Logica, 3e - Capitolo 3

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La logica proposizionale

3.1 Forme argomentative Con questo capitolo inizia la nostra trattazione della logica formale. Come già anticipato nel Paragrafo 1.8, la logica formale è lo studio delle forme argomentative: schemi astratti di ragionamento comuni a molte argomentazioni diverse. Lo studio delle forme argomentative aiuta a tracciare importanti generalizzazioni in merito alla nozione di validità logica. Inizialmente ci concentreremo sulla validità deduttiva (Capitoli 3-7), posticipando lo studio delle argomentazioni induttive a un secondo momento (Capitoli 8-10). Ricordiamo che un’argomentazione si dice deduttivamente valida quando non è possibile in linea di principio che la conclusione sia falsa nell’ipotesi in cui tutte le premesse siano vere (si veda il Paragrafo 2.3). Focalizzando l’attenzione sullo studio delle forme argomentative, saremo in grado di dare a quest’idea una caratterizzazione rigorosa. Cominciamo con tre argomentazioni che hanno tutte la stessa forma: (1) O ha piovuto o qualcuno ha annaffiato il giardino. Non ha piovuto. \ Qualcuno ha annaffiato il giardino. (2) O Stefano è minorenne o ha diritto di votare. Stefano non è minorenne. \ Stefano ha diritto di votare. (3) Oggi è o lunedì o martedì. Oggi non è lunedì. \ Oggi è martedì.

È facile rendersi conto che tutte e tre queste argomentazioni sono deduttivamente valide. La loro forma comune è nota come sillogismo disgiuntivo e può essere rappresentata schematicamente come segue: O P o Q. Non si dà il caso che P. \ Q. 1

Le lettere ‘P ’ e ‘Q’ funzionano qui come segnaposto per enunciati dichiarativi. Le chiameremo lettere enunciative o variabili proposizionali. Ogni argomentazione che segue questo schema può essere ottenuta dalla forma sopra riportata sostituendo le lettere enunciative con enunciati concreti, avendo cura di sosti1

D’ora in poi ometteremo la qualifica ‘dichiarativo’, dal momento che ci occuperemo solo di enunciati che possono venire usati per esprimere premesse e conclusioni di argomentazioni (e per definizione tali enunciati devono essere in forma dichiarativa; si veda il Paragrafo 1.1).

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tuire ogni occorrenza della stessa lettera con il medesimo enunciato. Per esempio, l’argomentazione 1 si ottiene sostituendo a ‘P ’ l’enunciato ‘Ha piovuto’ e a ‘Q’ l’enunciato ‘Qualcuno ha annaffiato il giardino’. Un’argomentazione ottenibile in questo modo a partire da una forma argomentativa si chiama esempio (o esemplificazione, o caso) di quella forma. S’intende che talvolta la sostituzione può richiedere qualche ritocco per ovviare alla variabilità della grammatica. In 2, per esempio, è chiaro che ‘Q’ corrisponde a ‘Stefano ha diritto di votare’ anche se nella prima occorrenza di quest’enunciato il soggetto è lasciato sottinteso, mentre in 3 bisogna riconoscere che la prima premessa equivale a O oggi è lunedì o oggi è martedì.

Inoltre, in tutte e tre le argomentazioni la seconda premessa è una forma abbreviata (e più idiomatica) di ciò che si otterrebbe a partire da ‘Non si dà il caso che P ’. Questa molteplicità di varianti grammaticali è utile sul piano stilistico, 2 ma da un punto di vista logico può essere ignorata. Esercizio risolto

3.1

u

Identificare la forma comune alle tre argomentazioni seguenti. (a) Se oggi è lunedì, allora devo andare dal dentista. Oggi è lunedì. \ Devo andare dal dentista. (b) Se hai dei buoni voti, puoi vincere una borsa di studio. Hai dei buoni voti. \ Puoi vincere una borsa di studio. (c) Ho superato l’esame se l’hai superato tu. Tu hai superato l’esame. \ Ho superato l’esame.

Soluzione

Le tre argomentazioni hanno la forma seguente (nota come modus ponens o modo assertivo): Se P, allora Q. P. \ Q. In (b) la parola ‘allora’ è assente dalla prima premessa ma questo è irrilevante; potremmo aggiungerla e il significato non cambierebbe. Analogamente, la prima premessa di (c) è solo una variante grammaticale di: Se tu hai superato l’esame, allora io ho superato l’esame.

A volte è possibile riconoscere più di una forma in una data argomentazione: ciò dipende dal grado di dettaglio con cui la si rappresenta. Per esempio, si noterà che l’argomentazione seguente è un altro caso di sillogismo disgiuntivo: (4) O quella è Emma o non ci vedo bene. Quella non è Emma. \ Non ci vedo bene. 2

In particolare, ignoreremo il fatto che in italiano una locuzione come ‘non si dà il caso che’ deve essere seguita da un enunciato al congiuntivo. Sul piano logico, un enunciato quale ‘Non si dà il caso che abbia piovuto’ è semplicemente una variante grammaticalmente più corretta di ciò che si ottiene da ‘Non si dà il caso che P’ sostituendo la lettera ‘P’ con ‘Ha piovuto’.


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La logica proposizionale

Possiamo infatti ottenere questa argomentazione a partire dalla forma in questione sostituendo ‘P ’ con ‘Quella è Emma’ e ‘Q’ con ‘Non ci vedo bene’. Possiamo però attribuirle anche la forma seguente, che è più dettagliata: O P o non si dà il caso che Q. Non si dà il caso che P. \ Non si dà il caso che Q.

L’argomentazione 4 può infatti essere ottenuta da quest’altra forma sostituendo ‘P ’ con ‘Quella è Emma’ e ‘Q’ con ‘Ci vedo bene’. Le argomentazioni da 1 a 3, invece, non possono essere ottenute in modo analogo e non condividono pertanto questa forma. Come sarà chiaro in seguito, riconoscere la forma argomentativa più adatta con cui rappresentare un’argomentazione è un passo cruciale verso l’applicazione della logica formale al ragionamento quotidiano.

u

Identificare la forma comune alle due argomentazioni seguenti. (a) Se la legge di Murphy è valida, allora tutto può andare storto. Non è vero che tutto può andare storto. \ La legge di Murphy non è valida. (b) Se tu hai superato l’esame e Gina l’ha superato, allora l’ha superato anche Piergiorgio. Piergiorgio non ha superato l’esame. \ Non è vero che sia tu che Gina abbiate superato l’esame.

Soluzione

Una forma comune a entrambe le argomentazioni è la seguente (nota come modus tollens o modo negativo): Se P, allora Q. Non si dà il caso che Q. \ Non si dà il caso che P. L’argomentazione (b) può essere anche analizzata attribuendole questa forma: Se P e Q, allora R. Non si dà il caso che R. \ Non si dà il caso che: P e Q. Questa forma, comunque, non è condivisa dall’argomentazione (a), poiché in (a) non vi sono enunciati che possano essere sostituiti a ‘P ’ e a ‘Q’ come richiesto. A rigor di termini, bisognerebbe inoltre notare che le due argomentazioni condividono anche la seguente forma: P. Q. \ R. Tuttavia questa forma è comune a tutte le argomentazioni non convergenti basate su due premesse. Da un punto di vista logico essa non esibisce alcuna caratteristica interessante, non più di quante se ne possano già esibire costruendo il diagramma dell’argomentazione, e dunque, per i nostri fini, può essere sistematicamente ignorata.

Questo esercizio mostra che si possono ottenere esempi di una forma argomentativa sostituendo le sue lettere enunciative con enunciati di complessità arbitraria. Se ogni esempio di una forma argomentativa è valido, cioè deduttivo,

Esercizio risolto

3.2


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allora si dice che la forma stessa è valida, altrimenti la forma argomentativa è invalida (sicché un solo esempio invalido è sufficiente a rendere la forma invalida). A titolo illustrativo, il sillogismo disgiuntivo è una forma argomentativa valida, come avremo modo di verificare nel Paragrafo 3.6: ogni argomentazione che esemplifica questa forma è tale che, ogniqualvolta le sue premesse sono vere, deve per forza essere vera anche la conclusione. Allo stesso modo, le forme argomentative modus ponens e modus tollens degli Esercizi risolti 3.1 e 3.2 sono entrambe valide. (Ricordiamo che un’argomentazione può essere valida senza essere fondata: non è detto che tutte le premesse siano realmente vere.) Invece la seguente forma argomentativa, conosciuta come affermazione del conseguente, è invalida: Se P, allora Q. Q. \ P.

Malgrado alcuni esempi di questa forma siano argomentazioni valide, altri non lo sono. Ecco un esempio che è valido: (5) Se è Febbraio, allora è Febbraio e siamo in inverno. È Febbraio e siamo in inverno. \ È Febbraio.

La conclusione di questa argomentazione non può essere falsa quando le premesse sono vere. Ecco però un esempio invalido della stessa forma: (6) Se stai facendo i salti di gioia, allora sei vivo. Sei vivo. \ Stai facendo i salti di gioia.

È chiaro che in questo caso la verità delle premesse non è sufficiente a stabilire con certezza la verità della conclusione: chi ascolta potrebbe starsene tranquillamente seduto, per esempio. Dal momento che qualsiasi forma che abbia anche un solo esempio invalido è invalida, l’invalidità dell’argomentazione 6 prova l’invalidità dell’affermazione del conseguente. Questo significa che sebbene l’affermazione del conseguente abbia esempi che sono validi (come l’argomentazione 5), questi non sono validi in quanto esempi di quella forma argomentativa. Piuttosto, la ragione della validità di 5 risiede nel fatto che la sua conclusione segue validamente dalla sola seconda premessa. La prima premessa è superflua, e potrebbe essere omessa senza danno. Esercizio risolto

3.3

u

Valutare la seguente forma argomentativa, conosciuta come negazione dell’antecedente. Se P, allora Q. Non si dà il caso che P. \ Non si dà il caso che Q.

Soluzione

La forma argomentativa è invalida. Ecco un esempio che lo dimostra: Se ha piovuto, allora il giardino è bagnato. Non ha piovuto. \ Il giardino non è bagnato.


La logica proposizionale

Questa argomentazione esemplifica la forma in questione, ma non è valida: anche assumendo la verità di entrambe le premesse, la conclusione potrebbe essere falsa, dato che il giardino potrebbe comunque essere bagnato (per esempio perché qualcuno l’ha annaffiato). Tanto basta a dimostrare l’invalidità della forma argomentativa in quanto tale. Ciò non toglie che altre argomentazioni della medesima forma siano valide. Per esempio: Se Giotto ha dipinto Guernica, allora Guernica è stata dipinta da Giotto. Giotto non ha dipinto Guernica. \ Guernica non è stata dipinta da Giotto. La validità di questa argomentazione è immediata, considerato che la seconda premessa e la conclusione dicono esattamente la stessa cosa: la differenza tra attivo e passivo è puramente grammaticale. Non è possibile, quindi, che la prima sia vera e la seconda falsa. Proprio per questo motivo, tuttavia, si capisce anche che l’argomentazione è banale e la sua validità non dipende dalla forma complessiva che essa esemplifica: la prima premessa è superflua.

3.2

Operatori logici

Le forme argomentative studiate in logica costituiscono un dominio in continua espansione. In questo capitolo ci concentreremo solo su una loro modesta selezione, ossia su quelle forme che consistono di lettere enunciative unitamente a una o più delle cinque espressioni seguenti: non si dà il caso che e o…o se … allora se e solo se

Tali espressioni sono chiamate operatori logici o connettivi. Per quanto modesto, quest’inizio è sufficientemente istruttivo, poiché a partire da queste semplici espressioni è possibile costruire un gran numero di forme argomentative diverse e alcune di esse sono tra gli schemi di ragionamento più comuni. L’operatore ‘non si dà il caso che’ si premette a un enunciato per formare un nuovo enunciato, chiamato negazione del primo. Per esempio, l’enunciato Non si dà il caso che Marcello sia tra i vincitori.

è la negazione di ‘Marcello è tra i vincitori’. Naturalmente, come già abbiamo avuto modo di osservare, in italiano la locuzione ‘non si dà il caso che’ è poco idiomatica ed è quindi impiegata piuttosto di rado. Al suo posto si usa di solito ‘non è vero che’, oppure una sua variante grammaticale che nel contesto può risultare più naturale e stilisticamente preferibile. Per esempio, spesso la parola ‘non’ è sufficiente, come in Marcello non è tra i vincitori.

Anche le seconde premesse dei sillogismi disgiuntivi incontrati a inizio capitolo erano negazioni espresse in questo modo, inserendo ‘non’ subito prima del verbo. Dal punto di vista logico, tuttavia, la caratteristica principale del connettivo di negazione è sempre la stessa: dato un enunciato qualsiasi, l’aggiunta di questo connettivo genera un nuovo enunciato che dice l’opposto. Si tratta perciò di un operatore unario, poiché agisce su un unico enunciato iniziale. Ciascuno

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degli altri quattro connettivi è invece un operatore binario: richiede due enunciati per formarne uno composto. Un enunciato composto formato da due enunciati uniti dalla parola ‘e’ (o da locuzioni come ‘sia … sia’, ‘sia … che’ o ‘tanto … quanto’) si chiama congiunzione e i due enunciati che lo compongono si chiamano congiunti. In italiano la congiunzione può essere espressa anche da parole come ‘ma’, ‘sebbene’, ‘malgrado’, ‘mentre’ o ‘inoltre’, che condividono con ‘e’ la caratteristica di affermare entrambe le asserzioni che uniscono benché esprimano atteggiamenti diversi nei loro confronti. Per esempio, le seguenti sono tutte congiunzioni: Franco è italiano e Sam è inglese. Alberto correva ma Anna camminava. Luisa è a casa malgrado tutti i suoi amici siano al cinema.

Nel secondo e nel terzo caso, l’uso di ‘ma’ e ‘malgrado’ piuttosto che di ‘e’ indica che il parlante, oltre ad affermare entrambi i congiunti, li sta in qualche modo confrontando. Da un punto di vista logico, tuttavia, tali enunciati sono equivalenti a quelli che si otterrebbero sostituendo ‘ma’ e ‘malgrado’ con ‘e’ (nell’ultimo caso cambiando il congiuntivo in indicativo). Un enunciato composto da due enunciati mediante le parole ‘o … o’ è chiamato disgiunzione (da cui il nome ‘sillogismo disgiuntivo’ per la forma argomentativa discussa sopra). I due enunciati sono chiamati disgiunti. Per esempio, la prima premessa dell’argomentazione 1, O ha piovuto o qualcuno ha annaffiato il giardino.

è una disgiunzione i cui disgiunti sono gli enunciati ‘Ha piovuto’ e ‘Qualcuno ha annaffiato il giardino’. Si noti che nel linguaggio corrente il secondo ‘o’ può essere sostituito da ‘oppure’, così come spesso il primo ‘o’ viene tralasciato: possiamo esprimere la stessa proposizione dicendo Ha piovuto oppure qualcuno ha annaffiato il giardino.

Asserzioni formate per mezzo di ‘se … allora’ sono chiamate condizionali. La parte che segue ‘se’ è si dice antecedente, l’altra conseguente. Nell’enunciato Se oggi è domenica, allora i negozi alimentari sono chiusi.

‘Oggi è domenica’ è l’antecedente e ‘I negozi alimentari sono chiusi’ è il conseguente. La parola ‘allora’ può essere omessa. I condizionali si possono esprimere anche invertendo l’ordine, come in I negozi alimentari sono chiusi, se oggi è domenica.

Questa è una semplice variante grammaticale dell’enunciato precedente: l’antecedente e il conseguente sono gli stessi. Si noti che un condizionale è un’asserzione unica formata a partire da due asserzioni più semplici. Non va pertanto confuso con l’argomentazione che si otterrebbe asserendo l’antecedente come premessa e il conseguente come conclusione (si veda il Paragrafo 1.4). Per esempio, la seguente variante del condizionale citato sopra I negozi alimentari sono chiusi, visto che oggi è domenica.

è un’argomentazione, non un condizionale. Si afferma che è domenica e, sulla base di quest’affermazione, si conclude che i negozi alimentari sono chiusi. Chi


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asserisce il condizionale, invece, non si impegna alla verità dell’antecedente per sostenere il conseguente; si limita ad asserire che la verità del conseguente dipende da quella dell’antecedente. Infine, gli enunciati formati per mezzo di ‘se e solo se’ si dicono bicondizionali. Non c’è un nome speciale per i loro componenti, se non lato destro e lato sinistro del bicondizionale. Un bicondizionale può essere considerato la congiunzione di due condizionali. Per rendercene conto, consideriamo l’enunciato: Questa figura è un triangolo se e solo se è un poligono con tre lati.

Chiaramente quest’enunciato è una semplice abbreviazione di Questa figura è un triangolo se è un poligono con tre lati, e questa figura è un triangolo solo se è un poligono con tre lati.

il quale a sua volta è una variante di Se questa figura è un poligono con tre lati, allora è un triangolo, e questa figura è un triangolo solo se è un poligono con tre lati.

Ma che cosa significa il secondo congiunto? Da un punto di vista logico, ‘solo se’ è semplicemente un altro modo di esprimere un condizionale. Asserzioni della forma ‘P solo se Q’ hanno le stesse condizioni di verità di ‘Se P allora Q’ (in un enunciato con ‘solo se’, dunque, è il conseguente e non l’antecedente che segue il ‘se’). Pertanto il congiunto ‘Questa figura è un triangolo solo se è un poligono con tre lati’ significa ‘Se questo è un triangolo, allora è un poligono con tre lati’. Dunque il nostro bicondizionale è solamente un altro modo per dire: Se questa figura è un poligono con tre lati, allora è un triangolo, e se questa figura è un triangolo, allora è un poligono con tre lati.

Poiché l’ordine dei due congiunti non ha alcuna rilevanza per la determinazione del significato, il risultato può essere riscritto così: Se questa figura è un triangolo, allora è un poligono con tre lati, e se questa figura è un poligono con tre lati, allora è un triangolo.

Tutto ciò illustra un principio generale: asserzioni della forma ‘P se e solo se Q’ equivalgono ad asserzioni della forma ‘se P allora Q e se Q allora P’, cioè alla congiunzione di due condizionali in cui l’antecedente e il conseguente sono invertiti. Questo è il motivo per cui si chiamano bicondizionali.

u

Classificare gli enunciati seguenti in base agli operatori logici usati nella loro costruzione; in ciascun caso, indicare gli enunciati componenti. (a) (b) (c) (d) (e) (f ) (g) (h) (i)

Se Fido abbaia, Birba tace. Se Birba tace, allora Fido abbaia. Birba tace e Fido abbaia. Birba tace solo se Fido abbaia. Birba tace se Fido abbaia. Fido abbaia se e solo se è stanco. Se Fido è stanco, lo è anche Birba. Fido e Birba sono stanchi. O Birba è stanca, oppure è paziente.

