CAPITOLO
Stati di coscienza Uno sguardo d'insieme Il Massachusetts Institute of Technology è noto per essere una scuola molto impegnativa e Scott Krueger era pronto ad affrontarla. Si era diplomato quasi con il massimo dei voti e nessuno dubitava che sarebbe stato in grado di bilanciare il suo ruolo di matricola di ingegneria con l’abitudine a far le ore piccole in compagnia degli amici. Ma a Boston, esiste un altro aspetto della MIT: le sue trenta confraternite studentesche che sono un’attrazione irresistibile per i giovani rampanti che amano i party. Scott Krueger non era pronto per questo. Durante i festeggiamenti della Settimana Greca, l’iniziazione alla Phi Gamma Delta (una delle confraternite) venne superata dopo aver ingoiato l’equivalente di 16 bicchierini di superalcolici in un’ora. I suoi compagni lo trasportarono nella sua stanza, nella residenza di Boston, e notarono che non riusciva a respirare bene. Gli uomini del soccorso trovarono Krueger in coma. Il suo livello di alcol nel sangue era uno sconcertante 0,41; il limite legale per poter guidare è di 0,08. O il sangue di Krueger era così saturo di alcol da impedire all’ossigeno di arrivare al cervello o era soffocato nel suo vomito. Dopo alcuni giorni i suoi genitori prostrati staccarono le macchine che lo tenevano in vita (Rosenberg e Bai, 1997, p. 69). Il binge drinking – cioè bere cinque bicchieri di fila di super alcolico per i maschi e quattro per le femmine – è molto comune nei campus delle università. Sebbene la maggior parte dei bevitori siano più fortunati di Krueger, ognuno si mette seriamente a rischio. Infatti, ogni anno migliaia di persone muoiono per complicazioni da overdose di alcol o droga e un numero molto maggiore diventa dipendente da vari tipi di sostanze. Cosa porta gli individui a utilizzare l’alcol o altri tipi di droghe che alterano la coscienza? In questo capitolo cercheremo di rispondere a questa domanda considerando la natura dello stato di coscienza sia normale sia alterato. Lo stato di coscienza riguarda la consapevolezza delle sensazioni, dei pensieri e dei sentimenti provati in un dato momento. Lo stato di coscienza è la comprensione soggettiva sia dell’ambiente che ci circonda sia
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del nostro mondo interno privato, nascosto agli osservatori esterni. Nello stato di coscienza vigile siamo svegli e consapevoli dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle percezioni. Tutti gli altri stati di coscienza sono considerati stati alterati di coscienza. Tra questi, il sonno e i sogni avvengono naturalmente, l’uso di droghe e l’ipnosi, al contrario, sono metodi per alterare deliberatamente il proprio stato di coscienza. Poiché la coscienza è un fenomeno così personale, gli psicologi talvolta sono stati riluttanti a studiarla. Dopo tutto chi può dire che la coscienza di una persona sia simile o diversa da quella di un’altra? Sebbene i primi psicologi, come William James (1890), ritenessero fondamentale lo studio della coscienza, gli psicologi successivi hanno suggerito che esso andasse al di là dei confini della disciplina. Hanno sostenuto che la coscienza potesse essere compresa solo contando, in modo “non scientifico”, su ciò che i partecipanti all’esperimento raccontavano delle proprie esperienze e che i filosofi, e non gli psicologi, fossero più adatti a speculare su problemi spinosi quali “Se la coscienza è separata dal corpo fisico, come fa un individuo a sapere di esistere?”; “Come sono legati l’un l’altro il corpo e la mente?” e “Come facciamo a capire in quale stato di coscienza siamo in un certo momento?” (Rychlak, 1997). Gli psicologi contemporanei rifiutano l’idea che lo studio della coscienza non sia adatto al campo della psicologia. Invece, sostengono che siano molti gli approcci che permettono lo studio scientifico della coscienza. Per esempio, i neuroscienziati comportamentali possono misurare i modelli di onde cerebrali in condizioni di coscienza che vanno dal sonno alla veglia al trance ipnotico. E nuove conoscenze sulla chimica delle droghe, come marijuana e alcol, hanno permesso di capire i meccanismi attraverso cui producono i loro effetti piacevoli – così come quelli spiacevoli (Damasio, 1999; Sommerhof, 2000). Qualsiasi sia lo stato di coscienza in cui ci troviamo – veglia, sonno, ipnosi o indotto da droghe – il suo studio risulta al tempo stesso intrigante e complesso.
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122 Capitolo 4 Concetti chiave Quale funzione hanno i processi attentivi? Quali relazioni esistono fra attenzione e processi cognitivi come percezione, memoria e pensiero? L’attenzione implica processi anatomicamente distinti?
Coscienza La consapevolezza delle sensazioni, dei pensieri e dei sentimenti che vengono provati in un dato momento.
Concentrazione Focalizzazione delle risorse attentive su un limitato numero di informazioni per un periodo di tempo prolungato. Attenzione L’insieme dei processi, risultato dell’interazione di sistemi neurali multipli,che consentono di selezionare una parte dell’informazione proveniente dall’ambiente.
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4.1 Stati di vigilanza e attenzione Gran parte della nostra vita è caratterizzata dallo svolgimento di attività, spesso molto diverse fra loro, per le quali è necessario che ciascuno di noi sia cosciente non solo di quanto sta facendo ma anche di tutto ciò che lo circonda e che potrebbe determinare o influenzare il proprio comportamento. Prima di affrontare i diversi stati di coscienza e le sostanze che possono alterarli, argomenti che occuperanno gran parte di questo capitolo, è quindi indispensabile introdurre alcune considerazioni sui livelli di vigilanza e sui processi attentivi, elementi essenziali dello stato di coscienza. L’essere umano esperisce uno stato di coscienza vigile per circa il 60-70% della giornata: tale percentuale è soggetta a variazioni età relate (come vedremo il tempo concesso al sonno varia in funzione dell’età), a influenze ambientali (affaticamento, stress, processi digestivi ecc.), e a differenze individuali (il bisogno di sonno, cui corrisponde una complementare diminuzione della durata degli stati di vigilanza, varia, come vedremo, da persona a persona). Lo stato di coscienza vigile mette l’organismo nella condizione di poter acquisire informazioni e fornire risposte congruenti agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno ma affinché dette informazioni possano essere interpretate per mezzo dei processi percettivi (vedi il Capitolo 3), elaborate per essere memorizzate (vedi il Capitolo 6) e riutilizzate nei processi di pensiero (vedi il Capitolo 7), è indispensabile l’intervento dell’attenzione. Nel linguaggio comune si tende a confondere l’attenzione con la concentrazione: quest’ultima deve essere intesa come una forma di attenzione selettiva, uno dei processi implicati nell’attenzione. L’attenzione è quell’insieme di processi che consentono all’organismo di selezionare una parte, in genere relativamente piccola, dell’informazione ambientale: è il risultato dell’interazione di sistemi neurali multipli nessuno dei quali sembra essere “centrale”. Con una metafora possiamo assimilare l’attenzione a un fascio di luce nel buio o allo zoom di una lente. Questa metafora è piuttosto efficace nel rappresentare gran parte dei tipi di attenzione oggetto di studio: divisa, focalizzata, distribuita, selettiva e sostenuta. L’attenzione divisa consente di effettuare due o più compiti contemporaneamente; l’attenzione focalizzata determina prestazioni ottimali, per precisione e velocità, nel cogliere determinati oggetti/eventi; l’attenzione distribuita permette di cogliere un maggior numero di elementi a scapito della velocità con cui ciò avviene (Treisman, 2006); l’attenzione selettiva è l’insieme dei processi che consentono di concentrare la propria attenzione su alcune informazioni selezionandole rispetto ad altre; l’attenzione sostenuta rende possibile mantenere, per un prolungato periodo di tempo, uno stato di vigilanza su eventi particolari, impiegando capacità di selezione e di controllo. Le ricerche sperimentali e i risultati delle indagini condotte con tecniche di neuroimaging suggeriscono l’implicazione, nell’attenzione, di tre processi separati e anatomicamente distinti a livello cerebrale. Il primo processo consisterebbe in un meccanismo di attivazione generale del sistema di elaborazione, uno stato di allerta generalizzato, volto a favorire l’intercettazione di cambiamenti, degni di nota, nell’ambiente. Il secondo sistema consente di orientare e focalizzare le risorse di elaborazione verso particolari informazioni, oggetto del nostro interesse. Un terzo sistema si occuperebbe della gestione delle risorse attentive (una funzione che ritroveremo in uno dei modelli più accreditati di funzionamento della memoria), deciderebbe cioè se e quante risorse destinare alle diverse fonti di informazione in cui possiamo imbatterci in una determinata unità di tempo. I processi attentivi rispondono in pieno a due criteri che incontreremo frequentemente analizzando diversi aspetti del comportamento umano: il principio di sopravvivenza e quello di economicità. Il processo di attivazione dell’organismo (di cui torneremo a occuparci parlando di emozioni), cioè di preparazione a
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ricevere informazioni dall’ambiente e, conseguentemente, a reagire con comportamenti adeguati agli stimoli ambientali, è evidentemente legato al principio di sopravvivenza: quanto prima percepisco i cambiamenti ambientali potenzialmente pericolosi tanto prima sarò in grado di reagire in modo appropriato (per esempio, fuggendo dal pericolo o affrontandolo in modo efficace). I processi di attenzione selettiva e di gestione delle risorse (quest’ultimo a volte definito “sistema esecutivo” [Baddeley, 1986] o SAS, Sistema Attentivo Supervisore [Shallice, 1988]) rispondono invece al principio di economicità: come abbiamo visto nel Capitolo 3, ogni individuo è costantemente bombardato da ingenti quantità di informazioni, impossibili da gestire contemporaneamente in modo efficace, ed è quindi necessario ridurre la complessità e la quantità di informazioni in ingresso per avere buone probabilità di elaborarle con successo. La riduzione delle informazioni in ingresso è resa possibile da un lato dalla focalizzazione su una parte di esse, sulle quali si concentra la nostra attenzione selettiva, dall’altro non prendendo in considerazione le informazioni irrilevanti, quelle non connesse all’oggetto di attenzione selettiva, ignorando cioè, in altri termini, tutto quanto è rumore di fondo e, come tale, può ostacolare l’elaborazione dell’informazione. La gestione delle risorse attentive, che influenza i processi attentivi, è stata più di recente attribuita a una serie di processi chiamati funzioni esecutive. Le funzioni esecutive sono processi cognitivi, di complessità diversa, implicati nell’inibizione di risposte improprie, nella correzione degli errori o delle risposte, nel monitoraggio e aggiornamento del proprio comportamento, nell’attivazione di strategie di problem solving e di flessibilità cognitiva, nella pianificazione degli step da svolgere per far fronte a una situazione non abituale, difficile o complessa (Miyake e Friedman, 2012). Nel loro complesso le funzioni cognitive giocano un ruolo centrale nella programmazione e realizzazione delle attività umane. Alcune di esse, definite di base, sembrano strettamente connesse alla allocazione delle risorse attentive e quindi implicate nei processi attentivi illustrati in precedenza: sono la capacità di inibire le risposte non adeguate, la capacità di aggiornare le informazioni utili alla soluzione di un problema (updating) e la capacità di cambiare strategie cognitive durante lo svolgimento di un compito (shifting). Abbiamo già sottolineato come il principale, ma non unico, canale di acquisizione delle informazioni sia la visione: ora dobbiamo chiederci in che modo possiamo operare per selezionare l’informazione visiva e rendere probabile la sua elaborazione da parte dei processi cognitivi più complessi. Per selezionare l’informazione visiva, oggetto di attenzione selettiva, è sufficiente muovere gli occhi finché l’oggetto del nostro interesse cade nella fovea, la regione più sensibile della retina, preposta a elaborare i segnali visivi. Quando siamo impegnati a osservare un qualunque oggetto i nostri occhi non sono fermi, come si potrebbe immaginare visto che l’attenzione è focalizzata su un oggetto specifico e ignora tutto quanto lo circonda. In realtà l’esplorazione visiva è caratterizzata da brevi periodi di relativa immobilità degli occhi, che prendono il nome di fissazioni, separati da rapidi spostamenti indicati con il nome di saccadi. Utilizzando una delle tante tecniche per la registrazione dei movimenti oculari è possibile monitorare gli spostamenti degli occhi e le fissazioni successive: in genere le fissazioni riguardano solo alcune parti di ciò che è oggetto della nostra attenzione, quelle che forniscono le informazioni più rilevanti per effettuare il riconoscimento di ciò che stiamo osservando (per esempio, quando osserviamo una faccia le fissazioni si concentrano su occhi, naso e bocca vale a dire gli elementi distintivi del volto che consentono di riconoscere e memorizzare una faccia). In condizioni particolari siamo in grado di prestare attenzione selettiva a uno stimolo senza eseguire movimenti oculari (Posner e Raichle, 1994). L’attenzione è caratterizzata da multimodalità, può cioè spostarsi da un oggetto all’altro all’interno di una stessa modalità sensoriale o tra modalità diverse (per esempio, passare dall’attenzione visiva a quella uditiva come osservare la strada mentre guidiamo e rispondere a tono alla persona che sta viaggiando al nostro
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Funzioni esecutive Una serie di processi cognitivi che interagiscono tra loro per avviare pensieri e organizzare azioni per il raggiungimento di uno scopo, fornendo al soggetto le abilità necessarie per gestire il proprio comportamento.
Fissazione Periodo di relativa immobilità degli occhi durante il processo di esplorazione visiva. Saccade Rapido spostamento degli occhi che si verifica fra una fissazione e l’altra.
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124 Capitolo 4
Effetto cocktail party Abilità di focalizzare la propria attenzione uditiva su quanto detto da una particolare persona in mezzo ad altre.
Teoria del filtro precoce Assume che tutta l’informazione non rilevante venga tralasciata.
Teoria del filtro attenuato La mancanza di attenzione non blocca completamente i messaggi in ingresso ma, più semplicemente, li attenua. Cecità da inattenzione Tendenza a non notare qualcosa di evidente e generale quando siamo concentrati su qualcosa di particolare e specifico.
Concetti chiave Quali sono i diversi stati di coscienza? Cosa avviene mentre dormiamo e quali sono il significato e la funzione dei sogni? Quali sono i disturbi più frequenti del sonno e come possono essere curati? Quanto sogniamo a occhi aperti?
