Mezzoeuro

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numero 24 - Anno 12 Sabato 15 Giugno 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce ai giovani Maida riscopre i tesori dal passato www. mezzoeuro.it

Caos urbanizzazione, se la terra dĂ sempre buoni frutti

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Sabato 15 Giugno 2013

Il legno storto Ignazio Marino neo sindaco di Roma

Buona tenuta locale del Pd Ora occorre una idea politica Come si va ripetendo in questi giorni, dopo il turno dei ballottaggi, l’affermazione piena del Pd uniformemente raggiunta in tutto il territorio nazionale, un successo che viene dopo una fase triste e amara Mezzoeuro in cui è mancato poco che non gli si cantasse il de profundis, Fondato da Franco Martelli dovrebbe essere seguita da una riflessione collettiva seria che non Ediratio editore può restare appannaggio del solo Renzi e dei “renziani” (che Direttore responsabile Domenico Martelli probabilmente aumenteranno di numero). Dall’interno del Pd, dalla Registrazione parte che più sente l’esigenza di non fare a meno del pensiero Tribunale di Cosenza n°639 (coniugato con una schietta e non turbolenta passione), del 30/09/1999 dall’esterno di esso, tutta quell’opinione che gli è amica e ne guarda Redazione e amministrazione con apprensione le mosse che fa, è proprio quell’esame che via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza si sollecita su come far corrispondere ad un indubbio avanzamento Responsabile settore economia nei Comuni, la elaborazione di una linea politica per arrivare Oreste Parise al governo del Paese senza dover ricorrere, per ottenere qualche Progetto e realizzazione grafica cambiamento, a “compromessi” che non possono reggere. Maurizio Noto L’impegno da assumere è dunque questo: dare una buona telefono 0984.408063 fax 0984.408063 amministrazione alle tante città e territori in cui il Pd ha vinto, e-mail: ediratio@tiscali.it recuperare zone restie ai cambiamenti, a forte e forse duratura Stampa tendenza berlusconiana, come in Calabria dove, per altro verso, Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) questo stesso Partito ha bisogno di rigenerarsi, e poi dar vita ad un Diffusione progetto politico a cui le tante teste che fumano a livello nazionale Media Service di Francesco Arcidiaco potrebbero applicarsi senza rivendicare ruoli speciali. È chiaro che telefono 0965.644464 fax 0965.630176 al Pd nazionale necessita una prova catartica, una specie di lavacro Internet relations N2B Rende etico, a cominciare da un perentorio invito ai centouno che hanno Iscritto a: consumato il tradimento a Prodi, a venir fuori, a vergognarsene. Unione Stampa Periodica Italiana Un Partito che si appresta a migliorare l’idea di sé, a voler essere la guida del Paese, ha l’obbligo di non avere scheletri nell’armadio, oltre che ovviamente, stretti fermamente etica e politica, saper bene che cosa mettere dentro il progetto del cambiamento n. 12427

di Franco Crispini

Sarà bene tener presente che il Partito, il Pdl, che è uscito largamente sconfitto nelle elezioni amministrative, viene dato poi dai sondaggi in crescita in una possibile elezione politica nazionale; e non è un paradosso se si considera che il forte astensionismo, che è giovato all’avanzamento del Pd, si è alimentato con gli allontanamenti dal Partito che non sbandierava Berlusconi il quale però non può intestarsi tutto il vasto bacino degli astensionisti. E questo è un altro dato che il Pd dovrebbe non trascurare nel momento in cui va smaltendo la pur legittima ubriacatura del voto amministrativo: avere la capacità di calamitare gli astensionisti, sottraendoli agli allettamenti berlusconiani, rendendo loro chiaro e convincente un progetto di guida innovativa del Paese. Il Pd gravato ora del peso e dalla responsabilità di non deludere i territori, di soffocare democraticamente il sistema di governo berlusconiano, la sua negativa “politica del fare”, là dove ancora emette i suoi ultimi (così si spera) strepiti, far cadere le roccaforti di quel modo di governare (nelle città calabresi furoreggia), è il compito non facile per un Pd che dalle sue esperienze di governo locale vuole poi passare a vincere il confronto con chi è riuscito a proporsi nel corso degli anni come il portavoce esclusivo delle aspirazioni più profonde del Paese, l’espressione originale di un nuovo populismo. Resta molto da fare ad un Pd che non vuole affogare nel mare delle sue dispute inconcludenti, per rompere sul terreno politico una perversa spirale populista (anche con il M5s di Grillo bisogna fare i conti nella maniera più appropriata) la quale dà l’illusione di voler concorrere al cambiamento del Paese, una illusione che purtroppo tiene in vita un governo “stranissimo” che potrebbe essere per il Pd un “letto di Procuste”. Si preparano eventi decisivi come il congresso che è per il Pd, Partito collettivo, uno di quegli strumenti che assicurano la assunzione democratica delle scelte politiche, a differenza del Partito ora “stranamente” alleato, che vive sui colpi di genio del suo padrone-fondatore. La preparazione di tale Congresso che potrebbe essere di “rifondazione” di un Partito che ha perso per strada l’idea guida della sua collocazione dentro la nostra società (ma le agitazioni correntizie, le mosse vendicative di Bersani, non fanno per ora sperare bene sui modi con cui si vuole “ossigenare” il Partito), ha bisogno non di marpionerie, manipolazioni, intrighi delle soliti oligarchie, bensì di atti chiari che non servano a far prevalere gruppi interni, nomenclature ossificate. Se il Pd, forte di un retroterra complessivamente serio, deve giocare la difficile partita sullo scacchiere nazionale dove si sa chi e quali metodi incontra, dove tutto deve essere affidato ad idee feconde sulla prospettiva di risalita del Paese e non ad una posizione concorrenziale con quella sciamanica del berlusconismo, questo congresso potrebbe essere davvero determinante per l’edificazione di una immagine vincente del Pd.



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Mezzoeuro Altro che metropolitana di superficie

La stazione di Cosenza Come in un film, neanche tanto romantico, s’incrociano nello stesso “destino Comune” le sorti politiche generazionali ma anche d’affari delle famiglie più importanti della regione. Il municipio è quello di Palazzo dei Bruzi, ovviamente Gli attori protagonisti sono gli Occhiuto, i Gentile, ma anche le mire espansionistiche di Scopelliti, le rinascite della famiglia Adamo Tra sponde nazionali più o meno immaginarie e colpi bassi tutti local si consuma la vera partita del potere regionale del momento Forse quella finale Come la giri e la volti dipende da Peppe Scopelliti e non è certo questa una notizia. Chi lo frequenta e lo conosce bene si meraviglia sempre meno del fatto che sia più potente del potere reale che ha. Sarà per il suo incedere come un caterpillar. Sarà perché si rende impermeabile più o meno a tutto. Sarà perché chi viene dalle zone più umide dello Stretto impara una pratica di strafottenza che lo rende immune. Fatto sta che Scopelliti, ancora e sempre lui, ha in mano il pallino del gioco. Se darà retta alla parte più alta del suo stomaco, che poi coincide con il suo istinto, darà manforte alla Occhiuto family nel loro disperato tentativo di calpestare una volta per tutte i Gentile. Hanno obiettivi diversi, gli Occhiuto e Scopelliti. Forse addirittura antitetici. Ma il mezzo potrebbe coincidere così da fare un tratto di strada insieme con il governatore.

Se andrà così nel giro di poche ore Cosenza avrà la sua nuova giunta e i suoi nuovi misteriosi silenzi. Ci guadagneranno gli Orsomarso, i Morrone, ovviamente gli Scopelliti, forse i Chiappetta, i Mancini, i Santelli. Si ricompatterà un quadro, magari rattoppato. Ma si ricomporrà. Ci guadagnerà un pochino anche la Occhiuto family che avrà calpestato un cognome (quello dei Gentile) barattando l’essere ostaggio di una famiglia con l’essere ostaggio di un intero partito (il Pdl, se esiste ancora). Ma non sarà vittoria piena per l’architetto e per l’ex deputato ed ex pupillo di Casini, che a sua volta ormai è ex di se stesso. Sarà vittoria di Pirro, vittoria a metà. Vittoria di niente forse se teniamo conto del vero obiettivo della manovra spericolata del sindaco che, a dire di Katya figlia di Pino, da cattivo padre di famiglia nei momenti di crisi pensa più alle feste che a portare qualcosa in tavola ai figli.

Manovra azzardata, spregiudicata quella degli Occhiuto. Con un’inversione a “U” la family tenta sulle spoglie dell’ultima sedia a disposizione (il Comune appunto) un riposizionamento disperato ovviamente dall’altra parte dell’emisfero. Con gradualità, con serialità. Quasi per deduzione democratica, per necessità. Ma questo è l’obiettivo. Aprire le porte ad altre alleanze che definire trasversali ormai non avrebbe nemmeno più senso. Finestre e cortili spalancati a parte del Pd, quella giusta e quella necessaria per non far crollare la maggioranza tecnica e illuminata che sorregge il Palazzo. Questa la manovra di Mario il sindaco che non è evidentemente l’unico beneficiario dell’inversione con una mano sola sullo sterzo. Nello specchietto si intravede Roberto, il fratello ed ex deputato che rischia in queste ore di passare da grande


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Mezzoeuro Altro che metropolitana di superficie

promessa a grande ex della politica. Dietro l’ultima stanza che hanno con l’anticamera e il citofono (il Comune naturalmente) i fratelli Occhiuto si giocato trincerati e futuristi una partita che è palesemente più grande di loro. Coinvolgere una parte del Pd e aprire di fatto ad una fetta di potere che è poi la stessa che più o meno apertamente lo ha anche appoggiato alle elezioni. Fischiano le orecchie ovviamente ad un’altra family, quella degli Adamo, che per svariate ragioni (non tutte politiche) potrebbe offrire una sponda salvifica al progetto degli Occhiuto. E fischiano naturalmente le orecchie a Salvatore Perugini, formalmente il leader in aula di un partito che una fetta di simbolo gliel’aveva data alle elezioni. Se la sentirà Perugini di fare da palo al piano

di riconversione degli Occhiuto? Avrà coraggio, faccia e legittimazione per farlo? Tutto può essere ma ci deve mettere la sigla il che vuol dire che dovranno arrivare autorizzazioni dall’alto che al momento non possono arrivare. L’ex sindaco gentiluomo, avvocato e amante del buon gusto, difficilmente potrà agire da solo in questa partita. Se come in passato risponderà solo agli Adamo rischia di non andare molto lontano per cui gli converrà aspettare sviluppi romani al momento però non all’ordine del giorno. Ed è proprio questo l’inghippo che rischia di essere mortale per gli Occhiuto. Aprire di fatto a chi non può venire, a chi vorrebbe ma non ha titoli per farlo. Mancano, al Pd di queste ore, linee generali e direttive e a nessuno conviene muoversi in eccessiva autonomia, potrebbero pagarla dopo irrimediabilmente.