Esercizio risolto

3.4


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(j) Birba è stanca e paziente. (k) Fido abbaia ma Birba è paziente. (l) Fido non è paziente. (m) Fido è impaziente. (n) Birba è paziente, ed è anche stanca. (o) Birba è paziente, sebbene sia stanca. (p) Birba è paziente, anche se è stanca. (q) Birba è paziente, visto che è stanca. Soluzione

(a) Condizionale; antecedente: ‘Fido abbaia’; conseguente: ‘Birba tace’. (b) Condizionale; antecedente: ‘Birba tace’; conseguente: ‘Fido abbaia’. (c) Congiunzione; primo congiunto: ‘Birba tace’; secondo congiunto: ‘Fido abbaia’. (d) Condizionale, come (b). (e) Condizionale, come (a). (f ) Bicondizionale; lato sinistro: ‘Fido abbaia’; lato destro: ‘Fido è stanco’. (g) Condizionale; antecedente: ‘Fido è stanco’; conseguente: ‘Birba è stanca’. (h) Congiunzione; primo congiunto: ‘Fido è stanco’; secondo congiunto: ‘Birba è stanca’. (i) Disgiunzione; primo congiunto: ‘Birba è stanca’; secondo disgiunto: ‘Birba è paziente’. (j) Congiunzione; primo congiunto: ‘Birba è stanca’; secondo congiunto: ‘Birba è paziente’. (k) Congiunzione; primo congiunto: ‘Fido abbaia’; secondo congiunto: ‘Birba è paziente’. (l) Negazione; enunciato negato: ‘Fido è paziente’. (m) Negazione, come (l). (n) Congiunzione; primo congiunto: ‘Birba è paziente’; secondo congiunto: ‘Birba è stanca’. (o) Congiunzione, come (n). (p) Congiunzione, come (n) e (o). La presenza della parola ‘se’ non deve trarre in inganno: in italiano l’intera locuzione ‘anche se’ ha il significato di ‘sebbene’ e quindi non indica un condizionale bensì una congiunzione. (q) ‘Visto che’ non è un connettivo ma un indicatore di premessa. Quest’enunciato esprime quindi un’argomentazione, non un’asserzione complessa formata unendo asserzioni più semplici.

Come abbiamo detto, in italiano ci sono numerose varianti degli operatori logici. In genere l’interpretazione di queste varianti è evidente, ma in certi casi può rendersi necessario un delicato lavoro di analisi. Per quanto concerne il connettivo di negazione, per esempio, non solo si può usare semplicemente ‘non’ al posto della locuzione ‘non si dà il caso che’; a volte la presenza di una negazione è convogliata indirettamente dall’uso di certi vocaboli piuttosto che altri, tipicamente vocaboli prefissati da particelle negative quali ‘in-’, ‘‘im-’, ‘ir-’, dis-’, ‘s-’ e ‘a-’. Ne abbiamo visto un esempio nell’Esercizio risolto 3.4(m). Eccone altri: È inconcepibile viaggiare più veloce della luce. Il pubblico era disattento. È stato un Febbraio atipico.


La logica proposizionale

Questi enunciati non sono che forme concise delle negazioni di ‘È concepibile viaggiare più veloce della luce’, ‘Il pubblico era attento’ e ‘È stato un Febbraio tipico’. Non sempre, però, le cose sono così semplici. Supponiamo, per esempio, che qualcuno dica: La tua azione è immorale.

Qui non si tratta della semplice negazione di ‘La tua azione è morale’. Dal punto di vista etico, ‘immorale’ significa ‘sbagliato’ e ‘morale’ significa ‘giusto’, ma queste due classificazioni non sono esaustive: alcune azioni (come grattarsi il naso) non sono né giuste né sbagliate bensì eticamente neutrali. Quindi ‘immorale’ non equivale a ‘non morale’. Considerazioni analoghe valgono anche per certe parole contenenti gli altri prefissi negativi che abbiamo citato, come ‘scontento’ e ‘disonorevole’, che non corrispondono all’opposto di ‘contento’ e ‘onorevole’. Bisogna pertanto fare attenzione a distinguere bene i casi in cui i prefissi in questione esprimono una negazione dai casi in cui si comportano diversamente. In alcuni casi può addirittura succedere che una negazione venga espressa per mezzo di parole del tutto prive di particelle negative, come nella seguente coppia di enunciati: Il televisore è spento. Il televisore è acceso.

‘Spento’ e ‘acceso’ sono antonimi, per cui è ragionevole leggere uno di questi enunciati come la negazione dell’altro. Quale dei due sia l’enunciato negato, tuttavia, è indeterminato e la scelta dipenderà dal contesto. Anche il connettivo di congiunzione richiede che si eserciti una certa cautela. Per esempio, l’enunciato (h) dell’Esercizio risolto 3.4 è una congiunzione espressa in forma molto abbreviata, inserendo la parola ‘e’ non tra due enunciati più semplici ma tra due nomi a cui si applica lo stesso aggettivo. Analogamente, l’enunciato 3.4(j) è una congiunzione abbreviata ottenuta inserendo ‘e’ tra due aggettivi che si applicano allo stesso nome, mentre Eva ama ballare e cantare.

non è altro che un modo succinto di esprimere la congiunzione di ‘Eva ama ballare’ e ‘Eva ama cantare’. La nostra analisi del connettivo ‘se e solo se’ si basava su considerazioni simili. Non sempre, però, l’inserzione di ‘e’ tra due nomi, due aggettivi, due verbi o due espressioni qualsiasi di una stessa categoria grammaticale corrisponde al connettivo di congiunzione. Per esempio, l’enunciato Leo e Bruna hanno sollevato il pianoforte.

è ambiguo. Secondo una prima interpretazione, si tratta ancora una volta della congiunzione in forma abbreviata di due affermazioni, cioè ‘Leo ha sollevato il pianoforte’ e ‘Bruna ha sollevato il pianoforte’. Secondo un’altra interpretazione, l’enunciato descrive qualcosa che Leo e Bruna hanno fatto insieme ed esprime così un’unica affermazione, non una congiunzione. Di solito è il contesto a chiarire quale sia l’interpretazione corretta, ma non sempre: di per sé l’enunciato ammette sia la prima lettura (chiamata distributiva) sia la seconda (collettiva). Ci sono poi casi in cui ‘e’ non viene usata in alcuno di questi sensi. Per esempio, il detto Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

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Capitolo 3

esprime a ben vedere una promessa in forma condizionale: Se mi dici con chi vai, ti dirò chi sei.

Infine, proprio con riferimento ai condizionali, è bene sottolineare che la differenza tra ‘se’ e ‘solo se’ è molto importante dal punto di vista logico. Abbiamo detto che entrambe le espressioni esprimono un condizionale ma, come negli enunciati (d) e (e) dell’Esercizio risolto 3.4, bisogna prestare molta attenzione a non confondere l’antecedente e il conseguente. Per fare un altro esempio, c’è una bella differenza tra i due enunciati seguenti: Se hai risposto correttamente a tutte le domande riceverai un bel voto. Solo se hai risposto correttamente a tutte le domande riceverai un bel voto.

Nel primo caso, l’antecedente è ‘Hai risposto correttamente a tutte le domande’. Questo significa che la correttezza delle risposte è una condizione sufficiente per il conseguimento di un bel voto. Nel secondo caso, il medesimo enunciato ‘Hai risposto correttamente a tutte le domande’ esprime invece una condizione necessaria per un bel voto, e per questo motivo costituisce non l’antecedente bensì il conseguente del condizionale. Per apprezzare la differenza, si consideri che nel primo caso non si esclude che una persona riceva un bel voto pur avendo risposto scorrettamente a qualche domanda: potrebbe essere giudicata con benevolenza, oppure potrebbe aver risposto talmente bene alle altre domande da meritarsi comunque un bel voto. Il nostro enunciato esclude semplicemente che si possa rispondere correttamente a tutte le domande e ciononostante ricevere un brutto voto. Per contro, nel secondo caso l’uso della parola ‘solo’ in congiunzione con ‘se’ indica chiaramente che non basta aver risposto correttamente: quella è una condizione necessaria, ma potrebbero essercene altre. Per esempio, potrebbe anche essere necessario aver risposto a tutte le domande entro un limite di tempo prefissato. In generale, non sempre una condizione sufficiente è anche necessaria, così come una condizione necessaria potrebbe non essere sufficiente. Quando una condizione è sia sufficiente sia necessaria, allora regge tanto il ‘se’ quanto il ‘solo se’: abbiamo cioè una congiunzione del condizionale in entrambe le direzioni, e come abbiamo visto questa è proprio la situazione in cui possiamo servirci del connettivo ‘se e solo se’. Esercizio risolto

3.5

u

Individuare quali, tra gli enunciati seguenti, esprimono negazioni. (a) (b) (c) (d) (e) (f ) (g) (h)

L’insieme dei numeri pari è infinito. Diana è infelice. È inaccettabile che si venga licenziati con una semplice e-mail. Quel contratto è sconveniente. Il cavo del televisore è scollegato dalla presa. La tigre se ne stava immobile. È incredibile che io abbia vinto il premio. La porta del soggiorno era dischiusa.

Soluzione

(a) Negazione dell’enunciato ‘L’insieme dei numeri pari è finito’. (b) Questo enunciato non esprime una semplice negazione. Nel caso in cui Diana si trovasse in uno stato emotivo neutrale (per esempio, addormentata), non sarebbe né felice né infelice. Quindi la negazione di ‘Diana è felice’ sarebbe vera mentre ‘Diana è infelice’ sarebbe falso.


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La logica proposizionale

(c) Negazione di ‘È accettabile che si venga licenziati con una semplice e-mail’. (d) Questa non è propriamente la negazione di ‘Quel contratto è conveniente’. La negazione potrebbe essere vera anche qualora il contratto fosse equo, ma qui si sta dicendo di più: il contratto non è né conveniente né equo. (e) Negazione di ‘Il cavo del televisore è collegato alla presa’. (f ) Negazione di ‘La tigre si stava muovendo’. (g) In senso stretto, questa è la negazione di ‘È credibile che io abbia vinto il premio’. Tuttavia in contesti colloquiali ‘incredibile’ viene spesso usato in senso iperbolico, nel qual caso sarebbe meglio leggere l’enunciato in positivo come ‘È fantastico /stupefacente che io abbia vinto il premio’. (h) Una porta dischiusa non è semplicemente una porta che non è chiusa (che potrebbe anche essere spalancata), quindi l’enunciato non è una negazione.

u

Individuare quali, tra gli enunciati seguenti, esprimono congiunzioni. (a) (b) (c) (d) (e) (f ) (g) (h)

Ti ho ripagato controvoglia ma senza lamentarmi. Ada e Giulia sono italiane. Ada e Giulia sono una coppia felice. Ada e Giulia sono sposate. Ada e Giulia sono andate a un concerto. Il film era in bianco e nero. In cantina tengo diversi vini bianchi e rossi. Apri un buon Gattinara e te ne sarò grato per sempre.

Esercizio risolto

3.6

Soluzione

(a) Congiunzione abbreviata di ‘Ti ho ripagato controvoglia’ e ‘Ti ho ripagato senza lamentarmi’. (b) Congiunzione abbreviata di ‘Ada è italiana’ e ‘Giulia è italiana. (c) Questa non è una congiunzione; si sta dicendo qualcosa di Ada e Giulia prese assieme (secondo l’uso collettivo di ‘e’). (d) Questo enunciato è ambiguo. Può essere la mera congiunzione, in forma abbreviata, di ‘Ada è sposata’ e ‘Giulia è sposata’, ma potrebbe anche voler dire che Ada e Giulia sono sposate tra loro, nel qual caso non si tratterebbe di una congiunzione ma di un uso collettivo di ‘e’. (e) Anche quest’enunciato è ambiguo tra una lettura distributiva (la congiunzione di ‘Ada è andata a un concerto’ e ‘Giulia è andata a un concerto’) e una lettura collettiva (Ada e Giulia sono andate a un concerto insieme). (f ) Evidentemente non si sta dicendo che il film era in bianco e anche che era in nero, quindi questa non è una congiunzione. (g) Qui è chiaro invece che si tratta della congiunzione abbreviata di ‘In cantina tengo diversi vini bianchi’ e ‘In cantina tengo diversi vini rossi’. (h) Questa non è una congiunzione bensì una variante grammaticale del condizionale ‘Se apri un buon Gattinara, te ne sarò grato per sempre’.

u

Per ciascuno degli enunciati seguenti, indicare se ‘Maria ha pigiato il tasto rosso’ (o una sua variante grammaticale) esprime una condizione necessaria, sufficiente, oppure necessaria e sufficiente per ‘Il registratore è acceso’. (a) Se Maria ha pigiato il tasto rosso, il registratore è acceso. (b) Il registratore è acceso soltanto se Maria ha pigiato il tasto rosso. (c) Il registratore è acceso, ammesso che Maria abbia pigiato il tasto rosso.

Esercizio risolto

3.7


62

Capitolo 3

(d) (e) (f ) (g) (h)

Il registratore è acceso se e solo se Maria ha pigiato il tasto rosso. Se il registratore è acceso, Maria ha pigiato il tasto rosso. Se il registratore non è acceso, Maria non ha pigiato il tasto rosso. Il registratore non è acceso, a meno che Maria abbia pigiato il tasto rosso. Il registratore è acceso, posto che Maria abbia pigiato il tasto rosso.

Soluzione

(a) (b) (c) (d) (e) (f ) (g) (h)

Sufficiente. Necessaria. Sufficiente (‘ammesso che’ equivale a ‘se’). Necessaria e sufficiente. Necessaria (‘Se P allora Q’ equivale a ‘P solo se Q’). Sufficiente. Necessaria (‘a meno che’ equivale a ‘se non’). Sufficiente (‘posto che’ equivale a ‘se’).

Per facilitare il riconoscimento e il confronto delle diverse forme argomentative, e per ridurre al minimo le distrazioni che possono derivare dalla varietà espressiva del linguaggio ordinario, in logica formale si è soliti rappresentare 3 ciascun operatore con un simbolo speciale: Operatore logico

Simbolo

Non si dà il caso che E O…o Se … allora Se e solo se

~ & Ú → ↔

Usando questa notazione, la forma argomentativa del sillogismo disgiuntivo, per esempio, può essere scritta così: PÚQ ~P \ Q

È anche consuetudine scrivere le forme argomentative orizzontalmente, con le premesse separate da virgole: P Ú Q, ~ P |– Q

In questo formato orizzontale, il simbolo ‘|–’ svolge la stessa funzione dei tre puntini e precede sempre la conclusione della forma argomentativa. Questo simbolo è denominato tornello o segno d’asserzione. 3

Alcuni testi usano simboli diversi per gli stessi operatori. Ecco alcune delle varianti più comuni: Operatore logico

Simboli alternativi

Non si dà il caso che E O…o Se … allora Se e solo se

¬, – Ù, . nessuno É º


63

La logica proposizionale

u

Esprimere le forme argomentative seguenti in notazione simbolica, usando il formato orizzontale. (a) Se P allora Q. Non si dà il caso che P. \ Non si dà il caso che Q. (b) P se e solo se Q. Non si dà il caso che Q. \ Non si dà il caso che P. (c) P e Q. \ P. (d) P. \ P o Q. (e) Se P allora Q. Se Q allora R. \ Se P allora R.

Soluzione

(a) (b) (c) (d) (e)

3.3

P → Q, ~ P |– ~Q P ↔ Q, ~ Q |– ~P P & Q |– P P |– P Ú Q P → Q, Q → R |– P → R

Formalizzazione

Il linguaggio costituito dalla notazione simbolica appena introdotta si chiama linguaggio della logica enunciativa o logica proposizionale. (I due termini possono considerarsi sinonimi, ma il secondo è più diffuso e gli daremo la preferenza.) Adesso esamineremo la sintassi di questo linguaggio, per prima cosa mostrando come le forme di vari enunciati in italiano possano venire espresse attraverso formule simboliche, cioè formalizzati, e in seguito esplicitando le regole grammaticali del linguaggio stesso. Il processo di formalizzazione trasforma un enunciato o un’argomentazione formulati in italiano in una forma enunciativa o una forma argomentativa, rispettivamente, composte di lettere enunciative e operatori logici. Le lettere enunciative non hanno significato di per sé, ma nel contesto di un particolare esercizio possono essere interpretate come espressioni per proposizioni specifiche. Tale interpretazione, comunque, non è essenziale alla forma: in un contesto diverso, le stesse lettere possono stare per proposizioni diverse. Quando si parla del significato di una lettera enunciativa si intende quindi il suo significato rispetto a all’interpretazione specificata dal contesto in questione. La formalizzazione di enunciati contenenti un unico operatore è immediata. Se, per esempio, rappresentiamo ‘Eva ama ballare’ con la lettera ‘B’, allora la sua negazione, ‘Eva non ama ballare’, avrà la forma ‘~ B’, e se rappresentiamo ‘Eva ama cantare’ con ‘C ’, la congiunzione ‘Eva ama ballare e cantare’, cioè ‘Eva ama ballare e Eva ama cantare’, avrà la forma ‘B & C ’. Nel caso in cui un enunciato contenga più operatori logici, la formalizzazione richiede però una certa cura. Supponiamo, per esempio, di voler formalizzare l’enunciato Eva non ama ballare e cantare.

Esercizio risolto

3.8


64

Capitolo 3

cioè la negazione della congiunzione. Non possiamo accontentarci di scrivere ‘~ B & C ’. Questa formula è la congiunzione di ‘~ B’ con ‘C ’, che corrisponde a Eva non ama ballare e Eva ama cantare.

e non è questo che intendevamo. Se vogliamo che la negazione si applichi alla congiunzione rappresentata da ‘B & C ’, dobbiamo essere espliciti. Lo faremo aiutandoci con delle parentesi, scrivendo cioè ‘~ (B & C)’. La formula così ottenuta corrisponde a ‘Non si dà il caso che Eva ami ballare e cantare’, che è proprio quello che volevamo dire. (Quest’uso delle parentesi è simile all’uso che se ne fa in algebra, dove per esempio si scrive ‘–(1 + 3)’ per indicare che non ci si riferisce alla somma di –1 e 3, cioè 2, bensì al negativo di 1 + 3, cioè –4.) Per usare un esempio diverso, supponiamo di voler formalizzare O oggi è domenica, oppure oggi è lunedì e i negozi alimentari sono aperti.

