, creare immediatamente un contatto diretto con il pubblico, anche quello adulto. L’ambientazione del suo Schiaccianoci non è ottocentesca, né fantasmagorica, c’è un motivo? Ho ambientato il mio balletto nel 1918, l’anno successivo alla Rivoluzione d’Ottobre e della fine della Prima guerra mondiale; l’eleganza dei lunghi costumi in seta delle danzatrici, l’ampiezza delle gonne e gli smoking maschili mi hanno consentito maggiore libertà e inventiva nella creazione dei passi rispetto alle crinoline ottocentesche o ai più pesanti costumi maschili. L’immagine complessiva acquista, a mio avviso, un maggior fascino. Lei stesso ha definito il suo balletto “neoclassico”, in che senso? Una scena dell'Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato alla Scala.

L’utilizzo della tecnica accademica, nel mio caso, non veicola i passi tradizionali, ma passi nuovi di mia invenzione, pur senza prescindere da quella tecnica. D’altra parte ciò che resta oggi dello Schiaccianoci originale è assai poco, e anche di quel poco, come il pas de deux del secondo Atto, non ho fatto uso. Da Lev Ivanov e da Marius Petipa non ho voluto prendere nulla. Nello stesso tempo ho rispettato musica e libretto. Molti coreografi odierni hanno tentato e ancora tentano vie diverse: cercano novità mutando la vicenda, ammodernando la storia, o cambiandola del tutto. In questo caso dovrebbeˇ ro scegliere una musica diversa da quella di Cajkovskij, ma di solito non lo fanno; preferiscono, magari, scompaginarne l’ordine e i numeri della partitura. Sino ad oggi ho creato solo tre classici: La Bella addormentata, appunto Lo schiaccianoci e un Romeo e Giulietta non sulle punte, ma in tutti e tre ho mantenuto fede alla musica e ai libretti. Avvicinarsi a un classico, anche se del Novecento come Romeo e Giulietta, significa, per me, rispettarne le componenti essenziali e i personaggi. Parliamo della sua movimentatissima battaglia tra topi e soldati, assai diversa dagli amabili o antichi scontri tra animali ed eserciti degli Schiaccianoci abituali...

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Pierrot (Marco Messina) e Colombina (Alessandra Vassallo) nell’Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

I topi che di solito abitano questo balletto sono statici, imbottiti e imitativi; più che danzare, strisciano. Io ho immaginato una guerra vera e ho vestito i miei topi da aviatori con unghie e denti in evidenza; i loro avversari sono veri soldati. In una città come San Pietroburgo, dove l’esercito è molto presente, mi sono forse lasciato influenzare, ma nello stesso tempo ho voluto creare topi danzanti, agili, battaglieri e una vera guerra dove il Re dei Topi viene pugnalato a morte, decretando la vittoria dello Schiaccianoci. L’occasione di trasformare in danza anche questa sezione del primo Atto del balletto era troppo invitante perché me la lasciassi sfuggire. Nelle danze di carattere lei ha optato, insieme al suo scenografo-costumista, per l’introduzione di oggetti significativi... Sì, certo; tengo a dire che tutto l’allestimento scenico, ma anche i costumi, sono nati da una stretta collaborazione con Jérôme Kaplan. Tutti gli oggetti di scena, veri o virtuali cioè in proiezione, sono essenziali: un grande ventaglio per la Danza spagnola; due grandi timoni per la Danza russa interpretata da quattro marinai; uno scheletro d’ombrello per la Danza cinese; un enorme plumcake per il Valzer dei Fiori nel Regno dei dolci e un cuore per il

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

La festa di Natale in casa Stahlbaum, con Drosselmeyer (Edoardo Caporaletti), Clara (Vittoria Valerio) e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Nella pagina accanto: In primo piano Emanuele Cazzato (Il Re dei Topi) e suoi seguaci (il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala) e sullo sfondo Maria Eichwald (Clara) nell'Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Stagione 2014-15.

pas de deux del secondo Atto. Una simile e stretta collaborazione si è verificata anche per la creazione della Bella addormentata. Il motivo è che non amo quei décors e costumi che fanno scomparire la danza o prevaricano la coreografia. Tutto deve essere estremamente calibrato. Tuttavia nel suo Schiaccianoci manca un elemento di solito comune, la neve... anche nel famoso Valzer dei Fiocchi di neve fluttuanti nella tempesta... È vero, ma ho sostituito la neve con le stelle. Oggi abbiamo una tecnologia molto avanzata e anche il Natale si avvale di questi strumenti tecnologici prima inesistenti. Inoltre, Maša, che da voi si chiamerà Clara, sogna. E i sogni viaggiano nell’universo, in un cosmo stellato, non è necessario vi sia un paesaggio di neve. Lo stesso libretto originale puntualizza che la ragazzina si sveglia da un sogno, creatosi chissà dove. Per allestire il suo Schiaccianoci lei si è avvalso della lettura di Nußknacker und Mausekönig (Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi) di E.T.A. Hoffmann, lo scrittore settecentesco ma già pre-romantico che ha anticipato molta letteratura onirica e fantastico-grottesca alla Edgar Allan Poe, o come Petipa si è avvalso del libretto più edulcorato di Alexandre Dumas? Ho letto entrambi, ma l’inquieto testo di Hoffmann l’ho tradotto coreografi-

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Due momenti nell’Atto I della Bella addormentata di Nacho Duato, Teatro Michailovskij, 2012.

camente in senso contemporaneo, e da lontano. Ciò che più mi premeva, infatti, era dare un volto fresco e vicino ai nostri tempi a tutti i personaggi. Maša/Clara, a esempio, è una ragazzina odierna, attiva, che corre insieme ai suoi compagni maschi. Non è uno stereotipo, non si addormenta sulla poltrona, né vi si ritrova alla fine del balletto. È umana e sbarazzina come potrebbe esserlo una giovinetta di oggi. Il suo Valzer dei Fiori è vagamente “à la Balanchine”, senza riprodurre quel Valzer pure allestito dal coreografo russo-americano: una lettura corretta? Può essere, non lo so. Per me George Balanchine, e con lui Martha Graham, sono stati i due grandi coreografi del Novecento, i veri punti di riferimento di tutta la danza nata dopo. Qualsiasi coreografo intelligente credo non li abbia potuti ignorare, penso a William Forsythe, a Jiˇrí Kylián. Neoclassico, senza neve, conciso: possiamo definire il suo Schiaccianoci minimalista? Credo sia soprattutto molto concentrato, senza fronzoli. Mi sono rivolto al mondo dei giovani, abituati alla velocità dei media odierni. Di solito i classici del repertorio, anche se ammodernati, come non piace a me, sono troppo lunghi; mentre vi sono dettagli e forse più che dettagli, scene pantomimiche, che andrebbero tagliate. L’importante è la coreografia, sono i passi e forse attenersi a una certa velocità più up to date. Ora lei lavora nel principale Teatro lirico e di balletto di Berlino; quale programma intende costruire nei cinque anni del suo nuovo mandato? In Russia ho allestito undici balletti in tre anni; ho amato il pubblico, la critica, gli straordinari ballerini, ma io sono mediterraneo e adesso ritrovarmi a Berlino, in Europa, mi conforta. La città è internazionale, vi sono molti spagnoli come me, i tedeschi sono assai professionali e mi piacerebbe se il mio mandato fosse rinnovato di altri cinque anni... Comunque ho programmato la ripresa della mia Bella addormentata e per l’anno prossimo di questo Schiaccianoci; per i classici quali Il lago dei cigni e Giselle ho interpellato Patrice Bart e riprenderò il mio balletto Multiplicity, su musica di Bach. Intendo poi invitare Kylián, Forsythe e Ohad Naharin. La compagnia è eccellente, il repertorio deve essere vario. Nostalgia di Spagna? Per la Compañia Nacional de Danza ho creato ben sessanta balletti dal giugno 1990 a quando, nel 2010, sono stato chiamato a San Pietroburgo; ho grandi ricordi. Mantengo una casa a Madrid e vi ritorno ogni tre o quattro mesi.

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13 Foto Stas Levshin

Foto Stas Levshin


Un parigino dalla sensibilità russa

Il celebre scenografo e costumista Jérôme Kaplan ha collaborato con il coreografo Nacho Duato per la realizzazione di una nuova produzione dello Schiaccianoci. Parigino autentico, apporta una sorta di famigliare nostalgia per la cultura russa nel décor e negli abiti di scena per il balletto. Grazie allo Schiaccianoci mi è stata offerta la prima possibilità di lavorare a San Pietroburgo, e sono felice di parlarne poiché sono francese, vivo a Parigi, ma mio nonno era russo: ha lasciato quel Paese dopo la Rivoluzione e si è trasferito in Francia, dove ha incontrato mia nonna. Così, grazie a questo ramo della famiglia, mi è diventata abituale quella cultura russa di cui si è sempre sentito un senso di nostalgia. Sono stato felicissimo quando ho ottenuto la prima commissione in Russia: nel 2011 ho lavorato, infatti a Mosca, al Teatro Bol’šoj, con Alexei Ratmansky per il balletto Lost Illusions e con immenso piacere ho accettato l’offerta di creare scene e costumi per Lo schiaccianoci al Teatro Michailovsky della stessa città. Penso che San Pietroburgo sia il luogo più adatto perché il balletto è nato qui, e qui è ha debuttato in origine. Sono entrato nel mondo della scena casualmente, almeno in parte. Ero ancora molto giovane. Ho disegnato la mia prima scenografia quando avevo vent’anni. Proprio per caso ho partecipato a una competitiva selezione in una scuola di teatro – e l’ho fatto per accompagnarvi un amico. È una scuola molto famosa, con il nome sulla cresta dell’onda: l’École de la Rue Blanche. Una grande quantità di personaggi famosi si sono diplomati proprio qui, per lo più attori, come Fanny Ardant, a esempio. Mi sono sottoposto alla selezione per scenografi, sebbene pensassi di fare qualcosa di più simile al disegno o all’illustrazione. Ma mi è sempre piaciuto costruire piccole cose, ed ora provo grande gioia quando creo modellini teatrali che copiano in scala la scena del palcoscenico. Quand’ero giovano pensavo di diventare un architetto.

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L’architettura è un’occupazione davvero eccitante, ma alla fine mi sembrò troppo accademica; essere un architetto è quasi la stessa cosa che essere un ingegnere. Il lato creativo e artistico della professione hanno la stessa importanza; a causa di tutto ciò la scenografia fu, alla fine, la scelta più logica per me. Ho disegnato la mia prima scenografia quand’ero ancora a scuola, e anche allora mi impegnai nel disegno di costumi teatrali. Molto spesso nelle grandi produzioni c’è un artista preposto alla cura delle scenografie e un altro a quella dei costumi, ma questo approccio mi pare un errore. Guardando al passato e agli artisti che si sono davvero imposti, come Léon Bakst, non possiamo che constatare che si occupavano di entrambe le cose. Ciò significa che esiste una maggiore correlazione nelle estetiche, nel colore e in tutto ciò che concerne l’assetto scenico e le decisioni prese al riguardo. Ci sono molti più vantaggi quando un unico artista si occupa di tutto in una produzione. All’inizio mi sono dedicato all’opera, in varie città e per diversi festival. Ciò mi capita talvolta ancora oggi. Lavorare nel teatro musicale è molto diverso rispetto all’allestimento di pièces teatrali, cosa che ugualmente mi viene richiesta, di tanto in tanto. È una forma d’arte più restrittiva e non così ricca dal punto di vista visuale. Nel teatro musicale invece pensi agli effetti visivi e di solito puoi contare su vari cambi di scena. Nel teatro di parola devi lavorare maggiormente sul testo, con i suoi significati, il che comporta un considerevole sforzo intellettuale. Tuttavia, io ancora preferisco il teatro seducente, incantevole e magico – ed è ciò che mi dà il mondo del balletto. D’altra parte le commissioni più interessanti mi sono giunte proprio dall’entourage della danza. Amo il balletto classico e nello stesso modo la danza moderna. Il balletto russo – come tutti sanno – è noto per la sua vasta gamma estetica. (traduzione di Marinella Guatterini)


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

In alto: Danza araba con Antonina Chapkina e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. In basso: Danza cinese con Eugenio Lepera, Walter Madau, Denise Gazzo e Licia Ferrigato. Atto II nello Schiaccianoci di Nacho Duato. Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

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Soliste ed elementi femminili del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala nel Valzer dei fiocchi di neve, Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Stagione 2014-15

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Topi e schiaccianoci: la lotta tra il bene e il male (Appunti per un’analisi dello Schiaccianoci di Nacho Duato)

Roger Salas

Maria Eichwald (Clara) e Roberto Bolle (Lo Schiaccianoci/Principe) nell'Atto II dello Schiaccianoci di Nacho Duato al Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

Lo schiaccianoci di Nacho Duato, seconda incursione del coreografo nel repertorio accademico firmato Petipa-Ivanov-Cˇajkovskij, è ambientato nel tardo modernismo o Art Nouveau, la moda imperante ai tempi della Rivoluzione, come il designer Jérôme Kaplan indica elegantemente ma inequivocabilmente nelle sue scenografie e nei costumi d’epoca. Nel lavoro di Duato il fulcro è nel combattimento tra i topi e il Principe Schiaccianoci, ovvero il nobile trasformato dalla fantasia in lottatore-vincitore, in campione del bene. Il percorso tematico del male nella danza scenica è antico; risale addirittura agli albori del balletto (inteso nel senso più stretto di “teatro danzato”) e alla rappresentazione del male nella danza folcloristica, in cui da tempi antichissimi compaiono spettri, diavoletti dispettosi e animali feroci; alcuni di questi “mostri del male” popolari furono in seguito incorporati prima nelle fiabe e poi nei balletti, come nel caso dei topi dello Schiaccianoci. Spesso, benché non sempre, il male e la morte vengono associati e rappresentati insieme, contaminando le due personificazioni. Un esempio di lotta tra buoni e cattivi che mette in scena esseri umani, non di fantasia, si trova in Raymonda: da una parte mori e saraceni (i cattivi), dall’altra crociati, nobili e cristiani (i buoni). Nella narrazione dello Schiaccianoci, i topi sono grigi e scuri, vengono dal profondo del sogno (o della terra, dalle sue viscere) e vorrebbero impadronirsi del mondo onirico in cui la protagonista Clara viene trasportata e in cui vede, illusoriamente, solo principesse e fate: il Regno dei Dolci. Qui ˇ Cajkovskij ha scritto alcune delle sue musiche per balletto più belle, con un culmine che conclude in modo notevole il crescendo degli archi e dei fiati. I topi irrompono nelle scene idilliache e lo Schiaccianoci, che ha preso vita con l’aspetto di principe guerriero, li sconfigge. Quando Clara (in altre versioni, Maša o Maria) si sveglia, al termine del sogno, le tenebre si sono dissolte e i cattivi sono stati relegati in fondo all’incubo. Quel grande artista che fu Harald Kreutzberg (Reichenberg 1902 - Muri bei Bern 1968), uno dei pionieri della danza moderna, fece una rara apparizione televisiva negli anni Sessanta, presentandosi nel duplice ruolo di Drosselmeyer (nel primo Atto) e del Re della Neve (nel secondo quadro), in una coproduzio-

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Lo schiaccianoci di Nacho Duato al Teatro alla Scala, stagione 2014-15. In alto: Antonino Sutera (Lo Schiaccianoci/ Principe). In basso: Virna Toppi (Clara) ed Edoardo Caporaletti (Drosselmeyer).

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Virna Toppi (Clara) e Antonino Sutera (Lo Schiaccianoci/ Principe) sullo sfondo dei Fiocchi di Neve nell'Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Lo Schiaccianoci/Principe interpretato da Roberto Bolle (foto in alto) e da Antonino Sutera (foto in basso) con Emanuele Cazzato (Il Re dei Topi) nell'Atto I dello Schiaccianoci di Nacho Duato, Teatro alla Scala, stagione 2014-15. Nella pagina accanto: Maria Eichwald (Clara), in basso con Roberto Bolle (Lo Schiaccianoci/Principe) nel grand pas de deux dell'Atto II nello Schiaccianoci di Nacho Duato.

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Modellino di Jérôme Kaplan per Lo schiaccianoci, allestito da Nacho Duato al Teatro Michailovskij di San Pietroburgo nel dicembre 2013.

ne tedesco-americana dello Schiaccianoci. Come programma musicale per la televisione fu un grande successo, tanto che fu trasmesso anche in Olanda e in Gran Bretagna. L’allestimento filmato andò in onda negli Stati Uniti nel 1965 sulla CBS, con uguale successo, e fu ritrasmesso varie volte nel corso degli anni successivi, prima di essere infine sostituito dalla versione più completa allestita da Mikhail Baryshnikov con l’American Ballet Theatre nel 1977. Kreutzberg apportò al balletto una componente moderna, di matrice epressionista, sfoggiando il suo straordinario magnetismo scenico. Pur con parecchi tagli, questo si può considerare il primo tentativo di dare dello Schiaccianoci una lettura eclettica, utilizzando un linguaggio moderno. A proposito della propria versione e del suo modo particolare di affrontare i classici, Duato ha scritto – con humour e una certa ironia, come è nel suo stile: Definirei il mio Schiaccianoci neoclassico, anche se per certi versi è classico: qui la cosa più importante, tuttavia, non è il virtuosismo, ma qualcosa di più che proviene direttamente dal cuore. Questo Schiaccianoci non somiglia alla mia Bella addormentata, perché le storie narrate sono molto diverse. Inoltre, La Bella addormentata è forse il balletto più accademico di Marius Petipa; è ricco di tecnica stupefacente e di parti coreograficamente molto complesse. Viceversa, mi sembra che Schiaccianoci offra maggiori possibilità di creare danze liberamente. Non propongo una mia personale versione della favola, né vi aggiungo nulla. Ho tagliato qua e là la musica, ma ho mantenuto la storia quasi senza alcun

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cambiamento. L’unica cosa che davvero non capisco è: se il Re dei Topi viene colpito a morte alla fine del primo Atto, come può essere ancora vivo nel secondo? Nella mia versione lo faccio morire nel primo Atto, mentre la Danza spagnola apre l’Atto secondo.

Dopo queste parole, la sua sintesi della trama è semplice e concentrata sull’ambientazione. La descrizione del secondo Atto occupa appena quattro righe del programma. Che cosa significa questo? Che in realtà a Nacho Duato interessa maggiormente la danza, in quanto possibile astrazione neoclassica, dei dettagli narrativi, che ha già concentrato nel primo Atto. Con un tocco di realismo, il Re Topo di Nacho Duato muore assassinato alla fine del primo Atto, e i topi-soldati portano via, in processione, il corpo inerte del loro sovrano: è un modo per dire che qui termina veramente la lotta contro il male. La scelta di iniziare il secondo Atto con la festosa e gaia Danza spagnola è fatta apposta per dissipare ogni dubbio: non solo ci troviamo nel mondo della fantasia e dei sogni, ma siamo in pieno mondo del bene. In un certo senso, Duato si è affiancato ad altri coreografi contemporanei che hanno affrontato Schiaccianoci: lo ha portato sul proprio terreno estetico e ha utilizzato il proprio linguaggio, però nel rispetto delle tradizioni, a prescindere dalla propria concezione stilistica. Non è quello che fecero, per citare alcuni esempi famosi, anzitutto John Cranko nel 1966 a Stoccarda (la sua protagonista non si chiama Clara né Maša, bensì Lena, ed è un’adolescente innamorata del bel soldato Konrad), e poi John Neumeier a Francoforte nel 1971 (versione ripresa all’Opéra di Parigi nel 1993), il quale trasferisce l’azione nel mondo del balletto e dell’adorazione ideale della danza classica: Maria (Maša) riceve in regalo le prime scarpette da ballo e la fata è il fantasma di una ballerina del Teatro Mariinskij, mentre Drosselmeyer ha i tratti di uno stilizzato Marius Petipa. Recentemente Jean-Christophe Maillot, in una seconda versione dello Schiaccianoci per i Ballets de Monte-Carlo, pure con scene e costumi di Kaplan, ha lasciato il mondo del circo in cui aveva ambientato la sua prima versione per addentrarsi nel mondo autentico del balletto, ossia nella vita interna di una compagnia. Nacho Duato, nella sua versione del quadro del Valzer dei Fiocchi di neve, appare più convenzionale, simmetrico e in sintonia con la tradizione Ivanov-Vajnonen di tutti gli altri coreografi che abbiamo menzionato. E qui entra in gioco un importante principio del coreografo valenciano, il quale è ben consapevole che questo suo nuovo lavoro fu creato a suo tempo appunto a San Pietroburgo: fu là che nacque l’originale di questo balletto, che in esattamente 124 anni di vita ha conosciuto centinaia di versioni diverse. È evidente che Lo schiaccianoci permette tutte queste fantasie, tutti questi approcci diversi alla storia originale, al suo nucleo sostanziale, che si divide in due parti: la lotta tra il bene il male, e il poetico viaggio iniziatico di Maša/Clara e del suo principe (immaginario) verso l’arte, l’amore o entrambe le cose, alla scoperta di un universo irreale ma così possibile e credibile che, al risveglio, se ne ricordano tutti i particolari, all’ombra protettrice dell’albero di Natale. (traduzione dallo spagnolo di Arianna Ghilardotti)

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Valzer dei fiori nell'Atto II dello Schiaccianoci di Nacho Duato. Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

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27 Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


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Nel sogno dello Schiaccianoci una possibile felicità Vittoria Ottolenghi

In alto, a sinistra: Antonietta Dell’Era, prima interprete della Fata Confetto, 1892; a destra: Anna Pavlova in Fiocchi di neve, Londra, 1920. In basso, a sinistra: Tamara Karsavina nel ruolo della Fata Confetto negli anni Venti; a destra: Galina Ulanova nel ruolo di Maša nello Schiaccianoci nella versione di Vasilij Vajnonen, Leningrado, Teatro Kirov, 1937.

