Psicologia dell'educazione, 1e - Capitolo 5

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Diversità socioculturale 5.1 Stato socioeconomico, cultura ed etnia

5.2 Educazione interculturale Obiettivo di apprendimento 5.2  Descrivere come promuovere l’educazione interculturale. Rafforzamento e valorizzazione degli studenti L’insegnamento culturalmente rilevante

5.3 Genere Obiettivo di apprendimento 5.3  Presentare le varie sfaccettature del costrutto di genere, comprese le somiglianze e le differenze tra maschi e femmine, discutere le questioni relative al genere nell’insegnamento. I punti di vista sul genere Stereotipi di genere, somiglianze e differenze Le controversie sul genere Classificazione del ruolo di genere Il genere nel contesto Eliminazione del pregiudizio di genere

STRUTTURA DEL CAPITOLO

Obiettivo di apprendimento 5.1  Discutere come prendere in considerazione le differenze di stato socioeconomico, cultura e origine etnica nell’educazione. Lo stato socioeconomico La cultura L’etnia L’apprendimento di una seconda lingua e l’educazione bilingue

L’educazione mirata all’uguaglianza Miglioramento delle relazioni tra studenti appartenenti a gruppi etnici diversi

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Margaret Mead Antropologa americana, XX secolo

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Abbiamo bisogno di ogni essere umano e non possiamo permetterci di trascurarne nessuno a causa delle barriere artificiali di sesso, razza, classe sociale o cittadinanza.

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142 OA1 Discutere come prendere in considerazione le differenze di stato socioeconomico, cultura e origine etnica nell’educazione.

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5.1 Stato socioeconomico, cultura ed etnia ⊲ Lo stato socioeconomico ⊲ La cultura ⊲ L’etnia ⊲ L’apprendimento di una seconda lingua e l’educazione bilingue

Viviamo in un mondo multiculturale, in cui si intrecciano valori, abitudini, esperienze diverse. In questo paragrafo esploreremo la diversità che caratterizza le scuole in termini di stato socioeconomico, cultura ed etnia. Esamineremo anche i problemi linguistici con particolare attenzione all’apprendimento di una seconda lingua e all’educazione bilingue.

Lo stato socioeconomico Stato socioeconomico (SES, socio-economic status) Raggruppamento delle persone in base a caratteristiche occupazionali, educative ed economiche simili.

Lo stato socioeconomico (SES, socio-economic status) si riferisce alle caratteristiche occupazionali, educative ed economiche che accomunano un insieme di persone. Riferirsi allo stato socioeconomico implica parlare di diseguaglianze. Normalmente i membri di una società hanno: (1) occupazioni di diverso prestigio, e alcuni individui hanno un accesso più facilitato rispetto ad altri a occupazioni di livello elevato; (2) diversi livelli di istruzione, e alcuni individui hanno più opportunità di altri di avere un’istruzione migliore; (3) risorse economiche differenti; (4) livelli diversi di potere per influenzare le istituzioni di una comunità. Queste differenze nella capacità di controllare le risorse e partecipare ai benefici di una società generano diseguaglianze (McLoyd et al., 2015; Roche, 2016; Wadsworth et al., 2016). Le differenze socioeconomiche rappresentano un “indicatore del capitale materiale, umano e sociale all’interno e al di fuori della famiglia” (Huston & Ripke, 2006, p. 425). Il livello socioeconomico di una famiglia è correlato al quartiere in cui questa vive e alle scuole che i figli frequentano (Murry et al., 2015) e può influenzare il successo e l’adattamento scolastico dei bambini (Crosnoe & Benner, 2015). Individui con un livello socioeconomico basso hanno spesso un livello di istruzione inferiore, meno potere di influenzare le istituzioni di una comunità (come le scuole) e minori risorse economiche rispetto a coloro con un alto livello socioeconomico. Sebbene in misura molto minore, sembra che anche i figli di famiglie benestanti si trovino ad affrontare alcune sfide. Luthar et al. (Ansary et al., 2012, 2016; Luthar, 2006; Luthar et al., 2013, 2015) hanno rilevato che è più probabile che i giovani provenienti da famiglie benestanti o in ascesa sociale facciano uso di droghe e abbiano problemi di internalizzazione ed esternalizzazione rispetto ai loro coetanei di ceto medio. Inoltre, dalle loro ricerche emerge che i maschi adolescenti di tali famiglie hanno più difficoltà di adattamento rispetto alle femmine, mentre le femmine adolescenti hanno più probabilità di raggiungere un elevato successo scolastico. Povertà socioeconomica e rischi per la scolarità I bambini che crescono in

condizioni di povertà costituiscono un motivo di preoccupazione particolare (Duncan et al., 2015; Tran et al., 2016; Wadsworth et al., 2016). Nel 2014, il 21,1% dei ragazzi americani sotto i 18 anni viveva in famiglie con reddito

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inferiore alla soglia di povertà, e i tassi di povertà erano particolarmente elevati per le famiglie afroamericane e latino-americane con bambini (più del 30% a fronte del 12,7% delle famiglie dei bambini bianchi non latini) (DeNavas-Walt & Proctor, 2015). Negli Stati Uniti, in confronto ai bambini bianchi non latini, i bambini di minoranze etniche hanno più probabilità di sperimentare uno stato di povertà costante negli anni e di vivere in quartieri poveri e isolati dove il sostegno sociale è minimo e le minacce a un sano sviluppo sono numerose. La percentuale di minori che vivono in povertà è molto più alta negli Stati Uniti rispetto ad altre nazioni industrializzate, come, per esempio, in Canada (9%) e in Svezia (2%). In Italia, i dati ISTAT relativi all’anno 2018 rivelano che i minori in povertà assoluta rappresentano il 12,6%, la maggioranza dei quali si trova al sud e nelle aree metropolitane o nei grandi comuni. Anche nel nostro Paese, l’incidenza della povertà assoluta è del 7,7% per le famiglie di soli italiani, mentre interessa quasi una famiglia straniera su 3 (31%). Il tasso di povertà, infine, è maggiore tra le famiglie numerose e quelle monoparentali (ISTAT, 2019b). La povertà è collegata al livello di istruzione e aumenta al diminuire del grado di scolarità. Per esempio, in Italia vive in povertà il 10% degli adulti con al massimo un diploma di scuola secondaria di primo grado, a fronte del 3,8% di coloro che hanno almeno un diploma di scuola secondaria di secondo grado (ISTAT, 2019b). A titolo di confronto, le percentuali per gli Stati Uniti sono, rispettivamente, del 29% e del 14%. Sembra che la relazione tra povertà e livello di istruzione sia bidirezionale, per cui se coloro che non raggiungono un elevato livello di istruzione hanno meno opportunità di avere un buon lavoro e aumentare il proprio reddito, è anche vero che chi ha un reddito basso ha meno opportunità di raggiungere un grado di istruzione alto. I bambini che vivono in povertà spesso devono affrontare problemi a casa e a scuola che compromettono il loro apprendimento (Gardner et al., 2016; Tran et al., 2016). Una rassegna sull’ambiente di vita riporta che, rispetto ai loro compagni più avvantaggiati economicamente, i bambini poveri sperimentano le seguenti difficoltà (Evans, 2004): più frequenti conflitti familiari, violenza, caos e separazione dalla famiglia; minor supporto sociale; meno stimoli intellettuali; più tempo di fronte alla televisione; minori opportunità di frequentare buone scuole o buoni servizi per l’infanzia; minore coinvolgimento dei genitori nelle attività scolastiche; maggiore possibilità di vivere in abitazioni sporche, affollate e rumorose e in quartieri pericolosi e degradati. Ecco, quindi, che la povertà economica diventa facilmente anche povertà culturale e sociale. In alcune parti del mondo, le condizioni precarie in cui vivono i bambini poveri sono molto gravose. Jonathan Kozol (1991, 2005) ha identificato la presenza di vari problemi in quartieri molto poveri all’interno di grandi città americane, per lo più abitati da persone di minoranza etnica, come, per esempio, la mancanza di un regolare servizio di nettezza urbana, edifici abitativi e scolastici fatiscenti e pericolanti, aria inquinata, malnutrizione, violenza. Sebbene ciò rispecchi il disagio di alcune città americane, è tuttavia possibile che anche in altri Paesi o contesti le scuole che si trovano nei quartieri più poveri o degradati abbiano poche risorse e siano anch’esse ospitate in edifici vecchi o mal tenuti. Gli insegnanti spesso non restano lì stabilmente o sono poco motivati a migliorare le capacità dei bambini con attività innovative e stimolanti, rischiando di promuovere un tipo di apprendimento meccanico o di livello basso a scapito di un apprendimento

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efficace che possa, alla lunga, ridurre lo svantaggio sociale.

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Intervenire in situazioni di povertà con l’istruzione Le numerose diseguaglianze

a svantaggio dei bambini che vivono in quartieri poveri e hanno un’esperienza scolastica di bassa qualità hanno spesso incoraggiato azioni mirate al miglioramento di tali condizioni di vita (Kozol, 1991). Gli stessi genitori in condizioni così indigenti possono impegnarsi attivamente per ottenere un tipo di istruzione valida e migliori opportunità per i propri figli. A ciò si aggiunge un interesse crescente, da parte delle istituzioni e delle comunità, a sviluppare interventi Jonathan Kozol (2005) ha criticato l’inadeguata qualità e la mancanza di educativi a vantaggio di due generazioni, risorse di molte scuole americane, specialmente quelle nelle aree più con il fine di migliorare sia il successo povere delle grandi città con un’alta concentrazione di bambini scolastico dei bambini che vivono in appartenenti a minoranze etniche. Kozol elogia gli insegnanti che povertà sia la condizione sociale dei loro contribuiscono a rendere queste scuole migliori per tutti, come fa, per genitori (Gard­ner et al., 2016; Sommer et esempio, quest’insegnante che tiene in classe una scatola con delle scarpe al., 2016). Per esempio, grazie a numeper i bambini che ne hanno bisogno. rose associazioni, si tenta di promuovere l’istruzione secondaria per i genitori, di migliorare la qualità dell’istruzione dei figli fin dai primi anni della scuola dell’infanzia e di fornire supporto economico (per esempio, dando aiuti per l’abitazione, il trasporto, i beni di consumo primario) e sociale (coinvolgendo il vicinato, le organizzazioni di quartiere o di stampo religioso, e mettendo in contatto la famiglia con la scuola o con il mondo del lavoro). Alcune associazioni si occupano di aiutare nei compiti i bambini e gli adolescenti con difficoltà economiche o di coinvolgerli in progetti a vantaggio della comunità, come pulire il quartiere o fare volontariato nelle case di riposo o con i bambini piccoli, o di promuovere attività culturali nel quartiere. Tali programmi danno la possibilità di contrastare la trasmissione intergenerazionale della povertà e le sue conseguenze negative. Alcune ricerche condotte negli Stati Uniti confermano che i programmi proposti per supportare l’istruzione delle fasce più deboli economicamente hanno risultati promettenti. Per esempio, gli adolescenti che avevano usufruito di una guida e del supporto di un tutor nella scuola secondaria di secondo grado avevano più possibilità di diplomarsi e di entrare all’università, rispetto a un gruppo di controllo che non aveva avuto tale aiuto (Carnegie Council on Adolescent Development, 1995; Curtis & Bandy, 2016). Un altro progetto ha coinvolto scuole, famiglie e comunità per migliorare il clima scolastico, lavorando su aspetti quali il concetto di sé, la responsabilità, le buone relazioni con gli altri, la crescita personale (Lewis et al., 2013). Gli studenti coinvolti, rispetto al gruppo di controllo, hanno mostrato un tasso minore di comportamenti violenti e di provvedimenti disciplinari. Sembra quindi che, con un impegno condiviso e la volontà di diminuire il divario sociale – che alla fine vanno a vantaggio di tutta la comunità –, un percorso di vita negativo non sia inevitabile per i bambini e gli adolescenti che vivono in povertà (Philipsen et al., 2009).

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CONFRONTARSI CON GLI STUDENTI: Buone prassi

Strategie per lavorare con studenti in povertà socioculturale ed economica Gli studenti che provengono da un contesto povero sia a livello economico sia socioculturale devono affrontare diverse sfide a scuola. Di seguito sono indicate alcune strategie utili per lavorare con questi alunni. 1. Migliorare le abilità cognitive e linguistiche. È sicuramente un obiettivo importantissimo per l’adattamento degli studenti con difficoltà economiche o socioculturali. Per esempio, si possono organizzare gruppi di sostegno dopo la scuola. 2. Evitare un’eccessiva disciplina. Là dove diversi fattori rendono difficile mantenere la disciplina, bisogna sforzarsi di trovare un compromesso tra la disciplina e la libertà degli studenti. 3. Avere come priorità la motivazione degli studenti. Molti studenti provenienti da un contesto povero potrebbero non essere mai stati spinti verso il successo dai genitori e potrebbero, quindi, non essere motivati a imparare. Pertanto, è fondamentale dedicarsi particolarmente a motivare questi alunni. Di questo si parlerà in modo più approfondito nel Capitolo 12, Motivazione, insegnamento e apprendimento. 4. Pensare a come dare supporto ai genitori e a come poter collaborare con loro. Bisogna riconoscere che molti genitori che vivono in un contesto povero a livello economico, sociale e

culturale non sono in grado di fornire una supervisione ai propri figli nei compiti scolastici o di accompagnarli in modo efficace nel percorso di sviluppo. Può essere utile trovare un modo per coinvolgerli o formarli perché seguano i figli al meglio. 5. Trovare un modo per coinvolgere persone di talento provenienti da comunità povere. Si può scoprire che i genitori provenienti da aree povere possono avere dei talenti o essere responsivi in modi che gli insegnanti non si aspettano. In molte comunità povere ci sono persone la cui saggezza ed esperienza sconfiggono ogni stereotipo. Trovare queste persone e chiedere loro di mettere le loro capacità a servizio della scuola per aiutare gli studenti con difficoltà o per accompagnare le classi in gita può contribuire a rendere la scuola un luogo più attraente. 6. Osservare i punti di forza degli studenti di ceto basso. Molti studenti in condizioni di povertà vengono a scuola con molte conoscenze inespresse, e gli insegnanti possono accedere a tale ricchezza. Per esempio, questi studenti potrebbero sapere molto bene come si usano i trasporti pubblici, mentre quelli più benestanti, usando più spesso l’automobile, non hanno tali conoscenze.