Questa è una disgiunzione il cui secondo disgiunto è la congiunzione ‘Oggi è lunedì e i negozi alimentari sono aperti’ (lo si capisce dalla posizione della virgola), e viene quindi formalizzata come ‘D Ú (L & A)’. Se togliamo le parentesi e scriviamo semplicemente ‘D Ú L & A ’, il significato di quest’espressione non è chiaro. Potrebbe infatti essere letta come una disgiunzione ma anche come una congiunzione il cui primo congiunto è la disgiunzione ‘D Ú L’, cioè ‘O oggi è domenica oppure oggi è lunedì’. In tal caso il significato dell’espressione complessiva sarebbe O oggi è domenica oppure oggi è lunedì, e i negozi alimentari sono aperti.

che è ben diverso dal significato dell’enunciato originario. Esercizio risolto

3.9

u

Interpretando ‘P ’ come ‘Sta piovendo’ e ‘N ’ come ‘Sta nevicando’, esprimere in logica proposizionale le forme degli enunciati seguenti. (a) Sta piovendo. (b) Non sta piovendo. (c) O sta piovendo o sta nevicando. (d) Sta sia piovendo che nevicando. (e) Sta piovendo, ma non sta nevicando. (f ) Non è vero che sta sia piovendo che nevicando. (g) Se non sta piovendo, allora sta nevicando. (h) Non si dà il caso che, se sta piovendo, allora sta nevicando. (i) Non si dà il caso che, se sta nevicando, allora sta piovendo. (j) Sta piovendo se e solo se non sta nevicando. (k) Non sta né piovendo né nevicando. (l) Se sta sia nevicando che piovendo, allora sta nevicando. (m) Se non sta piovendo, allora non è vero che sta sia nevicando che piovendo. (n) O sta piovendo, o sta sia nevicando che piovendo. (o) O sta sia piovendo che nevicando, o sta nevicando ma non piovendo.

Soluzione

(a) P (b) ~ P (c) P Ú N


La logica proposizionale

(d) (e) (f ) (g) (h) (i) (j) (k)

P&N P & ~N ~ (P & N) ~P → N ~ (P → N) ~ (N → P) P ↔ ~N ~ P & ~ N, oppure, in alternativa, ~ (P Ú N); queste due formalizzazioni sono equivalenti e ugualmente corrette (si veda l’Esercizio risolto 3.12). (l) (N & P) → N (m) ~ P → ~ (N & P) (n) P Ú (N & P) (o) (P & N) Ú (N & ~ P)

Si noti che tutte queste formule sono costruite a partire da tre insiemi di simboli: Lettere enunciative: qualunque lettera maiuscola può essere impiegata come lettera enunciativa. Se necessario, al fine di produrre ulteriori lettere enunciative si possono aggiungere pedici numerici; per esempio, ‘P1’, ‘P2’, ‘P3’ ecc. sono tutte lettere enunciative distinte da ‘P ’. Operatori logici: ‘~’, ‘&’, ‘Ú’, ‘→’, ‘↔’ Parentesi: ‘(’, ‘)’ Questi tre insiemi di simboli costituiscono il vocabolario del linguaggio della logica proposizionale. Il vocabolario di un linguaggio formale, di solito, è diviso in simboli logici e non logici. In questo caso i simboli logici sono i cinque operatori logici e le due paretesi, i simboli non logici sono le lettere enunciative. Abbiamo già avuto modo di notare che queste ultime possono ricevere interpretazioni diverse in contesti diversi; la lettera enunciativa ‘P ’, per esempio, può stare per ‘Poirot era belga’ in un contesto e per ‘La principessa dorme’ in un altro. Al contrario, la funzione o interpretazione dei simboli logici è fissata una volta per tutte. Una formula del linguaggio della logica proposizionale è una sequenza qualsiasi di simboli del vocabolario. Quindi, tutte le risposte all’Esercizio risolto 3.9 sono formule, ma lo sono anche sequenze prive di senso come ‘((&(P ’. Per distinguere queste sequenze prive di senso dalle formule che hanno o possono avere un significato introduciamo la nozione di formula ben formata, in breve fbf. Questa nozione è definita dalle regole seguenti, chiamate regole di formazione, le quali costituiscono la grammatica ufficiale del linguaggio formale. (1) Qualunque lettera enunciativa è una fbf. (2) Se f è una fbf, allora lo è anche ~ f. (3) Se f e y sono fbf, allora lo sono anche (f & y), (f Ú y), (f → y) e (f ↔ y). Tutto ciò che non risulta classificabile come fbf in base a queste tre regole non è una fbf. (Nel formulare queste regole, così come altre che discuteremo in seguito, ci serviamo di lettere greche per indicare formule arbitrarie. Queste lettere non appartengono al vocabolario del linguaggio formale ma sono variabili metalinguistiche, ossia simboli che appartengono al linguaggio di cui ci serviamo per parlare del linguaggio formale.)

65


66

Capitolo 3

Le fbf complesse sono dunque costruite a partire da quelle semplici per mezzo di ripetute applicazioni delle regole di formazione. Quindi, per esempio, in base alla regola 1 si capisce che ‘P ’ e ‘Q’ sono entrambe fbf. Da questo segue, per la regola 3, che anche ‘(P & Q)’ è una fbf, e dunque ‘~ (P & Q)’ è una fbf per la regola 2. O, ancora, la regola 1 ci dice che ‘P ’ è una fbf, da cui segue, per la regola 2, che lo è anche ‘~ P ’. Quindi, ancora per la regola 2, anche ‘~ ~ P ’ è una fbf. In effetti possiamo andare avanti e aggiungere segni di negazione a piacimento: persino ‘~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ P ’ è una fbf. Si noti che con la regola 3 si stipula che, ogniqualvolta si introduce un operatore binario, si introduce una corrispondente coppia di parentesi. Quindi, per esempio, ‘(P & ~ Q)’ è una fbf, mentre non lo è ‘P & ~ Q’. Questo serve e evitare le ambiguità di cui si è parlato. In pratica, tuttavia, le coppie di parentesi che contengono l’intera formula non sono mai necessarie a questo scopo. Di conseguenza adotteremo la convenzione ufficiosa per cui le parentesi più esterne possono essere omesse, anche se, a rigore, la formula che ne risulta non è una fbf. Questa convenzione è stata usata implicitamente negli esempi che abbiamo considerato sin qui e anche nelle soluzioni agli Esercizi risolti 3.8 e 3.9. Se avessimo seguito alla lettera le regole di formazione, la Soluzione 3.9(c), per esempio, sarebbe stata ‘(P Ú N)’ e non ‘P Ú N ’. L’omissione delle parentesi più esterne è l’unica infrazione alle regole di formazione che permetteremo. Esercizio risolto

3.10

u

Usare le regole di formazione per stabilire quali delle seguenti formule sono fbf. (a) ~ ~ ~ R (b) (~ R) (c) PQ (d) P → Q (e) (P → Q) (f ) ~ (P → Q) (g) ((P & Q) → R) (h) (P & Q) → R (i) ~ (~ P & ~ Q) (j) ((P & Q) Ú (R & S)) (k) ((P) → (Q)) (l) (P Ú Q Ú R) (m) (~ P ↔ (Q & R)) (n) ~ (P ↔ (Q & R)) (o) ~ ~ (P & P)

Soluzione

(a) ‘R’ è una fbf per la regola 1; dunque ‘~ ~ ~ R’ è una fbf in seguito a tre applicazioni della regola 2. (b) Non è una fbf. Le parentesi vanno introdotte solo insieme a operatori binari (regola 3). (c) Non è una fbf. Due o più lettere enunciative possono produrre una fbf solo in combinazione con un operatore binario (regola 3). (d) A rigore non è una fbf: mancano le parentesi più esterne. Però possiamo usare formule di questo tipo “ufficiosamente”. (e) ‘P ’ e ‘Q’ sono fbf per la regola 1, così ‘(P → Q)’ è una fbf per la regola 3. Questa è la versione “ufficiale” della formula (d).


67

La logica proposizionale

(f ) Questa è una fbf, in seguito all’applicazione della regola 2 alla formula (e). (g) ‘P ’, ‘Q’ e ‘R’ sono fbf per la regola 1. Quindi ‘(P & Q)’ è una fbf per la regola 3 e così ‘((P & Q) → R)’ è una fbf per un’altra applicazione della regola 3. (h) A rigore non si tratta di una fbf. È però il risultato dell’eliminazione delle parentesi più esterne dalla formula (g), conformemente alla nostra convenzione “ufficiosa”. (i) ‘P ’ e ‘Q’ sono fbf per la regola 1, quindi ‘~ P ’ e ‘~ Q’ sono fbf per la regola 2. Ne segue che ‘(~P & ~ Q)’ è una fbf per la regola 3, e così ‘~ (~ P & ~ Q)’ è una fbf ancora per la regola 2. (j) ‘P ’, ‘Q’, ‘R’ e ‘S ’ sono fbf per la regola 1. Quindi ‘(P & Q)’ e ‘(R & S)’ sono fbf per la regola 3, e così ‘((P & Q) Ú (R & S))’ è una fbf ancora per la regola 3. (k) Non è una fbf. Nessuna regola ci autorizza a mettere tra parentesi singole lettere enunciative. (l) Non è una fbf. La regola 3 ci autorizza a unire soltanto due lettere enunciative alla volta. (m) ‘P ’, ‘Q’ e ‘R’ sono fbf per la regola 1. Così ‘~ P ’ è una fbf per la regola 2 e ‘(Q & R)’ per la regola 3. Quindi ‘(~ P ↔ (Q & R))’ è una fbf per la regola 3. (n) Come in (m), ‘P ’ e ‘(Q & R)’ sono fbf. Ne segue che ‘(P ↔ (Q & R))’ è una fbf per la regola 3, e così ‘~ (P ↔ (Q & R))’ è una fbf per la regola 2. (o) ‘P ’ è una fbf, quindi ‘(P & P)’ è una fbf per la regola 3, e così ‘~ ~ (P & P)’ è una fbf per due successive applicazioni della regola 2.

Le lettere enunciative sono chiamate fbf atomiche, tutte le altre fbf sono dette molecolari, o composte. Una sottoformula ben formata, o sfbf è una parte di una fbf che è a sua volta una fbf. Quindi, ‘P ’ è una sfbf di ‘~ (P & Q)’ e ‘~ R’ è una sfbf di ‘~ ~ R’. Ciascuna fbf è considerata una sfbf di se stessa. Una particolare occorrenza di un operatore in una fbf, insieme a quella parte della fbf a cui l’occorrenza dell’operatore si applica, è chiamata ambito di quell’occorrenza dell’operatore. In altre parole, l’ambito di un’occorrenza di un operatore in una fbf è la più piccola sfbf che contiene quell’occorrenza. Quindi, nella formula ‘(~ P & (Q → ~ R))’, l’ambito della prima occorrenza di ‘~’ è ‘~ P ’, l’ambito della seconda occorrenza di ‘~’ è ‘~ R’, l’ambito di ‘→’ è ‘(Q → ~ R)’ e l’ambito di ‘&’ è l’intera formula. Nella formula ‘~ (P & (Q Ú R))’, l’ambito di ‘Ú’ è ‘(Q Ú R)’, l’ambito di ‘&’ è ‘(P & (Q Ú R))’ e l’ambito di ‘~’ è l’intera formula. Ogni fbf composta ha uno e un solo operatore il cui ambito è l’intera fbf. Questo è chiamato operatore principale della fbf. Una fbf il cui operatore principale sia ‘&’ (indipendentemente da quanti altri operatori contenga) è chiamata congiunzione, una fbf il cui operatore principale sia ‘~’ è una negazione, e così via. Queste definizioni completano la nostra presentazione rigorosa del linguaggio della logica proposizionale. Possiamo ora usarlo per rappresentare in modo chiaro le forme di argomentazioni specifiche espresse in lingua italiana. Su queste basi costruiremo poi un metodo per studiarne la validità deduttiva.

u

Formalizzare le argomentazioni seguenti secondo il formato orizzontale, usando le lettere enunciative indicate. Omettere le parentesi più esterne, in accordo con la nostra convenzione “ufficiosa”. (a) Se Dio esiste, la vita ha senso. Dio esiste, e così la vita ha senso. (D, V) (b) Dio esiste solo se la vita ha senso. La vita, però, non ha alcun senso. Dunque Dio non esiste. (D, V) (c) Non è vero che la vita non ha senso. Quindi Dio esiste. (D, V)

Esercizio risolto

3.11


68

Capitolo 3

(d) Dato che oggi non è giovedì, dev’essere venerdì, visto che oggi è o giovedì o venerdì. (G, V) (e) Se oggi è giovedì, domani è venerdì. Se domani è venerdì, dopodomani è sabato. Di conseguenza, se oggi è giovedì, dopodomani è sabato. (G, V, S) (f ) Siamo nel fine settimana se e solo se è o sabato o domenica. Dunque, siamo nel fine settimana, dal momento che è sabato. (F, S, D) (g) Siamo nel fine settimana se è o sabato o domenica; ma non siamo nel fine settimana. Dunque, non è sabato e non è domenica. (F, S, D) (h) Siamo nel fine settimana solo se è o sabato o domenica. Non è sabato. Non è domenica. Quindi, non siamo nel fine settimana. (F, S, D) (i) La domanda per la borsa di studio è stata spedita. Se arriverà entro venerdì, sarà presa in considerazione. Quindi sarà presa in considerazione, poiché se la domanda è stata spedita, arriverà entro venerdì. (S, A, C) (j) O lei non è a casa, o non risponde al telefono; ma se non è a casa, allora è stata rapita, e se non risponde al telefono, si trova in qualche altro pericolo. Quindi, o è stata rapita o si trova in qualche altro pericolo. (C, R1, R2, P) Soluzione

(a) (b) (c) (d) (e) (f ) (g) (h) (i) (j)

3.4

D → V, D |– V D → V, ~ V |– ~ D ~ ~ V |– D ~ G, G Ú V |– V G → V, V → S |– G → S F ↔ (S Ú D), S |– F (S Ú D) → F, ~ F |– ~ S & ~ D F → (S Ú D), ~ S, ~ D |– ~ F S, A → C, S → A |– C ~ C Ú ~ R1, ~ C → R2, ~ R1 → P |– R2 Ú P

Semantica degli operatori logici

A questo punto è necessario dare una formulazione più rigorosa del significato dei cinque operatori logici, cioè della loro semantica. Lo faremo precisando in che modo ciascun operatore contribuisce alla verità o alla falsità degli enuncia4 ti in cui figura, o meglio, delle asserzioni espresse da quegli enunciati. La verità o la falsità di un’asserzione è anche chiamata valore di verità dell’asserzione. Possiamo quindi dire che la semantica di un operatore logico è fissata da una regola che permette di determinare il valore di verità di qualunque enunciato composto nel quale quell’operatore compaia come operatore principale, posto che siano noti i valori di verità delle asserzioni componenti. Nel descrivere queste regole semantiche assumeremo due principi molto generali che costituiscono il fulcro della logica classica. Principio di bivalenza: ogni asserzione è o vera o falsa. Principio di non-contraddizione: nessuna asserzione è sia vera sia falsa. 4

Ricordiamo che uno stesso enunciato può essere usato per esprimere asserzioni diverse in circostanze o contesti diversi, anche asserzioni che differiscono per il loro valore di verità (si veda il Capitolo 1, nota 1). Comunque, nel caso non ci sia pericolo di confusione, faremo a meno di questa distinzione e parleremo liberamente del valore di verità di un enunciato (o di una fbf).


69

La logica proposizionale

Ci possono essere buoni motivi filosofici per ritenere che certi tipi di asserzioni (per esempio asserzioni vaghe o spurie, asserzioni che riguardano il futuro, asserzioni riguardanti processi infiniti o asserzioni paradossali del tipo ‘Sto mentendo’) possano avere altri valori di verità rispetto al vero e al falso, oppure essere del tutto privi di un valore di verità, violando in tal modo il principio di bivalenza. Si potrebbe anche ipotizzare che certi tipi di asserzioni abbiano più di un valore di verità, e in particolare che possano essere sia vere sia false, violando così il principio di non-contraddizione. Queste tesi filosofiche non verranno qui prese in considerazione. La teoria logica di cui ci occuperemo in questo libro – la logica classica – non contempla tali possibilità e si applica soltanto nell’ipotesi in cui entrambi i principi valgano senza restrizioni. Questa è sicuramente una limitazione. D’altro canto, le logiche non classiche sono in genere piuttosto complesse e risultano più facilmente comprensibili se confrontate con la logica classica, sicché conviene comunque padroneggiare bene quest’ultima prima di cimentarsi nello studio di eventuali teorie alternative. Torneremo su questo punto nell’appendice al Capitolo 11. Assumiamo, dunque, entrambi i principi. Su queste basi, la regola semantica per la negazione è semplice: la negazione di un’asserzione f è vera se f è falsa ed è falsa se f è vera (questa regola si applica indifferentemente che f sia atomica o composta). Se abbreviamo ‘vero’ con ‘V ’ e ‘falso’ con ‘F’, possiamo sintetizzare la regola con una tabella, così: f ~f V F F V

Tavola di verità Negazione

Una tabella di questo tipo si chiama tavola di verità. Rispetto a ‘f’, sono elencate due possibilità: o f è vera, o f è falsa. Le lettere sotto ‘~ f’ indicano il valore di verità di ~ f in ciascun caso. In questo modo, ciascuna riga (orizzontale) di valori rappresenta una classe di situazioni possibili. La prima riga rappresenta le situazioni in cui f è vera. In queste situazioni ~ f è falsa. La seconda rappresenta le situazioni in cui f è falsa. In tali situazioni ~ f è vera. Dati i nostri due principi generali, queste situazioni sono le uniche possibilità, quindi la tavola specifica il valore di verità di ~ f rispetto a ogni situazione possibile. In questo senso si dice che la tavola di verità ne definisce il significato logico. Anche la tavola di verità della congiunzione è semplice. Una congiunzione è vera se entrambi i congiunti sono veri, altrimenti è falsa. Dunque la tavola è: f V V F F

y V F V F

f&y V F F F

Dal momento che la congiunzione si applica a due asserzioni, in questo caso vi sono quattro tipi di situazioni possibili da considerare: quelle in cui f e y sono entrambe vere, quelle in cui f è vera e y è falsa, quelle in cui f è falsa e y è vera, e quelle in cui sia f che y sono false. Questi quattro casi sono rappresentati, rispettivamente, dalle quattro righe della tavola. La colonna sotto ‘f & y’ elenca il valore di verità della congiunzione in ciascun caso. Gli altri tre connettivi del nostro linguaggio sono, come la congiunzione, operatori binari. Il loro significato è quindi determinato da tavole di verità che,