Le origini Alle origini dello Schiaccianoci c’è Ivan Aleksandrovicˇ Vsevoložskij, il leggendario direttore dei Teatri Imperiali, che in diciassette anni di gestione artistico-amministrativa stimolò, sugger“ o contribu“ a creare i più bei balletti del secolo. Tra il 1881 e il 1899, fu lui che commissionò, fra l’altro, La Bella addormentata nel bosco, Il lago dei cigni, Raymonda e, appunto, Lo schiaccianoci. Marius Petipa, la “colonna” del Teatro Mariinskij di Pietroburgo, ex ballerino, ma”tre de ballet e coreografo principe, era entusiasta di Vsevoložskij, forse perché questi gli lasciava le briglie abbastanza leggere sul collo in materia di decisioni artistiche, apriva generosamente i cordoni della borsa imperiale su questioni di scritture e di messinscena, e lo ricopriva letteralmente di onori sul piano professionale e sociale. Interesse o riconoscenza, o genuina ammirazione, dettarono a Petipa, nelle sue Memorie, frasi come questa: Durante i lunghi anni di gestione di Vsevoložskij, tutti gli artisti senza eccezione adorarono il loro nobile, elegante, colto direttore. Il più gentile degli uomini, un vero cortigiano nel senso migliore della parola.

Viene oggi da chiedersi quale possa mai essere il senso migliore della parola “cortigiano”: forse l’anteporre – come faceva Petipa – a molte altre cose il “successo trionfale” presso lo zar e la sua santa corte imperiale. In ogni caso, non è questo che stupisce nelle Memorie di Petipa: Vsevoložskij sostanzialmente meritava gli elogi. Era un uomo onesto e un professionista serio. Tra l’altro, aveva un buon talento di pittore e molti dei bozzetti originali per i balletti di Petipa erano suoi. Quello che invece stupisce, e sgomenta, è la freddezza con cui Petipa procede poco dopo, in queste stesse pagine, a fare il seguente elenco dei suoi balletti per la gestione Vsevoložskij; Durante gli indimenticabili diciassette anni di Vsevoložskij, ogni mio balletto ebbe successo e ne misi in scena molti: La Bella addormentata, Cenerentola, Il lago dei cigni, Raymonda, La bayadère, Don Chisciotte [...], Les caprices de l’amour, Il tulipano di Harlem, Lo schiaccianoci ecc. ecc.

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Tecnica e stile di Antonietta Dell’Era Secondo il giornalista e storico Sergej Chudekov, stretto collaboratore di Marius Petipa, su Antonietta Dell’Era non vi erano due opinioni: per tutti era un mostro di tecnica. Dotata di punte d’acciaio, eseguiva passi sconosciuti alle ballerine russe: tre giri sulle punte senza l’aiuto di un cavaliere e altre meraviglie della coreografia acrobatica, come gli ardui equilibri sur les pointes nella variazione di Satanella (una coreografia di Arthur Saint-Léon tuttora tramandata dalla scuola russa). Il ballettomane e critico ben informato Konstantin Skal’kovskij rimpiangeva invece che alla Dell’Era l’invito dei Teatri Imperiali fosse giunto in ritardo di sei anni rispetto al suo momento di maggior successo sulle scene estive: nel giugno 1886 dominava all’Arkadija nei panni di Swanilda, Satanella e Sylvia, mentre nel 1892 era ormai “invecchiata, imbruttita, appesantita”. La fanciulla slanciata dall’ammaliante e dolce sorriso aveva ceduto il posto alla solida ballerina

dalle forme rotondeggianti in grado di rovinare la prima rappresentazione di Schiaccianoci. Ma chi era Antonietta Dell’Era? Nata a Milano il 10 febbraio 1860, aveva iniziato privatamente lo studio della danza all’età di sei anni con Carlo Blasis (“La Gazzetta dei Teatri”, 24 giugno 1880). Il Maestro nutriva dei dubbi sulle sue capacità e fu Annunziata Ramaccini (moglie di Blasis) a fare di lei in pochi anni una danzatrice. Dopo i primi debutti a Milano, Barcellona e al Cairo, nel 1879 Antonietta si affermò a Messina nei balli Ermanzia di Ferdinando Pratesi e La Giocoliera, coreografia di Pasquale Borri da lei interpretata ogni sera “al suon di plausi”. Lo stesso anno fu chiamata a Berlino, dove ottenne il più duraturo dei successi. Alla Königliche Oper interpretò, oltre ai balli di Paolo Taglioni, Coppélia con una “mimica espressiva e quasi parlante”, commovente nella “Ballata della spiga”, e, in fine di carriera, Aschenbrödel, ritratto psicologico di una Cenerentola Jugendstil. Consapevole dell’eccellenza della scuola russa, nel 1898 rilasciò un’intervista al “Berliner Tageblatt” stigmatizzando gli intrighi delle ballerine russe per carpire i segreti inutilmente protetti dalle italiane. Secondo Chudekov, era lei al contrario a invidiare e a trattare con sufficienza le ballerine russe, tra cui primeggiava allora la Kšesinskaja, la futura granduchessa, che le subentrò nel posto di prima ballerina nel 1893. Il lascito della Dell’Era rimane pertanto alla Scuola Imperiale: la tecnica e lo stile, i passi e le innovazioni di un danzare “all’italiana”, accolto all’inizio con esitazione ma poi amalgamato in un classico equilibrio dai maestri cosmopoliti Petipa, Ivanov e Johansson, per divenire, al volgere del secolo, definitivamente à la russe. C.L.J.


La verità è che – nonostante una sua intensa fase di lavoro iniziale – Lo schiaccianoci semplicemente non era suo, ma di Lev Ivanov. Intendiamoci: questo piccolo episodio di scorrettezza non diminuisce la sua gloria di coreografo e di maestro. Il marsigliese Marius Petipa, dal suo arrivo in Russia nel 1847, e soprattutto dalla sua nomina a primo ma”tre de ballet nel 1862, dette inizio alla fioritura del balletto russo, consacrò un nuovo stile e ne perfezionò la tecnica, e dette vita a una vigorosa ripresa della danza accademica, che senza di lui avrebbe preso a languire in Russia, come del resto nell’Europa. I suoi capolavori e le sue nuove versioni di vecchi capolavori furono, e sono tuttora, la forza del balletto classico. Questo non toglie che Lo schiaccianoci non avrebbe dovuto comparire nelle sue Memorie – senza nessuna nota esplicativa, ma anzi in maniera secca e precisa – come uno dei suoi “successi”. Vediamo dunque come andarono le cose e quali sono i punti attorno ai quali si sono sviluppate le questioni critiche più interessanti. Cominciamo dal libretto.

Il libretto Petipa stesso lo aveva tratto dal racconto Nußknacker und Mäusekönig (Lo schiaccianoci e il re dei topi), scritto nel 1816 da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann e pubblicato nel 1819 nella raccolta I fratelli di San Serapione. Ma la fonte diretta non fu l’originale di Hoffmann, bensì“ una versione – che il critico inglese Peter Williams definisce “dolciastra” – di Alexandre Dumas: una versione semplificata e resa genericamente “gradevole”. La novella originaria – come del resto il suo autore – non era gradevole. Hoffmann, tormentato protagonista del Romanticismo tedesco, fu il maggiore esponente di quel filone fantastico-grottesco che molto più tardi, in America, trovò in Poe un geniale continuatore. Scrisse Heine: I fantasmi di Hoffmann sono tanto più spaventosi in quanto vanno a spasso in pieno giorno e si comportano come ognuno di noi.

Il suo biografo, E. G. Ellarger, scrisse, nel 1894, che egli dette forma concreta ai fantasmi labili che si agitano nel profondo dell’anima umana.

Bonaventura Tecchi allude acutamente a una freudiana “disgregazione dell’io” nei suoi racconti, a uno spacco doloroso tra il mondo della coscienza, illuminato dalla ragione, e quello dell’inconscio.

In questa luce, sinistra e poetica insieme, va visto Lo schiaccianoci. E in questa luce Lo schiaccianoci emerge come il più tipico dei racconti di Hoffmann, almeno più di Coppélia, che pure fu il soggetto di un altro grande balletto. é

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Nella pagina accanto, in alto, a sinistra: George Balanchine durante una prova dell’Atto I della seconda produzione del suo Schiaccianoci, New York, 1964; a destra: Lo schiaccianoci di George Balanchine; la Fata Confetto (Suzanne Farrell) e Il Principe (Peter Martins), New York City Ballet, New York, 1964. In basso: Lo schiaccianoci di George Balanchine; la Fata Confetto (Suzanne Farrell), New York City Ballet, New York, 1964.

la storia di una bimba che riceve, tra i doni di Natale, anche uno schiaccianoci, dall’aspetto grottesco di uomo, anzi di soldato. Glielo ha regalato il suo padrino. Ella sente un inspiegabile e intenso trasporto per questo oggetto lievemente mostruoso. Quando scende la notte, la bimba sogna che il suo schiaccianoci è minacciato da un’orda di topi. Si scatena una battaglia violenta. La piccola corre in aiuto dello schiaccianoci; questi diventa all’improvviso un principe, che la porterà via in paesi incantati. All’alba il sogno svanisce e la bambina stringe a sé il ghigno beffardo del suo schiaccianoci. é forse superfluo sottolineare la chiara simbologia di certi personaggi e di certe situazioni. La condizione fondamentale di una bambina vicina all’adolescenza è quella della paura: paura della vita adulta e paura dell’amore. Il padrino – in parte – e soprattutto lo schiaccianoci sono il temuto-amato principe azzurro che l’aspettano al varco. I topi sono l’incarnazione delle forze ostili e bestiali, anch’esse di facile lettura. Il sogno è la dimensione in cui la vita, forse la felicità, sono possibili – vita e felicità che svaniscono all’alba, lasciando, più che la speranza, l’angoscia. Certo questa non doveva essere una vicenda specialmente congeniale a Petipa, così equilibrato, così realista, così “riuscito” come uomo e come professionista. E infatti egli preferì la versione di Dumas (poco più di un banale raccontino natalizio), anche per l’enfasi data ai molti punti suscettibili di effetti spettacolari: la festa di Natale, la battaglia, il lungo, lunghissimo viaggio meraviglioso. Ben diversa affinità dovette sentire Cˇajkovskij col racconto di Hoffmann. Anche Cˇajkovskij – e lo si era visto negli altri due grandi balletti – era portato a sentire l’amore come un bene irraggiungibile, l’infanzia come un paradiso perduto, la realtà fitta di fantasmi ostili, da cui il sogno soltanto è capace di tirarci fuori, fino a sollevarci nel cielo di un’idilliaca, perfetta letizia da favola. Il libretto dello Schiaccianoci è sempre stato criticato, più o meno, da tutti: ballerini, coreografi, critici, pubblico. Tutti hanno parlato della sua scarsa coerenza drammatica, della fragilità del racconto, della futilità della vicenda. Probabilmente il vero racconto di Hoffmann non giustifica le pesanti accuse; mentre ne era certo più responsabile l’impostazione coreografico-narrativa di Petipa. Sulla falsariga di Dumas, Petipa volle farne prevalentemente un bello spettacolo di Natale, come piaceva alla corte e a Vsevoložskij, adatto per grandi e piccini. E, geniale e abile com’era, ci sarebbe riuscito certo, finendo perfino col fare, nonostante tutto, un’opera d’arte.

Le scene Le scene e i costumi erano di Michail Bocˇarov (I e III Atto) e dello stesso Vsevoložskij (II Atto e tutti i costumi) e dovettero essere ben poco attraenti, se Aleksandr Benois – allora un giovane appassionato di balletto e più tardi famoso pittore e scenografo dei Ballets Russes di Djagilev – così ne scriveva dopo la prima del 17 dicembre 1892:

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Forse il motivo principale della mia delusione sta non tanto nella musica, ma nell’orrenda messinscena [...]. Le scene del primo atto sono assolutamente disgustose. Invece di un salotto raffinato stile rococò o Luigi XVI, illuminato da candelieri e torce, e tuttavia capace di rendere l’atmosfera di una borghesia bonaria, siamo stati costretti a subirci un’ora di tinello di un ricco banchiere tedesco “parvenu”, del genere Friedrichstrasse. Scene stupide, volgari, pesanti e scure. E poi quell’assurdità dei ritratti di Cˇajkovskij, di Petipa e di tutti gli altri dipinti sulle pareti! [...] Ero indignato! [...] Il secondo atto è anche peggio.

Forse Benois era comunque troppo raffinato per incassare il consueto kolossal natalizio che piaceva tanto a Vsevoložskij e alla corte. Forse è veramente difficile in senso assoluto raggiungere un’efficacia scenografica per Lo schiaccianoci: la seconda scena, ad esempio, deve essere più o meno realistica – con albero di Natale, regali, mobili, lumi, bambini ecc. – eppure deve lasciare posto alle danze di insieme; le successive scene del primo Atto, e quasi tutto il secondo Atto, devono essere invece completamente inventate, perché sono l’ambiente meraviglioso e impressionante in cui si dipana il sogno complesso di Clara. Per di più, c’è anche almeno una scena a “trasformazione” istantanea e una serie cospicua di trucchi, anche meccanici oltre che ottici. La volgarità lamentata da Benois c’era certamente, ma forse non più marcata di quella degli altri spettacoli natalizi, cari a Vsevoložskij e al pubblico del Mariinskij. Quella, del resto, era l’epoca in cui, in tutta l’Europa, il teatro di danza piaceva soprattutto per i suoi caratteri di spettacolarità floreale e liberty che soltanto di rado avevano a che fare con la raffinatezza. Per avere il “trionfale successo” bisognava essere efficaci e vistosi nella messinscena, così come lo era stato l’insuperato Excelsior scaligero, o le decine di sue imitazioni, a cui, consapevolmente o no, tutti si rifacevano.

La coreografia Gli storici convengono che Marius Petipa si limitò a ideare la coreografia dello Schiaccianoci e che improvvisamente una malattia lo obbligò a passarne la realizzazione – nonché i suoi preziosi appunti – al suo maître en second e collaboratore Lev Ivanov (Cyril Beaumont sostiene che il passaggio avvenne a prove iniziate). Fino a pochi decenni fa, anche a causa dell’atteggiamento di Petipa, la figura di Ivanov rimaneva nell’ombra, tanto che gran parte del pubblico aveva l’impressione che Lo schiaccianoci fosse il terzo capolavoro del binomio Petipa-Cˇajkovskij, tout court. La critica contemporanea, pur consapevole del peso dell’impostazione drammaturgica e stilistica di Petipa, tende a dare a Ivanov quello che è di Ivanov; a sottolineare, cioè, quello speciale lirismo, quella levità, e soprattutto quella struggente malinconia che caratterizzano anche l’altro capolavoro di Ivanov, il secondo Atto del Lago dei cigni, creato durante un’altra malattia di Petipa. Lev Ivanov era un uomo dall’aspetto opaco, dall’atteggiamento modesto e schivo, destinato ad apparire sempre una figura di secondo o terzo piano.

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Cresciuto in un orfanotrofio, divenne primo ballerino, poi maître en second presso i Teatri imperiali, dove la sua personalità umana e artistica fu quasi totalmente subissata da quella di Petipa. Eppure non è improbabile che egli sia stato il primo vero e grande esponente della coreografia russa: una personalità artistica di straordinario interesse che oggi in Russia sta trovando storici che gli rendono piena giustizia. Gli anni della sua maturità, fino alla morte nel 1901, a 65 anni, confermano la sua tragedia umana: nel 1900 si era ridotto a fare l’assistente di un mediocre maestro di ballo, e finì semialcolizzato. Se il secondo Atto del Lago dei cigni è una gemma perfetta e coerente nella sua unitarietà di andamento e di ispirazione, la coreografia dell’intero Schiaccianoci è la prova che Ivanov aveva anche una grande fantasia coreografica e una molteplicità sorprendente di attitudini. Soltanto nel primo Atto, Ivanov creò danze dei generi più vari: quelle realistiche e familiari della festa di Natale – con un gruppo di bambini veri – attorno all’albero di Natale; danze di carattere per i giocattoli meccanici; violente e drammatiche sulla scena della lotta tra lo Schiaccianoci e i soldatini da una parte e i topi dall’altra, davanti agli occhi sbarrati di Clara; e infine la famosa danza d’insieme dei Fiocchi di neve. Il secondo Atto, poi, è un fuoco di fila di divertissements nel Paese dei dolci (tra le danze di carattere, quella del Cioccolato, e cioè la Danza spagnola, quella del Caffè, Danza araba, quella del Tè, Danza cinese, quella dei pifferai e il trepak russo), che si conclude con uno dei più bei pas de deux della storia del balletto classico: quello della Fata Confetto e del Principe, difficile traguardo d’obbligo per tutte le stelle del teatro di danza e tuttora eseguito costantemente negli spettacoli-concerto. Lo schiaccianoci di Ivanov fu eseguito, dunque, per la prima volta il 17 o 18 dicembre 1892 al Teatro Marünskij (altre fonti attendibili, come Cyril W. Beaumont, datano il debutto al 5 dicembre) e restò in repertorio sino al convulso 1917, sempre come “balletto di due Atti e tre Scene con libretto e coreografia di Ivanov, musica di Cˇajkovskij, scene e costumi di Bocˇ arov e Vsevoložskij”. Protagonista nella parte della Fata Confetto fu alla “prima” l’italiana Antonietta Dell’Era (grande virtuosa, ma – a dire di Benois – francamente brutta; venne sostituita alla seconda replica da Varvara Aleksandrovna Nikitina); nella parte del Principe, l’ultraquarantenne Pavel Gerdt; uno dei giocattoli meccanici (Colombina) era interpretato da Ol’ga Preobraženskaja, che poi divenne una delle massime insegnanti di danza del mondo; lo Schiaccianoci era Nicholas Legat.

La fortuna Lo schiaccianoci è considerato, insieme con Il lago dei cigni (1895) e La Bella addormentata nel bosco (1890), uno dei balletti fondamentali dell’Ottocento e di tutti i tempi. Questi tre balletti, con musica di Cˇajkovskij, stanno alla base del repertorio di ogni grande compagnia che si rispetti. Tuttavia, tra essi, Lo schiaccianoci è sempre stato il più discusso e controverso. In genere, i ballettofili convinti rifuggono – un po’ come Benois – dai grandi spettacoli nata-

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Lo schiaccianoci, il “Castello dei Dolci� nella prima rappresentazione al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, 1892.


lizi, fatti con e per i bambini, almeno prevalentemente. Ecco perché hanno ostentato un certo snobismo nei confronti dello Schiaccianoci, che è il classico spettacolo a cui accede il pubblico più vario, specialmente quello che in genere non si incontra agli spettacoli di balletto. Quanto ai critici, fino a pochi decenni fa, molti hanno mostrato un atteggiamento di bonaria sopportazione, hanno apertamente censurato la fragilità del libretto (rispetto, poniamo, a quello della Bella addormentata) e alcuni lo hanno considerato addirittura come una specie di condanna annuale, un “polpettone” per bambini. Ecco a titolo di esempio, il giudizio dell’autorevole signora P. W. Manchester, di New York, su “Dancing Times”: Lo Schiaccianoci è, costituzionalmente, una seccatura, e si basa su un intreccio praticamente inesistente e del tutto privo di interesse [...] esso esplode – immancabile – a Natale, come un’epidemia di morbillo.

Dal canto suo, il coreografo John Cranko lo ha definito “un insieme di divertissements stupidi e senza gusto”. George Balanchine – uno dei più grandi coreografi contemporanei – è sempre stato di opinione assai diversa: Lo schiaccianoci è uno dei più bei doni della danza, non soltanto per i bambini, ma per chiunque ami l’elemento magico del teatro [...] ha un incanto perenne, che non dura soltanto i giorni di Natale, ma tutto l’anno.

Anche il maggior critico americano, Edwin Denby, scriveva nel 1944, sulle colonne del “New York Herald Tribune”, forse la pagina più lucida e illuminante sull’argomento: Pensando al Natale, mi viene in mente l’immenso albero posto in mezzo al palcoscenico nella prima scena del primo Atto dello Schiaccianoci, la venerabile fiaba che creò Ivanov, collaboratore di Petipa, sulla musica di Cˇajkovskij. Ma che cosa ha realmente a vedere l’azione col Natale? Che cosa dice veramente il libretto? E in che modo Lo schiaccianoci realizza il suo incantesimo dolce e benefico? Questo vecchio, sereno carrozzone, completo di tutte le convenzioni degli anni Novanta – pantomima, danze di sala, grand pas de deux, divertissements e ballabile, tutti legati insieme da una storia a cui nessuno presta vera attenzione – ancora funziona, sul piano teatrale. Ma se cerchiamo di capirne il perché, ci accorgiamo che la logica coreografica dello Schiaccianoci è solida e anche l’intreccio irreale – il suo contenuto ideologico – ha una struttura razionale. Se apriamo bene gli occhi, le intenzioni dello Schiaccianoci ci appaiono umane e coerenti, e il suo “metodo formale”, naturalmente del 1890, è estremamente intelligente.