Da sinistra nel montaggio: Roberto Occhiuto Mario Occhiuto Nicola Adamo Salvatore Perugini Katya Gentile e Peppe Scopelliti In alto Palazzo dei Bruzi

E allora, se così stanno le cose, gli Occhiuto family traccheggiano. Uno in completo e formale silenzio (Roberto). E l’altro, il sindaco, non muovendo un passo che non sia troppo di rottura con il Pdl, il vecchio alleato che non vorrebbero più ma che è l’unico che passa il convento per il momento. Rimosso un vice del Pdl Mario Occhiuto offre la stessa poltrona allo stesso partito con l’aggiunta di un altro paio di assessorati, se servono. Tanto a lui, al sindaco, interessa poco il contesto della giunta. Interessa la partita politica che si sta giocando assieme al fratello che è sì contro i Gentile ma anche contro l’Udc e, se si mette male, tutta a favore di un riposizionamento nel centrosinistra di tutti e due i fratelli, Mario e Roberto. Già, è questo il bingo. Rientrare nel grande giro del futuro uscendone da uno saturo, usurato. Usurato è il feeling con i vertici dello stesso Udc. Usurato è chiaramente il “mai amore” con i Gentile. Ma usurato è anche lo schema che vuole Roberto sempre in attesa che Casini faccia il grande passo tra le braccia del Cavaliere. Fuori dal Parlamento e dal gioco che conta all’ex deputato tornano in mente i giorni in cui stava in pole per essere candidato alla presidenza della Regione con il centrosinistra, prima che un’intervista di Loiero ha fatto saltare il banco all’aria. Deve aver meditato, la family Occhiuto, che è proprio nel centrosinistra (quello che probabilmente avrà altra guida da qui a poco) che ci si può ricollocare con una certa probabilità di successo ed è con questo spirito che si muovono. Anche con mire regionali e nazionali oltreché di momentanea salvaguardia del Comune (che interessa relativamente poco visti gli affanni finanziari e le coop B dietro il collo). Da qui la grande crisi del momento e la scazzottata con la grintosa Katya Gentile che in verità in cuor suo, dopo aver definito Schettino il sindaco, non poteva aspettarsi esito diverso dalla faccenda. Che non avessero neanche loro, i Gentile, grande voglia di metterci ancora la faccia ma non il potere vero in un Comune sempre in ansia, è storia nota. Ma forse la rottura no, non quella che c’è stata per intenderci e in che modo c’è stata. Questa, la fase traumatica, è tutta pretestuosa e vede al timone certamente gli Occhiuto. Dentro questa partita ognuno pian piano ci sta inzuppando il pane a partire dalle fronde interne al Pdl che non stanno perdendo tempo per riposizionarsi, spesso proprio nel tentativo di accerchiare a loro volta i Gentile. A conti fatti proprio Pino, Tonino e Katya hanno giocato e stanno giocando le carte con maggiore linearità rispetto agli altri, se non altro non confidando su trame oscure e trasversali o peggio ancora su altri tavoli. Tutti gli altri, compreso lo stesso governatore che per il momento tace, invece no. Hanno puntato un’altra partita nella partita. Se Scopelliti vuole incastrare Occhiuto anche contro la sua stessa e inconfessabile volontà, costringendolo a ricomporre una giunta senza Katya Gentile ma con altri nomi del Pdl, naturalmente può farlo. A lui il pallino come detto e come sempre. In questo caso tirerebbe un brutto colpo ai Gentile ma rischierebbe di essere effimero il gesto, gli scenari che si prefigurano nel Pdl non gli sorridono tantissimo. E darebbe un po’ di soddisfazione, queste più effimere dell’altra, a chi nel Pdl ansima potere da anni all’ombra dei Gentile. Per conte tutte interne. Stop. Altre gioie non ne erogherebbe Scopelliti se costringesse i suoi a ricomporre. A cominciare dal sindaco, forse il più scontento di tutti se si immagina a chiedere i voti a Lo Gullo ad ogni seduta. Un altro mondo rispetto all’eleganza di un Perugini. Vuoi mettere avere a che fare con uno come lui? d.m.

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Mezzoeuro La magnifica corsa

Il campus rinasce se riscopre le sue origini Gino Crisci è il volto più saggio tra gli aspiranti allo scettro del dopo Latorre. Quando finisce un'era, e 14 anni consecutivi di "regnanza" Latorre sono a tutti gli effetti un'era, si respira per solito un'aria frizzante che è a metà tra smarrimento e voglia (o esigenza) di voltare pagina. L'Unical con i suoi cubi che pian piano si scaldano d'estate, quest'aria stanno respirando in attesa del voto rettorale del primo luglio. Cinque concorrenti e un'unica posta sul tavolo, che è poi tra le poche che si gioca questa terra nel suo complesso. 140 milioni di euro il bilancio annuale corrente dell'Ateneo che ha impettito la Calabria e il Mezzogiorno, il terzo ente regionale in assoluto per capacità di spesa e programmazione. Per non parlare della ricerca e di quello che ci si può impiantare di sopra. Se non è una sfida come minimo regionale e che riguarda tutti, questa, non si capisce quale lo possa essere. La partita, quindi, è alta, altissima. Ed è alle barbe più solide che per solito ci si affida in questi casi... «Se allude alla mia esperienza ad Arcavacata, non la smentisco né la deludo. Io l'ho vissuto tutto questo campus, dalla nascita fin qui. Ne conosco le origini, le aspettative, i sogni, ma anche le delusioni. Gli affanni, ma anche le enormi ed intramontabili potenzialità». Già professore, partiamo allora da qui. Da dove viene e dove va secondo lei l'Unical? L'Unical viene da una visione ambiziosa e orgogliosa della nostra terra. Un immenso distributore di saperi, aperto e in divenire, piazzato in una delle aree più complesse e difficili del Paese; dalle potenzialità enormi, però. Che sfida, che sogno la genesi dell'Ateneo. Oggi quello spirito s'è andato smarrendo, non c'è più. Ci siamo lasciati trascinare dalla normalità deprimente della gestione corrente, dimenticando quella che era la mission dell'Unical: stupire, innovare, strapazzare la realtà, dettare i tempi. Già ma oggi c'è la crisi però, i tagli complessivi alla formazione... Vero, verissimo questo, come non tenerne conto. Ma, invece di reagire agli eventi esterni, li abbiamo subìti scivolando in una spirale che occorrerà fermare. Inevitabilmente si sono riportati su scala locale gli effetti negativi della politica nazionale sulla formazione, ma questo non si è tradotto in un valore aggiunto per noi e per l'Unical. Potevamo trarne vantaggio, se solo avessimo riscoperto le nostre origini. Non lo abbiamo fatto, non siamo andati a riscoprire le nostre radici, la nostra mission, e non siamo stati più in grado di incidere, di ripartire. E ora come se ne esce? Volgersi indietro non è mai un gesto superfluo. Noi dobbiamo farlo. I nostri padri fondatori del campus hanno immaginato un ateneo in grado di stravolgere il contesto, trainarlo. Dobbiamo ripartire da qui. Dal ruolo straordinario e straordinariamente difficile che può e deve avere l'università nella terra in cui agisce. Altre vie non ce

Gino Crisci, uno dei cinque candidati alla poltrona del dopo Latorre e tra i maggiori accreditati al successo finale, ha le idee chiare sul futuro e le prospettive del maggior ateneo calabrese «Le radici profonde di questa Università - dice sono l'unica forza propulsiva che può fare la differenza. I padri fondatori hanno disegnato e realizzato un luogo straordinario di formazione, in una terra straordinaria e per fare cose straordinarie Non perdiamoci nel grigiore del banale, nel "normale". Torniamo a pensare in grande» ne sono, perché è chiaro a tutti ormai che la nostra Università è giunta alla fine del suo ciclo espansivo, inteso per come è stato inteso fin qui. La crescita del numero degli studenti, lo sviluppo edilizio, l'aumento dell'offerta formativa sono giunti al limite, sono saturi. Quella che ci attende è una fase invece di riqualificazione e di valorizzazione di ciò che abbiamo costruito in quaranta anni. Dobbiamo contaminare l'ultimo periodo della nostra storia con il primo e più antico. Didattica e ricerca. Non sempre sono andati d'accordo fin qui... È un punto dolente questo, diciamo ostativo al progresso e allo sviluppo complessivo dell'Ateneo. La dialettica tra i due momenti è sacrosanta, funzionale. L'ammucchiata invece non serve. La cattiva applicazione della riforma Gelmini ha aggravato la situazione con la nascita di nuovi dipartimenti. Da qui, l'accorpamento della didatti-

ca con la ricerca. La non corretta comprensione del processo di fusione ha portato a regole che stanno rivelandosi insufficienti per poter programmare correttamente la didattica. Va rivista? Sì, senza dubbio. Lo richiedono le nuove e più severe regole sulla sostenibilità, lo richiedono la società e il territorio, lo richiedono la qualità e la consistenza numerica del corpo docente disponibile. Non ha giovato alla causa la cancellazione delle facoltà, senza aver creato, dove necessarie, strutture di collegamento. Stanno venendo al pettine i nodi di un sistema di governance in cui i settori scientifici e disciplinari, spesso, non si riconoscono nelle aree. E per non laureare più vagonate di disoccupati? Per rispondere a una domanda del genere non può bastare un aspirante rettore, di nessun ateneo. Non sto qui a ripeterle che congiuntura viviamo. Certo, la sua parte, una parte nuova, l'Ateneo deve recitarla, non v'è dubbio su questo. Penso al coinvolgimento di tutti i soggetti che compongono il mondo universitario non escludendo assolutamente aziende, enti pubblici e privati, sindacati. Soggetti nazionali e internazionali, perché la sfida, quella del lavoro, è senza confini. Ma questo insegnamento, quello universitario corrente per intenderci, è al passo della sfida? Serve davvero per entrare nel mondo del lavoro? È una riflessione che dobbiamo fare tutti insieme, questa. La domanda c'è e deve coinvolgere tutti. Certezze e risposte non ne ha nessuno. Certo l'erogazione della buona didattica non è il fine, è il mezzo. Il fine è il lavoro, la professionalità che può esprimersi, la realizzazione, la vita. E la ricerca? Ha ancora un suo ruolo forte? Certo che lo ha e deve averne ancora di più, sia potenziando e valorizzando la ricerca di eccellenza che aiutando chi, per motivi oggettivi, non riesce a decollare. La fascia dei ricercatori è in profonda crisi, troppe indicazioni contraddittorie negli anni. Per anni s'è pensato di inquadrare i ricercatori come terza fascia di docenza, ma senza


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Mezzoeuro La magnifica corsa

Quando si vota e chi vota Art. 1 - Indizione delle votazioni Sono indette le votazioni per le elezioni del Rettore dell'Università della Calabria per il sessennio 2013/2019. Le votazioni si svolgeranno, presso il Centro Congressi "Beniamino Andreatta", nei seguenti giorni: 1° votazione l° luglio 2013 ore 9:00 -17:30 2° eventuale votazione 16 luglio 2013 ore 9:00 17:30 eventuale turno di ballottaggio 31 luglio 2013 ore 9:00 -17:30

Gino Crisci

Art. 2 - Quorum per la validità delle votazioni Le votazioni per l'elezione del Rettore sono valide, nelle prime due votazioni, se vi abbia preso parte la maggioranza assoluta dei professori di ruolo e dei ricercatori e, nelle votazioni di ballottaggio, se vi abbia preso parte almeno il 40% dei professori di ruolo e dei ricercatori.