La cultura La cultura comprende i modelli comportamentali, le credenze e tutti gli altri prodotti di un particolare gruppo di persone che vengono tramandati di generazione in generazione. Questi prodotti sono il risultato delle interazioni tra le persone e il loro ambiente nel corso degli anni (Samovar et al., 2017). Un gruppo culturale può essere grande come gli Stati Uniti o piccolo come una tribù isolata dell’Amazzonia. Indipendentemente dalle sue dimensioni, il gruppo ha una cultura che influenza il comportamento dei suoi membri (Cole & Tan, 2015; Holloway & Jonas, 2016; Matsumoto & Juang, 2017). Campbell et al. (Brewer & Campbell, 1976; Campbell & LeVine, 1968) hanno rilevato che le persone di tutte le culture spesso credono che ciò che accade nella propria cultura sia “naturale” e “giusto”, e che ciò che accade in altre culture sia “innaturale” e “ingiusto”; inoltre, si comportano in modo da favorire il proprio gruppo culturale e sono ostili verso altri gruppi culturali. Gli psicologi e gli educatori che studiano la cultura sono spesso interessati a confrontare ciò che succede in una cultura con ciò che accade in

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Cultura I modelli comportamentali, le credenze e tutti gli altri prodotti di uno specifico gruppo di persone che vengono tramandati di generazione in generazione.

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Studi interculturali Studi che confrontano ciò che accade in una cultura con ciò che accade in culture diverse; forniscono informazioni su quanto le persone siano simili tra di loro e su quanto certi comportamenti siano specifici di determinate culture.

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altre (Qu & Pomerantz, 2015; Rowe et al., 2016). In molti Paesi, per esempio, i maschi hanno un maggiore accesso all’istruzione, maggiori libertà nello scegliere la propria carriera lavorativa e minori restrizioni sull’attività sessuale rispetto alle femmine (UNICEF, 2016). Gli studi interculturali riguardano questo tipo di paragoni e forniscono informazioni su quanto le persone siano simili tra di loro e sul grado in cui certi comportamenti siano, invece, specifici di determinate culture (Chen & Liu, 2016). Per esempio, uno studio ha rilevato che, durante il secondo e il terzo anno della scuola secondaria di primo grado, gli studenti americani danno meno valore alla scuola e sono meno motivati a ottenere successo scolastico rispetto agli studenti cinesi, per i quali durante questo periodo il valore attribuito alla scuola e la motivazione per i risultati scolastici rimangono invariati (Wang & Pomerantz, 2009). Culture individualiste e culture collettiviste Uno dei modi per descrivere le

differenze culturali riguarda l’individualismo e il collettivismo (Kormi-Nouri et al., 2015). L’individualismo si riferisce a un insieme di valori che danno priorità agli obiettivi personali piuttosto che agli obiettivi di gruppo. I valori individualisti includono la promozione del benessere, l’unicità personale, la diversità individuale e la possibilità di rendersi indipendenti. Il collettivismo, invece, consiste in una serie di valori che sostengono il gruppo; gli obiettivi personali sono subordinati al preservare l’integrità del gruppo, l’inCollettivismo Insieme di valori che terdipendenza dei suoi membri e le relazioni armoniose (Masumoto & Juang, sostengono il gruppo. 2017). Molte culture occidentali, come quelle degli Stati Uniti, del Canada, della Gran Bretagna e dei Paesi Bassi, sono considerate individualiste. Molte culture orientali, come quelle della Cina, del Giappone, dell’India e della Thailandia vengono considerate collettiviste, così come molte culture africane o sudamericane. Un’analisi recente ha individuato, nelle culture individualiste, quattro valori che riflettono le convinzioni dei genitori su ciò che è necessario per lo sviluppo efficace dell’autonomia nei bambini: (1) scelta personale; (2) motivazione intrinseca; (3) autostima; (4) auto-massimizzazione, che consiste nel raggiungere il proprio potenziale massimo (Tamis-LeMonda et al., 2008). Lo stesso studio propone anche tre valori che riflettono le convinzioni dei genitori nelle culture collettiviste: (1) senso di appartenenza alla famiglia e mantenimento dei legami di parentela; (2) apertura verso gruppi più ampi; (3) rispetto e obbedienza. I critici della distinzione tra culture individualiste e collettiviste, tuttavia, sostengono che questi termini siano troppo ampi e semplicistici, in particolare con l’aumentare della globalizzazione (Kagitcibasi, 2007). Anche se il modello dell’individualismo-collettivismo consente di interpretare le caratteristiche di una cultura e di favorire la comprensione delle differenze tra culture, bisogna Quali sono le differenze tra culture individualiste e culture collettiviste? Quali sono essere consapevoli che esso non può le strategie di insegnamento per lavorare con studenti di queste culture?

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Individualismo Insieme di valori che danno priorità agli obiettivi personali piuttosto che a quelli di gruppo.

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cogliere tutte le sfumature di un gruppo culturale e non deve essere inteso in maniera assoluta o bipolare. Infatti, da un lato, ciascun gruppo culturale presenta una grande variabilità al suo interno e, dall’altro, le diverse caratteristiche possono convivere nella stessa cultura o modificarsi nel corso del tempo (Coppola & Camodeca, 2010). Per esempio, molte culture si pongono in un punto intermedio del continuum tra individualismo e collettivismo. È il caso dell’Italia, che è stata identificata con una base individualista, ma con marcati aspetti collettivisti; ciò emerge, per esempio, nella tendenza dei genitori a educare i bambini a essere socievoli, affettuosi e ubbidienti, ma anche attivi e autonomi (Coppola & Camodeca, 2010). Similmente, si pensi ai gruppi culturali che affiancano le due prospettive, come le numerose subculture collettiviste all’interno di un Paese individualista, in seguito ai flussi migratori, quali, per esempio, quella cinese-americana o quella marocchina-olandese (Novin & Rieffe, 2012). Anche la globalizzazione del mondo fa sì che le culture si intreccino e si modifichino. I risultati di uno studio condotto dal 1970 al 2008 hanno rivelato che, nonostante la Cina sia tuttora caratterizzata da valori collettivisti, la frequenza di parole usate in Cina per indicare i valori individualisti è aumentata in questo lasso di tempo (Zeng & Greenfield, 2015). Indipendentemente dal proprio background culturale, per realizzarsi pienamente come essere umani le persone hanno bisogno sia di sviluppare un senso positivo del sé sia di essere connesse agli altri. L’analisi di Tamis-LeMonda et al. (2008, p. 204) sottolinea che in molte famiglie i bambini non vengono cresciuti in ambienti che sostengono uniformemente valori, pensieri e azioni individualisti o collettivisti. Piuttosto, in molte famiglie “ci si aspetta che i bambini siano tranquilli, assertivi, rispettosi, curiosi, umili, sicuri di sé, indipendenti, dipendenti, affezionati o riservati a seconda della situazione, delle persone presenti, dell’età dei bambini o del contesto sociale ed economico”. Confronti interculturali sull’uso del tempo da parte degli adolescenti Oltre

all’esame delle culture come individualiste o collettiviste, un altro importante confronto interculturale riguarda il modo in cui i bambini e gli adolescenti trascorrono il tempo (Larson, 2014; Larson & Dawes, 2015; Larson et al., 2009). Larson e Verma (1999) hanno analizzato il modo in cui gli adolescenti negli Stati Uniti, in Europa e in Asia orientale trascorrono il tempo a scuola, nel gioco e in altre attività. Gli adolescenti americani, per esempio, trascorrono più tempo a svolgere lavoretti retribuiti rispetto ai loro coetanei nella maggior parte dei Paesi industrializzati, ma hanno anche più tempo libero. Infatti, gli adolescenti americani, come anche gli adolescenti asiatici, hanno meno compiti a casa perché trascorrono circa il 60% del loro tempo studiando a scuola. Invece, per quanto riguarda gli adolescenti italiani, gran parte del loro tempo libero è impegnato con lo studio, poiché il nostro sistema scolastico prevede la frequenza scolastica per lo più solo la mattina e richiede, quindi, un impegno con i compiti nel pomeriggio o anche nel fine settimana (Delle Fave & Bassi, 2003). Se avere molto tempo libero a disposizione sia un inconveniente o un vantaggio dipende dall’uso che ne viene fatto. La maggior parte del tempo libero degli adolescenti nei Paesi industrializzati viene impiegato nell’utilizzo dei media, in attività ricreative, spesso con amici, ma anche nello sport o negli hobby. Anche le attività con cui gli adolescenti italiani passano il tempo, oltre allo studio, sono bilanciate tra attività strutturate (per esempio,

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sport, associazionismo) e non (per esempio, guardare la TV, giocare con i video­giochi, leggere) e dipendono dai valori della famiglia, dal livello economico, dallo stile di vita e dalle opportunità offerte dall’ambiente in cui si vive (Delle Fave & Bassi, 2003). Secondo Larson (2007, 2014), gli adolescenti americani hanno probabilmente troppo tempo non strutturato per uno sviluppo ottimale. Se agli adolescenti viene data la libertà di scegliere che cosa fare nel tempo libero, normalmente essi scelgono di impiegarlo in attività non impegnative, come andare in giro o guardare la TV. Sebbene la possibilità di rilassarsi sia un aspetto importante durante l’adolescenza, si ritiene, soprattutto nelle società occidentali, che trascorrere molte ore a settimana in attività non impegnative comporti conseguenze negative dovute all’ozio e al cattivo uso del tempo. Le attività strutturate possono fornire agli adolescenti più opportunità di sviluppo rispetto a quelle non strutturate, soprattutto se gli adulti affidano loro delle responsabilità o dei compiti sfidanti e forniscono una guida competente per svolgere (Larson & Dawes, 2015). È anche vero che gli adolescenti dovrebbero imparare ad apprezzare il tempo “vuoto”, cioè non impegnato in alcuna attività strutturata, e vederlo come un’opportunità per sviluppare la creatività o l’autonomia (Delle Fave & Bassi, 2003).

L’etnia Etnia Insieme condiviso di caratteristiche quali eredità culturale, nazionalità, religione e lingua.

La parola “etnico” viene dal greco e significa “nazione”. L’etnia si riferisce a un insieme condiviso di caratteristiche come il patrimonio culturale, la nazionalità, la religione e la lingua. Ciascuno di noi è membro di uno o più gruppi etnici. Le relazioni tra le persone con origini etniche differenti sono spesso cariche di pregiudizi e conflittualità. L’immigrazione Nelle scuole italiane sono presenti bambini e ragazzi che,

pur essendo per la maggior parte nati in Italia, hanno un background migratorio riconducibile a più di 200 Paesi diversi. Infatti, secondo la legge italiana, un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano, altrimenti acquisisce la cittadinanza dei genitori. Nell’anno scolastico 2017–2018, il 9,7% della popolazione scolastica del nostro Paese era di origine straniera; questa percentuale saliva a oltre l’11% nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie. Anche se la percentuale è più bassa nella scuola secondaria di secondo grado (circa 7%), è qui che negli ultimi dieci anni si è registrato il maggior incremento nel numero di studenti con cittadinanza non italiana. Queste percentuali sono comunque cresciute notevolmente in ogni ordine di scuola dagli anni Novanta a oggi, anche se dal 2012 sono più o meno stabili (MIUR, 2019). Ci sono, tuttavia, scuole in cui la maggior parte degli studenti appartiene a minoranze etniche, cosa che, in un certo senso, contraddice la definizione stessa di “minoranza etnica”. In Italia, quasi la metà degli studenti con background migratorio proviene da un Paese europeo (47,2%), il 25,4% dall’Africa, il 19,6% dall’Asia, il resto dall’America o dall’Oceania (MIUR, 2019). Tra gli europei, gli studenti più numerosi sono quelli di origine rumena, seguiti dagli albanesi, che insieme rappresentano un terzo degli studenti stranieri in Italia; per i continenti africano e asiatico, le comunità più numerose sono rispettivamente quella marocchina e quella cinese (MIUR, 2019). La numerosità e l’incidenza di ciascun gruppo etnico variano in base alla regione italiana, con molti più

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studenti stranieri nel centro-nord Italia rispetto al sud e alle isole. È importante ricordare che non basta definire uno studente come “straniero” o “immigrato” per descriverne le caratteristiche, perché ogni gruppo etnico è diverso (Koppelman, 2017), viene da un contesto socioculturale differente, ha abitudini, costumi e lingua specifici. Per esempio, spesso includiamo gli “asiatici” all’interno di un gruppo omogeneo, ma cinesi, giapponesi, filippini o coreani hanno origini, storia, costumi e lingua differenti. Anche le motivazioni per aver lasciato il proprio Paese cambiano in base al gruppo Bambini immigrati provenienti da 12 Paesi durante la cerimonia per la cittadinanza etnico e ai singoli individui. americana a New York, l’11 giugno 2009. Molte famiglie provengono da culture collettiviste, in cui sono molto forti il senso del dovere e l’impegno verso la famiglia (Fuligni & Tsai, 2015). Ciò può anche portare i ragazzi a dover assistere i propri genitori nelle loro occupazioni e a contribuire alle necessità della famiglia, spesso aiutando nei lavori manuali, nei negozi o nei ristoranti, o anche occupandosi dei fratelli più piccoli o della casa. Molti giovani immigrati fungono da traduttori e mediatori culturali tra le loro famiglie e il mondo esterno del Paese di accoglienza. Secondo alcune ricerche, gli studenti appartenenti a una minoranza etnica avrebbero un maggior successo scolastico se i loro insegnanti fossero del loro stesso gruppo etnico (Egalite et al., 2015). Purtroppo, almeno in Italia, gli insegnanti di cittadinanza non italiana sono ancora pochissimi e mancano studi per verificare questa ipotesi.

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Pregiudizio, discriminazione e preconcetti Le esperienze scolastiche nega-

tive di molti bambini appartenenti a minoranze etniche possono riguardare pregiudizi, discriminazione e preconcetti (Marks et al., 2015). Il pregiudizio è un’attitudine negativa ingiustificata verso un individuo a causa della sua appartenenza a un gruppo. Il gruppo verso il quale il pregiudizio è rivolto può essere definito da etnia, sesso, età o praticamente da qualsiasi altra differenza rilevabile. La nostra attenzione qui si rivolge al pregiudizio verso gruppi etnici. Le persone che si oppongono al pregiudizio e alla discriminazione hanno spesso punti di vista contrastanti. Alcuni apprezzano e lodano i progressi ottenuti nell’ambito dei diritti civili negli ultimi anni. Altri, invece, affermano che esistono ancora molte forme di discriminazione e di pregiudizio (Bucher, 2015).

Pregiudizio Attitudine negativa ingiustificata verso un individuo per la sua appartenenza a un gruppo.

Diversità e differenze Le vicende storiche, economiche e sociali sono spesso

alla base di differenze sia dannose sia legittime tra i vari gruppi etnici. Gli individui che vivono a contatto con un altro gruppo etnico o culturale si adattano ai valori, alle attitudini e alle richieste di quella cultura; possono avere comportamenti diversi, ma che possono comunque risultare adatti e funzionali. Riconoscere e rispettare queste differenze è un aspetto importante per andare d’accordo in un mondo vario e multiculturale. Bisogna anche ricordare quanto già anticipato, ovvero che un’importante dimensione

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di ogni gruppo etnico è la sua diversità. Non solo la cultura di un Paese è diversa da quella di un altro Paese, ma anche ogni gruppo etnico all’interno di un Paese è diverso da un altro.