Le riprese, le riedizioni, le nuove versioni di questo balletto sono state tante: non c’è teatro d’opera che non abbia ospitato – magari in più edizioni – uno

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Schiaccianoci;e anche la televisione, in molti Paesi, ne fa un programma di circostanza per le feste di Natale. Tra le edizioni di particolare interesse storico o estetico, senza dubbio importantissima fu la prima fuori della Russia: quella andata in scena il 30 giugno 1934 a Londra, curata da Nicholas Sergeev per la Vic-Wells Ballet Company. La prodigiosa memoria di Sergeev e l’aiuto di Lydia Lopokova, dal 1925 Lady Keynes (che dimostrava tutte le parti, comprese quelle maschili) furono garanzia di una notevole fedeltà all’originale. In quella versione, l’attrice di prosa Elsa Lanchester (che aveva studiato danza da bambina) interpretò, per espresso desiderio di Sergeev, la Danza araba del secondo Atto, e per la scena della battaglia fra topi e giocattoli furono scritturati i bambini del coro londinese del Lord Mayor. Le scene, abbastanza dimesse, erano di Hedley Briggs. Alicia Markova era la Fata (e fu questa una delle parti per cui è giustamente famosa) accanto a Stanley Judson. Robert Helpmann interpretava la Danza cinese. Fu un successo immediato, nonostante la concorrenza, sulle scene del Gaiety Theatre, in quegli stessi giorni, del Tavolo Verde dei Ballets Jooss. Questa versione fu ripresa nel 1937, con nuove scene di Mstislav Dobažinskij e l’interpretazione di Margot Fonteyn e Robert Helpmann. Il 9 novembre 1951, Frederick Ashton mise in scena una sua versione per la compagnia che ormai si chiamava Sadler’s Wells Theatre Ballet, con scene di Cecil Beaton e l’interpretazione di Svetlana Ber‘sova e David Blair. Nel 1936, Lo schiaccianoci fu messo in scena in forma di suite e portato in tournée in Europa dal neonato Ballet Russe de Monte-Carlo, nella versione di Boris Romanov (riproposta poi nel 1953 all’Opera di Roma), con Vera Nemcˇinova e Anatole Obukhov: questa edizione, con revisione di Aleksandra Fedorova, fu invitata in America (senza bambini nel primo Atto), con la Markova e André Eglevskij. Segue, nel 1938, la versione scaligera con le scene di Aleksandr Benois e la coreografia di Margareta Petrovna Froman, primi ballerini Nives Poli, Pierluigi Marzoni e Carletto Thieben (Lo schiaccianoci riapparve alla Scala nella stagione 1956-57, con la coreografia di Alfred Rodriguez, le scene e i costumi di James Bailey, Margot Fonteyn e Michael Somes rispettivamente come Fata e il suo Cavaliere). Quella versione, con alcune modifiche, servì di base per un’altra – monumentale e molto applaudita – andata in scena il 24 dicembre 1957 presso il London’s Festival Ballet, con coreografia di David Lichine (Anton Dolin vi interpretava assai bene la parte del Dr. Drosselmeyer). Il Festival Ballet, nel 1968, ha presentato una nuova versione, quella di Jack Carter, con John Gilpin nella parte del Principe. Tra le più famose e rappresentate versioni c’è quella di Balanchine per il New York City Ballet (2 febbraio 1954, New York City Center) con scene di Horace Armistead e costumi di Karinska, che includeva trentanove bambini della School of American Ballet: Maria Tallchief era la Fata, Nicholas Magallanes il suo Cavaliere. La versione di Balanchine, stupenda nella sua coreografia quasi totalmente originale, è tuttavia probabilmente assai fedele nello spirito alla versione originale di Ivanov, che Balanchine aveva danzato nel 1919, nella parte dello Schiaccianoci, al Mariinskij, e prima d’allora più volte in un ruolo

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infantile. Con nuove scene di Rouben Ter-Arutunian, Lo schiaccianoci del New York City Ballet continua ogni anno, sulla scena e alla televisione americana, ad attirare i più larghi pubblici immaginabili. Nella stagione 1966-67 ottenne quarantuno “esauriti” nella sola New York, nell’interpretazione, in alternanza con altre coppie, di Suzanne Farrell e Peter Martins. Nella stessa stagione 1966-67, l’inglese John Cranko, che si ravvide del suo astioso giudizio sul balletto, presentò a Stoccarda (e poi anche in Italia al Festival dei Due Mondi di Spoleto), una versione profondamente diversa dalle precedenti. Convinto che le grandi coreografie ottocentesche non fossero né sempre perfette, né intoccabili, egli diede allo Schiaccianoci un intreccio nuovo e perfino una nuova struttura. La sua coreografia è in tre Atti, la ragazza (già adulta) si chiama Lena (e non Clara come nell’originale, o Masˇa come in Russia dopo la versione Vajnonen, o Maria come nell’ultima edizione di Balanchine), ed è innamorata di un soldato, Konrad, che però non ricambia totalmente il suo amore. Al posto di Drosselmeyer c’è una comica Fata Fitzliputz, madrina di Lena. I topi rapiscono Lena e così Konrad dovrà inseguirla nel regno della Fata Fitzliputz, prima di conquistarla per sempre. Questa versione di Cranko ebbe critiche contrastanti, tuttavia tutti riconobbero la grande fantasia del coreografo e la sua notevole spregiudicatezza nell’affrontare un classico, giudicato fino ad allora, come qualcosa di quasi sacro.

Ernst-Theodor-Amadeus Hoffmann (1776-1822), autore del racconto Lo schiaccianoci e il Re dei Topi.

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40 Foto Teatro Mikhailovsky


Nacho Duato, un coreografo ritornato al linguaggio accademico Roger Salas

Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev nella versione di Nacho Duato, creata nel 1998, qui nella ripresa al Teatro Michailovskij di San Pietroburgo.

Il ballerino e coreografo Nacho Duato (Juan Ignacio Duato Bárcia, Valencia, 1957) ha ottenuto negli ultimi cinque anni un rapido riconoscimento internazionale della sua personalità creativa, parallelamente all’aumento del suo carisma e della sua fama a livello mondiale. Questa sorta di rivoluzione, che abbraccia sia l’aspetto personale sia quello professionale, ha avuto inizio con la brusca cessazione del suo incarico di direttore artistico della Compagnia Nazionale di Danza spagnola (CND), posto che Duato aveva occupato per vent’anni, cambiando il profilo stilistico del gruppo e definendo a sua volta la propria personalità creativa. La CND è stata il suo laboratorio e il suo crogiolo: lì ha formato i suoi ballerini, creato un’équipe a misura delle sue esigenze e concepito opere di grande respiro, che sono state portate in tournée in tutto il mondo e hanno conferito un meritato prestigio sia alla formazione nazionale spagnola sia al suo curriculum personale. È stata la sua Compagnia d’autore. Tuttavia, come insegna la teoria del caos, non si può mai prevedere quale direzione prenderanno gli eventi, e infatti da tutti i problemi connessi a quella complessa circostanza è emerso un Duato più forte e deciso, capace di accettare la sfida professionale più grande della sua vita: dirigere una compagnia di balletto in Russia, culla della danza accademica nonché centro produttore di quello che è considerato il repertorio classico della nostra epoca. Il 26 luglio di quello stesso anno 2010, nel corso di un’affollatissima conferenza stampa a Mosca, Duato annunciava di aver accettato l’incarico di primo coreografo e direttore del balletto del Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo, incarico che ha svolto dal 1° gennaio 2011 all’agosto del 2014, quando l’artista ha assunto la direzione dello Staatsballett di Berlino, la compagnia di balletto più importante della Germania, dotato di un budget tra i più alti in Europa (la notizia era stata riportata dalla stampa internazionale il 7 febbraio 2013). Per tornare alla teoria del caos, secondo la quale “piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono comportare grandi differenze nel comportamento futuro, rendendo impossibile qualunque previsione a lungo termine”, i fatti di Madrid hanno portato Duato al punto di cristallizzazione della sua carriera, dandogli la possibilità di dimostrare fin dove può arrivare il suo ta-

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Foto Teatro Mikhailovsky

In queste pagine: due immagini di Romeo e Giulietta nella versione di Nacho Duato. Il balletto, creato nel 1998, in Spagna, è stato ripreso a San Pietroburgo, Teatro Michailovskij, 2012.

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lento di rinnovatore – il che si realizza soprattutto oggi, con le sue incursioni tra i grandi titoli del repertorio. Nel tentativo di descrivere la personalità artistica di Nacho Duato, ho già detto che quasi sempre la definizione di un artista, che sia un pittore, un musicista o un coreografo, sono dovute alle caratteristiche del suo stile, alla particolarità dei suoi mezzi espressivi. Tali manifestazioni esteriori dello stile, a loro volta, corrispondono al principio ispiratore del creatore, al suo intelletto, alla sua sensibilità e alle sue risposte estetiche all’epoca in cui vive, in consonanza con l’opera che sarà stato capace di produrre. Nell’arte contemporanea più recente, all’originalità dell’artista non si attribuisce più tanto valore; anzi, in certe manifestazioni artistiche non è importante nemmeno lo stile. Non è il caso del balletto: qui lo stile non è soltanto l’elemento identificativo, ma anche la linea che produce e sostiene il disegno complessivo dell’artista. Nell’arte moderna e contemporanea possiamo citare numerosi esempi di artisti dotati di tratti distintivi così spiccati da dare addirittura origine a un aggettivo che li definisce: è il caso di “felliniano”, in ambito cinematografico, per definire ciò che ricorda o imita l’estetica di Federico Fellini; “kafkiano” per qualunque situazione o problematica che rimandi all’opera letteraria e al mondo interiore di Franz Kafka; o, più recentemente e per restare in un contesto spagnolo, “almodovariano”, per indicare qualcosa che si avvicini all’eccentrico universo dei film del regista Pedro Almodóvar. In campo coreografico esiste un caso curioso, quello di Maurice Béjart, dal quale deriva appunto l’aggettivo specifico di “béjartiano”; tuttavia, l’identificazione di un frammento di un suo lavoro, se visto separatamente, non è sempre facile o evidente come negli altri esempi citati. Perché mai? Proprio


Foto Teatro Mikhailovsky

perché l’arte coreografica, nella ricerca di questo linguaggio particolare, necessita di un lungo processo di decantazione degli elementi formali. Nelle altre arti il processo non è certo più rapido o più semplice; ma nella coreografia, per sua stessa natura, risulta sicuramente più effimero e scarno, e di conseguenza è molto più difficile caratterizzarlo in modo permanente nei suoi elementi espressivi. Oggi si usano gli aggettivi “balanchiniano” e “petipiano” per indicare in modo inequivocabile due momenti, ovvero due epoche molto diverse di uno stesso mondo coreografico, che va dal balletto imperiale accademico a quello americano moderno: da Marius Petipa a George Balanchine, appunto. Solo una sessantina d’anni di febbrile attività rinnovatrice in campo coreutico separano l’apice delle rispettive carriere di questi due grandi. Attualmente, il tempo reale di produttività dei coreografi tende ad accorciarsi vertiginosamente: e questa è un’altra delle caratteristiche immediate che riguardano Nacho Duato. Raramente si applica questo concetto, in se stesso alquanto elementare, agli studi coreutici, ossia all’analisi scientifica dell’arte coreografica di un determinato creatore di danza, del suo stile particolare o del contesto generale della sua epoca, e questo perché tale arte tesse sulla trama effimera della messinscena il proprio linguaggio di richiami e di invenzioni, che spesso si diluiscono nel tempo in virtù dell’essenza stessa del lavoro creativo della coreografia – la sua immediatezza. Allo stato attuale delle cose, dopo diversi decenni di esperimenti, i supporti meccanici (cinema, video e altro) stanno finalmente cambiando gli strumenti relativi sia alla creazione sia alla conservazione del materiale coreografico. Nacho Duato giunge alla maturità nel secolo XXI. Nella sua carriera, il ballerino e coreografo Nacho Duato ha seguito (e, a dire

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Una delle ultime scene di Romeo e Giulietta, musica di Sergej Prokof’ev, coreografia di Nacho Duato. Teatro Michailovskij, San Pietroburgo stagione 2011-12.

il vero, sta ancora seguendo) il processo di decantazione necessario per conseguire uno stile proprio attraverso un linguaggio ereditato e mutevole. Sta anche trovando parole sue, ovvero elementi coreutici propri che non figurano in alcun dizionario del movimento esistente, e che, ripetendosi, assumono le caratteristiche di elementi di stile e vanno a costituire il suo linguaggio espressivo particolare. Nel corso del XXI secolo, il linguaggio coreografico ha subito una progressiva disarticolazione del suo codice di base, che, negli ultimi anni, è stata definita “decostruzione”, seguendo l’ispirazione del pensiero filosofico “freddo”. Nacho Duato è un coreografo di danza contemporanea, e il suo lavoro si inserisce nel contesto più ampio del movimento moderno. La sua traiettoria è chiaramente definita dal passaggio attraverso diversi stili e modalità della danza moderna e contemporanea, sempre però nell’ambito del balletto. Il percorso personale dell’artista valenciano si è costituito attraverso una serie di rapide e intense esperienze in diverse compagnie e scuole di danza moderna. Di fatto, la sua formazione non può essere definita accademica; si tenga presente che i suoi esordi nella danza, intorno ai 18 anni, si svolgono nelle circostanze particolari di una Spagna priva di una reale tradizione ballettistica, pur non mancando qualche bravo maestro isolato. Nel 1978, dopo una fugace esperienza con il Ballet Nacional Clásico diretto da Víctor Ullate, Duato si lancia all’avventura, negli Stati Uniti e in Inghilterra. A New York segue i corsi della scuola di Alvin Ailey, e a Londra quelli della Rambert School; entrambe segneranno in modo profondo e costruttivo la sua sensibilità coreografica. Successivamente danza una stagione con il Cullberg Ballet di Stoccolma, nel corso della quale il belga Luc Bouy crea la prima coreografia su misura per lui (nella quale era previsto anche un momento di nudo). Il Cullberg Ballet, fondato e diretto da Birgit Cullberg e poi da suo figlio Mats Ek, si è sempre distinto per la grande responsabilità e l’impegno sociale nel lavoro coreografico. Tra Ek e Duato si stabilisce una solida amicizia professionale, che darà i suoi frutti nella Compagnia Nazionale di Danza e influirà sull’evoluzione artistica di Nacho Duato e sulla sua consapevolezza di fronte all’opera coreografica. Dopo il Cullberg, il ventitreenne Nacho Duato passa al Nederlands Dans Theater (NDT), all’Aja, dove, sotto l’egida di Jiˇrí Kylián, prosegue la carriera di ballerino solista e comincia a sviluppare le proprie doti di coreografo. Il suo primo lavoro, Jardí tancat (creato per il NDT2, la compagnia dei giovani), è premiato a Colonia. Duato ha detto in diverse occasioni che “ballerini si nasce, ma la coreografia è una cosa che si scopre dopo, quando qualcuno ti osserva e vede che hai le qualità per provarci”. Kylián lo vide chiaramente, tanto che poi inserì il pezzo, con musica di María del Mar Bonet, nel repertorio del NDT; e così il balletto di un esordiente entrò in cartellone accanto a quelli di William Forsythe o Hans van Manen. In seguito si è visto come lo stile di Nacho Duato sia il risultato di un processo empirico sviluppato e costruito parallelamente alla sua carriera di danzatore nel NDT. È sempre stato un ballerino molto particolare, con un certo senso di indipendenza nel danzare e uno spirito tipicamente ribelle, e questi tratti distintivi si riflettevano nel suo fisico agile, nell’alta statura e nell’aspetto apollineo.

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Kylián creò per lui L’histoire du soldat. Le rivelazioni di quel bel lavoro si ritroveranno nel corso della traiettoria artistica di Duato come un’influenza che all’inizio fu molto letterale, ma poi finì per evolversi fruttuosamente verso l’essenziale. La relazione artistica con Kylián era basata sulla musicalità e sulla fedeltà allo spirito della musica stessa, oltre che su altre particolarità tecniche. Si deve però ricordare che al NDT non c’era soltanto Kylián, e che Nacho Duato danzava anche opere di altri coreografi importanti, come Van Manen o Rudi van Dantzig, fondatori della scuola olandese di danza moderna, benché l’empatia che si era stabilita tra lui e Kylián fosse superiore all’influenza che questi altri creatori possono aver avuto su di lui. Le tappe più rilevanti dell’opera coreografica di Duato si possono più o meno definire così: la terra, l’eclettismo, l’astrazione e l’introspezione psicologica. A questi temi, oggi bisognerebbe aggiungere il suo interesse a creare nuove versioni dei classici (La Bella addormentata, Lo schiaccianoci). Alla prima fase risalgono tre lavori nati dalla stretta collaborazione con la cantante maiorchina Bonet: Jardí tancat, Arenal e Cor perdut. A queste opere solari si aggiunge Sinfonía india, con musica di Carlos Chávez; poi Duato crea Txalaparta, che in un certo senso è un ritorno simbolico a fonti di ispirazione sottilmente vicine alla tradizione, alla terra e a un’evocazione del folklore priva di citazioni esplicite o banali. Segue la fase dell’eclettismo, in cui il coreografo sviluppa un processo di apertura estetica e di orientamento tematico che era già iniziato qualche tempo prima. Synaphai (Iannis Xenakis) e Mediterrania (Jerónimo Maesso, María del Mar Bonet e altri) sono due esempi di questa tappa, in cui tende a creare balletti corali, molto spesso basati su collage musicali. Nel corpus coreografico di Duato, il periodo astratto (sebbene egli non sia mai stato espressamente narrativo, tranne che in Romeo e Giulietta) giunge attraverso la concezione musicale, in cui, con un chiaro passaggio verso la maturità, affronta partiture di grande sostanza, eliminando dalla scena tutto il superfluo. È il caso di quando usa Granados per Remansos o di quando sceglie Bach per la sua grande opera lunga un’intera serata, Arcángelo, che si colloca a metà strada tra l’astrazione musicale e l’introspezione analitica. Infine, Duato ha impresso un’altra svolta alla sua traiettoria con una severa ricerca di interiorizzazione, come testimonia White Darkness, in cui il movimento si fa più denso e oscuro, senza mai smettere di essere intrinsecamente musicale o perlomeno di adattarsi alle ragioni interiori e morali della musica. In questa fase, ormai già lontano dal minimalismo, Nacho Duato ritorna al linguaggio accademico, rivisitato da un punto di vista personale, stilizzato e sintetizzato nella progressione del fraseggio e nella velocità. Molte volte Duato si è occupato del disegno dei costumi, delle luci, della scenografia e di altri dettagli formali dell’allestimento, rivelando il suo profondo interesse a controllare anche i minimi dettagli: è capace di farsi carico sia del contenuto, sia del contenitore. Si potrebbe pensare che siano tutti sforzi di comunicazione, in primo luogo con se stesso, poi con il proprio stile e, infine, con lo spettatore. (Traduzione dallo spagnolo di Arianna Ghilardotti)

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Divertissement della Bella addormentata, nella versione di Nacho Duato. Teatro Michailovskij, San Pietroburgo, dicembre 2012.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Il soggetto

In alto: prologo del balletto di Nacho Duato che ha aperto la stagione scaligera di balletto 2014-15 con Drosselmeyer (Giuseppe Conte) e due marionette della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli. In basso: la festa natalizia in casa Stahlbaum con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.

Atto primo È la vigilia di Natale. Tra poche ore il pendolo batterà i rintocchi della mezzanotte – tempo di magia e di sogni. La nostra storia ha inizio proprio quando l’affettuoso ma misterioso zio Drosselmeyer riunisce tutti i bambini della famiglia per offrire loro i doni natalizi: una bellissima Principessa, un Principe attraente e un malvagio Re dei Topi. Per ultima la sorpresa più originale: un pupazzo Schiaccianoci, che Drosselmeyer affida alla sua figlioccia Clara. La bambina, affascinata dallo Schiaccianoci, coccola e conforta il suo giocattolo preferito. La serata giunge al termine; gli ospiti se ne vanno e la famiglia Stahlbaum si ritira per la notte. Clara, preoccupata per il suo amato Schiaccianoci, ritorna di nascosto all’albero di Natale per controllare che sia ancora lì e si addormenta tenendolo tra le braccia. Quando l’orologio batte la mezzanotte cominciano ad accadere cose strane. I giocattoli intorno all’albero prendono vita, mentre la stanza è invasa da un esercito di topi, guidati dal loro malvagio Re. Lo Schiaccianoci si desta e attacca i topi alla guida del suo esercito di soldatini. Il Re dei Topi viene ucciso e i suoi seguaci fuggono, portandosi via il corpo ormai privo di vita del loro sovrano. Lo Schiaccianoci si trasforma in Principe e conduce Clara verso il Paese della Magia, ove sono accolti da fiocchi di neve danzanti.

Atto secondo I giocattoli del Paese della Magia stanno celebrando la vittoria contro il Re dei Topi, interpretando danze diverse di Paesi di tutto il mondo. Clara e il Principe sono felici. Clara sa che dovrà lasciare questo sogno meraviglioso, ma che lo serberà per sempre nel suo cuore.

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Argument

Premier Acte C’est la veille de Noël. Dans quelques heures la pendule sonnera les douze coups de minuit – le temps de la magie et des rêves. Notre histoire commence juste au moment où l’oncle Drosselmeyer, un homme affectueux mais mystérieux, réunit tous les enfants de la maison pour leur offrir les cadeaux de Noël: une magnifique Princesse, un beau Prince et un méchant Roi des Souris. En dernier il offre le cadeau le plus original à sa filleule Clara: le pantin Casse-Noisette. La petite fille, fascinée, le berce et le réconforte. La soirée touche à sa fin; les invités s’en vont et la famille Stahlbaum se retire pour la nuit. Clara, inquiète pour son Casse-Noisette, retourne secrètement près de l’arbre de Noël pour contrôler s’il est toujours là, puis elle s’endort en le serrant dans ses bras. Lorsque la pendule sonne minuit, des choses étranges commencent à avoir lieu: les jouets au pied de l’arbre s’animent, tandis qu’une armée de souris, conduite par leur méchant Roi, envahit la pièce. Casse-Noisette se réveille et attaque les souris à la tête de son armée de petits soldats de plomb. Le Roi des Souris est tué et toutes les souris s’enfuient, emmenant avec elles le corps désormais sans vie de leur souverain. Casse-Noisette se transforme en prince et conduit Clara vers le Royaume de la Magie, où ils sont accueillis par la danse des flocons de neige.

Deuxième Acte Les jouets du Royaume de la Magie célèbrent la victoire sur le Roi des Souris en interprétant différentes danses de tous les pays du monde. Clara et le Prince sont heureux. Clara sait qu’elle devra abandonner ce rêve merveilleux mais qu’elle en gardera à jamais le souvenir dans son cœur. (Traduzione di Ginevra Viscardi)

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Synopsis

Act I It is Christmas Eve. In just a few hours the clock will strike midnight – the time of magic and dreams. Our story begins as the loving but mysterious uncle Drosselmeyer gathers all the children at the family party to give them Christmas presents: a beautiful Princess, a handsome Prince and a wicked Mouse King. Finally, Drosselmeyer gives the surprise gift, the Nutcracker doll, to his godchild Clara. The girl is fascinated by the Nutcracker, and cuddles and comforts her favorite toy. As the evening grows late, the guests depart and the Stahlbaum family retires for the evening. Clara, worried about her beloved Nutcracker, sneaks back to the tree to check on him, falling asleep with him in her arms. When the clock strikes midnight strange things begin to happen. The toys around the tree come to life while the room fills with an army of mice, led by the wicked Mouse King. The Nutcracker awakens and leads his army of toy soldiers into battle with the mice. The Mouse King is killed and the mice run away, carrying off their leader’s lifeless body. The Nutcracker turns into a Prince and takes Clara on a journey to the Realm of Magic, where they are welcomed by dancing snowflakes.

