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numero 21 - Anno 12 Sabato 25 Maggio 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce Aicc, adattamenti linguistici ai giovani per comprendere Aristofane a teatro www. mezzoeuro.it

Marzotto patteggia l’evasione ma non i morti

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Sabato 25 Maggio 2013

Il legno storto

Un Pd tramortito

senza alcuna idea per cambiare Il rammarico di un grosso elettorato di Sinistra, traumatizzato dalle più recenti vicende, è che sul Pd non si può più contare: e un Partito ridotto male, ostinato a rimanere nella condizione in cui si trova. Il Pd ora, sotto gli effetti di una sbandata che ne ha mostrato tutta la inconsistenza di pensiero e di progetto, imperterrito sembra voler continuare a non accelerare i tempi di una seria riflessione su di sé e su quello che vuole e deve fare. Ancora non si rende Mezzoeuro conto che non c’è solo da guardarsi dall’abbraccio Fondato da Franco Martelli mortale di un Berlusconi divenuto suo alleato, Ediratio editore quanto da tutta una area di rappresentanza sociale, Direttore responsabile da Sel al M5S, che lo incalza e gli contrappone Domenico Martelli una nuova simbologia ed lettura più centrata Registrazione Tribunale di Cosenza del grande disagio della gente. n°639 del 30/09/1999 Con i suoi parlamentari il Pd cerca di costruire difese Redazione e mostrarsi grintoso volendo eliminare il serio e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza ingombro politico del Cavaliere ed i movimenti, Responsabile (quello di Grillo, evidentemente) irriducibili alle forme settore economia Oreste Parise partitiche : tutta una farsa di volti feroci e marce Progetto indietro. Per chi è attento alle patologie della politica, e realizzazione grafica Maurizio Noto il Pd è diventato un oggetto speciale, e questo telefono 0984.408063 perché riesce a conservarsi solo distruggendosi secondo fax 0984.408063 la legge della disgregazione cui vanno soggetti e-mail: ediratio@tiscali.it i corpi colpiti da malattie congenite. Fuori da questo Stampa Stabilimento tipografico quadro di fenomeni in cui appare collocabile il Pd, De Rose, Montalto (Cs) per i quali sono necessari strumenti multipli di analisi Diffusione Media Service (da quelli psicoanalitici a quelli forniti dalla scienza di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 antropologica), questo Partito non offre più nessun fax 0965.630176 Internet relations altro fattore che aiuti a spiegarne i comportamenti N2B Rende involuti, le convulsioni cui va soggetto, le scoraggianti Iscritto a: Unione Stampa Periodica rese culturali in cui cade; ma è già poco, bisogna Italiana mettervi l’affidamento che fa su di un personale poco gradito dal suo elettorato, mal selezionato, che sa correre solo dietro i capi storici, le bandiere che si sono n. 12427 logorate nello sventolio di tanti anni ormai

di Franco Crispini

La sequenza degli avvenimenti recenti, da entrambe le primarie di novembre-dicembre, alla campagna elettorale di ispirazione bersaniana, alle strategie per la formazione di un governo e la elezione del Capo dello Stato, alle dimissioni infine del Segretario, recano con sé tutti i mali di origine e quelli esplosi in anni più recenti: una raffigurazione patologica più netta non si sarebbe potuta avere, una visualizzazione delle inclinazioni ad una autosoppressione, così presente e marcata come in nessuna delle fasi delle metamorfosi da PCI a PD sarebbe stato possibile trovare. Il coronamento degli atti suicidi cui il PD si è sottoposto è stata l’alleanza in un governo con i moschettieri di Berlusconi, il jenesco Brunetta in testa, portatori di una melassa in cui si vorrebbe far finire per sfiancamento e consunzione quel che rimane del PD. Ma i precedenti di questo salto nel buio sono diversi, a cominciare soprattutto dai profili diseguali che il PD ha nel territorio nazionale dove vi sono aree, e non sono poche, in cui sembra che vi si riversi tutto il peggio della direzione centrale, ed altre che hanno una vita per sé, con una immagine di Partito che assume altri tratti. Va crescendo una turbolenza culturale cui neppure i capi storici, per quanto portati ad usare categorie fuori uso, tratte dal solito vocabolario ideologico, sanno dare un equivalente politico. Tutto appare scomposto, fluttuante, con provvisori punti di aggregazione, una pluralità di monadi in libera circolazione: un PD di tal genere, giunto in Parlamento da una altra cattiva prova elettorale, con una grossa perdita di consenso, con apparati politici in gran parte poco graditi, se non invisi, alla gente ( fenomeno rilevante in molte aree del Sud), è quello che poi è rimasto stampato nell’immagine di un Partito inebetito, privo di una idea decente di sé, che non ha la carta giusta e va allo sbaraglio, che consuma atti cinici, che non mostra di avere solide idealità culturali e politiche. Nel nuovo Parlamento un vero sfacelo questo PD che vi ha portato la sua peggiore Italia, una fetta di Paese anche ampia che gli ha dato il consenso rimanendone certamente delusa. C’è da chiedersi veramente in quanto tempo e con quali rimedi il PD riuscirà a tenere a freno le tendenze devastanti che continuamente lo fanno scivolare in basso,che lo annebbiano, che gli tolgono ogni voglia di darsi un respiro culturale ed una chiarezza di linea politica. Adesso il PD deve bere, nel governo capestro in cui si è messo, il calice amaro delle vessazioni berlusconiane; è una pia illusione credere che l’essersi immolato in un avvicinamento stretto ad infidi alleati cui è conveniente tenere un Paese in continua tensione, basti a rettificare il tiro della antipolitica, a fermare l’onda dell’ “antigiustizia”, a far cessare la campagna di ingiurie e ironie (che vengono da tanti spiriti mediocri, come non è di sicuro il direttore del “Foglio”) verso i giudici milanesi. Per non parlare dei gravi problemi interni, di questo Partito, tra i quali: non essere ancora riuscito a far venire fuori quel marcio che ha abbattuto un padre fondatore, Prodi; il non saper capire quale deve essere il suo approdo culturale e politico; il non sapere allontanare tutti i soggetti malefici che lo popolano. Ci si aspetta chissà che dai congressi, dal Congresso nazionale, e vi si guarda come ad una “terra promessa”, ma si può esser sicuri che, dati i precedenti, si perderà tale occasione per le solite operazioni dei vecchi arnesi. Renzi se ne tenga pure lontano e tuttavia sorvegli che non ne venga fuori un pastrocchio che comprometta qualche tentativo di prendere la strada giusta. In ogni caso, sarebbe indispensabile che il PD apra una discussione seria su se stesso, su come intende uscire da una permanente ambiguità negli orientamenti di fondo ai quali non portano decisiva chiarezza gli interventi di un Veltroni (o di altri della vecchia guardia o anche di tanti dei quarantenni-cinquantenni cibatisi dei piccoli intrighi di corridoio, cresciuti nell’orgoglio di una vaniloquente militanza. Forse lo spettro di una fine ingloriosa, il rischio reale di una drammatica cancellazione (più probabilmente il ridursi al lumicino) dal panorama politico italiano, potrebbero dare il coraggio di far saltare un impianto di demenziali modi essere e di pensare la politica, in cui il PD è tuttora incastrato.


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Sabato 25 Maggio 2013

Il piombo con ricevuta di ritorno

La follia che non c’è Preiti era consapevole dice la perizia consegnata da un’informativa dei carabinieri ai magistrati di Roma guidati da Pignatone, vecchia conoscenza degli affanni e delle ombre di Calabria. Consapevole, arrabbiato ma lucido quando ha sparato a due militari dell’Arma davanti Palazzo Chigi il giorno dell’insediamento del governo Letta, il governo della larghe e insidiosissime intese. Non ha improvvisato nulla e a quanto pare è stato perfino professionale nel suo incedere malefico. Oggi il 46enne di Rosarno sta chiuso in una stanza del carcere di Rebibbia grande tre metri per due, come racconta in un’esclusiva Carlo Puca su Panorama. Parla il giusto, ha come “arredo” il vater e la carta igienica e non dà mai la sensazione di aver perso il controllo delle operazioni. Puca non può intervistarlo ma getta lo stesso il grande occhio indiscreto dell’informazione in quella stanza. Accompagna, si fa per dire, Marco Di Lello, deputato dei socialisti che è andato a trovarlo. È un racconto a voce doppiata quello di Panorama, con descrizioni a metà tra la realtà e la ricostruzione. C’è il passato remoto di Preiti, una parvenza di normalità con lavoro, famiglia e un reddito sufficiente. Il passato recente con i dissapori e poi la frattura in famiglia, la perdita di lavoro e reddito, la perdizione nel gioco e i debiti. E il presente eterno e infernale con il ritorno in Calabria e della Calabria nelle sue vene. I debiti che crescono e il gioco che non ce la fa a sfamarli. Lunghe, lunghissime giornate di pericolosa nullafacenza tra gli alberi secolari della Piana dove non è difficile immaginare cosa ti può passare per la testa. Lo scenario ideale perché si possa infilare nella testa lucida ma malandata di Preiti la rivincita solo in parte cieca contro chi, a suo dire, aliena gli uomini e li emargina dalla società “vivente”. Il potere della politica. Ma può bastare questo per far fuoco su due carabinieri che non c’entravano nulla? Certo che no, ma Preiti inquadra anche politicamente il gesto. Dice di aver sempre votato a destra, tranne una volta che l’hanno convinto, con successo, a votare Prodi. Alle ultime elezioni politiche non ha avuto tempo per recarsi ai seggi, dice. Ma se ci fosse andato avrebbe votato Grillo anche se, poi sbotta, ormai “lo fate fuori” dice al deputato socialista. Il riferimento è al governo delle larghe intese per far fuori Cinque Stelle ma Preiti non si affanna più di tanto a difendere Grillo, si intuisce che è un pretesto per dare dignità e perversione nazionale a un gesto che è invece misteriosamente “altro”. Perché i misteri, sia chiaro, non mancano. Due sono tecnici, investigativi, metodologici. Un altro, il terzo, è il più inquietante perché raccoglie tutto e fa più paura di tutto. I due da prassi investigativa non sono ancora stati sciolti. Preiti ha tenuto il suo telefonino “morto” per due giorni prima dell’attentato. Senza vita, senza possibilità di esser “sporcato” da telefonate. Un fatto strano per uno che la pubblicistica vuole come folle estemporaneo. Segno che ha meditato, programmato. E poi la pistola. Preiti ha sempre mentito sulla provenienza provando a mettere fuori strada gli inquirenti. Presa in Piemonte, poi in Liguria, poi a Roma. Presa all’ultimo, poi presa prima. Ha sempre mentito e continua a farlo. Ma la cosa che nasconde più incognite è la lavorazione sulla pisto-

Luigi Preiti da Rosarno, ogni giorno che passa, si allontana sempre più dal dipinto dell'uomo folle che spara nel mucchio del potere il giorno dell'insediamento del governo. I misteri e le incognite non mancano a partire da una lucidità fuori norma che ha sempre mantenuto Perché ha mentito sulla pistola? Dove l'ha presa? In un'esclusiva a Panorama dice chiaramente che il suo odio verso la politica rimane intatto ma alla domanda se sparerebbe uno qualunque del Palazzo risponde secco a un deputato: io a lei non la conosco, altri sì... la stessa. Mani esperte e certamente criminali l’hanno resa senza matricola, senza segni di riconoscimento, senz’anima. Un’operazione che risulta impossibile non solo a un “folle in preda all’estemporaneità” quanto pure a chi non ha buoni uffici nei grossi giri della criminalità. Ed è qui che forse s’insinua la terza anomalia che poi l’esclusiva di Panorama ha il merito di raccogliere. Spari finiti ai carabinieri in mancanza di bersagli politici in quel momento davanti al Palazzo. A questo punto il deputato socialista Di Lello chiede a Preiti se anche lui, passando magari di lì in quel momento, deputato qualunque in un momento qualunque a Palazzo Chigi, sarebbe

stato a rischio. Preiti risponde no, «io a lei non la conosco». Hai capito Preiti da Rosarno? Si pente del gesto e chiede scusa ai familiari di Giangrande ma non disconosce il piombo e l’odio verso la politica. Ma non verso tutta la politica, sia chiaro, ma solo per “quella che conosce”. Ma che politica e che politici ha conosciuto Preiti da Rosarno? Che rivalsa è davvero la sua? Chi si nasconde dietro di lui al punto da confezionare nei minimi dettagli il gesto? È per caso un avvertimento questo nei confronti di politici che il contesto di Preiti gli hanno permesso di conoscere? O ha sparato lui per conto terzi, per conto di un interesse più grande che per ora rimane coperto? Preiti ogni giorno che passa la sta smettendo di passare per il folle che usa la pistola in un giorno di festa. Ha troppi perché che lo inseguono a partire dalla città dove è nato e dall’accento che porta. E nella Piana sanno bene che difficilmente si impazzisce e quando accade non è mai a caso.