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fianco e ci sta parlando). Non solo, le nostre risorse attentive ci possono permettere di prestare attenzione a più stimoli contemporaneamente e di eseguire più compiti nello stesso momento (multitasking). Per quanto riguarda l’attenzione uditiva, la nostra capacità di selezionare l’informazione rilevante in mezzo a tante altre e riuscire a gestire contemporaneamente più stimoli è in alcuni casi sorprendente. L’effetto “cocktail party” ne è un esempio. Con questo termine si indica la capacità, mentre si è impegnati in una conversazione, di cogliere, fra i molti “rumori” di fondo, per esempio il nostro nome pronunciato a una certa distanza da dove ci troviamo, di voltarci verso la zona in cui la conversazione si stava svolgendo senza aver, apparentemente, mostrato di dirigere là la nostra attenzione. Le prime osservazioni sull’attenzione selettiva sembravano dimostrare che operasse un filtro molto potente capace di indirizzare le risorse sull’oggetto dell’attenzione rendendo inesistenti tutte le informazioni di contorno (Broadbent, 1958). La teoria proposta da Broadbent prende il nome di teoria del filtro precoce, poiché assume che l’attenzione agisca con un filtro periferico facendo sì che tutta l’informazione non rilevante venga tralasciata. Tuttavia, diverse evidenze sperimentali, di alcune delle quali parleremo affrontando il tema della memoria, hanno successivamente favorito una diversa interpretazione: informazioni che non sono state oggetto volontario di attenzione possono essere ugualmente elaborate dai nostri processi cognitivi. Questo fatto ha prodotto una modificazione della teoria di Broadbent introducendo il concetto di filtro attenuato (Treisman, 1969). La mancanza di attenzione non blocca completamente i messaggi in ingresso ma, più semplicemente, li attenua: il fenomeno del cocktail party, appena citato, ne è una conferma. Nonostante l’attenzione selettiva non blocchi completamente l’acquisizione di informazioni “altre” rispetto all’oggetto sotto osservazione, molto frequentemente, quando si è impegnati in compiti di attenzione selettiva, si cade vittima del fenomeno detto “cecità da inattenzione”. In genere per illustrare questo fenomeno si cita l’esperimento di Simons e Chabris (1999) (vedi anche Chabris e Simons, 2011), nel corso del quale i soggetti dovevano osservare un gruppo di studenti impegnati in una serie di passaggi con un pallone da basket: il compito consisteva nel contare il numero di passaggi effettuati nel corso del filmato. A un certo punto la scena veniva attraversata da un individuo che indossava un costume da gorilla. La stragrande maggioranza delle persone impegnate a contare i passaggi non vedeva il “gorilla” attraversare la zona in cui si svolgeva l’azione. Non fatevi distrarre dalla curiosità delle situazioni sperimentali utilizzate per dimostrare la cecità da inattenzione: nel mondo reale il fenomeno può verificarsi in svariate situazioni con potenziali conseguenze nefaste. Provate a ricordare quanto eravate concentrati sulla strada le prime volte in cui avete guidato l’automobile: la vostra attenzione era talmente concentrata sulle operazioni necessarie per condurre il mezzo ed evitare collisioni che non vi rendevate conto di tutte le informazioni di contorno, che tanto di contorno magari non erano (cartelli stradali, semafori, persone che attraversano la strada, auto che intersecano la traiettoria del vostro mezzo ecc.).
4.2 Sonno e sogni La folla esultò quando Donald Dorff, 62 anni, prese il lancio del suo quarterback e accelerò senza difficoltà lungo il tappeto d’erba artificiale. Quando si girò per attraversare il placcaggio, un’enorme difensore apparve sulla sua strada. Dall’alto dei suoi 54 chili di coraggio, Dorff non esitò. Ma vediamo come descrive la scena il negoziante in pensione di Golden Valley, in Minnesota: “Avevo davanti un placcatore di 127 chili, decisi quindi di affrontarlo. Quando lo raggiunsi, mi ritrovai per terra nella mia stanza. Avevo distrutto la credenza e fatto cadere a terra tutto ciò che le stava sopra, distrutto lo specchio e fatto una confusione incredibile. Era l’una e trenta del mattino” (Warren, 1987).
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Dorff era affetto da una rara malattia (chiamata disturbo comportamentale del sonno REM) per cui il meccanismo che normalmente inibisce i movimenti del corpo durante i sogni non funzionava correttamente. Le persone affette da tale disturbo sono generalmente conosciute per la loro tendenza a colpire altre persone nel sonno e arrivano anche a rompere finestre, prendere a pugni muri, il tutto in uno stato di sonno completo. Per fortuna il caso di Dorff si risolse per il meglio. Con l’aiuto del clozepam, un farmaco che inibisce i movimenti durante l’attività onirica, la sua malattia scomparve, permettendogli di dormire la notte senza problemi. Nonostante il successo della cura nel caso Dorff, il sonno, così come i molti miti che lo riguardano, lascia questioni aperte.
4.2.1 Le fasi del sonno Il sonno è generalmente considerato un momento di tranquillità, in cui si mettono da parte tutte le tensioni accumulate durante il giorno e ci si abbandona a un riposo privo di eventi (Figura 4.1). Tuttavia, dopo un’analisi più attenta, scopriremo che di notte si intraprende una grande attività e che questo stato, generalmente pensato come unico, è in realtà un susseguirsi continuo di eventi diversi. Molta della conoscenza che abbiamo sullo stato del sonno ci deriva dall’analisi dell’elettroencefalogramma, o EEG, una misurazione dell’attività elettrica del cervello. Quando gli elettrodi di un apparecchio per EEG sono applicati alla superficie
Test sul sonno Benché ciascuno di noi dorma per una parte rilevante della propria vita, i miti e i malintesi sul sonno sono estremamente diffusi. Per verificare le vostre conoscenze su sonno e sogni provate a rispondere alle seguenti domande prima di procedere nella lettura del capitolo. 1. Alcune persone non sognano mai.
Vero
Falso
2. La maggior parte dei sogni è causata da sensazioni fisiche come un mal di stomaco.
Vero
Falso
3. È stato dimostrato che le persone hanno bisogno di otto ore di sonno per mantenere la propria salute mentale.
Vero
Falso
4. Le persone non ricordano i propri sogni probabilmente perché cercano di dimenticarli.
Vero
Falso
5. Impedire a qualcuno di dormire significa farlo diventare mentalmente squilibrato.
Vero
Falso
6. Se perdiamo delle ore di sonno possiamo
eventualmente recuperare tutto il sonno perso la notte successiva o un’altra notte.
Vero
Falso
7. Nessuno è in grado di resistere più di 48 ore senza dormire.
Vero
Falso
8. Ognuno è capace di dormire e respirare nello stesso tempo.
Vero
Falso
9. Dormire permette al cervello di riposarsi dato che durante il sonno si ha una scarsa attività del cervello.
Vero
Falso
10. È stato dimostrato che i farmaci sono in grado di fornire una cura a lungo termine per l’insonnia.
Vero
Falso
Punteggio: questo test è molto facile da valutare dato che tutte le affermazioni proposte sono false. Se avete sbagliato a rispondere ad alcune domande non perdete il vostro sonno: sono state scelte per rappresentare le false credenze più comuni sul sonno.
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Figura 4.1 Ci sono molte questioni irrisolte in merito al sonno. Rispondere a questo test potrà aiutarvi a chiarire alcuni fra i miti e malintesi più diffusi. Fonte: adattato da Maas, J. (2016). Sleep Myths – True or False?, American Sleep Association. Retrieved June 1, 2019 from https://www. sleepassociation.org/blogpost/sleep-myths-true-false e Palladino, J.J., e Carducci, B.J., (1984). Students’ knowledge of sleep and dreams. Teaching of Psychology, 11(3), 189-191.
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126 Capitolo 4 Quando il sonno diventa più profondo le onde cerebrali diventanto più lente Stato di veglia Profondità del sonno
Fusi del sonno Stadio 1 (non-REM)
REM Stadio 2 (non-REM) Stadio 3 (non-REM)
Stadio 4 (non-REM)
Figura 4.2 Le onde cerebrali, misurate con un elettroencefalografo (EEG), variano in modo significativo nel corso delle differenti fasi del sonno. Passando dallo stadio 1 allo stadio 4 le onde cerebrali diventano più lente. Fonte: Hobson, J. A. (1989). Sleep. New York: W.H. Freeman.
Fase 1 Fase di transizione dalla veglia al sonno, caratterizzata da onde cerebrali relativamente veloci e di ampiezza ridotta. Fase 2 Una fase più profonda rispetto alla fase 1, caratterizzata da onde dall’andamento più lento e regolare, insieme a interruzioni temporanee chiamate “fusi”. Fase 3 Fase in cui il cervello procede più lentamente, con picchi e flessi più accentuati nell’andamento del tipo di onda rispetto alla fase 2. Fase 4 La fase di sonno più profondo, in cui l’andamento diventa ancora più lento e regolare, rendendo il dormiente sempre meno sensibile a stimolazioni esterne.
della pelle e del cuoio capelluto di un dormiente, vediamo con chiarezza che il cervello non cessa la sua attività nel corso della notte. Si vede infatti che produce scariche elettriche sistematiche sotto forma di onde che cambiano di intensità (o ampiezza) e velocità (o frequenza) in sequenze regolari. Generalmente, le persone attraversano cinque diverse fasi di sonno in una notte, conosciute come fasi da 1 a 4 e sonno REM, ciascuna delle quali dura circa 90 minuti. Ognuna di queste 5 fasi è associata a un diverso tipo di onda cerebrale, come illustrato nella Figura 4.2. Nella fase iniziale del sonno, le persone sperimentano un passaggio da uno stato di veglia, in cui sono rilassati con gli occhi chiusi, alla fase 1, caratterizzata da onde cerebrali relativamente veloci e di ampiezza ridotta. Questa è una transizione dalla veglia al sonno e dura solo qualche minuto. Durante lo stadio 1, talvolta appaiono delle immagini, come se stessimo vedendo delle fotografie, ma questo non è ancora sognare, perché i sogni si verificano più tardi durante la notte. Quando il sonno diventa più profondo, si entra nella fase 2 del sonno, che è la fase che corrisponde a circa la metà del sonno totale delle persone nei loro primi vent’anni di età. Qui le onde cerebrali sono più lente e hanno un andamento più regolare. Nonostante questo, ci sono anche improvvise interruzioni in questo andamento, provocate da picchi di onde particolarmente alti, chiamati, a causa della loro configurazione, fusi. Diventa infatti sempre più difficile riuscire a svegliare una persona man mano che questa si avvia nella fase 2 del sonno. Nella transizione verso la fase 3 del sonno, il cervello procede più lentamente, con picchi e flessi più accentuati nell’andamento del tipo di onda. Quando ci si addentra nella fase 4 del sonno, l’andamento diventa ancora più lento e più regolare, rendendo il dormiente sempre meno sensibile a stimolazioni esterne. Come si può vedere nella Figura 4.3, la fase 4 avviene di solito nella prima parte della notte. Nella prima metà della notte, il sonno è caratterizzato dalle fasi 3 e 4. La seconda metà è invece solitamente occupata dalle fasi 1 e 2 e dalla quinta fase, nella quale sogniamo.
4.2.2 Il sonno REM: il paradosso del sonno Molte volte nel corso di una sola notte, quando un dormiente ritorna a uno stato meno profondo di sonno, avviene qualcosa di curioso. Il battito cardiaco aumenta diventando irregolare, la pressione si alza e i maschi – gli adulti tanto quanto i bambini – hanno ere-
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Figura 4.3 Nel corso della notte chi dorme passa solitamente attraverso tutti i quattro stadi del sonno e numerose fasi REM. Fonte: adattato da Hartmann, E. (1967). The biology of dreaming. Springfield, IL: Charles C. Thomas Publisher.
Veglia
Stadio del sonno
1 2 Sonno REM
3
127
4
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Ore di sonno
zioni. Il tratto più caratteristico di questo stato è il movimento avanti e indietro degli occhi, come se si stesse assistendo a un film d’azione. Questa fase è chiamata sonno REM (acronimo per Rapid Eye Movement cioè “movimenti rapidi degli occhi”) ed è una fase distinta dalle altre quattro, denominate fasi non-REM (o NREM) del sonno. La fase REM non occupa più del 20% del sonno totale di un individuo adulto.
Paradossalmente, i principali muscoli del corpo durante questa fase sembrano immobili, eccetto in rari casi. Inoltre, cosa ben più importante, il sonno REM è generalmente caratterizzato dalla presenza dei sogni. I sogni, che siano ricordati o meno, sono un’esperienza comune a tutti gli esseri umani in un dato momento del sonno. Nonostante i sogni avvengano anche durante le fasi non-REM del sonno, essi sono generalmente un’esperienza legata alla fase REM, nella quale sono solitamente più vividi e più facili da ricordare (Manni e Terzaghi, 2013; Sikka et al., 2017; Blagrove et al., 2019). Ci sono validi elementi per ritenere che la fase REM del sonno influisca in maniera consistente sull’andamento della vita quotidiana. È proprio l’importanza di questa fase che la differenzia dalle altre quattro, tanto da poter raggruppare queste ultime sotto la comune definizione di sonno non-REM. Persone che non sperimentano la fase REM, svegliati ogni qual volta stiano cominciando a presentare i segni fisiologici di tale stato, mostrano un effetto di rebound quando lasciati riposare senza interruzioni. A causa di questo effetto, i soggetti privati della fase REM mostrano, nei giorni successivi, una netta tendenza ad allungare i tempi di sonno REM rispetto al normale (Walker e Van der Helm, 2009; Nielsen et al., 2015; Karabulut et al., 2019).
Sonno REM Fase del sonno, che occupa il 20% del sonno totale di un individuo adulto, caratterizzata da aumento di battito cardiaco, pressione sanguigna e ritmo del respiro, e con erezioni, movimento rapido degli occhi e sogni.
4.2.3 Perché dormiamo e quanto sonno è necessario? Il sonno è necessario per il funzionamento dell’essere umano, ma ancora non se ne conosce esattamente la ragione. È alquanto logico immaginare che il corpo abbia bisogno di tempi di “riposo e rilassamento” per ricaricarsi ed esperimenti su cavie da laboratorio hanno dimostrato che la privazione totale del sonno causa la morte. Alcuni ricercatori, secondo una prospettiva alquanto evoluzionista, ritengono che i nostri avi utilizzassero il sonno per raccogliere le energie di notte, momento in cui era più difficile procacciarsi il cibo. Questa teoria rimane comunque a un livello del tutto speculativo e non spiega in modo esauriente perché abbiamo bisogno di dormire, nonostante sappiamo che una certa misura di sonno è necessaria (Bub, Buckhalt e El-Sheikh, 2011; Tononi e Cirelli, 2013; Menon et al., 2019). Gli scienziati non sono in grado di calcolare con esattezza la quantità di sonno assolutamente necessaria. Per esempio, ai nostri giorni le persone dormono circa 7
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128 Capitolo 4 Figura 4.4 Nonostante la maggior parte delle persone dichiarino di dormire dalle 8 alle 9 ore a notte, questi tempi variano molto (Borbely, 1996). Dove ti collocheresti all’interno di questo grafico e perché pensi di aver più o meno bisogno di sonno rispetto ad altri?