Act II The toys of the Realm of Magic are celebrating the victory over the Mouse King. They dance different dances from all over the world. Clara and the Prince are happy. Clara knows that she will have to leave this wonderful dream but also that it will stay with her forever.

(Per gentile concessione. Dal programma di sala Lo schiaccianoci, San Pietroburgo, Teatro Michailovskij, dicembre 2013)

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Die Handlung

In alto: Angelo Greco (Lo Schiaccianoci/Principe) e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. In basso i protagonisti dello Schiaccianoci di Nacho Duato, sormontati dal Re dei Topi (Emanuele Cazzato). Stagione 2014-15.

Erster Akt Heiligabend. Nur noch wenige Stunden, bis die Uhr Mitternacht schlägt die Stunde der Wunder und der Träume. Unsere Geschichte beginnt just in dem Moment, als der gutmütige, aber mysteriöse Onkel Drosselmeyer alle Kinder der Familie zusammenruft, um ihnen die Weihnachtsgeschenke zu übergeben: eine wunderschöne Prinzessin, einen gutaussehenden Prinzen und einen bösen Mäusekönig. Zum Schluss die größte Überraschung: eine Nussknacker-Puppe. Drosselmeyer schenkt sie seiner Patentochter Clara. Das Mädchen ist ganz verzaubert von dem Nussknacker und herzt und streichelt die Puppe inständig. Der Abend geht seinem Ende entgegen. Die Gäste gehen und die Familie Stahlbaum zieht sich zur Nachtruhe zurück. Clara macht sich Sorgen um ihren geliebten Nussknacker und stiehlt sich heimlich unter den Weihnachtsbaum, um sich zu vergewissern, dass er noch da ist; mit dem Nussknacker in den Armen schläft sie ein. Als die Uhr Mitternacht schlägt, geschehen merkwürdige Dinge. Die Puppen unter dem Weihnachtsbaum erwachen zum Leben, das Zimmer füllt sich mit einem Heer von Mäusen unter der Führung ihres bösen Königs. Auch der Nussknacker wird munter und greift mit seinem Zinnsoldatenheer die Mäuse an. Der Mäusekönig wird getötet und seine Anhänger fliehen, den leblosen Körper ihres Herrschers nehmen sie mit. Der Nussknacker verwandelt sich in einen Prinzen, der Clara ins Wunderland führt, wo sie von tanzenden Schneeflocken empfangen werden.

Zweiter Akt Die Spielzeugfiguren im Wunderland feiern den Sieg über den Mäusekönig, sie führen Tänze aus verschiedenen Ländern der Welt auf. Clara und der Prinz sind glücklich. Clara ist sich bewusst, dass sie diese wunderbare Traumwelt verlassen muss, aber sie wird sie immer in ihrem Herzen bewahren. (Traduzione di Klaus Ruch)

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Due momenti dello Schiaccianoci del coreografo catalano Nacho Duato con Maria Eichwald (Clara) e Roberto Bolle (Lo Schiaccianoci/ Principe). Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

In alto: Danza spagnola, Atto II dello Schiaccianoci di Nacho Duato; in basso a sinistra: Danza cinese. In basso a destra: Virna Toppi e Antonino Sutera nel grand pas de deux dell'Atto II dello stesso balletto. Nelle immagini della stagione 2014-15 anche il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.

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СЮЖЕТ ИЗЛОЖЕНИЕ

Действие первое Канун Рождества. Через несколько часов наступит полночь, а это время снов и чародейства. Наше повествование начинается в тот момент, когда добрый и загадочный дядюшка Дроссельмейер собирает вокруг себя детей семейства, чтобы вручить им рождественские подарки: прекрасную принцессу, славного принца и злого Мышиного короля. Но самый оригинальный сюрприз он приберёг под конец: это неуклюжий человечек Щелкунчик, которого он дарит своей крестнице Clara. Девочка в восторге от Щелкунчика, гладит его, играет со своей любимой игрушкой. Вечер подходит к концу; гости расходятся, а семейство Штальбаум отправляется на покой. Clara волнуется о своём любимчике Щелкунчике, крадётся под ёлку посмотреть, по-прежнему ли он там и засыпает, нежно обняв его. Бьёт полночь. И тут начинаются чудеса. Игрушки под ёлкой оживают, а комнату заполняют мыши под предводительством злого Мышиного короля. Щелкунчик поднимается и нападает на мышей во главе армии оловянных солдатиков. Мышиный король убит, его легион бежит, унося с собой бездыханное тело своего повелителя. Щелкунчик превращается в принца и увлекает Clara в Волшебную страну. Им навстречу летят танцующие снежинки. Действие второе Игрушки Волшебной страны празднуют победу над Мышиным королём, танцуя танцы разных народов мира. Clara и принц-Щелкунчик счастливы. Clara знает, что скоро покинет этот чудесный сон, но он навсегда останется в её сердце

(Per gentile concessione. Dal programma di sala Lo schiaccianoci, San Pietroburgo, Teatro Michailovskij, dicembre 2013)

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Nel giardino dei fiocchi di neve Michele Porzio

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij

Esiste nello Schiaccianoci una congiunzione di temi e di tinte espressive, dalle inflessioni crepuscolari alla delicata nostalgia per l’infanzia, tale da farne l’opera più compiuta della maturità di Cˇajkovskij e forse il più sfaccettato e poliedrico dei suoi capolavori. Dono precipuo della partitura è il gioco dell’ambiguità e dell’intersecarsi del comico con il malinconico, dell’ingenuo e del fiabesco con una calibrata sapienza formale, e del momento decorativo e apparentemente divagante, con l’essenzialità di scrittura. È stato spesso osservato che queste caratteristiche si devono al vizio d’origine del racconto di Hoffmann, le cui bizzarrie e complicazioni d’intreccio mal si prestavano a una traduzione teatrale, e che la coreografia del balletto rimase, nell’ambito della trilogia, senz’altro quella più travagliata, soggetta a ripensamenti e a nuove versioni che hanno lasciato incerti sulla sua forma originaria; ma queste debolezze, per quanto influiscano sull’esito complessivo della drammaturgia, non hanno potuto inficiare la compiutezza, quasi l’interna perfezione della musica. Se Lo schiaccianoci svetta sulla coeva produzione dell’autore, lo deve alla sua efficacia nell’instaurare un’atmosfera teatrale che resterà peculiare, specifica e irripetibile; quella che Verdi chiamava appunto, con icastica espressione, “la tinta dell’opera”. Tale impronta pervasiva e dominante nello Schiaccianoci balza all’attenzione con felice continuità, a differenza del Lago o della Bella addormentata, dove essa emerge soprattutto nei grandi squarci sinfonici e nei momenti culminanti della trama. Sotto la scorza di un’apparenza nostalgica, l’ultimo balletto di Cˇajkovskij si distingue anche per una nota di modernità che consente di incorporare le componenti mimiche nel flusso più vivo della vicenda; inoltre già si annuncia l’oggettivismo, il distacco dall’espressione viscerale del sentimento – di cui testimonia la netta avversione del compositore per Wagner – che troverà i suoi immediati proseliti in Stravinskij e, nel balletto, in Balanchine. Queste aperture al futuro non implicano che Cˇajkovskij abbia preparato scenari di cui, nella sua visione classicheggiante dell’arte, non era in alcun modo partecipe; è però un dato che emerge dalla partitura con la stessa evidenza che si registra un anno dopo, nel 1893, tra le pieghe del Falstaff verdiano: una sorta di sereno distacco, forse di consapevolezza del tramonto di un mondo ottocentesco in lento declino quanto ai suoi valori e alle sue certezze. Di questa temperie au-

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L’ultima immagine della ripresa televisiva dello Schiaccianoci di Mikhail Baryshnikov con Gelsey Kirkland.

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tunnale, al compositore non premevano i retroscena ideologici e sociali ai quali fu sensibile il Gruppo dei Cinque, tuttavia egli ne colse nell’aria la Stimmung, l’impalpabile riflesso, e proprio per questo la sua rabdomantica sensibilità ne risultò tanto sollecitata. Al di là dell’armoniosa grazia che pervade l’intera partitura, a eternarla nel repertorio anche sinfonico hanno contribuito i suoi lati sfuggenti, la sua riposta magia, l’incantesimo natalizio del bianco, della neve che si stende su ogni cosa con la sua soffice confortevolezza ma anche col gelo dell’inquietudine. Il mondo poetico dello Schiaccianoci è diviso tra la nostalgia per un’infanzia che volge alla fine e l’incertezza per una adolescenziale felicità del cuore, che resta nel vago di una primavera promessa; e un sentimento delicato qual è quello che accompagna questa fase esistenziale lo si evoca non con i modi melodrammatici e intensi che furono della Bohéme, bensì con il ritegno e la politezza formale che ritroviamo, pochi anni dopo, nel Giardino dei ciliegi di Cˇechov. Il drammaturgo e il compositore ebbero modo d’incontrarsi, si stimavano reciprocamente, e intercorse anche un progetto di collaborazione per un’opera lirica; ma c’è di più. Ad accomunarli pare essere, e con più forza nello scorcio conclusivo delle loro vite, se non uno stesso sentimento del mondo, almeno una stessa sensazione delle cose; ovvero, come dichiarò un altro grande figlio della terra russa, il regista Andrej Tarkovskij, l’idea che “la poesia è una sensazione del mondo” – sensazione che in sé è un che di imprecisabile e sfuggente, ma che d’altro canto posa il suo influsso su qualcosa di ben riconoscibile attraverso le varie arti, per l’intima affinità tra gli artisti e le cose di cui si è nutrita la loro vita. Al punto che nello Schiaccianoci la percezione sensoriale dei vari personaggi diventa una protagonista aggiunta, e giustifica il grande risalto dato al timbro degli strumenti, più che coloristico, ormai strutturale: alle soglie di una sensibilità impressionista, fenomenologica – in una parola di un’acutezza dei sensi che è la nostra stessa e del mondo contemporaneo. “Cantore del crepuscolo”, venne riduttivamente soprannominato Cˇechov. Nei riguardi di Cˇajkovskij, si sono perpetuati con ostinazione luoghi comuni che ne hanno colto le doti di magistrale orchestratore e di abile melodista incline a un frivolo sentimentalismo, trascurando però i valori più moderni e problematici del-


la sua arte: un equivoco grave quanto il negare a Stravinskij l’espressione di autentico sentimento, solo per la sua professione di fede nella pura forma musicale. Per contro, il cuore della poetica di Cˇajkovskij è rimasto troppo spesso solo sfiorato proprio per la sua eccessiva vicinanza a un autobiografismo che affonda nella fanciullezza, non solo per un nostalgico ripiegamento, ma in quanto fase esistenziale ineludibile, supremo dei misteri; il presupposto stesso dello Schiaccianoci ricalca la paradossale vicinanza del mondo infantile alla memoria dell’artista adulto, il suo essere certezza di radici, ma anche oscurità di origini. Questo territorio, familiare sì, ma mai davvero esplorato fino in fondo come si conviene a ogni paradiso perduto, ha una mappa ambigua; non ne potremo mai carpire il segreto, ma appunto le sensazioni, i modi di una manifestazione che passa attraverso gli oggetti più che le parole: un linguaggio di oggetti (non più) quotidiani che rivivrà in L’enfant et les sortilèges di Ravel e che lascia spiare, di soppiatto, qualcosa di noi stessi. Ed è la smarrita sincerità di accenti di una simile poetica a richiedere per contrasto, fin dalle prime note del balletto, la veste della stilizzazione più elegante e compassata: la Ouverture-miniature è una pagina di gusto neo-settecentesco, che riprende la trama aerea della Marche militaire facente parte della Suite n. 1 per orchestra, scritta da Cˇajkovskij nel 1879 come momentanea pausa dalle complessità della musica sinfonica. Tale desiderio di leggerezza, che riecheggia Haydn e riemerge nella Sinfonia classica di Prokof’ev, pervade la sezione centrale della Prima scena del balletto, marcata scherzando: una fioritura che i fiati si palleggiano tra clarinetto, fagotto e flauto. Nella Seconda scena, la Marcia è tutta giocata, con plastica economia di mezzi, tra il tema caricaturale dato alle trombe e le risposte degli archi in pizzicato. La Terza scena, tripartita, si snoda tra il galop dei bambini, un Minuetto in stile francese arcaizzante, e l’Allegro che accompagna l’entrata degli adulti, introducendo un motivo popolare francese, Bon voyage, cher Dumollet; fin qui la tensione drammatica resta al minimo perché meglio risalti l’ingresso di Drosselmeyer nella scena successiva. Alla richiesta di Petipa, che desiderava per il perturbante personaggio una musica “orrida, e poi comica”, il compositore risponde infrangendo subito i colori della sua tavolozza armonica in dialoghi ansimanti e sospesi tra archi e ottoni: con un tocco da melodramma serio, la gravità del momento richiede gli accenti spezzati di un recitativo accompagnato; e se oltre allo schiaccianoci l’ambiguo personaggio reca con sé anche dei doni in apparenza innocui, la danza del soldatino meccanico è un concitato Presto in la maggiore che lascia intravedere la battaglia dei soldati e dei topi quale si svilupperà nella notte. Prima, però, gli invitati devono congedarsi dai loro ospiti, e lo fanno a tempo di Grossvatertanz, una melodia popolare tedesca chiamata anche “danza dei saluti”, poiché era il segnale che indicava il momento della partenza. Schumann se ne servì sia alla fine del Carnaval sia di Papillons per stigmatizzare con l’ironia il pomposo conformismo dei nati vecchi, dei perpetui borghesi dell’arte e della vita; fatte le debite proporzioni, qui l’allusione ha un senso analogo. Al termine della celebrazione convenzionale della festa, anche la musica ha uno scatto di passionalità, nella descrizione della surreale crescita dell’albero natalizio e in quella della battaglia; nel tumulto di una tensione che da giocosa si fa sempre più fosca, il gesto di

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Claudio Coviello (Lo Schiaccianoci/ Principe) e Nicoletta Manni (Clara) nello Schiaccianoci di Nacho Duato al Teatro alla Scala, stagione 2014-15.

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63 Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


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Immagine di Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij in un manifesto del New York City Ballet.

Clara, che scagliando la pantofola contro il re dei topi decide le sorti dello scontro, ha un effetto catartico. Dalla livida tonalità di la minore tutto si decanta nel limpido do maggiore che accompagna Clara e lo Schiaccianoci attraverso una foresta di pini: una melodia espansiva, di pienezza sin qui inaudita, sostenuta dagli archi e accompagnata riccamente dalle arpe, vale a mostrare quanto profondo sia il mutamento intervenuto in lei. Dal punto di vista della musica e del sentimento, l’autentico idillio del pas de deux cade non nel secondo Atto, tra il Principe Azzurro e la Fata Confetto, ma in questo punto, che celebra il risveglio di una matura identità nella fanciulla; il Valzer dei Fiocchi di neve ne è il compiuto suggello. I fiocchi turbinano trascinati dalle svelte cadenze di una cellula ritmica binaria, scelta alquanto inusuale per la sempiterna scansione ternaria di questo ballo, cui si aggiunge, trovata ancora più insolita, il coro a bocca chiusa per voci bianche: mai prima d’ora un coro era intervenuto in una rappresentazione ballettistica. La ricerca della felicità così evocata, tuttavia, non è solo quella di chi si incammina verso un’esistenza futura. Qualcosa si cristallizza in una sospensione fuori del tempo, non dissimile da quella che turba l’animo della protagonista del Giardino dei ciliegi: una donna matura che insegue il miraggio della propria infanzia e cerca di dimenticare, nel ritorno dopo molti anni alla casa natale, le sofferenze di una vita coniugale infelice. Il giardino è tutto bianco. E questo viale che va dritto, come un nastro d’argento, e splende nelle notti di luna. [...] O infanzia, innocenza mia! In questa stanza io dormivo, guardavo di qui il giardino, la felicità si svegliava con me tutte le mattine, e allora era proprio come adesso, niente è cambiato. Tutto bianco, che candore! [...] Se potessi togliermi di mezzo questa pietra pesante, se potessi dimenticare il mio passato!

Il secondo Atto dello Schiaccianoci è il momento celebrativo di una simile evasione nell’irreale, e il sogno di Clara si accompagna a una musica di felicità inventiva completa e sempre più disinvolta. Libero da preoccupazioni drammaturgiche, Cˇajkovskij sbriglia l’orchestra in un crescendo di suadenti finezze timbriche fino al culmine, l’impiego solistico della celesta nella Variazione della Fata Confetto. Ogni numero si lascia ammirare per la capacità evocativa, ottenuta con una economia di mezzi direttamente proporzionale alla riuscita. Il mondo della Fata Confetto balza vivido agli occhi, tratteggiato com’è con i colori pastello e l’effetto “frullato” di flauti, arpe, suoni armonici dei violini e tocchi di piatti; nel divertissement le alternanze solistiche di un unico strumento a fiato bastano a dare l’illusione di cambiare continente: la tromba della danza spagnola, il clarinetto in quella araba, il flauto della cinese. Ma anche il secondo Atto non può indugiare oltre misura, deve avviarsi a un culmine e soddisfare le aspettative del pubblico con il pas de deux che è mancato nel primo, e a prepararlo contribuisce il dinamismo vellutato del Valzer dei fiori, con la sua conclusione in più che fortissimo. Il pas de deux della Fata Confetto e del Principe Azzurro ha il compito di mostrare a Clara l’armonia di sentimenti che ella, per la sua età, può solo intravedere a

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“Forse in cielo la musica non ci sarà” Sulla fine del compositore, a quanto sembra vittima dell’epidemia di colera che imperversava a San Pietroburgo nell’autunno 1893, si sono confrontate nel tempo ipotesi discordanti. Talora se ne sono attribuite le responsabilità non alla terribile malattia, ma a una voluta imprudenza di Cˇajkovskij, che avrebbe bevuto un fatale bicchiere di acqua non bollita, contraendo di proposito il

morbo, così da suicidarsi per solitudine e stanchezza di vivere; in tempi recenti, la studiosa Aleksandra Orlova, seguita da David Brown, ha invece ipotizzato, sulla scorta di nuovi documenti d’archivio e testimonianze, un suicidio per avvelenamento, impostogli da un gruppo di influenti amici per evitare lo scoppio di uno scandalo legato alla sua vita sentimentale omosessuale, che minacciava di travolgere anch’essi. Probabilmente la verità documentale e storica non si saprà mai; forse possediamo qualcosa di quella poetica ed esistenziale. Nelle fotografie, il cinquantatreenne Cˇajkovskij appare come un uomo precocemente invecchiato, che confessava di avvertire “una sorta di stanchezza di vivere”. Questo desiderio di farla finita – già ci aveva provato, molti anni prima, gettandosi nelle acque gelide della Moscova, in preda alla disperazione per il suo fallito matrimonio – è cosa certa, come lo è che la sua musica sappia instillare una fiducia nella vita superiore a quella che riuscì ad avere il suo autore, altrimenti egli non avrebbe potuto osservare che “solo la musica illumina, rasserena e consola. Non è solo un fragile supporto a cui aggrapparsi: è un’amica fidata che protegge e conforta, e solo grazie ad essa vale la pena di vivere in questo mondo. Forse in cielo la musica non ci sarà. Perciò restiamo su questa terra finché la vita ce lo consente”. M. P.

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij

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distanza; Petipa raccomandò al compositore, a questo fine, che il pezzo risultasse “di effetto colossale”. Ma per Cˇajkovskij vastità d’effetto fa rima con tragicità, con possanza patetica; ed egli scrive – come per l’involontario scatto di un riflesso interiore – uno dei passi più ambivalenti del suo teatro. Non deve perciò stupire l’affinità che il tema del pas de deux presenta con i cosiddetti “temi di morte” della Quinta Sinfonia e ancor più della Patetica, il più cantabile dei quali è, come questo, costruito su una sconsolata scala discendente; e l’eventualità di un capovolgimento dell’affetto che sarebbe dovuto essere predominante, suffragata dall’andamento delle due Variazioni successive. Laddove il Principe si congeda con una frettolosa Tarantella, alla Fata Confetto è elargito per la sua Variazione un dono memorabile, nientemeno che un nuovo strumento musicale. Fu l’esito della scoperta della celesta da parte del compositore, nel corso di un suo soggiorno parigino; lo strumento, da poco realizzato da Auguste Mustel, che lo brevettarono nel 1886, godette del favore di compositori francesi quali Delibes e Charpentier, e di un certo seguito nel Novecento grazie al nostro Casella, nonché a Stravinskij e a Bartók. Primo a servirsene in Russia – non senza il timore, manifestato in una lettera, che Rimskij-Korsakov gli rubasse l’idea –, Cˇajkovskij affidò al neonato strumento a tastiera il compito, poeticamente cruciale, di stabilire un ponte con il Valzer dei Fiocchi di neve. Uguale nei due pezzi è la tonalità di mi minore, il colorito tragico che intride il primo movimento della Quinta Sinfonia; parallelo il carattere del tema, giocato su una progressione cromatica discendente che si ripete come un meditativo basso di ciaccona eseguito a velocità accelerata; non dissimile l’effetto onomatopeico desiderato dal coreografo, che scrisse al compositore: Variazione II. Per ballerina. Un 2/4 staccato, 32 battute in cui si possono sentire anche le gocce d’acqua delle fontane, poi finire con 24 battute molto accelerate.

Cˇajkovskij rispetta le consegne, anche se le proporzioni vengono un poco dilatate, e le 32 più 24 diventano 52 di Andante più 32 di Presto. La puntualità delle corrispondenze tra i due brani lascia supporre che, se nella luce obliqua del pas de deux l’autore adombra se stesso e il suo travaglio esistenziale, nella Variazione egli riconosce non la Fata Confetto, ma Clara. In un certo senso la celesta è il suo regalo, da aggiungere a quelli di Drosselmeyer; e nella scansione immutabile e leggiadra di quei fiocchi di neve, nel tintinnio di quelle gocce d’acqua, è difficile dire quante cose si possano scorgere. Clara non pare più una persona, ma una sensazione: forse l’essenza, la dissolvenza accelerata nella memoria di tutto ciò che il compositore ha amato. O forse si può lasciare se non la risposta, l’ultima parola a Cˇechov: Ma sono proprio io, questa, che sta seduta qui? (Ride) Ho voglia di saltare, ballare, gesticolare… non so che farei… (Si copre il viso con le mani) Forse sto sognando! Dio sa come amo la mia terra, l’amo teneramente, e durante il viaggio che mi riportava in Russia, non ho potuto guardarla un momento dal finestrino del treno: piangevo continuamente! (Ha le lacrime agli occhi) È troppa, per me, questa felicità, è troppa... prendetemi in giro, lo so, faccio ridere...