Tavola di verità Congiunzione


70

Capitolo 3

come quella della congiunzione, contengono quattro righe, una per ogni possibile combinazione dei valori di verità delle due asserzioni a cui si applica il connettivo. Per quanto riguarda ‘Ú’, la sua tavola di verità riflette l’idea per cui una disgiunzione è vera se almeno uno dei suoi disgiunti è vero, altrimenti è falsa: Tavola di verità Disgiunzione

f V V F F

y V F V F

fÚy V V V F

Notiamo subito che in italiano esiste anche una lettura secondo la quale nel primo dei quattro casi, quando entrambi i disgiunti sono veri, la disgiunzione è falsa. Questa è la cosiddetta lettura esclusiva della disgiunzione, in contrasto con quella inclusiva specificata dalla nostra tavola di verità. Per esempio, dicendo O giovedì o venerdì pioverà.

non si esclude la possibilità che piova entrambi i giorni, sicché l’asserzione è correttamente formalizzata dalla disgiunzione inclusiva ‘G Ú V ’. Per contro, un agente di polizia che dicesse O paga la multa o le ritiro la patente.

intenderebbe probabilmente escludere che pagando la multa si possa comunque perdere la patente, in accordo con la lettura esclusiva. Se avessimo anche un operatore logico per questa lettura della disgiunzione, che potremmo indicare con il simbolo ‘Úe’, la sua tavola di verità sarebbe così: f V V F F

y V F V F

f Úe y F V V F

Tuttavia è facile rendersi conto che non è necessario aggiungere ‘Úe’ al nostro insieme di operatori logici. A questo scopo è sufficiente notare che la lettura esclusiva del nostro esempio equivale all’affermazione O paga la multa o le ritiro la patente, ma non entrambi.

e quest’asserzione corrisponde alla formula ‘(M Ú P) & ~ (M & P)’. Ora, questa formula è una congiunzione e sarà pertanto vera esattamente in quei casi in cui sono veri entrambi i congiunti. Il primo congiunto è una disgiunzione inclusiva, ed è vero in tutti i casi tranne quando ‘M ’ e ‘P ’ sono entrambe false. Il secondo congiunto è la negazione della congiunzione ‘(M & P)’, ed è quindi vero esattamente in quei casi in cui ‘(M & P)’ è falsa, cioè in tutti i casi tranne quando ‘M ’ e ‘P ’ sono entrambe vere. Ne segue che la formula complessiva è vera in tutti i casi tranne quando ‘M ’ e ‘P ’ sono entrambe false o entrambe vere, e questo è proprio ciò che direbbe la tavola di verità per ‘M Úe P ’. In generale, ogni asserzione della forma ‘o f o y’, nella sua lettura esclusiva, ha le stesse condizioni di verità della congiunzione ‘(f Ú y) & ~ (f & y)’ e può quindi venire espressa mediante gli operatori di cui già disponiamo. Nel prosieguo ci concentreremo pertanto sulla disgiunzione inclusiva, ricorrendo a questo schema per formalizzare


71

La logica proposizionale

quegli enunciati della lingua italiana per i quali la disgiunzione è usata in maniera esclusiva. (Potremmo anche seguire la strategia opposta e concentrarci invece sulla disgiunzione esclusiva, esprimendo ogni enunciato della forma ‘f Ú y’ come ‘(f Úe y) Úe (f & y)’; la nostra preferenza per l’operatore ‘Ú’ è motivata solo dal fatto che riflette la convenzione corrente.) Di tutti gli operatori logici, ‘→’ è quello che presenta maggiori peculiarità di significato rispetto all’espressione italiana corrispondente, cioè il condizionale ‘se … allora’. Di solito si ritiene che in italiano (e in altre lingue) ci siano diversi tipi di condizionali, ciascuno dei quali esprime una diversa relazione tra antecedente e conseguente. Il condizionale espresso dal nostro simbolo ‘→’ è chiamato condizionale materiale e corrisponde all’idea per cui l’antecedente esprime una condizione sufficiente, ma non sempre necessaria, per la verità del conseguente. Più precisamente, asserendo un condizionale materiale ‘f → y’ si intende semplicemente escludere la possibilità che f sia vera mentre y è falsa. Tutte le altre possibilità sono ammesse. Ciò corrisponde alla seguente tavola di verità: f V V F F

y V F V F

f→y V F V V

Si noti che, in base a questa stipulazione, un condizionale materiale risulta vero ogniqualvolta il suo antecedente è falso, così come risulta vero ogniqualvolta è vero il suo conseguente. In conseguenza di ciò, i condizionali materiali spesso hanno un sapore paradossale. Per esempio, l’enunciato Se la neve è rossa, allora la neve è bianca.

risulta vero se ‘se … allora’ è letto come condizionale materiale. Infatti abbiamo che entrambe le condizioni sono soddisfatte: l’antecedente è falso e il conseguente è vero. Similmente, per quanto bizzarri, entrambi gli enunciati Se la neve è rossa, allora esistono civiltà extraterrestri. Se esistono civiltà extraterrestri, allora la neve è bianca.

risultano veri: il primo per il semplice fatto che l’antecedente è falso, il secondo per il fatto che è vero il conseguente. Tali stranezze rivelano la discrepanza tra il condizionale materiale e i condizionali così come possono essere intesi in italiano, dove solitamente si presume un nesso più forte tra antecedente e conseguente, per esempio una relazione causa-effetto. Tuttavia, il condizionale materiale è il tipo più semplice di condizionale, ed è il solo il cui significato possa essere rappresentato da una tavola di verità. Inoltre, esso risulta adeguato per la maggior parte degli scopi in matematica e informatica, cosicché è stato accettato, in tali ambiti, come il condizionale standard. In questo capitolo e nei successivi ci concentreremo pertanto su quest’unica interpretazione di ‘se … allora’. Ci limiteremo a considerare una variante significativa alla fine del Paragrafo 11.8, mentre le relazioni causali verranno trattate nel Paragrafo 9.6. Per quanto infine riguarda il bicondizionale, abbiamo visto che un’asserzione della forma ‘f ↔ y’ significa la stessa cosa della congiunzione ‘(f → y) & (y → f)’, dove ‘→’ è il condizionale materiale. (Per questo motivo ‘↔’ è chiamato il bicondizionale materiale; il significato di altri tipi di bicondizionali è connesso a quello dei condizionali corrispondenti.) Ne segue che le condizioni di verità

Tavola di verità Condizionale


72

Capitolo 3

di ‘f ↔ y’ possono essere precisate sulla base delle condizioni di verità dei due condizionali ‘(f → y)’ e ‘(y → f)’: quando entrambi sono veri, è vero il bicondizionale corrispondente alla loro congiunzione, altrimenti il bicondizionale è falso. Ora, il primo di questi condizionali è vero in tutti i casi tranne quando f (l’antecedente) è vero e y (il conseguente) è falso. Analogamente, il secondo condizionale è sempre vero tranne quando y (che questa volta fa da antecedente) è vero e f (il conseguente) è falso. Questi sono gli unici due casi in cui la congiunzione dei due condizionali, e quindi il bicondizionale ‘f ↔ y’, è falso. Nei due casi restanti il bicondizionale è vero. Ciò risulta nella seguente tavola di verità: f V V F F

Tavola di verità Bicondizionale

y f↔y V V F F V F F V

Si noti che questo modo di definire le regole semantiche del bicondizionale suggerisce che questo operatore non è, a rigore, necessario: ogni asserzione della forma ‘f ↔ y’ può essere espressa nei termini dei connettivi ‘&’ e ‘→’. Quindi, proprio come non è stato necessario aggiungere un sesto operatore logico ‘Úe’ per esprimere la lettura esclusiva di ‘o’, così potremmo fare a meno di ‘↔’. Le uniche ragioni per tenere tutti e cinque gli operatori nel nostro linguaggio formale sono la convenienza notazionale e l’aderenza a una pratica ormai diffusa, ma in linea di principio quattro operatori sarebbero sufficienti. In realtà, risulta che solo uno tra ‘&’, ‘Ú’ e ‘→’ è necessario oltre a ‘~’, poiché gli altri potrebbero sempre essere espressi in maniera indiretta. Per esempio, la tavola di verità della disgiunzione ci dice che ‘f Ú y’ è vera in tutti i casi tranne quando f e y sono entrambe false. Ciò equivale a dire che ‘f Ú y’ è vera in tutti i casi tranne quando ‘~ f’ e ‘~y’ sono entrambe vere, cioè quando è vera la congiunzione ‘~ f & ~y’. Ma allora ‘f Ú y’ è vera esattamente quando ‘~ f & ~y’ è falsa, cioè quando è vera la negazione ‘~ (~ f & ~y)’. Potremmo quindi esprimere ogni disgiunzione inclusiva mediante quest’ultima formula. Analogamente, la tavola di verità del condizionale ci dice che ‘f → y’ è vera in tutti i casi tranne quando f è vera e y è falsa, cioè quando sono vere f e la negazione di y, e ciò vuol dire che potremmo esprimere il condizionale mediante la formula ‘~ (f & ~ y)’. Questo dimostra che i due connettivi iniziali, ‘~’ e ‘&’, sarebbero sufficienti. Ci sono altre combinazioni di operatori logici utili al fine di formalizzare argomentazioni in logica proposizionale, ma non c’è bisogno di considerare tutte le alternative. La cosa importante è che i nostri cinque connettivi, malgrado non siano tutti necessari, forniscano collettivamente un apparato sufficiente a quel fine. Si può infatti dimostrare che, fintanto che disponiamo della negazione insieme alla congiunzione, alla disgiunzione o al condizionale materiale, possiamo esprimere ogni altro connettivo il cui significato sia rappresentabile attraverso una tavola di verità. Si parla a questo riguardo di connettivi vero-funzionali. E il fatto appena citato, la cui dimostrazione è data in appendice al capitolo, va sotto il nome di completezza funzionale del nostro insieme di operatori logici. Esercizio risolto

3.12

u

Dimostrare che non c’è bisogno di un operatore logico che corrisponda all’italiano ‘né…né’, poiché ogni asserzione della forma né P né Q può essere formalizzata usando gli operatori già disponibili.


La logica proposizionale

Soluzione

Un enunciato della forma ‘né P né Q’ è vero se e solo se sia ‘P ’ sia ‘Q’ sono falsi. Ciò equivale a dire che è vero esattamente quando ‘~ P ’ e ‘~ Q’ sono entrambi veri, cioè quando è vera la congiunzione ‘~ P & ~ Q’. Di conseguenza non c’è bisogno di un simbolo speciale per esprimere quest’operatore: negazione e congiunzione sono sufficienti. (Un altro modo di esprimere ‘né P né Q’ è ‘~ (P Ú Q)’, che usa solo la negazione e la disgiunzione.) È degno di nota che se aggiungessimo l’operatore ‘né… né’, allora tutti e cinque i nostri operatori diverrebbero pleonastici, poiché potremmo esprimere qualunque enunciato della forma ‘~ P ’ come ‘né P né P ’ e qualunque enunciato della forma ‘P & Q’ come ‘né ~ P, né ~ Q’, e abbiamo visto che questo ci fornisce risorse sufficienti per esprimere anche gli altri operatori.

3.5

Tavole di verità per formule

Nella nostra presentazione delle regole semantiche per gli operatori logici abbiamo più volte fatto riferimento alle condizioni di verità di formule complesse contenenti più di un operatore logico. Per esempio, abbiamo detto che la congiunzione ‘(M Ú P) & ~ (M & P)’ ha sempre gli stessi valori di verità che avrebbe la disgiunzione esclusiva ‘(M Úe P)’, e abbiamo giustificato quest’affermazione richiamandoci ai valori di verità delle sfbf di cui è costituita la congiunzione stessa. Nel fare ciò, abbiamo implicitamente costruito la tavola di verità di ‘(M Ú P) & ~ (M & P)’ per poi confrontarla con quella di ‘(M Úe P)’. Questa procedura può essere resa più esplicita nel modo seguente. Per costruire la tavola di una fbf qualsivoglia, si trovano innanzitutto i valori di verità delle sue sfbf più piccole, poi si usano le tavole degli operatori logici per calcolare i valori delle sfbf di dimensioni di volta in volta maggiori, fino a ottenere i valori dell’intera fbf. Ora, le più piccole sfbf di ‘(M Ú P) & ~ (M & P)’ sono le lettere enunciative ‘M ’ e ‘P ’, quindi cominciamo copiando le colonne con i possibili valori di verità di ‘M ’ e ‘P ’ sotto le loro occorrenze nella formula: M V V F F

P (M Ú P) & ~ (M & P) V V V V V F V F V F V F V F V F F F F F

Dopo ‘M ’ e ‘P ’, le sfbf più piccole della nostra congiunzione sono ‘(M Ú P)’ e ‘(M & P)’. Possiamo calcolare i valori di queste formule utilizzando le tavole di verità per ‘Ú’ e per ‘&’, rispettivamente, e li scriviamo nella nostra tavola sotto i simboli corrispondenti a questi operatori: M V V F F

P (M Ú P) & ~ (M & P) V V V V V V V F V V F V F F V F V V F F V F F F F F F F

Adesso possiamo anche calcolare i valori di verità della sfbf ‘~ (M & P)’: siccome questa formula è la negazione di ‘(M & P)’, i suoi valori saranno in ciascun caso l’opposto dei valori che abbiamo appena calcolato per quest’ultima formula. Li scriviamo nella tavola sotto il simbolo di negazione ‘~ ’:

73


74

Capitolo 3

M V V F F

P (M Ú P) & V V V V F V V F V F V V F F F F

~ (M F V V V V F V F

& V F F F

P) V F V F

A questo punto sappiamo i valori di verità delle due sfbf ‘(M Ú P)’ e ‘~ (M & P)’ per ciascun caso possibile. Poiché l’intera formula non è che la congiunzione di queste due sfbf, ciò significa che siamo nelle condizioni di calcolare anche i suoi valori di verità: la formula è vera in quei casi in cui entrambi i congiunti sono veri, e falsa negli altri casi. Completiamo così la nostra tavola ed evidenziamo i valori che scriviamo sotto il connettivo principale: M V V F F

P (M Ú P) & ~ (M V V V V F F V F V V F V V V V F V V V V F F F F F F V F

& V F F F

P) V F V F

Come si può notare, i valori così ottenuti coincidono con quelli della tavola di verità per ‘Úe’, e questo conferma quanto detto: la formula ‘(M Ú P) & ~ (M & P)’ è vera nelle stesse circostanze in cui è vera la disgiunzione esclusiva di ‘M ’ e ‘P ’. Esercizio risolto

3.13

u

Seguendo la procedura appena illustrata, costruire la tavola di verità per la formula ‘(P → Q) & (Q → P)’ e confrontarla con quella che definisce la semantica del bicondizionale ‘(P ↔ Q)’.

Soluzione

Le più piccole sfbf della formula ‘(P → Q) & (Q → P)’ sono ‘P ’ e ‘Q’, per cui cominciamo col copiare le colonne con i possibili valori di verità di queste lettere enunciative sotto le loro occorrenze nella formula: P V V F F

Q (P → Q) & (Q → P) V V V V V F V F F V V F V V F F F F F F

Il passo successivo consiste nel calcolare i valori di verità di ‘P → Q’ e ‘Q → P ’. La tavola di verità per ‘→’ ci dice che un condizionale è falso quando il suo antecedente è vero ma il conseguente è falso, altrimenti è vero. Quindi ‘P → Q’ è falso soltanto nella seconda riga e ‘Q → P ’ nella terza. Registriamo questo risultato scrivendo i valori di verità sotto le rispettive occorrenze di ‘→’: P V V F F

Q (P → Q) & (Q → P) V V V V V V V F V F F F V V V F V V V F F F F V F F V F

A questo punto possiamo calcolare i valori di verità dell’intera congiunzione partendo dai valori dei suoi congiunti, cioè di ‘P → Q’ e ‘Q → P ’, che abbiamo appena calcolato. Riportando i valori così ottenuti sotto al simbolo di congiunzione ‘&’ otteniamo finalmente la tavola completa:


75

La logica proposizionale

Q (P → Q) & (Q → P) V V V V V V V V F V F F F F V V V F V V F V F F F F V F V F V F

P V V F F

Un semplice confronto con la tavola di verità per ‘↔’ rivela ora che questi valori coincidono in ciascun caso con quelli del bicondizionale: ‘P ↔ Q’ è vero se i suoi due componenti hanno lo stesso valore di verità, falso altrimenti.