L’apprendimento di una seconda lingua e l’educazione bilingue Esistono periodi sensibili per imparare una seconda lingua? Quanto è importante l’età in cui si inizia a imparare una seconda lingua? Qual è il miglior modo, per le scuole, di insegnare la lingua del proprio Paese ai bambini che appartengono a famiglie straniere?

©Dr. John Santrock

Apprendimento di una seconda lingua Per molti anni si è affermato che

se una seconda lingua non viene imparata prima dell’adolescenza non si è più in grado di impararla allo stesso livello delle persone madrelingua (Johnson & Newport, 1991). Tuttavia, uno studio recente ha portato a una conclusione più complessa: esistono dei periodi sensibili per l’apprendimento di una seconda lingua che probabilmente variano in base alle diverse aree dei sistemi linguistici (Thomas & Johnson, 2008). Per esempio, coloro che apprendono una seconda lingua in età più avanzata, come gli adolescenti e gli adulti, riescono a imparare più facilmente nuovi vocaboli piuttosto che nuovi suoni o nuove regole grammaticali (Neville, 2006). Inoltre, la capacità dei bambini di pronunciare le parole di una seconda lingua con un accento da madrelingua normalmente diminuisce con l’età e registra un forte calo dopo i 10–12 anni. Gli adulti tendono a imparare una seconda lingua più rapidamente dei bambini, ma il livello di padronanza che raggiungono non è così elevato come per i bambini. Il modo in cui bambini e adulti imparano una seconda lingua è in qualche modo diverso. Rispetto agli adulti, i bambini sono meno sensibili al feedback, meno inclini a utilizzare strategie esplicite e più propensi ad apprendere una seconda lingua tramite numerosi stimoli (Thomas & Johnson, 2008). L’apprendimento di una seconda lingua dipende anche dal Paese in cui ci si trova e dall’attenzione che questo pone al suo insegnamento. Per esempio, in Russia la scuola ha dieci livelli di classi, chiamati “forme”, che corrispondono grosso modo agli anni della scuola dell’obbligo in Italia. I bambini russi iniziano la scuola all’età di 7 anni e cominciano a imparare l’inglese nel terzo anno. Grazie all’attenzione che si pone all’insegnamento dell’inglese, oggi la maggior parte dei cittadini russi sotto i 40 anni è in grado di parlarlo almeno a un livello di base. Nei Paesi del nord Europa (per esempio, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia), c’è un’attenzione ancora maggiore per l’apprendimento dell’inglese, che viene sostenuto anche dall’uso frequente di letture in inglese e dalla visione di film non doppiati, tanto che gli adulti in genere parlano correntemente anche l’inglese. Gli studenti americani, invece, sono In molti Paesi i bambini imparano più di una lingua. Qui è molto più indietro rispetto ai coetanei di molti raffigurato l’autore John Santrock che osserva una lezione in una Paesi sviluppati, perché gli Stati Uniti sono l’unica scuola dell’infanzia a Fes, Marocco, nel 2015. I bambini nazione occidentale tecnologicamente avanzata cantavano canzoni in tre lingue diverse: arabo, francese e che non ha come requisito nazionale l’apprendiinglese. I bambini dovrebbero imparare più di una lingua?

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mento di una seconda lingua a livello di scuola secondaria di secondo grado, neanche per gli studenti di programmi scolastici rigorosi. Gli studenti americani e tutti coloro che non imparano una seconda lingua potrebbero perdere ben di più dell’opportunità di acquisire una nuova competenza. Infatti, il bilinguismo, l’abilità di parlare due lingue, ha un effetto positivo sullo sviluppo cognitivo dei bambini (Tompkins, 2015). Rispetto ai coetanei che parlano una sola lingua, i bambini che parlano fluentemente due lingue ottengono risultati migliori in vari ambiti, quali il controllo dell’attenzione, la formazione dei concetti, il ragionamento analitico, la flessibilità cognitiva e la complessità cognitiva (Bialystok, 2001, 2007, 2011, 2014, 2015). Sono anche più consapevoli della struttura della lingua parlata e scritta e più capaci di notare gli errori di grammatica e di significato, abilità che vanno a vantaggio della loro capacità di lettura (Bialystok, 2014, 2015). La ricerca indica anche che, almeno nei primi anni, i bambini bilingue hanno un vocabolario più limitato in ciascuna lingua rispetto ai bambini che parlano una sola lingua (Bialystok, 2011), probabilmente perché non sono esposti alla stessa quantità e qualità di stimoli relativi a ciascuna lingua. Tuttavia, i bambini bilingue non mostrano ritardi nell’acquisizione del linguaggio (Hoff, 2016). In uno studio recente, i bambini di 4 anni che continuavano a imparare spagnolo e inglese dimostravano un maggiore aumento del vocabolario totale rispetto ai bambini monolingue (Hoff et al., 2014). Quindi, nel complesso, il bilinguismo è collegato a risultati positivi per il linguaggio e per lo sviluppo cognitivo dei bambini. Una domanda particolarmente importante sullo sviluppo, che spesso molti genitori di bambini piccoli fanno, è se sia utile o piuttosto disorientante insegnare loro due lingue contemporaneamente. La risposta è che insegnare ai bambini piccoli due lingue contemporaneamente (nel caso in cui, per esempio, la lingua della madre sia diversa da quella del padre) ha numerosi benefici e pochi svantaggi (Bialystok, 2014, 2015). Può capitare che i bambini immigrati passino dal parlare solo la propria lingua madre a essere bilingue, parlando la loro lingua e la lingua del Paese ospitante, per poi parlare solo la lingua del Paese ospitante. Questo processo viene chiamato bilinguismo sottrattivo e può avere effetti negativi sui bambini che spesso finiscono per vergognarsi della propria lingua madre. bilingue Possiamo chiederci quale sia il modo migliore per insegnare ai bambini che provengono da altri Paesi e parlano un’altra lingua. Si può procedere in due modi: (1) fare lezione solo nella lingua del Paese di accoglienza, oppure (2) utilizzare un approccio con lezioni sia nella lingua madre dei bambini sia in quella da apprendere, per una quantità di tempo che varia in base alla classe frequentata; questo approccio viene detto della doppia lingua (o, appunto, bilingue). Uno dei motivi a

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©Elizabeth Crews

Educazione

Un’insegnante bilingue inglese-cantonese mentre insegna in cinese a bambini del primo e del secondo anno della scuola primaria, a Oakland, in California.

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favore di questo secondo approccio, riprendendo le ricerche discusse prima, è che i bambini bilingue hanno competenze nell’elaborazione delle informazioni più avanzate di quelle dei bambini che parlano una lingua sola. Molto spesso si pensa che i bambini immigrati abbiano bisogno di un insegnamento nella doppia lingua solo per uno o due anni. Tuttavia, in genere servono da tre a cinque anni circa per sviluppare la padronanza nella lingua parlata del Paese ospitante e sette anni per ottenere una piena competenza in quella scritta (Hakuta et al., 2000). Bisogna anche considerare che l’apprendimento di un’altra lingua dipende dalle differenze individuali che caratterizzano i bambini; alcuni possono avere più difficoltà di altri e necessitare, pertanto, di più anni di insegnamento. È difficile trarre conclusioni su quale programma sia più efficace per insegnare ai bambini che devono imparare una seconda lingua, perché i programmi cambiano per la durata, il tipo di lezioni, la qualità della scuola, le caratteristiche personali degli insegnanti e degli alunni, e per altri fattori ancora. Alcuni esperti come Hakuta (2001, 2005) sono a favore dell’approccio che unisce la lingua madre con quella da imparare perché (1) i bambini hanno difficoltà a imparare una materia se essa è insegnata in una lingua che non capiscono, e (2) quando entrambe le lingue sono integrate in classe, i bambini apprendono la seconda lingua più facilmente e partecipano in modo attivo. A sostegno del punto di vista di Hakuta, molti studi condotti su larga scala hanno rilevato che il successo scolastico degli studenti che devono imparare la lingua del Paese ospitante è maggiore se l’insegnamento è bilingue piuttosto che solo nella lingua da imparare (Genesee & Lindholm-Leary, 2012). In ogni caso, alcuni esperti affermano anche che, nel determinare i risultati, la qualità dell’insegnamento sia più importante della lingua in cui questo è impartito (Lesaux & Siegel, 2003).

CONFRONTARSI CON GLI STUDENTI: Buone prassi

Strategie per lavorare con studenti di un’altra cultura e che parlano un’altra lingua Ecco alcuni suggerimenti per lavorare in classe con studenti che appartengono a un’altra cultura e/o che parlano un’altra lingua. 1. Riconoscere che tutti gli studenti sono legati alla lingua e alla cultura di appartenenza a livello cognitivo, linguistico ed emotivo. 2. Ricordare che gli individui possono dimostrare le loro conoscenze e le loro capacità in molti modi. Qualsiasi lingua essi parlino, possono essere in grado di mostrare le loro competenze e sentirsi apprezzati e stimati. 3. Capire che, senza supporti specifici, l’apprendimento di una seconda lingua può risultare difficile. Ci vuole tempo per essere competenti nel linguaggio, qualsiasi lingua si apprenda. 4. Utilizzare la seconda lingua in modo appropriato e dare allo studente opportunità per usare il vocabolario e la lingua appena acquisiti. Imparare almeno

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qualche parola nella lingua madre dello studente significa dimostrare rispetto per la sua cultura. 5. Coinvolgere attivamente i genitori e le famiglie nei primi programmi sull’apprendimento. È importante rendere i genitori consapevoli che conoscere più di una lingua ha una grande utilità per i bambini. D’altra parte, è fondamentale anche fornire loro strategie per sostenere e mantenere l’apprendimento della lingua madre. 6. Essere consapevoli che gli studenti possono acquisire una seconda lingua anche se usano e rispettano la propria lingua madre. 7. Collaborare con gli altri insegnanti per imparare di più riguardo al lavoro con studenti provenienti da background linguistici e culturali diversi. Fonte: National Association for the Education of Young Children, 1996, pp. 7-11.

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5.2 Educazione interculturale ⊲ Rafforzamento e valorizzazione degli studenti ⊲ L’insegnamento culturalmente rilevante ⊲ L’educazione mirata all’uguaglianza

153 OA2 Descrivere come promuovere l’educazione interculturale.

⊲ Miglioramento delle relazioni tra studenti appartenenti a gruppi etnici diversi

Di fronte a un mondo in cambiamento, che registra una sempre maggiore presenza di persone di etnia o background culturale diversi all’interno di una stessa comunità e la contemporanea necessità che queste convivano in modo armonioso, la speranza è che l’educazione interculturale possa contribuire a rendere il mondo più simile a ciò che un tempo sognava il leader dei diritti civili Martin Luther King: un posto in cui i bambini siano giudicati non per il colore della loro pelle ma per ciò che hanno dentro. L’educazione interculturale considera un pregio la diversità e include i punti di vista di una varietà di gruppi culturali. I suoi sostenitori credono che i bambini di etnie diverse debbano essere valorizzati e che l’educazione interculturale porti benefici a tutti gli studenti (Banks, 2014, 2015). Un importante obiettivo dell’educazione interculturale è quello di offrire pari opportunità di istruzione a tutti. Ciò include, per esempio, le azioni per colmare il divario nei risultati scolastici tra gli studenti di gruppi maggioritari e gli studenti appartenenti a minoranze. Sebbene l’attenzione a un’educazione di tipo interculturale sia nata dai movimenti dei diritti civili nell’America degli anni Sessanta e dalla richiesta di uguaglianza e giustizia sociale per le donne e per le persone di colore (Gollnick & Chinn, 2017), è solo successivamente che essa è stata formalizzata. In Italia, per esempio, la prima circolare ministeriale per l’inserimento degli alunni stranieri risale al 1989; essa è stata poi seguita da numerosi altri documenti e linee guida del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Nonostante l’educazione interculturale si occupi prevalentemente di questioni relative all’etnia, la tendenza crescente è quella di includere anche temi legati allo stato socioeconomico, al genere, alla religione, alla disabilità, all’orientamento sessuale e ad altre forme di diversità (Koppelman, 2017). Un altro punto importante dell’educazione interculturale contemporanea è che molti pensano che sia riservata agli studenti stranieri o di origine etnica diversa; invece, tutti gli studenti possono beneficiarne. Poiché la giustizia sociale è uno dei valori alla base dell’educazione interculturale, la riduzione del pregiudizio e la pedagogia dell’uguaglianza ne sono componenti fondamentali (Banks, 2014, 2015). La riduzione del pregiudizio si riferisce alle attività che gli insegnanti possono condurre in classe per eliminare le opinioni negative e stereotipate nei confronti degli altri. La pedagogia dell’uguaglianza si riferisce alla modifica del processo di insegnamento per incorporare materiali e strategie di apprendimento appropriati sia per i maschi sia per le femmine, e per le diverse etnie. Se gli insegnanti seguono un corso o hanno già qualche tipo di preparazione sull’educazione interculturale ne trarranno vantaggio sia loro stessi sia gli studenti. Per esempio, uno studio sugli insegnanti di matematica e scienze ha rivelato che il rendimento dei loro studenti era migliore se i loro “insegnanti avevano una laurea nel loro campo di insegnamento e avevano ricevuto una preparazione in materia di educazione interculturale, didattica speciale e sviluppo del linguaggio (Wenglinsky, 2002, cit. in Banks et al., 2005, p. 233).

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Educazione interculturale Educazione che, su base regolare, valorizza la diversità e include i punti di vista di una varietà di gruppi culturali.

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Che cosa dovrebbe esserci in una scuola che pratica l’educazione interculturale?

L’esperto di educazione interculturale James Banks (2014) ha descritto le caratteristiche che dovrebbero essere presenti in una scuola che pratica l’educazione interculturale. Di seguito ne sono riportate alcune. • L’atteggiamento, le opinioni e le azioni del personale scolastico. Il personale scolastico ha aspettative elevate per tutti gli studenti ed è motivato ad aiutarli a imparare. • Il programma di studi. L’educazione interculturale sollecita a modificare il programma in modo che gli studenti comprendano gli eventi, i concetti e i problemi secondo le diverse prospettive dei differenti gruppi etnici e socioeconomici. • Il materiale didattico. I libri di testo e il materiale didattico sono spesso colmi di pregiudizi, tra cui la marginalizzazione delle esperienze delle persone immigrate, delle minoranze etniche, delle donne e delle persone con reddito basso. In una scuola interculturale il materiale didattico rappresenta il background e le esperienze delle persone di diversi gruppi etnici e culturali. • La cultura scolastica e il curriculum nascosto. Il curriculum nascosto è il programma che non viene esplicitamente insegnato ma che è tuttavia presente e appreso dagli studenti. Gli atteggiamenti della scuola verso la diversità possono emergere in modi sottili, come, per esempio, attraverso il tipo di fotografie esposte nelle bacheche scolastiche, la composizione etnica del personale scolastico e l’imparzialità utilizzata nelle punizioni o sospensioni degli studenti con background diversi. In una scuola interculturale, i contesti scolastici vengono rivisti in modo che il messaggio veicolato attraverso il curriculum nascosto rifletta gli aspetti positivi della diversità. • Il programma di orientamento. Un programma di orientamento per le scuole interculturali guida gli studenti di diverse estrazioni verso valide scelte di carriera e li aiuta a frequentare le scuole o i corsi universitari appropriati per perseguire i propri obiettivi. I consulenti scolastici stimolano gli studenti a immaginare il loro futuro e forniscono loro le strategie per realizzare tali sogni.