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Lo schiaccianoci di Nacho Duato, Teatro alla Scala, stagione 2014-15. Due momenti dell'Atto I. L'ingresso dei Topi (Corpo di Ballo del Teatro alla Scala) e del loro Re (Emanuele Cazzato), sullo sfondo Nicoletta Manni (Clara). Nella pagina accanto: Nicoletta Manni (Clara) e Claudio Coviello (Lo Schiaccianoci/Principe) sullo sfondo dei Fiocchi di neve. 68


“Sono cresciuto nelle foreste” di deplorevole”. Non si può escludere che proprio nel balletto, nella sua calda vena melodica e nella spigliatezza dei suoi ritmi, Cˇajkovskij trovasse le tracce di quello spirito nazionale russo, di cui la sua musica solo in apparenza si preoccupava poco. “Per quanto riguarda l’elemento russo”, scrisse infatti alla sua mecenate Nadezˇda von Meck, “questa esiste perché sono cresciuto nelle foreste, e dalla più tenera infanzia mi sono impregnato dell’indescrivibile bellezza dei tratti caratteristici della musica popolare russa, e ne ho amato appassionatamente tutte le manifestazioni.” M. P.

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

L’amore di Cˇajkovskij per la danza fu perpetuo e incondizionato, e si estese da un capo all’altro della sua vita. In una lettera al compositore Sergej Taneev, che aveva affermato di trovare un certo sapore di musica per balletto nella sua Quarta Sinfonia, rispose sdegnato: “Con ‘musica per balletto’ intendete forse qualsiasi musica vivace dal carattere di danza? Ma se così fosse non potreste neppure accettare la maggior parte delle sinfonie di Beethoven, in cui tali melodie si trovano a profusione. State cercando di dirmi che il trio del mio Scherzo è scritto nello stile di Minkus, Gerber e Pugni? Mi sembra ingiusto. Non riesco affatto a capire come l’espressione musica per balletto possa rappresentare qualcosa

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“Ronza, ronza...�. Il Pendolino, immagine di Emanuele Luzzati.

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Apoteosi a rovescio Stretto tra il pas de deux e l’Apoteosi, il Valzer Finale gode senza dubbio di minore popolarità rispetto ai celeberrimi Valzer dei Fiori e dei Fiocchi di neve. Non pare però essere sua la colpa, quanto della posizione defilata in cui è collocato. Se lo confrontiamo con altri due celebri Valzer, quello di apertura nel Lago dei cigni e quello che cade nel primo Atto della Bella addormentata, ci accorgiamo che lo spunto melodico e lo slancio iniziale non sono molto diversi; ma si direbbe che un Valzer, per fare al meglio la sua figura, debba aprire una rappresentazione teatrale con la sua

vitalità, piuttosto che chiuderla – valga per tutti l’esempio della Traviata. Stranamente, in posizione finale il Valzer cambia fisionomia, e addensa su di sé il rimpianto di misteriose felicità perdute. Anche Cˇajkovskij sembra essersene accorto, tanto da scegliere, per la musica della successiva Apoteosi, nient’altro che una ripresa della scena iniziale del secondo Atto, l’Andante che introduceva al Regno dei Dolci e della Fata Confetto. M. P.

Franz Wolf. La sala da ballo nel vecchio Eliseo a Vienna, litografia, Vienna, Historisches Museum der Stadt.

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Nives Poli nello Schiaccianoci di Margherita Froman, 1938.

In alto: Nives Poli (Clara) con Carletto Thieben (Padrino Drosselmeyer) nello stesso Schiaccianoci del 1938 al Teatro alla Scala. A sinistra: il coreografo Alfred Rodriguez.

Bozzetto di James Bailey per l’Atto I dello Schiaccianoci di Alfred Rodriguez al Teatro alla Scala nel dicembre 1956.

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Lo schiaccianoci alla Scala dal 1938 al 2014 Marinella Guatterini

1938 Più sfortunato degli altri due balletti del grande trittico cˇajkovskiano, Lo schiaccianoci dovette attendere il 1938 per venire rappresentato alla Scala, per di più, scrive lo storico Luigi Rossi, in versione ridotta. Chi lo allestì fu la coreografa russa Margareta Petrovna Froman, già prima ballerina del Teatro Bol’šoj di Mosca e poi di Sergej Djagilev. Ne furono interpreti le più note personalità scaligere del tempo: Olga Amati, Nives Poli, Elide Bonagiunta, Dino Cavallo e Ermanno Savaré. 1952 Nell’agosto 1952, all’Arena Sociale di Como, si presentò la coppia formata da Tamara Toumanova e Ugo Dell’Ara, interpretando il solo pas de deux del secondo Atto ma con l’Orchestra scaligera e sotto l’egida del Teatro. 1956 Finalmente, il 31 dicembre 1956, la splendida creazione di Cˇajkovskij fu integralmente rappresentata – scrive ancora Rossi – con la direzione musicale di Luciano Rosada e per la coreografia del sudafricano Alfred Rodriguez. Grande protagonista Margot Fonteyn (la ripresa del suo ruolo toccò a Gilda Majocchi e poi a Carla Fracci), affiancata da Michael Somes, suo abituale partner al Royal Ballet. Molto apprezzate le scene e i costumi di James Bailey. 1968 Il 17 settembre 1968 Rudolf Nureyev propose accanto a Merle Park, principal del Royal Ballet, il solo pas de deux del secondo Atto. Il grande ballerino, che nel 1962 aveva allestito, proprio al Covent Garden e per la principale compagnia londinese, la sua versione del classico di Cˇajkovskij, ne allestì, il 14 dicembre, lo stesso pas de deux. 1969 La data di riferimento della versione dello Schiaccianoci in assoluto più rappresentata al Teatro alla Scala è il 18 settembre 1969, allorché la coreografia intera di Nureyev fece il suo ingresso nel repertorio scaligero, con le scene e i costumi di Nicholas Georgiadis. Nel doppio ruolo di Drosselmeyer e del Principe, primo segnale di questo balletto dai tratti psicologici molto evidenti, lo stesso Nureyev si affiancò a due star della compagnia scaligera: Liliana Cosi e Vera Colombo. 1970 Il 6 febbraio 1970 Drosselmeyer/Il Principe venne interpretato da Mario Pistoni, sempre accanto a Colombo e Cosi. Ma nello stesso anno, dal 5 ottobre e per quattro recite, fu accolto alla Scala il Balletto del Teatro Bol’šoj con la co-

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reografia e regia di Jurij Grigorovicˇ: nel ruolo di Maša si alternarono Natalia Bessmertnova e Ekaterina Maksimova, mentre in quello di Schiaccianoci/Principe, in una versione affatto diversa da quella di Nureyev, si affacciarono Mikhail Lavrovskij e Vladimir Vasil’ev. 1971 Il 2 settembre 1971 tornò in campo la versione di Nureyev, con lo stesso ballerino protagonista in alternanza a Pistoni, mentre nel cast femminile il primo nome fu Carla Fracci, seguito da quello di Cosi e Colombo. La coppia Fracci-Nureyev si consolidò e creò entusiasmo nel pubblico. 1973 Il 12 gennaio 1973 il balletto, sempre di Nureyev, comparve in versione ridotta al solo secondo Atto. Nella Danza araba un nome che tutti ricordano: Luciana Savignano.

Margot Fonteyn (la Fata degli zuccherini) nello Schiaccianoci nella versione di Alfred Rodriguez, Teatro alla Scala, stagione 1956-57.

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1977, 1980, 1987, 1990, 1992, 1993, 1994 Ecco le ulteriori date, spesso con doppi appuntamenti in una stessa stagione, dello Schiaccianoci di Nureyev. Nei ruoli protagonisti si alternarono lo stesso ballerinocoreografo, David Wall e Marinel Stefanescu con Merle Park e Liliana Cosi (1977), poi ancora “il tartaro volante” e Davide Bombana con Anna Razzi, Oriella Dorella ed Evelyn Desutter (1980). Nel cast del 1987 comparvero Charles Jude, Serge Lavoie e ancora Nureyev accanto ad Anita Magyari, Isabel Seabra e alla Desutter, ballerina prediletta da Nureyev nel ruolo di Clara. Nel 1990 debuttarono l’aitante Zoltán Solymosi e Andrei Fedotov accanto alla sola Isabel Seabra, cui si affiancò, nel dicembre, anche Elisabetta Armiato. Sul podio di questi anni si alternarono intanto Michel Sasson e Armando Gatto. Con la scomparsa del grande ballerino, la corsa scaligera dello Schiaccianoci non si arrestò e le star chiamate a danzarlo furono, nel 1992, Maximiliano Guerra e Raymondo Rebeck (accanto a Seabra e Magyari). A Guerra si aggiunse, nel dicembre dello stesso anno, ancora Solymosi, ma anche Laurent Hilaire e per la prima volta la futura étoile scaligera Massimo Murru. Nel comparto femminile spiccavano anche Elisabeth Maurin e Gilda Gelati. Nel 1993 tornarono i protagonisti già accreditati, mentre l’anno successivo vide in prima linea, e qui al debutto, José Manuel Carreño e, oltre a Murru, lo scaligero Alessandro Grillo, mentre Sophie


Sarrote si affiancò a Magyari e Seabra, vere titolari di lungo corso della coreografia.

Foto Erio Piccagliani

2000 Il 17 dicembre 2000 si cambiò registro con l’entrata in repertorio della coreografia di Ronald Hynd, per la quale si scelsero décor e costumi di Roberta Guidi di Bagno; sul podio salì David Garforth, un esperto direttore per il balletto. Tutto cambiava: Karl, il Principe è Roberto Bolle, seguito nelle recite da Massimo Murru e Alessandro Grillo; Louise, la protagonista, ebbe tre volti: quelli di Sabrina Brazzo, Marta Romagna e Deborah Gismondi. Il balletto però ottenne scarso successo di critica, se non anche di pubblico, e due anni dopo si ritornò a Nureyev.

Carla Fracci (la Fata degli Zuccherini), 1956.

2002 Il 17 dicembre 2002 ecco Bolle, Grillo, Guerra e la new entry Mick Zeni nel duplice e ambiguo ruolo di Drosselmeyer/Il Principe, mentre nei panni di Clara, per corroborare l’amatissima coreografia di Nureyev, si calarono, oltre a Seabra, Magyari, Brazzo, anche Mary Garritano e, per la prima volta, Lisa-Maree Cullum.

2004 Il 15 dicembre 2004 debuttò nel ruolo di Clara la bionda e fascinosa Eleonora Abbagnato, che danzò assieme a Roberto Bolle; gli altri interpreti principali maschili furono Maximiliano Guerra, Massimo Murru, Mick Zeni, accanto a Sophie Sarrote e Sabrina Brazzo. 2006 Il 16 dicembre 2006, Kevin Rhodes dirisse Lo schiaccianoci della stagione 2006-2007, ancora sotto l’egida dell’inossidabile coreografia di Nureyev. Alla prima di molte recite, Roberto Bolle e Lisa-Maree Cullum. 2014 La sera del 18 dicembre entra nel repertorio scaligero un nuovo Schiaccianoci, quello di Nacho Duato. Il coreografo di Valencia, ora di stanza allo Staatsballett di Berlino, lo creò a San Pietroburgo per il Balletto del Teatro Michajlovskij. Nell'allestimento scaligero nulla è cambiato, dall’incipit con voce recitante e burattini, ai topi in costumi da aviatori, alla sostituzione della neve con un parco di stelle. Nulla, tranne gli interpreti capeggiati, alla prima, dalla delicata Maria Eichwald e da Roberto Bolle.

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Cronologia 19 FEBBRAIO 1938 14 rappresentazioni (repliche: 22, 27 febbraio; 1, 3, 5, 6, 9, 19, 26 marzo; 16, 20, 24, 26 aprile) Coreografa Margherita Froman – Maestro Concertatore e Direttore Dagoberto Polzinetti – Scene su Bozzetti di Aleksandr Benois – Scene dipinte da Camillo Parravicini – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti I QUADRO: Clara Wanda Clerici – Fritz – Schiaccianoci Olga Amati II e III QUADRO: Clara Nives Poli – Schiaccianoci Pier Luigi Marzoni – Padrino Drosselmeyer Carletto Thieben – Ermanno Savaré

19 AGOSTO 19521 3 rappresentazioni (repliche: 20, 24 agosto) Coreografia tratta da Lev Ivanov – Maestro Direttore Geo Giussani – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Tamara Toumanova – Ugo Dell’Ara

31 DICEMBRE 1956 12 rappresentazioni (repliche: 3, 6, 7, 19, 202, 303 gennaio; 2, 24 febbraio; 9, 174 marzo; 6 aprile 1957) Coreografia Alfred Rodriguez – Maestro Direttore Luciano Rosada – Scene e Costumi James Bailey – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti La Fata degli Zuccherini Margot Fonteyn / Gilda Malocchi / Carla Fracci – Il Cavaliere della Fata degli Zuccherini Michael Somes / Giulio Perugini – Il Principe Schiaccianoci Luciano Peschini – Il Presidente Aldo Santambrogio – La Moglie del Presidente Dora Ricci – Clara Barbara Geroldi – Luisa Fiorella Cova / Gianna Ricci – Fritz Roberto Luongo – Il Nonno Ermanno Savaré – Drosselmeyer Gino Pessina – La Nutrice Gianna Ryke – Soldato Giancarlo Morganti – Colombina Angela Ravani – Arlecchino Amedeo Amodio – La Fata della Neve Vera Colombo – Il Principe della Neve Mario Pistoni – Il Re dei Topolini Walter Marconi

17 SETTEMBRE 19685 5 rappresentazioni (repliche: 18, 19, 20 settembre; 1 ottobre) Coreografia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Costumi Nicholas Georgiadis – Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Merle Park – Rudolf Nureyev

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14 DICEMBRE 19686 4 rappresentazioni (repliche: 23 dicembre 1968; 31 gennaio; 28 febbraio 1969) Coreografia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Luciano Rosada – Costumi Nicholas Georgiadis – Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Merle Park – Rudolf Nureyev

18 SETTEMBRE 1969 4 rappresentazioni (repliche: 19, 20, 22 settembre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Paolo Peloso – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Il Dottor Stahlbaum Aldo Santambrogio – La Signora Stahlbaum Anna Maria Prina – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Rudolf Nureyev – Clara Liliana Cosi / Vera Colombo – Fritz Paolo Podini – Luisa Fiorella Cova – La Nonna Dora Ricci – Il Nonno Gabriele Tenneriello – Due Zie Piera Sacchi – Mariangela Tognetta – Lo Schiaccianoci Giancarlo Morganti – Il Re Topo Edoardo Colacrai

6 FEBBRAIO 1970 9 rappresentazioni (repliche: 9, 13, 14, 16, 19, 22, 26 febbraio; 1 marzo) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Paolo Peloso – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Collaborazione alle Scene e Costumi Martin Kamer – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Il Dottor Stahlbaum Aldo Santambrogio – La Signora Stahlbaum Mara Cavagnini – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Mario Pistoni – Clara Vera Colombo / Liliana Cosi – Fritz Paolo Podini – Luisa Fiorella Cova – La Nonna Dora Ricci – Il Nonno Gabriele Tenneriello – Due Zie Piera Sacchi – Mariangela Tognetta – Lo Schiaccianoci Giancarlo Morganti – Il Re Topo Edoardo Colacrai

5 OTTOBRE 19707 4 rappresentazioni (repliche: 6, 8, 9 ottobre) Coreografia e Regia Jurij Grigorovicˇ – Direttore d’Orchestra Alghis Zhiurajtis – Scene e Costumi Simon Virsaladze – Corpo di Ballo del Teatro Bol’šoj di Mosca – Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Mascia Natalia Bessmiertnova / Ekaterina Maksimova – Schiaccianoci / Principe Mikhail Lavrovskij / Vladimir Vasiliev – Schiaccianoci / Pupazzo Alla Žerbinina – Il Burattinaio / Padrino di Mascia Vladimir Levac´ev – I Genitori di Mascia Elena Vanke – Aleksandr Lavreniuk – Il Fratello di Mascia Ljubov Serova – Il Re Topo Sergej Radcˇenko – Arlecchino Vladimir Košelev – Colombina Tatiana Popko – La Diavolessa Nadiezhda Krylova – Il Diavolo Evgenij Zernov


2 SETTEMBRE 1971 7 rappresentazioni (repliche: 3, 6, 9, 15, 18, 20 settembre) Coreografia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Paolo Peloso – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Il Dottor Stahlbaum Aldo Santambrogio – La Signora Stahlbaum Anna Maria Prina – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Rudolf Nureyev / Mario Pistoni – Clara Carla Fracci / Liliana Cosi / Vera Colombo – Fritz Paolo Podini – Luisa Fiorella Cova – La Nonna Dora Ricci – Il Nonno Gabriele Tenneriello – Lo Schiaccianoci Giancarlo Morganti – Il Re Topo Edoardo Colacrai / Walter Venditti

12 GENNAIO 1973 9 rappresentazioni (repliche: 27, 30 gennaio; 4 febbraio; 3, 16, 18, 24 marzo; 1 aprile) Coreografia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Enrico De Mori – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Interpreti Pas de Deux Liliana Cosi / Christiane Vlassi / Vera Colombo – Attilio Labis / Mario Pistoni / Peter Breuer – Danza Spagnola Fiorella Cova – Luigi Sironi – Danza Araba Luciana Savignano / Enrica Guarnerio – Carmine Teti – Danza Russa Aida Accolla – Alfredo Caporilli – Danza Cinese Dario Brigo / Paolo Podini – Gildo Cassani – Luigi Sironi – Danza Pastorale Anna Razzi – Rosalia Kovacs – Bruno Vescovo

8 GENNAIO 1977 8 rappresentazioni (repliche: 9, 11, 12 gennaio; 9, 12, 15, 20 febbraio) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Ashley Lawrence / Enrico De Mori – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala8 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Antonio Greco – La Signora Stahlbaum Mariella Pavesi – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Rudolf Nureyev / David Wall / Marinel Stefanescu – Clara Merle Park / Liliana Cosi – Fritz Paolo Podini – Luisa Aida Accolla – La Nonna Ivonne Ravelli – Il Nonno Gabriele Tenneriello – Lo Schiaccianoci Giancarlo Morganti – Il Re Topo Edoardo Colacrai

17 GENNAIO 1980 9 rappresentazioni (repliche: 18, 19, 20, 23, 26, 27, 30, 31 gennaio) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Direttore d’Orchestra Enrico De Mori – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala9 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Antonio Greco / Tanj Ferrante – La Signora Stahlbaum Mariella Pavesi / Franca Merla – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Rudolf Nureyev / Davide Bombana – Clara Anna Razzi / Oriella Dorella / Evelyne Desutter – Fritz Paolo Podini / Luigi Sironi / Davide Bombana – Luisa Mara Cavagnini / Barbara Geroldi – La Nonna Giovanna Lisa / Antonietta Cozzi – Il Nonno Gabriele Tenneriello – Lo Schiaccianoci Luigi Sironi – Il Re Topo Nedo Zingoni / Edoardo Colacrai

14 OTTOBRE 1987 4 rappresentazioni (repliche: 15, 16, 17 ottobre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra Michel Sasson – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo del Teatro alla Scala 10 – Orchestra London National Philharmonic Orchestra Interpreti Il Dottor Stahlbaum Angelo Moretto – La Signora Stahlbaum Vittoria Minucci – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Rudolf Nureyev / Serge Lavoie – Clara Evelyne Desutter / Anita Magyari / Isabel Seabra – Fritz Biagio Tambone – Luisa Bruna Radice – La Nonna Barbara Geroldi – Il Nonno Paolo Podini – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo – Il Re Topo Sebastiano Coppa

16 DICEMBRE 1987 10 rappresentazioni (repliche: 18, 20, 31 dicembre; 3, pomeriggio e sera, 5, 6, 10, pomeriggio e sera, gennaio 1988) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Realizzazione Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra Michel Sasson – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala11 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Tiziano Mietto / Angelo Moretto – La Signora Stahlbaum Vittoria Minacci / Enrica Guarnerio – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Charles Jude / Serge Lavoie / Rudolf Nureyev – Clara Anita Magyari / Isabel Seabra / Evelyne Desutter – Fritz Biagio Tambone / Camillo Di Pompo – Luisa Bruna Radice / Vera Karpenko – La Nonna Barbara Geroldi – Il Nonno Paolo Podini / Rosario Picco – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo / Vittorio D’Amato – Il Re Topo Sebastiano Coppa

3 NOVEMBRE 1990 4 rappresentazioni (repliche: 4, 6, 7 novembre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala12 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Tiziano Mietto – La Signora Stahlbaum Ornella Costalonga – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Zoltan Solymosi / Andrei Fedotov – Clara Isabel Seabra – Fritz Michele Villanova / Biagio Tambone – Luisa Bruna Radice / Vera Karpenko – La Nonna Marinella Carimati – Il Nonno Paolo Podini – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo – Il Re Topo Sebastiano Coppa

14 DICEMBRE 1990 9 rappresentazioni (repliche: 15, 19, 21, pomeriggio e sera, 29, 30 dicembre; 2, 6 gennaio 1991) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala13 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Tiziano Mietto – La Signora Stahlbaum Ornella Costalonga / Paola Maccaferri / Vera Karpenko – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Zoltan Solymosi / Andrei Fedotov – Clara Isabel Seabra / Elisabetta Armiato – Fritz Biagio Tambone / Vittorio D’Amato / Michele Villanova – Luisa Bruna Radice / Loredana Mapelli – La Nonna Marinella Carimati – Il Nonno Paolo Podini / Rosario Picco – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo – Il Re Topo Sebastiano Coppa