Percentuale nella popolazione
50
40
30
20
10
0
4
5
6
7
8
9
10
11
Numero di ore di sonno
o 8 ore a notte, ma dormono in media 3 ore meno di quanto non facessero gli esseri umani centinaia di anni fa. Inoltre, troviamo un’enorme variabilità da un individuo all’altro, tanto che ad alcune persone bastano anche solo 3 ore di sonno. Il bisogno di sonno varia anche nel corso della vita: generalmente invecchiando si ha bisogno di dormire sempre meno (vedi Figura 4.4 e Figura 4.5). Persone che partecipano a esperimenti di privazione del sonno, tenute sveglie per periodi che arrivano anche a 200 ore, danno segni di resistenza limitata. Non vi è nulla di divertente, diventano per lo più affaticati e irritabili, non riescono a concentrarsi e perdono la creatività, anche solo dopo un breve periodo. Si nota inoltre una diminuzione delle capacità di ragionamento logico. Nonostante questo, dopo gli esperimenti, se lasciati dormire regolarmente, ritornano facilmente alle loro prestazioni normali dopo solo qualche giorno (Mograss et al., 2009; Jackson et al., 2013; Maturana et al., 2015). Per quanto sperimentato, quindi, le persone non subiscono danni a lungo termine se privati del sonno per determinati periodi di tempo. Tuttavia, è molto importante notare come la mancanza di sonno ci renda nervosi, rallenti i nostri tempi di reazione e abbassi le nostre capacità sia mentali sia fisiche. Inoltre mettiamo noi stessi e gli altri a rischio se, avendo molto sonno, continuiamo a intraprendere le nostre attività abituali, per esempio guidare (Morad et al., 2009; Anderson e Home, 2006; Simon et al., 2017). 24 Sonno REM
Figura 4.5 Le persone, invecchiando, tendono a dormire progressivamente sempre meno (Roffwarg et al., 1966). Inoltre, la proporzione di sonno REM diminuisce gradualmente con l’avanzare dell’età.
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Ore di sonno nell’arco di 24 ore
20 Veglia
Sonno non-REM
16
12
8
4
0 1-15 Giorni
3-5
6-23
2-3
3-5
5-9
10-13
Mesi
14-18
19-30
33-35
50
80
Anni Età
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4.2.4 La funzione e il significato del sogno Ero seduto in uno dei cortili della facoltà quando improvvisamente mi resi conto che quello era il giorno del mio esame di psicometria. Ero terrorizzato perché non avevo studiato neanche un po’. Anzi, avevo perso tutte le lezioni quel semestre. Preso dal panico, cominciai a correre cercando disperatamente l’aula nella quale non ero mai stato, ma senza successo. Sapevo che non ce l’avrei fatta e che mio padre non avrebbe più finanziato i miei studi costringendomi ad andare a lavorare.
Se abbiamo fatto un sogno simile a questo, sorprendentemente un tipo di sogno comune a individui impegnati in carriere universitarie, sappiamo quanto possa essere convincente la sensazione di panico e paura che gli avvenimenti di un sogno provocano. Gli incubi, sogni particolarmente spaventosi, avvengono abbastanza di frequente. Secondo uno studio su un campione di studenti universitari che hanno registrato i loro sogni in un periodo di due settimane, quasi la metà del gruppo ha avuto almeno un incubo. Questo ci dice che una persona ha in media 24 incubi all’anno (Schredl e Reinhard, 2011; Cranston et al., 2017; Reks et al., 2017). Tuttavia, la maggior parte dei circa 150 000 sogni che una persona sperimenta in media entro i primi 70 anni di vita non sono così drammatici (Webb, 1992). Solitamente riguardano argomenti della vita quotidiana, come andare al supermercato, lavorare in ufficio, preparare da mangiare. Gli studenti sognano di andare a lezione; i professori di insegnare. I pazienti di un dentista sognano di avere i denti trapanati; il dentista sogna di trapanare il dente sbagliato. Gli inglesi prendono il tè con sua maestà la regina; negli Stati Uniti, le persone vanno al bar col presidente (Schredl e Piel, 2005; Taylor e Bryant, 2007; Nosek et al., 2015). Vedi la Tabella 4.1 per gli argomenti più comuni nei sogni delle persone esaminate. Ma, posto che abbiano qualche significato, cosa vogliono dire questi sogni? Se i sogni abbiano o meno specifici significati e funzioni è argomento di ricerca scientifica da molti anni e sono state avanzate diverse teorie al riguardo.
I sogni rappresentano la soddisfazione di desideri inconsci? Sigmund Freud vedeva i sogni come la guida dell’inconscio (Freud, 1900). Nella sua teoria della soddisfazione dei desideri inconsci, Freud sosteneva che i sogni rappresentano desideri inconsci che gli autori dei sogni vorrebbero realizzare. Dato che si tratta però di desideri che minacciano la consapevolezza che si ha nello stato di veglia, i desideri veri e propri – chiamati il contenuto latente dei sogni – sono camuffati. Il vero argomento e il vero significato del sogno potrebbe avere molto poco a che fare con la sua storia ufficiale, che Freud chiamava il contenuto manifesto del sogno.
Teoria della soddisfazione dei desideri inconsci I sogni rappresentano i desideri inconsci che gli autori dei sogni vorrebbero realizzare. Contenuto latente dei sogni Il vero contenuto dei sogni, spesso costituito da desideri inconfessabili, camuffato dal contenuto manifesto. Contenuto manifesto del sogno Ciò che ricordiamo del sogno.
Tabella 4.1 Benché i sogni tendano a essere soggettivi, esistono degli elementi comuni che spesso si ritrovano nei sogni delle persone. Perché pensi che molti sogni comuni siano spiacevoli e così pochi piacevoli? Credi che questo fatto ci suggerisca una qualche spiegazione circa la funzione dei sogni? PERCENTUALE DI RISPONDENTI CHE RIFERISCONO ALMENO DI UN ELEMENTO ELEMENTI TEMATICI
MASCHI
FEMMINE
Aggressione
47
44
Amicizia
38
42
Sessualità
12
4
Disgrazia
36
33
Successo
15
8
Fallimento
15
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Fonte: Schneider, A., e Domhoff, G.W. (2015). The quantitative study of dreams.
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130 Capitolo 4 Tabella 4.2 Secondo Freud i sogni conterrebbero simboli comuni dotati di significati universali SIMBOLO (CONTENUTO MANIFESTO DEL SOGNO)
INTERPRETAZIONE (CONTENUTO LATENTE)
Salire una scalinata, attraversare un ponte, prendere un ascensore, volare in aeroplano, camminare in un lungo corridoio, entrare in una stanza, viaggiare in treno in una galleria
Rapporto sessuale
Mele, pesche, pompelmi
Seni
Proiettili, fuoco, serpenti, bastoni, ombrelli, fucili, tubi, coltelli
Organo sessuale maschile
Forni, scatole, gallerie, armadi, grotte, bottiglie, navi
Organo sessuale femminile
Attenzione I processi cognitivi di livello elevato sono inattivi
Elaborazione di stimoli visivi complessi
Motivazione Emozione
Attivazione
Formazione della memoria Aree attive durante il sonno REM
Figura 4.6 Le aree del cervello che sono associate alle emozioni e alla capacità di immaginare visivamente vengono maggiormente attivate durante il sonno REM.
Teoria dei sogni per la sopravvivenza I sogni consentono l’elaborazione e il riesame delle informazioni preziose per la nostra sopravvivenza quotidiana.
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Per Freud era importante individuare l’“armatura” del contenuto manifesto del sogno per poterne comprendere il vero significato. Per ottenere ciò, cercò di far parlare i suoi pazienti dei loro sogni, associando poi i simboli ritrovati in essi con eventi del loro passato. Avanzò anche la teoria che nei sogni esistano simboli ricorrenti di significato universale. Per esempio, sogni in cui le persone volano simbolizzano il desiderio di un rapporto sessuale (vedi la Tabella 4.2 per altri esempi di simboli comuni). Molti psicologi rifiutano queste teorie freudiane sul sogno. Credono invece che l’azione stessa, rappresentata nel sogno, sia il punto centrale del suo significato. Per esempio, un sogno in cui percorriamo un lungo corridoio per andare a fare un esame per il quale non siamo preparati non è legato a desideri inconsci repressi. Potrebbe semplicemente significare che siamo preoccupati per un esame che verrà. Anche sogni più complessi possono essere letti in relazione a preoccupazioni e stress legati alla vita quotidiana (Cartwright et al., 2006; Boag, 2017). Per di più, alcuni sogni riflettono eventi che avvengono nell’ambiente circostante mentre si sta dormendo. Per esempio, durante un esperimento, delle persone sono bagnate con dell’acqua mentre stanno sognando. Questi volontari sfortunati riferiscono di aver fatto sogni che coinvolgevano l’acqua molto di più di volontari che invece sono lasciati dormire indisturbati (Dement e Wolpert, 1958). Analogamente, non è raro svegliarsi per un sogno in cui il campanello della porta sta suonando e accorgersi invece che è la nostra sveglia a suonare indicandoci che è tempo di svegliarsi. Tuttavia, recenti studi sembrano ritornare alla teoria della soddisfazione dei desideri inconsci. Secondo il lavoro di Allen Braun e dei suoi colleghi, per esempio, durante la fase REM le parti del cervello coinvolte nelle emozioni e nell’immaginazione visiva sono fortemente attive. Utilizzando i risultati delle tomografie a emissione di positroni (PET) che mostrano l’attività cerebrale, l’equipe di Braun ha scoperto che le regioni limbiche e paralimbiche del cervello, associate a emozione e motivazione, sono particolarmente attive durante il sonno REM. Allo stesso tempo le aree di associazione della corteccia prefrontale, che controllano analisi logica e attenzione, sono inattive (Occhionero, 2004; Wehrle et al., 2007; Perogamvros e Schwartz, 2015; vedi Figura 4.6). Questi risultati possono essere visti a sostegno di molti aspetti della teoria freudiana. Per esempio, l’alto grado di attivazione dei centri emozionali e motivazionali del cervello durante il sogno rende plausibile che i sogni possano riflettere desideri inconsci e bisogni istintuali, proprio come aveva ipotizzato Freud. Il fatto che i centri che regolano le attività di ragionamento razionale rimangano inattivi durante il sonno REM, invece, ci fa pensare che le parti consce della personalità (quelle che Freud chiamava ego e superego) siano inattive. Tale inattività permette ai pensieri inconsci di dominare in questa fase.
La teoria dei sogni per la sopravvivenza Secondo la teoria dei sogni per la sopravvivenza, i sogni ci permettono di elaborare e riconsiderare le informazioni, preziose per la nostra sopravvivenza quotidiana. Qui l’attività onirica è vista come un’eredità dei nostri antenati animali, i cui piccoli cervelli non erano in grado di vagliare informazioni sufficienti durante le ore di veglia. Di conseguenza, sognare ha fornito un meccanismo di elaborazione di informazioni 24 ore su 24.
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Secondo questa teoria i sogni rappresentano preoccupazioni che riguardano la nostra vita quotidiana, che riflettono nostre insicurezze, indecisioni, idee e desideri. I sogni sono in linea con la nostra vita di tutti i giorni. Invece di essere desideri inespressi come suggeriva Freud, rappresentano preoccupazioni chiave che scaturiscono dalle esperienze quotidiane (Ross, 2006; Horton, 2011). La ricerca scientifica appoggia la teoria dei sogni per la sopravvivenza, sostenendo che alcuni sogni permettono alle persone di focalizzare e consolidare memorie, in particolare i sogni che riguardano memorie legate alle modalità delle capacità motorie. Per esempio, sembra che i ratti sognino i labirinti che imparano ad attraversare durante il giorno, almeno secondo quanto mostra l’andamento della loro attività cerebrale durante il sonno (Stickgold et al., 2001; Kuriyama et al., 2004; Smith, 2006). Un simile meccanismo sembra avvenire negli esseri umani. Per esempio, in un esperimento i partecipanti imparano a superare una prova di memoria visiva verso la fine della giornata. Sono poi mandati a letto ma svegliati in momenti specifici della notte. Se svegliati in momenti che non interrompono l’attività onirica, la loro prestazione il giorno dopo migliora notevolmente rispetto al giorno precedente. Se invece sono svegliati durante il sonno REM, cioè mentre sognano, la loro esecuzione peggiora. Deduciamo, quindi, che sognare può avere un ruolo nell’aiutarci a ricordare informazioni a cui siamo stati precedentemente esposti (Marshall e Born, 2007; Blechner, 2013; Schoch et al., 2019).
La teoria della sintesi-attivazione Secondo lo psichiatra J. Allan Hobson, che ipotizza la teoria della sintesi-attivazione, il cervello produce energia elettrica in modo del tutto casuale durante la fase REM del sonno, probabilmente a causa dei cambiamenti nella produzione di particolari neurotrasmettitori. Questa energia elettrica a sua volta stimola in maniera casuale i ricordi conservati nelle diverse parti del cervello. Avendo però bisogno di dare un senso a ciò che ci circonda anche quando dormiamo, il cervello prende queste memorie caotiche e le riorganizza secondo un filo logico, riempiendo i vuoti esistenti per creare uno scenario razionale, che coincide con la trama del sogno (Hobson, 2005; Hangya et al., 2011). Nonostante questo, Hobson non esclude totalmente che i sogni possano riflettere i nostri desideri inconsci; crede infatti che lo scenario fornito dal sogno non sia casuale ma possa invece essere una chiave di lettura per paure, emozioni e preoccupazioni personali. In conclusione, ciò che scaturisce da un processo casuale culmina poi in qualcosa di ricco di significato.
Teoria della sintesi-attivazione L’energia elettrica, generata casualmente dal cervello durante la fase REM, stimola i ricordi che il cervello riorganizza creando la trama dei sogni.
Una prospettiva sulle teorie del sogno La varietà delle teorie sul sogno elencate ci mostra come la ricerca abbia ancora molto da discutere rispetto al significato fondamentale dei sogni. La Tabella 4.3 Tabella 4.3 Tre teorie sul sogno. I ricercatori non hanno ancora raggiunto un accordo sul significato fondamentale dei sogni e pertanto sono state avanzate numerose teorie sul sogno.
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TEORIA
SPIEGAZIONE
SIGNIFICATO DEL SOGNO
IL SIGNIFICATO DEL SOGNO È DISSIMULATO?