ricambio, cioè in esaurimento. Al contrario, il contributo dei ricercatori al sostegno dell'attività didattica dell'Ateneo resta determinante ed è giusto che la loro attività sia riconosciuta anche economicamente. Quello del futuro dei ricercatori è in ogni caso un tema con il quale fare i conti, subito. La soluzione dei loro problemi non è rinviabile. E i soldi? Bisogna fare i conti anche con loro... Eccome se bisogna farli, senza mai smarrire il percorso della legalità e della trasparenza. Mai. Un aspetto vitale per il futuro dell'Ateneo è legato al reperimento delle risorse finanziarie. Uno dei nodi cruciali è legato all'eliminazione degli sprechi, soprattutto nel campo edilizio. L'altro, la razionalizzazione della spesa, individuando nuovi risparmi. Con l'attivazione dell'energia rinnovabile, ad esempio il fotovoltaico, si può fare molto in questo senso. Ci sono stime che parlano di un risparmio in bolletta di due milioni e mezzo di euro. Altre risorse finanziarie non trascurabili potranno essere ottenute dalle attività commerciali che saranno attivate nella città universitaria. L'utilizzo nel periodo estivo di gran parte delle strutture residenziali per giovani italiani o stranieri avrà una doppia ricaduta, sia come finanziamento aggiuntivo dell'ateneo sia nel potenziamento dell'internazionalizzazione. Già, l'internazionalizzazione. Come stiamo messi qui? Se non vogliamo che si provincializzi l'Ateneo, è l'unica risposta. Molto è stato fatto, ma ancora molto dovremo realizzare per inserire il campus nel circuito internazionale della didattica e della ricerca. Bisogna creare strutture tecnico-amministrative adeguate per poter competere a livello internazionale; gli uffici attualmente esistenti hanno bisogno di un rafforzamento in termini di personale e risorse. Ma il tutto non può prescindere dallo sviluppo delle competenze linguistiche. Master e corsi di perfezionamento estivi potrebbero essere interessanti al riguardo. Ma professor Crisci oggi cos'è il campus? C'è il campus?

L'Unical è la più importante e la più autorevole struttura culturale della Calabria. Ed è un campus, anche questa visione lungimirante e straordinaria dei padri fondatori. Oggi il campus c'è, ma può e deve esserci ancora di più. Come? La città universitaria c'è, la visione di far convivere residenzialità e didattica lascia ancora il segno. Ma c'è bisogno di più vita dentro il campus. La nostra imponente biblioteca è poco valorizzata, tanto per dirne una. Abbiamo cinema, teatri, laboratori, in prospettiva attività commerciali. Tuttavia è come se fosse tutto un po' "morto" dentro, specialmente nei fine settimana e nel periodo di ferie. Già, dove aumentano i rischi... Questo è un punto chiave. Il campus deve vivere sempre, senza soluzioni di continuità. Occorre una maggiore e più razionale mobilità, da e per l'Unical, senza sosta. Arcavacata deve essere collegata alla vita reale del territorio in cui agisce, 24 ore su 24. Deve dare e ricevere sempre. Deve vivere di più, senza smarrirsi nei fine settimana. Bisogna fare di uno spazio un luogo, qualcosa di abitato sempre, di vissuto, di pulsante, di condiviso. Abbiamo strutture ricreative, sportive, persino sanitarie eccellenti. Manca spesso l'anima però, il cuore che pulsa. Il campus, per sintetizzare, c'è ma è come se a volte non ci fosse, come se andasse a dormire. Non è questa la strada del futuro. Perché si candida a guidare l'Unical? Sono stato preside e direttore di dipartimento, ho partecipato alla crescita della nostra Università e ho vissuto stagioni - l'ultima soprattutto - di forte disagio. Sono consapevole che soltanto con un altissimo senso dello Stato e una comprensione dei fatti, scevra da demagogie e improvvisazioni, sarà possibile ridare slancio, innovazione, recupero dei valori fondanti al campus. Cultura, merito, democrazia, servizio alla collettività. Io ci sono. d.m.

Art. 3 - Elettorato attivo L'elettorato attivo è costituito: a) da tutti i professori di ruolo e dai ricercatori, il cui numero è indicato con No, in servizio presso l 'Università della Calabria alla data fissata per lo svolgimento della 1/\ votazione. Gli assistenti del ruolo a esaurimento e i professori incaricati stabilizzati, ai fini dell'elettorato attivo, sono equiparati ai ricercatori confermati. b) da tutto il personale tecnico-amministrativo, ivi compresi i collaboratori esperti linguistici, e dai dirigenti di ruolo, il cui numero è indicato con Nr, in servizio presso l'Università della Calabria alla data fissata per lo svolgimento della 1/\ votazione. Il voto di ognuno degli appartenenti a questa categoria sarà pesato in maniera che il totale dei voti disponibili per la categoria stessa rappresenti il 10% degli aventi diritto al voto denotati alla precedente lettera a). c) dagli studenti, il cui numero è indicato con Ns" facenti parte del Consiglio degli Studenti e dagli studenti facenti parte dei Consigli di Corso di Studio alla data fissata per lo svolgimento della 1/\ votazione. II voto di ognuno di essi sarà pesato in maniera che il totale dei voti disponibili per gli studenti sia pari al 5% degli aventi diritto al voto denotati alla precedente lettera a). I pesi dei voti del personale tecnico-amministrativo e dei dirigenti di ruolo, Pr, nonché degli studenti, Ps, arrotondati in maniera standard alla seconda cifra decimale, saranno determinati rispettivamente dalle formule seguenti: =0,10 Nn e ?'s' =0,05 N D Pr N N . TS I competenti uffici dell’Amministrazione avranno cura di formare gli elenchi degli elettori, distinti per professori, ricercatori, dirigenti di ruolo, personale tecnico-amministrativo e rappresentanze studentesche. Art. 4 - Elettorato passivo L'elettorato passivo è costituito dai professori ordinari in servizio presso le Università italiane alla data di scadenza di presentazione delle candidature, di cui al successivo art. 6. Il professore che assume il mandato di Rettore deve avere esercitato l'opzione di tempo pieno o aver presentato, all'atto della candidatura, una preventiva dichiarazione di opzione in tal senso, che avrà effetto dall'inizio del mandato per tutta la durata dello stesso. Il regime di tempo pieno deve essere mantenuto per tutta la durata della carica elettiva, pena la decadenza dalla stessa.

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La corsa è partita

La “magnifica” sfida di Franco Bartucci

La corsa è partita per eleggere il settimo rettore dell’Università della Calabria, che rimarrà in carica per un periodo massimo di sei anni, secondo la legge di riforma universitaria Gelmini. Lo ha sancito l’assemblea d’ateneo, appositamente convocata dal decano, professor Francesco Costabile, per consentire ai candidati rettori di presentarsi ed illustrare i rispettivi programmi al proprio elettorato, docenti, non docenti e studenti. È accaduto nella mattinata di mercoledì 12 giugno, nell’aula magna “Beniamino Andreatta”, dove si sono presentati, di fronte ad un pubblico molto attento e curioso, ben cinque candidati professori: Domenico Cersosimo, Gino Crisci, Girolamo Giordano, Marcello Maggiolini, Patrizia Piro. Per la prima volta nella storia quarantennale dell’Università della Calabria, nelle votazioni che si sono svolte per eleggere tutti i rettori che si sono succeduti nel tempo: Beniamino Andreatta (eletto nel 1971 dai quattro Comitati ordinatori delle Facoltà di Ingegneria, Scienze economiche e sociali, Lettere e Filosofia, Scienze matematiche fisiche e naturali), Cesare Roda, Pietro Bucci, Rosario Aiello, Giuseppe Frega, Giovanni Latorre, gli aspiranti sono più di due, come appare dallo schieramento di quest’ultima competizione che avrà luogo a partire dal prossimo primo luglio. Se in passato il confronto-scontro è sempre avvenuto tra due candidati, questa volta, invece, i concorrenti sono cinque e tra di questi c’è una donna, Patrizia Piro. Dopo Laura Luchi, all’epoca preside della facoltà di Ingegneria, che nelle votazioni del mese di giugno del 1999, si contrappose all’elezione di Giovanni Latorre, per rinuncia del rettore uscente, Giuseppe Frega, è la seconda volta che una donna si propone per guidare le sorti future dell’ateneo di Arcavacata. Questa competizione allargata a cinque candidati è figlia di una crescita democratica all’interno dell’Università della Calabria ma anche sintomo di una frammentazione accentuata di interessi cresciuta nel frattempo all’interno dell’ateneo, causata dall’inerzia imposta e cresciuta durante il lunghissimo rettorato (tre mandati più extra Gelmini per quattordici anni complessivi che rimarrà imbattibile) del rettore, Giovanni Latorre. A sentire i candidati durante il dibattito sviluppatosi all’interno dell’assemblea è piuttosto la seconda condizione a primeggiare, in quanto pur in modo diverso hanno preso tutti le distanze dalla gestione Latorre parlando di “discontinuità” e cambiamenti radicali nella metodologia di gestione dell’università. E questo non sappiamo quali effetti ha prodotto nel carattere e nella personalità del rettore uscente, Giovanni Latorre, presente in aula a seguire l’andamento del dibattito. Probabilmente si assisterà nei prossimi giorni e prima del primo luglio (data fissata per la prima votazione) ad una intromissione del pensiero Latorre nel dibattito a giustificazione e valutazione del suo operato; mentre qualcuno dice che sarà impegnato a sostenere un suo candidato preferito a sostegno di una continuità progettuale per lo sviluppo dell’università. Per adesso i candidati durante la prima assemblea non sono entrati nei contenuti dei loro programmi, in quanto ancora aperti ed in fase di elaborazione per effetto d’ incontri e confronti in corso di svolgimento con le varie categorie interne all’università.