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Rafforzamento e valorizzazione degli studenti Empowerment Fornire alle persone le competenze intellettuali e di adattamento per avere successo e creare un mondo più giusto.

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Empowerment significa fornire alle persone le competenze intellettuali e di adattamento per avere successo e costruire un mondo più giusto. Anche se è difficile trovare un termine in italiano che renda perfettamente l’idea, potremmo tradurre tale espressione con “emancipazione”, “rafforzamento”, “potenziamento”, “valorizzazione” o “presa di coscienza”. Tra gli anni Sessanta e Ottanta, l’educazione interculturale si occupava di dare maggiore potere agli studenti e di rappresentare al meglio le minoranze di gruppi culturali nei programmi di studio e nei libri di testo. Oggi questa presa di coscienza continua a essere un tema importante dell’educazione interculturale (Gollnick & Chinn, 2017). Secondo questa prospettiva, le scuole dovrebbero fornire agli studenti l’opportunità di conoscere le esperienze, le difficoltà e i punti di vista di molti gruppi etnici e culturali diversi (Koppelman, 2017). La speranza è che ciò aumenti l’autostima dei bambini e degli adolescenti appartenenti a minoranze, riduca i pregiudizi e garantisca una maggiore uguaglianza nelle opportunità educative. Inoltre, si spera anche che ciò aiuti gli studenti del gruppo maggioritario a conoscere meglio gli studenti dei gruppi minoritari e che entrambi i gruppi sviluppino punti di vista multipli. Banks (2014) suggerisce che i futuri insegnanti potrebbero trarre beneficio dalla stesura di brevi testi su situazioni in cui si sono sentiti emarginati o esclusi. Praticamente tutti, sia appartenenti a gruppi di minoranza sia di maggioranza, hanno vissuto questo tipo di situazioni in determinati momenti della vita. Banks sottolinea che, dopo aver scritto testi del genere, ci si può trovare in una posizione migliore per comprendere i problemi legati alla Che cosa implica l’empowerment degli studenti? diversità socioculturale.

L’insegnamento culturalmente rilevante L’insegnamento culturalmente rilevante è un aspetto importante dell’educazione interculturale (Gollnick & Chinn, 2017). Esso mira a stabilire delle connessioni con il background culturale dello studente. Gli esperti di educazione interculturale sottolineano che gli insegnanti competenti conoscono l’insegnamento rilevante da un punto di vista culturale e lo integrano nel programma perché ciò rende l’insegnamento più efficace (Koppelman, 2017). Alcuni ricercatori hanno rilevato che gli studenti di alcuni gruppi etnici hanno comportamenti o caratteristiche che rendono alcuni compiti più difficili di altri. Per esempio, Irvine (1990) e Hale-Benson (1982) hanno osservato che gli studenti di origine africana sono spesso espressivi e pieni di energia. In questo caso, una buona strategia potrebbe essere quella di dare loro l’opportunità di fare delle presentazioni orali piuttosto che pretendere che svolgano solo prove scritte. Altri ricercatori hanno notato

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che molti studenti di origine asiatica preferiscono l’apprendimento visivo (Litton, 1999). Pertanto, con questi studenti gli insegnanti potrebbero usare più spesso modelli tridimensionali, organizzatori grafici, fotografie, diagrammi e informazioni scritte alla lavagna. Gli insegnanti potrebbero visitare la comunità in cui vivono gli studenti e in cui lavorano i loro genitori, per sviluppare relazioni sociali con i familiari e conoscerne meglio il background culturale ed etnico (Banks, 2014; Gollnick & Chinn, 2017). Mediante questo approccio, gli inseL’insegnamento culturalmente rilevante è un aspetto importante dell’educazione gnanti hanno la possibilità di impainterculturale. Una sua caratteristica comprende fare visita alla comunità dove rare di più sulle occupazioni, sugli vivono e lavorano i genitori degli studenti. Qui un’insegnante visita la casa di interessi e sulle caratteristiche delle alcuni suoi studenti. famiglie dei loro alunni in modo da poter incorporare questa conoscenza nell’insegnamento (Moll & González, 2004). Per esempio, potrebbero guidare gli studenti affinché capiscano come le competenze di falegnameria dei loro genitori siano collegate alla geometria o come servirsi della lingua che parlano fuori della scuola durante le lezioni. Alcuni ricercatori hanno rilevato che l’utilizzo di tale approccio migliora il rendimento scolastico degli studenti stranieri (González et al., 2005), fungendo da ponte tra la scuola e la comunità degli studenti. È importante che gli insegnanti abbiano aspettative elevate sul rendimento degli studenti appartenenti a minoranze etniche o a famiglie con basso reddito e che li coinvolgano in programmi scolastici di alto livello (Zusho et al., 2016). Quando alte aspettative sul rendimento e programmi scolastici rigorosi vengono abbinati all’insegnamento culturalmente rilevante e alle relazioni con le comunità, gli studenti appartenenti a minoranze etniche o a famiglie con basso reddito traggono enormi vantaggi, che includono anche una maggiore probabilità di iscriversi all’università e di frequentarla con successo (Gandara, 2002).

L’educazione mirata all’uguaglianza L’educazione mirata all’uguaglianza è un altro aspetto importante dell’educazione interculturale. Agli studenti viene insegnato a esaminare in modo sistematico argomenti che implicano uguaglianza e giustizia sociale. In questo modo, gli studenti non solo hanno modo di riflettere sui propri valori, ma hanno anche la possibilità di valutare alternative e conseguenze delle proprie posizioni su un determinato argomento. Questo approccio è strettamente collegato all’educazione morale, di cui abbiamo parlato nel Capitolo 3, Contesti sociali e sviluppo sociale, morale e del sé. Per esempio, ci si può trovare di fronte alla situazione in cui alcuni ragazzi non possono partecipare alla gita di fine anno perché non hanno sufficienti mezzi per sostenerne i costi o perché i genitori, di cultura diversa

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o con difficoltà nella lingua del Paese ospitante, non ne hanno compreso l’importanza. Se si è portata avanti un’educazione mirata all’uguaglianza, tutti gli studenti saranno sensibili all’ingiustizia e, insieme agli insegnanti, cercheranno un modo per risolvere il problema, magari pensando a lavoretti per guadagnare qualcosa od organizzando incontri formativi tra personale scolastico e famiglie.

Miglioramento delle relazioni tra studenti appartenenti a gruppi etnici diversi Per migliorare le relazioni tra studenti di diversi gruppi etnici sono disponibili numerose strategie e vari programmi. Per iniziare presenteremo una delle strategie più efficaci. La classe puzzle, o jigsaw classroom Quando lo psicologo sociale Elliot

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Classe puzzle Una classe in cui gli studenti collaborano a diverse parti di un progetto per raggiungere un obiettivo comune.

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Aronson era professore all’Università del Texas ad Austin, il sistema scolastico lo contattò per avere delle proposte su come ridurre la crescente tensione razziale nelle classi. Aronson (1986) sviluppò il concetto di classe puzzle o jigsaw classroom, che comporta la collaborazione di studenti, in questo caso di diverse estrazioni culturali, a uno stesso progetto per raggiungere un obiettivo comune. Aronson usò il termine puzzle perché vedeva questa tecnica, che implicava far cooperare un gruppo di studenti per mettere insieme i diversi pezzi di un lavoro, come molto simile a quella che si usa per completare un puzzle. In che modo funziona la classe puzzle? Si consideri una classe formata da studenti italiani, mediorientali, africani, provenienti dall’Europa dell’Est e asiatici. Si immagini che una lezione verta sulla vita e i lavori di Gianni Rodari. La classe può essere suddivisa in gruppi di sei studenti ciascuno, dove ogni gruppo è bilanciato, il più equamente possibile, in termini di composizione etnica e rendimento scolastico. La lezione sulla vita di Rodari è divisa in sei parti e ogni parte viene assegnata a un membro diverso di ciascun gruppo. Le parti possono essere i passaggi della biografia di Rodari, come, per esempio, l’effetto della Seconda Guerra Mondiale sulla sua vita, il suo lavoro di maestro, il suo impegno come giornalista, gli scritti, il suo contributo nella letteratura per ragazzi e così via. A ogni studente di ciascun gruppo viene concesso del tempo per studiare la propria parte. Quindi, ogni gruppo si riuni- Quali sono le caratteristiche di una classe puzzle?

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sce e ogni membro cerca di insegnare la propria parte al resto del gruppo. L’apprendimento finale dipende dall’interdipendenza e dalla collaborazione degli studenti per raggiungere lo stesso obiettivo, cioè, in questo caso, conoscere la vita di Rodari e i suoi lavori. A volte la strategia della classe puzzle viene anche concepita come una tecnica per raggiungere un obiettivo di livello superiore o per impegnarsi in un compito comune. Sport di gruppo, produzioni teatrali ed esibizioni musicali sono ulteriori esempi di contesti in cui gli studenti partecipano in maniera cooperativa e spesso con grande entusiasmo per raggiungere un obiettivo più ampio. Contatto personale positivo con persone di diversa estrazione culturale Il

contatto di per sé non sempre è sufficiente per migliorare le relazioni. Per esempio, far frequentare a studenti di minoranze etniche scuole in cui sono presenti prevalentemente studenti del gruppo maggioritario, o viceversa, non riduce i pregiudizi né migliora le relazioni interetniche (Frankenberg & Orfield, 2007). Ciò che conta è quello che succede dopo che gli studenti arrivano in una scuola. Le relazioni migliorano se gli studenti parlano tra di loro delle preoccupazioni personali, dei successi, dei fallimenti, delle strategie di adattamento che mettono in atto, degli interessi e così via. Quando rivelano informazioni personali su se stessi hanno più probabilità di essere visti come individui piuttosto che come semplici membri di un gruppo. La condivisione frequente di aspetti di sé porta a scoprire che persone con diversi background possono avere speranze, preoccupazioni e sentimenti comuni e può aiutare ad abbattere le barriere tra ingroup e outgroup (cioè, tra quello che viene considerato il proprio gruppo e gli altri gruppi) e tra “noi” e “loro”. La comprensione del punto di vista degli altri Le relazioni interetniche pos-

sono essere migliorate anche grazie a esercizi e attività che aiutano gli studenti a comprendere il punto di vista degli altri. Per esempio, con un esercizio specifico, gli studenti possono imparare determinati comportamenti propri di due gruppi culturali diversi (Shirts, 1997). Successivamente, i due gruppi interagiscono tra di loro in base a tali comportamenti. Ciò può portare a provare sentimenti di ansia e apprensione. Tale esercizio mira ad aiutare gli studenti a capire lo shock culturale che deriva dal trovarsi in una situazione in cui le persone si comportano in modo totalmente diverso da quello a cui si è abituati. Gli studenti possono anche essere incoraggiati a scrivere storie o a portare in scena rappresentazioni che abbiano come tema il pregiudizio e la discriminazione. In questo modo gli studenti “si mettono nei panni” di studenti culturalmente diversi da loro e possono provare che cosa significhi non essere trattati alla pari. Anche la conoscenza di popolazioni provenienti da varie parti del mondo stimola gli studenti a capire prospettive diverse. Nelle scienze sociali, per esempio, agli studenti può essere chiesto perché le persone in determinate culture abbiano abitudini diverse dalle proprie. Gli insegnanti possono anche incoraggiare gli studenti a leggere libri o a vedere video riguardanti molte culture diverse, che possono far riflettere sulle differenze e sulle somiglianze tra le persone e aiutare i bambini a diventare più tolleranti. Connettersi con gli studenti di tutto il mondo attraverso la tecnologia Tra-

dizionalmente, gli studenti hanno sempre appreso all’interno delle mura

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scolastiche e hanno interagito con i loro insegnanti e con i compagni in aula. La tecnologia può espandere la portata delle attività della classe attraverso strumenti come la videoconferenza (per esempio, via Skype o Google Meet), i social network (Twitter, Instagram) e strumenti di collaborazione online (Google Drive). Inoltre, con l’avanzare nel campo delle telecomunicazioni, gli studenti possono imparare con e da insegnanti e studenti da tutto il mondo. L’impiego della videoconferenza è un modo eccellente con cui gli studenti possono comunicare e collaborare. Per esempio, sempre più scuole stanno usando le videoconferenze via Internet per l’apprendimento di una lingua straniera. Quindi, invece che simulare quello che accade in un bistrot francese in classe, ci si potrebbe collegare davvero con degli studenti franStudenti in una classe del Research Center for Educational Technology cesi in un vero bistrot in Francia. Negli ultimi tempi sono stati svilup- presso l’Università di Kent, mentre studiano biologia delle piante con gli studenti dell’Istituto Thomas Jefferson a Città del Messico. pati numerosi strumenti e siti web proprio con l’obiettivo di ampliare l’istruzione al mondo esterno alla scuola e di creare connessioni con altri studenti. Per esempio, al Research Center for Educational Technology (RCET) all’Università di Kent, in Ohio, gli alunni delle scuole primarie e i loro insegnanti collaborano con i loro coetanei dell’Istituto Thomas Jefferson a Città del Messico su molti progetti che includono la botanica, il clima, la letteratura, usando sia videoconferenze sia email (Swan et al., 2006). In particolare, sembrano produttivi i progetti che condividono una conoscenza comune, ma allo stesso tempo mettono in luce le differenze locali. Google mette a disposizione una piattaforma dedicata alla formazione per ogni ordine di scuola (https://edu.google.it), in cui non solo vengono proposte risorse didattiche per l’apprendimento di competenze informatiche e digitali, artistiche, linguistiche, ma è possibile attivare risorse specifiche per coinvolgere le famiglie, visitare luoghi lontani attraverso la realtà virtuale o creare ambienti immaginari tramite la realtà aumentata. La piattaforma permette, inoltre, la comunicazione tra studenti e con gli insegnanti, consentendo la discussione e la condivisione dei propri lavori. La First Lego League, presente anche nella versione italiana (http://fll­ italia.it/fll_home.jsp), è una competizione globale per bambini e ragazzi dai 9 ai 14 anni, focalizzata su sfide di scienza e robotica così come sul potenziamento di abilità di apprendimento collaborativo. Molte scuole sponsorizzano varie squadre affinché partecipino a gare locali in cui gli studenti hanno l’opportunità di partecipare a eventi nazionali o internazionali. Il sito https://code.org si propone di avvicinare i bambini e i ragazzi all’apprendimento dell’informatica e del pensiero computazionale, fin dalla scuola dell’infanzia, con attività di coding, giochi, sviluppo di app e realizzazione di pagine web. Come si legge nella presentazione del sito, l’obiettivo è quello di ampliare “l’accesso alla formazione scolastica in informatica e la partecipazione delle donne e delle minoranze sottorappresentate”.