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Sabato 25 Maggio 2013

Mezzoeuro Le regole che non tornano

Palazzo XV Marzo sede della Provincia di Cosenza

Il fantasma Province Come sempre succede poi il paradosso che raccoglie gli altri ha la capacità di concentrarsi in pochi chilometri. E allora accade che la Provincia di Belluno, commissariata da due anni e cioè dalla scadenza naturale della sua ultima legislatura, non sa che fare se cioè far parte del nulla o del divenire. Se dar retta al decreto che ne vietava l'impossibilità della rielezione del consiglio con scrutinio popolare, in attesa di quello che dovrebbe spiegare meglio come diavolo comportarsi. O dar retta invece alla mancata abolizione, al mancato accorpamento, al niente di niente che è seguito nei mesi a proposito dei tagli che di fatto sono solo rimasti solo sulla carta di fatto dando fiato a quel partito di burocrati che sostiene che ancora, formalmente, non è cambiato nulla rispetto al passato. Nel frattempo, giusto per non capire niente, Belluno è ferma al palo da due anni mentre a pochi chilometri le Province di Trento prima e di Udine poi, in scadenza, sono tornate al voto normalmente, come prima e come sempre. Regioni e Province a statuto speciale, si dirà. Ma l'anomalia c'è tutta se consideriamo di che raggio di chilometri stiamo parlando. C'è un pezzetto d'Italia che, regole alla mano, va avanti con le Province come se nulla fosse perché, di fatto, il nulla è accaduto. E c'è un altro pezzetto a pochi chilometri che aspetta da due anni che pesci prendere. Ma cosa sono oggi le Province? Il governo intanto, qualsiasi governo per non sapere né leggere né scrivere e in attesa di chiarimenti normativi, taglia trasferimenti. Tagli su tagli che hanno finito per rendere larvale la permanenza dell'ente. Ma è il caso giuridico prima ancora di quello economico che oggi tiene banco. La scorsa legislatura ha affossato prima l'abolizione e poi l'accorpamento. Un mese fa, come il caso Udine dimostra, qualcuno è tornato regolarmente al voto nonostante il decreto "salva Italia" del 2011 lo impedisse chiaramente. E allora? Come si procederà? Si darà seguito al decreto del 2011 e cioè con enti da rinnovare so-

Spariranno o no? Che fine faranno? Organi di trasferimento o cos'altro ancora? Il caso del "triangolo" del Triveneto lo con il voto dei sindaci, senza giunta e con pochissimi soldi e compiti? O si farà finta di nulla navigando nel mare in tempesta dell'anarchia legislativa assoluta? Un decreto c'è, e fa scuola. Ma

non basta e si procede nel caos. Nel frattempo, dalle nostre parti, la Provincia di Catanzaro è in scadenza e già commissariata e fra un anno va in pensione anche quella di Cosenza che però, stante il decreto del 2011, dovrebbe addirittura chiudere entro l'anno i battenti. Toccherà al governo corrente fare luce, se ha lampadine e batterie a sufficienza, sulla faccenda. Nel frattempo, senza soldi però, ognuno procede come gli pare e potrà pure finire che una Provincia deciderà di tornare (un po' illegalmente) al voto come prima e un'altra, magari a pochi chilometri di distanza, penserà sia più opportuno fermarsi in attesa di ulteriori comunicazioni. Siamo in Italia non a caso...

Click in Comune «Pubblicare on-line le determinazioni dirigenziali con relativi ed eventuali allegati» la richiesta del M5s all’amministrazione comunale di Cosenza Il Movimento 5 stelle Cosenza ha chiesto al Comune di Cosenza la pubblicazione, sull'Albo Pretonio on-line, oltre che delle delibere di giunta e di consiglio, anche delle determinazioni dirigenziali complete, compresi i relativi ed eventuali allegati (vedi d.lgs n.33 del 2013). La richiesta è stata inoltrata al sindaco Mario Occhiuto, al presidente del consiglio, Luca Morrone e al segretario generale, Francesco Grossi. «Apprezzando la sensibilità mostrata da questa amministrazione e da questa consiliatura - si legge nel documento inviato al Comune - sui temi della trasparenza dell'azione deliberativa ed amministrativa, consentendo ai cittadini di partecipare direttamente al dibattito democratico in seno al Consiglio grazie alle dirette streaming dello stesso, il Movimento 5 Stelle Cosenza richiede la pubblicazione sull'Albo Pretorio on-line oltre che delle delibere di giunta e di consiglio anche delle determinazioni dirigenziali complete, compresi i relativi ed eventuali allegati. Questo - conclude la nota - per favorire una maggiore partecipazione del cittadino ed una totale trasparenza dell'azione amministrativa e politica di questo ente». Movimento 5 stelle Cosenza


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Sabato 25 Maggio 2013

Democraticamente nei casini

Suicidio col boia Si va per grazia e si ritorna avendo trovato giustizia. È un vecchio detto popolare questo che sta a significare che convinti d'ottenere un risarcimento, un pò di gloria e un pò di speranza non è insolito poi trovare più mazzate di prima. È quello che in qualche modo sta capitando ai "nostri" del Pd di Calabria che non perdono settimana per salire a Roma in cerca di "luce" salvo poi tornare con le idee più incasinate di prima. Partono giustappunto per trovare "grazia" (una linea per la propria corrente, una dritta dal proprio sponsor) e rincasano con in valigia "giustizia" (un quadro complessivo più caotico e deprimente di quello che hanno lasciato alla stazione in Calabria). Con questo spirito sullo sfondo passano le settimane e passa via un altro congresso rinviato a data da destinarsi anche se qualcuno comincia a stancarsi anche pubblicamente delle recite a soggetto del commissario D'Attorre. Che è lucano di nascita, campano di formazione e calabrese di portafoglio. Un mix micidiale che solo parzialmente riesce ad essere mitigato dagli studi hegeliani sullo stato etico. Di etico, nel suo curriculum fotografato a bocce ferme, c'è che è venuto a fare l'arbitro, poi s'è fatto eleggere deputato e infine ancora commissario sine die in attesa di rifarsi candidare come deputato calabrese da qui ad un anno alle politiche che non tarderanno ad arrivare. Visto da qui, D'Attorre, è più napoletano che mai. Sapeva probabilmente del rinvio del congresso ma la parte di chi manteneva la parola l'ha recitata fino in fondo fingendo anche di incazzarsi nelle assemblee. Addirittura, ma queste sono solo voci di corridoio, avrebbe anche simulato un ultimo vertice con Epifani quando invece di congressi di Calabria non ne parlava più nessuno. Il suo, D'Attorre, lo porta a casa perché salvaguarda una postazione inevitabile che gli consente di essere tra i ricandidabili per il Parlamento ove mai si dovesse tornare anticipatamente al voto. Tutto conveniva a D'Attorre, a conti fatti, tranne la celebrazione del congresso ma se ha fatto fin qui il boia del Pd di Calabria va anche detto che il lento suicidio è collettivo e viene da lontano. Le colpe sono stratificate e non salvano nessuno e forse a D'Attorre, se rimane un altro po', toccherà fare anche il liquidatore che deve portare i libri in tribunale. Ma certo il Pd, collettivamente inteso, non ne ha azzeccata una che sia una. Quanti errori e quanto carrierismo a partire dalle primarie per il segretario (con regole e metodi borderline) a finire con le parlamentarie (con regole e metodi che non finiscono in procura, per ora, solo per grazia di Dio). Quanto fossero competitive le liste del Pd per la Camera e soprattutto per il Senato lo dicono e lo hanno detto i voti e le sberle prese e sono questi passaggi cruciali che segnano il viso. S'è continuato, senza soluzioni di continuità, iniziando una caccia reciproca alle streghe per la celebrazione del congresso regionale prima con un ipocrita unanimismo sul "facciamolo e facciamolo subito" poi con distinguo progressivi tanti quante sono le prospettive di carriera dei contendenti. Ognuno ha puntato alla permanenza in vita del proprio progetto personale e questo è valso tanto per chi s'è ostinatamente prodigato per farlo celebrare il congresso quanto per chi, con metodi opportunistici, s'è clamorosamente defilato dopo averlo invocato pochi giorni prima. Non è qui il caso di ripetere di quali guai deve purtroppo oc-

Alfredo D’Attorre

Il Pd di Calabria non perde mai occasione per mostrare progressi verso la liquefazione Ognuno ha fatto fin qui gara per sé, puntando alla salvaguardia degli interessi personali Il rinvio del congresso, giusto o sbagliato che sia, può trasformarsi in positivo solo se nasce contemporaneamente la stagione dei contenuti, dei profili, d'un progetto. Altrimenti è solo il protrarsi d'una lenta eutanasia cuparsi il cittadino calabrese giornalmente ma nonostante questo lo spettacolo che ha dato il Pd, ai propri elettori, è stato quello costantemente di puntare alla difesa del pezzo di terra che giace sotto il culo di ognuno dei suoi primi attori. Nessuno escluso. Alzi la mano chi, a favore o a sfavore della celebrazione dei congressi, ha sciorinato contenuti di supporto legati a temi di carattere economico, sociale, culturale per non dire politico. Solo e soltanto il muro contro muro delle correnti e dei personalismi, per non dire delle carriere che si vogliono conquistare o non perdere.

Avvilente diventa il quadro poi se si fa il pari con il peso specifico che ha il partito calabrese nel governo Letta-Alfano, con presenze residuali e in ruoli ambigui e soprattutto con il lecito sospetto che dopo tanti anni di effettiva latitanza dalla scena non ci si può improvvisare poi statisti sul finire della carriera. Se il Pd di Calabria, o parte di esso, cercava nei congressi una legittimazione finalizzata al proprio progetto l'altra parte, o sarebbe meglio dire le altre parti, cercavano la rappresaglia. Il blitz da fermare. In mezzo, ma per finta, è rimasto il boia, D'Attorre, ma non può essere certo solo sua la colpa se è mancata la sintesi, il progetto. Se è mancata la ricerca adeguata dei volti da spendere, dei profili, non per forza nuovi ma come minimo nuovamente rinforzati. Il rinvio del congresso, per fatalità ma anche per miseria, non arriva però per colpe conterranee. Arriva per congiuntura e semmai premia chi ha tifato contro ma non chi poteva fare o non fare qualcosa per cambiare la storia. Arriva e basta il rinvio perché Epifani per ora conte in giro non ne consente a nessuno e specie in una terra che presenta più rischi che benefici. Ora il punto è questo ed è probabilmente quello finale per il Pd. Non è dato sapere se si terrà ad ottobre o più probabilmente a febbraio il congresso ma si è in grado di elaborare un progetto di governo credibile per la Calabria? Con profili, curriculum e volti che sappiano farsi credere in giro? È in grado questo partito di riprendere il filo del discorso con la sua gente? È appena il caso di ricordare che il Pdl di Scopelliti alle politiche in Calabria ha perso 250mila voti rispetto alle regionali del 2010, segno evidente che ci sono spine e non solo rose da raccogliere dall'altra parte. Poi il capolavoro delle liste del Pd per il Parlamento è stato quello di fare anche peggio ma i margine c'è e la strada per la rivincita non è chiusa. È in salita, ma c'è. Serve un partito però, non una faida tra briganti. E serve gente seria e motivata, non per forza nuova. D'Attorre il "boia", in caso contrario, è lì con la mannaia. Pronto alla messa funebre del partito magari dopo un'altra candidatura incassata. Ma tempi e modi per rimandarlo ai suoi studi hegeliani (e napoletani) non mancano..

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Sabato 25 Maggio 2013

Questione di liquidi

Trema chi ha giocato coi soldi È stato accolto dalla Corte di cassazione il ricorso presentato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di non concedere alcune misure cautelari nell'ambito dell'inchiesta relativa alla sottoscrizione di contratti derivati (Swap) da parte della Regione Calabria con la Banca Nomura, negli anni dal 2004 al 2006. La Suprema corte ha inoltre accolto l'impugnazione della pubblica accusa, nelle persone dei sostituti procuratori Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio, relativamente al mancato sequestro di 24 milioni di euro pari all'ipotizzato danno che sarebbe stato arrecato alla Regione Calabria con le operazioni incriminate. L'inchiesta, giunta alla sua conclusione all'inizio di marzo, vede indagati a vario titolo, per associazione a delinquere, truffa aggravata in danno della Regione Calabria, e corruzione aggravata, l'ex consulente della Regione, Massimiliano Napolitano, rappresentante della "Consulenti srl"; dell'ex dirigente del dipartimento 3 Bilancio Finanze Programmazione e Sviluppo economico dell'ente, Mauro Pantaleo; della moglie di quest'ultimo, Chiara Cavallo, socia della "Consulenti srl", e di quattro funzionari dell'Istituto di credito giapponese, Arturo De Visdomini, Andrea Giordani, Alessandro Attolico, Armando Vallini, nonché della "Nomura Global Financial Products Inc." in persona del legale rappresentante pro tempore. L'inchiesta è stata condotta dalla Guardia di finanza dalle cui investigazioni sarebbe emerso che la Banca Nomura avrebbe sborsato due milioni e mezzo di euro in favore di Napolitano per "comprare" la sua consulenza, in modo che egli inducesse la Regione a sottoscrivere i contratti derivati, e che i soldi sarebbero giunti a quest'ultimo attraverso una complessa movimentazione avvenuta grazie a società estere e conti correnti cifrati, che gli investigatori hanno identificato ricostruendo passo passo gli spostamenti del denaro. Napolitano, rappresentante della società di intermediazione Consulenti srl, nominato da Pantaleo consulente della Regione Calabria con decreto del 30 settembre 2004, è stato arrestato l'11 dicembre del 2011 dai militari delle Fiamme gialle, che eseguirono anche il sequestro preventivo di circa due milioni e mezzo di euro, di cui 1,8 su un conto corrente di Nomura, banca giapponese iscritta nel registro degli indagati per violazione del Decreto legislativo 231 del 2001, la legge che estende alle società la responsabilità per il reato di truffa a danno di enti pubblici. La Procura di Catanzaro aveva allora acquisito da alcuni mesi l'inchiesta per competenza territoriale, a seguito dell'apertura di un fascicolo da parte di Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto di Milano, che con le sue indagini sui derivati degli enti territoriali ha fatto da apripista per molti altri Uffici. La vicenda, secondo quanto reso noto all'epoca dell'arresto di Napolitano, riguarda una serie di tre operazioni in derivati (swap) relative a un prestito obbligazionario sottoscritto dalla Regione Calabria per un importo pari a circa 325 milioni di euro. Secondo un comunicato emesso in quell'occasione dal Comando provinciale di Milano delle Fiamme Gialle l'istituto giapponese avrebbe "ottenuto con modalità fraudolente, profitti illeciti per circa 25 milioni di euro, parte dei quali (circa 2,5 milioni) sono stati veicolati in favore del consulente finanziario tratto in arresto".

Inchiesta sui derivati la Cassazione dà ragione alla procura di Catanzaro Arriveranno davvero?

Sanità, un po’ di quattrini Tenuto conto del completamento dell'istruttoria compiuta dai Tavoli di verifica degli adempimenti connessi ai Piani di rientro dai deficit sanitari, il ministro dell'Economia e delle Finanze è stato autorizzato ad erogare somme a titolo di anticipo sulle spettanze relative al finanziamento del Servizio sanitario nazionale in favore delle Regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Sicilia. L'istruttoria compiuta dal ministero dell'Economia nel mese di aprile con il Tavolo di verifica degli adempimenti ed il Comitato permanente per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza ha verificato che sussistono i presupposti previsti dal decreto legge per erogare gli anticipi. Queste le anticipazioni deliberate in data odierna: - all'Abruzzo 118 milioni di euro - alla Calabria 411 milioni di euro - alla Campania 287 milioni di euro - al Lazio 540 milioni di euro - al Molise 63 milioni di euro - alla Sicilia 500 milioni di euro.