Soddisfazione dei desideri inconsci (Freud)
I sogni rappresentano desideri inconsci che chi sogna vorrebbe soddisfare
I contenuti latenti rivelano i desideri inconsci
Sì, dal contenuto manifesto dei sogni
Sogni per la sopravvivenza
Le informazioni rilevanti per la sopravvivenza quotidiana vengono riprese in considerazione e rielaborate
I riferimenti alla vita quotidiana si riferiscono alla sopravvivenza
Non necessariamente
Sintesi-attivazione
I sogni sono il risultato dell’attivazione casuale di diversi ricordi che sono assemblati a comporre una storia dotata di senso logico
Lo scenario del sogno che viene costruito si riferisce al significato del sogno
Non necessariamente
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132 Capitolo 4 riassume le tre teorie principali. Esistono altre teorie sull’argomento e questo riflette il fatto che la ricerca sui sogni si basa su riferimenti personali di fenomeni nascosti, non direttamente osservabili. A oggi, il vero significato dei sogni rimane un mistero (Domhoff, 2001, 2003; Stern et al., 2001).
4.2.5 I disturbi del sonno: problemi di addormentamento Insonnia Difficoltà nel dormire.
Apnea del sonno Patologia per cui chi dorme respira con difficoltà.
Terrori notturni Risvegli improvvisi da uno stato di sonno non-REM, accompagnati da sensazioni di estrema paura, panico e forte eccitazione fisiologica.
Narcolessia Sonno incontrollato di breve durata che colpisce i soggetti da svegli.
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Prima o poi, ciascuno di noi sperimenta la difficoltà nel dormire, quella condizione chiamata insonnia. Questo stato può essere causato da molti fattori, per esempio una relazione che finisce, la preoccupazione per il risultato di un esame, la perdita di un lavoro. Tuttavia, alcuni casi di insonnia non sono provocati da cause così ovvie. Alcune persone non riescono semplicemente ad addormentarsi oppure si addormentano ma poi tendono a svegliarsi ripetutamente nel corso della notte. L’insonnia è un disturbo che affligge oltre il 30% della popolazione dell’Unione Europea. È interessante notare che molte delle persone che pensano di avere problemi di sonno si sbagliano. Per esempio, ricerche sull’argomento ci dicono che in alcuni casi persone che dichiarano di essere stati svegli tutta la notte in realtà impiegano trenta minuti ad addormentarsi, ma poi rimangono addormentati tutto il resto del tempo. Oppure, alcune persone affette da insonnia possono riferire con esattezza di avere sentito suoni durante il sonno, il che può dare l’impressione di essere stati svegli durante la notte. È per questa ragione che alcuni ricercatori affermano che le future medicine contro l’insonnia saranno volte a cambiare la percezione della quantità di sonno delle persone piuttosto che a farle semplicemente dormire di più (Semler e Harvey, 2005; Yapko, 2006; Crönlein et al., 2019). Altri disturbi del sonno sono meno comuni rispetto all’insonnia, nonostante siano molto diffusi. Per esempio, circa 20 milioni di persone soffrono di apnea del sonno, una malattia per cui chi dorme respira con difficoltà. Il risultato è quello di un sonno disturbato, discontinuo, dato che la persona si sveglia continuamente quando la mancanza di ossigeno diventa tale da causare il risveglio. Alcune persone si svegliano anche 500 volte in una notte, anche senza accorgersene. Non sorprende che il risultato di questa condizione sia una sensazione di affaticamento il giorno successivo. Sembra che l’apnea del sonno possa inoltre avere un ruolo nella sindrome della morte improvvisa infantile (SIDS), una misteriosa causa di morte nel sonno in neonati apparentemente sani (Tippin et al., 2009; Arimoto et al., 2011; Bjornsdottir et al., 2015). I terrori notturni sono risvegli improvvisi da uno stato di sonno non-REM, accompagnati da sensazioni di estrema paura, panico e forte eccitazione fisiologica. I terrori notturni avvengono solitamente durante la fase 4 del sonno e possono essere così forti da far emettere un urlo al risveglio. Nonostante possano essere fonte di forte agitazione, le vittime riescono a riaddormentarsi velocemente. Sono più frequenti in bambini dai 3 agli 8 anni, ma possono colpire anche soggetti adulti. La causa dei terrori notturni è sconosciuta, ma si sa che non è legata a disturbi emotivi (Sasayama et al., 2016). La narcolessia è un sonno incontrollato che dura poco e colpisce i soggetti da svegli. Indipendentemente dal tipo di attività che si sta svolgendo (discussioni accese, esercizio fisico, guida di un autoveicolo), un narcolettico può improvvisamente addormentarsi. Questi soggetti passano direttamente dallo stato di veglia alla fase REM, senza attraversare le altre fasi. Le cause della narcolessia sono sconosciute, ma è stato scoperto che esiste una componente genetica, dato che la narcolessia è ereditata all’interno delle famiglie (Ervik, Abdelnoor e Heier, 2006; Nishino, 2007; Billiard, 2008; Zamarian et al., 2015). Sappiamo poco dei casi di sonnambulismo e sonniloquio, disturbi solitamente innocui. Sappiamo che avvengono nella fase 4 del sonno e che sono più diffusi nei bambini che negli adulti. I soggetti affetti da sonnambulismo hanno una vaga per-
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cezione del mondo che li circonda e sono in grado di muoversi con agilità attorno a ostacoli in una stanza affollata. Eccetto in casi in cui i sonnambuli si muovono in ambienti pericolosi, solitamente questo disturbo non mette particolarmente a rischio. L’idea diffusa che sia pericoloso svegliare un sonnambulo è pura superstizione (Licis et al., 2011; Haridi et al., 2017; Drakatos et al., 2019).
4.2.6 Ritmi circadiani: cicli della vita Il fatto che ci muoviamo ciclicamente tra stati di veglia e di sonno è un esempio dei ritmi circadiani del nostro corpo. I ritmi circadiani (dal latino circa diem, “attorno al giorno”) sono processi biologici che si susseguono ripetutamente in cicli di circa 24 ore. Sonno e veglia, per esempio, avvengono naturalmente al ritmo di un “pacemaker” interno che lavora in cicli di circa 24 ore. Numerose altre funzioni fisiologiche seguono i ritmi circadiani, per esempio la temperatura del corpo e i cicli mestruali femminili (Beersma e Gordijn, 2007; Blatter, 2007; Labrecque e Cermakian, 2015). I ritmi circadiani sono complessi e coinvolgono un insieme di funzioni (vedi Figura 4.7). Per esempio, la stanchezza non ci coglie solo la sera ma arriva secondo un andamento regolare nel corso della giornata, con picchi più alti a metà pomeriggio, e senza relazione diretta col fatto di aver fatto un pranzo sostanzioso. L’abitudine quotidiana di molte culture di fare una siesta pomeridiana permette di usufruire della naturale tendenza del corpo al riposo in questa parte della giornata (Takahashi et al., 2004; Reilly e Waterhouse, 2007; Egan et al., 2017). Il nucleo sovrachiasmatico del cervello (NSC) controlla il ritmo dei cicli circadiani. Tuttavia anche la variazione di luce e buio a cui siamo esposti, che a sua volta è diversa a seconda delle stagioni dell’anno, influisce sui ritmi circadiani. Alcune persone, infatti, soffrono del disturbo affettivo stagionale, una forma di forte depressione nella quale i sentimenti di disperazione e di rinuncia aumentano durante l’inverno e diminuiscono il resto dell’anno. Questo disturbo sembra essere causato dalla brevità e dal buio delle giornate invernali. L’esposizione quotidiana alla luce è talvolta un rimedio sufficiente al miglioramento dell’umore dei soggetti affetti da tale forma depressiva (Monteleone et al., 2011; Patten et al., 2017; Rohan et al., 2019). I ritmi circadiani spiegano inoltre la difficoltà affrontata dalle persone che volano attraverso più fusi orari, il fenomeno del jet lag. I piloti aerei, così come altre persone che cambiano costantemente turni di orari lavorativi (poliziotti, medici 7:00 • I sintomi della febbre da fieno peggiorano 6:00 • È più probabile l’inizio del ciclo mestruale • I livelli di insulina nel sangue sono più bassi • La pressione del sangue e il battito cardiaco iniziano ad aumentare • Aumentano i livelli del cortisolo, l’ormone dello stress • I livelli della melatonina iniziano a diminuire 4:00 • È più probabile che si verifichino attacchi d’asma 2:00 • I livelli dell’ormone della crescita sono più elevati 1:00 • Le donne gravide hanno più frequentemente le doglie • Le cellule immunitarie chiamate linfociti T helper raggiungono il livello più alto della giornata
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8:00 • Aumenta il rischio di attacchi di cuore e di ictus • I sintomi dell’artrite reumatoide peggiorano • I linfociti T helper sono al livello più basso della giornata
Ritmi circadiani Processi biologici che si susseguono ripetutamente in cicli di circa 24 ore.
Figura 4.7 Tempi diurni e tempi notturni: il nostro corpo subisce cambiamenti nell’arco delle 24 ore. Durante la giornata i nostri ritmi circadiani producono un’ampia gamma di effetti.
Mezzogiorno • Il livello di emoglobina nel sangue raggiunge il massimo 15:00 • La forza manuale, la frequenza respiratoria e la sensibilità dei riflessi sono al massimo 16:00 • La temperatura del corpo, la frequenza delle pulsazioni e la pressione sanguigna raggiungono il loro massimo giornaliero 18:00 • Il flusso urinario è più elevato 21:00 • La soglia del dolore è al minimo 23:00 • Sono più probabili le reazioni allergiche
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134 Capitolo 4 ecc.), devono lottare contro i loro orologi interni. Il risultato di questo può essere affaticamento, irritabilità o, in casi peggiori, errori gravi. Una ricerca ha constatato che la maggior parte dei disastri causati da errori umani sono avvenuti a tarda notte, come nel caso del disastro petrolifero della Exxon Valdez in Alaska e dell’incidente del reattore nucleare di Chernobyl (Moore-Ede, 1993; Refinetti, 2005). Per contro alcune ricerche hanno messo in luce un aumento di creatività alla sera quando le persone sono stanche. Probabilmente l’affaticamento riduce le inibizioni consentendo pensieri più creativi (Barber, 2019).
4.2.7 Sogni a occhi aperti: i sogni senza sonno
Sogni a occhi aperti Fantasie che le persone costruiscono da sveglie.
È una magia: i nostri errori passati possono essere spazzati via e il futuro riempito di avvenimenti degni di nota. Successo, felicità, benessere possono essere nostri. Un istante dopo però, le tragedie più gravi si possono abbattere su di noi, lasciandoci distrutti, soli e senza un soldo. La fonte di tali scenari è quella dei sogni a occhi aperti, fantasie che le persone costruiscono da sveglie. A differenza dei sogni che avvengono durante la notte, i sogni a occhi aperti sono maggiormente sotto il controllo diretto dei loro autori. È per questo che normalmente il loro contenuto è legato più a eventi riguardanti l’ambiente circostante che al contenuto dei sogni durante il sonno. Anche se possono avere un contenuto di tipo sessuale, i sogni a occhi aperti riguardano anche altre attività o avvenimenti di rilievo per la vita di una persona. I sogni a occhi aperti sono una parte specifica della coscienza da svegli, anche se la consapevolezza dell’ambiente circostante diminuisce in questo stato. Le persone sognano a occhi aperti in quantità molto diverse le une dalle altre. Per esempio, dal 2 al 4% circa della popolazione si ritrova a fantasticare per almeno metà del suo tempo libero. Nonostante la maggior parte delle persone sogni a occhi aperti molto meno rispetto a queste cifre, quasi tutti lo fanno a diversi livelli. Studi in cui si chiede alle persone di dichiarare che cosa stanno facendo in diversi momenti della giornata dimostrano che sognano a occhi aperti per circa il 10% del tempo. Il contenuto di tali fantasie è per lo più di tipo ordinario e comune, come pagare il canone della televisione, fare la spesa, risolvere un problema di cuore (Pisarik, Rowell e Currie, 2013; Reddy, 2016; Ostojic-Aitkens et al., 2019). Sognare frequentemente a occhi aperti potrebbe far pensare a problematiche di tipo psicologico, tuttavia sembra esserci poca relazione tra le due cose. Eccetto in rari casi in cui un sognatore a occhi aperti non è in grado di distinguere una fantasia dalla realtà (un sintomo dell’esistenza di seri problemi psicologici), fantasticare sembra essere una parte normale dello stato di coscienza. Anzi, la fantasia può essere d’aiuto per la salute psicologica di alcune persone in quanto ne va a potenziare la creatività e permette loro di usare l’immaginazione per comprendere le esperienze delle altre persone (Pihlgren et al., 1993; Lynn et al., 1996). Benché i sogni a occhi aperti possano manifestarsi in qualunque momento della giornata, purché sussistano le condizioni di estraniarsi dalla realtà anche per poco, buona parte di queste fantasie si verifica nella fase immediatamente precedente l’addormentamento (durante il dormiveglia che precede la prima fase del sonno) e la mattina dopo il risveglio prima che ci si alzi dal letto. La produzione di fantasie prima di addormentarsi viene definita attività ipnagogica, quella successiva al risveglio assume invece il nome di attività ipnopompica.
4.2.8 Si può dormire meglio? Hai problemi di sonno? Non sei solo: 70 milioni di persone negli Stati Uniti e almeno 150 nell’Unione Europea hanno problemi legati al sonno. Per chi passa ore a
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muoversi e rigirarsi nel letto, gli psicologi che studiano i disturbi del sonno hanno una serie di suggerimenti per combattere l’insonnia (Buysse et al., 2011; Reddy, 2013; Chung et al., 2018). Ecco alcuni suggerimenti.
• Esercizio durante il giorno (almeno 6 ore prima di andare a letto) ed evitare sonnellini. Ovviamente questo metodo aiuta a sentirsi stanchi prima di andare a dormire. Inoltre, l’apprendimento di alcune tecniche di rilassamento sistematico e il biofeedback possono essere d’aiuto nel liberarsi da stress e tensioni accumulate durante il giorno. • Scegliere un orario preciso per andare a letto e osservarlo con regolarità. Aderire a un programma abituale aiuta i meccanismi interni di sincronizzazione a regolarizzare le funzioni del corpo con efficacia. • Non dedicare il letto ad altre attività. Riservare altre parti dell’abitazione alle attività di studio, lettura, pasti, guardare la televisione e ad altre attività di svago. Seguire questo consiglio trasformerà il letto in un segnale di chiamata al sonno. • Evitare bevande contenenti caffeina dopo pranzo. Gli effetti di tè, caffè e altre bevande possono durare fino a dodici ore dopo la somministrazione. • Bere un bicchiere di latte caldo prima di dormire. Il latte contiene il triptofano, una sostanza che, stimolando la produzione di serotonina, ha un effetto rilassante. • Evitare l’uso di sonniferi. Nonostante, secondo una ricerca, più del 25% della popolazione statunitense adulta dichiari di aver fatto uso di farmaci per indurre il sonno nel corso di un anno, a lungo termine l’uso di questi farmaci risulta peggiorare la situazione invece che essere d’aiuto in quanto sconvolge il ciclo naturale del sonno. • Provare a non dormire. Questo approccio funziona perché spesso le persone non riescono ad addormentarsi perché ci provano troppo intensamente. Una migliore strategia consiste nell’andare a letto solo quando ci si sente stanchi. Se non ci si addormenta nel corso dei primi dieci minuti, ci si può rialzare e si può fare qualcos’altro, rimettendosi a letto quando ci si sente stanchi. Si può continuare a ripetere il metodo anche tutta la notte, se necessario. L’importante è poi alzarsi alla stessa ora ogni mattina e non riposarsi durante il giorno. Dopo tre o quattro settimane la maggior parte della gente tende ad associare il letto al sonno e ad addormentarsi senza problemi (Smith e Lazarus, 2001).