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©Research Center for Educational Technology, Kent State University

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Microsoft sponsorizza una pagina (https://education.microsoft.com/it-it) in cui si possono trovare interventi di relatori ospiti e di esperti, corsi di formazione, lezioni e altri contenuti, che possono risultare utili per gli alunni in classe; consente, inoltre, di connettersi con altre classi in tutto il mondo per interagire, condividere e collaborare. Questi e molti altri progetti che utilizzano la tecnologia possono essere di grande aiuto per ridurre le credenze etnocentriche. Costruire in modo attivo connessioni in tutto il mondo attraverso le telecomunicazioni dà agli studenti l’opportunità di sperimentare prospettive nuove, di capire meglio le altre culture e di ridurre i pregiudizi. Ridurre il pregiudizio e aumentare la tolleranza Aumentare la tolleranza e

il rispetto per le persone di gruppi etnici diversi dal proprio è un aspetto importante dell’educazione interculturale (Gollnick & Chinn, 2017). I bambini mostreranno rispetto per le persone di diversa origine etnica soprattutto se imparano precocemente come fare. Per esempio, nella scuola dell’infanzia, gli insegnanti devono contrastare in modo diretto qualsiasi cenno di razzismo o discriminazione nelle interazioni tra bambini. Esistono varie strategie per aiutare i bambini a ridurre, gestire o direttamente eliminare i propri pregiudizi, come quelle suggerite di seguito per gli insegnanti (Derman-Sparks & Anti-Bias Curriculum Task Force, 1989). • Mostrare immagini di bambini di svariati gruppi etnici e culturali. Si possono scegliere libri per bambini che riflettano questa diversità. Nei nostri libri, per esempio, solo recentemente cominciano ad apparire personaggi di diversa etnia. • Scegliere giochi e attività che incoraggino la comprensione etnica e culturale, come, per esempio, esercizi teatrali per rappresentare ruoli non stereotipici o famiglie con diverso background. • Parlare con gli studenti degli stereotipi e della discriminazione. Fare in modo che diventi una regola indiscussa che nessun bambino debba essere preso in giro o escluso a causa della sua etnia. • Coinvolgere i genitori in discussioni su come i bambini sviluppano il pregiudizio e informarli degli sforzi fatti in classe per ridurre il pregiudizio etnico. La scuola e la comunità come una squadra Lo psichiatra Comer (1988, 2006,

2010) ha proposto un approccio basato su “fare squadra” con la comunità intera come miglior modo per educare i bambini. I tre aspetti principali del suo progetto teso al cambiamento includono: (1) un gruppo di gestione che sviluppi un progetto completo per tutta la scuola, strategie di valutazione e un programma per lo sviluppo del personale; (2) un gruppo che si occupi di salute mentale o supporto a scuola; (3) un programma per i genitori. Il programma di Comer enfatizza un approccio senza attribuzione di colpa, perché il focus dovrebbe essere sulla risoluzione dei problemi e non sull’accusa; propone che le decisioni vengano prese con il consenso di tutti e, per evitare immobilismo, che nessun disfattista possa ostacolare la decisione presa da una larga maggioranza; afferma che l’intera comunità della scuola dovrebbe avere un atteggiamento cooperativo e non conflittuale. Nonostante Comer (2004), nel suo libro Leave No Child Behind, si mostri d’accordo con la crescente importanza che le scuole stanno dando a standard elevati e respon-

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sabilizzazione, egli afferma anche che la sola enfasi sui punteggi delle prove oggettive e sul programma sia inadeguata. Propone piuttosto che si lavori per promuovere lo sviluppo socioemotivo degli studenti e sulle relazioni che questi instaurano con chi si prende cura di loro, affinché il cambiamento educativo sia davvero efficace.

CONFRONTARSI CON GLI STUDENTI: Buone prassi Strategie per l’educazione interculturale

Abbiamo già discusso molte idee che potrebbero migliorare le relazioni degli studenti con persone di diverso background etnico e culturale. Le riprendiamo qui, insieme a ulteriori linee guida per l’insegnamento interculturale, che includono le seguenti raccomandazioni formulate da James Banks (2006, 2008), massimo esperto di educazione interculturale. 1. Essere sensibili ai possibili contenuti razzisti nei materiali e nelle interazioni in classe. 2. Imparare di più riguardo ai diversi gruppi etnici. Secondo lo studioso di diversità Diaz (2005), solo se gli insegnanti si considerano “alfabetizzati multiculturalmente”, essi riusciranno a incoraggiare i propri studenti a pensare alla diversità in modo profondo e critico. In caso contrario, dice Diaz, gli insegnanti tenderanno a vedere la diversità come un “vaso di Pandora” che non vogliono aprire perché non hanno le competenze per spiegare ciò che vi possono trovare. Per aumentare la conoscenza sulla multiculturalità, è molto utile documentarsi sulla storia e sulla cultura di alcuni dei gruppi etnici degli studenti che frequentano la scuola. 3. Essere consapevoli degli atteggiamenti degli studenti nei confronti di una cultura diversa e rispondervi in modo sensibile. Per esempio, un insegnante che si trova a fronteggiare episodi di pregiudizio etnico in classe potrebbe trovare utile impiegare storie o romanzi sull’immigrazione per far discutere e far riflettere i propri studenti sulle similitudini con i pregiudizi attuali. L’educazione e la consapevolezza sono aspetti chiave per diminuire il problema. 4. Usare libri, film, registrazioni per ampliare i punti di vista sui background etnici. È una buona strategia quella di inserire nel programma brani di letteratura o di storia, ma anche lavori di arte, che aiutino gli studenti a comprendere le altre persone e il maltrattamento che possono aver subito. Per esempio, si può proporre di leggere Il diario di Anna Frank e riflettere insieme non

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solo sulla persecuzione degli ebrei, ma anche su tutte le altre persecuzioni, su base etnica, che sono ancora in atto in varie parti del mondo. Quando i bambini o i ragazzi leggono come sono state trattate le persone a causa della loro origine, capiscono meglio che tutti gli esseri umani sono più simili tra loro rispetto a quanto possano essere diversi. 5. Considerare il livello di sviluppo dei propri studenti quando si selezionano i materiali culturali. Nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, l’esperienza di apprendimento deve essere specifica e concreta. Banks sottolinea che i racconti e le biografie sono una buona scelta per introdurre alcune nozioni relative alla cultura. I bambini a questa età possono capire concetti come somiglianze, differenze, pregiudizio e discriminazione, ma non sono pronti per studiare concetti come il razzismo. 6. Considerare tutti gli studenti in modo positivo e avere alte aspettative per loro indipendentemente dall’etnia. Tutti gli studenti imparano meglio se i loro insegnanti hanno aspettative elevate riguardo al loro rendimento e sostengono i loro sforzi per imparare. Si approfondirà l’importanza delle aspettative sul rendimento nel Capitolo 12, Motivazione, Insegnamento e apprendimento. 7. Riconoscere che quasi tutti i genitori, indipendentemente dall’etnia, sono interessati all’educazione dei propri figli e desiderano che questi vadano bene a scuola. Tuttavia, è importante anche capire che molti genitori immigrati o di diversa origine etnica possono avere sentimenti contrastanti riguardo alla scuola a causa delle loro esperienze di discriminazione. In questi casi, bisognerebbe pensare a modi efficaci per far sì che queste famiglie siano più coinvolte nell’educazione dei propri figli e per considerarle come partner nella formazione dei bambini e dei ragazzi.

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162 OA3 Presentare le varie sfaccettature del costrutto di genere, comprese le somiglianze e le differenze tra maschi e femmine, discutere le questioni relative al genere nell’insegnamento.

Capitolo 5

5.3 Genere ⊲ I punti di vista sul genere ⊲ Stereotipi di genere, somiglianze e differenze ⊲ Le controversie sul genere ⊲ Classificazione del ruolo di genere ⊲ Il genere nel contesto ⊲ Eliminazione del pregiudizio di genere

Genere è un termine ampiamente usato nella nostra vita di tutti i giorni, come anche nelle scuole e nell’ambito della formazione. Quali sono i diversi punti di vista sul genere?

I punti di vista sul genere Genere Caratteristiche delle persone in quanto maschi e femmine. Ruolo di genere Insieme di aspettative riguardo al modo in cui le femmine o i maschi dovrebbero pensare, agire e sentire. Tipizzazione di genere Acquisizione di un ruolo tradizionalmente maschile o femminile.

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Il genere si riferisce alle caratteristiche delle persone in quanto maschi e femmine. I ruoli di genere sono insiemi di aspettative che stabiliscono il modo in cui le femmine o i maschi dovrebbero pensare, agire o sentire. La tipizzazione di genere si riferisce all’acquisizione di un ruolo maschile o femminile tradizionale. Per esempio, l’aggressività è più caratteristica di un ruolo tradizionalmente maschile, mentre il prendersi cura è più tipico di un ruolo femminile. Esistono diverse teorie sullo sviluppo del genere (Leaper, 2015). Alcune sottolineano l’influenza di fattori biologici sul comportamento dei maschi e delle femmine; altre enfatizzano i fattori sociali o cognitivi. Tuttavia, perfino gli esperti di genere con un forte orientamento ambientale riconoscono che maschi e femmine vengono trattati diversamente anche per via delle loro differenze fisiche e dei loro diversi ruoli nella riproduzione. Le teorie sul genere che adottano un punto di vista sociale sottolineano in particolare il ruolo dei vari contesti nei quali i bambini si sviluppano, quali famiglia, pari, scuola e media. Molti genitori incoraggiano i bambini e le bambine a impegnarsi in tipi diversi di giochi o attività (Leaper & Farkas, 2015). Per esempio, è probabile che alle bambine vengano date bambole con cui giocare e, quando crescono, vengano loro assegnati compiti di babysitting, in linea con l’idea di doverle incoraggiare a essere più premurose rispetto ai maschi. Al contrario, i padri sono più propensi a giocare in modo aggressivo con i figli maschi che con le figlie femmine e i genitori concedono ai figli adolescenti maschi più libertà che alle figlie adolescenti femmine. Anche i pari si comportano in modi che implicano l’assegnazione di ricompense e punizioni rispetto ai comportamenti associati al genere (Rubin et al., 2015). Dopo molte osservazioni di classi della scuola primaria, due ricercatori hanno definito gli ambienti di gioco come “scuola di genere” (Luria & Herzog, 1985). Nella scuola primaria, di solito i bambini maschi stanno insieme agli altri maschi e le femmine insieme alle altre femmine. A questo fenomeno si dà il nome di segregazione sessuale. È più facile per le bambine considerate “maschiacci” unirsi ai gruppi dei maschi che per i bambini “effeminati” unirsi ai gruppi delle femmine per via della maggiore pressione di tipizzazione sessuale sui maschi da parte della nostra società. La psicologa dello sviluppo Maccoby (1998, 2007), che per decenni si è occupata dello studio del genere, afferma che i pari svolgono un ruolo di socializzazione di genere particolarmente importante, insegnandosi reciprocamente quali sono i comportamenti di genere accettabili e quali inaccettabili.

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Anche la scuola e gli insegnanti esercitano un’influenza notevole. A breve esploreremo argomenti quali le differenze di genere relative alla scuola e alle interazioni degli studenti con gli insegnanti, il rendimento scolastico e i pregiudizi di genere in classe. Infine, i media contribuiscono ugualmente alla socializzazione di genere, rappresentando le femmine e i maschi in ruoli di genere specifici (Senden et al., 2015). Nonostante l’introduzione di una programmazione più diversificata negli ultimi anni, i ricercatori hanno tuttavia rilevato che la televisione presenta ancora i maschi come più competenti delle femmine (Starr, 2015). Il cortile delle scuole primarie è come una “scuola di genere”, Oltre ai fattori biologici e sociali, anche i perché i bambini preferiscono interagire con i bambini e le bambine fattori cognitivi contribuiscono allo sviluppo con le bambine. del genere dei bambini (Martin & Ruble, 2010). La teoria dello schema di genere, attualmente considerata come la teo- Teoria dello schema di ria cognitiva più ampiamente condivisa, afferma che la tipizzazione di genere genere emerge man mano che i bambini sviluppano schemi di genere riguardo a ciò Afferma che la tipizzazione di genere emerge man che è appropriato o inappropriato al genere nella loro cultura. Uno schema è mano che i bambini una struttura cognitiva, una rete di associazioni che guida le percezioni di un sviluppano schemi su individuo. Uno schema di genere organizza il mondo in base a ciò che è femmi- ciò che è appropriato o nile e a ciò che è maschile. I bambini sono internamente motivati a percepire inappropriato al genere il mondo e ad agire in base ai loro schemi. Pian piano assorbono ciò che è nella loro cultura. appropriato e ciò che è inappropriato al genere nella loro cultura e sviluppano schemi di genere che determinano il modo in cui percepiscono il mondo, ciò che ricordano, come si comportano (Martin et al., 2013).

©Yellow Dog Productions/Getty Images RF

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Stereotipi di genere, somiglianze e differenze Quali sono le vere differenze tra i bambini e le bambine? Prima di provare a rispondere a questa domanda, consideriamo la questione relativa agli stereotipi di genere. Gli stereotipi di genere Gli stereotipi di genere sono ampie categorie che

riflettono impressioni e credenze su quale sia il comportamento appropriato per le femmine e quale per i maschi. Tutti gli stereotipi, che siano relativi al genere, all’etnia o ad altre caratteristiche, si riferiscono a un’immagine che riflette il modo in cui si pensa al rappresentante tipico di un gruppo. Molti stereotipi sono talmente generali da diventare ambigui. Consideriamo le categorie “maschile” e “femminile”. A ogni categoria possono essere assegnati diversi comportamenti, come fare goal o farsi crescere i peli della barba per “maschile”, giocare con le bambole o mettersi il rossetto per “femminile”. Lo stereotipo degli studenti come “maschili” o “femminili” può avere conseguenze significative (Best, 2010) ed etichettare un ragazzo come “femminile” o una ragazza come “maschile” può portare a una diminuzione della loro popolarità o accettazione nel gruppo. Ricerche recenti continuano a rilevare che gli stereotipi sono pervasivi. Nel caso del genere, come accennato prima, gli stereotipi sui ragazzi sono più rigidi rispetto a quelli sulle ragazze (Blakemore et al., 2009).