Guccione

Sui precari solo demagogia "Ancora una volta, purtroppo, fummo facili profeti sia in commissione che nel corso della seduta del Consiglio regionale del 18 marzo scorso, quando dicemmo, pur annunciando responsabilmente il nostro voto di astensione, che la cosiddetta legge "salvaprecari" presentata dalla maggioranza di centrodestra si prestava ad una probabile impugnativa del Governo nazionale prima e della Consulta poi". E' quanto afferma il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione a commento della notizia secondo la quale Il Consiglio dei ministri, ha deciso di impugnare la legge regionale 12/2013 che puntava a stabilizzare circa mille lavoratori a tempo determinato della sanità calabrese. "Quanto avevamo paventato -prosegue Guccione- si è puntualmente avverato e altrettanto puntualmente è arrivata l'impugnativa, attraverso la decisione del Consiglio dei ministri. Secondo quanto deciso dal pool di esperti giuridici che affianca il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, il testo normativo deve essere impugnato "in quanto contiene alcune disposizioni in contrasto con i principi statali in materia di coordinamento della finanza pubblica e, pertanto, viola l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione". "Nel corso della seduta del Consiglio regionale in cui il provvedimento è stato approvato avevamo avuto modo di affermare con grande responsabilità che il provvedimento di legge si presentava confuso, contradditorio e palesemente illegittimo. Avevamo chiesto ed insistito per un ulteriore approfondimento rispetto alle nostre preoccupazioni e per evitare di illudere centinaia di lavoratori precari della sanità che da tanto tempo attendono di essere stabilizzati. Avevamo detto con chiarezza che non bisognava assolutamente illudere e prendere in giro questi lavoratori, ma si è voluto andare avanti lo stesso, con fretta e caparbietà perché qualcuno forse ha pensato più a trarre da questo provvedimento qualche beneficio personale di tipo elettorale, che a garantire il diritto sacrosanto di tanti lavoratori precari ad essere stabilizzati. Ora -conclude Guccione- dobbiamo ora ripartire da zero per ricercare soluzioni legislative che possano veramente ed in modo definitivo avviare a soluzione il problema delle stabilizzazioni. Siamo pronti a ricercare tutte le soluzioni possibili e comuni in grado di garantire i diritti di questi lavoratori, senza fare demagogia, procedendo con responsabilità, attivando anche una interlocuzione istituzionale con il ministro della Salute. Chiederemo ai parlamentari del Pd e dell'intero centrosinistra di farsi carico di sollecitare immediatamente un incontro urgente al ministro competente".

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Sabato 25 Maggio 2013

Miracoli di Provincia

Quel bando “incarnato” A Mottafollone mancano esattamente undici mesi al voto ma c'è chi ha già iniziato probabilmente le grandi operazioni elettorali. Senza badare a spese. Occhi (e misteri) puntati su di una graduatoria per la locazione di un centro per disabili Si compone di due atti ibridi e bordeline il mistero di Motafollone in materia di sanità dei giorni nostri e il terzo che sta sullo sfondo, le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale fra undici mesi, lo teniamo come atto finale sullo sfondo per il momento. Siamo in corsia di periferia, per intenderci. Quella giunga di aspirazioni e promesse nel campo sanitario che non è meno incidente e perniciosa di quelle che si possono scorgere nella città capoluogo. Con determinazione n° 65 del 3 aprile di quest'anno il Comune, con oggetto "locazione dell'immobile Centro residenziale per diversamente abili sito in località Ferriere" non aggiudica la gara. Si tratta dell'assegnazione di un immobile importante dove l'unica partecipante alla gara, la coop sociale onlus "Amicizia e solidarietà presilana" (molto legata ad un ex assessore regionale ai Lavori pubblici) partecipa per impiantare un entro per diversamente abili da far poi successivamente accreditare dalla Regione. Naturalmente la coop, una volta acquisito l'immobile, deve adeguarlo, farci dei lavori dentro, investire e renderlo a norma ma con la prima determinazione il Comune ufficializza il nulla di fatto. Mancano dei requisiti, il piano finanziario presentato non è congruo e non è sanabile "tra quanto dichiarato nel documento offerta e quanto riportato nel suddetto piano finanziario". Passa poco più di un mesetto e armati di coraggio e determinazione si va avanti nell'operazione, non ci si scoraggia. Si rifà il bando, ovviamente con "aggiustatine" varie tanto nella domanda quanto nell'offerta, e si ricomincia. Naturalmente, quasi retorico precisarlo, si presenta sempre un solo concorrente che è la coop di cui sopra che poi è sempre quella legata, molto legata, ad un ex assesso-

re regionale ai Lavori pubblici. Il bando nuovo e confezionato per l'occasione (con modifiche opportune) in poco più di un mesetto questa volta difficilmente non farà centro. Occhi puntati, in un punto particolare del bando, sul recupero funzionale della struttura che dovrà essere "effettuato sulla base del preventivo spesa elaborato dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale ed allegato agli atti della presente gara, da cui risulta un importo presunto di 240mila euro oltre Iva. La ristrutturazione dell'edificio avverrà secondo il progetto esecutivo elaborato dall'aggiudicatario e da presentare, per l'approvazione da parte dell'amministrazione, entro 30 giorni dalla stipula del contratto". Alla coop viene poi richiesta una garanzia provvisoria, cioè l'importo pari al 2% dell'importo dei lavori di recupero e ripristino. A garanzia della buona esecuzione dei lavori, poi, "l'impresa aggiudicatrice si obbliga a presentare all'ente appaltante una garanzia fideiussoria definitiva pari al 10% dell'importo dei lavori da eseguire". Dunque riepiloghiamo. La coop, per avere l'immobile su cui poi edificare il dentro per disabili, deve esporsi per lavori di riqualificazione per 240mila euro e deve anche fornire fideiussioni adeguate per il 10% dei lavori complessivi. Tutti i nulla osta, che seguono la messa in sicurezza dell'immobile, arriveranno ovviamente dopo i lavori effettuati che dovranno concludersi entro sette mesi. Finiti i lavori ne vengono concessi altri quattro per l'ottenimento dei nulla osta e dei pareri. Totale undici mesi, giusti giusti quelli che mancano alle elezioni comunali di Mottafollone. Il tempo che ci vuole per tenere in caldo la pentola degli interessi collaterali tenuto conto che nel frattempo si proverà e selezionare candidati e aspiranti lavoratori nella struttura, operatori sanitari, infermieri e tutto quello che serve per riscaldare una comunità. Nel frattempo la coop deve inventarsi qualcosa per far credere che è in grado di esporsi così tanto finanziariamente convinta di ottenere non solo l'immobile ma l'accreditamento da parte della Regione e tutto questo in pieno blocco degli accreditamenti stessi in virtù del serrato piano di rientro che è stato peraltro prorogato. Saranno anche diversamente abili gli aspiranti clienti del centro. Ma diversamente fessi ormai ce ne sono pochi in giro…

Nel piccolo paese di lingua albanese si concentra una specie di record. 5 dei 15 ammessi in un bando come operatori socio sanitari sono di qui. Chissà perché. E poco importa se con titoli di studio inferiori a chi è finito più in basso Magari un giorno si scoprirà che hanno un talento nascosto, i giovanotti di Acquaformosa. E lo hanno tanto nascosto quanto meno scolarizzato possibile ma per il momento, in mancanza di altri elementi, è di singolare "anomalia" che dobbiamo parlare. Singolare e per certi aspetti anche grottesca ma tant'è, tutto può essere dalle nostre parti. Col fondo sociale europeo si tiene una graduatoria per corsi professionali finanziati dalla Regione. Il corso prevede che alla fine e dopo gli esami una parte dei tirocinanti deve essere assunta dagli enti dove si svolgeranno i tirocini formativi. Si tratta di operatori socio sanitari (oss) e nella provincia di Cosenza, corsi del genere, ve ne sono stati al momento più di cinque con l'unico "neo" di essere stati fin qui legati ai titolari delle cliniche private che poi di fatto ne hanno gestito le scuole stesse di formazione. Non è difficile, non sono molti i cognomi anche di peso "politico" a Cosenza in possesso di cliniche ma stavolta nel cuore della Valle dell'Esaro apparentemente non dovevano esserci grandi e ingombranti giri d'interesse nei corsi di formazione. Ma è l'apparenza che inganna e fa brutti scherzi talvolta. Qui, nel cuore del regno albanofono, è la scuola "Sud Europa" incaricata a guidare le operazioni. Il titolare è l'ingegnere Domenico Spingola, di Ficara, frazione di San Donato di Ninea.


Sabato 25 Maggio 2013

Mezzoeuro Miracoli di Provincia

I geni (non laureati) di Acquaformosa

È il responsabile del Pdl della valle dell'Esaro, tanto per intenderci e non è l'unico volto di rimando "politico" ad aggirarsi nella faccenda. C'è Saverio Epifanio, diplomato all'istituto alberghiero, consigliere di minoranza del Pdl del comune di Acquaformosa (molto legato ad un assessore del Pdl di Cosenza) che, dicono, ha assistito addirittura alle selezione dei candidati non prima d'aver pure espresso dei pareri in merito. Da qui, giurano le malelingue che comunque bisogna sempre accogliere col beneficio dell'inventario, la specie di miracolo di Acquaformosa che su 110 partecipanti per 15 posti utili ne piazza 6 di cui i primi 5 in fila. Non solo. Mentre dal 20° posto fino al 30° gli esclusi sono per lo più persone laureate i primi sono al più diplomati e alcuni con il diploma di terza media. Qualcuno tra gli esclusi e magari con titoli c'è rimasto male e s'è pure incazzato. A marzo nella sede di Spezzano pare ci sia anche stata una visitina di inquirenti trovando dentro proprio Epifanio che non ha saputo spiegare il perché si trovasse in quel luogo. Per legge un consigliere comunale a nessun titolo può essere presente in una commissione di valutazione ma non è questa probabilmente l'anomalia più esponibile. L'incrocio di Acquaformosa è un altro. O ha i ragazzi più bravi in assoluto in campo socio sanitario (con quelli senza laurea che sono più bravi ancora degli altri che invece ce l'hanno). Oppure siamo in presenza di un vero e proprio miracolo dei giorni nostri. Un mix tra casistica, libro cuore e quello dei sogni. C'è una terza via che non ci sentiamo neanche di prendere in considerazione. È una via vecchia in Calabria, percorsa più volte. Che non vale la pena proprio esaminare. Ci porterebbe lontano anche da Acquaformosa. Meglio credere ai geni del paese. Geni al contrario ma sempre geni sono...

Graduatoria finale

Operatore socio sanitario - Ciofs Spezzano Alb. N°

Cognome e Nome

Punteggio

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44

BAVASSO Danilo 35,00 BUONO Elisabeth 35,00 LINARDI Pasqualina 34,75 DI MARCO Rosanna 34,00 OCCHIUZZI Enrico 34,00 LOTITO Mario 33,50 DI LUCA Leonardo 33,00 ACETI Pasquale 33,00 LECCADITO Gianluca 33,00 RIZZUTO Paola 33,00 BATTISTA Laura 32,75 VITELLI Giorgio 32,50 RENNIS Gennaro 32,00 LA ROCCA Silvana 31,50 PIRO Rosetta 31,00 DE MARCO Giuseppe 29,25 MAZZUCAAlessandro 29,00 D'AMBROSIO Maria Francesca29,00 FORTINO Maria Rosa 27,75 TROTTA Maria 27,00 TAMBURI Caterina 26,00 GALLICCHIO Francesca 24,75 TARANTINO Maria Rosaria 24,00 DI LORENZO Enrico 23,75 D'ELIA Francesco 23,50 PRINCIPE Rosanna 23,50 D'ELIA Stefania 23,25 VICECONTE Francesca 23,25 PRINCIPE Maria Francesca 22,75 NOCITI Fabio 22,50 RITACCA Daniela 22,50 D'ELIA Daniela Palmina 22,25 MUSMANNO Francesco 22,25 GAGLIO Luigi 21,25 PALERMO Carlo 21,00 RUSSO Maria 21,00 MAZZEI Michele 21,25 GALLICCHIO Maria 20,25 LUCIA Esterina 20,25 LUCIA Valeria 20,25 PIGNATARO Rosalba 19,50 RUSSO Caterina Maria 19,50 CAPPADONA Cristopher 18,75 GILIBERTI Daniela 18,75

45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110

MOTTA Elisa 18,75 PASTORE Immacolata 18,75 PARADISI Anna 18,25 FOSSA Domenico 18,25 SALATINO Teresa 18,00 ALOIA Caterina 17,75 AMATO Stefania 17,75 MAZZA Rosanna 17,00 RUFFOLO Olga 16,25 MORETTI Giuseppe 15,75 MAURO Antonio 15,50 BARBUTO Ester 15,25 BOSCO Francesco 15,25 BRUNO Giuseppina 15,00 SPARANO Sandro 15,00 AMMENDA Massimo 15,00 CIPOLLA Francesco 14,75 MINNITI Giuseppe 14,25 CHIAPPETTA Maria 14,00 CARUSO Antonella Alessandro 13,50 TARANTO Franca 13,25 TROTTA Simona 13,25 GAGLIO Stefano 13,00 CALVANO Amalia Luana 12,50 GIGLIO Paolo 12,50 PEZZANO Maria 12,50 DE LIO Luigi 12,25 MARANGI Michele 12,00 ALESSIO Anna Serafina 11,75 RADDI Alessia 11,50 TROTTAAntonella 11,50 FALBO Giuditta Daniela 11,50 CUFFONE Ruggero 10,75 D'AGOSTINO Raffaella 10,75 PILUSO Maria Assunta 10,75 LATO Simona 10,75 DE ROSE Maurizio 10,50 CARCHIA Rosa Alba 10,50 ORIOLO Letizia 10,50 FONTANA Maria Francesca 10,25 TROTTA Emilia 10,25 CARBONE Ivan 9,00 NIGRO Francesca 8,25 PAPARA Luigi 7,50 LENTO Marco 7,00 LA ROCCA Loredana 6,75 IRIDE Antonella 6,50 GATTULLI Maria Antonietta 6,25 CRISTIANO Francesco 6,25 CELESTINO Emma 5,75 LUCENTE Francesco 5,50 TARANTO Angelina 4,75 SETTEMBRINO Pierpaolo 4,25 SACCO Francesca 4,25 BARTOLOTTO Alessandro 4,00 AMATO Francesca 3,25 GALLUCCI Luca 2,25 RICCA Maria Pia 1,75 SORRENTINO Giancarlo 1,75 GULLO Isabella 1,75 PALDINO Carmela 1,25 SALVO Rita 1,25 POLVERAZZI Cettina 0,75 AMATO Raffaele 0,50 GAGLIANO Vincenzo -0,75 LIFRIERI Francesca -1,25

Allievi ammessi dal n° 1 al n° 15 Allievi ammessi in qualità di Uditori dal n° 16 al n° 18

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Mezzoeuro

Sabato 25 Maggio 2013

Bcc Mediocrati e Banca dello Jonio - Albidona, c’è feeling

Matrimonio d’interessi di Oreste Parise

Chi ricorda più la Banca del Mezzogiorno? In fila per una raccomandata sono distratto da un libricino ingiallito da tempo, un volantino pubblicitario distribuito in milioni di copie («e io pago...» diceva Totò), che magnifica tutte le mirabolanti imprese che possiamo inventarci con l’aiuto di questo fantasma. «Diretto’, ma c’è ancora questa banca?» «Ma certo, basta andare in una agenzia principale, chiedere in giro e trovate senz’altro qualche impiegato che vi saprà dare maggiori informazioni. Non ricordate? È la banca del genio!» Ma forse bisognerebbe dire la banca del buco, su cui la banda che ci siamo lasciati alle spalle aveva puntato per il nostro futuro. Con i soldi pubblici, ovviamente. E non sono rimaste rimaste neanche le ceneri, sparse al vento.