Chi sarà il nuovo rettore dell'Università della Calabria? Girolamo Giordano parla della necessità di riappropriazione dell’università rispetto al passato con la riscrittura dello statuto e dei regolamenti per garantire la massima trasparenza ed efficienza dell’apparato amministrativo (una parola cara e adottata dal rettore Pietro Bucci nel 1979 che lo portò, per questo ad istituire con il primo aprile 1980 l’ufficio stampa); mentre la “pasionaria” di Arcavacata (tale è stata definita da un editoriale di Fatti al Cubo), Patrizia Piro, lotta per vincere questa battaglia parlando di un programma di lavoro che mette in primo piano un ruolo assembleare di democrazia partecipata di tutte le componenti risalendo alle origini dell’Università della Calabria e stimolando una partecipazione attiva coerente e libera nell’espressione del voto come nell’impegno di lavoro per la rinascita dell’Ateneo. Una rinascita che mette al centro il valore dell’uomo con l’espressione migliore della sua azione individuata nel sentimento dell’amore che deve vigere nei vari rapporti per consentire il superamento delle barriere conflittuali e delle divisioni ed essere strumento di nuovi entusiasmi e partecipazione al cammino di sviluppo dell’Università. Cosa dire poi del rasserenante Marcello Maggiolini che con le sue slide presenta un progetto di gestione dell’Università in modo condiviso e partecipato per una estensione attiva a livello internazionale ma incappando in un incidente storico nel momento in cui fa risalire la nascita dell’Università della Calabria ad un incontro tra politici nel Crotonese avvenuto nel 1971! Per la verità della storia è il caso di puntualizzare che le basi, le forme e il carattere con le sue specificità della prima università statale in Calabria furono discusse ed impostate nell’ambito della Conferenza regionale “Scuola e Università in Calabria”, svoltasi a Cosenza, nel palazzo dei Bruzi, il 6 e 7 dicembre 1963, promossa dal presidente della Provincia di Cosenza, Antonio Guarasci. (vedi pag. 11 - primo volume Storia Università della Calabria, dalla legge istitutiva alla sua realizzazione di Aldo Bonifati - Pellegrini editore). La legge istitutiva arriverà nel 1968 per merito del presidente del Consiglio, Aldo Moro

ed altri, tra i quali il ministro Giacomo Mancini. Il serafico e maturo Gino Crisci parla di una università addormentata e condotta sulle vie della normalizzazione dimenticando le sue specificità derivanti dalla legge istitutiva e dal suo primo statuto. Peccato che questo atteggiamento non appartiene ai nostri giorni, ma risale all’inizio degli anni Ottanta con le varie leggi di riforma del sistema universitario italiano che non hanno tenuto in considerazione delle specificità dell’Unical, alla quale doveva essere riconosciuto il merito di aver per prima in Italia impostato ed approvato uno statuto unico ed innovativo sul piano della organizzazione amministrativa, didattica e scientifica (Dpr 1° dicembre 1971, n.1329, firmato dal ministro della Pubblica istruzione, Riccardo Misasi). Tutto questo per debolezza ed incapacità interna alla stessa università per non parlare della forte disattenzione della classe politica e sindacale calabrese. Occorre, quindi, secondo Gino Crisci studiare una nuova strategia per rivitalizzare il campus, come il nuovo rettore deve essere scelto in base alla sua capacità e ai propri trascorsi mettendo in campo competenze ed esperienze. Mentre per il riflessivo esperto economista, Mimmo Cersosimo, non bastano rattoppi per superare lo stato di crisi dell’Università, ma occorre creare un nuovo sarto ed una nuova sartoria. Parla di discontinuità per passare dalla fase di crescita quantitativa ad una qualitativa. Ci sono le eccellenze che vanno valorizzate per raggiungere gli standard necessari alla intercettazione delle risorse utili al superamento della crisi economica e sociale dell’Università. Resta poi il comune pensiero per la valorizzazione del Campus universitario di Arcavacata anch’esso tradito in questi anni. Ma questa è un’altra storia che sarà certamente oggetto di ulteriori interventi da parte di tutti i candidati e che seguiremo con particolare interesse perché rappresenta il cuore della questione di rinascita dell’università con la chiusura di un capitolo ormai quarantennale per aprirne uno nuovo, alla cui base ci sarà la individuazione del settimo rettore che ci auguriamo sia di reale discontinuità, anche nel... E questo sarà un atto di reale coraggio che si rifletterebbe in positivo sia sull’Università che sulla stessa società calabrese di fronte alle attese e speranze di un Paese alla ricerca di un equilibrio politico, economico e sociale nel contesto di una Unione europea alla ricerca anch’essa di una sua stabilità economica, politica, sociale, etica e culturale.

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Mezzoeuro Sacchetti sempre in emergenza

I rifiuti a Cinque stelle È finita l’emergenza rifiuti in Calabria? Nessuno ci crede, e l’evidenza che sta a dimostrare che tutto è rimasto come prima se non peggio di prima. Si è forse chiusa per sempre e senza rimpianti la fase commissariale, dalla quale era lecito aspettarsi grandi risultati, poiché la logica di una gestione straordinaria è quella di superare l’impasse burocratico e introdurre metodi snelli di decisione. La storia del commissario straordinario ai rifiuti è ancora tutta da scrivere, e gli unici che avrebbero titolo sarebbero i magistrati, poiché non vi è dubbio alcuno che tutta la gestione sia stata caratterizzata da sprechi, inefficienze, assenza di programmazione, ma soprattutto stravolgimento di qualsiasi regola di buon senso e di qualsiasi prudenza giuridica. Fa un pò senso leggere la strana emergenza dei paesi del Nord Europa in crisi per una insufficiente produzione di rifiuti. Se non fosse per la eccessiva distanza, insomma, avremmo una soluzione semplice ed economica per risolvere il nostro annoso problema, vendendoli ai virtuosi riciclatori scandinavi. Quello che non si riesce a chiudere è la lunga fase dell’emergenza, ma soprattutto la filosofia di fondo che ha fin qui dominato l’intero settore. Senza essere degli esperti, risulta evidente che l’impostazione data al problema è del tutto errata. Viene invece puntualmente riconfermata dalla rimodulazione del Piano regionale, che altro non è che la ripresentazione dello stesso piano precedente, nobilitato da qualche ricca parcella degli esperti di turni che si sono messi all’ombra del nuovo potere. C’è da chiedersi perché non si riesce ad uscire da questa logica, e discutere sulla base di un documento predisposto dal Movimento 5 stelle, che oggi sta sulla graticola, ma che pur gode di un ampio consenso nell’elettorato ed esprime poco meno di un terzo della rappresentanza parlamentare. Ecco cosa scrivono nel loro documento, pregevole per la semplicità di scrittura, il rigore delle analisi, e il ribaltamento culturale che lo ispira. Fosse pure tutto sbagliato meriterebbe una grande attenzione, perché si tratta di un percorso finalmente nuovo, che viene nobilitato dal sicuro fallimento di quanto fatto finora. Riportiamo l’introduzione. «Il Piano attualmente in vigore in Calabria, predisposto nell’anno 2007, è fondato sulla suddivisione del territorio in 3 macro aree: Calabria Nord, Calabria Centro e Calabria Sud. Queste a loro volta dovevano essere amministrativamente suddivise in 5 Ato (Ambiti territoriali ottimali che ricalcano i territori provinciali e a loro volta suddivisi in sub-ambiti), che in realtà però “...non hanno mai iniziato ad operare” e le cui funzioni sono state commissariate facendo dunque confluire le loro risorse finanziarie nella contabilità speciale gestita dall’ufficio del commissario. All’interno dei suddetti Ato (tra l’altro ritenuti non omogenei e con seri problemi di viabilità), sono presenti 7 impianti di trattamento meccanico-biologico o tmb; 8 impianti di compostaggio di frazioni organiche selezionate; 11 discariche e 1 inceneritore. La filosofia a cui si ispira il Piano, anche nella più recente versione, è, per l’appunto, raccogliere per “valorizzare”, dove la c.d. valorizzazione non è altro che la parte conclusiva del ciclo e si traduce nel conferimento in discariche e/o inceneritore dove bruciare i rifiuti! Infatti, è enunciato nell’ultimo Piano del 2007 a pagina 131 che: «In conclusione, nell’ambito del Piano regionale di Gestione dei rifiuti si dovrà pre-

non finalizza la sua produzione a ridurre gli imballaggi e a non produrre materiale riciclabile, nonché a favorire la massimizzazione del recupero e il riutilizzo, migliorare le condizioni di smaltimento, ridurre il conferimento a discarica, individuare bacini di utenza autosufficienti».

Strategia rifiuti zero e il metodo delle 5 R

Documento predisposto dal Movimento, ma che non riceve grande attenzione. Almeno è qualcosa di nuovo rispetto alla “spazzatura” prodotta fino ad ora vedere in relazione al pretrattamento del rifiuto indifferenziato: - la necessità di sottoporre il rifiuto indifferenziato a pretrattamenti di tipo meccanico/biologici preliminari al successivo smaltimento in discarica o all’eventuale valorizzazione energetica; - la necessità di prevedere la qualificazione della componente secca del rifiuto trattato a cdr così come per altro già avviene; - la necessità di valorizzare adeguatamente l’impiantistica di trattamento già esistente sul territorio regionale; - la necessità di sviluppare un’impiantistica aggiuntiva sul territorio in grado di assicurare il fabbisogno di pretrattamento del rifiuto indifferenziato, per quanto non soddisfatto dagli impianti di cui al punto precedente; - la necessità in relazione alla nuova impiantistica di riferirsi a processi di selezione/stabilizzazione e di digestione anaerobica, al fine di consentire il trattamento della frazione umida raccolta in forma differenziata e conseguire importanti recuperi in termini energetici». Questa filosofia ha prodotto la stipula di convenzioni tra l’ufficio del commissario e le ditte aggiudicatrici sotto forma di contratti del tipo “porta o paga” per cui, in pratica, invece di favorire la riduzione della quantità di rifiuti prodotti (che comporterebbe, se incoraggiata, come la stessa legislazione europea auspica quale primo approccio nella gestione dei rifiuti, una minore quantità di rifiuti prodotti e, quindi, minor combustibile da “recuperare” nell’inceneritore e/o discariche), inducono le amministrazioni locali conferitrici a non ridurne la produzione sotto una certa soglia per non incorrere in aumenti di spesa. In altre parti d’Italia, invece, sono molto diverse le filosofie d’intervento. Per esempio nel Veneto le strategie principali si sono orientate a prevenire la formazione dei rifiuti, definire le responsabilità del produttore che

Per uscire definitivamente dallo stato di emergenza perenne in cui ci troviamo occorre adottare un metodo nuovo in grado di risolvere definitivamente il problema endemico della gestione dei rifiuti. Il metodo della “Strategia rifiuti zero” delle 5 R, ovvero: 1- Rieducazione 2- Riduzione rifiuti 3- Riutilizzo dell’utilizzabile 4- Raccolta differenziata 5- Riciclo, prendendo a modello realtà come Capannori e Vedelago, anche per l’adozione di protocolli immediatamente applicabili che coinvolgano direttamente i cittadini anche nelle scelte di gestione. Momento essenziale, quello del coinvolgimento diretto dei cittadini calabresi, perché solo attraverso una assunzione di responsabilità diretta da parte della popolazione calabrese che influenzi i suoi rappresentanti, si potrà realizzare la c.d. strategia "Rifiuti zero" che è il fine ultimo di questo piano.

Gli step per la realizzazione

La proposta del coordinamento Calabria del M5s è rivoluzionaria: chiediamo la semplice applicazione della normativa vigente. L’Unione europea infatti, persegue da tempo l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale della produzione e dello smaltimento dei rifiuti come viene anche suggerito dalle organizzazioni mondiali attente alla salute dell’uomo e dell’ambiente (ricordiamo tra tutte la conferenza sullo sviluppo sostenibile: Ambiente umano, voluta dall’Onu) e finalmente grazie all’ultimo T.U. ambientale legge anche in Italia. L’Unione legifera e consiglia di ricorrere alle fonti rinnovabili, al riciclaggio e ad una gestione razionale dei residui. Ovvero la strategia proposta è di dare spazio ad opere di prevenzione quindi educare a produrre meno rifiuti durante tutto il ciclo di vita di un certo prodotto e predisporre gli strumenti per correggere i danni causati all’ambiente, attivando il riuso e il riciclo, introducendo anche le contribuzioni in denaro per chi inquina a favore di chi invece è attento alla salubrità dell’ambiente (chi inquina paga e chi non inquina riceve benefici). Il coordinamento Calabria del M5s, tramite l’analisi sulle tante valutazioni, proposte e realizzazioni prodotte dall’intelligenza collettiva in rete degli esperti di settore, dai Cittadini, dai comitati e delle associazioni e dagli enti locali virtuosi, si vuole costituire come portavoce di una corretta e concreta soluzione con chi ci sta, senza alcuna barriera ideologica. Noi vogliamo importare anche in Calabria un progetto già altrove realizzato che è diametralmente alternativo a quello fino ad oggi perpetrato da questa classe politica: la “Strategia rifiuti zero per la Calabria”; strategia articolata e su cui, fortunatamente, non dobbiamo inventarci nulla, perché incentrata su due delle migliori esperienze realizzate in Italia: “Centro riciclo di Vedelago” e “Sistema rifiuti zero di Capannori” che sono diventate anche punto di riferimento per l’Europa. O.P.