4.3 Ipnosi e meditazione Ti senti rilassato e insonnolito, ti senti sempre più stanco, il tuo corpo sta diventando debole. Adesso cominci a riscaldarti, a sentirti a tuo agio, più comodo. Le tue palpebre sono sempre più pesanti. Gli occhi si chiudono, non riesci a tenerli aperti. Sei completamente rilassato. Ora ascolta la mia voce e fai esattamente quello che ti dico. Metti le mani sopra la testa. Sentirai come diventeranno sempre più pesanti, tanto che non riuscirai quasi a tenerle su. Difatti, nonostante ti sforzerai più che puoi, non riuscirai più a tenerle su.
Concetti chiave Che cosa è l’ipnosi? Le persone ipnotizzate vivono uno stato diverso di coscienza? Quali sono gli effetti della meditazione?
Un osservatore esterno vedrebbe la scena come molto strana. Molte delle persone che ascoltano la voce farebbero cadere le braccia come pesi morti una dopo l’altra. La ragione di questo comportamento? Tali soggetti sono sotto ipnosi. Solo di recente l’ipnotismo è diventato un’area di studio degna di interesse scientifico. L’iniziale rifiuto dell’ipnosi è legato alle sue origini piuttosto curiose, quando nel XVIII secolo Franz Mesmer affermò che una sorta di “magnetismo animale” poteva essere usato per influenzare le persone e per curare le malattie. Dopo che una commissione di inchiesta capeggiata da Benjamin Franklin screditò il fenomeno, l’ipnosi venne associata a una cattiva reputazione finché nel XIX secolo non riconquistò la rispettabilità perduta. Nonostante questo, a oggi la natura dell’ipnosi è un argomento controverso.
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136 Capitolo 4
4.3.1 Lo stato ipnotico Ipnosi Stato di similtrance caratterizzato da una predisposizione a suggerimenti esterni.
Soggetti sotto ipnosi sono in uno stato di simil-trance caratterizzato da una predisposizione a suggerimenti esterni. Per certi versi sembra che queste persone stiano dormendo, per altri invece il loro comportamento contraddice questa impressione, risultando difatti molto concentrate sui suggerimenti dell’ipnotizzatore, tanto da poter eseguire azioni assurde o buffe. Nonostante la loro compiacenza sotto ipnosi, le persone non perdono del tutto la loro volontà personale. Non eseguirebbero mai comportamenti antisociali o autodistruttivi. Non rivelano verità nascoste su di loro e sono capaci di mentire. Inoltre, non possono essere ipnotizzate contro la propria volontà, nonostante i luoghi comuni sull’argomento lo sostengano (Raz, 2007; Lynn, Laurence e Kirsch, 2015). Esiste tra le persone un’enorme variabilità nella risposta all’ipnosi. Dal 5 al 25% circa della popolazione non riesce a essere ipnotizzata, mentre il 15% vi riesce facilmente. La maggior parte del resto delle persone presenta una media tra i due estremi. La facilità con cui alcuni soggetti vengono ipnotizzati è legata a una serie di altri elementi. Gli individui che vengono facilmente ipnotizzati sono altrettanto facilmente assorti quando leggono un libro o ascoltano una musica, tanto da diventare inconsapevoli di cosa succede attorno a loro, e solitamente passano molto del loro tempo a sognare a occhi aperti. In sostanza, mostrano una grande capacità di concentrazione e di assorbimento completo in ciò che stanno facendo (Parris, 2017; Gurney et al., 2019; Palfi et al., 2019).
Uno stato di coscienza diverso? Che l’ipnosi sia o meno uno stato di coscienza qualitativamente diverso da uno stato di veglia normale è questione molto controversa. Lo psicologo Ernest Hilgard suggerì la convincente teoria per cui l’ipnosi è uno stato di coscienza molto diverso da altri stati. Addusse, come argomenti, che particolari comportamenti distinguono l’ipnosi da altri stati, come uno stato di grande apertura alle suggestioni, una maggiore capacità di ricordare e costruire immagini, l’accettazione di suggerimenti che si scontrano chiaramente con la realtà. Inoltre, specifici cambiamenti nell’attività elettrica del cervello sono associati con gli stati di ipnosi, cosa che va anch’essa a sostenere la teoria dell’ipnosi come stato di coscienza diverso dalla normale veglia (Hinterberger, Schöner e Halsband, 2011; Fingelkurts et al., 2007; Keppler, 2017). La posizione opposta, invece, rifiuta la visione per cui l’ipnosi è considerata significativamente diversa da uno stato di veglia normale. Per questi studiosi, infatti, le alterazioni nell’andamento delle onde cerebrali non sono un indizio sufficiente per dimostrare una differenza qualitativa, dato che non viene riscontrato nessun altro tipo di cambiamento a livello fisiologico. Inoltre, non esistono prove sufficienti per affermare che gli adulti riescano a ricordare dettagliatamente eventi della loro infanzia sotto ipnosi. Questa mancanza di prove suggerisce che non ci sia nulla di qualitativamente speciale nella trance ipnotica (Hongchun e Ming, 2006; Wagstaff, 2009; Wagstaff, Wheatcroft e Jones, 2011). Approcci più recenti alla questione sostengono che lo stato ipnotico potrebbe esssere meglio visto come un fenomeno né totalmente diverso da altri stati di coscienza, né totalmente simile a uno stato di coscienza di normale veglia (Kihlstrom, 2005; Jamieson, 2007; Ranscombe, 2019). Anche se la discussione intorno all’argomento continua, un dato risulta chiaro: l’ipnosi è stata utilizzata con successo per risolvere problemi reali. Psicologi che lavorano in diverse aree hanno infatti trovato che l’ipnosi può essere uno strumento efficace e affidabile (Rhue et al., 1993). L’ipnosi è stata adottata in varie aree di lavoro. Eccone alcuni esempi.
• Controllo del dolore. Pazienti con dolori cronici possono ricevere la suggestione, sotto ipnosi, che il loro dolore è sparito, o diminuito. Possono anche imparare
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ad auto-ipnotizzarsi per alleviare il dolore o acquisire un senso di controllo sui sintomi. L’ipnosi si è mostrata particolarmente utile nei casi di dolore durante il parto e durante le cure dentistiche (Accardi e Milling, 2009; Spiegekìl, 2015; Thompson et al., 2019). • Diminuire il fumo. Nonostante non abbia mostrato buoni risultati nella lotta contro l’abuso di droghe e alcol, l’ipnosi ha talvolta aiutato le persone a smettere di fumare tramite il suggerimento, sotto ipnosi, che il sapore e l’odore delle sigarette è sgradevole (Green et al., 2008; Li et al., 2019). • Cura di disturbi psicologici. L’ipnosi è utilizzata in alcune fasi della cura di disturbi psicologici. Per esempio, può essere usata per aumentare il rilassamento, diminuire l’ansia, incrementare aspettative di successo, modificare pensieri controproducenti (Golden, 2006; Iglesias, 2005; Etzrodt, 2013). • Collaborazione nell’applicazione della legge. Testimoni e vittime sono talvolta più in grado di ricordare i dettagli di un crimine quando sottoposti a ipnosi. In un caso specifico, un testimone del rapimento di un gruppo di bambini in California riuscì sotto ipnosi a ricordare tutti i caratteri della targa del veicolo dei rapitori tranne uno (Whitehouse et al., 2005). Tuttavia, le ricostruzioni di eventi sotto ipnosi sono spesso incomplete, motivo per cui il riconoscimento legale dell’ipnosi rimane questione irrisolta (Knight e Meyer, 2007; Major, 2019). • Miglioramento della prestazione atletica. Gli atleti talvolta ricorrono all’ipnosi per migliorare le proprie prestazioni. Per esempio, alcuni giocatori di baseball hanno usato l’ipnosi per aumentare la propria concentrazione nella battuta, con risultati considerevoli (Barker e Jones, 2008). Tuttavia, più frequentemente gli atleti ricorrono al training autogeno, una tecnica di rilassamento che si è dimostrata molto utile nel trattamento degli stati ansiosi, dell’insonnia e dello stress. Questa tecnica non implica l’intervento di un operatore esterno, come avviene nell’ipnosi, ma, una volta appresa, può essere autonomamente gestita (Barker e Jones, 2008; Tramontana, 2011; Carlstedt, 2017).
4.3.2 Meditazione: regolare il proprio stato di coscienza Quando praticanti tradizionali dell’antica religione del buddismo zen desiderano raggiungere una maggiore intuizione spirituale, ricorrono a una tecnica utilizzata da secoli al fine di alterare il loro stato di coscienza. Questa tecnica è chiamata meditazione. La meditazione è una tecnica acquisita che mira alla focalizzazione dell’attenzione, cosa che a sua volta porta a uno stato di coscienza alterato. La meditazione consiste solitamente nella ripetizione continua di un mantra, un suono, una parola o una sillaba. In altre forme di meditazione l’attenzione si ferma su un’immagine, una fiamma o una specifica parte del corpo. Qualunque sia la natura dello stimolo iniziale, la chiave sta in una concentrazione su di esso talmente assorta da rendere il soggetto inconsapevole di qualsiasi stimolo e da fargli raggiungere un diverso stato di coscienza. Dopo la meditazione, gli individui riferiscono uno stato di rilassamento diffuso. Talvolta riportano di aver avuto nuove intuizioni su loro stessi e sui problemi che li riguardano. La pratica della meditazione su un lungo periodo può inoltre avere effetti positivi sulla salute, in quanto tale stato produce dei cambiamenti di tipo biologico. Infatti, durante la meditazione il consumo di ossigeno diminuisce, il battito cardiaco è ridotto così come la pressione sanguigna e l’andamento delle onde cerebrali può cambiare (Travis et al., 2009; Lee, Kleinman e Kleinman, 2007; Steinhubl et al., 2015; vedi Figura 4.8). Chiunque può meditare, seguendo alcune semplici indicazioni. I requisiti fondamentali sono: sedersi in una stanza silenziosa a occhi chiusi, respirare profondamente e ritmicamente e ripetere di continuo una parola o un suono, per esempio la parola “uno”. Se praticata due volte al giorno per venti minuti, la tecnica porta
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Meditazione Tecnica acquisita che mira alla focalizzazione dell’attenzione, che a sua volta porta a uno stato di coscienza alterato.
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Figura 4.8 L’uso di ossigeno da parte del corpo diminuisce in modo significativo durante la meditazione. Fonte: Benson, H. (1993). The relaxation response. In: D. Goleman e J. Guerin (Eds.), Mind-body medicine: How to use your mind for better health. Yonkers, NY: Consumer Reports Publications.
Consumo di ossigeno (centimetri cubi al minuto)
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facilmente al rilassamento (Mohan, Sharma e Bijlani, 2011; Aftanas e Golosheykin, 2005). Esistono inoltre prove dell’efficacia a lungo termine di alcuni tipi di meditazione, per esempio nelle malattie cardiache (Shaner et al., 2017; Yadav et al., 2017; Voiß et al., 2019) Come esemplificato da quanto finora detto, la meditazione è un mezzo volto ad alterare lo stato di coscienza praticato da varie culture, anche se assume diverse forme ed è utilizzato per diversi scopi a seconda del diverso contesto culturale. Una delle motivazioni che promuove lo studio della coscienza è proprio la realizzazione del fatto che in molte culture gli individui si dedicano alla ricerca sistematica di strade che portano all’alterazione del proprio stato di coscienza (Walsh e Shapiro, 2006). Concetti chiave Quali sono le principali classificazioni delle sostanze psicoattive e quali i loro effetti?
Sostanze psicoattive Sostanze che influenzano le emozioni, le percezioni e il comportamento di una persona.
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4.4 L’uso di sostanze che alterano la coscienza I casi di adolescenti che sperimentano l’uso di sostanze capaci di alterare la loro coscienza sono più frequenti di quanto si possa immaginare. I più fortunati, dopo aver sperimentato vere e proprie dipendenze, intraprendono un lungo percorso riabilitativo che li riconduce a una vita priva di dipendenza da sostanze. Negli Stati Uniti, il numero di studenti di scuola media secondaria di primo grado che beve alcolici è aumentato di 1/3 dagli anni Settanta del Novecento a oggi, anche se il consumo totale di alcol nella popolazione è rimasto sostanzialmente stabile. I farmaci fanno comunque parte della vita di ciascuno di noi. A partire dall’infanzia gran parte delle persone assumono vitamine, aspirina, anti-influenzali e altri farmaci e le ricerche rivelano che l’80% degli adulti negli Stati Uniti ha assunto antidolorifici da banco negli ultimi 6 mesi. Tuttavia, questi farmaci producono raramente uno stato alterato di coscienza (Dortch, 1996). Al contrario, alcune sostanze, note come psicoattive, sono in grado di produrre alterazioni dello stato di coscienza. Le sostanze psicoattive influenzano le emozioni, le percezioni e il comportamento delle persone. Anche questo tipo di sostanze fa parte della nostra vita. Se vi è capitato di bere una tazza di caffè o di sorseggiare una birra, avete assunto sostanze psicoattive. Molte persone hanno assunto sostanze psicoattive più potenti e pericolose di caffè e birra (Figura 4.9); per esempio, indagini riportano che il 49% degli studenti americani che frequentano le ultime classi delle scuole superiori ha assunto sostanze stupefacenti illegali nel corso dell’ultimo anno. Inoltre il 43% riferisce di essersi
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ubriacato. Le cifre in riferimento alla popolazione adulta sono anche più elevate (Miech et al., 2019). Naturalmente c’è una notevole variabilità negli effetti che le droghe possono avere su chi le utilizza, in parte perché interessano il sistema nervoso in molti modi diversi. Alcune sostanze alterano il sistema limbico e altre intaccano il modo di operare di specifici neurotrasmettitori attraverso le sinapsi neuronali. Per esempio, alcune droghe bloccano o aumentano il rilascio di neurotrasmettitori, altre alterano i processi di ricezione o di eliminazione di un neurotrasmettitore e altre ancora imitano gli effetti di un particolare neurotrasmettitore (Figura 4.10). Le sostanze più pericolose producono dipendenza, determinano cioè un bisogno biologico o psicologico in chi ne fa uso, e la mancata assunzione genera un gran desiderio per la sostanza che, in alcuni casi, può essere quasi insopportabile. La dipendenza può essere su base biologica: l’organismo si abitua a funzionare in presenza di una certa sostanza al punto di non riuscire a funzionare senza. Oppure può avere una matrice psicologica, nei casi in cui le persone credono di aver bisogno della droga per contrastare lo stress della vita quotidiana. Benché, generalmente, si associ la tossicodipendenza a droghe come l’eroina, qualunque tipo di sostanza psicoattiva, come la caffeina (contenuta nel caffè) e la nicotina (contenuta nelle sigarette), può indurre dipendenza (Falbe et al., 2019).