In una Calabria dove la politica ha perso la testa con la lap dance, c’è chi pensa a rafforzare il sistema delle banche locali con una sinergia operativa, unendo due banche per rilanciare la politica creditizia del territorio. Una scommessa che potrebbe aiutare a costruire un futuro diverso

Ecco, quello della Banca del Mezzogiorno è una delle tante brillanti idee che hanno reso il Mezzogiorno un deserto industriale, finanziario, bancario, assicurativo e così via. Tra poco con l’assurdità di fare pagare una patrimoniale persino sugli edifici dei paesi in via di spopolamento, verranno rasi al suolo. Almeno risparmieremo sulle indennità di sindaci e giunte. Per un’idea che ha lasciato solo cenere, ecco finalmente una buona notizia in campo bancario. La Bcc Mediocrati e la Banca dello JonioAlbidona hanno deciso di sposarsi. Domenica 26 maggio, il matrimonio verrà celebrato solennemente alla presenza dei 5.500 soci che costituiscono la base sociale del nuovo istituto. Non ci saranno proprio tutti alla grande kermesse, ma di sicuro vi sarà una folta rappresentanza che viene chiamata a decidere su una operazione che tenta di anticipare le soluzioni, evitando il trauma di un intervento esterno. Evocare in questa sede lo spettro della Vigilanza è certamente fuori luogo, perché nel giorno delle nozze non si parla di disgrazie, perché porta iella. Non vi è in questo momento alcuna ombra sul futuro delle due banche, che nelle ultime visite dell’organo di controllo si sono dimostrate tetragone e pronte a sostenere l’urto della crisi, gli ultimi conati (si spera) di una congiuntura che sta debilitando l’intera economia calabrese. L’idea della fusione non è nuova e in tutti questi anni è stata sperimentata numerose volte dalla Bcc calabresi, tanto che gli stessi sposi attuali nascano da operazioni simili fatte nel passato. Di assolutamente nuovo c’è che questo avvenga in un momento di così grave difficoltà congiunturale, con una azione pro-attiva tendente a rafforzare le due banche prima che esse possano entrare in una soglia di attenzione. Un secondo motivo è quello di recuperare una capacità operativa con il rafforzamento patrimoniale, che per effetto del controllo prudenziale introdotto con il sistema Basilea, è essenziale per il rilancio del credito sul territorio. Bisogna riconoscere il grande senso di responsabilità e lo spirito di servizio che hanno animato chi volontariamente ha deciso di diventare preda per realizzare un progetto più consono alle esi-

genze del territorio. Un riconoscimento dovuto a Michele Aurelio, presidente della banca incorporata e della Federazione calabrese delle Bcc, il quale rinuncia alla carica e sacrifica il nome della banca, ma ottiene in cambio la costituzione di un istituto che è maggiormente in grado di rispondere alle sollecitazioni del territorio e venire incontro alle esigenze di investimento dell’asfittico sistema produttivo. Il punto di forza principale del nuovo istituto è costituito da un management che ha saputo collocarsi al di sopra della spinta localistica e muoversi in una logica di gestione caratterizzata da professionalità e competenza, sfuggendo ai richiami clientelari ed all’influenza perniciosa di una politica petulante che richiede un sacrificio di ragionevolezza in cambio di una sostegno confuso e velleitario. In campo bancario la classe politica calabrese ha mostrato un pauroso deficit di analisi e proposta. Senza una sana politica non si riescono a ottenere dei risultati significativi, ma il grido “sussurrato” dagli operatori del settore è che qualsiasi loro intervento si tradurrebbe in una forte spinta clientelare. Il richiamo allo spirito cardoniano richiamato nel comunicato ufficiale con il quale si convoca l’Assemblea per l’approvazione del bilancio e della fusione tra i due istituti, è colloca nella linea di Papa Francesco, che è intervenuto autorevolmente sulla questione delle banche affermando che «...se calano gli investimenti nelle banche questo è considerata una tragedia, ma se la gente muore di fame non succede niente». Nella semplicità del messaggio è implicita la condanna delle banche di affari dedite ad attività spe-

culative, lontane dall’economia reale che sono le sole beneficiarie degli interventi della Bce o della Federal reserve. La condanna del Papa è per una politica che si preoccupa di tutelare la speculazione e non trova soluzione per le piccole imprese che vengono condannate a morire per mancanza di un sostegno nel momento di una grave crisi di mercato. Mantenendo inalterato il sistema con una legislazione unica tra gli istituti locali e i grandi chaebol finanziari che hanno una natura essenzialmente speculativa, la liquidità sarà destinata al sostegno della operazioni borsistiche che si alimentano delle crisi ricorrenti e programmate degli stati considerati più deboli. La risposta a livello locale, pur se necessaria e lungimirante, non è da sola sufficiente ad arginare l’ondata speculativa di operatori che dispongono di risorse pressoché illimitate per i loro lucrosi affari speculativi. La separazione tra gli istituti finanziari e le banche commerciali che operano a sostegno dell’economia reale è una grande battaglia politica che meriterebbe di essere urgentemente inclusa nell’agenda politica del governo. In questo momento vi è sul tappeto a Cosenza il problema della Bcc dei Due Mari, che dopo l’inutile tentativo di tutoraggio tentato dalla Banca di Sesto San Giovanni che ha inghiottito un ricco boccone gentilmente offerto dal Fondo di garanzia, rischia una fine ingloriosa, con morti e feriti lasciati sul terreno. Le prime vittime saranno ancora una volta i soci che vedranno evaporare il lo-


Sabato 25 Maggio 2013

Mezzoeuro Bcc Mediocrati e Banca dello Jonio-Albidona, c’è feeling

Assemblea 2013 della Bcc Mediocrati

ro investimento senza neanche avere la possibilità di esprimersi, senza sottoporre loro la possibilità di un rilancio del loro investimento per salvare il loro ruolo, la funzione della banca e difendere un istituto che ha un impatto positivo sul territorio. La fusione dei due istituti che verrà celebrata, offre l’opportunità di immaginare una soluzione anche per l’istituto in sofferenza, incorporandolo in questo nuovo contenitore. Una operazione che sarebbe possibile con un triplice intervento: una operazione di capitale con l’aumento delle quote di ciascun socio (della nuova Mediocrati e della Bcc dei Due Mari) di mille euro per quota posseduta, la emissione di un prestito subordinato per un ammontare congruo (40-50 milioni di euro), un intervento del Fondo di garanzia per raggiungere il target operativo determinato dalla Vigilanza. Una operazione di questo genere otterrebbe un triplice risultato. In primo luogo si creerebbe un istituto locale che per dimensioni, capacità operative e disponibilità di un manager adeguato, potrebbe giocare un ruolo significativo sul territorio, di porsi come un serio interlocutore per il sistema produttivo che oggi come non mai ha bisogno di punti di riferimento per potersi rilanciare. In secondo luogo si eviterebbero soluzioni pasticciate come quelle messe in atto per l’ex Bcc di San Vincenzo La Costa finita nel calderone della Banca sviluppo, una entità senza anima, senza omogeneità territoriale e coerenza gestionale, o la Bcc di Cosenza maciullata per due hamburger. In terzo luogo si darebbe un ruolo attivo al terri-

torio, attraverso le migliaia di soci che hanno creduto nel “loro” istituto e vi hanno investito un capitale di speranze, prima che una quota dei propri sudati risparmi. La semplicità è soltanto apparente perché vi sono molti ostacoli che rendono molto difficile la percorrenza di una strada del genere. Il primo ostacolo è la Banca d’Italia, che si troverebbe una soluzione mai tentata in precedenza in Calabria con l’incognita che qualche tassello del mosaico possa non trovare la giusta collocazione. In secondo luogo, non è scontata l’adesione massiccia dei soci chiamati a uno sforzo finanziario in un momento di grave difficoltà, in cui la maggioranza delle famiglie devono stringere la cinghia per arrivare a fine mese. L’assenza di un qualsiasi meccanismo che favorisca il trasferimento delle quote, le rende dei prestiti irredimibili, una sorta di investimento perpetuo senza possibilità di smobilitarlo in caso di necessità. In terzo luogo bisognerebbe comunque attendere l’esito della “due diligence” per verificare la fattibilità tecnica della fusione, sottoporre ad una attenta analisi la composizione del portafoglio crediti per scongiurare che vi siano scheletri nei faldoni e quantificare l’entità dell’investimento necessario. L’intervento dello stesso Fondo di Garanzia non può considerarsi scontato, poiché già ha manifestato in più occasioni lo sforzo che ha dovuto sostenere per le Bcc calabresi. Anche se bisogna ricordare sempre che quando poi è intervenuta nel Nord, è bastato un sol intervento per superare la somma di quelli operati nella regione.

I soci della Bcc Mediocrati si riuniranno domenica 26 maggio 2013 presso il centro Malizia distribuzione - contrada Pantoni (svincolo A3) Montalto Uffugo, per svolgere l’assemblea ordinaria e straordinaria dell’Istituto. I lavori saranno aperti dal presidente del cda, Nicola Paldino, alle ore 9,00 in seduta ordinaria per poi proseguire con la seduta straordinaria. All’ordine del giorno, oltre all’approvazione del bilancio 2012 con gli adempimenti connessi, è prevista la fusione per incorporazione della Bcc Banca dello Jonio-Albidona-Credito cooperativo. Il progetto, già approvato dai cda delle due banche, risponde ad esigenze di programmazione di sistema in un ambito operativo sempre più complesso. «Le Banche di Credito cooperativo - dice il presidente della Bcc Mediocrati, Nicola Paldino - pur proseguendo nella loro missione di servizio ai territori di propria competenza sono chiamate a rispondere alle normative comunitarie come tutti gli altri istituti. Attualmente, nonostante il lavoro di Federcasse e dell’Eacb (European association of co-operative banks), la grande maggioranza della legislazione in discussione in sede Ue è orientata ad accomunare le piccole banche locali ai giganti di dimensioni ultranazionali. In quest’ottica di pianificazione strategica, dunque, il piano di fusione sarà sottoposto all’approvazione dei soci nel corso dell’assemblea straordinaria». Il progetto prevede che la nuova banca mantenga il nome di “Credito Cooperativo Mediocrati”, con sede in Via Alfieri a Rende, aggregando all’attuale zona di competenza tutta la fascia dell’Alto Jonio cosentino, fino a sconfinare nel comune di Nova Siri (provincia di Matera) dove è ubicato uno dei quattro sportelli della Bcc Banca dello Jonio. Il nuovo istituto potrà contare su 21 filiali e una base sociale costituita da oltre 5.500 soci, il cui apporto cooperativo - in pieno stile decardoniano - costituirà la necessaria forza per affrontare la complessità odierna, garantendo, allo stesso tempo, la libera capacità di presidio a vantaggio delle nostre comunità. In occasione dell’assemblea, sarà presentato ai soci il Bilancio sociale e di missione, che la Bcc Mediocrati redige dal 2002. Il valore aggiunto prodotto nel territorio durante il 2012, compreso un utile di euro 1.001.968,00, è stato di euro 13.337.361,50.

Nicola Paldino presidente Bcc Mediocrati

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Sabato 25 Maggio 2013

Mezzoeuro Fisco e sangue blu

di Francesco Cirillo

I Marzotto sono ben conosciuti nel Vicentino dove ancora gestiscono poteri economici vari, fino alla realizzazione di impianti a biomasse come a Portogruaro. I Marzotto sono ben conosciuti anche perché insigniti dell’onorificenza di Cavalieri del lavoro sin dal 1902; l’ultimo fu Pietro nel 1985. I Marzotto sono anche ben conosciuti a Praia a Mare dove gestivano una fabbrica di veleni, la Marlane. Una fabbrica che doveva produrre lavoro e dare benessere e che invece nel giro di venti anni ha buttato sul lastrico centinaia di famiglie per i tumori che le hanno colpite. I Marzotto sono ben conosciuti anche a Paola dove da tre anni stanno sul banco degli imputati accusati di disastro ambientale, omicidio colposo plurimo e lesioni. Ma i Marzotto sono portati anche a festeggiare sempre. Festeggiano qualsiasi cosa. Compleanni, onomastici, matrimoni, forse festeggiano anche i divorzi, ne hanno avuti tanti.