Anno 37 - 15 Giugno 2013 - Numero 24

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Cosenza “scoperta” dall’educational tour in bus

Rubbettino ospita la prima assemblea nazionale di “Cataratta congenita”

Riparte il servizio di accoglienza turistico nella città dei Bruzi


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Mezzoeuro Speciale sanità

La lotta ai tumori ha un’arma in più «Permette di trattare in modo preciso e non invasivo un tumore, risparmiando i tessuti sani e utilizzando dosi elevate di radiazioni ionizzanti consente di ottenere dei risultati terapeutici migliori». È la definizione che il dottor Valerio Scotti dà della Body Radiosurgery (radiochirurgia o radioterapia stereotassica ipofrazionata), tra le tecniche più evolute di radioterapia oncologica. Il Malzoni Radiosurgery Center di Agropoli (Sa) è attualmente il centro con la più alta casistica di trattamenti e ri-trattamenti radiochirugici e di radioterapia stereotassica.

Fondato nel 2004

all’interno dell’Ospedale civile di Agropoli, e convenzionato con il Ssn, la Malzoni Radiosurgery vanta la più alta casistica europea per il trattamento radioterapico stereotassico delle patologie oncologiche epatiche e polmonari «ma questa terapia - precisa il dottor Scotti, direttore del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica - può essere applicata anche a lesioni che interessano altri distretti corporei come il mediastino, il pancreas, l’addome, il distretto testa-collo, l’esofago, i reni e surreni, lo spazio retroperitoneale, retto, prostata». La Body Radiosurgery si pone ormai come valida alternativa alla chirurgia tradizionale soprattutto quando questa non possa essere effettuata; trova indicazione per quei pazienti in cui i tumori sono diventati resistenti alla chemioterapia o che hanno già effettuato una radioterapia convenzionale. «Controllando i movimenti dovuti alla respirazione - spiega il dottor Scotti -, individuando in maniera precisa il bersaglio da colpire ed effettuando un controllo costante della terapia, il risparmio dei tessuti sani è massimo, evitando gli effetti collaterali della radioterapia convenzionale. Il trattamento radioterapico stereotassico ha dimostrato una tollerabilità elevatissima ed essendo effettuato in regime di “day hospital”, ossia senza la necessità di un ricovero, permette al paziente di riprendere subito le proprie attività quotidiane». A conferma della validità di questa risorsa clinica per il trattamento dei tumori, sono in

Il Dott. Valerio Scotti descrive vantaggi e possibilità della Body Radiosurgery una nuova opzione terapeutica per la cura del cancro: «La precisione millimetrica consente nuovi trattamenti» fase di pubblicazione studi che vedono nella Body Radiosurgery risultati pari e sembra addirittura superiori in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Solitamente, invece, è usata come un’alternativa alla chirurgia tradizionale «costosa, difficile e che richiede un lungo periodo di ricovero - continua Scotti - La nostra tecnologia, insieme alla grande e pionieristica esperienza degli operatori, consente una precisione di trattamento millimetrica, valutando durante l’irradiazione il movimento interno degli organi e del tumore dovuti alla respirazione». La Malzoni Radiosurgery di Agropoli ha due acceleratori lineari di ultima generazione che permettono si eseguire anche una radioterapia tradizionale. «La sperimentazione - dice l’Ad del Malzoni Paola Belfiore - viene ora estesa anche alle terapie tradizionali. I due acceleratori lineari, così come i bunker, sono due macchinari

gemelli. Tale caratteristica consente di affrontare l’eventuale blocco di una delle due sorgenti, semplicemente trasferendo i piani terapeutici da un acceleratore all’altro». Il dottor Scotti entra poi nel dettaglio dei trattamenti. «L’effetto radiobiologico (cellkilling) superiore delle singole sedute (radioterapia ipofrazionata) associata al risparmio dei tessuti sani (precisione dei sistemi stereotassici) ci consente di trattare lesioni anche in distretti delicati come fegato, vie biliari, pancreas e di effettuare ritrattamenti in pazienti con nuove lesioni e/o con lesioni già irraggiate sia con tecnica stereotassica che con tecnica convenzionale. Sono stati irradiati circa 1600 tumori comprendenti tutte le zone corporee (testa-collo, torace, addome, pelvi) anche in distretti difficili da trattare (fegato, lesioni paraspinali, mediastino, rene)» spiega il dottor Scotti, responsabile del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica del Malzoni Radiosurgery Center.


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Sabato 15 Giugno 2013

Speciale sanità Acceleratori lineari In basso, un telaio stereotassico Nel box in alto, Paola Belfiore amministratore delegato del Radiosurgery center

Medicina del dolore

Trattamenti all’avanguardia per sconfiggere il dolore Il Centro di Medicina del dolore dell'Irccs Neuromed continua ad ampliare il numero di innovativi trattamenti terapeutici per i propri pazienti. Questa branca specialistica, finalizzata a studiare le cause del dolore per adottare ed applicare le terapie più adatte per eliminarlo, è in continua evoluzione. In Neuromed oggi è possibile fruire di alcune importanti novità terapeutiche contro il dolore: l'epidurolisi, trattamenti intradiscali tra cui l'ozonolisi e i trattamenti a base di capsaicina. L'epidurolisi è una tecnica particolarmente indicata nelle patologie del canale vertebrale e dunque contro il dolore generato da cicatrici post-operatorie o post-traumatiche e consiste in una sorta di "pulizia" del canale vertebrale, che consente di liberare le aderenze riducendo la "strozzatura" del nervo. È una tecnica percutanea, quindi non invasiva, molto valida in caso di dolore lombare persistente anche dopo trattamenti chirurgici inefficaci e per il trattamento di dolori da precedenti interventi sulla colonna vertebrale lombo sacrale; si pratica sotto anestesia locale o blanda sedazione e prevede, generalmente, solo un paio di giorni di ricovero. Anche l'ozonolisi intradiscale, o ozonoterapia intradiscale, richiede una semplice anestesia locale ed è pressoché indolore. È un trattamento indicato in caso di ernie e protusioni discali con conservata integrità del disco e, nell'80-85% dei pazienti trattati, può rendere non necessario l'intervento chirurgico poiché consente di decomprime il disco riducendone il volume e di risolvere l'infiammazione delle radici nervose. Ultimi, ma non per eccellenza, i trattamenti a base di capsaicina, un composto chimico presente in piante della famiglia Capsicum, tra cui il peperoncino piccante. Da millenni l'uomo è a conoscenza degli effetti positivi del peperoncino sulla salute, ma solo di recente si è riusciti a comprendere il ruolo giocato dalla capsaicina e se ne sono investigati più approfonditamente i diversi effetti, tra cui quello analgesico e antinfiammatorio. Il Centro di Medicina del dolore del Neuromed ha introdotto dei particolari cerotti a base di alte concentrazioni di capsaicina per il trattamento di patologie post-erpetiche e altre neuropatie in day hospital. Anche questa tecnica, da pochissimo introdotta, sta fornendo ottimi risultati clinici e incontrando la grande soddisfazione dei pazienti trattati.

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Sportelli in confusione

di Oreste Parise

Vi è grande confusione sotto il cielo bancario, tanto che diventa difficile seguire una condotta lineare. Il mercato del credito soffre oggi di una assenza di stimoli, almeno se guardato sotto la lente delle imprese. il cavallo non beve, come si diceva una volta, non tanto per mancanza di sete, ma per inedia.

Il “circo” è in affanno per l’assenza di stimoli ma soprattutto per la grave crisi tra le banche e la sua clientela

L’usura e il mercato Molte imprese non hanno neanche la voglia di mettersi ancora una volta in gioco. Sta accadendo un fenomeno paragonabile ai giovani. Il tasso di disoccupazione non riflette più adeguatamente il loro dramma, poiché molti rinunciano addirittura a cercare un lavoro, non risultano nelle statistiche di chi anela a una occupazione. E non perché stiano bene o si sentano soddisfatti del loro status. Semplicemente disperano che abbia ancora un senso accalcarsi in mille per un posto di spazzino comunale, o operatore ecologico per rispettare l’etichetta del politically correct. Guardano altrove, magari all’estero, e l’emigrazione ha assunto un ritmo davvero apocalittico tanto che tra qualche decennio l’Italia potrebbe diventare il melting pot d’Europa, dove si formerà la nuova nuova razza “abbronzata”, come definita da un nostro ineffabile politico nelle sue esternazioni di puro cabaret. Il problema del credito è nel “crunch”, questa incomprensibile neologismo anglitano, che ha vari significati: sgranocchiare, scricchiolio o momento critico, crisi. Il vero dramma di famiglie ed imprese è proprio questo la crisi del rapporto tra le banche e la sua clientela. Dei due corni del rapporto bancario (raccolta e impieghi) ne è rimasto solo uno: le banche vogliono i soldi per utilizzarli a loro piacimento, in attività lucroso dove qualche colpo ben riuscito può salvare il bilancio senza doversi sforzare di trattare con i sindacati, al di là degli esuberi. Tra qualche anno la questione verrà definitivamente risolta con l’avvento delle banche senza personale sostituiti da efficienti robot che tra i tanti meriti hanno soprattutto quello di non scioperare mai. Dal canto loro famiglie e imprese attraversano un momento di riflessione profonda. Un panificio ben accorsato ha denunciato un calo della vendita di pane tra il 30 e il 50%, non tanto perché si mangia meno pane, ma lo si consuma quasi per intero. La diminuzione non è tanto nel consumo, ma nello spreco. Questo non può che essere considerato un riflesso positivo della crisi, perché sarebbe auspicabile che tutti ci abituassimo ad un utilizzo più razionale dei beni. Tuttavia, la teoria della decrescita non può ignorare l’urgenza della grande trasformazione necessaria per un radicale cambiamento del modello di sviluppo, che prediliga la qualità della vita e la razionalizzazione delle risorse. Il grande piano Marshall evocato da Marchionne è una necessità se si vuole evitare il pauperismo, il ritorno a uno stadio medioevale, dove una esigua classe di privilegiati vive sulle spalle di una umanità sofferente. In questo il credito gioca un ruolo determinante, perché è un potente strumento di riallocazione del-