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24 OTTOBRE 1992

14 DICEMBRE 1994

4 rappresentazioni (repliche: 29, 30, 31 ottobre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Gudrun Leben – Concertatore e Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala14 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Giuseppe Arena / Nedo Zingoni – La Signora Stahlbaum Ornella Costalonga / Vera Karpenko – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Maximiliano Guerra / Raymondo Rebeck – Clara Isabel Seabra / Anita Magyari – Fritz Biagio Tambone / Vittorio D’Amato – Luisa Bruna Radice / Loredana Mapelli – La Nonna Marinella Carimati – Il Nonno Paolo Podini / Rosario Picco – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo – Il Re Topo Domenico Di Bisceglie / Sebastiano Coppa

12 DICEMBRE 1992

17 DICEMBRE 2000

13 rappresentazioni (repliche: 16, 18, pomeriggio e sera, 20, 23, pomeriggio e sera, 30, 31 dicembre; 2, 3, 8, pomeriggio e sera15, 13 gennaio 1993) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Gudrun Leben – Concertatore e Direttore d’Orchestra Vladimir Fedoseyev / Alexander Vedernikov – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala16 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Giuseppe Arena / Nedo Zingoni – La Signora Stahlbaum Vera Karpenko / Ornella Costalonga / Paola Maccaferri – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Zoltan Solymosi / Maximiliano Guerra / Laurent Hilaire / Massimo Murru – Clara Anita Magyari / Isabel Seabra / Elisabeth Maurin / Gilda Gelati – Fritz Michele Villanova / Biagio Tambone / Vittorio D’Amato / Massimiliano Volpini – Luisa Bruna Radice / Silvia Scrivano / Loredana Mapelli – La Nonna Marinella Carimati – Il Nonno Paolo Podini / Rosario Picco – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo / Luigi Saruggia – Il Re Topo Domenico Di Bisceglie / Sebastiano Coppa

14 DICEMBRE 1993

7 rappresentazioni (repliche: 21, 29, 31 dicembre; 18, 24, pomeriggio e sera, gennaio 2001) Coreografia Ronald Hynd – Assistente alla Coregrafia Marilyn Vella-Gatt – Concertatore e Direttore d’Orchestra David Garforth – Scene e Costumi Roberta Guidi di Bagno – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala22 Interpreti Louise Sabrina Brazzo / Marta Romagna / Deborah Gismondi – Clara Brigida Bossoni / Silvia Scrivano / Adeline Souletie – La Madre Elisabetta Armiato / Flavia Vallone – Il Padre Danilo Tapiletti / Stefano Benedini – Lotte Laura Costa / Roberta Nebulone – Drosselmayer Biagio Tambone / Fancisco Sedeño – Karl Roberto Bolle / Massimo Murru / Alessandro Grillo – Hermann / Il Re dei Topi Matteo Buongiorno / Gianni Ghisleni / Andrea Volpintesta – Regina della Neve Sabina Galasso / Raffaella Benaglia

17 DICEMBRE 200223

9 rappresentazioni (repliche: 16, 18, pomeriggio e sera, 22, pomeriggio e sera, 31 mattina18 e sera, dicembre; 2 gennaio 1994) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Gudrun Leben – Concertatore e Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala19 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Edoardo Colacrai / Nedo Zingoni – La Signora Stahlbaum Vera Karpenko / Ornella Costalonga / Laura Costa – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Laurent Hilaire / Massimo Murru / Andrei Fedotov / Maximiliano Guerra – Clara Anita Magyari / Gilda Gelati / Elisabetta Armiato / Isabel Seabra / Elisabeth Maurin – Fritz Michele Villanova / Camillo Di Pompo / Massimiliano Volpini / Antonio Ruggiero / Vittorio D’Amato – Luisa Silvia Scrivano / Sophie Sarrote / Flavia Vallone – La Nonna Marinella Carimati – Il Nonno Paolo Podini / Rosario Picco / Giuseppe Arena – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo / Umberto Bergna – Il Re Topo Domenico Di Bisceglie / Dorian Fratto 17

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10 rappresentazioni (repliche: 15, 17, 29, 31, mattina20 e sera, dicembre; 18, pomeriggio e sera, 21, pomeriggio e sera, gennaio 1995) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra Armando Gatto – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala21 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Edoardo Colacrai / Nedo Zingoni – La Signora Stahlbaum Ornella Costalonga / Laura Costa – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe José Manuel Carreño / Massimo Murru / Alessandro Grillo – Clara Anita Magyari / Isabel Seabra / Sophie Sarrote – Fritz Antonio Ruggiero / Camillo Di Pompo / Massimiliano Volpini – Luisa Flavia Vallone / Laura Caccialanza / Silvia Scrivano – La Nonna Marinella Carimati / Patrizia Volpari / Tiziana Colombo – Il Nonno Paolo Podini / Giuseppe Arena / Sergio Sanvito – Lo Schiaccianoci Marco Berrichillo – Il Re Topo Domenico Di Bisceglie / Andrea Boi

9 rappresentazioni (repliche: 20, pomeriggio e sera, 22, 28, pomeriggio e sera, 29, 31 mattina24 e sera, dicembre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Concertatore e Direttore d’Orchestra James Tuggle – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala25 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Gianni Ghisleni / Bryan Hewison – La Signora Stahlbaum Piera Perdetti / Flavia Vallone – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Roberto Bolle / Alessandro Grillo / Maximiliano Guerra / Mick Zeni – Clara Lisa-Maree Cullum / Isabel Seabra / Anita Magyari / Sabrina Brazzo / Mariafrancesca Garritano – Fritz Antonino Sutera / Maurizio Licitra / Riccardo Massimi / Massimo Dalla Mora – Luisa Lara Montanaro / Emanuela Montanari / Beatrice Carbone – La Nonna Aglaia Lovetti / Annalisa Masciocchi – Il Nonno Biagio Tambone / Camillo Di Pompo / Stefano Benedini – Lo Schiaccianoci Massimo Dalla Mora / Andrea Piermattei / Antonino Sutera – Il Re Topo Nedo Zingoni


15 DICEMBRE 200426 8 rappresentazioni (repliche: 17, pomeriggio e sera, 18, 22 dicembre; 2, 4, 5 gennaio 2005) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Direttore Nir Kabaretti – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala27 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Gianni Ghisleni – Matteo Buongiorno – La Signora Stahlbaum Sabina Galasso / Roberta Nebulone / Laura Caccialanza – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Roberto Bolle / Mick Zeni / Maximiliano Guerra / Massimo Murru – Clara Eleonora Abbagnato / Sophie Sarrote / Sabrina Brazzo – Fritz Antonino Sutera / Riccardo Massimi / Maurizio Licitra / Massimo Dalla Mora – Luisa Emanuela Montanari / Lara Montanaro / Deborah Gismondi – La Nonna Roberta Nebulose / Simona Chiesa – Il Nonno Biagio Tambone / Stefano Benedini / Camillo Di Pompo – Lo Schiaccianoci Massimo Dalla Mora / Antonino Sutera – Il Re Topo Nedo Zingoni

16 DICEMBRE 2006 9 rappresentazioni (repliche: 20, 21, 28, 29, pomeriggio e sera, 30, pomeriggio28 e sera, 31 dicembre) Coreografia e Regia Rudolf Nureyev – Ripresa Coregrafica Aleth Francillon – Direttore Kevin Rhodes – Scene e Costumi Nicholas Georgiadis – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala29 Interpreti Il Dottor Stahlbaum Gianni Ghisleni / Bryan Hewison – La Signora Stahlbaum Laura Caccialanza – Il Signor Drosselmeyer / Il Principe Roberto Bolle / Alessandro Grillo / Massimo Garon / Mick Zeni – Clara Lisa-Maree Cullum / Sabrina Brazzo / Mariafrancesca Garritano / Sophie Sarrote – Fritz Antonino Sutera / Maurizio Licitra / Riccardo Massimi / Massimo Dalla Mora – Luisa Emanuela Montanari / Deborah Gismondi / Lara Montanaro – La Nonna Piera Pedretti – Il Nonno Vittorio D’Amato – Lo Schiaccianoci Massimo Dalla Mora – Il Re Topo Nedo Zingoni

18 DICEMBRE 2014 11 rappresentazioni30 (repliche: 19, pomeriggio e sera, 28, 30, 31, mattina31 e sera, dicembre; 4, 10, 16, 18 gennaio 2015) Coreografia Nacho Duato – Direttore Vladimir Fedoseyev – Scene e Costumi Jérôme Kaplan – Luci Brad Fields – Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala32 Interpreti Clara Maria Eichwald / Nicoletta Manni / Vittoria Valerio / Virna Toppi – Lo Schiaccianoci / Il Principe Roberto Bolle / Claudio Coviello / Angelo Greco / Antonino Sutera – Drosselmeyer Giuseppe Conte / Edoardo Caporaletti – Il Signor Stahlbaum Alessandro Grillo / Mick Zeni – La Signora Stahlbaum Emanuela Montanari / Chiara Borgia – Fritz Valerio Lunadei / Walter Madau – Pierrot Marco Messina – Colombina Virna Toppi / Alessandra Vassallo / Marta Gerani – Moro Federico Fresi / Matteo Gavazzi / Walter Madau – Il Re dei Topi Emanuele Cazzato (a cura di Andrea Vitalini)

Per approfondimenti e consultazione di foto e manifesti riguardanti gli allestimenti dalla stagione 1950-51 a oggi, può essere visitato l’Archivio Storico del Teatro alla Scala al seguente indirizzo: www.archiviolascala.org. All’Arena Sociale di Como. Solo il Pas de deux. Solo il Divertissement. Solo il Divertissement. 4 Solo il Divertissement. 5 Solo il Pas de deux. 6 Solo il Pas de deux. 7 Nell’ambito della tournée del Corpo di Ballo del Teatro Bol’šoj al Teatro alla Scala. Oltre allo Schiaccianoci rappresentati anche Il lago dei cigni e Spartacus. 8 Solo il secondo atto. 9 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina. 10 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina. 11 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Gerhard Schmidt-Gaden. 12 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Gerhard Schmidt-Gaden. 13 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro del Teatro alla Scala diretto da Giulio Bertola. 14 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro del Teatro alla Scala diretto da Giulio Bertola. 15 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Nicola Conci. 16 Serata in ricordo di Rudolf Nureyev. 17 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Nicola Conci. 18 Solo il I atto. 19 Solo il I atto. 20 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala diretto da Nicola Conci. 21 Solo il II atto del balletto. 22 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diretto da Bruno Casoni. 23 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diretto da Bruno Casoni. 24 Al Teatro degli Arcimboldi di Milano, sede dell’attività della Scala dal gennaio 2002, durante la chiusura per restauri della Sala del Piermarini. 25 Solo il I atto. 26 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diretto da Alfonso Caiani. 27 Al Teatro degli Arcimboldi di Milano, sede dell’attività della Scala durante la chiusura per restauri della Sala del Piermarini. 28 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Anna Maria Prina e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diretto da Alfonso Caiani. 29 Solo il I atto. 30 Con la partecipazione di Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala e del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, diretto da Alfonso Caiani. 31 Nel conteggio delle recite è considerata anche l’Anteprima Giovani del 17 dicembre 2014, realizzata con lo stesso cast della prima rappresentazione. 32 Solo Atto I. 33 Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala, diretto da Bruno Casoni. Animazione delle marionette a cura della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli. Voce narrante registrata di Michele Nani. 1 2 3

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A destra: Luciana Savignano (Danza araba), Teatro alla Scala, stagione 1969-70.

Carla Fracci e Rudolf Nureyev protagonisti dello Schiaccianoci, Teatro alla Scala, stagione 1970-71.

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Rudolf Nureyev (Drosselmeyer), con gli allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Teatro alla Scala, stagione 1979-80.

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Isabel Seabra e Maximiliano Guerra, stagione 1991-92. A destra: bozzetto di Roberta Guidi di Bagno per Lo schiaccianoci di Ronald Hynd. Teatro alla Scala, stagione 2000-01; Atto I.

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Elisabetta Armiato e Andrei Fedotov, stagione 1993-94.

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In alto: Eleonora Abbagnato e Roberto Bolle. A sinistra: Eleonora Abbagnato e Massimo Murru. Nella pagina accanto: Sabina Brazzo e Maximiliano Guerra.

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Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij Vincenzina Caterina Ottomano

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij nacque il 25 aprile/7 maggio a Votkinsk – nei monti Urali a circa 900 chilometri da Mosca da Il’ja Petrovicˇ ingegnere minerario di origine ucraina, e da Aleksandra d’Assier, di origini franco-tedesche. Insieme ai suoi sei fratelli – Zinaida, nata da un precedente matrimonio del padre, Nikolaj, Aleksandra, Ippolit e i due gemelli Modest e Anatolij – ebbe i primi stimoli artistici già nell’ambito familiare, grazie anche alla presenza della governante francese Fanny Dürbach, a cui Cˇajkovskij rimase particolarmente legato. La sua spiccata propensione musicale si manifestò precocemente e già all’età di quattro anni incominciò a prendere lezioni di pianoforte. Nel 1848 suo padre, dopo aver rassegnato le dimissioni, cercò di stabilirsi a Mosca, poi a San Pietroburgo e infine ad Alapajevsk, sugli Urali; ma Pëtr e la madre rimasero nella capitale russa, in modo che il fanciullo potesse preparare l’esame di ammissione alla Scuola Imperiale di Giurisprudenza. Proprio a San Pietroburgo, Cˇajkovskij subì per la prima volta il fascino del teatro musicale, quando nel 1850 assistette ad una rappresentazione della Vita per lo Zar di Glinka al Teatro Aleksandrinskij. Nel 1854 fu colpito dall’evento della morte dell’amatissima madre, che segnò profondamente la sua già fragile condizione nervosa. I nove anni che Cˇajkovskij trascorse alla Scuola di Giurisprudenza furono decisivi per la sua formazione: a quest’epoca risalgono i primi tentativi di composizione e la prima coscienza della sua omosessualità. Dopo il diploma, accettò di lavorare presso il Ministero della Giustizia, mentre le frequentazioni di alcuni circoli incominciarono a destare pettegolezzi nell’alta società della capitale. L’estate del 1861 segnò un cambiamento decisivo nella sua vita: a quest’epoca risale il primo viaggio all’estero (Berlino, Amburgo, Londra e Parigi) e, in seguito, la decisione di frequentare la classe di armonia della Società Musicale Russa, fondata da Anton Rubinstein con il sostegno della granduchessa Elena Pavlovna. Con l’apertura del primo Conservatorio di San Pietroburgo nel 1862, Cˇajkovskij fu uno dei primissimi allievi della classe di composizione di Zaremba. In seguito alla decisione di dedicare completamente la sua vita alla musica, rassegnò le dimissioni dal Ministero nel 1863 e si mantenne grazie a lezioni private di pianoforte. In questo periodo si data la composi-

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zione dell’ouverture L’Uragano (1864), la prima versione dell’Ouverture in fa maggiore (1865) e la Sinfonia n. 1 (1866). Nel settembre 1865 gli fu offerta la cattedra di armonia della Società Musicale Russa di Mosca (poi Conservatorio) e nel marzo 1867 incominciò a lavorare alla sua prima opera, Voivoda, in seguito andrà distrutta. In questo stesso periodo, entrò in contatto a San Pietroburgo con i membri del Gruppo dei Cinque, in particolare con Balakirev che gli suggerì il soggetto del poema sinfonico Romeo e Giulietta (1870). Dopo una fugace infatuazione per il mezzo-soprano Désirée Artôt, alla fine degli anni sessanta Cˇajkovskij iniziò una travagliata storia d’amore con Eduard Sack, studente del Conservatorio, che terminò tragicamente con il suicidio di quest’ultimo. Gli anni settanta segnarono un’intensa fase di composizione per il teatro musicale: nel 1872 incominciò a lavorare alle musiche di scena della Fanciulla di neve, il 1874 segnò la data della prima di Opricˇnik e della composizione dell’opera Il fabbro Vakula e nell’agosto 1875 egli intraprese la composizione del Lago dei cigni, il primo dei suoi tre balletti. Alla fine del 1875, le indiscrezioni sulla sua condotta amorosa e la depressione lo persuasero a programmare un viaggio insieme al fratello Modest: a Parigi assistettero alla prima di Carmen di Bizet e a Bayreuth a quella della Tetralogia di Wagner. Dopo l’ennesima delusione amorosa per lo studente Iosif Kotek, e forse suggestionato dalla sua nuova opera tratta dall’Evgenij Onegin di Puškin, Cˇajkovskij decise di sposare Antonina Milijukova, ma il matrimonio fallì nel giro di poche settimane. Sempre nel 1877 entrò in contatto con la ricca mecenate Nadežda von Meck, con la quale instaurerà un particolare rapporto epistolare. Dopo la prima di Onegin (1879) compose a Roma il Capriccio italiano (1881) e durante un viaggio tra Firenze e Parigi l’opera La Pulzella d’Orléans (1881). Ritornato in Russia si dedicò a successivi lavori operistici: Mazepa (1883), L’incantatrice (1887) e Gli stivaletti (1887). A partire dalla fine degli anni ottanta intensificò l’attività di direttore d’orchestra compiendo nel 1889 la sua prima tournée europea (Francoforte, Dresda, Belino, Ginevra). Dopo l’enorme successo della prima del balletto La Bella addormentata (1890), si ritirò a Firenze, dove compose gran parte dell’opera La dama di picche, seguita da altre due commissioni per i Teatri Imperiali di San Pietroburgo: l’opera Iolanta e il balletto Lo schiaccianoci, entrambi andati in scena nel dicembre 1892. Allo stesso tempo accettò anche il prestigioso invito a dirigere opere proprie negli Stati Uniti, in occasione dell’apertura della Carnegie Hall di New York (23 aprile/5 maggio 1891). Al culmine della carriera compose il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 e la sua ultima sinfonia, la Sinfonia n. 6 “Patetica”, mentre nel giugno 1893 l’Università di Cambridge gli conferì la laurea honoris causa. Colpito da colera, o forse suicida, Cˇajkovskij si spense a San Pietroburgo il 25 ottobre/6 novembre 1893.

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Nacho Duato

Nato a Valencia, in Spagna, ha iniziato la sua formazione ballettistica professionale alla Rambert School di Londra all’età di diciotto anni, ampliando poi i suoi studi al centro “Mudra” di Maurice Béjart, a Bruxelles, e infine completandoli, a New York, presso l’Alvin Ailey Dance Center. Nel 1980 ha firmato il suo primo contatto professionale con il Cullberg Ballet, a Stoccolma, e un anno dopo Jirˇí Kylián lo ha portato con sé in Olanda, al Nederlands Dans Theater, dove è stato velocemente introdotto nella compagnia e nel suo repertorio. Per i suoi successi quale danzatore, ha ricevuto il VSCD Gouden Dansprijs (Golden Dance Award) nel 1987. Il suo naturale talento lo ha indotto presto a cimentarsi anche nella coreografia. Nel 1983 il suo primo tentativo in tal senso, Jardi Tancat, si rivelò subito un autentico successo: il balletto su musiche della cantante catalana Maria del Mar Bonet, vinse il primo premio al Laboratorio Coreografico Internazionale di Colonia. Senza ridurre i suoi impegni di danzatore, ha creato più di una dozzina di lavori per le due compagnie del Nederlans Dans Theater. Danza y Rito (Carlos Chávez), Uccelli (Ottorino Respighi), Synaphai (Iannis Xenakis/Vangelis), Bolero (Maurice Ravel), Arenal (del Mar Bonet), Chansons madécasses (Ravel), Raptus (sui Wesendonck Lieder di Richard Wagner), Dreams of Ether (Marcel Landowsky), Lament (Henryk Górecki), e altre coreografie ancora, hanno quasi tutte goduto della costante ispirazione e del contributo speciale del pittore e designer Walter Nobbe. Nel 1988 è stato nominato Coreografo Residente del Nederlands Dans Theater, accanto a Hans van Manen e Jiˇrí Kylián. Grazie alla crescente richiesta dei suoi lavori da parte di compagnie internazionali, dovette compiere un passo decisivo e fare una scelta – abbandonare la danza per la coreografia – per il futuro della sua carriera. I suoi balletti costituiscono parte del repertorio di compagnie quali il Ballet de l’Opéra National de Paris, il Cullberg Ballet, il Nederlands Dans Theater, Les Grands Ballets Canadiens, lo Staatsballett di Berlino, l’Australian Ballet, lo Stuttgart Ballet, il Ballet Gulbenkian, il Balletto dell’Opera nazionale Finlandese, il Royal Ballet, il Singapore Ballet, il Tulsa Ballet Theatre, il Pacific Northwest Ballet, il San Francisco Ballet, il Washington Ballet, lo Hubbard St. Dance Chicago, il North Carolina Dance Theatre, il Boston Ballet, il Göteborg Ballet, il Royal Swedish Ballet, il Royal Danish Ballet, il Northern Ballet, il Ballet du Capitole, il Ballet du Rhin, il Teatro Comunale di Firenze, il National Ballet of Portugal, il National Theatre Tokyo, l’Universal Ballet, lo Stars Foundation Ballet, l’American Ballet Theatre, il Balletto del Bol’šoj e altri ancora. Dal giugno 1990, invitato dall’Instituto Nacional de las Artes Escénicas y de la Música del Ministero Spagnolo della Cultura, è diventato Direttore artistico della Compañía Nacional de Danza, per la quale ha creato i seguenti lavori: Concierto Madrigal (Joaquín Rodrigo), Kaburias (Leo Brouwer), Opus Piat (Ludwig van Beethoven), Duende (Claude Debussy), Empty (autori vari), Cor Perdut (del Mar Bonet), Coming Together (Frederic Rzewski), Na Floresta (Hector Villa-Lobos), Mediterrania (autori vari), Cautiva (Alberto Iglesias), Alone, for a second (Erik Satie), Tabulae (Alberto Iglesias), Rassemblement (Toto Bissainthe), Ecos (Stephan Micus), Cero sobre Cero (Alberto Iglesias), Por Vos Muero e Ofrenda de sombras (musiche del XVI sec.), Arcangelo (Corelli), Self (Alberto Iglesias), Castrati (Karl Jenkins), L´Homme (György Kurtág), Seventeen (Pedro Alcalde/Sergio Caballero),

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Herrumbre (Alcalde/Caballero), White Darkness (Jenkins), Txalaparta (Kepa Junkera), Hevel (Alcalde/Caballero), O Domina Nostra (Górecki), Cobalto (Alcalde/Caballero) e altri. Nell’ottobre 1997 ha creato Remanso, su musica di Enrique Granados, e nel 2000 Without Words (Franz Schubert), entrambi per l’American Ballet Theatre. Nel gennaio 1998 ha coreografato Romeo e Giulietta, il suo primo balletto a serata intera, su musica di Sergej Prokof’ev. Nel 2000 ecco Multiplicity, forms of Silence and Emptiness, su musiche di Bach; nel 2006 Alas, basato sul testo di Il cielo sopra Berlino, il film di Wim Wenders, e nel 2010 Infinite Garden, da Anˇ ton Cechov. Dal gennaio 2011 ha assunto la posizione di Direttore artistico del Balletto Michailovskij di San Pietroburgo, creando per questa compagnia le coreografie Nunc Dimittis, Prélude, La Bella addormentata, Lo schiaccianoci e Invisible. Nel 2014 ha ideato Depak Ine per la Martha Graham Dance Company; nello stesso anno è passato alla Direzione artistica dello Staatsballett di Berlino. Nella sua prima stagione per la Compagnia ha ripreso la sua Bella addormentata, e poi Multiplicity e White Darkness, e ha creato Static Time. Nella sua seconda stagione presenterà Herrumbre e Castrati. Molti i premi. Nel 1995 ha ottenuto il grado di Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres che viene annualmente attribuito dall’Ambasciata Francese in Spagna. Nel 1998 il Governo spagnolo gli ha attribuito la Medaglia d’oro per i suoi meriti nelle Belle Arti. Nell’aprile 2000 gli è stato conferito il “Benois de la Danse”, uno dei più prestigiosi riconoscimenti internazionali per la coreografia, presentato dall’International Dance Association per il suo balletto Multiplicity, Forms of Silence and Emptiness. Nel dicembre 2014 il suo Schiaccianoci ha aperto la stagione di balletto del Teatro alla Scala 2014-15.