I conti tornano solo al Conte I Marzotto ultimamente hanno festeggiato i 175 anni di attività, ed un fatturato di 500 milioni di euro, con una cerimonia celebrativa a Trissino in provincia di Vicenza nella loro villa. Una festa sfarzosa con più di mille invitati. Festa alla quale, naturalmente, non sono stati invitati i familiari delle oltre 150 vittime della Marlane. Festa celebrata anche con l’emissione di un francobollo dedicato alle loro attività. Anche per l’emissione del francobollo che celebra il 175° anniversario della fondazione dell’industria tessile, i Marzotto hanno fatto una festa. Dopo essere stati nell’ufficio postale di Valdagno dove venne presentato nell’ottobre del 2011, alla presenza del presidente del Gruppo Marzotto, Antonio Favrin, anch’egli imputato nel processo a Paola, di Matteo Marzotto, del consigliere d’amministrazione di Poste italiane, e dell’assessore provinciale della Lega Nord Antonio Mondardo, giusto per stare al passo con i tempi. Ma i conti al Conte non tornano. Eh sì, perché il Conte - scrive testualmente un’agenzia della Reuters di Milano - dovrà sganciare ben 56 milioni all’Agenzia delle entrate di Milano. Io non ci credo, come dice Crozza, ma così scrive l’agenzia Reuters, riportata da pochissimi giornali nazionali: «I membri della famiglia Marzotto e gli amministratori del gruppo indagati per evasione fiscale hanno sanato la loro posizione con il Fisco versando all’Agenzia delle entrate 56 milioni di euro. Lo dicono fonti giudiziarie confermando indiscrezioni stampa. La procura di Milano aveva chiuso all’inizio di aprile l’inchiesta con l’ipotesi di reato di omessa dichiarazione dei redditi nei confronti di 13 persone, fra membri della famiglia Marzotto e amministratori del gruppo, per una contestazione di imposte evase per circa 72 milioni di euro di Ires per il 2007. Fonti legali e investigative avevano già anticipato a Reuters che era in corso una trattativa fra gli indagati e l’Agenzia delle Entrate per arrivare a una transazione economica. La transazione con il Fisco potrebbe in teoria mettere in forse la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura e aprire anche la strada a un’archiviazione, ma su questo al momento non ci sono certezze, riferisce una delle fonti».

Evasione fiscale della famiglia Marzotto di ben 72 milioni di euro La strategia scelta questa volta è quella del patteggiamento Ammissione di colpa che non ha nulla di “nobile” visto che così sono riusciti a risparmiare 16 milioni I Marzotto non hanno bisogno di darsi fuoco, come recentemente ha fatto chi ha perso una casa per soli 10mila euro. I Marzotto sanno come farli fruttare quei soldi anche quando vengono presi con le mani nel sacco. La storia è sempre la stessa: chi è ricco (e se molto ricco è meglio) riesce sempre a patteggiare e pagare meno di quanto richiesto. Il patteggiamento di 56 milioni di euro per tentare di evitare il processo e risparmiare (anche) 16 milioni, invita a fare qualche considerazione. Primo... il patteggiamento e il pagamento di una cifra considerevole fanno sorgere il ragionevole dubbio che sia un’ammissione di colpevolezza. Secondo... se la procura di Milano ha contestato un’evasione di 72 milioni, perché accettare una transazione per un importo così più basso? Accettare il patteggiamento al ribasso è una specie di “depenalizzazione” del reato di evasione e una implicita “ammissione” di come, per qualcuno, sia conveniente evadere le tasse dovute. In definitiva da questa vicenda (come da tante altre) si evince che se si evade e si viene scoperti, si “rischia” di pagare meno del dovuto. È una palese ingiustizia nei confronti di chi le tasse le paga tutte e subito. Ed oggi far risparmiare ben 16 milioni di euro non sono è bazzecola.

Nelle foto, il sit-in a Paola dell’8 giugno scorso


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Sabato 25 Maggio 2013

Fisco e sangue blu L’Agenzia delle Entrate a questo punto, in vena di sconti avrebbe potuto evitare di far pignorare e vendere all’asta la casa di quel povero uomo di Vittoria in provincia di Ragusa. Diciamolo il nome di quest’uomo, che non diventerà mai Cavaliere del lavoro. Si tratta di Giovanni Guarasco, 64enne muratore disoccupato. Nella concitazione di buttarsi la benzina addosso, il muratore Giovanni ha coinvolto anche la moglie, la figlia e due agenti della polizia accorsi per evitargli il gesto. Tutti e quattro hanno riportato ustioni gravi agli arti superiori e al volto. Anche la figlia della coppia ha subìto delle ustioni ma sono risultate più lievi. Le condizioni più gravi sono quelle del muratore Giovanni e di uno dei due agenti che sono stati trasportati in elicottero al centro Grandi ustionati dell’ospedale Cannizzaro di Catania. Quella casa per quel muratore era il lavoro di tutta la sua vita. Le case invece sequestrate, in via cautelare, ai Marzotto, erano di tutt’altro tenore. La casa del muratore sarà di due o tre stanzette mentre per i Marzotto si tratta, di una porzione di villa e tre appartamenti a Cortina d’Ampezzo, più tre garage. La Guardia di finanza cortinese, secondo quanto si è appreso, ha depositato il provvedimento al Catasto del Comune, per un valore catastale complessivo di circa 3 milioni di euro. La disposizione è valsa per una porzione di villa di 28 vani complessivi (valore catastale 600mila euro), due appartamenti per un totale di 23 vani nel centro cortinese (uno del valore catastale di 600mila, l’altro di un milione 200mila euro) e un altro ancora (240mila). Sommati a questi anche i tre garage di pertinenza. Il gip di Milano Gianfranco Criscione nel decreto di sequestro di 65 milioni di euro a carico di amministratori di diritto e di fatto del gruppo Marzotto scrive che «ogni eventuale e residuo dubbio è fugato in ordine all’opportunità del sequestro dai fatti successivi al 16 maggio che si risolsero sostanzialmente nel trasferimento alle isole Caymans del profitto che la Icg realizzava nell’affare Vfg, compresa la parte guadagnata con l’evasione fiscale». Icg è la società lussemburghese creata secondo l’accusa appositamente per l’operazione di vendita del 29,9% di Valentino Fashion group, poi finito in un secondo momento al fondo Permira. L’intermediazione fittizia della società che in Lussemburgo non aveva nemmeno una sede ma veniva amministrata dall’Italia servì a creare una plusvalenza da 200 milioni di euro su cui sarebbero state evase tasse in Italia per 65 milioni. Il fatto è che il muratore di Vittoria queste cose non le sapeva fare. Bastava che avesse mandato i suoi risparmi alle Isole Cayman, magari facendo una telefonata al Conte Marzotto e l’Agenzia delle entrate sarebbe rimasta con le mani in mano. Ma la casa del muratore valeva solo 26mila euro, ed il debito era di soli diecimila euro. E poi Giovanni Guarasco, 64enne muratore disoccupato, non era nemmeno Cavaliere del lavoro e per lui non è stato mai emesso un francobollo. Vuoi mettere? E un patteggiamento per gli operai di Praia a Mare il Conte Marzotto non l’ha pensato? Un patteggiamento al rialzo, non certo al ribasso. Forse con quei 16 milioni di euro guadagnati ci si potrebbe fare un pensierino. E forse gli converrebbe farlo dal momento che il processo a Paola gli sta andando male, nonostante la corazzata di avvocati da Ghedini a Perugini, schierata a difesa sua e di tutti i dirigenti della fabbrica maledetta. Gli avvocati Lucio Conte, Natalia Branda, Pasquale Vaccaro, Francesco Sirimarco, e tutti gli altri dell’accusa, saranno anche piccoli ed anonimi, ma hanno sangue e coraggio da vendere. Riescono a tenere bene la loro linea di difesa e nonostante la sfilza di eccezioni che ad ogni apertura di udienza, la corazzata di avvocati della dife-

sa mette in atto, sono riusciti a far svolgere il processo. Un processo che dopo un timido inizio è cominciato a correre e che solo alla pausa estiva dal 1° agosto al 15 settembre finirà verso novembre, altrimenti entro luglio tutto si sarebbe concluso. Bisogna anche evidenziare la forte testimonianza venuta dai periti. Quasi una decina, che hanno tutti confermato in modo scientifico e incontrovertibile la presenza di elementi chimici pericolosi all’interno di quella fabbrica. L’ultima perita, Brancia, è stata precisa e netta nell’indicare tutti gli elementi chimici pericolosi che hanno investito il lavoro di quei poveri operai. E nell’ultima udienza, del 10 maggio, i testi operai della fabbrica sono stati ancora più precisi ed impietosi. Come Francesco Lista, operaio della filatura dal 1962 al 1984, colpito da un tumore alla prostata. Lista ha ancora una volta confermato la presenza di un reparto unico esistente nella fabbrica, con al centro la tintoria dalla quale uscivano vapori venefici e polveri che venivano ripulite con l’aria compressa. L’operaio Lista ha poi confermato che non si sono mai usate in quella fabbrica mascherine di protezione. «Mai per 25 anni che io ci sono stato ho mai visto qualche operaio con qualche mascherina», ha dichirato. Ma la linea della difesa, aggressiva e poco rispettosa delle morti della Marlane, si evidenzia quando controinterrogano qualche testimone. Come avvenuto alla figlia di Giovanni Lemmo, deceduto nel 1987 per tumore alla gola. La figlia di Lemmo ricorda quando il padre ritornava dalla fabbrica con la tuta sporca di polveri che la madre doveva lavargliela bollendola direttamente sul gas. Il padre ritornava così nero, che in casa lo chiamavano affettuosamente “gatto silvestro”. L’avvocato Polizio difensore di Vincenzo Benincasa responsabile dello stabilimento dal 1996 al 2002, chiede se il padre fumava e beveva. Questo per dimostrare cosa? che nella fabbrica tutti gli operai morti di tumore erano bevitori e fumatori incalliti? E vuoi vedere che in quella fabbrica non ci si andava per lavorare dalle 8 alle 10 ore al giorno, ma per bere e fumare allegramente? Ma anche Biagio Imperio, operaio del reparto finissaggio colpito da linfoma di Hodgkin riconferma le condizioni di lavoro nella fabbrica. Ma è l’operaio Salpa Giovanni difeso da Natalia Branda che chiarisce meglio tutta la situazione lavorativa. Salpa lavorava nel magazzino scorte ed era quello che ordinava i bidoni in arrivo per la lavorazione, con le sostanze chimiche. La dichiarazione di Salpa sull’uso di quei bidoni ha dell’incredibile. Salpa sostiene che la direzione, una volta usati i bidoni con gli acidi ed i coloranti, questi venivano seppelliti. Poi una parte di questi senza che venissero lavati e sterilizzati si mettevano in vendita e gli operai li acquistavano dalla ditta stessa incuranti del contenuto velenoso che vi era stato. Naturalmente la difesa dei Marzotto, come in ogni processo che si rispetti, trova testimoni a proprio favore. Ed eccoli, dichiarare di aver visto solo rose e fiori in quella fabbrica. Depuratori funzionanti, a dispetto delle analisi dell’Arpacal che dichiarava il mare fuori la Marlane non balneabile; fusti con saponi e sostanze non nocive a dispetto delle analisi fatte dall’Unical sui veleni sotterrati nella stessa fabbrica; aria respirabile e mascherine ovunque a dispetto delle numerose testimonianze che hanno detto di trovare la fabbrica piena di fumi asfissianti e maleodoranti. Poi guarda caso questi testi risultano essere stati sindacalisti della Cgil o proprietari delle Cooperative che gestivano l’indotto della Marlane. Va bè, fa parte del gioco e come sappiamo tutti ai Marzotto piace giocare, semmai con qualche asso nascosto sotto la manica, pur di vincere.

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Sabato 4 Maggio 2013

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La lotta ai tumori ha un’arma in più «Permette di trattare in modo preciso e non invasivo un tumore, risparmiando i tessuti sani e utilizzando dosi elevate di radiazioni ionizzanti consente di ottenere dei risultati terapeutici migliori». È la definizione che il dottor Valerio Scotti dà della Body Radiosurgery (radiochirurgia o radioterapia stereotassica ipofrazionata), tra le tecniche più evolute di radioterapia oncologica. Il Malzoni Radiosurgery Center di Agropoli (Sa) è attualmente il centro con la più alta casistica di trattamenti e ri-trattamenti radiochirugici e di radioterapia stereotassica.

Fondato nel 2004

all’interno dell’Ospedale civile di Agropoli, e convenzionato con il Ssn, la Malzoni Radiosurgery vanta la più alta casistica europea per il trattamento radioterapico stereotassico delle patologie oncologiche epatiche e polmonari «ma questa terapia - precisa il dottor Scotti, direttore del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica - può essere applicata anche a lesioni che interessano altri distretti corporei come il mediastino, il pancreas, l’addome, il distretto testa-collo, l’esofago, i reni e surreni, lo spazio retroperitoneale, retto, prostata». La Body Radiosurgery si pone ormai come valida alternativa alla chirurgia tradizionale soprattutto quando questa non possa essere effettuata; trova indicazione per quei pazienti in cui i tumori sono diventati resistenti alla chemioterapia o che hanno già effettuato una radioterapia convenzionale. «Controllando i movimenti dovuti alla respirazione - spiega il dottor Scotti -, individuando in maniera precisa il bersaglio da colpire ed effettuando un controllo costante della terapia, il risparmio dei tessuti sani è massimo, evitando gli effetti collaterali della radioterapia convenzionale. Il trattamento radioterapico stereotassico ha dimostrato una tollerabilità elevatissima ed essen-

Il Dott. Valerio Scotti descrive vantaggi e possibilità della Body Radiosurgery una nuova opzione terapeutica per la cura del cancro :«La precisione millimetrica consente nuovi trattamenti»

do effettuato in regime di “day hospital”, ossia senza la necessità di un ricovero, permette al paziente di riprendere subito le proprie attività quotidiane». A conferma della validità di questa risorsa clinica per il trattamento dei tumori, sono in fase di pubblicazione studi che vedono nella Body Radiosurgery risultati pari e sembra addirittura superiori in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Solitamente, invece, è usata come un’alternativa alla chirurgia tradizionale «costosa, difficile e che richiede un lungo periodo di ricovero - continua Scotti - La nostra tecnologia, insieme alla grande e pionieristica esperienza degli operatori, consente una precisione di trattamento millimetrica, valutando durante l’ir-


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Sabato 4 Maggio 2013

Speciale sanità Acceleratori lineari In basso, un telaio stereotassico Nel box in alto, Paola Belfiore amministratore delegato del Radiosurgery center

radiazione il movimento interno degli organi e del tumore dovuti alla respirazione». La Malzoni Radiosurgery di Agropoli ha due acceleratori lineari di ultima generazione che permettono si eseguire anche una radioterapia tradizionale. «La sperimentazione - dice l’Ad del Malzoni Paola Belfiore - viene ora estesa anche alle terapie tradizionali. I due acceleratori lineari, così come i bunker, sono due macchinari gemelli. Tale caratteristica consente di affrontare l’eventuale blocco di una delle due sorgenti, semplicemente trasferendo i piani terapeutici da un acceleratore all’altro». Il dottor Scotti entra poi nel dettaglio dei trattamenti. «L’effetto radiobio-

logico (cellkilling) superiore delle singole sedute (radioterapia ipofrazionata) associata al risparmio dei tessuti sani (precisione dei sistemi stereotassici) ci consente di trattare lesioni anche in distretti delicati come fegato, vie biliari, pancreas e di effettuare ritrattamenti in pazienti con nuove lesioni e/o con lesioni già irraggiate sia con tecnica stereotassica che con tecnica convenzionale. Sono stati irradiati circa 1600 tumori comprendenti tutte le zone corporee (testa-collo, torace, addome, pelvi) anche in distretti difficili da trattare (fegato, lesioni paraspinali, mediastino, rene)» spiega il dottor Scotti, responsabile del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica del Malzoni Radiosurgery Center.