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Stereotipi di genere Ampie categorie che riflettono le impressioni e le credenze su quale sia il comportamento appropriato per femmine e maschi.

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Capitolo 5

Gli stereotipi di genere cambiano con lo sviluppo (Zosuls et al., 2008). Quando i bambini iniziano la scuola primaria, essi hanno già una notevole conoscenza delle attività associate all’essere maschio o femmina. Similitudini e differenze di genere in ambito scolastico Sono molti gli

aspetti nella vita degli studenti che possono essere esaminati per determinare quanto siano simili o diversi le ragazze e i ragazzi tra di loro. Il cervello Il genere influenza la struttura e l’attività del cervello? I cervelli

umani sono molto simili sia che appartengano a un maschio sia a una femmina (Hyde, 2014). Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto delle differenze, alcune delle quali sono descritte di seguito. • Il cervello delle femmine è più piccolo di quello dei maschi ma ha più pieghe; le pieghe più grandi (chiamate circonvoluzioni) contengono più tessuto di superficie cerebrale all’interno del cranio femminile rispetto a quello maschile (Luders et al., 2009). • Un’area del lobo parietale impiegata nelle abilità visuospaziali tende a essere più ampia nei maschi che nelle femmine (Frederikse et al., 2000). • Le aree del cervello coinvolte nell’espressione emotiva tendono a mostrare più attività metabolica nelle femmine che nei maschi (Gur et al., 1995). Le similitudini e le differenze nel cervello maschile e femminile potrebbero essere dovute all’evoluzione, all’ereditarietà e alle esperienze sociali. Le prestazioni fisiche Poiché l’educazione fisica è una parte integrante del

sistema scolastico e le attività sportive sono centrali nel tempo libero di bambini e ragazzi, è importante affrontare le similitudini e le differenze di genere nelle prestazioni fisiche. In generale, i maschi superano le femmine nelle abilità atletiche come corsa, lancio, salto e così via. Negli anni della scuola primaria spesso le differenze non sono così rilevanti; esse diventano più evidenti durante la scuola secondaria di primo grado. I cambiamenti ormonali della pubertà comportano un aumento della massa muscolare nei ragazzi e un maggiore grasso corporeo nelle ragazze. Ciò comporta un vantaggio per i ragazzi nelle attività legate a forza, grandezza e potenza. Tuttavia, i fattori ambientali svolgono un ruolo nelle prestazioni fisiche anche dopo la pubertà; per esempio, le ragazze sono meno propense a partecipare ad attività che promuovono le capacità motorie necessarie per ottenere risultati positivi nelle attività sportive. Il livello di attività è un’altra area della prestazione fisica in cui si riscontrano differenze di genere. Fin dai primi anni di vita, i bambini sono più attivi delle bambine in termini di movimenti grosso-motori (Blakemore et al., 2009). Ciò significa che in classe i bambini tendono ad agitarsi e ad andare in giro più delle bambine e anche a stare meno attenti; nelle lezioni di educazione fisica, i bambini spendono più energie attraverso il movimento rispetto alle bambine. Intelligenza Non ci sono differenze di genere nell’abilità intellettuale com-

plessiva, ma le differenze di genere appaiono in alcune aree cognitive, come nelle abilità matematiche e verbali (Halpern, 2012). Competenze matematiche Esistono differenze di genere nelle competenze

matematiche? Uno studio condotto su larga scala che ha coinvolto oltre 7 milioni di studenti americani, dal secondo anno della scuola primaria al terzo anno della scuola secondaria di secondo grado, non ha rilevato differenze nei voti in matematica tra maschi e femmine (Hyde et al., 2008). Inoltre, nei più recenti rapporti del National Assessment of Educational Progress (2015), non era presente alcuna differenza di genere nei voti in matematica dal quarto

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anno della scuola primaria al terzo anno della scuola secondaria di primo grado. Tuttavia, dal test SAT (Scholastic Aptitude Test, per l’ammissione all’università negli Stati Uniti), dalla sua prima valutazione nel 1972 fino al 2015, risulta che i maschi hanno ricevuto voti più alti nella sezione di matematica rispetto alle femmine (College Board, 2015). Dai dati PISA (Programme for International Student Assessment, programma per la valutazione internazionale dello studente) del 2015 relativi agli studenti di 15 anni emerge che nella maggior parte dei 72 Paesi partecipanti, anche se non in tutti, i maschi ottengono punteggi più alti delle femmine in matematica (OECD, 2016). Ciò è confermato, per l’Italia, dal Rapporto INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione) del 2019, che indica punteggi maggiori per i maschi in matematica, rispetto alle femmine, soprattutto nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado (INVALSI, 2019). Un aspetto della matematica che è stato esaminato per capire le possibili differenze di genere riguarda le abilità visuospaziali, che includono la capacità di ruotare gli oggetti mentalmente e determinare che forma assumerebbero una volta ruotati. Queste abilità sono importanti nei corsi di geometria piana e solida e di geografia. Una rassegna ha rivelato che i maschi hanno migliori abilità visuospaziali delle femmine (Halpern, 2012), anche se alcuni esperti sostengono che le differenze di genere in questo ambito siano comunque ridotte (Hyde, 2007). Molti studi hanno avanzato l’ipotesi che i risultati in matematica delle femmine riflettano la minaccia dello stereotipo, piuttosto che una reale mancanza di capacità in matematica (Tomasetto et al., 2011). È come se le bambine e le ragazze si conformassero a ciò che il proprio gruppo sociale si aspetta da loro, e purtroppo è abbastanza diffuso lo stereotipo secondo cui la matematica o le materie scientifiche non sono “adatte” alle femmine. Uno studio ha dimostrato che le bambine, già dai 5–7 anni, avevano risultati peggiori in matematica se erano sensibili alla minaccia dello stereotipo di genere (cioè, se la loro identità di genere era resa saliente durante l’esperimento) e soprattutto se le loro madri avevano uno stereotipo negativo riguardo alle capacità matematiche delle bambine. Al contrario, le bambine le cui madri rifiutavano tale stereotipo di genere non avevano risultati negativi in matematica (Tomasetto et al., 2011). Pertanto, è importante che si intervenga affinché si riducano gli stereotipi di genere, anche all’interno della famiglia. Competenze scientifiche E per quanto riguarda le scienze? Esistono differenze

di genere? Alcuni studi rivelano che, anche in quest’ambito, i maschi ottengono risultati migliori delle femmine. Per esempio, una ricerca riporta che, alla fine della scuola secondaria di secondo grado, i maschi, rispetto alle femmine, avevano voti più alti in biologia avanzata, chimica e fisica e riferivano di essere più appassionati di scienze rispetto alle loro controparti femminili (Cunningham et al., 2015). In un altro studio è emerso che, in particolare tra gli studenti del secondo e del terzo anno della scuola secondaria di secondo grado con competenze medie e alte, i ragazzi avevano voti migliori nelle verifiche di scienze rispetto alle ragazze (Burkham et al., 1997). Anche il rapporto PISA (OECD, 2016) conferma che le differenze tra maschi e femmine sono maggiori per coloro che si collocano a livelli di rendimento alti, tranne che in Finlandia, dove le ragazze hanno prestazioni migliori dei ragazzi. In Italia, due studenti su tre che raggiungono livelli ottimi sono maschi. Al contrario, le ragazze ottengono punteggi maggiori dei ragazzi nei compiti più semplici e raggiungono più facilmente la sufficienza. Sembra, pertanto, che le femmine si collochino più spesso a livelli intermedi, mentre i maschi hanno un rendimento molto basso o molto alto (OECD, 2016).

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Competenze verbali Un’importante rassegna sulle similitudini e sulle diffe-

renze di genere condotta negli anni Settanta aveva concluso che le ragazze possiedono migliori competenze verbali dei ragazzi (Maccoby & Jacklin, 1974). Durante gli anni della scuola primaria e secondaria, le ragazze superavano i ragazzi nei compiti di lettura e di scrittura. In uno studio recente condotto con studenti americani, le femmine del quarto anno della scuola primaria e del terzo anno della scuola secondaria di primo grado ottenevano risultati migliori nella lettura rispetto ai maschi (National Assessment of Educational Progress, 2015). Tuttavia, così come per la matematica, i maschi hanno ottenuto per molti anni punteggi più alti delle femmine anche nelle prove di lettura del SAT, sebbene la differenza fosse molto piccola (College Board, 2015). Le femmine nel quarto anno della scuola primaria e nel terzo anno della scuola secondaria di primo grado si sono rivelate sostanzialmente migliori dei maschi anche nella scrittura (National Assessment of Educational Progress, 2007), risultato confermato anche dalle prove SAT (College Board, 2015). I risultati dell’indagine PISA riportano punteggi più elevati per le ragazze che per i ragazzi in compiti di comprensione, uso e analisi di testi scritti, anche se la differenza tra maschi e femmine non è omogenea nei vari Paesi. Tali differenze possono essere ricondotte a caratteristiche spesso legate al genere, come il piacere della lettura o l’impiego della lettura nel tempo libero (OECD, 2016). Tuttavia, la differenza di genere tra i test effettuati nel 2009 e quelli effettuati nel 2015 si è ridotta, anche se non in modo significativo in tutti i Paesi testati, indicando che, in media, la prestazione dei maschi è migliorata, mentre quella delle femmine è peggiorata. Anche in italiano, nel nostro Paese, le femmine ottengono risultati migliori dei maschi (INVALSI, 2019). Successo scolastico In relazione al rendimento scolastico le ragazze, in

genere, ottengono voti migliori e completano la scuola secondaria di secondo grado con un punteggio più elevato dei ragazzi (Halpern, 2012). Inoltre, rispetto ai maschi, sono più interessate al materiale scolastico, più attente, più propense a impegnarsi a scuola e a partecipare in classe (DeZolt & Hull, 2001). I ragazzi hanno maggiori probabilità rispetto alle ragazze di frequentare corsi di recupero. È importante ricordare che le misure relative al rendimento scolastico o i punteggi ottenuti nei test standardizzati di matematica, scienze, lettura e scrittura possono riflettere molti fattori oltre all’abilità cognitiva. Per esempio, le prestazioni scolastiche possono in parte rispecchiare i tentativi di conformarsi ai ruoli di genere, come suggerito prima, o differenze nella motivazione, nell’autoregolazione o in altre caratteristiche socioemotive (Klug et al., 2016; Wentzel & Miele, 2016; Wigfield et al., 2015). Il rapporto INVALSI suggerisce alcuni fattori che possono influenzare la prestazione nella competenza linguistica e matematica, come il formato del test (le domande a scelta multipla avvantaggerebbero i maschi, mentre quelle a risposta aperta le femmine), il supporto cartaceo o digitale (con il primo a favore delle femmine e il secondo dei maschi), gli atteggiamenti verso l’apprendimento in un determinato ambito (per esempio, le femmine manifestano maggiori livelli di ansia rispetto a maschi nei confronti della matematica) o gli stereotipi culturali che fanno credere che determinate scelte scolastiche o carriere professionali siano più adatte alle femmine o ai maschi. In ogni caso, “la scuola ha però il dovere di ridurre le differenze di genere negli esiti di apprendimento [e di offrire] pari opportunità a ragazzi e ragazze, mettendoli tutti in condizione di sviluppare le proprie potenzialità” (INVALSI, 2019, p. 21).

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Competenze relazionali Alcuni ricercatori ritengono che le ragazze siano

più “orientate verso le persone” e i ragazzi più “orientati verso le cose” (Galambos et al., 2009). In una recente rassegna, questa conclusione è stata sostenuta da risultati secondo i quali le ragazze trascorrono più tempo relazionandosi con altre persone, mentre i ragazzi passano più tempo da soli, giocando ai videogiochi o praticando sport; le ragazze preferiscono lavori part-time orientati alle persone, come cameriera o babysitter, mentre i ragazzi tendono a scegliere lavori part-time che comportano il lavoro manuale e l’uso di strumenti; le ragazze sono più interessate a carriere centrate sulle persone, come l’insegnamento e i lavori che implicano un impegno nell’ambito sociale, mentre i ragazzi sono più orientati alle carriere centrate sugli oggetti, come meccanico e ingegnere (Perry & Pauletti, 2011). Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che le ragazze adolescenti, rispetto ai loro coetanei, si aprono di più con le persone con cui hanno una relazione stretta (per esempio, confidandosi o comunicando dettagli intimi), ascoltano in modo più attivo durante una conversazione, danno più importanza all’affiliazione e alla collaborazione e forniscono un maggiore supporto emotivo nei rapporti di amicizia (Leaper, 2013, 2015). Al contrario, è più probabile che i ragazzi, nelle loro interazioni con gli amici e i pari, diano più valore all’affermazione di sé e alla dominanza, rispetto alle ragazze (Leaper, 2013, 2015). Comportamento prosociale Esistono differenze di genere nel comporta-

mento prosociale? Le ragazze sono considerate più prosociali ed empatiche rispetto ai ragazzi (Eisenberg et al., 2015). Durante l’infanzia e l’adolescenza, le femmine mettono in atto sempre più comportamenti prosociali (Hastings et al., 2015). La differenza di genere più rilevante riguarda il comportamento gentile e premuroso, mentre si registrano differenze minori nella condivisione. fisica, più frequente per i maschi rispetto alle femmine (Underwood, 2011). La differenza è particolarmente pronunciata quando gli adolescenti vengono provocati, cosa che si verifica in tutte le culture e compare molto presto nello sviluppo (Ostrov et al., 2004). Per spiegare le differenze relative all’aggressività di tipo fisico sono stati considerati sia i fattori biologici sia quelli ambientali. I fattori biologici comprendono l’ereditarietà e gli ormoni; i fattori ambientali includono le aspettative culturali, i modelli da parte degli adulti e dei pari e la gratificazione dell’aggressività fisica nei ragazzi. Sebbene i ragazzi siano sistematicamente più aggressivi a livello fisico delle ragazze, ci si è chiesti se queste ultime possano mostrare altrettanta o maggiore aggressività verbale rispetto ai ragazzi (per esempio, urlare, insultare). In effetti, quando si esamina l’aggressività verbale, le differenze di genere solitamente scompaiono (Eagly & Steffen, 1986). Ma, soprattutto, le ragazze utilizzano un tipo di aggressività relazionale, chiamata anche indiretta o psicologica, più nascosta e che mina le relazioni sociali di una persona. L’aggressività relazionale include comportamenti come manipolare o controllare la relazione con un’altra persona, fare in modo che questa sia rifiutata dagli altri, divulgare voci maligne sul suo conto Quali differenze di genere caratterizzano l’aggressività?