le risorse, e consente di concentrare le disponibilità sugli investimenti indispensabili a provocare questo rivolgimento economico. C’è una sorta di congiura, che impedisce di affrontare razionalmente la questione del superamento di questo momento di stallo. Il finanziamento degli investimenti viene scambiato per indebitamento, la frapposizione di vincoli all’operato delle banche una vittoria dei consumatori. L’obiettivo da perseguire è quello di riportare le banche sul terreno dell’economia reale, impedendogli per via legislativa di poter effettuare operazioni speculative. questo significa separare nettamente le banche d’affari dagli istituti di intermediazione finanziaria, o banche di credito ordinario che dir si voglia. Queste devono poter operare e restare sul mercato ricercando nell’intermediazione finanziaria le occasioni di profitto. Tradotto in termini banali questo significa che la determinazione per legge di un tasso soglia, al di là del quale il comportamento delle banche viene classificato come usuraio è semplicemente assurda. Questo perché il comportamento prudente delle banche si traduce ipso facto in un restringimento del credito, con la conseguenza del proliferare degli operatori commerciali in attività come la “compravendita di oro, incenso e mirra”, che si vedono ad ogni angolo di strada. Non sono altro che un camuffamento dell’attività usuraria legalizzata. Pagare mezzo punto in più ad una banca molto spesso significa evitare di pignorarsi la fede matrimoniale, o vendersi gli orecchini della prima comunione. La legislazione in materia è frutto di un grande equivoco, poiché ha provocato una situazione analoga alla legge Merlin sulla chiusura delle “case chiuse” (!), con un aumento della prostituzione e dello sfruttamento ad esso connaturato. Una ennesima sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta recentemente a chiarire in che termini si debba calcolare il tasso di interesse da confrontare con la soglia massima stabilita dalla legge. Non si deve far riferimento solo a quello che viene classificato sotto la voce interessi, ma biso-

gna includervi anche tutte le spesse aggiuntive che si sono sostenute per poter ottenere il prestito, interessi moratori, spese di assicurazione. Questa è una decisione assurda, poiché qualifica come illegale una operazione sulla base dell’evoluzione successiva del rapporto, ponendo alle banche un vincolo stringente, poiché si vedono costrette a operare o in condizioni estremamente favorevoli, quando i tassi di mercato sono talmente bassi da consentire di affrontare il rischio di vedersi condannate per superamento della soglia, oppure rinunciare agli interessi di mora. Di fatto queste condizioni non si verificheranno mai, poiché la soglia viene adeguate alle condizioni di mercato. «Una sentenza che assesta un colpo alla protervia del sistema bancario», dichiara Elio Lannutti dell’Adusbef, che la considera una grande vittoria per i consumatori. Ma a ben vedere potrebbe trasformarsi in una vittoria di Pirro, perché non fa che indurre le banche a un atteggiamento di maggiore cautela con una esasperazione del credit crunch. Se ieri era difficile ottenere credito, domani diventerà drammatico, e le famiglie si vedranno costrette a vendersi anche la lingerie per poter affrontare le necessità straordinarie, mentre le imprese difficilmente troveranno banche disponibili a finanziare i loro programmi di investimento, poiché il tasso di interesse incorpora una componente di rischio, eliminata la quale si cade nel rifiuto. Appare comprensibile che la Federconsumatori di Cosenza si mobiliti per costringere le banche ad « inserire nei contratti di mutuo clausole che “permettono” di superare il tasso di usura, grazie al cumulo del tasso di interesse sul mutuo e del tasso di mora», poiché se la legge lo prevede, è giusto che essa venga applicata, poiché viviamo pur sempre in uno stato di diritto, anche se il diritto sembra essere in uno stato confusionale... «In seguito alla sentenza, moltissimi cittadini si sono rivolti allo sportello della Federconsumatori di Cosenza, chiedendo delucidazioni sulla vicenda e assistenza tecnico-legale». Quando sia stato superato il tasso di usura, la Federconsumatori di Cosenza intende assistere i risparmiatori a chiedere la nullità parziale dei contratti, ritenendo il contratto valido in sé, ma nulle le singole clausole “incriminate”, l’eliminazione di tale clausola dai contratti futuri; la restituzione delle somme pagate in più e relative al superamento dei tassi di usura per non “debenza” (horribile dictu!). Una posizione comprensibile per i singoli, ma che non affronta il problema politico del ruolo politico delle banche, che non possono continuare a essere sottoposte a vincoli da un lato e pressioni per allentare i cordoni della borsa. Questo genere di decisioni giudiziarie su problematiche tecniche costituiscono un formidabile ostacolo al superamento della crisi. In questo momento abbiamo bisogno di flessibilità nei rapporti creditizi, e se si vuole incidere nel settore bisogna chiedere l’immediata chiusura dei negozi di vendita di oro, argento, mirra e di tutte le bische legali che vendono illusioni.

Per ulteriori informazioni e assistenza, lo sportello della Federconsumatori di Cosenza di piazza dei Bruzi, presso la sede del Sunia-Cgil, è aperto ogni mercoledì dalle 9.30 alle 13.

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Mezzoeuro Una regione in agonia

Con il marcio addosso, dove vuoi andare di Giuseppe Aprile

Sono grandi i bisogni della Calabria e dell’Italia per capire da dove ripartire e come. Ed anche il giornale e la comunicazione in genere, essendo centrale il potere di giudizio della gente, che da noi sembra piena di confusione, devono prendere definitivamente una strada senza ritorno, ma diretta verso un domani senza incertezze e senza tentennamenti. Vediamo cosa succede nella vita pubblica, politica, sociale ed economica. In primis sulla politica. A breve la costruzione definitiva della mappa del potere, delle responsabilità, dei bisogni, dei valori, dei mali come dei beni di questa terra. Vogliamo ripartire, rivedere, riflettere “dare a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio” Le elezioni non sono fatte se non per scegliere e governi, e opposizioni, in base ai programmi presentati, le idealità rappresentate, la storia di ognuno, e secondo la volontà popolare. Le elezioni fanno contare i voti come espressione della volontà popolare. Alla fine possono negare a tutti il diritto a governare, Così è avvenuto alle ultime. Non era e non è un aver determinato un governo. Le elezioni possono anche dire che le gente vuole ben altre cose, ben altre forze. Possono non riconoscere ad alcuno il diritto di diventare maggioranza; o minoranza. Ed allora bisogna rifare, ripartire, rivedere, riproporre. L’errore fatto nei mesi scorsi è stato quello di ritenere le elezioni fonte di un governo e Grillo in dovere di fare quel che nessuno gli ha consentito o chiesto di fare. Stiamo ad una fase di immensa confusione istituzionale. E mi viene di fare un grande parallelo: Calabria e Italia. Vedo le conseguenze di una unica ed eguale logica. Il popolo non ha espresso chiaramente la sua volontà. Gli inquinamenti, le false promesse, i finti programmi hanno determinato una confusione che rischia di non farci uscire per trovare una strada diritta e giusta al fine di costruire il lavoro, la giustizia, il buon governo e, chiaramente, una politica nuova, fatta di maggioranza e di opposizione o, di maggioranza e opposizioni. In Calabria soprattutto, ma anche in Italia, serve ripartire per chiarire, riflettere, ripensare la politica e la società. Quante cose stanno avvenendo in Calabria! Politici corrotti, politici incapaci, anche politici discreti e non da buttare a mare, si alternano su un terreno dove non trovi fatti negativi che vedano colpevoli solo da una parte e meritevoli solo dall’altra. La corruzione dei finanziamenti alla regione, non potevano non registrare responsabilità anche per le forze di opposizione o di minoranza che siano. Certo, da una parte si ruba mille, dall’altra cento: la basta per compromettersi l’uno con l’altro e, infine, far perdere mordente alla lotta tra parti che è il vero sale della democrazia. Nel caso dei gruppi regionali non c’è imputato solo l’uomo di destra ,a anche quello di sinistra. Sono quattordici a dover rispondere: tutti. Bianchi e neri, di destra e di sinistra. La magistratura vedrà, ma come per le altre cose, una cosa è la verità giudiziaria, ben altro è quella reale. E la politica non può disperdere il suo ruolo. Io non voglio un presidente che un giorno si e l’altro pure della avere a che fare con magistrati, carabinieri, finanza, operatività per doversi difendere da accuse infamanti quali il peculato, l’interesse privato in pubblico, la traduzione della politica da fatto politico e fatto finanziario e che ri-

Occorre ripartire e per farlo ci vogliono volti nuovi che possano dare speranza e fiducia agli elettori, soprattutto in Calabria dove da anni non esistono più punti di riferimento istituzionali degni di nota duce una amministrazione di un bene pubblico in fatti economici, clientelari. Nei giorni scorsi: richiesta di nuovo rinvio a giudizio per Scopelliti, la sua vice ed altri, il giudizio del Tribunale (ci voleva pure? Ma questa legge italiana non finisce mai di stupire) per la non utilizzabilità della giunta di Reggio, sciolta per mafia, per ruoli simili, ma che, nell’intento ha visto Scopelliti nominare assessore regionale il suo fedelissimo sindaco Demi Arena con posti liberi per altro personale non testimone di garanzie

democratiche e civili per le istituzionali. Questione, infine, interne agli uffici della magistratura, causa dei debiti del comune di Reggio, posizione incomprensibilmente del comitato dei sindaci della ionica reggina che si dolgono per lo scioglimento di comuni pieni di attività amministrativa da dove traspare solo l’influenza mafiosa e comunque clientelare che trafigge l’amministrazione pubblica, arresti a non finire nel campo della malavita locale e nazionale, la mancanza di ogni forma di attività positiva da parte di chi amministra la regione, la provincia di Reggio, decine di comuni, beni pubblici, poteri che dovrebbero essere dello stato. Vediamo di ricostruire una base conoscitiva e di partenza, perchè qui serve non perdere la via della rinascita. Che il paese sia davvero in uno stato di ingovernabilità è dedotto sia dai risultati elettorali, sia dai rapporti tra le forze che sono rimaste nel Parlamento e sia dalle incisive novità che sono emerse che chiariscono sulla presenza di un elettorato fortemente identificato nelle aree di pensiero che in atto costituiscono la sua base. E su questo occorre non disperdere il significato, se davvero vogliamo porci all’altezza della lezione che gli elettori hanno dato a tutti: sia ai politici, sia al paese nella sua interezza. E’ stato significativo anche il rifiuto dei piccoli partiti e del sistema balordo che fino ad oggi non aveva mai messo definitivamente alla berlina ideologie


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Sabato 15 Giugno 2013

Una regione in agonia

gioranza, ha duramente perso rispetto alle passate elezioni; che Bersani non ha vinto e insiste sul tema di essere primo senza far capire cosa significhi e cosa vuole dire; la cosa che si capisce, invece, è la sua pretesa in conseguenza: avere l’incarico; sia Bersani che Berlusconi hanno un accusatore per responsabilità eguali e di eguale gravità; quindi che ritiene da mandare a casa, i partiti aggregati non graditi e motivati solo da voglie di acquisire spazi personali di cui il paese non ha assolutamente bisogno; il M5s resta l’unica novità anche come alternativa tutt’altro che priva di valori politici e sicuramente non voto di protesta.. Monti è senza significato e valore. È comunque fuori gioco. Perché temere nuove elezioni? Che ci sarebbe di scandaloso? Ma è possibile che ci scandalizzi più il rifare le elezioni che il veder tradimenti quali sarebbe qualunque forma di aggregazione per fare maggioranza? Qualunque e qualsiasi? E cos’è il “senso di responsabilità” che viene invocato da Bersani all’indirizzo di Grillo che tutti ovviamente devono tradurre in un invito tanto patetico quanto disperato di dire “votami, alleati con me se no -manchi di senso di responsabilità- sapendo che Grillo è sia contro lui, che contro Berlusconi perchè li ritiene in eguale misura responsabili dello sfascio in cui versa il paese e contro di loro ha fatto tutta la campagna elettorale.