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Sabato 25 Maggio 2013

Lavoro, le casse sono vuote Solo in Calabria sono state finanziate circa 4.500 iniziative, che hanno generato oltre 7.000 nuovi posti di lavoro. Bisogna riattivare tempestivamente la dotazione finanziaria per le linee di finanziamento di cui al decreto legislativo 185/2000, che contemplano incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego. Soprattutto in questo momento di crisi diffusa e di grande difficoltà per i giovani, diventa prioritario favorire l’ampliamento della base produttiva e occupazionale e lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese. Per questa ragione, è necessario riattivare tempestivamente la dotazione finanziaria per le linee di finanziamento di cui al decreto legislativo 185/2000, che contemplano incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego.

d) promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi; e) promuovere la formazione imprenditoriale e la professionalità delle donne imprenditrici; f) favorire la creazione e lo sviluppo dell’impresa sociale; g) promuovere l’imprenditorialità e la professionalità dei soggetti svantaggiati; h) agevolare l’accesso al credito per le imprese sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381; i) favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità in agricoltura; l) promuovere l’imprenditorialità e la professionalità degli agricoltori; m) agevolare l’accesso al credito per i nuovi imprenditori agricoli.

Calabria in rosso Il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, in attuazione dell’articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999 n. 144, ha previsto incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, al fine di favorire l’ampliamento della base produttiva e occupazionale nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese. Attraverso contributi a fondo perduto e mutui agevolati tali disposizioni sono dirette a favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditorialità, anche in forma cooperativa, a promuovere la formazione imprenditoriale e la professionalità dei nuovi imprenditori, ad agevolare l’accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile, a favorire la creazione e lo sviluppo dell’impresa sociale, a promuovere l’imprenditorialità e la professionalità dei soggetti svantaggiati, a favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità in agricoltura, a promuovere l’imprenditorialità e la professionalità degli agricoltori, ad agevolare l’accesso al credito per i nuovi imprenditori agricoli e per le imprese sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381. Tali agevolazioni sono state gestite da Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, che agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno, e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo. I risultati sono notevoli: dai dati aggiornati al 2011, risultano 102.296 iniziative finanziate, con 172.306 nuovi occupati grazie, appunto, alle misure agevolative per l’autoimpiego. Adesso, però, Invitalia, con comunicato apparso sulla Gazzetta ufficiale n.96 del 24.04.2013, ha reso noto l’avvenuto esaurimento delle risorse finanziarie disponibili concernenti gli incentivi, condizione questa che potrebbe ostacolare l’ampliamento della base produttiva e occupazionale soprattutto nelle regioni più depresse, se è vero come è vero che non c’è un solo Comune del Sud Italia da cui non risulti pervenuta almeno una domanda: basti pensare che solo in Calabria sono state finanziate circa 4.500 iniziative, che hanno generato oltre 7.000 nuovi posti di lavoro. Ecco perché, quindi diventa prioritario favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese, riattivando tempestivamente la dotazione finanziaria per le linee di finanziamento di cui al decreto legislativo 185/2000. Bruno Censore parlamentare Pd membro Commissione Bilancio della Camera

Il deputato Pd Bruno Censore, lancia l’allarme dopo che Invitalia ha reso noto l’avvenuto esaurimento delle risorse finanziarie disponibili concernenti gli incentivi in materia di autoimprenditorialità ed autoimpiego Segue testo interrogazione parlamentare: al Ministro del Lavoro al Ministro dell’Economia e Finanze al Ministro Politiche agricole, Alimentari e Forestali Al Ministro dei Beni e delle Attività culturali

Interrogazione parlamentare su esaurimento delle risorse finanziarie disponibili concernenti le misure agevolative previste dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185. PREMESSO che: - il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2000, in attuazione dell’articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999 n. 144, ha previsto incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, al fine di favorire l’ampliamento della base produttiva e occupazionale nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese; - le disposizioni contenute nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, in particolare, sono dirette a: a) favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditorialità, anche in forma cooperativa; b) promuovere la formazione imprenditoriale e la professionalità dei nuovi imprenditori; c) agevolare l’accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile;

ATTESO che le misure incentivanti di cui al suddetto Decreto Legislativo sono applicabili nei territori di cui ai nuovi obiettivi 1 e 2 dei programmi comunitari, nelle aree ammesse alla deroga di cui all’articolo 87 (già articolo 92), paragrafo 3, lettera c), del Trattato di Roma, come modificato dal Trattato di Amsterdam, nonché nelle aree svantaggiate di cui al decreto del ministro del Lavoro e della Previdenza sociale 14 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 giugno 1995, n. 138, e successive modificazioni; CONSIDERATO che, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, ai soggetti ammessi alle agevolazioni sono concedibili i seguenti benefici: a) contributi a fondo perduto e mutui agevolati, per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall’Unione europea; b) contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall’Unione europea; c) assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative; d) attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto; PRESO ATTO che le agevolazioni previste dal D.Lgs 185/2000 per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità sono state gestite da Invitalia - Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa - che agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno, e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo; VISTO che dai risultati aggiornati al 2011 risultano 102.296 iniziative finanziate, con 172.306 nuovi occupati grazie, appunto, alle misure agevolative per l’autoimpiego e che non c’è un solo Comune del Sud Italia da cui non risulti pervenuta almeno una domanda; PRESO ATTO che sensi dell’art.2, comma 3, del D.lgs n.123/1998, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, con comunicato apparso sulla Gazzetta Ufficiale n.96 del 24.04.2013, ha reso noto l’avvenuto esaurimento delle risorse finanziarie disponibili concernenti gli incentivi in materia di auto imprenditorialità ed autoimpiego previste rispettivamente dal titolo I e II del d.lgs. n. 185/2000; Tutto ciò premesso, si intende sapere: - Se il Governo intenda ancora favorire l’ampliamento della base produttiva e occupazionale nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese, attraverso incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego; - Se il Governo non reputi opportuno riattivare tempestivamente la dotazione finanziaria per le linee di finanziamento di cui al decreto legislativo 185/2000.

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Sabato 25 Maggio 2013

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Mettiamo ordine in aula Ernesto Magorno è tra i firmatari della risoluzione presentata in commissione Giustizia sulla organizzazione dei tribunali, tra le altre cose si chiede anche di non chiudere il Tribunale di Rossano Ernesto Magorno è tra i firmatari della risoluzione presentata in commissione Giustizia sulla organizzazione dei tribunali. Nella risoluzione, tra le altra cose, si chiede di non chiudere il tribunale di Rossano. I firmatari della risoluzione chiedono al Governo di impegnarsi «ad adottare un decreto legislativo in maniera tale da rendere il provvedimento governativo più rispondente ai principi della leggedelega n. 148 del 2011 - ed in particolare con quelli di razionalizzazione del servizio giustizia, di decongestionamento dei grandi tribunali metropolitani, di necessità di tenere conto della specificità del bacino di utenza e della dimensione territoriale, della situazione infrastrutturale e della presenza di criminalità organizzata; nonché ad escludere uno dei tre tribunali subprovinciali nella provincia di Cuneo da individuarsi ad escludere dall’elenco degli uffici di tribunale e di procura della Repubblica soppressi quelli di Rossano Calabro, Pinerolo, Bassano del Grappa, Chiavari, Lucera, Urbino e Tolmezzo, al fine di evitare i più rilevanti rischi di violazione dell’articolo 76 della Costituzione, nell’adozione del decreto legislativo correttivo a verificare la rispondenza tra la presenza rilevante di fenomeni criminali diffusi e organizzati e la presenza di un presidio giudiziario, con particolare riferimento a quella nelle aree di maggiore e più diffusa presenza delle mafie». I firmatari chiedono altresì all’esecutivo di di impegnarsi a «mantenere i tribunali subprovinciali soppressi, quali sezioni distaccate; a mantenere quelle sole sezioni distaccate, attualmente esistenti, che per carico di lavoro riferito alle sopravvenienze, bacino di utenza, estensione territoriale (in alcuni casi più ampio della sede accorpante), caratteristiche specifiche della collocazione geografica, quale ad esempio l’insularità e le peculiarità delle zone montane o di confine o altre realtà che presentino specifiche criticità, risultano oggettivamente necessarie per ovviare, soprattutto nella prima fase di attuazione, a disagi organiz-

zativi per la popolazione e funzionali per il servizio giustizia; a garantire il mantenimento del-

le sedi di giudice di pace presso le sezioni distaccate di tribunale che verranno soppresse, al fine di assicurare l’applicazione del principio della giustizia di prossimità, per garantire in concreto l’accesso alla giustizia da parte degli utenti che ne abbiano diritto, ovvero, nel caso in cui ciò non sia possibile, prevedere almeno la presenza di un ufficio del giudice di pace avente sede nel comune della sezione distaccata soppressa, per ciascuna provincia in cui intervenga la soppressione di una o più sezioni distaccate; a porre in essere iniziative dirette a sopprimere il comma 4 dell’articolo 8 del Ernesto decreto legislativo che pone a carico Magorno del comune, in deroga alla normativa vigente, le spese di gestione e manutenzione degli immobili degli uffici giudiziari che rimangono attivi come sezioni distaccate».


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Sabato 25 Maggio 2013

Razionalizzazione del servizio giustizia

il decreto legislativo, inoltre, appare essere incoerente con i principi fissati nella legge delega (articolo 1, legge 14 settembre 2011, n. 148) e con i criteri espressi nella relazione ministeriale di accompagno, ulteriormente specificati dal Ministro nella audizione in Commissione giustizia del 13 settembre 2012; ed in particolare con quelli di razionalizzazione del servizio giustizia, di decongestionamento dei grandi tribunali metropolitani, di necessità di tenere conto della specificità del bacino di utenza e della dimensione territoriale, della situazione infrastrutturale e della presenza di criminalità organizzata; richiamando alla lettera quanto già contenuto nel parere sopra richiamato per quanto riguarda la soppressione degli uffici giudiziari del tribunale di Chiavari e di Bassano del Grappa, lo stesso il parere della commissione giustizia aveva evidenziato che «a Chiavari è stato realizzato un nuovo palazzo di giustizia per 14 milioni di euro, di cui 8,7 a carico del Ministero della Giustizia, costituito da una superficie di 8.900 mq adiacente alla sede del commissariato di polizia e alla casa circondariale, che risulta connessa direttamente con il nuovo palazzo, dove la Cisia ha realizzato un progetto di cablaggio: a Bassano del Grappa, il palazzo di giustizia, costituito da una superficie di 3500 mq, l’Erario ha speso 12 milioni di euro destinati al completamento della città della giustizia»; il tribunale di Pinerolo, dal canto suo, ha avuto in consegna l’ampliamento degli uffici - con possibilità di ospitare altre 50 persone fra magistrati e personale - per il quale il Ministero della giustizia ha speso circa 800.000 euro: mentre per la ristrutturazione del tribunale di Tolmezzo sono stati spesi recentemente oltre 4 milioni di euro; quanto sopra esposto non solo contrasta con l’affermazione contenuta nella relazione governativa per cui «la riduzione degli uffici derivante dagli interventi di riorganizzazione comporterà complessivi risparmi di spesa», prefigurati addirittura in euro 2.889.597 per l’anno 2012, euro 17.337.581 per l’anno 2013 e 31.358.999 per l’anno 2014, ma è incoerente e contraddice la scelta governativa operata per altri tribunali sub provinciali;

« Questa mozione - ha detto Magorno - va nella direzione che con determinazione ho sempre auspicato, quella di una revisione della geografia giudiziaria che tenga conto delle peculiarità e dei bisogni dei territori. In Calabria, questa esigenza è ancora più stringente, perché la nostra, come ho detto più volte, è una regione dove la giustizia deve essere sempre considerata un investimento e non un costo da tagliare, per assicurare dei presidi costanti di legalità ai cittadini. In questo senso, tra le altre cose, la risoluzione chiede di escludere la chiusura del Tribunale di Rossano; una vicenda per la quale ho assicurato il mio impegno e per la quale mi batterò, come per le altre questioni calabresi, fino in fondo in sede di Commissione giustizia e nel resto dell’attività parlamentare

Risoluzione in Commissione La II Commissione, premesso che: in data 12 settembre 2012 è stato pubblicato il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n. 148; il suddetto decreto legislativo non ha secondo i presentatori del presente atto tenuto adeguatamente conto di rilievi e proposte che erano stati avanzati nel parere, approvato a larghissima maggioranza l’1 agosto 2012, dalla Commissione giustizia della Camera dopo un’approfondita indagine conoscitiva che ha coinvolto anche i Consigli giudiziari delle corti di appello, anche se rappresenta un tassello, fondamentale, per una riforma complessiva che permetta un’ottimizzazione del sistema giustizia;

il medesimo parere sottolineava inoltre come la soppressione degli uffici giudiziari di Pinerolo, a differenza delle scelte operate in tutte le altre aree dei tribunali metropolitani ove si sono mantenuti e, in alcuni casi, anche ampliati gli uffici giudiziari submetropolitani, non solo contrasta con i principi dettati dalla legge delega con riguardo ai criteri previsti in relazione alle necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle “grandi aree metropolitane” (Pinerolo è tra l’altro il quarto ufficio giudiziario del Piemonte dopo Torino, Novara e Alessandria, 203.680 abitanti secondo Cosmag 2001 oltre 216.000 secondo il censimento 2011), ma è incoerente con tutti i parametri indicati dalia stessa relazione ministeriale che accompagna il provvedimento e afferma: «La necessità prioritaria in tutte le grandi aree metropolitane è senza dubbio quella di procedere ad un decongestionamento dei carichi. Tale obiettivo, in ottemperanza a quanto specificamente indicato dalla legge delega (articolo 1, comma 2, lettera b): “razionalizzare il servizio giustizia nelle aree metropolitane”), è stato perseguito attraverso tre fondamentali scelte operative: Impedire accorpamenti di tribunali subprovinciali alle 5 grandi aree metropolitane (Roma, Napoli, Milano, Torino e Palermo); Favorire, ove possibile e ragionevole, l’accorpa-