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Aggressività Una delle principali differenze di genere riguarda l’aggressività

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o escluderla (Blakely-McClure & Ostrov, 2016; Busching & Krahe, 2015; Mulvey & Killen, 2016; Orpinas et al., 2015). Molti studi riportano che le femmine, rispetto ai maschi, sono coinvolte maggiormente nell’aggressività relazionale, sia come vittime sia come carnefici, e che l’aggressività relazionale si evidenzia specialmente nelle interazioni tra bambine o ragazze. Tuttavia, i risultati non sono sempre coerenti tra loro e non mancano studi che evidenziano che anche i maschi sono coinvolti in questo tipo di aggressività (Crick et al., 2001). Resta il fatto che la maggior parte dei comportamenti aggressivi messi in atto dalle ragazze sono di natura relazionale (Putallaz et al., 2007). Le emozioni e la loro regolazione Le differenze di genere sono presenti

anche in ambito emotivo (Deng et al., 2016; Leaper, 2015). Recenti studi hanno individuato differenze nell’espressione emotiva che, anche se minime, indicano che le bambine, rispetto ai bambini, manifestano emozioni più positive (come la compassione, per esempio) e più emozioni associate a problemi di internalizzazione (come tristezza, paura e ansia) (Chaplin, 2015; Chaplin & Aldao, 2013). Questa analisi mostra anche che le differenze di genere nelle emozioni positive diventano più pronunciate con l’età, in quanto le ragazze esprimono più intensamente le proprie emozioni positive rispetto ai ragazzi nella media e tarda fanciullezza e nell’adolescenza. Un’abilità importante è la capacità di regolare e controllare le proprie emozioni e il proprio comportamento (Thompson, 2015). I ragazzi di norma mostrano una minore competenza nell’autoregolazione delle proprie emozioni rispetto alle ragazze e questo basso autocontrollo può tradursi in problemi comportamentali (Pascual et al., 2012). Si parlerà più approfonditamente delle emozioni e della loro regolazione nel Capitolo 13, Emozioni, insegnamento e apprendimento.

Le controversie sul genere I paragrafi precedenti hanno rivelato alcune differenze sostanziali tra maschi e femmine in vari ambiti, così come alcune similitudini. Una controversia attuale ruota intorno a quanto siano davvero diversi maschi e femmine, o se non siano in realtà molto più simili di quanto si pensi. Psicologi evoluzionistici come Buss (2012, 2015) sostengono che le differenze di genere siano ampie e causate dai problemi di adattamento affrontati durante la storia dell’evoluzione. Anche Eagly (2012, 2013) concorda sul fatto che le differenze di genere siano consistenti, ma giunge a una conclusione molto diversa sulla loro causa. Sottolinea, infatti, che le differenze di genere sarebbero dovute a condizioni sociali che hanno portato le donne ad avere meno potere e minore controllo delle risorse rispetto agli uomini. Al contrario, Hyde (2014) conclude che le differenze di genere sono state notevolmente esagerate, e alimentate in particolare da libri che sono diventati popolari, come Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere di John Gray (1992) e Ma perché non mi capisci? di Deborah Tannen (1990). Dal suo punto di vista, invece, la ricerca dimostrerebbe che maschi e femmine sono simili riguardo alla maggior parte dei fattori psicologici.

Classificazione del ruolo di genere Non molto tempo fa, era la norma che i ragazzi ricevessero un’educazione maschile e le ragazze un’educazione femminile. Negli anni Settanta, tuttavia,

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poiché sia le femmine sia i maschi erano insoddisfatti degli oneri imposti dai loro ruoli stereotipici, furono proposte delle alternative alla femminilità e alla mascolinità. Invece di descrivere la mascolinità e la femminilità come un continuum in cui all’aumentare di una caratteristica diminuiva l’altra, fu proposto che gli individui potessero essere caratterizzati da entrambi i tratti, maschili e femminili. Questo pensiero portò allo sviluppo del concetto di androginia, cioè la presenza di caratteristiche positive sia maschili sia femminili all’interno della stessa persona (Bem, 1977; Spence & Helmreich, 1978). Il ragazzo androgino potrebbe essere assertivo (maschile) e premuroso (femminile). La ragazza androgina potrebbe esercitare il potere (maschile) ed essere sensibile ai sentimenti altrui (femminile). Vari studi hanno confermato che i cambiamenti della società stanno via via portando le ragazze e i ragazzi a essere più androgini rispetto alla generazione precedente (Guastello & Guastello, 2003; Spence & Buckner, 2000).

Androginia La presenza di caratteristiche positive maschili e femminili nello stesso individuo.

AUTOVALUTAZIONE 5.1 Quale orientamento riguardo al ruolo di genere si può presentare ai propri studenti? Le affermazioni qui riportate indagano che tipo di persona pensate di essere. Contrassegnate, per ogni affermazione, la colonna che meglio vi descrive: 1 = non mi descrive per niente, 2 = mi descrive poco, 3 = mi descrive abbastanza e 4 = mi descrive molto bene. Domanda

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1. Sono indipendente.

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2. La mia vita emotiva è importante per me.

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3. Fornisco supporto sociale agli altri.

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4. Sono competitivo/a.

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5. Sono una persona gentile.

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6. Sono sensibile ai sentimenti degli altri.

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7. Ho fiducia in me stesso/a.

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8. Sono riflessivo/a.

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9. Sono paziente.

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10. Sono assertivo/a.

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11. Sono aggressivo/a.

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12. Mi piace correre rischi.

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13. Mi piace raccontare i miei segreti ai miei amici.

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14. Mi piace sentirmi forte.

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Attribuzione dei punteggi e interpretazione Le affermazioni 1, 4, 7, 10, 11, 12, 14 sono relative alla mascolinità, mentre le affermazioni 2, 3, 5, 6, 8, 9, 13 riguardano la femminilità. Se avete indicato soprattutto 3 e 4 nelle affermazioni di mascolinità e soprattutto 1 e 2 in quelle di femminilità, siete probabilmente caratterizzati da mascolinità. Se avete risposto principalmente 3 e 4 alle affermazioni di femminilità e 1 e 2 a quelle di mascolinità, allora siete probabilmente caratterizzati da femminilità. Se invece avete indicato 3 e 4 sia nelle affermazioni di mascolinità sia in quelle di femminilità, siete probabilmente caratterizzati da androginia. Infine, se avete segnato soprattutto 1 e 2 sia nelle affermazioni di mascolinità sia in quelle di femminilità, è possibile che la classificazione del vostro ruolo di genere non sia ben definita.

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Gli esperti di genere come Sandra Bem sostengono che gli individui androgini siano più flessibili, più competenti e psicologicamente più sani rispetto alle loro controparti marcatamente maschili o femminili. In un certo senso, però, quale sia la migliore classificazione del ruolo di genere dipende dal contesto. Per esempio, nelle relazioni strette, gli orientamenti femminili e androgini potrebbero essere più desiderabili. Uno studio ha scoperto che i bambini con una più spiccata femminilità mostravano maggiore interesse nella cura degli altri rispetto ai bambini con una forte mascolinità (Karniol et al., 2003). Tuttavia, gli orientamenti mascolini e androgini potrebbero essere più funzionali in ambienti lavorativi e scolastici tradizionali che spingono ad affermarsi e a ottenere successo. Nonostante abbia parlato del “maschio sensibile”, Pollack (1999) sostiene che sia stato fatto ben poco per cambiare i modi tradizionali di educare i ragazzi. Egli afferma che secondo il “codice del maschio” i ragazzi dovrebbero mostrare poca o addirittura nessuna emotività e dovrebbero comportarsi da duri. I ragazzi imparano questo codice in molti contesti, specialmente nel gruppo dei pari, nei vari luoghi di ritrovo, come cortili, parchi giochi, aule scolastiche o campi estivi. Il risultato, secondo Pollack, è una “crisi dell’adolescenza maschile”. I ragazzi potrebbero, invece, trarre vantaggio da una socializzazione che insegni loro a esprimere le ansie e le preoccupazioni e a controllare la loro aggressività. L’Autovalutazione 5.1 può contribuire a far riflettere sulla classificazione del proprio ruolo di genere.

Il genere nel contesto Abbiamo anticipato che il concetto di classificazione del ruolo di genere implica la categorizzazione delle persone in termini di caratteristiche, alcune delle quali possono essere i tratti della personalità. Tuttavia, ricordando quanto riportato sulla personalità nel Capitolo 4, Differenze individuali, è meglio pensare alla personalità come a un prodotto dell’interazione persona-situazione piuttosto che soltanto in termini di tratti. Esploriamo ora ulteriormente le caratteristiche di genere in base al contesto. Comportamento di aiuto ed emozioni Secondo gli stereotipi, le ragazze

sono migliori dei ragazzi a offrire il proprio aiuto, ma la probabilità di mettere in pratica comportamenti di aiuto dipende dal contesto. Le femmine sono più propense dei maschi a investire volontariamente il proprio tempo nell’aiutare chi ha problemi personali e a impegnarsi in comportamenti di assistenza. Tuttavia, nelle situazioni in cui i maschi si sentono competenti o in situazioni di pericolo, questi sono più pronti ad aiutare (Eagly & Crowley, 1986). Per esempio, un uomo è più propenso di una donna a fermarsi per strada ad aiutare qualcuno con una gomma a terra. “Lei è emotiva, lui non lo è”: questo è il principale stereotipo sugli aspetti emotivi. Tuttavia, come il comportamento di aiuto, le differenze nelle emozioni nei maschi e nelle femmine dipendono dalla particolare emozione in questione e dal contesto in cui viene esibita (Chaplin, 2015; Shields, 1991). È più probabile che i maschi mostrino rabbia nei confronti di persone estranee, in particolare di maschi estranei, se si sentono sfidati, e che trasformino la loro rabbia in azioni aggressive. Le differenze emotive tra femmine e maschi spesso si presentano in contesti che sottolineano i ruoli sociali e le relazioni. Per esempio, le femmine, rispetto ai maschi, hanno più probabilità di discutere

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di emozioni che riguardano le relazioni. Inoltre, come già detto in precedenza, le femmine esprimono paura e tristezza più facilmente rispetto ai maschi. quando si esamina quale sia il comportamento culturalmente prescritto per le femmine e per i maschi nei diversi Paesi del mondo (Matsumoto & Juang, 2017). Nei Paesi occidentali, oggi c’è una maggiore accettazione delle somiglianze nel comportamento di maschi e femmine, ma in molti altri Paesi i ruoli sono tuttora specifici per genere (Best, 2010). Per esempio, in molti Paesi del Medio Oriente c’è una drastica divisione del lavoro tra maschi e femmine. In Iraq e Iran, i maschi sono principalmente socializzati e istruiti per lavorare nel settore pubblico; le femmine sono per lo più indirizzate a occuparsi della sfera casalinga e dell’educazione dei figli. Qualsiasi deviazione da questo comportamento tradizionale maschile e femminile viene severamente disapprovata. Allo stesso modo, nella Cina rurale, nonostante sia stato fatto qualche passo avanti a favore delle donne, il ruolo dell’uomo resta dominante. Anche le origini culturali ed etniche influenzano il modo in cui i ragazzi e le ragazze vengono educati. Uno studio, per esempio, ha riportato che gli adolescenti latino-americani che vivevano negli Stati Uniti ricevevano un’educazione diversa durante la crescita (Raffaelli & Ontai, 2004): le ragazze sottostavano a restrizioni di gran lunga maggiori rispetto ai ragazzi per quanto riguardava l’orario del rientro a casa, l’interazione con persone dell’altro sesso, la possibilità di Una scuola di soli maschi in Medio Oriente. Molti adolescenti in Medio conseguire la patente di guida, le opportunità Oriente non sono autorizzati a interagire con l’altro sesso, neanche a di lavoro e il coinvolgimento nelle attività scuola. Sebbene nei Paesi occidentali al giorno d’oggi ci sia una maggiore accettazione delle similitudini nell’ambito dell’istruzione e post-scolastiche.

Eliminazione del pregiudizio di genere

©Yvan Cohen/LightRocket/Getty Images

La cultura L’importanza di considerare il genere nel contesto è più evidente

delle opportunità di lavoro per maschi e femmine, in molti Paesi del mondo l’educazione resta ancora legata al genere.

Quanto dipendono dal genere le interazioni sociali tra insegnanti e studenti? Che cosa possono fare gli insegnanti per ridurre o eliminare i pregiudizi di genere nelle loro classi? Le interazioni tra insegnanti e studenti Il pregiudizio di genere è presente

nelle classi. Per esempio, alcuni ricercatori affermano che gli insegnanti interagiscono di più con i ragazzi che con le ragazze in tutti i livelli di scolarizzazione (Blakemore et al., 2009). Quali sono le prove che questa interazione non sia un pregiudizio negativo nei confronti dei ragazzi? Di seguito sono riportati alcuni fattori da considerare (DeZolt & Hull, 2001).

• Rispettare le istruzioni, seguire le regole ed essere precisi e ordinati sono caratteristiche che vengono apprezzate e rinforzate in molte classi. Questi sono comportamenti tipicamente associati alle femmine piuttosto che ai maschi. • La grande maggioranza degli insegnanti è costituita da donne, specialmente nella scuola primaria. Per questo motivo, può risultare più difficile

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per i bambini che per le bambine identificarsi con i propri insegnanti e prendere come esempio il loro comportamento. I maschi hanno più probabilità delle femmine di essere segnalati per problemi di apprendimento. Gli studenti hanno più probabilità di essere criticati rispetto alle studentesse. Il personale scolastico tende a considerare, in modo stereotipato, il comportamento dei maschi come problematico. Dalla metà degli anni Settanta, il numero delle femmine nei programmi per studenti di talento ha superato il numero dei maschi (Freeman & Garces-Bascal, 2015).

Quali sono, invece, le prove che in classe ci sono pregiudizi nei confronti delle ragazze? Consideriamo i seguenti fattori (Sadker, 2016; Sadker & Sadker, 1994, 2005). • Solitamente, in una classe, le femmine sono più accondiscendenti, mentre i maschi più turbolenti. I maschi richiedono più attenzione, mentre le femmine sono generalmente più propense ad aspettare tranquillamente il proprio turno. La tendenza delle femmine a essere accondiscendenti e calme potrebbe avere delle conseguenze nella diminuzione di assertività. • In molte classi, gli insegnanti trascorrono più tempo a osservare i maschi e interagire con loro, mentre le femmine lavorano e si intrattengono tranquillamente da sole. Anche se la maggior parte degli insegnanti non favorisce intenzionalmente i maschi trascorrendo più tempo con loro, in qualche modo la classe risulta spesso avere questo profilo basato sul genere. • I maschi ricevono più indicazioni delle femmine e più aiuto quando hanno difficoltà. Gli insegnanti spesso concedono ai maschi più tempo per rispondere a una domanda, più suggerimenti per la risposta corretta e più tentativi in caso di risposta sbagliata. • Le bambine e i bambini iniziano il primo anno di scuola primaria con più o meno gli stessi livelli di autostima, ma negli anni della scuola secondaria di primo grado l’autostima delle ragazze risulta notevolmente più bassa rispetto a quella dei ragazzi (Robins et al., 2002). Pertanto, pare che nelle scuole ci siano pregiudizi di genere sia nei confronti dei maschi sia delle femmine (Leaper & Brown, 2015). Molti membri del personale scolastico non sono consapevoli dei propri atteggiamenti basati sul genere, che sono profondamente radicati nella cultura generale e supportati da essa. Una maggiore consapevolezza sui pregiudizi di genere nelle scuole sarebbe un importante passo avanti per ridurli. Per gli studenti è meglio un’educazione separata per genere (omogenea) o una impartita in scuole miste? Le motivazioni a sostegno dell’educazione omogenea sono che questa elimini le distrazioni legate all’altro sesso, riduca le molestie sessuali e aumenti il rendimento soprattutto per le femmine in matematica e scienze. Anche se in Europa, e in Italia in particolare, le scuole omogenee per sesso sono molto rare, il dibattito a livello internazionale è acceso e in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Australia, la prassi di strutturare le scuole come omogenee è radicata nella cultura ed esse stanno aumentando notevolmente negli ultimi anni. Per esempio, nel 2002 solo 12 scuole pubbliche negli Stati Uniti offrivano un’educazione omogenea; nell’anno scolastico 2011–2012 erano diventate 116 e altre 390 offrivano programmi di educazione omogenea (NASSPE, 2012).