Quando due fbf sono vere negli stessi casi, come ‘(P ↔ Q)’ e ‘(P → Q) & (Q → P)’, si dice che sono vero-funzionalmente equivalenti. L’equivalenza vero-funzionale è un tipo di equivalenza logica, il tipo generato dalle tavole di verità dei connettivi vero-funzionali. Un altro modo per esprimere l’idea che anche il bicondizionale non è a rigor di termini un connettivo necessario, quindi, è che ogni bicondizionale è logicamente equivalente alla congiunzione di due condizionali. Vediamo ora di presentare questo tipo di procedura in maniera più sistematica. Il numero di righe in una tavola di verità è determinato da quello delle lettere enunciative nella formula in esame. Nel caso vi sia un’unica lettera enunciativa vi sono solo due possibilità: l’asserzione che essa rappresenta sarà o vera o falsa. Quindi la tavola avrà due righe. Nel caso vi siano due lettere enunciative, le possibili combinazioni di verità e falsità sono quattro e la tavola avrà quattro righe. In generale, se il numero delle lettere è n, il numero di righe sarà 2n. Per costruire la tavola di verità, si scrive la formula nella parte in alto a destra e si elencano sulla sinistra, in ordine alfabetico, le lettere enunciative che essa contiene. Se il loro numero è n, si comincia scrivendo sotto la lettera più a destra una colonna di 2n valori di verità, iniziando da una V e alternando le V e le F. A questo punto, sotto la successiva lettera a sinistra (se ve ne sono) si scrive un’altra colonna di 2n valori di verità, di nuovo iniziando con V, ma alternando V e F ogni due righe. Si ripete questa procedura muovendosi verso sinistra e duplicando ogni volta l’intervallo di alternanza, fino a ottenere una colonna di V e F sotto ciascuna lettera enunciativa. Se, per esempio, la formula contiene tre lettere ‘P ’, ‘Q’ e ‘R’, il lato sinistro della tavola avrà questo aspetto: P V V V V F F F F

Q V V F F V V F F

R V F V F V F V F

Infine, usando le tavole di verità degli operatori logici, si calcolano i valori della formula determinando in primo luogo i valori delle sue sfbf più piccole e proseguendo in modo da ottenere quelli delle sfbf di volta in volta più grandi. La colonna di ciascuna sfbf va sempre scritta sotto il suo operatore principale. Alla fine si evidenzia la colonna sotto l’operatore principale dell’intera fbf.

u

Costruire una tavola di verità per la formula

Esercizio risolto

~~ P

3.14


76

Capitolo 3

Soluzione

~ ~ P V F V F V F

P V F

La tavola ha due righe, dato che c’è un’unica lettera enunciativa. Copiamo i due valori sotto la ‘P ’ nella formula a destra. Il segno di negazione alla sua immediata sinistra inverte entrambi i valori, e quello più a sinistra (l’operatore principale) li inverte ancora, di modo che ‘~ ~ P ’ ha sempre lo stesso valore di ‘P ’. Esercizio risolto

3.15

u

Costruire una tavola di verità per la formula (P & Q) Ú (~ R & ~ S)

Soluzione

P V V V V V V V V F F F F F F F F

Q V V V V F F F F V V V V F F F F

R V V F F V V F F V V F F V V F F

S V F V F V F V F V F V F V F V F

(P V V V V V V V V F F F F F F F F

& Q) V V V V V V V V F F F F F F F F F V F V F V F V F F F F F F F F

Ú V V V V F F F V F F F V F F F V

(~ F F V V F F V V F F V V F F V V

R V V F F V V F F V V F F V V F F

& F F F V F F F V F F F V F F F V

~ F V F V F V F V F V F V F V F V

S)) V F V F V F V F V F V F V F V F

La tavola ha 16 righe, cioè 24, dato che la formula contiene quattro diverse lettere enunciative. Copiamo i valori di queste lettere sotto le loro occorrenze nella formula. I valori di ‘~ R’ sono opposti a quelli di ‘R’; li scriviamo sotto il simbolo ‘~’ in ‘~ R’. Facciamo la stessa cosa per ‘~ S ’. Adesso calcoliamo i valori delle due congiunzioni e li riportiamo in ciascun caso sotto il simbolo ‘&’. Le righe in cui almeno una delle due congiunzioni è vera rendono vera l’intera disgiunzione; le altre la rendono falsa. Si noti che avremmo potuto risparmiarci un po’ di lavoro saltando il secondo passo. Avremmo cioè potuto scrivere direttamente la colonna di ‘R’, con i valori invertiti, sotto il simbolo ‘~’ di ‘~ R’, senza prima trascrivere i valori sotto ‘R’, e analogamente per ‘~ S ’. D’ora in poi seguiremo sempre questa scorciatoia. Esercizio risolto

3.16

u

Costruire una tavola di verità per la formula P Ú ~P

Soluzione

P P Ú ~P V V V F F F V V La tavola di verità dimostra che ‘P Ú ~ P ’ è vera in ogni situazione possibile.


77

La logica proposizionale

Le formule che, come ‘P Ú ~ P ’, sono vere in ogni riga della tavola di verità sono dette tautologie, al pari delle asserzioni che esse rappresentano (come ‘O è lunedì o non è lunedì’). La loro tavola di verità dimostra che le tautologie sono vere in ogni situazione concepibile. La tautologicità, dunque, è un tipo di necessità logica, il tipo generato dalla semantica degli operatori della logica proposizionale. Vi sono anche formule che sono false in ogni situazione, ossia formule la cui tavola di verità comprende solo F nella colonna sotto l’operatore principale. Per esempio, è evidente che la negazione di una tautologia qualsiasi avrà questa caratteristica, dato che il connettivo di negazione inverte tutti i valori della formula negata. Formule di questo tipo sono esempi di impossibilità logica e sono dette contraddizioni, o vero-funzionalmente incoerenti, al pari di tutte le specifiche asserzioni della stessa forma. L’incoerenza vero-funzionale è solo un tipo di incoerenza, il tipo generato dagli operatori della logica proposizionale. Poiché è l’unico tipo di incoerenza del quale ci occuperemo in questo capitolo, useremo spesso il solo termine ‘incoerenza’, anche se va tenuto a mente che l’incoerenza non è sempre vero-funzionale. L’asserzione ‘Zorro non è Zorro’, per esempio, è incoerente, tuttavia la sua incoerenza non è dovuta soltanto alla semantica del connettivo ‘non’ ma anche a quella del verbo ‘è’ quando esprime la relazione di identità (si veda il Paragrafo 6.7) e quindi non è puramente verofunzionale. La sua forma proposizionale è semplicemente la negazione di una lettera enunciativa, ‘~ Z ’, che è falsa in una sola delle due righe della sua tavola di verità. Considerazioni analoghe si applicano anche alla nozione di equivalenza vero-funzionale introdotta precedentemente. Gli enunciati ‘Zorro è Don Diego’ e ‘Don Diego è Zorro’ sono logicamente equivalenti, ma l’equivalenza non è di tipo vero-funzionale.

u

Dimostrare che la formula seguente è contraddittoria:

Esercizio risolto

P & ~P

3.17

Soluzione

La tavola di verità mostra che ‘P & ~ P ’ è falsa in ogni situazione possibile: P P & ~P V V F F F F F V

Le formule che nella loro tavola di verità ricevono il valore V in alcune righe e il valore F in altre sono dette vero-funzionalmente contingenti, al pari delle asserzioni che rappresentano. Si tratta dunque di asserzioni che, per quanto riguarda gli operatori della logica proposizionale, potrebbero essere tanto vere quanto false. In questo caso bisogna però precisare che tale nozione non corrisponde a un tipo speciale di contingenza, a uno dei tanti modi in cui un’asserzione può risultare vera o falsa a seconda di come stanno le cose. Al contrario, può succedere che un’asserzione vero-funzionalmente contingente non sia affatto contingente. ‘Zorro non è Zorro’, per esempio, è vero-funzionalmente contingente, ma come si è detto non è contingente bensì incoerente. Riassumendo: se una fbf è tautologica, allora ogni affermazione della stessa forma è logicamente necessaria e non può che essere vera; se una fbf è contraddittoria, o vero-funzionalmente incoerente, allora ogni asserzione della stessa forma è logicamente impossibile e non può che essere falsa; se una fbf è vero-funzionalmente contingente, invece, allora è contingente per quanto riguarda


78

Capitolo 3

i soli operatori della logica proposizionale: alcune specifiche asserzioni di quella forma saranno autenticamente contingenti, mentre altre saranno logicamente necessarie o impossibili come risultato di fattori non rappresentati nella fbf. Esercizio risolto

u

3.18

Costruire una tavola di verità per stabilire se la seguente fbf è tautologica, contraddittoria o vero-funzionalmente contingente: P → (Q Ú ~ R)

Soluzione

P V V V V F F F F

Q V V F F V V F F

R V F V F V F V F

P V V V V F F F F

→ V V F V V V V V

(Q V V F F V V F F

Ú V V F V V V F V

~ R) F V F V F V F V

La fbf è vero-funzionalmente contingente, perché nella colonna sotto l’operatore principale compaiono entrambi i valori di verità, V e F. Esercizio risolto

u

3.19

Costruire una tavola di verità per stabilire se la seguente fbf è tautologica, contraddittoria o vero-funzionalmente contingente: ((P & Q) & (R & S)) → P

Soluzione

P V V V V V V V V F F F F F F F F

Q V V V V F F F F V V V V F F F F

R V V F F V V F F V V F F V V F F

S ((P & Q) & (R & S)) → P V V V V V V V V V V F V V V F V F F V V V V V V F F F V V V F V V V F F F F V V V V F F F V V V V V F V F F F V F F V V V V F F F F F V V V F V F F F F F F V V V F F V F V V V V F F F F V F V F F V F V F F V F F F V V F F F F V F F F F V F V F F F F V V V V F F F F F F V F F V F V F F F F F F V V F F F F F F F F F V F

La fbf è tautologica: nella colonna principale compare solamente il valore V.

3.6

Tavole di verità per forme argomentative

Siamo finalmente in grado di esplicare in modo rigoroso la nozione di validità deduttiva sulla base della semantica degli operatori logici. Abbiamo detto che


La logica proposizionale

una forma argomentativa è valida se e solo se tutti i suoi esempi sono validi, cioè deduttivi (si veda il Paragrafo 3.1), e sappiamo che un’argomentazione è deduttiva se è impossibile che la conclusione sia falsa quando le premesse sono vere, ossia non c’è alcuna situazione possibile nella quale tutte le premesse risultano vere mentre la conclusione risulta falsa (si veda il Paragrafo 2.3). Ora, una tavola di verità è effettivamente una lista esaustiva di tipi di situazioni possibili; se, dunque, costruiamo la tavola di verità non per una singola fbf, ma per tutte le fbf che compaiono come premesse o come conclusione di un’argomentazione, o di una forma argomentativa, possiamo usare la tavola per determinare se quell’argomentazione o quella forma sia valida o no. Cominciamo con l’esaminare il caso di un’argomentazione specifica. Consideriamo, per esempio, questo sillogismo disgiuntivo: O la principessa o la regina presenzierà alla cerimonia. La principessa non presenzierà alla cerimonia. \ Presenzierà la regina.

Possiamo formalizzarlo come P Ú R, ~ P |– R.

A questo punto costruiamo la sua tavola di verità nel modo seguente: P V V F F

R V F V F

P V V F F

Ú V V V F

R, V F V F

~ P |– R F V F F V V V F

Questa tavola è costruita nello stesso modo in cui si costruiscono le tavole di verità delle singole fbf, ma riguarda tre fbf distinte anziché una sola, ciascuna elencata nella parte in alto a destra. Ogni riga corrisponde a una di quattro possibilità: o presenzieranno sia la principessa sia la regina, o presenzierà la principessa, ma non la regina, o presenzierà la regina, ma non la principessa, oppure non presenzierà nessuna delle due. In considerazione dei principi di bivalenza e di non-contraddizione, queste sono le sole situazioni possibili. Naturalmente non sappiamo quale di loro si verificherà. Però possiamo vedere che solo in una, la terza, entrambe le premesse sono vere, e notiamo che in questa situazione risulta vera anche la conclusione. In altre parole, vediamo che non c’è alcuna situazione possibile nella quale le premesse siano entrambe vere e la conclusione falsa. Tanto basta per decidere la questione: l’argomentazione è valida. Consideriamo adesso la forma argomentativa astratta esemplificata dall’argomentazione specifica che abbiamo analizzato. È facile rendersi conto che la tavola che abbiamo costruito non dimostra soltanto la validità di quest’ultima; dimostra la validità di ogni argomentazione che abbia quella stessa forma. Ognuna di queste argomentazioni, infatti, si comporrà di premesse e conclusioni formate a partire da due enunciati ‘P ’ e ‘R’ (semplici o complessi che siano) per mezzo dei connettivi di negazione e di disgiunzione, e la nostra tavola dimostra che, a prescindere da quale combinazione di verità e falsità si realizzi, non succederà mai che le due le premesse siano vere e la conclusione falsa. Questo ci autorizza a generalizzare il nostro verdetto: possiamo affermare con certezza che nessun esempio della forma può essere invalido. E se le cose stanno così, allora vuol dire che è valida anche la forma argomentativa.

79


80

Capitolo 3

Esercizio risolto

3.20

u

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per verificarne la validità: P → Q, Q → R |– P → R

Soluzione

P V V V V F F F F

Q V V F F V V F F

R V F V F V F V F

P V V V V F F F F

→ V V F F V V V V

Q, V V F F V V F F

Q V V F F V V F F

→ V F V V V F V V

R |– P → R V V V V F V F F V V V V F V F F V F V V F F V F V F V V F F V F

Ci sono quattro situazioni possibili in cui entrambe le premesse sono vere, corrispondenti alla prima, alla quinta, alla settima e all’ottava riga. In tutte queste situazioni risulta vera anche la conclusione. Perciò la forma è valida.

Se una forma argomentativa è invalida, la sua tavola di verità lo dimostra presentando una o più righe nelle quali tutte le fbf che rappresentano una premessa ricevono il valore V mentre la fbf conclusiva riceve il valore F. Tali righe 5 sono chiamate controesempi. L’esistenza di un solo controesempio è sufficiente per stabilire l’invalidità della forma. Esercizio risolto

u

3.21

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per dimostrarne l’invalidità: P → Q, Q |– P

Soluzione

P V V F F

Q V F V F

P V V F F

→ V F V V

Q, V F V F

Q |– P V V F V V F F F

La tavola dimostra che ci sono due tipi di situazioni possibili in cui le premesse sono entrambe vere: quelli rappresentati dalla prima e dalla terza riga. Nella prima riga è vera anche la conclusione, ma nella terza è falsa. La terza riga, dunque, è un controesempio (scriviamo una ‘←’ alla sua destra per indicarlo) e dimostra l’invalidità della forma. Si tratta, in effetti, della forma nota come affermazione del conseguente discussa alla fine del Paragrafo 3.1.

Una volta individuato un controesempio per una forma argomentativa, possiamo servircene per costruire esemplificazioni specifiche di quella forma dotate di premesse vere e conclusione falsa. Con riferimento all’Esercizio risolto 3.21, 5

Si badi che il termine ‘controesempio’ non ha nulla a che vedere con il termine ‘esempio’ (o ‘esemplificazione’) con cui indichiamo il legame tra una data argomentazione e le forme argomentative con cui la si può rappresentare. Quest’ultimo legame è puramente sintattico, mentre la nozione di controesempio è semantica e rinvia a un certo tipo di situazione possibile. Nel prosieguo cercheremo di evitare bisticci di parole, ma in ogni caso è importante a tenere ben separati i due concetti.


La logica proposizionale

ogni esemplificazione costruita a partire dalle lettere enunciative ‘P ’ e ‘Q’ in cui ‘P ’ corrisponda a un enunciato falso e ‘Q’ a un enunciato vero raggiunge lo scopo. Per esempio, interpretando ‘P ’ come ‘Le balene sono pesci’ (falso) e ‘Q’ come ‘Le balene vivono in acqua’ (vero), otteniamo: Se le balene sono pesci, allora vivono in acqua. Le balene vivono in acqua. \ Le balene sono pesci.

Riassumendo: per determinare se una forma argomentativa della logica proposizionale è valida, si pone l’intera forma su una tavola di verità e si scrivono tante righe quante se ne determinano a partire dal numero di lettere enunciative distinte che compaiono in almeno una delle formule in esame. Se la tavola non presenta nessun controesempio, allora la forma è valida (e dunque lo è ogni sua esemplificazione). Se la tavola presenta uno o più controesempi, allora la forma è invalida. Dato che forme invalide possono avere tanto esemplificazioni valide quanto esemplificazioni invalide, la tavola di verità non stabilisce l’invalidità di argomentazioni specifiche. Se formalizziamo un’argomentazione e poi dimostriamo che la forma risultante è invalida, non siamo per questo autorizzati a inferire che l’argomentazione è invalida. Ma se una tavola di verità dimostra che una forma è invalida, allora nessuna delle sue esemplificazioni può essere valida solamente per il fatto di avere quella forma. Ogni esemplificazione valida deve, almeno in parte, derivare la sua validità da qualche aspetto dell’argomentazione che è andato perduto nel processo di formalizzazione. L’argomentazione 5 del Paragrafo 3.1, per esempio, è valida malgrado sia un caso di affermazione del conseguente, una forma che l’Esercizio risolto 3.21 dimostra essere invalida; quando l’argomentazione è formalizzata in questo modo (ossia, come ‘P → Q, Q |– P ’), perdiamo di vista il fatto che nel caso specifico la conclusione seguiva direttamente dalla seconda premessa. In effetti, nel Paragrafo 3.1 abbiamo visto che una particolare argomentazione può essere un esempio di molte forme diverse, alcune delle quali sono valide e altre no. Se però è un esempio di una qualunque forma valida, allora l’argomentazione è valida. A titolo illustrativo, l’argomentazione Se lei mi ama, allora non mi odia. Non si dà il caso che lei non mi odi. \ Lei non mi ama.

è un esempio di ciascuna delle forme argomentative seguenti, le prime due delle quali sono valide: A → ~ O, ~ ~ O |– ~ A A → N, ~ N |– ~ A A → N1, N2 |– ~ A A1 → N1, N2 |– A2 S, N |– L

Nel formalizzare un’argomentazione, in genere si seleziona la forma che presenta la struttura logica più articolata (in questo caso la prima), dal momento che, se l’argomentazione è valida in virtù di una qualsiasi delle sue forme, è sicuramente valida anche in virtù di quella. Comunque, se una forma con una struttura meno articolata risulta valida (come nel caso della seconda forma della lista, che corrisponde al modus tollens dell’Esercizio risolto 3.2), allora anch’essa è una formalizzazione adeguata per dimostrare la validità dell’argomentazione.

81


82

Capitolo 3

Esercizio risolto

u

3.22

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per stabilire se la forma è valida: P → Q, P → ~ Q |– ~ P

Soluzione

P V V F F

Q V F V F

P V V F F

→ V F V V

Q, V F V F

P V V F F

→ F V V V

~ Q |– ~ P F F V F F V V V

La tavola di verità mostra che vi sono soltanto due situazioni possibili nelle quali entrambe le premesse sono vere, cioè quelle rappresentate dalla terza e dalla quarta riga. In queste situazioni anche la conclusione risulta vera. Quindi la forma argomentativa è valida. Esercizio risolto

u

3.23

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per stabilire se la forma è valida: P → Q |– ~ (Q → P)

Soluzione

P V V F F

Q V F V F

P V V F F

→ V F V V

Q, |– ~ (Q → P) V F V V V F F F V V V V V F F F F F V F

← ←

La tavola mostra due tipi di controesempi. Il primo lo si ha quando ‘P ’ e ‘Q’ sono entrambe vere (prima riga della tavola); il secondo quando sono entrambe false (ultima riga). La forma, quindi, è invalida. Esercizio risolto

u

3.24

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per stabilire se la forma è valida: P Ú Q, Q Ú R |– P Ú R

Soluzione

P V V V V F F F F

Q V V F F V V F F

R V F V F V F V F

P V V V V F F F F

Ú V V V V V V F F

Q, V V F F V V F F

Q V V F F V V F F

Ú V V V F V V V F

R |– P Ú R V V V V F V V F V V V V F V V F V F V V F F F F V F V V F F F F

Il controesempio alla sesta riga, dove le premesse sono vere ma la conclusione è falsa, dimostra che la forma è invalida. Esercizio risolto

3.25

u

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per stabilire se la forma è valida: P, ~ P |– Q


83

La logica proposizionale

Soluzione

P V V F F

Q V F V F

P, V V F F

~ P |– Q F V F F V V V F

Poiché le premesse sono fra loro incompatibili, non c’è nessuna situazione possibile nella quale sono entrambe vere, quindi non ci sono controesempi: la forma è valida. Si noti, comunque, che ogni argomentazione di questa forma è uno strumento inaccettabile per dimostrare la sua conclusione: nella terminologia del Capitolo 2, il criterio 1 (verità delle premesse) è violato e quindi l’argomentazione non è fondata. Inoltre, argomentazioni del genere possono violare anche il criterio 3 (pertinenza). Si confrontino gli Esercizi risolti 2.20 e 2.21.

u

Costruire una tavola di verità per la seguente forma argomentativa e usarla per stabilire se la forma è valida: R |– P → (Q → P)

Soluzione

P V V V V F F F F

Q V V F F V V F F

R V F V F V F V F

R |– P → (Q → P) V V V V V V F V V V V V V V V F V V F V V F V V V F V V F F F F V V F F V F V F V F F F V F V F

La conclusione è una tautologia, sicché non vi è alcuna situazione possibile in cui la premessa è vera e la conclusione falsa. Di conseguenza l’argomentazione è valida. Come nell’esercizio precedente, tuttavia, argomentazioni siffatte mancano di pertinenza, dal momento che la loro validità è indipendente da ogni nesso tra premessa e conclusione. (Si confronti l’Esercizio risolto 2.19.)