I romani della decadenza

e aggregazioni a più riprese bocciate. Il nostro sistema elettorale è stato inquinato da furbi che, sapendo che esistevano aree di elettori molto legate a proprie idealità storiche, politiche e cattoliche soprattutto, inventavano partiti e aggregazioni di vario nome che, però, le alleavano e componevano tante aggregazioni comandate da un capo, così da una parte non smentivano la tendenza bipolare, ma dall’altra, cosa peggiore, le forze candidate erano in numero di gran lunga superiore al periodo in cui il sistema era proporzionale. Era il peggioramento del sistema proporzionale che dicevano di voler combattere come ragione di un passato responsabile del continuo cambiamento di governi, e di fatto avevano trasformato un sistema che da otto, dieci partiti del passato, si era arrivati che dieci, dodici partiti erano per entrambe i poli in contesa. La confusione è stata peggiore e la chiarezza definitivamente affossata. Il processo di disaffezione della pubblica opinione dalla politica non poteva trovare miglior stimolo e migliore difesa. Ora abbiamo avuto un risultato che ha detto basta davvero con gli imbrogli, basta con ideologie senza futuro, sconfitte dalla storia e non più contenenti proposte davvero legate ai bisogni del paese che comunque è andato alla deriva soprattutto in questi ultimi tempi rimasto senza lavoro, sen-

za democrazia, senza un sistema decente per scelte positive. A parte anche il fatto che per il degrado sembra facessero a gara a chi ne facesse di più. Fino a che la gente s’è trovata un paese allo sbando. Privo di lavoro e di giustizia, con il predominio delle persone sulla politica dove l’ideologia era soltanto un pretesto per avere consensi. Ora abbiamo chiarezza sui fronti importanti della politica. S’è affermata l’idea che i risultati elettorali vanno interpretati a dovere e senza furberie. Sin troppo è prevalsa la logica della confusione tra il bicchiere mezzo pieno quando era mezzo vuoto. Le perdite avevano una continua giustificazione e le stesse vittorie venivano depistate da una miriade di valutazioni per cui non sapevi cosa aveva voluto l’elettore e per quale strada si sarebbe operato per il bene ed in quale per il male. Ora la confusione e le ipocrisie non hanno più grande spazio e confini di infallibilità. Ora nessuno può bleffare e nessuno può additare responsabilità secondo il proprio credo. Sicuramente soprattutto Bersani non pensava di non farcela. I dati sono che Berlusconi, che se avesse avuto altri due giorni di disponibilità avremmo corso il rischio di vederlo recuperare quella manciata di voti che avrebbe garantito a lui il premio di mag-

Sintetizziamo le indiscutibili verità emergenti (se no, non si esce dalla confusione che artatamente viene fomentata): I voti di Grillo non sono di protesta. Sono autentiche proposte di cambiamento e di nuova politica, di nuova rappresentanza che si fonda sulla liberazione dei posti in parlamento e su un nuovo modo di intendere la partecipazione istituzionale, il costo della politica, la funzione del Parlamento e del governo. Una convinzione diversa può anche ritenersi legittima, ma non la si passi per verità. La verità è che il M5s è il corsa per grande politica; non è solo protesta. Parte dalla protesta. Bersani e Berlusconi sono stati respinti dall’elettorato e con altre due aggravanti indiscutibili: hanno disposto degli apparati uscenti sia come politica, sia come governi, sia come regione, sia come province: tutte abbondantemente fonti di finanziamento (momenti elettorali compresi). Si può dire che un voto al M5s vale dieci dati agli altri! Qualcuno avrebbe il coraggio di dire che non è vero? Ed allora confermiamo quanto detto in precedenza: Bersani (e chiunque altro del Pd) non ha diritto ad avere l’incarico di fare il governo; il premio di maggioranza non lo merita alcuno (i voti sono stati di parità tra Pd e Pdl) a parte che è una indegna forzatura del Porcellum; il Presidente della Repubblica ha una brutta gatta da pelare; non c’è da invocare un “senso di responsabilità”, riferendosi a Grillo che è in campo con più ragioni e più idee di chiunque altro. C’è molto da fare perché il paese abbia una maggioranza, per come sarebbe giusto, in grado di governare e portarlo fuori dalla crisi. Si deve lavorare in questa direzione. Il governo Letta non è un governo. È inutile dargli il nome “Governo di larghe intese”. Non c’è alcuna intasa in campo. Ci sono solo differenze e, su questo, discordiamo un po’ dalle tesi Grillo. Pd e Pdl non sono eguali. Hanno parimenti responsabilità si disastri che il paese s’è ritrovati sulla sua strada, ma sono diversi per storia, per qualità di responsabilità, per capacità di costruire fatti alternativi al disastro. Bersani non è un grande della politica, ma non è Berlusconi che rappresenta una associazione piena di personaggi che rimano contro gli interessi dello Stato ed a favore di fatti privati, anticostituzionali, antipopolari. Due atleti possono essere eguali nella sconfitta, ma restano diversi. Non serve confondere il diavolo con l’acqua -pure se questa non è santa-.

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Sabato 15 Giugno 2013

Mezzoeuro Anche l’ultima a morire è morta

Giovani di belle speranze... europee di Laura Venneri

Sono un esercito ma in clima di pacifismo a oltranza possiamo chiamarli un popolo. Nel mondo, riferisce The Economist, sono 290 milioni le persone fra i 15 e i 24 anni che non hanno un impiego, non studiano o non stanno facendo un tirocinio. Lo stima la Banca mondiale, secondo la quale un quarto dei giovani, ormai, non ha prospettive. Si parlava di Neet generation (“Not in employment, education or training”) già qualche anno fa quando i dati erano meno drammatici e la crisi non aveva ancora attanagliato e cambiato il mondo a cui eravamo abituati a pensare. L’International labour office stima che nel 2018, ancora il 12,8% dei giovani sarà senza lavoro e oggi siamo al 12,6%. Risultato: la metà dei giovani contribuisce meno di quello che potrebbe alla produttività del proprio Paese. Secondo alcune stime, nel 2011 l’Europa ha perso 153 milioni di euro, ovvero l’1% del Pil, in seguito alla disoccupazione giovanile. Eppure paradossalmente siamo la generazione che ha studiato di più, che ha avuto maggiori opportunità di frequentare l’università, di formarsi all’estero, di seguire stage. Abbiamo accumulato una preparazione che però non porta automaticamente all’immissione nel mondo del lavoro. Come se formazione e occupazione fossero due binari paralleli anziché vasi comunicanti. Ma se la disoccupazione come è ovvio preoccupa è ancor più triste che la mia generazione sia ormai una generazione rassegnata che ha un po’ rinunciato a sperare e preferisce partire, lasciare il proprio Paese per ripercorrere magari le tappe dei loro nonni emigranti ma con una laurea o un dottorato in tasca. Il presidente di Confindustria ha parlato in questo senso, qualche giorno fa, di perdita economica in merito alla diaspora dei ricercatori, dei migliori e dei più competitivi per cui l’Italia avrebbe regalato ai suoi competitor circa 5 miliardi di euro. In questo clima incerto e piuttosto fosco si aspetta il cosiddetto ‘decreto del fare’ del nuovo governo Letta che non sembra entusiasmare molto, visti anche i numeri dell’astensionismo alle amministrative ma che non potrà non mettere al centro dell’agenda di governo il problema della disoccupazione giovanile. Non si conoscono ancora i dettagli ma il decreto dovrebbe contenere i bonus per le assunzioni a tempo determinato dei giovani, misure come defiscalizzazione per le imprese che allargheranno la loro base occupazionale. Lo va ripetendo sin dall’inizio il ministro Giovannini e pare che sulla necessità di intervenire sul welfare le larghe intese siano veramente larghe, cioè che non ci siano particolari attriti nei vertici di questa strana maggioranza. Sperando che si sia d’accordo non solo sulle intenzioni e sull’individuazione del problema ma anche sui correttivi da mettere in campo. Di sicuro alle belle speranze fa da contraltare la necessità di trovare delle risorse che potrebbero venire dai Fondi strutturali europei non spesi per cui occorrerà il via libera delle regioni. Intanto questo venerdì si è svolto il vertice tra i ministri dell’Economia e del Lavoro di Italia, Francia, Germania e Spagna.

Secondo i dati drammatici della Banca mondiale un quarto dei giovani ormai non lavora e non ha prospettive Ma niente paura con il “decreto del fare” Infatti, per formazione e sgravi ci si aspetta un cospicuo aiuto da parte dell’Europa e dal piano Youth guarantee. Questo progetto approvato dalla Commissione europea che in alcuni Paesi soprattutto dell’Europa del Nord è già attivo potrebbe portare all’Italia 400 milioni di euro da investire per l’occupazione giovanile. Ma di cosa si tratta nello specifico? Il 5 dicembre scorso la Commissione europea ha annunciato l’adozione di un pacchetto di misure per l’occupazione giovanile. All’interno di questo pacchetto c’è una proposta di raccomandazione al Consiglio europeo per stabilire una “Youth guarantee” (Garanzia giovani). Il 16 gennaio anche il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per chiedere l’adozione della Youth guarantee. Secondo questa misura ogni Paese si impegna a garantire agli under 25, entro quattro mesi dal termine degli studi o dalla perdita di un impiego, una buona offerta di lavoro, un corso di perfezionamento, un contratto di apprendistato o un tirocinio di qualità. La raccomandazione in-

dica anche i programmi necessari per rendere effettiva la Youth guarantee e assegna alle istituzioni locali e in particolare ai servizi all’impiego il ruolo di interfaccia e di coordinamento con le istituzioni formative e il mondo del lavoro. La Commissione sosterrà i programmi nazionali attraverso i finanziamenti europei, in particolare dedicando a questa priorità la programmazione 2014-2020 dei Fondi strutturali. Ora la battaglia del governo sarà soprattutto nel cercare di ottenere quante più risorse possibili ma per farlo occorrerà ridare credibilità e slancio al mercato del lavoro italiano. Infatti per l’applicazione del piano di “garanzia giovani” è previsto un ruolo importante dei centri per l’impiego che per scelte politiche del passato in Italia non funzionano come dovrebbero. L’ultima indagine è stata effettuata alla fine del 2011 dall’Isfol, istituto di ricerca che fa capo al Ministero del Lavoro e che ha tracciato un quadro impietoso dei vecchi uffici di collocamento. Innanzitutto, oggi soltanto il 3,5% delle assunzioni di disoccupati avviene grazie alle attività dei centri per l’impiego, i 553 centri per l’impiego pubblici attivi in Italia devono gestire una mole enorme di disoccupati, meno di 9mila impiegati che, da soli, devono gestire ben 200-300 disoccupati a testa. Insomma la strada è, senza dovercene meravigliare molto, tutta in salita ma realizzare il piano di Youth guarantee potrebbe portare uno spiraglio di luce. Di sicuro l’Italia non sarà sola, le decisioni più importanti saranno prese durante il prossimo consiglio Ue del 27 giugno e Van Rompuy ha chiesto che ogni Paese abbia pronti i programmi per far funzionare il progetto entro gennaio, tutte le iniziative dei singoli governi saranno monitorate dalla Commissione europea. Chissà che da questa Europa che certa demagogia ci ha presentato per troppo tempo come la matrigna cattiva non diventi madre buona di una generazione un pò orfana.