Figurini di Jérôme Kaplan per Lo schiaccianoci di Nacho Duato. Dicembre 2013, San Pietroburgo.

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Vladimir Fedoseyev

Attualmente Direttore artistico e principale direttore della Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij e Direttore ospite permanente della Opernhaus di Zurigo e della Tonhalle della stessa città svizzera, è nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo). Si è diplomato all’Accademia Musicale “Gnessin” e al Conservatorio Cˇajkovskij di Mosca (nella classe del Professor Leo Ginzburg), e, nel 1971, è stato invitato dal leggendario Evgenij Mravinskij a dirigere l’Orchestra Filarmonica di Leningrado. Poco tempo dopo, ha debuttato nell’opera pure a Leningrado, al Teatro Mariinskij. Nel 1974 è diventato Direttore artistico e principale bacchetta dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Mosca. In aggiunta, dal 1997 al 2004 è stato Direttore principale dell’Orchestra Sinfonica di Vienna. In anni recenti ha lavorato come Direttore ospite di molte delle orchestre leader nel mondo, come il Bayerischer Rundfunk, la Filarmonica di Colonia, l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, i Berliner Philharmoniker e la Konzerthausorchester di Berlino, l’Orchestra Filarmonica di Radio France, l’Orchestra National de Lille, quella del Belgio e quella della Spagna, la Filarmonica di Stoccarda. È anche molto stimato in Giappone, dove, nel 1996, è stato nominato principale Direttore ospite della Filarmonica di Tokyo. Nella stagione 2004/2005 ha lavorato come Direttore ospite dell’Orchestra di Cleveland e delle Orchestre Sinfoniche di Detroit e Pittsburgh. A partire dal gennaio 2009 è diventato Direttore artistico e principale direttore dell’Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij. È famoso nel mondo per le sue interpretazioni dei più diversi compositori di varie epoche e stili. I critici hanno sempre notato come si sia rigorosamente distinto per l’unicità dei suoi programmi, la ricerca di novità compositive nell’ambito contemporaneo e le interpretazioni originali di partiture conosciute. Assieme a Mozart, Brahms o Šostakovi c, ˇ il suo repertorio include anche maestri meno noti come Janácek ˇ o Berg. Tra i suoi maggiori successi a Vienna, Parigi, Milano, Zurigo, Bregenz, Firenze e altre città vi sono stati allestimenti d’opera di Musorgskij, Cˇajkovskij, Verdi, Berlioz, Janácek ˇ e Šostakovi c. ˇ Molto ampia la gamma delle sue registrazioni, che includono sinfonie, opere e balletti di Rimskij-Korsakov, Rachmaninov, Stravinskij, Scriabin, Brahms, Beethoven e altri. All’inizio del 2008 ha completato un’intera collezione di sinfonie di Brahms con l’etichetta Warner Classical & Jazz e Lontano. Nel 2009 la Warner ha pubblicato le registrazioni della sinfonia Manfred e della suite n. 4 Mozartiana di Cˇajkovskij, della sinfonia “Urbs Roma” di Saint-Saëns e inoltre le Danze Slave, il Concerto per violoncello, e lo Stabat Mater di Dvoˇrák con Aleksander Kniazev. Di recente ha ottenuto grande successo sul podio per le interpretazioni di Rusalka (Dvoˇrák) al Teatro dell’Opera di Zurigo, Gogol (Lera Auerbach) al Theater an der Wien, Il principe Igor (Borodin) sempre al Teatro dell’Opera di Zurigo e Cleopatra (Massenet) al Salzburg Whitsun Festival. Celebrandosi, nel 2010, l’ottantesimo anniversario dell’Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij, lo ha festeggiato, in dicembre, portando la sua formazione orchestrale in tournée nelle principali capitali europee. L’inizio della stagione 2011/2012 è stato caratterizzato da tre concerti dell’Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij al Musikverein di Vienna. Enorme successo ha ottenuto più tardi la tournée di concerti tenuti in Giappone con la Filarmonica di Tokyo nell’ambito delle celebrazioni per il secolo di vita di tale orchestra. Concerti a Berlino e un concerto al Grafenegg Festival con i vincitori dell’ultima “Cˇajkovskij Competition” hanno concluso l’impegnativo anno.

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La stagione 2012/2013 ha incluso tournée con l’Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij in Spagna, nei paesi baltici, in Giappone, Svizzera, Germania, Italia e nella Repubblica Ceca, e ancora partecipazioni in festival europei di musica moderna e classica, ma anche concerti nelle più rinomate sale delle più grandi città russe e un numero di concerti con i Wiener Symphoniker, l’Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese, l’Orchestra Sinfonica NHK e l’Orchestra Filarmonica di Osaka. Più di recente ha diretto la Filarmonica di Essen, l’Orchestra del Teatro alla Scala, l’Orchestra del Konzerthaus di Berlino e l’Orchestra Bilkent di Ankara, e inoltre ha intrapreso molte tournée in Europa con l’Orchestra Sinfonica Cˇajkovskij. Nel corso della sua lunga carriera, ha ottenuto numerosi riconoscimenti: l’Ordine Russo “Per servigi alla Madrepatria” e la “Croce d’Argento” d’Austria per i suoi meriti culturali (entrambi i premi nel 1996); la “Stella d’Oro” della Città di Vienna (2002); la “Croce d’Onore di Prima Classe per la Scienza e l’Arte”, dall’Accademia Austriaca (2005); la più recente Medaglia d’Oro della Società Internazionale “Gustav Mahler”(2007) e altri.

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Foto Costin Radu


David Coleman

Ha diretto diverse tra le maggiori orchestre inglesi e internazionali, in un vasto repertorio che spazia dalle grandi sinfonie al Novecento; inoltre ha preso parte a numerosi galà operistici e festival musicali internazionali. In Francia e in Gran Bretagna collabora con celebri società corali e promuove attivamente la musica contemporanea, a seguito di ciò ha ricevuto numerosi premi per le sue innovative programmazioni ed esecuzioni. Ha iniziato la sua carriera come maestro ripetitore e come direttore d’orchestra all’Opera Centre di Londra, è stato invitato a unirsi all’English National Ballet, di cui è poi diventato primo direttore ospite. Per molti anni è stato direttore musicale della Compagnia di Nureyev, “Rudolf Nureyev and Friends”, dirigendo numerose prime di importanti coreografie di Nureyev e la maggior parte dei “Nureyev Festival” londinesi; ha registrato inoltre le colonne sonore di molte sue produzioni cinematografiche. Ha diretto di frequente l’Opéra Ballet de Paris nella sua sede parigina e in tournées. È ospite di molte compagnie di balletto in tutto il mondo: Staatsoper di Berlino, Staatsoper di Vienna, Opera di Lipsia, Royal Ballet di Birmingham, Opéra National de Bordeaux, Opera di Roma (dove ha diretto gli spettacoli della rassegna “Ballets Russes” nella primavera del 2009). Attualmente collabora con la Scala, la Semperoper di Dresda e l’Opéra du Capitole di Tolosa. Molto attivo anche come compositore, ha scritto musiche per concerti, per il teatro e per la televisione. Evocation of Summer, commissionata dall’Orchestre Colonne di Parigi, è stata accolta con favore a Parigi e a Bordeaux, e nel 2006 è stata trasmessa live da Radio Classique France. L’Opéra di Parigi gli ha commissionato la partitura per la ricostruzione della versione integrale di Paquita, dagli scritti originali di Deldevez. Nel 2007 alla Semperoper di Dresda è andata in scena la sua nuova versione della Bella addormentata; successivamente ha arrangiato e riorchestrato una nuova partitura (da Adam) per la prima mondiale della versione di Giselle di David Dawson (2008). Nello stesso anno ha riscritto la musica di La Bayadère, basandosi sui temi di Minkus ma includendo materiale originale, tra cui un quarto atto e un finale completamente inediti. Nel 2009 è andata in scena la sua versione del Lago dei cigni; ha lavorato a un adattamento de La Sylphide per orchestra da camera. Ha completato un Concerto per violino e orchestra, la Fantasia per ottoni Voices of Summer e un Colour Concerto per oboe, archi e percussioni. Nel 2012 si è dedicato alla creazione di una versione per orchestra da camera della sua Bayadère, oltre a nuovi lavori per ensemble di ottoni, pianoforte e orchestra. Ha al suo attivo numerose incisioni, che spaziano dai classici del balletto (in CD e in DVD) a opere, brani corali e pezzi di musica contemporanea. ITV ha realizzato un documentario sui primi anni della sua carriera. È regolarmente ospite di programmi radiofonici e televisivi europei in cui si parla di musica e danza.

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Jérôme Kaplan

Figurini di Jérôme Kaplan per Lo schiaccianoci di Nacho Duato. Dicembre 2013, San Pietroburgo.

Nato a Parigi nel 1964, ha studiato scenografia all’ENSATT (già “École de la rue Blanche”), e firmato, dopo aver ottenuto il diploma nel 1987, i costumi di tre opere messe in scena da Ariel García Valdès: Il barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini, Don Chisciotte di Jules Massenet e Montezuma di Antonio Vivaldi, oltre a due altri lavori – Noye’s Fludde di Benjamin Britten e Journal d’un usager de l’espace (testo di Georges Perec, musica di Didier Lockwood) –, allestiti da Charlotte Nessi e prodotti dall’Opéra Bastille. Nel 1991 ha scoperto il mondo della danza grazie all’incontro con il coreografo Jean-Christophe Maillot, e da allora ha creato le scene e i costumi per diversi balletti: L’Enfant et les sortilèges, Romeo e Giulietta, Cenerentola, Casse-Noisette Circus, Œil pour Œil (Occhio per occhio) e, nel dicembre 2009, Shéhérazade, per Les Ballets de Monte Carlo. Suoi i costumi per il balletto Lanterne Rosse, con la regia di Zhang Yimou e la coreografia di Xin Peng Wang, per il National Ballet of China di Pechino. Per il coreografo Bertrand d’At ha disegnato le scene e i costumi del balletto Il principe delle pagode di Britten all’Opera di Strasburgo, di In the Mood of Love per lo Shanghai Ballet in Cina, The Wood Nymph di Sibelius, con Xin Pen Wang, per il National Ballet of Finland, Feu le Music Hall per la Comédie-Française con la coreografa Karine Saporta e Dans le Regard de la Nuit all’Opera del Cairo; inoltre, ha lavorato al décor e ai costumi di La Fille mal gardée di Hérold e Hertel per il National Ballet of Korea, a Seoul, di Ondine per la coreografia di David Nixon dell’Opera di Strasburgo, di A Sleeping Beauty Tale per il Northern Ballet di Leeds, in Inghilterra, e di Ringaren i Notre-Dame del coreografo Pär Isberg per l’Opera di Stoccolma. Inoltre, ha continuato la sua carriera nel campo operistico e teatrale con una Carmen arabo-andalusa ripresa da Georges Bizet, Il ratto del serraglio nell’allestimento di Olivier Desbordes, Il giro di vite di Britten, diretto da Sandrine Anglade per l’Opéra di Angers e Nantes. E ancora: L’Âne et le Ruisseau di Alfred de Musset, diretto dal regista Nicolas Lormeau per la Comédie-Française e When the Night Begins di Hanif Kureishi allestito da Garance per il Théâtre National de Chaillot. Nel 2010, ha creato scene e costumi della versione di Don Chisciotte del coreografo Alexei Ratmansky per il Balletto di Amsterdam, e di Tornerose (La Bella addormentata) di Cˇajkovskij, allestito dal coreografo Christopher Wheeldon al Balletto Reale Danese, a Copenhagen. Nell’ aprile 2011, ha disegnato scene e costumi per Lost Illusions ancora del coreografo Ratmansky: una creazione mondiale, tratta da Honoré de Balzac e su musica di Leonid Desyatnikov, al Teatro Bol’soj di Mosca, che ha ottenuto la “Maschera d’oro” 2012 per i migliori figurini. Nel 2013 ha ideato scene e costumi per Lo schiaccianoci di Nacho Duato.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Maria Eichwald

Nata a Talgar (Kazakistan), ha studiato alla Scuola Nazionale di Balletto di AlmaAta, poi è entrata nel Balletto Nazionale del Kazakistan, dove è stata Solista danzando in importanti ruoli quali Odette/Odile nel Lago dei cigni, Marie nello Schiaccianoci, nonché protagonista in Carmen e Paquita. In Gemania il suo primo impiego, dal 1994 al 1996, è stato al Teatro Krefeld- Mönchengladbach, dapprima come elemento del Corpo di Ballo e poi come Solista. Nella stagione 1996/97 è stata Ballerina di fila nel Bayerische Staatsballett, a Monaco, per passare poi ai ruoli di Solista (1997) e di Prima ballerina (1999). Nella compagnia bavarese ha interpretato ruoli di primo piano in balletti come: La dame aux camélias di John Neumeier, La bayadère, Sogno di una notte di mezza estate, Il lago dei cigni, Giselle, Cinderella Story di John Neumeier; Don Chisciotte, Manon, Raymonda, La bisbetica domata, Onegin e Romeo e Giulietta di John Cranko. Il suo repertorio moderno, a Monaco, includeva fra l’altro: The Second Detail di William Forsythe, Who Cares?, I quattro temperamenti e Brahms-Schönberg Quartett di George Balanchine, Händel/Corelli di Lucinda Childs, In the Night di Jerome Robbins e inoltre importanti ruoli nei debutti di Bella Figura di Jiˇrí Kylián, Dämmern, In the Blue Garden e Jupiter-Sinfonie di Neumeier. Con il Balletto bavarese è stata ospite in tutto il mondo. Nella stagione 2000-2001 è stata invitata da Alicia Alonso a unirsi al Balletto Nazionale di Cuba; nel 2002, con Alen Bottaini è stata interprete, a Parigi, del Gala Les Étoiles du XXème Siècle e nel 2003 ha interpretato Manon con il Royal Danish Ballet. Nel 2004, dopo il passaggio allo Stuttgarter Ballett, ha ampliato il suo repertorio con molti nuovi ruoli: Blanche du Bois in Endstation Sehnsucht di Neumeier, Katharina in La bisbetica domata, il ruolo eponimo in Lulu e Olimpia in Der Sandmann di Christian Spuck. Dopo un’interruzione di due anni, a causa di un incidente, è tornata pienamente in forma per ricoprire di nuovo il ruolo di Prima ballerina. Attualmente i titoli del suo repertorio sono Forgotten Land (Jiˇrí Kylián), Fratres (John Neumeier), Gaîté Parisienne (Maurice Béjart), Giselle (versioni di Reid Anderson e Valentina Savina), Hikarizatto (Itzik Galili), La Sylphide (Peter Schaufuss da August Bournonville), Return to a strange Land (Jiˇrí Kylián), Serenade (George Balanchine), Siebente Symphonie (Uwe Scholz), The Lady and the Fool (John Cranko),The Sleeping Beauty (Marcia Haydée da Marius Petipa), The Song of the Earth (Kenneth MacMillan),Theme and Variations (George Balanchine),Voluntaries (Glen Tetley). Due le recenti creazioni a sua misura: RED in 3 (Jorma Elo) e Yantra (Wayne McGregor). Al termine della stagione 2013-2014, ha concluso il suo contratto con lo Stuttgarter Ballett ed è diventata una danzatrice freelance. Quanto ai premi: nel 1998 ha ricevuto lo Staatlicher Förderpreis dal Land di Baviera. Nel 1999 le è stato conferito dal quotidiano di Monaco “tz” la “tz-Rose” come “Ballerina dell’anno”. Nel 2002 ha ottenuto una nomination al Prix Benois e ha danzato al Gala dello stesso Premio al Teatro Bol’šoj di Mosca. Nel 2006 è stata inserita nella categoria “Outstanding Dancer” dalla rivista “Ballettanz”per il ruolo di Olimpia in The Sandmann di Spuck. Nel 2010 e 2011 ancora inserimenti e nella stessa categoria per Siebte Sinfonie di Scholz e per Tat’jana nell’Onegin di Cranko, che ha danzato al Teatro alla Scala, accanto a Roberto Bolle, nella stagione 2009-2010. Nel 2012 è stata eletta “Ms Expressivity” all’XI International Ballet Award Dance Open, a San Pietroburgo e ha ricevuto il Premio Danza&Danza come migliore interprete. Alla Scala ha danzato in Onegin (2010 e 2012), nella Rose malade (2014 e 2015) e in Giselle (2015).

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Lo schiaccianoci al Teatro alla Scala

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Maria Eichwald e Roberto Bolle.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Antonino Sutera. Nella pagina accanto: Maria Eichwald e Roberto Bolle.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Federico Fresi. Nella pagina accanto: Giuseppe Conte e Nicoletta Manni.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

In alto: Nicoletta Manni, Claudio Coviello. In basso: Nicoletta Manni Nella pagina accanto: Marta Romagna e Massimo Garon.


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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Vittoria Valerio e Angelo Greco.

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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

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In alto: Francesca Podini. In basso: Manuela Montanari e Alessandro Grillo. Nella pagina accanto: Marco Agostino e Alessandra Vassallo (Danza francese).


111 Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


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Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Nicoletta Manni e, nella pagina accanto, Claudio Coviello.

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Virna Toppi e Antonino Sutera.

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Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.