3.7

Alberi di refutazione

Le tavole di verità forniscono un criterio rigoroso ed esaustivo per determinare la validità o invalidità delle forme argomentative della logica proposizionale, così come per determinare la tautologicità, la contingenza vero-funzionale o la contraddittorietà di singole fbf. Esse costituiscono pertanto un vero e proprio algoritmo, cioè un test effettivo, eseguibile da un computer, e tale da fornire sempre un responso in un numero finito di operazioni finite. Quando esiste un algoritmo in grado di stabilire se le forme argomentative esprimibili in un dato sistema formale siano valide o no, il sistema si dice decidibile. Le tavole di verità, in tal modo, garantiscono la decidibilità della logica proposizionale. Nonostante questa importante caratteristica, il metodo delle tavole di verità può risultare ingombrante e inefficiente sul piano pratico, specie dinanzi a formule o forme argomentative in cui compaiono parecchie lettere enunciative. Il numero di righe di una tavola, infatti, cresce esponenzialmente con il numero delle lettere in questione, e questo significa che possiamo aver bisogno di tavole

Esercizio risolto

3.26


84

Capitolo 3

di verità molto grandi, con il conseguente rischio di sviste ed errori che possono compromettere gravemente il responso. A volte basta scambiare una ‘F’ con una ‘V ’ per ritrovarsi con una tavola di verità che giudica valida una forma invalida o viceversa. Gli alberi di refutazione, l’argomento di questo paragrafo, forniscono un algoritmo più efficiente per l’esecuzione del medesimo compito. Data una lista di fbf, un albero di refutazione è una ricerca esaustiva dei casi in cui tutte le fbf della lista possono essere vere. Per verificare la validità di una forma argomentativa con questo metodo, si comincia formando una lista composta dalle sue premesse e dalla negazione della sua conclusione. La ricerca viene poi condotta scomponendo ogni fbf della lista mediate regole precise, sino a ottenere soltanto lettere enunciative o negazioni di lettere enunciative. Se esiste qualche assegnazione di un valore di verità alle lettere enunciative che rende vere tutte le fbf della lista, allora risulta che rispetto a quell’assegnazione sono vere sia le premesse sia la negazione della conclusione, che quindi sarà falsa. In questo modo la forma argomentativa è stata refutata e possiamo sancirne l’invalidità, poiché l’assegnazione in questione rappresenta a tutti gli effetti una situazione possibile. Se invece la ricerca non permette di scoprire alcuna assegnazione che renda vere tutte le fbf della lista, allora il tentativo di refutazione è fallito: la forma è valida. Gli alberi di refutazione sono anche noti come alberi semantici (o di verità) o tableaux semantici (o analitici). A scopo illustrativo, prima di enunciare le regole ufficiali di questo metodo esaminiamo alcuni semplici esempi. Supponiamo di voler valutare la seguente forma argomentativa: P & Q |– ~ ~ P

Iniziamo scrivendo la lista costituita dalle premesse, che in questo caso è una sola, e dalla negazione della conclusione: P&Q ~~~P

Ora, la premessa è una congiunzione e quindi è vera se e solo se sono veri entrambi i congiunti. Di conseguenza, possiamo senz’alcuna alterazione sostituire a ‘P & Q’ i suoi congiunti, cioè le lettere enunciative ‘P ’ e ‘Q’. Evidenziamo questo fatto scrivendo prima ‘P ’ e poi ‘Q’ in fondo alla lista e facendo un segno accanto alla formula ‘P & Q’ per indicare che ce ne siamo occupati e non ci interessa più. Una formula segnata è a tutti gli effetti eliminata dalla lista: P P & QP ~~~P P Q

In maniera analoga, sappiamo che la fbf ‘~ ~ ~ P ’ è vera se e solo se è vera ‘~ P ’. ogni negazione inverte il valore di verità della formula negata, sicché una doppia negazione ci riporta sempre al valore iniziale ed è, per così dire, ridondante (Esercizio risolto 3.14). Quindi possiamo segnare ‘~ ~ ~ P ’ e sostituirla con ‘~ P ’: P P & QP P ~ ~ ~ PP P Q ~P


La logica proposizionale

Adesso abbiamo scomposto la lista di formule originale in una lista di semplici lettere enunciative o negazioni di lettere enunciative, le quali devono essere tutte vere se, e solo se, sono veri i membri della nostra lista originale. Notiamo però che tra queste fbf compaiono sia ‘P ’ sia ‘~P ’, che non possono essere entrambe vere. È quindi impossibile che tutte le fbf della lista finale siano vere. Esprimiamo questo dato scrivendo una ‘ ’ in fondo alla lista: P P & QP P ~ ~ ~ PP P Q ~P

Con ciò l’albero di refutazione è completo. Abbiamo verificato che la lista iniziale si risolve in una lista i cui elementi non possono essere simultaneamente veri. Poiché la lista iniziale consisteva nella premessa e nella negazione della conclusione della nostra forma argomentativa, questo significa che non è possibile rendere vere tali formule, il che equivale a dire che non è possibile rendere vera la premessa e falsa la conclusione: la nostra ricerca di una refutazione della forma argomentativa è fallita, quindi la forma è valida. Questo risultato può essere verificato costruendo la tavola di verità corrispondente: si noterà che nelle righe in cui la premessa è vera, è vera anche la conclusione. Ecco un altro semplice esempio, che chiarisce anche perché si parla di ‘alberi’. Consideriamo la forma del sillogismo disgiuntivo: P Ú Q, ~ P |– Q

Come prima, iniziamo formando una lista composta dalle premesse, che questa volta sono due, seguite dalla negazione della conclusione: PÚQ ~P ~Q

Dato che sia ‘~ P ’ sia ‘~ Q’ sono negazioni di lettere enunciative, queste due formule non possono essere ulteriormente scomposte. D’altra parte, ‘P Ú Q’ è una disgiunzione, quindi sappiamo che è vera se e solo se almeno uno dei suoi disgiunti, ‘P ’ o ‘Q’, è vero. Per rappresentare questo fatto, segniamo ‘P Ú Q’ ed estendiamo l’albero tracciando due rami, in questa maniera: P P Ú QP ~P ~Q t y P Q

L’albero, adesso, contiene due percorsi, o cammini, che cominciano con la formula segnata ‘P Ú Q’. Il primo attraversa il ramo di sinistra e si conclude con ‘P ’, il secondo il ramo di destra e si conclude con ‘Q’. Le tre formule della lista originale possono essere vere se e solo se possono essere vere tutte le formule di almeno uno di questi cammini. Il primo cammino, però, contiene sia ‘P ’, sia ‘~ P ’, e il secondo contiene sia ‘Q’, sia ‘~ Q’. In entrambi i casi, quindi, almeno una delle formule lungo il cammino deve essere falsa. Come nell’esempio precedente, indichiamo questo dato concludendo entrambi i cammini con una ‘ ’:

85


86

Capitolo 3

P P Ú QP ~P ~Q y t P Q

Questo è l’albero completo. Dal momento che il tentativo di refutazione fallisce lungo entrambi i cammini, l’argomentazione originale è valida. Si noti che se invece della premessa ‘P Ú Q’ la forma argomentativa contenesse la premessa ‘P Ú ~ Q’, l’albero corrispondente si estenderebbe così: P P Ú ~ QP ~P ~Q t y P ~Q

In questo caso notiamo che il cammino di sinistra contiene ancora sia ‘P ’ che ‘~ P ’, e lo chiuderemo di nuovo con una ‘ ’. Il cammino di destra, però, contiene ‘P ’ e ‘~ Q’ (quest’ultima formula ripetuta due volte), ed è facile immaginare una assegnazione di valori di verità che renda vere entrambe queste formule: basta che ‘P ’ sia vera e ‘Q’ falsa. Questo significa che l’albero rimane aperto: P P Ú ~ QP ~P ~Q t y P ~Q ~Q

Rimanendo aperto, l’albero indica che rispetto a quell’assegnazione di valori tutte le formule della lista originale sono vere, quindi che sono vere le premesse della forma ‘P Ú ~ Q, ~ P |– Q’ ma non la conclusione. La forma, perciò, è invalida. Esercizio risolto

3.27

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida: P Ú Q, P Ú ~ Q |– ~~P

Soluzione

Cominciamo come sempre formando una lista composta dalle premesse e dalla negazione della conclusione: PÚQ P Ú ~Q ~~~P La formula ‘~~~P ’ è equivalente alla più semplice ‘~P ’, per cui possiamo segnarla e scrivere ‘~P ’ in fondo alla lista. Poi, come nell’esercizio precedente, segniamo ‘P Ú Q’ ed evidenziamo le sue possibilità di verità tracciando due rami: P P Ú QP P Ú ~Q P ~~~PP ~P t y P Q


87

La logica proposizionale

Il cammino di sinistra contiene sia ‘P ’ che ‘~P ’, quindi lo chiudiamo con una ‘ ’. L’altro, invece, resta aperto. Lo estendiamo con due rami, corrispondenti alle situazioni in cui ‘P Ú ~ Q’ (che non avevamo ancora segnato) può essere vera: P P Ú QP P P Ú ~ QP P ~~~PP ~P t y P Q t y P ~Q A questo punto notiamo che entrambi i cammini così ottenuti contengono formule fra loro incoerenti: il primo contiene ‘P ’ e ‘~P ’; il secondo ‘Q’ e ‘~Q’. Questo vuol dire che possiamo chiudere anche questi due cammini con una ‘ ’: P P Ú QP P P Ú ~ QP P ~~~PP ~P t y P Q t y P ~Q Questo è l’albero completo. Dal momento che il tentativo di refutazione fallisce lungo tutti i cammini, la forma argomentativa originale è valida.

Definiamo ora in maniera sistematica la procedura che abbiamo illustrato con questi esempi. Un albero di refutazione è un’analisi nella quale una lista di formule viene scomposta in lettere enunciative o loro negazioni, che rappresentano i modi in cui i membri della lista possono essere veri. Poiché i modi in cui una formula complessa può essere vera dipendono dagli operatori logici che contiene, formule contenenti operatori differenti vengono scomposte in maniera differente. Ci sono dieci categorie di formule da considerare: Negazione Congiunzione Disgiunzione Condizionale Bicondizionale

Negazione negata Congiunzione negata Disgiunzione negata Condizionale negato Bicondizionale negato

In corrispondenza a ciascuna categoria esiste una regola per estendere gli alberi di refutazione. I nostri esempi hanno illustrato quattro di queste regole. Per poterle enunciare con precisione è necessario, come prima cosa, definire il concetto di cammino aperto. Un cammino aperto è qualsiasi cammino in cui non si sia scritta una ‘ ’. I cammini in cui si è scritta una ‘ ’ sono detti chiusi. Adesso le quattro regole che abbiamo usato possono essere enunciate come segue: ¢

Negazione (~): Se un cammino aperto contiene sia una fbf sia la sua negazione,

scrivere una ‘ ’ al termine del cammino.

L’idea, qui, è che ogni cammino che contiene tanto una formula quanto la sua negazione non è un cammino le cui formule possano essere tutte vere, il che è

Regola ~


88

Capitolo 3

ciò che si cerca di ottenere costruendo un albero di refutazione. Possiamo quindi chiudere questo cammino come un tentativo di refutazione fallito. La regola della negazione è stata usata in tutti gli esempi considerati sin qui. Regola ~~

¢

Negazione negata (~ ~): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata

della forma ~ ~ f, segnare quella fbf e scrivere f al termine di ogni cammino aperto che la contiene.

Questa regola esprime il fatto che una doppia negazione è logicamente ridondante; è stata usata nel primo dei nostri esempi e nell’Esercizio risolto 3.27. Regola &

¢

Congiunzione (&): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

forma f & y, segnare quella fbf e scrivere sia y che f al termine di ogni cammino aperto che la contiene.

Questa regola registra il fatto che una congiunzione è vera se e solo se sono veri entrambi i congiunti ed è stata usata nel primo dei nostri esempi. Regola Ú

¢

Disgiunzione (Ú): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della for-

ma f Ú y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere f sotto il primo ramo e y sotto il secondo.

Questa regola registra il fatto che una disgiunzione è vera se e solo se è vero almeno uno dei disgiunti; l’abbiamo usata nel secondo dei nostri esempi e nell’Esercizio risolto 3.27 (due volte). Un cammino si dice terminato se è chiuso o se le sole fbf non segnate che contiene sono lettere enunciative o loro negazioni, di modo che nessuna regola risulta ancora applicabile. Un albero è terminato se e solo se tutti i suoi cammini sono terminati, ed è chiuso se e solo se tutti i suoi cammini sono chiusi. Quando un albero è chiuso (come nei nostri due esempi iniziali e nell’Esercizio risolto 3.27), le formule a partire dalle quali è stato costruito non possono essere tutte vere simultaneamente. Pertanto, se tali formule sono le premesse e la negazione della conclusione di una forma argomentativa, quella forma sarà valida. D’altra parte, in un albero terminato che non sia chiuso (come nel terzo dei nostri esempi iniziali), le formule a partire dalle quali l’albero è stato costruito possono essere vere simultaneamente. Se dunque tali formule provengono da una forma argomentativa negandone la conclusione, la forma è invalida. In realtà, l’albero terminato non mostra soltanto la validità o l’invalidità della forma argomentativa in esame. Ogni cammino aperto dell’albero terminato (se ve ne sono) rappresenta una ricetta per la costruzione di un controesempio. Infatti le sole formule non segnate che compaiono in un cammino aperto sono lettere enunciative o negazioni di lettere enunciative. Ogni situazione in cui le lettere non negate sono vere e quelle negate sono false costituisce dunque un’assegnazione di valori di verità che rende vere tutte le formule di quel cammino, e poiché tali formule includono le premesse e la negazione della conclusione, ciò equivale a un controesempio alla forma argomentativa in esame. Considerando la forma ‘P Ú ~ Q, ~ P |– Q’, per esempio, abbiamo visto che il suo albero terminato presenta un cammino aperto contenente ‘P ’ e ‘~ Q’. Questo significa che ogni situazione in cui ‘P ’ è vera e ‘Q’ falsa costituisce un controesempio alla validità di quella forma argomentativa. È utile annotare gli alberi, numerando ciascuna riga e indicando quali regole e quali righe sono state usate per aggiungere di volta in volta nuove formu-


89

La logica proposizionale

le. Si numerano le righe su una colonna alla loro sinistra, e si indicano le righe dalle quali sono state derivate e le regole usate per derivarle immediatamente alla loro destra. Le regole sono designate con il segno del connettivo che le contraddistingue. In tal modo, per esempio, la versione annotata dell’albero dell’Esercizio risolto 3.27 si presenta come segue: 1 2 3 4 5 6 7 8

P P Ú QP P P Ú ~ QP P ~~~PP ~P 3 ~~

q

P 1Ú 4, 5 ~

p Q 1Ú q p P 2Ú ~Q 2 Ú 4, 7 ~ 5, 7 ~

Enunciamo e illustriamo ora le rimanenti sei regole per la costruzione degli alberi di refutazione. Insieme alle quattro regole già fornite, esse permettono di generare un albero per ogni insieme finito di fbf della logica proposizionale, quindi di fornire sempre una risposta alla domanda se una determinata forma argomentativa sia valida o no. In questo senso, l’insieme di queste regole definisce una procedura completa e decidibile al pari di quella fornita dalle tavole di verità, sebbene molto diversa nel suo sviluppo. ¢

Condizionale (→): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

forma f → y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere ~ f al termine del primo ramo e y al termine del secondo.

Regola →

Questa regola si basa sul fatto che un condizionale materiale è vero esattamente in quei casi in cui l’antecedente è falso – e quindi la sua negazione è vera – oppure il conseguente è vero (o entrambe le cose: la parola ‘oppure’ qui è intesa in senso inclusivo). La regola determina quindi una biforcazione di ciascun cammino aperto analoga a quella della regola per il connettivo di disgiunzione.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida:

Esercizio risolto

P → Q, Q → R, P |– R

3.28

Soluzione

1 2 3 4 5 6 7 8

P P → QP P Q → RP P ~R q p ~ P 1→ Q 1→ q p 3, 5 ~ ~Q 2→ R 2→ 5, 7 ~ 4, 7 ~

Applichiamo la regola del condizionale alla riga 1 per ottenere la riga 5. Il ramo sinistro chiude a 6, per la regola della negazione, ma il ramo destro resta aperto, e così applichiamo la regola del condizionale a 2 per ottenere la riga 7. Infine, la regola della negazione chiude entrambi i cammini. Dal momento che l’albero è chiuso, il tentativo di refutazione è fallito e la forma è valida.


90

Capitolo 3

Regola ↔

¢

Bicondizionale (↔): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

forma f ↔ y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene, scrivere f e y al termine del primo ramo e scrivere ~ f e ~ y al termine del secondo.

Questa regola esprime il fatto che un bicondizionale è vero esattamente in quei casi in cui il lato destro e il lato sinistro hanno il medesimo valore di verità, cioè sono entrambi veri o entrambi falsi. Esercizio risolto

u

3.29

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida: P ↔ Q, ~ P |– ~ Q

Soluzione

P P↔Q ~P ~~Q q p P 1↔ ~P 1 ↔ Q 1↔ ~Q 1 ↔ 2, 4 ~ 3, 5 ~

1 2 3 4 5 6

Si noti che non è necessario applicare la regola della negazione negata alla riga 3. L’albero si chiude anche senza questa applicazione poiché sul cammino di destra le righe 3 e 5 sono l’una la negazione dell’altra. La forma è valida. Regola ~&

¢

Congiunzione negata (~&): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata

della forma ~(f & y), segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere ~ f al termine del primo ramo e ~ y al termine del secondo.