Aumenta la ricezione imitando il neurotrasmettitore
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Blocca i recettori del neurotrasmettitore
Figura 4.9 Quanti adolescenti usano droghe? I risultati di una recente indagine che ha coinvolto 14 000 studenti di scuola superiore negli Stati Uniti indicano la percentuale di coloro che hanno risposto di aver usato diverse sostanze almeno una volta per usi non curativi. Potete immaginare qualunque motivo per cui gli adolescenti, contrariamente agli anziani, sono propensi ad assumere droghe? Fonte: Miech et al., (2019). Monitoring the Future national survey results on drug use, 1975–2018: Volume I, Secondary school students. Ann Arbor: Institute for Social Research, The University of Michigan.
Sostanze che inducono dipendenza Sostanze che producono una dipendenza biologica o psicologica in chi le usa al punto che astenersi dall’usarle induce a desiderarne l’assunzione a volte in modo quasi irresistibile.
Blocca il riassorbimento del neurotrasmettitore
Aumenta il rilascio di neurotrasmettitore Blocca il rilascio di neurotrasmettitore
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Figura 4.10 Sostanze psicoattive diverse colpiscono parti diverse del sistema nervoso e del cervello e ogni droga funziona in uno di questi modi specifici.
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140 Capitolo 4 Sappiamo incredibilmente poco sulle cause sottostanti alla tossicodipendenza. Uno dei problemi relativi all’identificazione di queste cause è che sostanze diverse (come alcol e cocaina) colpiscono il cervello in modi diversi ma possono produrre in egual misura dipendenza. Inoltre si impiega più tempo a diventare dipendenti da alcune droghe che non da altre, anche se le conseguenze finali dello stato di dipendenza possono essere gravi in egual misura (Smart, 2007; Holmes, 2017). Perché le persone assumono droghe la prima volta? Esistono molte spiegazioni che vanno dal piacere provocato dall’esperienza in sé, alla fuga dalle pressioni quotidiane della vita che la droga permette, al tentativo di raggiungere uno stato di estasi spirituale. Tuttavia anche altri fattori, che hanno ben poco a che vedere con l’esperienza in sé, inducono le persone a provare le droghe (Korcha et al., 2011; Chapman e Wu, 2015). Per esempio, il presunto uso di droghe da parte di personaggi pubblici di una certa fama, la facilità con cui si può entrare in possesso di sostanze e la pressione del gruppo dei pari giocano un ruolo nella decisione di assumere droghe. In alcuni casi il motivo è semplicemente il brivido che si prova quando si sperimenta qualcosa di nuovo. Inoltre, il senso di impotenza vissuto dai disoccupati intrappolati in una vita di povertà può spingerli a provare le droghe come mezzo per fuggire dalla desolazione delle loro vite. Con riferimento alle forze che portano una persona a iniziare a usare droghe, la dipendenza da sostanze è tra i comportamenti più difficili da modificare, nonostante i trattamenti intensivi (Ray e Hutchison, 2007; Vrieze et al., 2013; Reilly et al., 2017).
4.4.1 Sostanze stimolanti
Stimolanti Sostanze il cui effetto sul sistema nervoso centrale determina un aumento del battito cardiaco, della pressione arteriosa e della tensione muscolare.
È l’una di notte e non avete ancora finito di leggere l’ultimo capitolo del libro su cui sosterrete un esame la mattina successiva. Sentendovi esausti, ricorrete a qualcosa che possa aiutarvi a star svegli per altre due ore: una tazza di caffè nero forte. Se vi siete trovati in una situazione del genere avete dovuto fare affidamento su uno stimolante maggiore, la caffeina, per restare svegli. La caffeina appartiene al gruppo delle sostanze stimolanti, sostanze i cui effetti sul sistema nervoso centrale causano un aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna e del tono muscolare. La caffeina non è presente solo nel caffè; è un ingrediente presente nel tè, in alcune bibite e anche nel cioccolato (Figura 4.11). Caffè decaffeinato Caffè percolato Caffè americano Caffè espresso Tè da infusione Tè istantaneo
Figura 4.11 Quanta caffeina si consuma? Questo grafico mostra la quantità di caffeina che si trova in cibi e bevande che possiamo assumere ogni giorno. I cittadini degli Stati Uniti, così come gli europei, consumano mediamente 200 milligrammi di caffeina al giorno (Blakeslee, 1991).
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Cacao Molti analcolici Farmaci dietetici, diuretici e stimolanti Antidolorifici Farmaci contro il raffreddore o le allergie 0
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La caffeina produce numerose reazioni. I principali effetti sul comportamento sono un aumento dell’attenzione e una riduzione dei tempi di reazione. La caffeina può anche produrre un miglioramento dell’umore, probabilmente imitando gli effetti di un componente chimico naturale del cervello, l’adenosina. Tuttavia troppa caffeina può causare nervosismo e insonnia. Le persone possono sviluppare una dipendenza biologica dalla caffeina. Se chi è solito assumere molti caffè smette improvvisamente di berne può accusare mal di testa o depressione. Molte persone che bevono molti caffè durante i giorni lavorativi soffrono di mal di testa nei week-end a causa dell’improvvisa riduzione della caffeina che consumano (Kennedy e Haskell, 2011; Kamimori et al., 2015; Sweeney et al., 2019). La nicotina, che si trova nelle sigarette, è un altro stimolante molto comune. L’effetto tranquillante della nicotina aiuta a spiegare perché il fumo di sigaretta induce dipendenza. I fumatori sviluppano dipendenza dalla nicotina e quelli che improvvisamente smettono di fumare sviluppano un forte desiderio per la sostanza. Ciò non deve sorprendere: la nicotina attiva meccanismi neuronali simili a quelli dovuti alla cocaina che, come vedremo, è a sua volta una sostanza che produce un’elevata dipendenza (Ray et al., 2008; Wilcox et al., 2017).
Cocaina La cocaina viene inalata o “sniffata” nel naso, fumata o iniettata direttamente in vena. Viene assorbita rapidamente dal corpo e produce effetti quasi immediatamente. Quando viene utilizzata in quantità relativamente piccole, la cocaina produce una sensazione di profondo benessere psicologico, un aumento della fiducia e dello stato di vigilanza. La cocaina produce questa “attivazione” per mezzo di un neurotrasmettitore, la dopamina. La dopamina è una delle sostanze chimiche che trasmette fra i neuroni messaggi legati a sensazioni piacevoli. Solitamente, quando la dopamina viene rilasciata, le quantità di neurotrasmettitore eccedenti vengono riassorbite dal neurone che le ha rilasciate. Tuttavia, quando si assume cocaina, il riassorbimento della dopamina in eccesso viene bloccato. Come conseguenza il cervello è invaso da sensazioni piacevoli prodotte dalla dopamina (Jarlais et al., 2007; Singer et al., 2017). Nella Tabella 4.4 sono riassunti gli effetti della cocaina e di altre sostanze illegali. Tuttavia c’è un prezzo alto da pagare per gli effetti piacevoli della cocaina. Il cervello può essere modificato in modo permanente dando il via a una dipendenza psicologica e fisiologica in cui i consumatori sviluppano un bisogno ossessivo di ottenere la droga. I cocainomani sono soggetti a un uso smodato, arrivando ad assumere la droga ogni 10-30 minuti se hanno disponibilità della sostanza. Con il passare del tempo i consumatori di cocaina subiscono deterioramenti fisici e mentali. Nei casi estremi la cocaina può causare allucinazioni – fra le più comuni la sensazione di avere degli insetti che strisciano all’interno del proprio corpo. Infine un’overdose di cocaina può causare la morte (Little et al., 2009; Roncero et al., 2013; Li et al., 2015). Almeno 2 milioni e mezzo di americani sono consumatori occasionali di cocaina e 1,8 milioni sono consumatori regolari. In Europa sono 4 milioni e mezzo coloro che ammettono di averla provata nel corso dell’ultimo anno. Data la forza della cocaina, disintossicarsi è difficile e le persone passano attraverso numerose fasi distinte (vedi Figura 4.12).
Anfetamine Le anfetamine sono forti sostanze stimolanti, come le Dexedrine e le Benzedrine. Benché l’uso delle anfetamine sia diminuito rispetto al punto di massima diffusione degli anni Settanta del Novecento, molti esperti di sostanze stupefacenti ritengono che potrebbero rapidamente tornare in auge se il rifornimento di cocaina dovesse interrompersi.
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142 Capitolo 4 Tabella 4.4 Gli effetti delle sostanze psicoattive. Una tabella sinottica degli effetti dovuti alle droghe più diffuse TIPO DI SOSTANZA
NOME COMUNE
EFFETTI
SINTOMI DA ASTINENZA
REAZIONI NEGATIVE/ DA OVERDOSE
Cocaina
Coca, neve
Anfetamine Benzedrina Dexedrina
Speed Speed
Aumentato senso di fiducia, innalzamento dell’umore, sensazione di energia e allerta, diminuzione dell’appetito, ansia, irritabilità, insonnia, addormentamento temporaneo, orgasmo ritardato
Apatia, affaticamento Elevata pressione generalizzato, arteriosa, aumento sonno prolungato, della temperatura depressione, corporea, pizzicarsi disorientamento, la faccia, sospettosità, pensieri suicidi, comportamenti bizzarri iperattività e ripetitivi, allucinazioni motoria, irritabilità, vivide, convulsioni, sogni bizzarri possibile morte
Riduzione dell’ansia, impulsività, improvvisi cambiamenti di umore, pensieri bizzarri, comportamenti suicidi, eloquio disarticolato, disorientamento, funzionamento fisico e mentale rallentato, limitata capacità attentiva
Debolezza, irrequietezza, nausea e vomito, mal di testa, incubi, irritabilità, depressione, ansietà acuta, allucinazioni, attacchi epilettici, possibile morte
Confusione, ridotta reattività al dolore, respirazione poco profonda, dilatazione delle pupille, pulsazioni rapide e deboli, coma, possibile morte
Rilassamento muscolare, amnesia, sonno
Attacchi epilettici
Attacchi epilettici, coma, incapacità, impossibilità di resistere a violenza sessuale
Stimolanti
Depressivi Alcol Barbiturici Nembutal Seconal Fenobarbital
Roipnol
Vespe
Droga dello stupro
Narcotici Eroina
Ero, roba, signora Riduzione dell’ansia e del dolore, apatia, Cubo, prima difficoltà di concentrazione, linea, fango rallentamento dell’eloquio, riduzione dell’attività fisica, perdita di bava, prurito, euforia, nausea
Ansia, vomito, Abbassamento del livello starnuti, diarrea, di coscienza, mal di schiena, abbassamento occhi acquosi, naso della pressione arteriosa, che cola, sbadigli, accelerazione del battito irritabilità, tremori, cardiaco, respirazione poco panico, freddo profonda, convulsioni, e sudorazione, coma, possibile morte crampi
Euforia, riduzione dell’inibizione, aumento dell’appetito, comportamento disorientato
Iperattività, insonnia, diminuzione dell’appetito, ansia
Hashish Olio di hashish
Canapa, canna, spinello, erba, maria, ganja Fumo Olio
Molte reazioni rare fra cui panico, paranoia, affaticamento, comportamenti bizzarri e pericolosi, diminuzione nel lungo termine di testosterone, effetti sul sistema immunitario
MDMA
Ecstasy
Aumento della coscienza di sé e della percezione, sensazione di pace, empatia, energia
Depressione, ansia, insonnia
Aumento della temperatura corporea, difficoltà di memoria
LSD
Acido
Aumento delle risposte estetiche, distorsioni della visione e della profondità, innalzamento della sensibilità alle facce e ai gesti, esaltazione delle sensazioni, paranoia, panico, euforia
Non riferiti
Nausea e freddo, aumento delle pulsazioni, della temperatura e della pressione arteriosa, respiro lento e profondo, perdita di appetito, insonnia, comportamenti bizzarri e pericolosi
Morfina
Allucinogeni Cannabis Marijuana
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Stati di coscienza
Assunzione eccessiva di cocaina
Ricaduta
Fase 1 Crollo Da 9 ore a 4 giorni
Fase 2 Privazione Da 1 a 10 settimane
Fase 3 Estinzione Tempo indefinito
All’inizio Agitazione Depressione Anoressia Grande desiderio di cocaina A metà Affaticamento Depressione Nessun desiderio di cocaina Insonnia con un aumento del desiderio di dormire Alla fine Spossatezza Iperfagia Nessun desiderio di cocaina
All’inizio Normalizzazione del sonno Cambiamenti di umore Basso desiderio di cocaina Bassi livelli d’ansia A metà e alla fine Bassa energia Incapacità di provare piacere Ansia Alto desiderio di cocaina Stimoli condizionati associati alla cocaina ne esacerbano il desiderio
Risposte emotive normali Cambiamenti di umore Desiderio saltuario di cocaina Stimoli condizionati associati alla cocaina possono far scattare il desiderio
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Astinenza
Figura 4.12 Fasi della deprivazione di cocaina. Nel primo stadio il consumatore desidera la cocaina, si sente depresso e agitato e sperimenta un crescente stato d’ansia. Nel secondo stadio, che inizia tra le 9 ore e i 4 giorni successivi all’ultima assunzione di cocaina, i forti consumatori iniziano il processo di astinenza. Se i cocainomani sono in grado di passare attraverso lo stadio dell’astinenza, passano al terzo stadio in cui il desiderio per la cocaina si riduce ulteriormente. Tuttavia rimangono altamente sensibili a stimoli che ricordino l’uso di cocaina e le ricadute sono comuni. Fonte: adattato da Gavin, F.H. (1991). Cocaine addiction: psychology and neurophysiology, Science, 251, 1580.