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mento di territori delle sezioni distaccate metropolitane ai tribunali limitrofi in maniera del tutto irragionevole e contrariamente al parere espresso dalla commissione parlamentare. Tanto è vero che, a titolo di esempio, il Tribunale di Milano ha “ceduto” ai Tribunali limitrofi tutti i territori delle sue sezioni distaccate, con sgravio pari ad oltre 630,000 abitanti (più di sei volte di quello che verrebbe ad avere Torino) e nel distretto di Napoli si è dato vita al tribunale di Napoli Nord; e ancora: la soppressione degli uffici giudiziari del tribunale di Rossano Calabro e Lucera, per i quali rispettivamente il parere della Commissione giustizia della Camera aveva evidenziato «la necessità di mantenere il Tribunale di Lucera, accorpandovi il territorio della sezione di San Severo, non solo per consentire un riequilibrio di risorse, ma soprattutto per garantire un’adeguata risposta alla criminalità organizzata, per cui - da una nota depositata in Commissione - risulta che il Procuratore della Repubblica di Lucera ha segnalato al Procuratore generale di Bari l’impatto eccezionale sul territorio di Lucera della mafia di san Nicandro Garganico, con chiari collegamenti con la mafia foggiana; la necessità di mantenere i Tribunali di Rossano (...), stante la particolare conformazione del territorio, che si sviluppa per 300 km e attraversa la dorsale appenninica che separa il versante ionico da quello tirrenico con a nord il massiccio del Pollino e al centro la Sila e rende estremamente difficili i collegamenti all’interno della Regione, nonché il grave impatto del fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso, come rappresentato dal Procuratore distrettuale Lombardo»; ciò non solo contrasta secondo i firmatari del presente atto di indirizzo con i criteri della delega, ma è incoerente con il contemperamento dei suddetti criteri generali che il Ministro, nella relazione di accompagno, afferma di aver attuato mediante l’adeguata valutazione della situazione infrastrutturale ed al tasso d’impatto della criminalità organizzata nei singoli territori interessati dall’intervento e oltre ad essere in contraddizione con le scelte governative che hanno consentito il “recupero” dei tribunali subprovinciali , tra i quali, ad esempio, Paola, Sciacca e Caltagirone; la soppressione nella provincia di Cuneo (che si estende per 6.903 chilometri quadrati) di tutti e tre i tribunali subprovinciali, non solo contrasta con i criteri fissati dalla delega che aveva fatto riferimento espressamente alla estensione del territorio e alla specificità dei bacino di utenza anche con riguardo alla situazione infrastrutturale ed economica (nella provincia di Cuneo si articola un tessuto produttivo costituito da 80.000 piccole e medie imprese) ma è incoerente con lo stesso parametro di riferimento ottimale, individuato nella relazione di accompagno, in 2.169 chilometri quadrati di estensione territoriale per ciascun ufficio giudiziario e contraddice le scelte operate su altri distretti, ad esempio quello Ligure, che complessivamente misura 5.402 chilometri quadrati e nel quale pur sono stati mantenuti quattro tribunali; proseguendo il parere rilevava come incongruità riguardano anche alcuni accorpamenti territoriali che, comportando forti disagi organizzativi e funzionali, avranno incidenza negativa per l’efficienza del servizio giustizia, quali ad esempio: nel distretto della corte d’appello di Salerno, il tribunale di Sala Consilina assegnato addirittura al circondario del più piccolo tribunale di Lagonegro appartenente ad un diverso distretto (quello di Potenza) e ad un’altra regione (la regione Basilicata); nel distretto di Perugia la sezione di-

staccata di Todi è stata erroneamente accorpata a Spoleto, mentre geograficamente e funzionalmente appartiene a Perugia, data la breve distanza e la facilità di comunicazione lungo la direttrice nordsud (E45 e rinnovata Flaminia);

congestionamento dei grandi tribunali metropolitani, di necessità di tenere conto della specificità del bacino di utenza e della dimensione territoriale, della situazione infrastrutturale e della presenza di criminalità organizzata;

la soppressione nel distretto di Ancona del tribunale di Urbino, accorpato al tribunale di Pesaro, pur trattandosi di capoluogo di provincia (PesaroUrbino), in base al regio decreto 22 dicembre 1860 n. 4495, è secondo i firmatari del presente atto di indirizzo in palese violazione dell’articolo 1 lettera a) della legge delega, contraddice i parametri indicati nella relazione ministeriale con riferimento alla situazione infrastrutturale (che comprende i profili inerenti alla viabilità, alla presenza di adeguati collegamenti stradali e ferroviari e

come già evidenziato nel parere motivato della Commissione giustizia della Camera dei deputati del 1o agosto 2012; nonché ad escludere uno dei tre tribunali subprovinciali nella provincia di Cuneo da individuarsi secondo i criteri previsti nella legge delega e nella relazione Ministeriale sentiti i rappresentanti delle Istituzioni locali, ad escludere dall’elenco degli uffici di tribunale e di procura della Repubblica soppressi quelli di Pinerolo, Bassano del Grappa, Chiavari, Lucera, Rossano Calabro, (e) Urbino e Tolmezzo, al fine di evitare i più rilevanti rischi di violazione dell’articolo 76 della Costituzione, nell’adozione del decreto legislativo correttivo a verificare la rispondenza tra la presenza rilevante di fenomeni criminali diffusi e organizzati e la presenza di un presidio giudiziario, con particolare riferimento a quella nelle aree di maggiore e più diffusa presenza delle mafie; a mantenere i tribunali subprovinciali soppressi, quali sezioni distaccate;

alla logistica), considerato che l’andamento orografico della provincia e la disposizione delle principali vie di comunicazioni che si collocano ad ovest ed est rendono complessa, se non problematica, la circolazione sia a nord, sia a sud, sia nelle zone appenniniche; non possono essere trascurate le oggettive difficoltà organizzative connesse sia all’adeguamento, al completamento e all’effettiva operatività delle nuove piante organiche del personale amministrativo della magistratura che alle problematiche di edilizia giudiziaria - segnalate in tutta Italia soprattutto per quanto riguarda gli accorpamenti di uffici di tribunale e di procura ed in particolare quelle derivanti dall’oggettiva difficoltà dei Comuni delle sedi accorpanti quanto a risorse economiche e strutturali - che pregiudicano le concrete possibilità di attuazione dell’intera riforma nel termine di un anno, come previsto dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 155 del 2012, con conseguente rischio di gravissime ripercussioni per i cittadini che accedono al servizio giustizia; è necessario a tal fine superare l’eccessiva discrezionalità insita nella disposizione transitoria di cui all’articolo 8 del decreto legislativo che prevede che «il Ministro della Giustizia può decidere di autorizzare per un massimo di 5 anni l’utilizzo degli edifici già sede dei tribunali e delle sezioni distaccate soppresse senza che lo Stato debba corrispondere ai comuni alcun rimborso spese», impegna il Governo: ad adottare un decreto legislativo correttivo (ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2011, n. 148), secondo tutte le indicazioni contenute in premessa, in maniera tale da rendere il provvedimento governativo più rispondente ai principi della leggedelega n. 148 del 2011 - ed in particolare con quelli di razionalizzazione del servizio giustizia, di de-

a mantenere quelle sole sezioni distaccate, attualmente esistenti, che per carico di lavoro riferito alle sopravvenienze, bacino di utenza, estensione territoriale (in alcuni casi più ampio della sede accorpante), caratteristiche specifiche della collocazione geografica, quale ad esempio l’insularità e le peculiarità delle zone montane o di confine o altre realtà che presentino specifiche criticità, risultano oggettivamente necessarie per ovviare, soprattutto nella prima fase di attuazione, a disagi organizzativi per la popolazione e funzionali per il servizio giustizia; a garantire il mantenimento delle?sedi di giudice di pace presso le sezioni distaccate di tribunale che verranno soppresse, al fine di assicurare l’applicazione del principio della giustizia di prossimità, per garantire in concreto l’accesso alla giustizia da parte degli utenti che ne abbiano diritto, ovvero, nel caso in cui ciò non sia possibile, prevedere almeno la presenza di un ufficio del giudice di pace avente sede nel comune della sezione distaccata soppressa, per ciascuna provincia in cui intervenga la soppressione di una o più sezioni distaccate; a porre in essere iniziative dirette a sopprimere il comma 4 dell’articolo 8 del decreto legislativo che pone a carico del comune, in deroga alla normativa vigente, le spese di gestione e manutenzione degli immobili degli uffici giudiziari che rimangono attivi come sezioni distaccate. Verini, Amoddio, Bazoli, Biffoni, Campana, Ermini, Giuliani, Magorno, Marroni, Marzano, Mattiello, Morani, Moretti, Picierno, Rossomando, Scalfarotto, Tartaglione, Vazio.


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Sabato 25 Maggio 2013

Mettiamo le carte in tavola

Se il gioco diventa malattia

È la nuova emergenza sociale, diventata patologica fino a generare una vera e propria dipendenza. La Calabria gioca moltissimo, è seconda solo alla Campania di Laura Venneri

Ludopatia, si chiama, ed è la nuova emergenza sociale: il gioco d’azzardo che diventa patologico fino a generare una vera e propria dipendenza come la droga o l’alcool. Il punto è che il fenomeno è stato sottovalutato a lungo, è facile confondere il vizio con la malattia. Eppure i dati che emergono sono particolarmente allarmanti e destano preoccupazione. Il 50% dei disoccupati frequenta le sale da gioco e 1 su 3 è un giocatore compulsivo. I dati trasmessi dal Cnr dimostrano inoltre che si gioca di più al Centro-Sud, la Calabria è seconda solo alla Campania. In pratica, dove c’è più povertà e disperazione aumenta la tentazione di ‘vincere facile’ e in alcuni casi si diventa vittime di un sistema da cui è difficilissimo, poi, uscire. La ricerca apre il vaso di Pandora mostrando come questo fenomeno si sia trasformato rapidamente da moda in una vera e propria emergenza sociale su cui gli interventi previsti dalla legge (il decreto Balduzzi ancora inapplicato prevedeva una regolamentazione delle sale da gioco) non sembrano sortire effetti. Il dipartimento Politiche antidroga, da parte sua, ha da tempo inserito il gioco d’azzardo nel suo piano d’azione. E il Codacons promette battaglia chiedendo addirittura la chiusura delle sale da gioco in Italia. Anche i sindaci, da Pisapia a De Magistris fino a Leoluca Orlando hanno aderito alla campagna “Basta con le slot” promossa dalla trasmissione “Le Iene”. C’è da chiedersi se allarme sociale e mobilitazione saranno in grado di intervenire su un giro d’affari di circa due miliardi di euro annui che naturalmente vedono il coinvolgimento, in molti casi della criminalità che approfitta del gioco per rici-

clare denaro sporco. Ma non c’è solo la criminalità organizzata ad avere interessi specifici sul gioco d’azzardo, lo stesso stato, tanto in ritardo sulla legislazione per regolamentare il fenomeno, è uno dei massimi ‘azionisti’ del sistema. Infatti il monopolio permette allo Stato centrale di battere cassa e di avere notevoli proventi dalle scommesse. Intanto, per volere del governo Monti, da luglio dell’anno scorso l’amministrazione autonoma dei Monopòli di Stato è stata inglobata nella neonata Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Che, detta così per capirsi, ancora non dispone di un suo proprio sito web... I Monopòli trattengono una determinata quota, diversa da caso a caso, sui soldi rimasti dopo avere restituito le vincite. Lo Stato, trattenendo su questa “spesa” finale, al netto delle vincite restituite, il 47,3% (una tassazione seconda solo al comparto delle accise sulla benzina) nel 2012 ha incassato in totale 8 miliardi e 100 milioni di euro. Per questo il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, parla, forse non a torto, di stato biscazziere. Eppur qualcosa si muove nel Parlamento, sono tante le proposte di legge e le iniziative perché si intervenga a sanare una situazione che rischia di diventare emergenziale. A Rende, è stato presentato dall’associazione culturale NeoMedi il libro della giornalista Caterina Emili che si intitola L’autista delle slot e che oltre ad essere un bel romanzo che parla di amore e di morte, di Sud e dei suoi paesaggi quasi lunari e stralunati, è un libro che racconta la storia di Vittore che con il suo autobus accompagna tutti i giorni i giocatori al casinò. Quindi accanto alla sua storia, alla sua ricerca di

un senso della vita, si accompagnano le storie di questi giocatori d’azzardo che vivono quasi un rapporto fisico con la macchina infernale, la slot. C’è chi gioca con un’unica slot e durante il viaggio teme con ansia di trovarla già occupata, tra riti propiziatori strani e rapporti umani complicati. «Giovanni ha un rapporto alla pari con la slot, la ama e la odia, la tocca, l’accarezza, la picchia. Ci parla, sussurra, impreca. Spesso bestemmia». E ancora Filomena «è vedova di un commerciante, parecchi soldi di eredità, ormai quasi tutti mangiati dalla slot. Una volta al mese prende il treno per Milano, poi il mio pullman per Campione e perde, perde, perde sempre. E’ cattivissima con chiunque le stia accanto, offende, impreca, minaccia. Odia chi vince, lo ammazzerebbe all’istante». E poi c’è Hassan il pizzaiolo immigrato e la moglie Fadwa che viene picchiata regolarmente ogni volta che lui perde. Manù che con i soldi che le regalano i figli va a giocare. Un caleidoscopio di personaggi che si intreccia al coloratissimo mondo del casinò, che stordisce e imprigiona come in una gabbia dorata. Un libro bellissimo pieno di nostalgia ma anche di speranza perché si può ritrovare se stessi, sempre. Un libro che bisognerebbe leggere e che fa capire meglio di qualsiasi dato o numero che dietro la parola dall’etimologia greca, ludopatia, ci sono esseri umani che non possiamo permetterci di abbandonare a se stessi.