Questa regola dipende dal fatto che la negazione di una congiunzione è vera se e solo se la congiunzione è falsa, quindi se e solo se è falso almeno uno dei due congiunti. Esercizio risolto

3.30

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida: ~ (P & Q) |– ~ P & ~ Q

Soluzione

1 2 3 4 5

P ~ (P & Q) P P ~ (~ P & ~ Q)P

q

~P 1 ~& e i ~~P 2~& P ~~Q 2 ~& 3, 4 ~ Q 4 ~~

p

~Q 1 ~& e i P ~~P 2 ~& ~~Q 2 ~& P 4 ~~ 3, 4 ~

Ancora una volta cominciamo con la premessa e la negazione della conclusione. Le scomponiamo mediante due applicazioni successive della regola della congiunzione negata (righe 3 e 4). A questo punto, due dei quattro cammini si chiudono ma due rimangono aperti anche dopo le applicazioni della regola della negazione negata alla riga 5. Siccome non è possibile applicare nessun’altra regola, l’albero è terminato; ma poiché sono rimasti due cammini aperti, la forma è invalida. Questi due cammini indicano che le situazioni in cui ‘P ’ è falsa e ‘Q’ vera, oppure ‘Q’ falsa e ‘P ’ vera, costituiscono controesempi.


91

La logica proposizionale

¢

Disgiunzione negata (~Ú): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata

della forma ~(f Ú y), segnare quella fbf e scrivere sia ~ f che ~ y al termine di ogni cammino aperto che la contiene.

Regola ~Ú

Questa regola è espressione del fatto che la negazione di una disgiunzione è vera, cioè la disgiunzione falsa, se e solo se sono falsi entrambi i disgiunti.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida:

Esercizio risolto

P → Q |– P Ú Q

3.31

Soluzione

1 2 3 4 5 6

P P→Q P ~ (P Ú Q) ~P 2 ~Ú ~Q 2 ~Ú q p ~P 1→ Q 1→ 4, 5 ~

La regola della disgiunzione negata si applica alla riga 2 per ottenere le righe 3 e 4. Il cammino aperto nell’albero terminato indica che la forma è invalida e che ogni situazione in cui sia ‘P ’ che ‘Q’ sono false è un controesempio. ¢

Condizionale negato (~ →): Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata

della forma ~(f → y), segnare quella fbf e scrivere sia f che ~ y al termine di ogni cammino aperto che la contiene.

Regola ~→

La giustificazione di questa regola è che la negazione di un condizionale è vera se e solo se il condizionale è falso, quindi se e solo se l’antecedente è vero e il conseguente falso.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida:

Esercizio risolto

~ P → ~ Q |– P → Q

3.32

Soluzione

1 2 3 4 5 6

P ~ P → ~ QP P ~ (P → Q)P P 2 ~→ ~Q 2 ~→ q p P ~~P 1→ ~Q 1→ P 5 ~~

La nuova regola si applica alla negazione della conclusione (riga 2) per ottenere le righe 3 e 4. L’albero terminato ha due cammini rimasti aperti, ciascuno dei quali indica che la premessa è vera e la conclusione falsa quando ‘P ’ è vera e ‘Q’ falsa. (Entrambi i cammini generano infatti lo stesso controesempio, sebbene in modo diverso.) Ne segue che la forma è invalida. ¢

Bicondizionale negato (~↔): Se un cammino aperto contiene una fbf non segna-

ta della forma ~(f ↔ y), segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene, scrivere f e ~ y al termine del primo ramo e scrivere ~ f e y al termine del secondo.

Regola ~↔


92

Capitolo 3

La regola riflette il fatto che un bicondizionale è falso, e la sua negazione vera, quando il lato destro e il lato sinistro hanno valori di verità opposti. Esercizio risolto

3.33

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la forma seguente è valida: P, P → Q |– P ↔ Q

Soluzione

1 2 3 4 5 6 7 8

P P P→Q P ~ (P ↔ Q) q p ~P 2→ Q 2→ e i ~ 1, 4 ~ ~P 3 ~↔ ~P 3 ~↔ ~Q 3 ~↔ ~Q 3 ~↔ ~ 4, 7 ~ ~ 1, 6 ~

La regola del bicondizionale negato si applica alla riga 3 per ottenere le righe 6 e 7. Visto che l’albero è chiuso, la forma è valida.

Gli alberi di refutazione non sono utili soltanto al fine di verificare la validità delle forme argomentative. Possiamo servircene anche per studiare insiemi arbitrari di formule, inclusi insiemi costituiti da un’unica fbf. Poiché infatti un albero terminato contenente almeno un cammino aperto sancisce l’esistenza di un’assegnazione di valori di verità che rende vere tutte le fbf che compaiono in quel cammino, la lista di fbf da cui ha origine un albero siffatto costituisce un insieme vero-funzionalmente coerente, cioè tale che tutti i suoi membri possono essere simultaneamente veri. In caso contrario l’insieme è vero-funzionalmente incoerente. Ora, abbiamo visto che se la lista è ottenuta prendendo le premesse e la negazione della conclusione di una forma argomentativa, la coerenza verofunzionale di queste fbf equivale all’invalidità della forma; ma nessuno ci impedisce di studiare la coerenza o incoerenza di insiemi arbitrari di fbf. In particolare, si può cominciare con una lista costituita da un’unica fbf. Se il risultato è un albero chiuso, allora significa che l’insieme costituito da quell’unica fbf è vero-funzionalmente incoerente, e questo è un altro modo per dire che la fbf stessa è vero-funzionalmente incoerente, cioè contraddittoria; se invece il risultato è un albero che contiene uno o più cammini aperti, allora significa che esiste almeno un’assegnazione di valori di verità che verifica la fbf in questione, che quindi non sarà contraddittoria bensì tautologica oppure vero-funzionalmente contingente. D’altra parte, è evidente che una fbf è tautologica se e solo se la sua negazione è una contraddizione, visto che il connettivo di negazione inverte tutti i valori della formula negata. Quindi la tecnica degli alberi di refutazione ci consente anche di decidere se una fbf è tautologica: basta costruire un albero per la sua negazione. In breve: (1) Una formula f è contraddittoria se e solo se l’albero di refutazione per f è chiuso. (2) Una formula f è tautologica se e solo se l’albero di refutazione per ~ f è chiuso. (3) Una formula f è vero-funzionalmente contingente se e solo se f non è né tautologica né contraddittoria.


93

La logica proposizionale

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la seguente fbf è contraddittoria: (P & Q) & ~ (P Ú R)

Esercizio risolto

3.34

Soluzione

1 2 3 4 5 6 7 8

P P P

(P & Q) & ~ (P Ú R) P & Q 1& ~ (P Ú R) 1 & P P 2& P Q 2& P ~P 3 ~Ú P ~R 3 ~Ú 4, 6 ~

Abbiamo costruito l’albero partendo da una lista costituita unicamente della fbf in esame. Visto che l’albero è chiuso, la fbf è contraddittoria.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la seguente fbf è tautologica:

Esercizio risolto

~ (Q → (P & ~ P))

3.35

Soluzione

1 2 3 4 5 6

~ ~ (Q → (P & ~ P)) Q → (P & ~ P) 1 ~ ~ q p ~Q 2 → P P & ~P 2 → P 3& ~P 3& 4, 5 ~ P P

In questo caso, l’albero comincia con la negazione della fbf in esame. Poiché il cammino sul ramo sinistro rimane aperto, concludiamo che la fbf non è tautologica. Più precisamente, il cammino aperto indica che quando ‘Q’ è falsa, la negazione della fbf è vera e quindi la fbf stessa è falsa.

u

Usare gli alberi di refutazione per stabilire se la seguente fbf è vero-funzionalmente contingente: ~ (Q → (P & ~ P))

Soluzione

Abbiamo appena appurato che la fbf non è tautologica. Resta da vedere se è contraddittoria. A tal fine costruiamo un nuovo albero di refutazione a partire dalla fbf stessa: 1 2 3 4 5

P ~ (Q → (P & ~ P))P Q 1 ~→ P ~ (P & ~ P) 1 ~ → q p ~P 3 ~& P ~~P 3 ~& P 4 ~~

Poiché entrambi i cammini restano aperti, vediamo che la fbf non è nemmeno contraddittoria. Quindi deve essere vero-funzionalmente contingente. Più precisamente, sappiamo dall’esercizio precedente che la fbf risulta falsa quando ‘Q’ è falsa, e vediamo qui che risulta vera quando ‘Q’ è vera (e ‘P ’ vera o falsa, indifferentemente).

Esercizio risolto

3.36


94

Capitolo 3

Riepilogando, è utile sottolineare alcuni punti che vanno tenuti bene a mente nella costruzione di un albero di refutazione: (1) Le regole per la costruzione degli alberi si applicano solo a formule intere e non a sottoformule. Ne segue che l’uso della negazione negata nell’albero seguente, per esempio, non è ammissibile: 1 2 3 4

P & ~~Q P&Q P Q

P P

1 ~~ (scorretto) 2& 2&

Benché l’eliminazione di una doppia negazione da sottoformule non produca veri e propri errori logici, si tratta di una mossa non consentita e rende la lettura dell’albero più difficile. Problemi ancora più gravi possono risultare applicando a sottoformule le regole per gli operatori binari. (2) L’ordine con cui si applicano le regole non è determinante ai fini del risultato, ma di solito è più efficace applicare prima le regole che non danno luogo a ramificazioni. Talvolta, dopo l’applicazione di regole che richiedono una biforcazione del cammino, è necessario che certe formule siano riscritte al termine di ciascun cammino così ottenuto. Ciò porterebbe a duplicare il lavoro rispetto a quanto richiesto se per prime si applicassero le regole che non danno luogo a ramificazioni. Consideriamo, per esempio, che cosa succederebbe nell’Esercizio risolto 3.31 se applicassimo prima la regola ‘→’, che produce una ramificazione; l’albero diverrebbe: 1 2 3 4 5 6

P P→Q P ~ (P Ú Q) q p ~P 1→ Q 1→ ~P 2 ~Ú ~P 2 ~Ú ~Q 2 ~Ú ~Q 2 ~Ú 3, 5 ~

In quest’albero le formule ‘~ P ’ e ‘~ Q’ ottenute per ~ Ú devono essere scritte due volte, mentre è sufficiente scriverle solo una volta se, come nell’Esercizio risolto 3.31, applichiamo prima la regola della disgiunzione negata. (3) In un albero terminato per una forma argomentativa, i cammini aperti rivelano tutti i controesempi a quella forma. Questo vale anche se non tutte le lettere enunciative della forma ricorrono tra le fbf non segnate dei cammini aperti. Per esempio, la forma ‘P → Q |– P ’ ha l’albero seguente: 1 2 3

P→Q ~P q p ~P 1→ Q 1→ P

Il cammino sul ramo destro rivela che le situazioni in cui ‘P ’ è falsa e ‘Q’ è vera sono controesempi. Quello sul ramo sinistro indica che sono controesempi le situazioni in cui ‘P ’ è falsa, indifferentemente dal valore di ‘Q’. Ciò significa che il cammino rivela a ben vedere due controesempi: situazioni in cui ‘P ’ è falsa e ‘Q’ è vera (lo stesso controesempio del cammino di destra) e situazioni in cui sia ‘P ’ che ‘Q’ sono false.


95

La logica proposizionale

Concludiamo con due esercizi che evidenziano la convenienza del metodo degli alberi di refutazione rispetto a quello delle tavole di verità.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la seguente forma argomentativa è valida: ~ (P → (Q Ú R)), ~ (S → (T Ú U)) |– P & S

Esercizio risolto

3.37

Soluzione

1 2 3 4 5 6 7 8 9

~ (P → (Q Ú R)) ~ (S → (T Ú U)) ~ (P & S) P 1~→ ~ (Q Ú R) 1 ~ → S 2~→ ~ (T Ú U) 2 ~ → q p ~ P 3~ & ~ S 3~ & 4, 8 ~ 6, 8 ~ P P P

La forma è valida. Si noti che non occorre scomporre ulteriormente le fbf alle righe 5 e 7: entrambi i cammini chiudono già alla 9. D’altro canto, poiché la forma contiene sei lettere enunciative, la sua tavola di verità conterrebbe 26 = 64 righe e ciascuna andrebbe completata per poter sancire la validità della forma in esame.

u

Costruire un albero di refutazione per stabilire se la seguente forma argomentativa è valida: ((A & B) & (C & D)) Ú ((E & F) & (G & H)) |– (B & D) → ~ (E & G)

Soluzione

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

P ((A & B) & (C & D)) Ú ((E & F) & (G & H)) P ~ ((B & D) → ~ (E & G)) P B & D 2 ~→ P ~ ~ (E & G) 2 ~ → B 3& D 3& P E & G 4 ~~ E 7& G 7& q p P (A & B) & (C & D) 1 Ú P (E & F) & (G & H) P A&B 10& P E&F P C&D 10& P G&H A 11& E B 11& F C 12 & G D 12 & H

1Ú 10& 10& 11& 11& 12 & 12 &

La forma è invalida, poiché entrambi i cammini restano aperti. In questo caso l’albero terminato non è brevissimo (16 righe) e la sua costruzione è noiosa e ripetitiva. È comunque sicuramente più efficace della tavola di verità corrispondente, che conterrebbe la bellezza di 28 = 256 righe. Si noti anche che posticipando l’applicazione della regola per la disgiunzione alla riga 10 si evitano inutili ripetizioni. Se avessimo cominciato da lì, avremmo dovuto duplicare le righe da 3 a 9 su ciascuno dei due cammini determinati dalla biforcazione.

Esercizio risolto

3.38


96

Capitolo 3

Tavola riassuntiva 3.1 Tavole di verità

Negazione Congiunzione f

~f

f y

V F

F V

V V F F

V F V F

f&y V F F F

Disgiunzione f y V V F F

V F V F

fÚy V V V F

Condizionale f y V V F F

V F V F

f→y V F V V

Bicondizionale f y V V F F

V F V F

f↔y V F F V

Tavola riassuntiva 3.2 Regole degli alberi di refutazione

~

Negazione: Se un cammino aperto contiene sia una fbf sia la sua nega-

&

Congiunzione: Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

Ú

Disgiunzione: Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

Condizionale: Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata della

Bicondizionale: Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata del-

~~

Negazione negata: Se un cammino aperto contiene una fbf non segnata

~&

Congiunzione negata: Se un cammino aperto contiene una fbf non se-

Disgiunzione negata: Se un cammino aperto contiene una fbf non se-

~→

Condizionale negato: Se un cammino aperto contiene una fbf non se-

~↔

Bicondizionale negato: Se un cammino aperto contiene una fbf non se-

zione, scrivere una ‘ ’ al termine del cammino.

forma f & y, segnare quella fbf e scrivere sia y che f al termine di ogni cammino aperto che la contiene. forma f Ú y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere f al termine del primo ramo e y al termine del secondo.

forma f → y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere ~ f al termine del primo ramo e y al termine del secondo.

la forma f ↔ y, segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene, scrivere f e y al termine del primo ramo e scrivere ~ f e ~ y al termine del secondo. della forma ~ ~ f, segnare quella fbf e scrivere f al termine di ogni cammino aperto che la contiene. gnata della forma ~(f & y), segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene e scrivere ~ f al termine del primo ramo e ~ y al termine del secondo. gnata della forma ~(f Ú y), segnare quella fbf e scrivere sia ~ f che ~ y al termine di ogni cammino aperto che la contiene.

gnata della forma ~(f → y), segnare quella fbf e scrivere sia f che ~ y al termine di ogni cammino aperto che la contiene. gnata della forma ~(f ↔ y), segnare quella fbf, tracciare due rami sotto ciascun cammino aperto che la contiene, scrivere f e ~ y al termine del primo ramo e scrivere ~ f e y al termine del secondo.