In piccole quantità le anfetamine, che stimolano il sistema nervoso centrale, producono sensazioni di energia e attivazione, loquacità, innalzamento della fiducia e un tono dell’umore decisamente alto. Aumentano la concentrazione e riducono la sensazione di affaticamento. Le anfetamine causano anche la perdita dell’appetito e aumentano l’ansia e l’irritabilità. Se assunte per lunghi periodi, possono produrre sensazioni di persecuzione da parte degli altri e un generale atteggiamento di sospettosità. Chi assume anfetamine può perdere interesse per il sesso. Se assunte in quantità eccessive le anfetamine possono stimolare a tal punto il sistema nervoso centrale da causare convulsioni e anche la morte (Carhart-Harris, 2007).
4.4.2 Sostanze depressive Al contrario dell’effetto iniziale degli stimolanti, che consiste nell’aumento dell’attivazione del sistema nervoso centrale, l’effetto delle sostanze depressive consiste nell’inibizione del sistema nervoso attraverso il rallentamento della capacità dei neuroni di trasmettere informazioni. Piccole quantità producono sensazioni temporanee di intossicazione – l’ubriacatura, per esempio – congiuntamente a un senso di euforia e di gioia. Quando si assumono grosse quantità, tuttavia, l’eloquio diventa disarticolato e il controllo muscolare risulta sconnesso, rendendo difficoltosi i movimenti. Infine, i grandi consumatori possono perdere completamente coscienza.
Depressivi Sostanze che rallentano il sistema nervoso.
Alcol La sostanza depressiva più comune è l’alcol, che è più usato di qualunque altra sostanza psicoattiva. Basandosi sulla vendita dei liquori, si stima che negli Stati Uniti le persone dai 14 anni in su bevano mediamente 9 litri e mezzo di alcol puro nel corso di un anno. Questo significa più di 200 bevande alcoliche per persona. Nonostante gli sforzi fatti per ridurre il consumo di alcol, i dati indicano che più dei tre quarti degli
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144 Capitolo 4
Figura 4.13 Abitudini al bere in studenti americani delle scuole superiori (Wechsler et al., 2002). Bere 5 o più bevande alcoliche nella stessa occasione rappresenta per i maschi il criterio per definire il binge drinking (il bere sino a ubriacarsi) mentre per le femmine il limite scende a 4 o più bevande alcoliche nella stessa occasione. Fonte: adattato da Centers for Disease Control and Prevention (2015). Youth risk behavior surveillance system – 2015 Surveillance Summaries.
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studenti di scuola superiore ammette di aver bevuto una bevanda alcolica nell’ultimo mese (Midanik et al., 2007; Lui, 2019). Gli europei dai 15 anni in su consumano poco meno di 15 litri di alcol a testa all’anno (Rapporto Commissione Europea, 2006). Uno dei fenomeni più preoccupanti è l’alta frequenza, fra gli studenti di scuola superiore, di binge drinking, cioè la tendenza a bere smodatamente in un breve lasso di tempo allo scopo di ubriacarsi. Per gli uomini si definisce binge drinking l’assunzione di 5 o più bevande alcoliche in una stessa occasione; per le donne, che in genere pesano meno e il cui corpo assorbe meno efficientemente l’alcol, si pone il limite a 4 o più. Come si può vedere nella Figura 4.13, il 50% dei maschi e il 40% delle femmine, che hanno partecipato a un’indagine nazionale sugli studenti delle scuole superiori americane, dichiarano di aver sperimentato situazioni di binge drinking nelle due settimane precedenti l’intervista. Il 17% delle studentesse e il 31% degli studenti ammettono di aver bevuto in 10 o più occasioni nell’ultimo mese. Inoltre, anche i bevitori meno forti sono interessati dall’alto tasso di alcol usato: due terzi dei bevitori moderati dichiarano di essere stati disturbati da studenti ubriachi mentre studiavano o dormivano e circa un terzo è stato insultato o umiliato da uno studente ubriaco. Il 25% delle donne dichiara di essere stata oggetto di avance sessuali, non incoraggiate, da parte di un compagno di classe ubriaco (Rivis e Sheeran, 2013; Wechsler et al., 2002; Greene e Maggs, 2017). In Italia, la “moda” di bere fino a ubriacarsi interessa l’8,4% della popolazione, ma tale percentuale sale al 24% quando si considerano solo i ventenni (Rapporto Commissione Europea, 2006). Benché il consumo di alcol sia ampiamente diffuso, ci sono significative differenze di genere e cultura nel suo uso. Per esempio, le donne sono tipicamente bevitrici più moderate degli uomini – anche se il divario fra sessi si sta riducendo per le donne più anziane, mentre è ormai assente per le adolescenti. Inoltre, non solo le donne sono generalmente più suscettibili agli effetti dell’alcol, a causa delle differenze nel volume del sangue e del grasso corporeo, che permettono a una quantità maggiore di alcol di confluire direttamente nel flusso sanguigno, ma l’abuso di alcol danneggia il cervello femminile più di quello maschile (Mancinelli et al., 2007; Chavez et al., 2011; Holzahuer et al., 2017). Esistono anche differenze etniche nel consumo di alcol. Per esempio, le persone di razza asiatica che vivono negli Stati Uniti tendono a bere significativamente meno di quanto facciano caucasici e afro-americani e la loro incidenza in problemi correlati all’assunzione di alcol è minore. È possibile che le reazioni fisiche all’assunzione di alcol, che possono comprendere sudorazione, accelerazione del battito cardiaco e rossore diffuso, siano più spiacevoli per gli asiatici che per gli altri gruppi etnici (Garlow et al., 2007; McCabe et al., 2019). Benché l’alcol sia un depressivo, la maggior parte delle persone ritiene che aumenti la socievolezza e il benessere. La discrepanza fra gli effetti reali e quelli percepiti risiede negli effetti iniziali che l’alcol produce nella maggior parte degli individui che lo assumono: riduzione delle tensioni e dello stress, sensazione di felicità e perdita delle inibizioni (Steele e Josephs, 1990; Sayette, 1993). Tuttavia, man mano che la quantità d’alcol aumenta, gli effetti depressivi diventano più pronunciati (Figura 4.14). Le persone si sentono instabili emotivamente e Uomini
Bevitori occasionali 30% Non bevitori 20%
Donne
Binge drinker 50%
Binge drinker 41%
Bevitori occasionali 40%
Non bevitori 19%
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Stati di coscienza Alcol nel sangue (valore percentuale)
Numero di bevande alcoliche consumate in 2 ore
Effetti tipici
2
0,05
Indebolimento di giudizio, rallentamento dei processi di pensiero; riduzione della tensione, sensazione di assenza di preoccupazioni
3
0,08
Riduzione delle tensioni e delle inibizioni di tutti i giorni; allegria
4
0,10
L’interessamento della muscolatura volontaria rende maldestri i movimenti di braccia e gambe, la camminata e l’eloquio
7
0,20
Molti deficit – incredibile, incoerente, emotivamente instabile, un rischio di guida 100 volte maggiore, un aumento di esuberanza e di inclinazione aggressiva
9
0,30
Vengono interessate aree più profonde del cervello con confusione stimolo-risposta e di comprensione; letargia, visione offuscata
12
0,40
Incapacità di svolgere azioni volontarie, torpore, difficoltà di attivazione, l’equivalente di un’anestesia
15
0,50
Stato comatoso, i centri che controllano respirazione e battito cardiaco sono anestetizzati; la morte diventa sempre più probabile
145
Figura 4.14 Gli effetti dell’alcol. Le quantità rappresentano solo dei limiti approssimativi; gli effetti variano in modo significativo a seconda del peso, dell’altezza, del cibo ingerito di recente, dei fattori genetici e anche dello stato psicologico degli individui.
Nota: per 1 bevanda alcolica si intende una tipica bottiglia di birra da 33cl, un bicchiere di liquore o un bicchiere di vino.
fisicamente; mostrano povertà di giudizio e possono agire aggressivamente. Inoltre la memoria risulta meno efficiente, l’elaborazione da parte del cervello delle informazioni spaziali risulta diminuita e il discorso appare disarticolato e incoerente. Possono cadere in uno stato di torpore e svenire. Se si beve abbastanza alcol in un periodo di tempo breve si può morire per avvelenamento da alcol (Thatcher e Clark, 2006; Wombacher et al., 2019). Benché la maggior parte delle persone possa essere considerata consumatrice occasionale, negli Stati Uniti ci sono quasi 14 milioni di alcolisti; in Europa il loro numero raggiunge i 23 milioni. Gli alcolisti, persone con problemi di abuso di alcol, diventano dipendenti dall’alcol e continuano a bere anche se ciò causa loro dei seri problemi. Inoltre, diventano sempre più immuni dagli effetti dell’alcol e, di conseguenza, sono costretti a bere sempre di più per provare le sensazioni positive iniziali che l’alcol produce (Galanter e Kleber, 1999). In alcuni casi di alcolismo le persone devono bere frequentemente per potersi sentire abbastanza bene da poter vivere la vita quotidiana. In altri casi, invece, le persone non bevono costantemente ma occasionalmente partecipano a feste in cui consumano grandi quantità di alcol. Non è chiaro perché certe persone diventino alcoliste e sviluppino una tolleranza per l’alcol, mentre altre no. Alcuni dati suggeriscono una causa genetica, anche se la questione, sull’esistenza di uno specifico gene ereditario che provochi l’alcolismo, è
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146 Capitolo 4 controversa. Ciò che è certo è che la probabilità di diventare alcolista è molto maggiore se nella storia familiare sono presenti alcolisti. Tuttavia, non tutti gli alcolisti hanno parenti stretti dediti all’alcol. In questi casi si sospetta che i fattori ambientali fonte di stress giochino un ruolo importante (Gizer et al., 2011; Buckner e Shah, 2015).
Barbiturici I barbiturici, che comprendono farmaci come il Nembutal, il Seconal e il Fenobarbital, sono un altro tipo di depressivi. Prescritti frequentemente dai medici per favorire il sonno o ridurre lo stress, producono una sensazione di rilassamento. Anch’essi possono produrre dipendenza psicologica e fisica e, quando assunti insieme ad alcol, possono essere letali, dato che una simile combinazione di sostanze rilassa i muscoli del diaframma sino al punto in cui la persona cessa di respirare.
Roipnol Il Roipnol è a volte chiamato droga dello stupro (date rape drug), perché quando è mescolato all’alcol impedisce alle vittime di resistere alle violenze sessuali. A volte le persone che hanno assunto senza saperlo questo mix di droghe sono talmente prive delle proprie funzioni cognitive da non riuscire a capire come mai non ricordino la violenza subita.
4.4.3 Narcotici Narcotici Sostanze che aumentano il rilassamento e riducono dolore e ansia.
I narcotici sono farmaci che aumentano il rilassamento e riducono dolore e ansia. Due dei narcotici più potenti, la morfina e l’eroina, derivano dai semi di papavero. La morfina viene usata per controllare il dolore quando è particolarmente forte, mentre l’eroina è illegale, ma ciò non è bastato a prevenirne la diffusione dell’uso. Chi usa l’eroina solitamente se la inietta direttamente in vena con una siringa ipodermica. L’effetto immediato è stato descritto come un flusso improvviso di sensazioni positive, simile per certi aspetti a un orgasmo sessuale – e altrettanto difficile da descrivere. Dopo il flusso iniziale, chi usa l’eroina prova una sensazione di benessere e di pace che dura dalle tre alle cinque ore. Quando gli effetti svaniscono, tuttavia, la persona prova uno stato di ansia estrema e un disperato desiderio di ripetere l’esperienza. Quantità sempre maggiori di eroina sono necessarie ogni volta per produrre lo stesso effetto piacevole. Queste due ultime caratteristiche sono quanto serve per sviluppare una dipendenza psicologica e biologica: chi usa l’eroina è costantemente al settimo cielo o alla ricerca di quantità sempre maggiori di sostanza. La vita del tossicodipendente gira intorno all’eroina. A causa delle potenti sensazioni positive che la droga produce, la dipendenza da eroina è particolarmente difficile da curare. L’uso di metadone si è rivelato fra i metodi più efficaci di trattamento della dipendenza. Il metadone è una sostanza chimica di sintesi che soddisfa il bisogno fisiologico di droga senza produrre la forte sensazione piacevole che accompagna l’eroina. Quando i consumatori di eroina assumono dosi regolari di metadone sono in grado di vivere in modo quasi normale. L’uso di metadone ha uno svantaggio sostanziale: anche se rimuove la dipendenza psicologica dall’eroina, sostituisce la dipendenza biologica dall’eroina con quella biologica dal metadone. I ricercatori stanno cercando di individuare sostituti chimici dell’eroina che non procurino dipendenza, così come sostituti per altre sostanze che, inducendo dipendenza non rimpiazzino una dipendenza con un’altra (Oviedo-Joekes et al., 2009; Joe et al., 2007; Prieto et al., 2019).
4.4.4 Allucinogeni Cosa hanno in comune funghi, stramonio o erba del diavolo e ipomee, che noi conosciamo con il nome di campanule? Al di là del fatto di essere piante sufficientemen-
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Stati di coscienza
te comuni, ciascuna può fornire un potente allucinogeno, una sostanza capace di produrre allucinazioni o di cambiare i processi percettivi. L’allucinogeno più comune e diffusamente utilizzato oggi giorno è la marijuana, il cui principio attivo – il tetraidrocannabinolo (THC) – si trova in una comune erba, la cannabis. La marijuana si fuma solitamente in sigarette o pipe anche se può essere cucinata e mangiata. Circa il 40% degli studenti americani all’ultimo anno delle scuole superiori e il 15% di quelli che stanno terminando le scuole secondarie di primo grado riferiscono di aver assunto marijuana nell’ultimo anno (Johnston et al., 2014; vedi Figura 4.15). Gli effetti della marijuana variano da persona a persona, ma solitamente consistono in sensazioni di euforia e di generale benessere. Le esperienze sensoriali sembrano più vivide e intense e l’autostima sembra crescere. La memoria può essere danneggiata perché il consumatore di marijuana si sente piacevolmente disorientato. Tuttavia, gli effetti non sono universalmente positivi. Gli individui che usano la marijuana quando si sentono depressi possono risultare ancor più depressi perché la sostanza tende a esaltare sia le sensazioni positive sia quelle negative. Ci sono evidenti rischi associati all’uso prolungato e frequente della marijuana. Anche se la marijuana non sembra produrre dipendenza di per sé, ci sono dati che suggeriscono l’esistenza di somiglianze nei modi in cui la marijuana e droghe come la cocaina e l’eroina interessano il nostro cervello. Inoltre ci sono prove del fatto che l’uso frequente diminuisce almeno temporaneamente la produzione del testosterone, l’ormone sessuale maschile, influenzando potenzialmente l’attività sessuale e la produzione di sperma (Pardini et al., 2015; Rossato et al., 2008; Berenson, 2019). Fumare marijuana durante la gravidanza può avere effetti durevoli sui bambini che siano stati esposti nel periodo prenatale, anche se i risultati sono contraddittori. L’uso frequente influenza anche la capacità del sistema immunitario di combattere i germi e aumenta lo stress cardiaco, anche se non è chiaro quanto siano importanti questi effetti. C’è un’indiscutibile conseguenza negativa nel fumare marijuana: il fumo danneggia i polmoni più di quanto faccia il tabacco, producendo un aumento della probabilità di sviluppare un tumore o altre malattie polmonari (Reid, MacLeod e Robertson, 2010; Pinky et al., 2019). Nonostante i possibili pericoli associati all’uso di marijuana, ci sono scarse evidenze scientifiche della credenza popolare secondo cui chi comincia con la marijuana rischia poi di passare a droghe più pesanti. Come se non bastasse, l’assunzione di marijuana è un’abitudine in certe culture. Per esempio, in Giamaica si beve abitualmente un tè a base di marijuana durante alcune cerimonie religiose. Inoltre, la marijuana ha molteplici impieghi in ambito medico: può essere usata per prevenire la nausea da chemioterapia, per trattare alcuni sintomi dell’AIDS e per ridurre gli spasmi muscolari delle persone affette da lesioni al midollo spinale (Roffman, 2013; Baumrucker et al., 2011).