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Sabato 15 Giugno 2013

Se la terra dà sempre buoni frutti

Caos urbanizzazione

urbanizzazione a cura della redazione di Mezzoeuro

Dott. Giovanni Perri, quale è la funzione degli orti urbani nelle aree agricole ubicate in prossimità dei contesti abitativi e nelle aree periurbane? Gli orti urbani sono solitamente aree ubicate in prossimità di strutture produttive o abitative che tendono a diventare sempre più urbane, utilizzate per la coltivazione di ortaggi per esigenze familiari e/o di vendita diretta per il mercato locale. Sono spazi indistinti e mescolati in una realtà che funge da ricucitura fra la periferia della città e la campagna. Solitamente si tratta di piccoli appezzamenti, con ordinamenti produttivi basati su diverse colture attuate nel corso delle quattro stagioni, alla cui conduzione è direttamente interessato il capo famiglia con l’ausilio spesso dei propri familiari. Svolgono sempre e comunque un’importante funzione sociale strettamente connessa ad incrementare il magro reddito della famiglia diretto-coltivatrice. Quali sono le aree dove sono maggiormente concentrati gli orti urbani? In Calabria ed in provincia di Cosenza le aree destinate a coltivazione ad “orti urbani” sono generalmente ubicate in prossimità del reticolo stradale, sovente nei greti e nelle golene dei principali corsi d’acqua. In linea del tutto generale, qual è la funzione degli orti urbani? La funzione degli orti urbani non è solo legata alla produzione degli ortaggi di stagione, genuini perché non contengono l’impiego di sostanze chimiche ed antiparassitarie, ma anche quella legata allo svago ed al godimento del tempo libero da trascorre all’aperto ed alla possibilità di intrecciare amicizia con i vicini. Tutto ciò ovviamente nell’ottica di esaltazione del ruolo della campagna e della creazione di sinergie fra cultura urbana e rurale. Quali sono le esigenze abitative dei proprietari o dei titolari degli orti urbani? Le esigenze abitative di espansione urbana hanno sempre di più allontanato le campagne che si sono trasformate in nuove periferie e spazi incolti ed innescato sottrazione di terreno per trasferimenti irreversibili ad uso extragricolo. Tutto ciò è avvenuto sacrificando spesso i fabbisogni di risorse naturali come le aree protette, le oasi naturali, i parchi ed i giardini, che il settore agro-forestale e la collettività hanno dovuto pagare sull’altare del progresso economico, ma sicuramente non sociale. Presidente Giovanni Perri, quanto Lei ha affermato vuole dire esattamente che c’è stato uno spreco di suolo agricolo che si è consumato sull’altare del cosiddetto progresso urbano? In parte, e non sempre e dappertutto, si è purtroppo verificato quanto sopra appena evidenziato. Infatti accanto allo spreco di territorio agricolo, ai fenomeni di degrado e di abbandono delle aree ubicate in prossimità delle cinture periurbane, si è assistito ad un caotico e disordinato eccesso di urbanizzazione, favorito probabilmente dai ridotti

Intervista all’esperto Giovanni Perri sulle problematiche urbanistiche presentano le aree agricole e le funzioni sociali degli orti urbani costi infrastrutturali meno elevati, cosicché si è notevolmente indebolito il potenziale produttivo ed ambientale del settore agro-forestale, delle aree protette e dei parchi. Quale contributo,invece, poteva dare la politica urbanistica per uno sviluppo armonico ed equilibrato del territorio edificato, edificabile e dello sviluppo delle aree rurali prossime alle cinture urbane? La cultura urbanistica è stata, almeno nel passato, orientata e finalizzata al soddisfacimento delle esigenze delle aree edificate, che quando si è interessata dello sviluppo delle aree rurali, almeno per il passato, vi ha trasferito le stesse logiche

e procedure, consumando i terreni agricoli migliori e pianeggianti, alterando così in modo permanente ed irreversibile gli assetti produttivi e gestionali costituiti nei secoli di duro ed intenso lavoro. Dottor Perri, Lei che insieme ad altri esponenti del mondo professionale ed istituzionale calabrese, ha fatto parte della Commissione Urbanistica Regionale per l’elaborazione delle “linee guida” della LR n. 19/02, ci può dire in estrema sintesi cosa si può ancora fare per tutelare e salvaguardare le aree agricole e forestali della Calabria? Il territorio agro-forestale, a causa dell’eccessiva attività antropica, è diventato sempre più urbano, le città sempre più periferie, con una realtà agricola in forte declino, con spazi confusi ed uso dei suoli in un certo confusi e mescolati, come se si trattasse di realtà territoriali dominati dall’incertezza utilizzativa tanto alla città quanto alla campagna. In questo contesto gli orti urbani hanno tutte le caratteristiche per essere in grado di potere avviare a soluzione non già idee progettuali di contrappostone e di contrasto fra città e campagna, bensì svolgere un ruolo positivo per esaltare e ricucire i valori della campagna urbana, il paesaggio e l’ecologia fra territorio e società. O.P.

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Sabato 15 Giugno 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

resp. ANGELA DIODATI

VIA DEL POPOLO, 1

NUOVAAPERTURA

Ufficio Area urbana Rende - Cosenza Via Marconi (s.s.19 bis), 72 - Cosenza

La nuova sede Epas di Terranova da Sibari apre un nuovo sportello in Via del Popolo,1. I nuovi servizi offerti: Assistenza al cittadino per pratiche previdenziali e sociali · Consulenzalegale · Sportello CAF · Servizi assicurativi e finanziamenti tramite operatore abilitato con cod OAM 1809 · BELVEDERE - FAGNANO - PAOLA - ROSE Sortello AMICO" al quale MARITTIMO il cittadino può oggi rivolgersi per laCASTELLO risoluzione di una vasta gamma di problemi, evitando di recarsi presso uffici diversi per ciascuna delle questioni da risolvere.

SANTA DOMENICA TALAO - TARSIA Vuoi aprire una sede nel tuo comune? CONTATTACI!


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Sabato 15 Giugno 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

Disabilità e lavoro non vanno d’accordo

Le percentuali di disoccupazione in Italia, com’è tristemente noto, sono elevatissime e colpiscono in maniera indiscriminata tutte le categorie sociali e tutte le fasce di età, creando una situazione di enorme preoccupazione dalla quale è impossibile escludere settori particolari o gruppi specifici di cittadini. Molto spesso si fa riferimento al dramma della disoccupazione giovanile, o alle grandi difficoltà per i lavoratori esperti che hanno perso il lavoro e che hanno visto slittare di anni il momento della pensione, di trovare nuovi spazi in un mercato occupazionale sempre più inaccessibile; meno risalto hanno invece altri dati, altrettanto drammatici e allarmanti, che riguardano una categoria particolare ed evidentemente non tutela a sufficienza in tal senso, ossia quella delle persone con disabilità. In realtà però, se si vanno ad analizzare le percentuali relative all’occupazione dei cittadini disabili di età compresa fra i 15 e i 74 anni in Italia, si scopre che appena il 16% di essi ha un lavoro. Questi numeri, frutto dei dati Istat 2012 riguardanti l’indagine “Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell’autonomia personale”, suonano come un monito per nulla incoraggiante per il nostro Paese, ancor più se confrontati con quelli di altri Stati, capaci di garantire appunto una

In Italia persistono percentuali di inclusione molto basse. Appena il 16% degli invalidi ha un’occupazione

una risorsa formidabile per i sistemi economici dei diversi Stati, stimando che tale operazione potrebbe portare addirittura a un recupero (a livello globale) di una percentuale di Pil che va dall’1% al 7%. Considerando la situazione economica attuale, tanto in Italia che nel resto del mondo, sicuramente emerge in maniera chiare il carattere di opportunità che avrebbe la piena inclusione di questi soggetti nelle dinamiche occupazionali.

maggiore inclusione dei soggetti con disabilità nel mondo del lavoro, come illustrato dal World Report in Disability.

«In questo momento storico così delicato - dice ancora il presidente Epas - non bisogna dimenticare la necessità di garantire l’uguaglianza dei diritti e la pari dignità a tutti i cittadini, pertanto nell’ideare e nel mettere in atto le opportune misure destinate a incentivare l’occupazione bisogna tener conto di ogni categoria e valorizzare le potenzialità delle tantissime persone purtroppo ad oggi escluse dal mercato del lavoro. Le patologie di cui soffrono le persone con disabilità - conclude Nesci - non impediscono loro di fornire un apporto di grande valore al sistema produttivo e alle singole aziende, per cui serve solo avere la volontà di fare quanto necessario per poter contare su risorse importanti che possono davvero dare quel qualcosa in più che attualmente farebbe molto comodo all’economia del nostro Paese».

«Un Paese come il nostro ha il dovere irrinunciabile di provvedere a valorizzare i propri cittadini - afferma il presidente nazionale del patronato Epas, Denis Nesci - soprattutto garantendo loro quella dignità che deriva dal lavoro. Tale dovere - aggiunge Nesci - va compiuto nella stessa misura verso chi presenta situazioni di disabilità, facendo capire alle aziende che l’inserimento di queste persone non è un onere da assolvere, ma una grande opportunità». L’Organizzazione internazionale per il lavoro evidenzia proprio come l’inserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro rappresenterebbe

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Mezzoeuro Altomonte si gioca Malta

Il calcio è in gabbia L’iniziativa, già da qualche settimana, sta suscitando tanto entusiasmo in tutto il paese: si tratta della famigerata “gabbia”. La gabbia è un campo da calcio di dimensioni ridotte ideato negli Anni ‘70 da Corrado Orrico, tornato di moda da un po’ di anni, dopo essere stato rilanciato da un noto marchio sportivo. Sarà proprio il borgo di Altomonte ad ospitare la “gabbia”, grazie all’impegno di due ragazzi giovanissimi, Michele Vitiritti e Pasquale Giori, il patrocinio del comune di Altomonte e l’apporto di diversi sponsor locali. La gabbia si fermerà in Piazza San Francesco per tre giorni, 13 14 e 15 giugno per poi proseguire in tour in tutta la Calabria. Un torneo che coinvolgerà maschi e femmine, piccoli e grandi! Gli incontri avranno inizio già nel pomeriggio dalle ore 16 con i più giovani per poi continuare fino a tarda sera con i più grandi. Sono previsti due tempi da 8 minuti per ogni match. Al termine dei tre giorni la squadra vincitrice della tappa “Altomonte, il protagonista sei tu” otterrà il pass per la finalissima, che si terrà a Gioia Tauro, e si contenderà un viaggio per Malta. Invece per le altre squadre ci saranno in palio trofei, medaglie e gadget sportivi.

Sabato 15 Giugno 2013

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