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117 Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA Maître principale Laura Contardi Maître e Professeur Jean Philippe Halnaut

Professeurs ospiti Patrick Armand Marco Pierin Johnny Eliasen Azari Plisetsky Larisa Lezhnina

Ispettore Filippo Russo

Maestri Collaboratori Fabio Ghidotti Alberto Nanetti Paolo Piazza Marcello Spaccarotella

Maître Lara Montanaro Professeur Massimo Murru Primi ballerini étoile Svetlana Zakharova Roberto Bolle Artisti ospiti Maria Eichwald Polina Semionova Alina Somova Leonid Sarafanov Primi ballerini Nicoletta Manni Marta Romagna Claudio Coviello Alessandro Grillo Antonino Sutera Mick Zeni Ballerini solisti Antonella Albano Beatrice Carbone Deborah Gismondi Emanuela Montanari Francesca Podini Sophie Sarrote Virna Toppi Vittoria Valerio

Marco Agostino Matthew Endicott Federico Fresi Massimo Garon Angelo Greco Maurizio Licitra Riccardo Massimi Corpo di ballo Lara Agnolotti Stefania Ballone Alessia Bandiera Catherine Beresford Chiara Borgia Brigida Bossoni Daniela Cavalleri Christelle Cennerelli Serena Colombi Azzurra Esposito Lorella Ferraro Licia Ferrigato Chiara Fiandra Antonella Luongo Patrizia Milani Lara Montanaro Alessia Passaro Jennifer Renaux

Serena Sarnataro Luana Saullo Giulia Schembri Daniela Siegrist Adeline Souletie Monica Vaglietti Alessandra Vassallo Caroline Westcombe Corinna Zambon Giuseppina Zeverino Edoardo Caporaletti Giuseppe Conte Massimo Dalla Mora Christian Fagetti Matteo Gavazzi Andreas Lochmann Daniele Lucchetti Walter Madau Marco Messina Salvo Perdichizzi Andrea Piermattei Andrea Pujatti Fabio Saglibene Luigi Saruggia Gianluca Schiavoni Andrea Volpintesta

Corpo di ballo aggiunti Gaia Andreanò Martina Arduino Timofej Andrijashenko Samuele Berbenni Martina Bezzi Emanuele Cazzato Antonina Chapkina Andrea Crescenzi Nicola Del Freo Philippine De Sevin Agnese Di Clemente Lusymay Di Stefano Denise Gazzo Marta Gerani Paola Giovenzana Eugenio Lepera Maria Celeste Losa Valerio Lunadei Giulia Lunardi Elvis Nudo Francesco Mascia Carlotta Onesti Karina Samoylenko Mattia Semperboni Gioacchino Starace Eva Stokic Jacopo Tissi Vanessa Vestita

CORO DI VOCI BIANCHE DELL’ACCADEMIA DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore Bruno Casoni Maestri collaboratori: Marco De Gasperi – Sonia Franzese – Alessandra Molinari Josefina Amadio Angelica Antonini Anouk Aruanno Giorgia Barbareschi Sofia Barletta Sara Bellettini Carlotta Benini Giulio Benini Eleonora Billo Sibilla Boesi Ilaria Bortone Giulia Teresa Botta Mariasole Bottelli Valentina Caldi Francesca Calori Francesca Capelli Sofia Castelli

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Jan Comellato Dario Conti Chiara Cordoni Carlotta Corradi Ginevra Costantini Negri Maria Chiara Covini Sophie Decuypère Matilde Di Fonzo Ludovico Dini Ciacci Eudossia Drei Beatrice Fasano Elisabetta Galindo Pacheco Alberto Galli Lidia Galli Emma Genovese Elisa Giaquinto Jacopo Goldaniga Emma Gori

Jacopo Greco Nicole Guarino Alessandro Iovenitti Mariasofia Labori Ria Leano Lisa Ludwig Veronica Maio Andrea Camilla Mambretti Francesco Messa Ferreira Sophia Messaggeri Kata Mogyorosi Gabriele Monaco Federica Maria Mora Giulio Mornaghino Anna Negrini Alabama Paolucci Chiara Pasquale

Francesco Eugenio Peverelli Margherita Pezzella Libero Delfo Antonio Rebecchi Olga Rigamonti Sofia Anna Rombelli Elisabeth Segre Tobia Paolo Simionato Lucrezia Spina Riutaro Sugiyama Lavinia Svae Alice Terranova Sara Torres Eleonora Volpi Ester Clara Libera Zanvettor Leonardo Zappavigna Guglielmo Zecchini Beatrice Zoppini


Primo Maestro collaboratore James Vaughan Maestri collaboratori: James Vaughan - Massimiliano Bullo - Mzia Bakhtouridze Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi - Roberto Curbelo Maurizio Magni - Antonella Marotti - Ilaria Morotti - Marco Munari Bruno Nicoli - Ovidio Pratissoli - Stefano Salvatori - Paolo Spadaro Maestri ai video libretti: Roberto Perata - Renato Principe - Stefano Colnaghi

ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Laura Marzadori (di spalla) Daniele Pascoletti (concertino) Eriko Tsuchihashi (concertino) Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Andrea Leporati Rodolfo Cibin Corine van Eikema Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Dino Sossai Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Kaori Ogasawara Enkeleida Sheshaj Suela Piciri Lucia Zanoni Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Paola Lutzemberger Emanuela Abriani Gabriele Porfidio Silvia Guarino Stefano Dallera Roberto Nigro Elisa Citterio Damiano Cottalasso Evguenia Staneva Alexia Tiberghien Stefano Lo Re Antonio Mastalli Francesco Tagliavini Roberta Miseferi Estela Sheshi

Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Emanuele Rossi Marco Giubileo Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Joel Imperial Giuseppe Russo Rossi Matteo Amadasi Olga Gonzalez Cardaba Thomas Cavuoto Eugenio Silvestri Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig Martina Lopez Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Cosma Beatrice Pomarico Massimiliano Tisserant Tatiana Patella Gabriele Garofano Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Claudio Pinferetti Claudio Cappella Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Roberto Benatti Omar Lonati Roberto Parretti Claudio Nicotra

Flauti Marco Zoni* Andrea Manco* Giovanni Paciello (ottavino) Oboi Fabien Thouand* Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti Gianni Viero Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Christian Chiodi Latini Stefano Cardo (clarinetto basso) Fagotti Valentino Zucchiatti* Gabriele Screpis* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Marion Reinhard (controfagotto) Corni Danilo Stagni* Jorge Monte De Fez* Roberto Miele Stefano Alessandri Claudio Martini Stefano Curci Piero Mangano Giovanni Hoffer

Trombe Francesco Tamiati* Marco Toro* Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Nicola Martelli Tromboni Torsten Edvard* Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Basso tuba Brian Earl Javier Castaño Medina Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia* Percussioni Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Gerardo Capaldo Francesco Muraca Organo Lorenzo Bonoldi Ispettore dell’Orchestra Vittorio Sisto Addetti all’Orchestra Eugenio Salvi Werther Martinelli Edmondo Valerio

*Prime parti

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I ballerini del Teatro alla Scala

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Prima ballerina étoile

Svetlana Zakharova Nata a Lutsk, in Ucraina, ha iniziato a studiare danza, soprattutto folkloristica, in una scuola locale; a dieci anni è stata ammessa alla Scuola coreografica di Kiev, dove ha seguito gli insegnamenti di Valeria Sulegina. Nel 1995 ha partecipato al Concorso Internazionale per Giovani Ballerini di San Pietroburgo, ottenendo il secondo premio. In seguito ha continuato la sua formazione all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, dove, invece di essere ammessa al secondo corso, è subito entrata al terzo, nella classe del diploma (diretta da Elena Evseeva, ballerina emerita del Kirov). Ancora studentessa, ha interpretato il Regno delle Ombre in La bayadère, Maša in Lo schiaccianoci, la Regina delle Driadi in Don Chisciotte e La morte del cigno sul palcoscenico del Teatro Mariinskij. Nel giuˇ gno 1996 si è diplomata danzando Cajkovskij pas de deux di Balanchine ed è subito entrata a far parte del Balletto del Teatro Mariinskij-Kirov; un anno dopo è stata nominata Prima ballerina. Il suo vasto repertorio al Kirov, costruito sotto la guida di Olga Moiseeva, includeva i ruoli protagonisti in Giselle, La Bella addormentata, Il lago dei cigni, La bayadère, Les Sylphides, La fontana di Bakhchisaraj (nella versione di Rostislav Zakharov), Shéhérazade e Romeo e Giulietta (nelle versioni di Leonid Lavrovskij), L’histoire de Manon (Kenneth MacMillan), Études (Harald Lander). Tra i balletti di George Balanchine di cui è protagonista abituale: Apollon musagète (nel ruolo di Tersicore), Serenade, ˇ Cajkovskij pas de deux, Symphony in C e Jewels. Tra le creazioni di cui è stata protagonista: Poème de l’extase di Alexei Ratmansky, Now and Then di John Neumeier, Young Lady and the Hooligan di Konstantin Bojarskij. Con il Balletto del Teatro Mariinskij-Kirov ha preso parte a varie tournée e a partire dal 1999 è stata invitata come Artista ospite dalle maggiori compagnie di balletto del mondo, quali il New York City Ballet, l’American Ballet Theatre, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, l’English National Ballet, il New National Theatre Ballet di Tokyo. Nel 2004 ha debuttato accanto a Roberto Bolle al Teatro di San Carlo di Napoli nell’allestimento di La bayadère di Derek Deane (nel ruolo di Nikija). Dall’ottobre 2003 ha iniziato a danzare come Étoile con il Balletto del Bol’šoj di Mosca, dove prepara i suoi ruoli con Ljudmila Semenjaka. Il suo repertorio al Bol’šoj comprende: Giselle nella versione di Vladimir Vasili’ev, La fille du pharaon nella ricostruzione coreografica di Pierre Lacotte (poi ripresa in DVD), Sogno di una notte di mezza estate di John Neumeier (sia nel ruolo di Ippolita sia in quello di Titania), Raymonda (Jurij Grigorovic), ˇ Carmen Suite (Alberto Alonso), Le corsaire nella versione di Alexei Ratmansky e Jurij Burlaka da Petipa, Spartacus (Grigorovic), ˇ Paquita (Burlaka), Don Chisciotte (Fadeecev). ˇ Il 9 aprile 2009 Francesco Ventriglia ha creato per lei lo spettacolo Zakharova Super Game, su musica di Emiliano Palmieri. Ha ottenuto numerosi premi: il “Golden Sophit” di San Pietroburgo nel 1998; due volte la “Maschera d’Oro”, il più importante premio teatrale russo, per Serenade di Balanchine (1999) e per La Bella addormentata nella versione di Vikharev (2000); “Gente della nostra città”, premio speciale della città di San Pietroburgo nella categoria balletto (2001); il premio “Danza&Danza”, attribuito dall’omonima rivista italiana (2002); il “Benois de la danse” per Sogno di una notte di mezza estate (2005). Il 6 giugno 2005 è stata nominata Artista Emerita della Russia. Ha esordito al Teatro alla Scala come Prima ballerina Étoile, con Il lago dei cigni che ha inaugurato la stagione di balletto 2007-08. 122


Primo ballerino étoile

Roberto Bolle Formatosi alla Scuola del Teatro alla Scala di Milano, di cui è Étoile dal 2004, ha danzato in tutti i maggiori teatri del mondo e con le compagnie più prestigiose, tra le quali: l’American Ballet Theatre, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Balletto del Bol’šoj e del Mariinskij-Kirov, il Royal Ballet. Il 1° giugno 2002 si è esibito in occasione del Golden Jubilee della Regina Elisabetta, a Buckingham Palace. L’evento è stato trasmesso in Mondovisione dalla BBC. Il 1° aprile 2004 ha danzato al cospetto di Sua Santità Giovanni Paolo II sul sagrato di Piazza San Pietro, a Roma, per la Giornata della Gioventù. Nel febbraio 2006 ha preso parte alla cerimonia di apertura, trasmessa in Mondovisione, dei Giochi Olimpici Invernali di Torino. Dopo il successo di pubblico e critica riscosso al suo esordio al Met di New York nel 2007, dove ha danzato con Alessandra Ferri per l’addio alle scene della Étoile, è entrato a far parte dell’American Ballet Theatre in qualità di Principal dancer – titolo mai finora assegnato a un danzatore uomo italiano – a partire dalla stagione 2009. Nominato nel 2009 “Young Global Leader” dal World Economic Forum di Davos, dal 1999 è Ambasciatore di buona volontà per l’UNICEF, organizzazione per la quale partecipa a una serie numerosa e significativa di iniziative. Nel 2012 è stato insignito del prestigioso titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferitogli dal Preseidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in virtù dei meriti acquisiti verso il Paese in campo culturale.

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Foto Brescia e Amisano

Primi ballerini

Nicoletta Manni

Marta Romagna

Claudio Coviello

Alessandro Grillo

Antonino Sutera

Mick Zeni

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Foto Marco Brescia

Ballerini solisti

Beatrice Carbone

Emanuela Montanari

Francesca Podini

Deborah Gismondi

Foto Marco Brescia

Antonella Albano

Foto Brescia e Amisano

Foto Brescia e Amisano

Virna Toppi

Sophie Sarrote

Vittoria Valerio

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Foto Marco Brescia

Foto Marco Brescia

Ballerini solisti

Matthew Endicott

Massimo Garon

Angelo Greco

Federico Fresi

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Marco Agostino

Riccardo Massimi

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Maurizio Licitra


Corpo di Ballo

Catherine Beresford

Alessia Bandiera

Chiara Borgia

Brigida Bossoni

Daniela Cavalleri

Christelle Cennerelli

Serena Colombi

Azzurra Esposito

Lorella Ferraro

Licia Ferrigato

Foto Marco Brescia

Foto Marco Brescia

Foto Andrea Tamoni

Stefania Ballone

Lara Agnolotti

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Corpo di Ballo

Antonella Luongo

Patrizia Milani

Alessia Passaro

Jennifer Renaux

Serena Sarnataro

Daniela Siegrist

Adeline Souletie

Lara Montanaro

Foto Marco Brescia

Chiara Fiandra

Foto Marco Brescia

Luana Saullo

Giulia Schembri

128

Monica Vaglietti


Foto Marco Brescia

Corpo di Ballo

Caroline Westcombe

Corinna Zambon

Giuseppina Zeverino

Giuseppe Conte

Massimo Dalla Mora

Christian Fagetti

Matteo Gavazzi

Andreas Lochmann

Foto Brescia Amisano

Foto Marco Brescia

Foto Brescia Amisano

Foto Brescia Amisano

Edoardo Caporaletti

Foto Marco Brescia

Foto Marco Brescia e Rudy Amisano

Alessandra Vassallo

Daniele Lucchetti

Walter Madau

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Foto Brescia Amisano

Corpo di Ballo

Salvatore Perdichizzi

Andrea Piermattei

Andrea Pujatti

Luigi Saruggia

Gianluca Schiavoni

Andrea Volpintesta

Foto Marco Brescia

Marco Messina

Fabio Saglibene

Servizio fotografico di Graziella Vigo

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Foto Brescia Amisano

Maître e Professeur

Foto Brescia Amisano

Maître principale

Jean Philippe Halnaut

Maître

Professeur

Foto Graziella Vigo

Foto Graziella Vigo

Laura Contardi

Lara Montanaro

Massimo Murru

131


Fondazione di diritto privato

SOVRINTENDENZA

DIREZIONE GENERALE

Sovrintendente Alexander Pereira Responsabile Ufficio Stampa Paolo Besana Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti

Direttore Generale Maria Di Freda Responsabile Archivio Storico Documentale Dino Belletti Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Persio Pini Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Giuseppe Formentini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Servizio Tecnologie dell’Informazione Massimo Succi Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Giusy Tonani

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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Lanfranco Li Cauli Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Annalisa Severgnini Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore operativo Museo Teatrale alla Scala Donatella Brunazzi


DIREZIONE ARTISTICA

DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO

Direttore Artistico Alexander Pereira Responsabile Compagnie di Canto Toni Gradsack Responsabile Servizi Musicali Andrea Amarante Responsabile Controllo di Gestione Artistica Manuela Cattaneo Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi

Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Cosimo Prudentino Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatori Luci Andrea Giretti Valerio Tiberi Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Francesco Restelli Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo

Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo –– Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Andrea Boi Davide Battistelli Regista Collaboratore Lorenza Cantini

Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Emanuela Finardi Capo Reparto Scultura Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Verena Redin Flavio Erbetta Carlo Spinelli Barrile Costanzo Zanzarella Scenografo Realizzatore Scultore Silvia Rosellina Cerioli Responsabile Laboratori Scenografici Roberto De Rota Responsabile Reparto Costruzioni Paolo Ranzani Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Patrizia D’Anzuoni

133


EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala A CURA DI

Marinella Guatterini Consulente scientifico e ricerca iconografica per i programmi di balletto REDAZIONE

Anna Paniale Giancarlo Di Marco PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: A.P. srl - Str. Rigolino, 1 bis 10024 Moncalieri (TO) - Tel. 011/6615469 Finito di stampare nel mese di febbraio 2016 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2016, Teatro alla Scala

In copertina: Lo Schiaccianoci di Nacho Duato. Maria Eichwald (Clara) e Roberto Bolle (Lo Schiaccianoci/Principe). Teatro alla Scala, dicembre 2014 (Foto Marco Brescia e Rudy Amisano).

Prezzo del volume € 10,00 (IVA inclusa)





wolford.com



Stagione di Balletto 2015 - 2016

17 dicembre: Anteprima dedicata ai Giovani 19, 20, 22, 30 dicembre 2015 31 dicembre 2015 “Capodanno alla Scala” 3, 5, 7, 12,14,15 gennaio 2016

Sergej Prokof’ev

La stagione 2015-2016 del Teatro alla Scala è realizzata in collaborazione con

Cinderella (Editore per l’Italia Casa Ricordi, Milano)

Coreografia

Mauro Bigonzetti Direttore

Michail Jurowski Scene e luci

Carlo Cerri Costumi

Maurizio Millenotti Video Designer

Carlo Cerri, Alessandro Grisendi e Marco Noviello Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Étoile

Roberto Bolle

(17, 19, 20 dic.; 12, 14, 15 gen.)

Artisti ospiti

Polina Semionova (17, 19, 20 dic.; 12, 14, 15 gen.) Federico Bonelli (31 dic.)

Nuova produzione Teatro alla Scala

Anteprima dedicata ai Giovani Con il sostegno di


PER VIVERE DA VICINO UNA GRANDE TRADIZIONE La Fondazione Milano per la Scala nasce nel 1991 con lo scopo esclusivo di sostenere il Teatro alla Scala, attraverso i contributi di coloro che ne amano il patrimonio culturale ed artistico e desiderano vivere più intensamente la sua grande tradizione. È la prima istituzione sorta a supporto di un teatro lirico in Italia.

Presidente Giuseppe Faina Vice Presidente Vicario Hélène de Prittwitz Zaleski Vice Presidente Margot de Mazzeri Consiglieri Lodovico Barassi, Francesca Colombo, Bruno Ermolli, Gioia Falck Marchi, Piero Giarda, Alfredo Gysi, Federico Guasti, Matteo Mambretti, Marco Margheri, Francesco Micheli, Alberto Moro Visconti, Alexander Pereira, Cecilia Piacitelli Roger Federico Radice Fossati, Diego Visconti, Paolo M. Zambelli

Per informazioni e per adesioni Milano per la Scala Via Clerici, 5 20121 Milano Tel. 02.7202.1647 Fax. 02.7202.1662 E-mail. miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it


Stagione di Balletto 2015 - 2016

9, 11,14, 16, 18, 19 (2 rappr), 20, 24 (2 rappr.) febbraio; 11, 13 marzo 2016

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij

Lo schiaccianoci Balletto in due atti Libretto di Marius Petipa, dal racconto Der Nussknacker und der Mäusekönig di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, rivisto da Nacho Duato. (Edizione Proprietà Fondazione Teatro alla Scala)

Coreografia

Nacho Duato Direttore

Vladimir Fedoseyev Scene e costumi

Jérôme Kaplan Luci

6, 8, 10, 23, 24, 29, 30, 31 marzo; 1 aprile 2016

Ludwig Minkus

Don Chisciotte Balletto in un prologo e tre atti (Copyright Edition Mario Bois, Paris; Agente per L’Italia Edizioni Curci srl, Milano)

Coreografia

Rudolf Nureyev Orchestrazione e adattamento di

John Lanchbery Direttore

David Coleman Scene

Raffaele Del Savio Costumi

Brad Fields

Anna Anni

Animazione delle marionette a cura della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli

Supervisione ai costumi

Voce narrante registrata di Michele Nani

Luci

Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Irene Monti Marco Filibeck Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala

Étoile

Roberto Bolle

(9, 11, 16, 18 feb.)

Artista ospite

Maria Eichwald

(9, 11, 16, 18 feb.)

Artisti ospiti

Alina Somova (6, 8, 10 mar.) Leonid Sarafanov (6, 8, 10 mar.) Produzione Teatro alla Scala

Produzione Teatro alla Scala



Stagione di Balletto 2015 - 2016

9, 12, 13 (2 rappr), 14, 15, 16, 17, 19 aprile 2016

5, 12 giugno 2016

Wolfgang Amadeus Mozart

Spettacolo della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala

Il giardino degli amanti Coreografia

Massimiliano Volpini Scene e costumi

Erika Carretta Luci

Marco Filibeck Corpo di Ballo e Prime Parti dell’Orchestra del Teatro alla Scala

Étoile

Roberto Bolle

(9, 12, 13s, 14, 16, 17)

Nuova produzione Teatro alla Scala Prima assoluta

Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala


ENGIE

Tutti i colori dell’energia Educazione Innovazione Gender Balance Ambiente Solidarietà Sport

Siamo protagonisti dell’energia, presenti nei settori chiave del gas, della produzione e vendita di elettricità e nella fornitura di servizi di efficienza energetica. Ma la nostra energia alimenta anche il nostro impegno: educazione, innovazione, gender balance, salvaguardia dell’ambiente, solidarietà, sport. Scoprilo su www.engie.it.


Foto Marco Brescia e Rudy Amisano


Stagione di Balletto 2015 - 2016

30 giugno; 4, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14 luglio 2016

Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij

Il lago dei cigni

4, 5, 11, 12, 14, 18, 25, 27, 28 ottobre 2016

Adolphe Adam

Giselle

(Edizione Proprietà Fondazione Teatro alla Scala)

Balletto in due atti di Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges da Théophile Gautier. (Edizione Proprietà Fondazione Teatro alla Scala)

Coreografia

Coreografia

Marius Petipa e Lev Ivanov Messa in scena

Alexei Ratmansky Direttore

Vladimir Fedoseyev

Jean Coralli - Jules Perrot Ripresa coreografica

Yvette Chauviré Direttore

Patrick Fournillier

Scene e costumi

Scene e costumi

Jérôme Kaplan

Aleksandr Benois rielaborati da

Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala

Angelo Sala e Cinzia Rosselli Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova produzione Teatro alla Scala In coproduzione con Opernhaus, Zurigo

Étoiles

Svetlana Zakharova (4, 12, 14) Roberto Bolle (4, 12, 14)

Produzione Teatro alla Scala


1RQ ULテ?WWHUWL LQ XQ Vogno. Vivilo.


Forma alla Passione. MUSICA DANZA PALCOSCENICO MANAGEMENT accademialascala.it


Come arrivare MM linea 1 fermata San Babila, Duomo, Cordusio. MM linea 3 fermata Montenapoleone, Duomo Autobus linea 61 - Tram 1, 2

Prezzi Biglietto intero Biglietto ridotto Biglietto scuole

Museo Teatrale alla Scala Biblioteca Livia Simoni Largo Ghiringhelli, 1 - 20121 Milano www.teatroallascala.org

Orari Tutti i giorni tranne 7 dicembre, 24 dicembre pomeriggio 25 dicembre, 26 dicembre 31 dicembre pomeriggio, 1° gennaio Domenica di Pasqua, 1° maggio, 15 agosto

Dalle 9.00 alle 12.30 (ultimo ingresso alle 12.00) e dalle 13.30 alle 17.30 (ultimo ingresso alle 17.00)

Informazioni Tel. 02.88797473

€ 7,00 € 5,00 € 3,00

Servizio visite guidate e laboratori didattici – LILOPERA: Tel. 02.39.43.51.00 www.lilopera.it – Civita Cultura: Tel. 02.43.35.35.21 www.civita.it – MAART: Tel. 02.33.10.31.72 www.maart.mi.it – Centro Guide: Tel. 02.70.00.33.09 www.centroguidemilano.net – Artema: Tel. 031.69.80.51 www.gruppoartema.it (prenotazione obbligatoria per le scolaresche alla e.mail: scuolemuseo@fondazionelascala.it)

La sala del Teatro è visibile da un palco, solo qualora non siano in corso prove o spettacoli.

Biblioteca Livia Simoni La biblioteca è aperta dalle 9 alle 12.00 e dalle 13.30 alle 17 dal lunedì al venerdì, solo su appuntamento. Tel: 02-88792088 e-mail: sartorio@fondazionelascala.it

Visite guidate al Teatro Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Francine Garino e-mail: garino@fondazionelascala.it Audioguida del Museo (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo, giapponese) in vendita alla cassa del Museo

Partner Istituzionale

YOKO NAGAE CESCHINA Mecenate del Museo Teatrale alla Scala



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