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Allucinogeni Sostanze in grado di produrre allucinazioni o cambiamenti nei processi percettivi.
40
4a classe di scuola secondaria di II grado
Percentuale
30
2a classe di scuola secondaria di II grado
20
10
3a classe di scuola secondaria di I grado
0 0
199
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2
199
4
199
6
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8
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00
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02
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04 006 2 20 Anno
08
20
10
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12
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14
20
16
20
Figura 4.15 Anche se il consumo di marijuana è calato negli ultimi anni, complessivamente il numero di adolescenti che ha assunto questa droga nell’ultimo anno rimane abbastanza alto (da Johnston et al., 2009). Fonte: The Regents of the University of Michigan, Teen use of any illicit drug other than marijuana at new low, same true for alcohol. https://news.umich.edu/
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148 Capitolo 4
MDMA (ecstasy) e LSD L’MDMA, meglio nota come ecstasy, e l’acido lisergico, noto come LSD o semplicemente come acido, appartengono agli allucinogeni. Entrambe le sostanze interessano il funzionamento del neurotrasmettitore serotonina nel cervello, causando un’alterazione dell’attività delle cellule cerebrali e della percezione (Buchert et al., 2004; Aleksander, 2013). I consumatori di ecstasy riferiscono una sensazione di pace e quiete. Le persone sotto l’effetto di questa droga riferiscono di sperimentare una maggior empatia e capacità di relazione con gli altri, così come di sentirsi più rilassati e pieni di energia. Anche se i dati non sono conclusivi, alcuni ricercatori hanno osservato un declino nella memoria e nelle prestazioni in compiti di intelligenza e tali scoperte suggeriscono che ci possano essere cambiamenti a lungo termine nei recettori della serotonina nel cervello (McKinley, 2013; Ebrahimian et al., 2017; Parrott et al., 2017). L’LSD, che è strutturalmente simile alla serotonina, produce allucinazioni vivide. La percezione di colori, suoni e figure è alterata al punto che le esperienze più terra terra – come guardare i nodi in un tavolo di legno – possono sembrare commoventi ed eccitanti. La percezione del tempo è distorta e persone e oggetti possono essere visti in modo nuovo: alcuni consumatori di LSD sostengono che la sostanza aumenta la loro capacità di comprendere il mondo. Per altri, tuttavia, le esperienze prodotte dall’LSD possono essere terrificanti, specie se il consumatore ha avuto difficoltà emotive nel passato. Inoltre, le persone vivono occasionalmente esperienze di flashback, in cui vivono esperienze allucinatorie molto dopo aver iniziato a usare la sostanza (Yanakieva, 2019; Modak et al., 2019).
In sintesi 4.1 Stati di vigilanza e attenzione • L’attenzione è indispensabile per l’elaborazione delle informazioni da parte dei processi cognitivi. • Gli studi di neuroimmagine indicano l’implicazione di tre processi attentivi separati e anatomicamente distinti a livello cerebrale. 4.2 Sonno e sogni • La coscienza è la consapevolezza che una persona ha delle sensazioni, dei pensieri e dei sentimenti che prova in un dato momento. La coscienza vigile può variare da uno stadio più attivo a uno più passivo. • Gli stati alterati della coscienza comprendono il sonno, i sogni, gli stati ipnotici e le alterazioni indotte dall’assunzione di sostanze psicoattive. • Utilizzando l’elettroencefalogramma, o EEG, per studiare il sonno, gli scienziati hanno scoperto che il cervello è attivo durante tutta la notte e che il sonno si sviluppa attraverso una serie di stadi o fasi, ciascuno dei quali è caratterizzato dalla presenza di particolari pattern di onde cerebrali. • Il sonno REM (acronimo per Rapid Eye Movements, cioè rapidi movimenti oculari) è caratterizzato da un aumento del ritmo del battito cardiaco, della pressione arteriosa e della frequenza respiratoria e, nei maschi, dal verificarsi di erezioni. I sogni avvengono prevalentemente durante questa fase.
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• Secondo Freud i sogni avrebbero sia un contenuto manifesto (una storia dotata di filo conduttore) sia un contenuto latente (il vero significato). Egli ha suggerito che il contenuto latente possa fornire una chiave di lettura dell’inconscio, rivelando i desideri non soddisfatti. • La teoria dei sogni per la sopravvivenza sostiene che le informazioni importanti per la sopravvivenza quotidiana vengano riesaminate e rielaborate nei sogni. La teoria della sintesi-attivazione ritiene che i sogni siano il prodotto di energia elettrica casuale che stimola diversi ricordi che vengono assemblati sino a formare una storia dotata di senso. • L’insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato da difficoltà ad addormentarsi. L’apnea del sonno è una condizione in cui le persone hanno difficoltà a respirare e contemporaneamente a dormire. Le persone affette da narcolessia provano un incontrollabile bisogno di dormire. Il sonnambulismo e la tendenza a parlare nel sonno sono fenomeni relativamente innocui. • I ritmi circadiani sono processi biologici che si susseguono ripetutamente in cicli di 24 ore. Sono complessi e coinvolgono una serie di funzioni. Il controllo dei ritmi circadiani è dovuto al nucleo sovrachiasmatico del cervello. • Esistono grandi differenze individuali relativamente alla quantità di tempo dedicata a sognare a occhi
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Stati di coscienza
aperti. Quasi tutte le persone sognano a occhi aperti o si lasciano andare alle proprie fantasie. • Gli psicologi e quanti studiano il sonno consigliano a chi soffre di insonnia di fare attività fisica durante il giorno, evitare la caffeina e i tranquillanti minori, bere un bicchiere di latte caldo prima di coricarsi ed evitare di addormentarsi durante la giornata. 4.3 Ipnosi e meditazione • L’ipnosi produce un’elevata suscettibilità ai suggerimenti dell’ipnotista. Sotto ipnosi si verificano significativi cambiamenti di comportamento, fra i quali un aumento di concentrazione e suggestionabilità, un innalzamento della capacità di rievocare e costruire immagini mentali, una perdita di iniziativa e l’accettazione di suggerimenti che contraddicono palesemente la realtà. • La meditazione è una tecnica appresa di rifocalizzazione dell’attenzione che causa un’alterazione dello stato di coscienza. 4.4 L’uso di sostanze che alterano la coscienza • Culture differenti hanno sviluppato modi specifici per alterare gli stati di coscienza. • Le sostanze psicoattive possono produrre un’alterazione dello stato di coscienza. Tuttavia possono variare quanto a pericolosità e a capacità di indurre dipendenza.
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• Gli stimolanti provocano l’attivazione del sistema nervoso centrale. Due sostanze stimolanti molto comuni sono la caffeina e la nicotina. La cocaina e le anfetamine che, assunte in grandi quantità, possono provocare convulsioni e anche la morte, sono le più pericolose. • I depressivi diminuiscono l’attivazione del sistema nervoso centrale. Possono causare intossicazione e produrre sensazioni di euforia. L’alcol e i barbiturici sono fra le più comuni sostanze depressive. • L’alcol è la sostanza depressiva usata più frequentemente. Gli iniziali effetti di riduzione della tensione e di sensazione positiva lasciano spazio a effetti depressivi non appena aumenta la quantità di alcol ingerita. Sia il patrimonio genetico sia l’ambiente con i suoi eventi stressanti vengono indicati come possibili cause dell’abuso di alcol. • Appartengono alla categoria dei narcotici la morfina e l’eroina, sostanze che producono rilassamento e sollievo dal dolore e dall’ansia. A causa della loro particolare capacità a indurre dipendenza, la morfina e l’eroina sono considerate particolarmente pericolose. • Gli allucinogeni sono sostanze che producono allucinazioni o altri cambiamenti nei processi percettivi. L’allucinogeno usato più di frequente è la marijuana che ha numerosi fattori di rischio a lungo termine. L’LSD e l’ecstasy appartengono alla medesima categoria.
Per riflettere 1. ………………………… è il termine utilizzato per indicare un rapido spostamento degli occhi che si verifica fra una fissazione e l’altra. 2. ………………………… è il termine utilizzato per descrivere la nostra comprensione sia del mondo esterno sia di quello interno. 3. Molta attività neuronale si svolge durante il sonno. Vero o falso? 4. I sogni si verificano con particolare frequenza durante il sonno ………………………… . 5. ………………………… sono processi fisici interni che avvengono ciclicamente ogni giorno. 6. La teoria di Freud della …………………………………………… sostiene che i desideri reali che un individuo esprime attraverso i sogni sono mascherati perché minacciano la consapevolezza che si ha nello stato di veglia. 7. Abbina le teorie sui sogni con le rispettive definizioni. 1. Sintesiattivazione
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a) I sogni consentono la rielaborazione di informazioni importanti durante il sonno
2. Sogni per la so- b) Il contenuto manifesto pravvivenza dei sogni nasconde il loro contenuto latente 3. Soddisfazione c) L’energia elettrica stimola dei desideri in modo casuale i ricordi che inconsci si intrecciano producendo i sogni 8. Abbina i disturbi del sonno con le rispettive definizioni. 1. Insonnia
a) Condizione che rende difficile la respirazione mentre si dorme 2. Narcolessia b) Difficoltà a prendere sonno 3. Soddisfazione dei c) Incontrollabile bisogno di desideri inconsci dormire durante il giorno 9. ………………………… è uno stato di elevata suscettibilità ai suggerimenti degli altri. 10. Un amico ti dice “Una volta ho sentito parlare di una persona che è stata uccisa da un individuo ipnotizzato che si è successivamente buttato da un ponte”. Un fatto del genere potrebbe essersi verificato? Perché o perché no?
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150 Capitolo 4
1. Narcotico – antidolorifico a) LSD 2. Anfetamina – forte stimolante b) Eroina 3. Allucinogeno – in grado c) Dexedrina di provocare allucinazioni 15. Classifica ogni sostanza della lista come stimolante (S), depressiva (D), allucinogena (A) o narcotica (N). a) Nicotina b) Cocaina c) Alcol d) Morfina e) Marijuana 16. Il ………………………… è una sostanza che è stata usata per curare gli eroinomani. 17. Che cosa sono i differenti stati della coscienza? 18. Che cosa accade quando dormiamo e quali sono il significato e la funzione dei sogni? 19. Quali sono i principali disturbi del sonno e come possono essere curati? 20. Quanto sogniamo a occhi aperti? 21. Supponiamo che venga prodotta una pillola miracolosa in grado di permettere a una persona di
dormire una sola ora per notte. Tuttavia chi prendesse questa pillola non avrebbe mai la possibilità di sognare. Sulla base delle vostre conoscenze sulle funzioni di sonno e sogni, quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi associati all’assunzione di tale pillola? La prendereste? 22. Dal punto di vista di un educatore come potrebbero essere impiegate le scoperte delle ricerche sul sonno per aumentare l’apprendimento degli studenti? 23. Che cosa è l’ipnosi? 24. Chi viene ipnotizzato si trova in uno stato diverso di coscienza? 25. Quali sono gli effetti della meditazione? 26. Se foste i responsabili del settore risorse umane di un’azienda, permettereste o incoraggereste i dipendenti a “meditare” durante l’orario di lavoro? Giustificate la vostra risposta. 27. Quali sono i principali effetti delle sostanze psicoattive? 28. Le persone spesso usano la parola dipendenza in modo approssimativo, parlando di dipendenza dalle caramelle o dalla televisione. Potete spiegare la differenza fra questo tipo di “dipendenza” e una vera dipendenza fisiologica? C’è differenza fra questo tipo di dipendenza e la dipendenza psicologica? Risposte 1. saccade; 2. coscienza; 3. vero; 4. REM; 5. ritmi circadiani; 6. desideri inappagati; 7. 1-c, 2-a, 3-b; 8. 1-b, 2-c, 3-a; 9. ipnosi; 10. no, le persone ipnotizzate non possono essere indotte a compiere atti autodistruttivi; 11. meditazione; 12. mantra; 13. psicoattive; 14. 1-b, 2-c, 3-a; 15. a-S, b-S, c-D, d-N, e-A; 16. metadone.
11. ………………………… è una tecnica appresa di rifocalizzazione dell’attenzione che causa un’alterazione dello stato di coscienza. 12. Il suono che viene prodotto da chi si sta concentrando per meditare prende il nome di ………………… . 13. Le sostanze che alterano la coscienza di una persona si chiamano ………………………… . 14. Abbina le sostanze alle rispettive categorie.
Parole chiave • Allucinogeni • Apnea del sonno • Attenzione • Cecità da inattenzione • Concentrazione • Contenuto latente dei sogni • Contenuto manifesto del sogno • Coscienza • Depressivi • Effetto cocktail party • Fase 1 • Fase 2
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• Fase 3 • Fase 4 • Fissazione • Funzione esecutiva • Insonnia • Ipnosi • Meditazione • Narcolessia • Narcotici • Ritmi circadiani • Saccade • Sogni a occhi aperti • Sonno REM
• Sostanze che inducono dipendenza • Sostanze psicoattive • Stimolanti • Teoria dei sogni per la sopravvivenza • Teoria del filtro attenuato • Teoria del filtro precoce • Teoria della sintesi-attivazione • Teoria della soddisfazione dei desideri inconsci • Terrori notturni
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