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Esistono comunque anche voci che si oppongono all’educazione omogena per genere, affermando che questa sia fuorviante, non porti a benefici e non sia supportata da nessuna evidenza scientifica (Halpern et al., 2011). Tra i vari argomenti contro l’educazione omogenea per genere, il più consistente si riferisce alla riduzione delle opportunità per i maschi e per le femmine di lavorare insieme in un ambiente supervisionato e propositivo. Recentemente, alcuni esperti hanno anche dichiarato che i fattori che possono giovare allo sviluppo e all’educazione degli studenti si trovano di più nelle scuole miste che in quelle omogenee per genere (Bigler et al., 2014; Huston, 2015; Liben, 2015). Contenuti dei programmi scolastici e partecipazione negli sport Le scuole

hanno fatto progressi enormi nella riduzione del sessismo e degli stereotipi di genere nei libri e nel materiale didattico, che sono oggi più neutri da un punto di vista sessuale. Inoltre, oggi le scuole offrono alle ragazze molte più opportunità per seguire corsi di formazione professionale e per partecipare a gare sportive rispetto a quando le loro madri o le loro nonne andavano a scuola. Si stima che nel 1972, negli Stati Uniti, solo il 7% degli atleti delle scuole secondarie di secondo grado era di sesso femminile, percentuale che è salita al 57% nel 2013 (Child Trends Data Bank, 2015). Ciononostante, il pregiudizio è ancora presente a livello curricolare. Per esempio, spesso vengono adottati libri di testo datati in cui sono ancora presenti discriminazioni di genere. Molestie sessuali La molestia sessuale è una forma di potere e dominanza

di una persona nei confronti di un’altra, che può avere conseguenze dannose per la vittima. Le ragazze possono subire molestie sessuali sotto molte forme diverse, dalle osservazioni sessiste, al contatto fisico nascosto (palpazione, strofinamento del corpo), a proposte sfacciate, fino a vere e proprie violenze sessuali. Ogni anno, milioni di ragazze subiscono questo tipo di molestie negli ambienti scolastici. In uno studio condotto su ragazze tra i 12 e i 18 anni negli Stati Uniti è emerso che quasi tutte (90%) hanno riferito di essere state molestate almeno una volta, con una probabilità che aumentava con l’età (Leaper & Brown, 2008). Inoltre, un recente sondaggio americano sulle relazioni adolescenziali ha riscontrato che gli adolescenti coinvolti in vari tipi di abusi (come aggressori o vittime) riportavano maggiormente episodi di abusi psicologici (insulti e stalking eccessivo, per esempio), seguiti da molestie sessuali, stupri e molestie online (Taylor & Mumford, 2016). Le molestie sessuali a scuola sottopongono gli studenti ad atteggiamenti sessuali non graditi, talmente gravi, persistenti o pervasivi da influenzare la loro frequenza e il loro rendimento, oltre che il loro benessere psicologico ed emotivo. Un tale ambiente ostile viene normalmente creato da una serie di episodi, come, per esempio, approcci sessuali ripetuti. Può anche capitare che le molestie sessuali siano perpetrate da un docente, che, per esempio, può promettere un buon voto a uno studente o a una studentessa se questi acconsentono alle sue avance sessuali, o, al contrario, può minacciare di dare un brutto voto se lo studente o la studentessa rifiutano i suoi approcci. Questo tipo di molestia può essere particolarmente dannoso, perché gli autori sono insegnanti che hanno potere e autorità considerevoli sugli studenti. Le molestie, tra pari e, ancor di più, quelle in cui è coinvolto un adulto, sono illegali, ma spesso a scuola non è chiaro come segnalare o denunciare chi molesta o aggredisce, così come possono non essere chiare le conseguenze per chi mette in atto tale comportamento e per la vittima stessa.

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Confrontarsi con l’apprendimento: raggiungere gli obiettivi di apprendimento 5.1 Stato socioeconomico, cultura ed etnia: Discutere come prendere in considerazione le differenze di stato socioeconomico, cultura e origine etnica nell’educazione. ⊲ Lo stato socioeconomico

• Lo stato socioeconomico si riferisce alla categorizzazione delle persone sulla base di caratteristiche economiche, educative e occupazionali. La distinzione principale è quella tra individui con basso stato socioeconomico e individui con medio-alto stato socioeconomico. I primi, rispetto ai secondi, generalmente hanno anche un livello di istruzione inferiore, minori possibilità di influenzare il sistema scolastico e le altre istituzioni di una comunità e meno risorse economiche. • Molte famiglie vivono in povertà e i loro figli devono affrontare numerosi problemi a casa e a scuola che ostacolano il loro apprendimento. È quindi molto importante promuovere programmi e interventi educativi per migliorare le condizioni di vita e il successo scolastico degli studenti che vivono in povertà.

⊲ La cultura

• Per cultura si intende l’insieme dei modelli comportamentali, delle credenze e di tutti gli altri prodotti di un particolare gruppo di persone, che vengono tramandati da una generazione a un’altra. Tali prodotti sono il risultato dell’interazione tra le persone e il loro ambiente nel corso degli anni. • Le culture sono classificate come individualiste e collettiviste. Le prime sostengono valori che danno priorità agli obiettivi personali piuttosto che a quelli del gruppo, mentre le seconde hanno valori che promuovono il benessere del gruppo. Molte culture occidentali sono individualiste e molte culture orientali sono collettiviste. • Differenze culturali sono anche presenti nel modo in cui gli adolescenti trascorrono il proprio tempo libero. Per esempio, negli Stati Uniti, i ragazzi passano meno tempo sui compiti e più tempo facendo lavoretti retribuiti, e hanno più tempo libero, rispetto ai loro coetanei in Europa o in Estremo Oriente. Tuttavia, avere troppo tempo libero non strutturato può destare qualche preoccupazione, se gli adolescenti indugiano nell’ozio o fanno un cattivo uso di questo tempo.

⊲ L’etnia

• La popolazione scolastica include sempre più alunni stranieri, quasi il 10% in Italia. • Le esperienze storiche, economiche e sociali producono differenze legittime tra i gruppi etnici, ed è importante saperle riconoscere. Tuttavia, troppo spesso, tali differenze sono viste da parte degli individui del Paese ospitante come mancanze a carico del gruppo minoritario. È importante riconoscere la grande diversità che esiste all’interno di ciascun gruppo culturale.

⊲ L’apprendimento di una seconda • I ricercatori hanno rilevato che apprendere contemporaneamente due lingue precocemente ha dei benefici anche a livello cognitivo. Si ha una maglingua e l’educazione bilingue giore padronanza della seconda lingua, se questa viene appresa nell’infanzia e nella fanciullezza piuttosto che in adolescenza. • I programmi e le lezioni per studenti la cui lingua madre è diversa da quella del Paese ospitante variano in base al fatto che si insegni a questi alunni principalmente nella lingua del Paese ospitante o utilizzando una combinazione della lingua da apprendere e della loro lingua madre. In questo secondo caso si parla di approccio della doppia lingua. Acquisire la completa padronanza di una seconda lingua è un processo che può essere molto lungo.

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5.2 Educazione interculturale: Descrivere come promuovere l’educazione interculturale. ⊲ Rafforzamento e valorizzazione

• L’educazione interculturale valorizza la diversità e include i punti di vista di una varietà di gruppi culturali. • L’empowerment, che consiste nel fornire alle persone le competenze intellettuali e di adattamento per avere successo e creare un mondo più giusto, è un aspetto importante dell’educazione interculturale. Implica l’opportunità, per gli studenti, di comprendere le esperienze, le difficoltà e i punti di vista di molti diversi gruppi etnici e culturali. L’obiettivo è che l’empowerment permetta di aumentare l’autostima degli studenti appartenenti a gruppi minoritari, ridurre il pregiudizio e garantire opportunità educative più eque.

⊲ L’insegnamento culturalmente

• L’insegnamento rilevante da un punto di vista culturale è un aspetto centrale dell’educazione interculturale. Mira a creare connessioni con il background culturale degli studenti.

⊲ L’educazione mirata

• L’educazione mirata all’uguaglianza è un altro aspetto importante dell’educazione interculturale. Agli studenti si insegna a esaminare in modo sistematico argomenti che implicano uguaglianza e giustizia sociale.

degli studenti

rilevante

all’uguaglianza

⊲ Miglioramento delle relazioni tra • Tra le strategie o le idee per migliorare le relazioni tra studenti di gruppi etnici diversi possiamo indicare la classe puzzle (in cui gli studenti colstudenti appartenenti a gruppi laborano impegnandosi in parti diverse di un progetto per raggiungere etnici diversi un obiettivo comune), il contatto personale positivo, la comprensione del punto di vista degli altri, le connessioni attraverso la tecnologia, la riduzione del pregiudizio, l’aumento della tolleranza e lo sviluppo della scuola e della comunità come una squadra.

5.3 Genere: Presentare le varie sfaccettature del costrutto di genere, comprese le somiglianze e le differenze tra maschi e femmine, discutere le questioni relative al genere nell’insegnamento. ⊲ I punti di vista sul genere

• Il genere si riferisce alle caratteristiche delle persone come maschi e femmine. Tra le sue componenti sono inclusi i ruoli di genere e la tipizzazione di genere. • Sono stati proposti vari punti di vista sul genere che enfatizzano le influenze biologiche, i fattori sociali o quelli cognitivi. La teoria cognitiva più accreditata al giorno d’oggi è quella dello schema di genere.

⊲ Stereotipi di genere, somiglianze • Gli stereotipi di genere sono ampie categorie che riflettono impressioni e credenze riguardo a quali comportamenti siano appropriati per le femmine e differenze e per i maschi. Tutti gli stereotipi si riferiscono a un’immagine di come si pensa sia il tipico rappresentante di un gruppo. Alcuni stereotipi di genere possono essere dannosi per i bambini. • Gli psicologi hanno studiato le somiglianze e le differenze tra maschi e femmine in vari ambiti, quali prestazioni fisiche, struttura del cervello, abilità matematiche, scientifiche e verbali, successo scolastico, competenze relazionali, aggressività, autoregolazione e comportamento prosociale. ⊲ Le controversie sul genere

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• Se in alcune aree le differenze di genere sono evidenti, in altri ambiti sono pressoché inesistenti. Le controversie ruotano intorno all’entità e alle cause di tali somiglianze e differenze. Alcuni psicologi fanno risalire le differenze di genere a problemi di adattamento affrontati durante la storia dell’evoluzione, mentre altri alle condizioni sociali che hanno portato le donne ad avere meno potere degli uomini. Altri ancora ribattono che le differenze tra maschi e femmine sono state notevolmente esagerate.

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⊲ Classificazione del ruolo di

• La classificazione del ruolo di genere riguarda le caratteristiche mascoline, femminili o androgine di un individuo. Nel passato, i maschi competenti dovevano essere mascolini (per esempio, dominanti) e le femmine femminili (per esempio, premurose). Negli anni Settanta è stato proposto il concetto di androginia, cioè l’idea che gli individui più competenti abbiano caratteristiche positive sia maschili sia femminili. Attualmente, preoccupano di più quegli adolescenti che assumono un ruolo fortemente mascolino.

⊲ Il genere nel contesto

• La valutazione delle categorie del ruolo di genere e delle somiglianze e differenze tra maschi e femmine in aree come il comportamento di aiuto e l’emotività suggerisce che il modo migliore per pensare al genere non sia in termini di tratti di personalità quanto piuttosto in termini di interazioni individuo-situazione (il genere nel contesto). • Nonostante i bambini, soprattutto occidentali, siano spesso liberi di assumere un ruolo androgino o molteplici ruoli di genere, in molti Paesi del mondo c’è ancora la dominanza del ruolo tradizionale maschile.

⊲ Eliminazione del pregiudizio di

• A scuola esistono pregiudizi nei confronti dei maschi e delle femmine, di cui spesso il personale scolastico non è consapevole. Tentare di eliminare i pregiudizi di genere è un’importante strategia per insegnare in modo efficace. • Le scuole hanno fatto notevoli progressi nel ridurre il sessismo e gli stereotipi di genere nei libri e nel materiale didattico, ma alcuni pregiudizi permangono ancora. • Le molestie sessuali a scuola sono particolarmente preoccupanti e più pervasive di quanto si credesse una volta. Diventano ancora più gravi quando sono perpetrate dagli insegnanti verso gli studenti, con la promessa di un buon voto o la minaccia di un brutto voto in caso di rifiuto.

genere

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Portfolio Riflessione critica 1. Promuovere la comprensione culturale in classe. Si immagini di fare una lezione di ­scien­ze sociali sul colonialismo dei Paesi europei in Africa e che uno studente faccia un’osservazione razzista e stereotipata sugli africani, come, per esempio, “Gli africani erano selvaggi e ignoranti”. Come ci si può comportare in una situazione simile? Si descriva la strategia da adottare. Ricerca/esperienza sul campo 2. Parità in azione. Si osservino le lezioni impartite in diverse classi miste per genere e con studenti di diversi gruppi etnici. Gli insegnanti interagiscono con i maschi e con le femmine in

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modo diverso? Se sì, come? Gli insegnanti inte­ ragiscono con gli studenti di vari gruppi etnici in modo diverso? Se sì, come? Si scrivano le proprie osservazioni. Lavoro collaborativo 3. Pianificazione della diversità. Con altri tre o quattro studenti, si stili un elenco di obiettivi specifici sulla diversità per possibili classi future. Si faccia un brainstorming e si pensi a delle atti­vità innovative per aiutare gli studenti a fare esperienze positive sulla diversità, come discusso in questo capitolo. Si sintetizzino gli obiettivi e le attività sulla diversità.

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