La logica proposizionale

Appendice: completezza funzionale dei connettivi Al termine del Paragrafo 3.4 si è detto che i cinque operatori logici del nostro linguaggio formale formano un insieme funzionalmente completo, nel senso che attraverso tali operatori si può esprimere qualunque altro connettivo vero-funzionale. Questo fatto è di grande importanza per apprezzare la portata della teoria logica presentata in questo capitolo. Ci dice infatti che essa può considerarsi adeguata allo studio di qualunque forma argomentativa basata interamente su operatori logici il cui significato si possa fissare attraverso una tavola di verità. (Tali operatori sono anche noti come operatori booleani, dal nome del matematico e logico britannico George Boole, 1815-1864, che per primo ne studiò le proprietà in modo sistematico.) Abbiamo anzi osservato che, da questo punto di vista, il nostro insieme di operatori è addirittura ridondante: le tre coppie comprendenti il connettivo per la negazione (~) insieme a quello per la congiunzione (&), quello per la disgiunzione (Ú) o quello per il condizionale (→) risultano funzionalmente complete. Dimostriamo dunque queste affermazioni. Affermare che un certo operatore vero-funzionale si può esprimere attraverso i nostri connettivi significa dire che la sua tavola di verità – la tavola che stipula in quali casi un’asserzione costruita per mezzo di quell’operatore è vera e in quali casi è falsa – coincide con la tavola di verità di qualche formula del nostro linguaggio formale. Per esempio, abbiamo visto che la tavola di verità per il connettivo di disgiunzione esclusiva, che abbiamo momentaneamente indicato con il simbolo ‘Úe’, coincide con quella della fbf ‘(f Ú y) & ~ (f & y)’, dal momento che i valori di verità di quest’ultima coincidono con quelli della formula ‘f Úe y’ in ciascuna delle quattro righe delle rispettive tavole di verità: f V V F F

y f Úe y (f Ú y) & ~ V F V V V F F F V V V F V V V V F V V V V F F F F F F V

(f V V F F

& V F F F

y) V F V F

È per questo motivo che non abbiamo bisogno del connettivo ‘Úe’: tutto ciò che potremmo dire impiegando tale connettivo si può esprimere per mezzo di una formula (un po’ più lunga) che contiene invece il connettivo di disgiunzione inclusiva ‘Ú’ insieme ai due connettivi ‘~ ’ e ‘&’. Considerazioni analoghe valgono per altri connettivi che abbiamo incontrato nell’esaminare certe frasi, come ‘né … né’. Se rappresentassimo questo connettivo con un simbolo apposito, per esempio ‘↓’, la tavola di verità di qualunque formula della forma ‘f ↓ y’ coinciderebbe con quella della fbf ‘~ f & ~ y’ o, equivalentemente, ‘~ (f Ú y)’. f y V V F F

V F V F

f↓y F F F V

~ f & ~ y ~ (f Ú y) F F V V

F F F V

F V F V

F F F V

V V V F

Per questo motivo anche ‘↓’ risulterebbe superfluo. Ebbene, il fatto che vogliamo dimostrare è che tali considerazioni si estendono a qualunque altro connettivo di questo tipo: ogni possibile tavola di verità, e quindi la tavola di verità di ogni possibile connettivo vero-funzionale, è la tavola di verità di qualche formula in cui compaiono solo i nostri cinque connettivi. E con ciò non intendiamo riferirci soltanto a tutti i possibili connettivi binari, come la disgiunzione inclusi-

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98

Capitolo 3

va o ‘né … né’. Intendiamo riferirci a tutti i possibili connettivi n-ari per qualunque numero intero positivo n. Per esempio, ‘se … allora … altrimenti’ è un connettivo ternario, come anche ‘o … o … oppure’ e ‘né … né … né’; ‘se … allora … altrimenti … a meno che’ è un connettivo quaternario, come anche ‘o … o … oppure … ovvero’ e ‘né … né … né … né’; e così via. In linea di principio, il numero dei possibili operatori vero-funzionali cresce in misura doppiamente esponenn ziale: per ogni n ci 22 possibili tavole di verità. E in linea di principio non vi è alcun limite alla grandezza di n. Nondimeno, queste infinite tavole di verità sono tutte riconducibili a qualche fbf contenente solo i nostri cinque connettivi. Sia dunque n un numero positivo qualsiasi. Una tavola di verità costruita a partire da un elenco di n lettere enunciative ‘P1’, …, ‘Pn’ consiste di n colonne iniziali e 2n righe, e ciascuna riga inizia a sinistra con una sequenza di n valori scelti tra V o F (uno per ciascuna colonna) e produce a destra un certo valore Xi, a sua volta V o F. Nel caso in cui n = 3, per esempio, la tavola ha quest’aspetto: P1 P2 P3 V V V V F F F F

V V F F V V F F

V F V F V F V F

X1 X2 X3 X4 X5 X6 X7 X8

Vogliamo trovare una fbf f del nostro linguaggio che ha esattamente le condizioni di verità della tavola, tale cioè che, per ogni i da 1 a 2n, il valore di f nella i-esima riga sia Xi. A tal fine dividiamo i casi possibili in due categorie. Caso 1: Xi = F per ogni riga i da 1 a 2n. In tal caso identifichiamo f con una contraddizione qualsiasi, diciamo P & ~ P.

Siccome le contraddizioni sono sempre false, è certo che f soddisfa le caratteristiche richieste. Caso 2: Xi = V per qualche riga i da 1 a 2n. In tal caso procediamo in quattro passi. Per ciascuna j da 1 a n e ciascuna i da 1 a 2n cominciamo col definire la fbf fij come segue: se il valore di verità di ‘Pj’ alla riga i è V, allora fij è semplicemente ‘Pj’, e se il valore di ‘Pj’ alla riga i è F, allora fij è la negazione ‘~ Pj’. Per esempio, con riferimento alla tavola di verità per il caso n = 3 data sopra, i valori di ‘P1’, ‘P2’ e ‘P3’ alla riga 4 sono rispettivamente V, F e F, per cui avremo che f41 = ‘P1’, f42 = ‘~ P2’ e f43 = ‘~ P3’. Per ciascun numero di riga i da 1 a 2n definiamo adesso fi come una qualunque congiunzione che si ottiene dalla formula ‘fi1 & … & fin’ aggiungendo le parentesi occorrenti affinché sia ben formata. Per esempio, nel caso n = 3, f4 può essere la congiunzione ‘(f41 & (f42 & f43 ))’ (cioè ‘(P1 & (~ P2 & ~ P3))’ oppure la congiunzione ‘((f41 & f42 ) & f43 )’ (cioè ‘((P1 & ~ P2) & ~ P3)’), che sono equivalenti. Come terzo passo, per ciascun numero di riga i da 1 a 2n definiamo la formula yi come segue: se Xi = V, allora yi è semplicemente fi, altrimenti yi è una contraddizione qualsiasi, poniamo ‘P & ~ P ’. A questo punto siamo pronti per identificare la fbf che stiamo cercando: è sufficiente prenden re una qualunque disgiunzione che si ottiene dalla formula ‘y1 Ú … Ú y2 ’ aggiungendo anche in questo caso le parentesi occorrenti perché sia ben formata. Qualunque disgiunzione del genere, infatti, contiene un disgiunto yi per ogni


La logica proposizionale

riga della tavola di verità in esame, e ciascun yi è stato costruito in modo tale da ricevere il valore V quando Xi = V e il valore F quando Xi = F: nel secondo caso perché yi è una contraddizione; nel primo caso perché è una congiunzione i cui congiunti fi1, …, fin sono veri per definizione. Siccome una disgiunzione è vera quando almeno uno dei suoi disgiunti è vero (fatto che possiamo generalizzare a disgiunzioni ripetute, indipendentemente da come i disgiunti siano aggregati tramite parentesi), la disgiunzione sarà dunque vera in tutte e sole quelle righe della tavola di verità in cui Xi = V, che è esattamente ciò che volevamo. In effetti si può fare di meglio. Poiché un disgiunto contraddittorio non aggiunge nulla, possiamo eliminarlo del tutto e definire la nostra fbf in modo che consista solo di quei disgiunti yi che coincidono con fi. Il risultato sarà una fbf f composta da un certo numero k di disgiunti minore o uguale a 2n e avrà essenzialmente questa forma (omettendo le parentesi logicamente irrilevanti): (fi11 & … & fin1) Ú … Ú (fi1k & … & fink)

dove la sequenza i1, …, ik è la sequenza di quei valori di i per cui Xi = V. A titolo illustrativo, consideriamo ancora l’ipotesi n = 3 e supponiamo che la tavola di verità in esame sia questa, scelta in modo del tutto arbitrario: P1 P2 P3 V V V V F F F F

V V F F V V F F

V F V F V F V F

F V F F V F F V

Dal momento che ci sono delle righe in cui la formula è vera, siamo nel caso 2. E poiché queste righe sono tre, f consisterà di tre disgiunti: il primo disgiunto corrisponde alla riga 2, dove ‘P1’ e ‘P2’ sono vere ma ‘P3’ è falsa, e sarà pertanto la congiunzione delle fbf f21 = ‘P1’, f22 = ‘P2’ e f23 = ‘~ P3’; il secondo disgiunto corrisponde alla riga 5, dove ‘P1’ è falsa mentre ‘P2’ e ‘P3’ sono vere, e sarà pertanto la congiunzione delle fbf f51 = ‘~ P1’, f52 = ‘P2’ e f53 = ‘P3’; il terzo corrisponde alla riga 8, dove ‘P1’, ‘P2’ e ‘P3’ sono tutte false, e sarà pertanto la congiunzione di f81 = ‘~ P1’, f82 = ‘~ P2’ e f83 = ‘~ P3’. La formula f avrà dunque la forma seguente, dove per definitezza aggreghiamo congiunti e disgiunti a partire da destra: (P1 & (P2 & ~ P3)) Ú ((~ P1 & (P2 & P3)) Ú (~ P1 & (~ P2 & ~ P3)))

Le sue condizioni di verità coincidono perfettamente con quelle della tavola che avevamo ipotizzato: P1 P2 P3 (P1 V V V V V F V F V V F F F V V F V F F F V F F F

& (P2 & ~ P3)) Ú ((~ P1 & (P2 & P3)) Ú (~ P1 & (~ P2 & ~ P3))) F F F F V F F F V V V F F F F F F F F F F F F F F F F F F F F V F F V V V V F F F V F F F F F F F F F F F F F F F F V F F V V V

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Capitolo 3

Abbiamo così mostrato che ogni possibile tavola di verità è la tavola di verità di una fbf del nostro linguaggio formale. In realtà abbiamo dimostrato di più. Abbiamo dimostrato che è la tavola di verità di una fbf f contenente solo i tre connettivi ‘~’, ‘&’ e ‘Ú’. Abbiamo perciò una conferma diretta della completezza funzionale di questi tre connettivi. Inoltre, merita sottolineare che f è sempre di una forma ben precisa. Se estendiamo l’uso del termine ‘disgiunzione’ in modo che si applichi a qualunque fbf della forma ‘f1 Ú … Ú fn’ (più parentesi) anche quando n = 1, e analogamente per il termine ‘congiunzione’ rispetto a fbf della forma ‘f1 & … & fn’ (più parentesi), e se estendiamo l’uso dei termini ‘disgiunto’ e ‘congiunto’ in modo corrispondente, allora tanto nel caso 1 quanto nel caso 2 la nostra fbf f è sempre una disgiunzione di congiunzioni i cui congiunti sono o lettere enunciative o negazioni di lettere enunciative. Una fbf strutturata in questo modo si dice in forma normale disgiuntiva. Un corollario immediato della nostra dimostrazione è dunque che qualunque composto vero-funzionale è vero-funzionalmente equivalente a una fbf in forma normale disgiuntiva. Questo corollario è importante in considerazione del fatto che una fbf siffatta ha la caratteristica di essere “trasparente” rispetto alle proprie condizioni di verità, quindi più facile da comprendere: è vera quando è vero uno qualunque dei suoi disgiunti, e ciascun disgiunto a sua volta è vero quando le lettere enunciative che vi figurano sono false o vere a seconda che siano precedute dal segno ‘~’ oppure no. In altri termini, una fbf in forma normale disgiuntiva “descrive” le righe della propria tavola di verità in cui riceve il valore V. Si può anche mostrare che ogni fbf è vero-funzionalmente equivalente a una fbf in forma normale congiuntiva, con cui si intende una congiunzione di disgiunzioni i cui disgiunti sono o lettere enunciative o negazioni di lettere enunciative. La dimostrazione di questo fatto si ottiene da quella fornita sopra semplicemente convertendo ogni ‘V ’ in una ‘F’ e viceversa, e ogni congiunzione in una disgiunzione e viceversa. La caratteristica delle fbf in forma normale congiuntiva è che sono trasparenti rispetto alle proprie condizioni di falsità, ossia descrivono le righe della propria tavola di verità in cui ricevono il valore F. Poiché sappiamo che ogni disgiunzione ‘f Ú y’ è equivalente alla negazione ‘~ (~ f & ~y)’, questi risultati confermano anche la completezza funzionale dell’insieme costituito soltanto dai due connettivi ‘~ ’ e ’&’. E siccome ogni congiunzione ‘(f & y)’ risulta a sua volta equivalente alle due negazioni ‘~ (~ f Ú ~y)’ e ‘~ (f → ~ y)’, come mostrano le tavole di verità qui sotto, ne segue che tanto ‘~ ’ e ‘Ú’ quanto ‘~ ’ e ’→’ costituiscono a loro volta insiemi completi. f y f&y

~ (~ f Ú ~y) ~ (f → ~ y)

V V F F

V F F F

V F V F

V F F F

F F V V

F V V V

F V F V

V F F F

F V V V

F V F V

Infine, notiamo che esistono due operatori ciascuno dei quali sarebbe di per sé funzionalmente completo. Uno è l’operatore corrispondente a ‘né … né’ ricordato sopra, che abbiamo indicato con ‘↓’, la cui completezza è stata anticipata nell’Esercizio risolto 3.12: possiamo definire ‘~ f’ come ‘f ↓ f’ e ‘f & y’ come ‘(f ↓ f) ↓ (y ↓ y)’. L’altro è un operatore che non ha un chiaro corrispettivo in italiano, ma esprime il concetto simmetrico di ‘non … o non’ (inclusivo). Si è soliti indicarlo con il simbolo ‘↑’ e la tavola di verità per ‘f ↑ y’ è quella di ‘~ f Ú ~ y’ ovvero ‘~ (f & y)’. La sua completezza è data dal fatto che, per esempio, ‘~ f’ e ‘f & y’ sono definibili rispettivamente come ‘f ↑ f’ e come ‘(f ↑ y) ↑ (f ↑ y)’.


La logica proposizionale

Esercizi supplementari 3.1

Classificare gli enunciati seguenti in base agli operatori logici usati nella loro costruzione; in ciascun caso, indicare gli enunciati componenti. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)

Il miele non è fatto per la bocca dell’asino. Se son rose, fioriranno. L’allodola vola in alto, ma fa il nido in terra. O si corre il palio o si dà il cavallo. Errare è umano, perseverare diabolico. È facile lamentarsi, se c’è chi ascolta. Non è tutto oro quel che luccica. Amico di ventura, molto briga e poco dura. È inutile piangere sul latte versato. La carrucola frulla solo se è unta.

3.2 Determinare quali delle formule seguenti sono fbf e quali non lo sono; in cia-

scun caso, motivare la risposta riferendosi alle regole di formazione. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)

~ (~ P) P ~Q (P → P) P→P ~ ~ ~ (~ P & Q) ((P → Q)) ~ (P & Q) & ~ R (P ↔ (P ↔ (P ↔ P))) (P → (Q → (R & S)) (P → (Q Ú R Ú S))

3.3 Formalizzare gli enunciati seguenti nel linguaggio della logica proposizionale

usando l’interpretazione indicata. P Q R S

Paola andrà alla festa. Quinto andrà alla festa. Riccardo andrà alla festa. Sara andrà alla festa.

(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12)

Paola non andrà alla festa. Paola andrà alla festa, ma Quinto no. Se Paola andrà alla festa, allora ci andrà anche Quinto. Paola andrà alla festa se ci andrà anche Quinto. Paola andrà alla festa solo se ci andrà anche Quinto. Paola andrà alla festa se e solo se ci andrà anche Quinto. Né Paola né Quinto andranno alla festa. Paola e Quinto non andranno entrambi alla festa. Almeno uno tra Paola e Quinto andrà alla festa. Paola non andrà alla festa se ci andrà Quinto. O Paola andrà alla festa, oppure ci andranno Quinto e Riccardo. Se Paola andrà alla festa, allora ci andrà anche Quinto, ma non Riccardo.

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Capitolo 3

(13) Paola farà qualcos’altro, ma Quinto e Riccardo andranno alla festa. (14) Se né Paola né Quinto andranno alla festa, ci andranno sia Riccardo che Sara. (15) Se Paola e Quinto andranno alla festa, allora Riccardo ci andrà solamente se non ci andrà Sara. (16) Paola e Quinto andranno entrambi alla festa soltanto se Riccardo e Sara faranno qualcos’altro. (17) Paola andrà alla festa e ci andrà anche Quinto, tuttavia Riccardo e Sara faranno altro. (18) Pola e Quinto andranno alla festa se e solo se ci andrà o Riccardo o Sara (ma non entrambi). (19) Se Paola andrà alla festa, o Quinto o Riccardo farà lo stesso, mentre se Paola non andrà, alla festa ci andranno Riccardo e Sara. (20) Se almeno uno tra Paola e Quinto andrà alla festa, allora ci andrà anche Riccardo, ma se non ci andrà nessuno dei tre, alla festa andrà Sara. 3.4 Formalizzare le argomentazioni seguenti nel linguaggio della logica proposi-

zionale usando l’interpretazione indicata. V C P A

La forma argomentativa F è valida. La forma argomentativa F ha un controesempio. Le premesse della forma argomentativa F sono coerenti. L’albero terminato per la forma argomentativa F ha un cammino aperto.

(1) La forma argomentativa F è valida, visto che il suo albero terminato non ha cammini aperti. (2) Le premesse della forma argomentativa F non sono incoerenti. Quindi il suo albero terminato ha un cammino aperto. (3) L’albero terminato per la forma argomentativa F ha un cammino aperto. Quindi F ha un controesempio ed è invalida. (4) Se la forma argomentativa F è valida, allora il suo albero terminato non contiene cammini aperti. Quindi, se ogni cammino del suo albero terminato è chiuso, F è valida. (5) Se le premesse della forma argomentativa F sono incoerenti, allora F è valida. Ne segue che, se le sue premesse sono coerenti, la forma F è invalida. (6) Se le premesse della forma argomentativa F sono incoerenti, allora F è valida. Ne segue che, siccome le sue premesse sono coerenti, la forma F è invalida. (7) Se la forma argomentativa F ha un controesempio, le sue premesse non sono incoerenti. Infatti F ha un controesempio soltanto se le premesse sono coerenti. (8) O la forma argomentativa F ha un controesempio oppure è valida, ma non entrambi. La forma F è valida, quindi, se e solo se non ha nessun controesempio. (9) La forma argomentativa F è valida se e solo se non ha controesempi, e ha controesempi se e solo se il suo albero terminato ha un cammino aperto. Quindi, siccome l’albero terminato per la forma F non ha cammini aperti, la forma è valida. (10) Le premesse della forma argomentativa F sono incoerenti. Se le premesse di F sono incoerenti, F è valida. F è valida se e solo se il suo albero terminato non contiene cammini aperti. Se l’albero terminato non contiene cammini aperti, allora F non ha controesempi. Quindi, poiché un controesempio c’è, le premesse di F sono coerenti.


La logica proposizionale

3.5 Usando il metodo delle tavole di verità, stabilire per ciascuna delle fbf seguenti

se è tautologica, vero-funzionalmente contingente o contraddittoria. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)

P→P P → ~P ~ (P → P) (P Ú Q) → P (P & Q) → P P ↔ ~ (P Ú Q) P ↔ (P Ú (P & Q)) P ↔ (P & (P Ú Q)) (P & Q) & ~ (P Ú R) (P → (Q & R)) → (P → R)

3.6 Verificare le risposte dell’esercizio precedente usando il metodo degli alberi di

refutazione.

3.7 Usando il metodo degli alberi di refutazione, stabilire per ciascuna delle se-

guenti forme argomentative se è valida o invalida. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) (10)

P |– ~ P → Q P Ú Q |– ~ P ↔ Q P → ~ Q |– ~ (P & Q) P |– (P → (Q & P)) → (P & Q) P Ú Q, ~ P, ~ Q |– R (Q & R) → P, ~ Q, ~ R |– ~ P ~ (P Ú Q), R ↔ P |– ~ R ~ (P & Q), R ↔ P |– ~ R P ↔ Q, Q ↔ R |– P ↔ R P → (R Ú S), (R & S) → Q |– P → Q

3.8 Verificare le risposte dell’esercizio precedente usando il metodo delle tavole di

verità.

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