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In occasione dell'attribuzione del MARCHIO DE.CO. (denominazione comunale) alla ciliegia di Roseto Capo Spulico, l'Ag. MEDIAPROM sanmarcoargentano, su iniziativa dell' Assessorato Comunale all'Agricoltura in collaborazione con i Produttori e con il sostegno del GAL Alto Jonio Federico II nell'ambito del progetto Sapori & Mestieri dell'Alto Jonio Mis. 313 azione 2 azione comunitaria a sostegno delle produzioni agricole, coordinerĂ la realizzazione della FESTA DELLE CILIEGIE . Inizio ore 17.00 con il CONVEGNO per gli addetti ai lavori e a seguire GASTRONOMIA-MUSICA-STAND-ARTISTI DI STRADA e ... TANTE CILIEGIE !!!!


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Sabato 25 Maggio 2013

Questione di eccellenze

Tanto cibo a Tuttofood Grande successo per lo stand della Provincia di Cosenza presente a “Tuttofood”, la più importante rassegna agroalimentare che anche quest’anno si è svolta a Milano dal 19 al 22 maggio. Nata con una forte vocazione all’internazionalità, Tuttofood è diventata negli anni una vetrina efficace per scoprire le idee innovative del settore e far incontrare i canali produttivi con la distribuzione, in tutte le sue forme. La completezza e la varietà dell’offerta assicura agli operatori di entrare in rete con buyer provenienti da ogni angolo del mondo. Sette le aziende agroalimentari cosentine presenti con i propri prodotti insieme ad altre 1300 aziende di eccellenza italiane: “Perla di Calabria” di Marco Chioccini (Liquori), “SurianOlii” di Giancarlo Suriano per il settore Conserve e Salsa di Peperoncino, “Casarecci di Calabria” di Carlo Gallo per le conserve alimentari, “Rango Bontà di Calabria” di Antonio Rango con i fichi secchi lavorati, “Zoosilana Paese” di Antonio Paese per i prodotti caseari, “Bioagrumi Pizzini” di Massimo Pizzini per quanto riguarda le confetture e “Antiche Vigne” di Gianfranco Pironti per il vino. «Sono stati - ha affermato l’assessore provinciale alle Attività economiche della Provincia di Cosenza Mario Caligiuri che è stato presente alla manifestazione per l’intera durata - giorni intensi di incontri, contatti, rapporti e scambi con operatori provenienti da ogni parte del Paese e del mondo. I nostri prodotti hanno riscontrato un successo inaspettato ed il nostro stand è stato sempre super-affollato, in tutte le ore del giorno e della sera. Questa è la conferma dell’ottima qualità dei nostri prodotti enogastronomici che non temono paragoni. In questi anni di partecipazione a mostre, rassegne ed esposizioni nazionali ed internazionali le nostre aziende sono cresciute e sono capaci, ormai, di presentare i propri prodotti con tutta la professionalità e la competenza che il mercato richiede». «Ora - ha concluso Caligiuri- dobbiamo continuare sulla strada intrapresa e fare un altro salto di qualità: saper coniugare le eccellenze di questo settore con il mare e i monti della nostra terra, con i nostri straordinari siti archeologici, con la storia millenaria che ci appartiene, con i suggestivi percorsi religiosi e con la bellezza dei nostri parchi naturali. Se sapremo far questo e se sapremo farlo con professionalità e competenza, preparando i nostri operatori turistici ad accogliere gli ospiti con l’ospitalità

Grande successo per lo stand della Provincia di Cosenza, alla rassegna agroalimentare di Milano Terme Luigiane di Acquappesa, si riaprono i battenti

e la generosità che ha sempre contraddistinto la nostra terra e la nostra gente, sono certo che presto volteremo pagina e di Calabria si parlerà nel mondo solo per i suoi prodotti di nicchia e per le sue eccellenze».

Un bagno di salute

Lunedì 27 maggio riapriranno gli stabilimenti delle Terme Luigiane di Acquappesa - Guardia Piemontese che rimarranno operativi fino all’autunno. Lo scorso anno le Terme Luigiane hanno registrato la presenza di circa 18.000 clienti, ai quali sono state erogate circa 400.000 cure, oltre a quasi 59.000 prestazioni di fisiochinesiterapia. Durante poi l’intero periodo della stagione scorsa sono stati registrati nei quattro alberghi in dotazione alle Terme Luigiane 4.100 arrivi per un totale di 38.467 presenze. Un punto di forza delle Terme Luigiane, che occupano 242 lavoratori stagionali, è rappresentato, come noto, dalla qualità delle acque che hanno il più alto contenuto di zolfo d’Italia (grado solfidrometrico), pari a 173 mg/l; mentre un richiamo a se merita il parco termale con palestra ed il Centro benessere con piscine idro-care, idromassaggi, thermarium con bagno turco, percorsi kneipp, docce emozionali, cascata di ghiaccio. A tutto questo vanno poi aggiunti il Centro per la riabilitazione della funzione respiratoria, il Centro di cura per la Sordità Rinogena ed il centro di fisiochinesiterapia. Anche per la nuova stagione delle cure termali, l’azienda Sateca. spa ha promosso una campagna aperta alle Amministrazioni comunali per favorire gruppi di anziani e cittadini bisognosi di cure termali, soprattutto quelli appartenenti a categorie economicamente svantaggiate, mettendo a disposizione un contributo di 500,00 euro più Iva per la copertura del servizio trasporti, preso atto che le cure termali sono a carico del Servizio sanitario nazionale. È necessario, per questo, raggiungere almeno un gruppo di 40 persone, facendo pervenire una regolare richiesta da parte dello stesso Comune alla sede legale delle Terme di Acquappesa o di Cosenza, in via D. Frugiuele,n.2., o telefonando al seguente numero per adeguate informazioni: 0982/94064. Si consiglia di presentare al più presto la regolare domanda ai fini anche del rispetto del budget imposto dalla Regione Calabria. Lo scorso anno sono stati 29 i Comuni che hanno utilizzato detto contributo consentendo ai propri cittadini di godere dell’assistenza per le cure termali: Bisignano, Marano Principato, Marano Marchesato, Cerzeto, Santa Doimenica Talao, Mongrassano, Rogliano, Mangone, Santo Stefano di Rogliano, Acri, Falconara Albanese, Trenta, Dipignano, Aiello Calabro, Celico, Camigliatello, Rovito, Zumpano, Spezzano Sila, Lago, Lappano, Casole Bruzio, Serra Pedace, Santa Caterina Albanese, San Pietro in Guarano, Castiglione Cosentino, Torano, Castrolibero, Aprigliano. Franco Bartucci

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Sabato 25 Maggio 2013

Agricoltura al passo coi tempi

Forze nuove in campo

di Giovanni Perri

Positivi apprezzamenti meritano le iniziative portate avanti dall’assessorato all’Agricoltura della Regione Calabria, finalizzati a superare le criticità che caratterizzano l’invecchiamento della popolazione rurale e nel contempo fronteggiare l’emergenza della disoccupazione, favorire nel contempo l’imprenditoria giovanile che per il settore agro-silvo-pastorale costituisce una pressante esigenza economica ed ambientale. Con la programmazione dei fondi comunitari del Psr Calabria 2007-2013, è infatti possibile favorire e aiutare l’insediamento dei giovani in agricoltura in modo concreto mediante l’adozione del bando pubblico “Pacchetto giovani”, recentemente pubblicato dall’assessorato all’agricoltura, riguardante la misura 112: “insediamento giovani agricoltori”, unitamente “all’ammodernamento delle aziende agricole - misura 121”. Con questi strumenti i giovani agricoltori, dall’età compresa fra 18 e 40 anni, vengono messi nelle condizioni di realizzare gli investimenti produttivi imprenditoriali delle filiere dell’olio, degli agrumi, dell’ortofrutta, del castagno, del settore vitivinicolo, della zootecnica da carne e da latte, del comparto floro-vivaistico, dell’agroenergia, dell’apicoltura, del fico, dei piccoli frutti e della liquirizia. Attraverso la discesa in campo dei giovani in agricoltura e con la modernizzazione delle aziende agricole diventa veramente fattibile realizzare il tanto auspicato miglioramento strutturale delle future aziende gestite dalla forze giovanili in sintonia con le politiche dell’Unione europea, del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ed anche della Regione Calabria,avente come comune denominatore il perseguimento dei seguenti obiettivi in armonia con il Regolamento Ce 1698/2005, sullo sviluppo rurale che prevede specificatamente il miglioramento della qualità dei prodotti nelle diverse fasi delle filiere ed il lo-

Dalla Regione concrete possibilità per il primo insediamento di giovani agricoltori attuando così la cosiddetta staffetta generazionale ro legame con il territorio. Si tratta per lo più di aiuti finalizzati ad accrescere la competitività della aziende agricole, qualificare e aggiornare i profili professionali e favorire il ricambio generazionale, potenziare le infrastrutture e migliorare la gestione dei sistemi irrigui, tutelare l’ambiente e conservare la biodiversità dei siti Natura 2000, valorizzare l’ambiente ed il paesaggio nei sistemi agricoli e forestali con l’introduzione di innovative tecniche gestionali e agronomiche. L’attuazione di tali misure, nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale, in sinergia con la politiche agricole regionali, nazionali, comunitarie, favoriscono l’insediamento dei giovani per la conduzione di imprese agricole competitive, attuando il cosiddetto “ricambio generazionale”. Trattasi di incentivi efficaci che facilitano l’attuazione di iniziative progettuali con investimenti di particolare attenzione rivolti al miglioramento, alla ristrutturazione, riqualificazione e all’innovazione del tessuto produttivo agro-alimentare, attraverso contributi a fondo perduto per il sostegno agli investimenti materiali, mutui agevolati e premio per il primo insediamento. Così facendo l’assessorato all’Agricoltura, diretto da Michele Trematerra, coniuga le strategie dell’Ue e della Regione, mediante la costituzione di aziende agricole, le cui iniziative progettuali devono essere supportate da uno specifico piano

aziendale, redatto da tecnico abilitato, che configuri lo sviluppo futuro della attività agricola, al fine di mantenere e consolidare il tessuto socioeconomico delle zone rurali, garantendo cì un ricambio generazionale, funzionale al consolidamento e sviluppo delle aziende agrarie sui mercati locali, nazionali ed internazionali.. La scesa in campo dei giovani agricoltori che si insediano per la prima volta nel tessuto produttivo agro-alimentare, sortirà sicuramente effetti benefici e ricadute occupazionali, non solo importanti per la nascita e la costituzione di imprese agricole specializzate, ma soprattutto aspetti ugualmente importanti sotto l’ottica paesaggistica, ecologica ed ambientale, in sintonia con le misure della “Green economy” e della futura riforma della nuova Pac (politica agricola comunitaria). I requisiti minimi per l’accesso alle agevolazioni finanziarie, riguardano essenzialmente il rigoroso rispetto delle misure previste dalle Istituzioni europee in materia di tutela e salvaguardia dell’ambiente e del territorio in sintonia con il Psr della Regione in materia di agricoltura. L’intensità dell’aiuto prevede, fra l’altro, la corresponsione di un premio unico a fondo perduto per il primo insediamento per un importo di euro 35.000, mentre per quanto attiene gli investimenti ammissibile nella misura massima di euro 100.000,00, è previsto un contributo pari al 60 e al 50%, rispettivamente nel caso di aziende ricadenti in Comuni od aree svantaggiate o non. Detti sostegni dell’assessorato all’Agricoltura a favore dei giovani agricoltori sono perciò condivisibili poiché viaggiano nella direzione giusta per un futuro migliore, innovativo e competitivo dell’agricoltura italiana e calabrese, soprattutto in questo particolare momento storico dell’economia reale e per il ruolo che il settore agricolo può svolgere onde favorire la crescita e la ripresa del Paese nel più ampio quadro del sistema economico, ambientale e sociale. agronomogperri@virgilio.it

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Sabato 25 Maggio 2013

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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

PROSSIMAAPERTURA Maggio 2013

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Sabato 25 Maggio 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

Lotta alla disoccupazione la sfida più grande

Contratti, centri per l’impiego, staffetta generazionale: trovare soluzioni significa intervenire sul presente ma anche aprire una strada al futuro. Ecco le strategie del Governo «La disoccupazione giovanile rappresenta forse la più grande sfida per l’attuale Governo -dice il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- perché trovare soluzioni efficaci al riguardo significherebbe intervenire sì sul presente, ma anche e soprattutto -aggiunge Nesci- aprire davvero la strada ad un futuro di maggiore speranza e fiducia». Al momento, ovviamente, non è possibile prevedere in che modo le proposte diverranno soluzioni concrete, né azzardare quali fra i tanti progetti messi sul piatto troveranno davvero riscontro nella realtà sotto forma di misure e provvedimenti,

ma di sicuro qualcosa di diverso sembra poter trovare spazio nell’agenda politica in tempi anche abbastanza brevi. La gravità della situazione attuale è sotto gli occhi di tutti e il carattere di urgenza di determinati problemi sociali è ormai fin troppo chiara: da qui la volontà di intervenire con un piano strategico articolato in grado di riattivare l’occupazione giovanile dando una svolta autentica al mondo del lavoro nella sua totalità, con inevitabili effetti sul sistema previdenziale. Il primo passo in tal senso è la realizzazione di un decreto legge volto a “sistemare” quanto previsto dalla riforma Fornero, senza però stravolgerne la struttura di base, limitandosi quindi a qualche modifica puntuale e mirata sulla disciplina dei contratti a termine. In particolare, l’idea è quella di ridurre gli intervalli obbligatori tra un contratto e l’altro, attualmente fissati a 60 giorni per quelli fino a sei mesi e a 90 giorni per quelli più lunghi, portandoli rispettivamente a 20 e 30 giorni. Gli interventi al riguardo non si esauriscono qui. Oltre alla volontà di rendere più praticabile la via dell’apprendistato professionalizzante, ancora non sufficientemente valorizzato, prende sempre più corpo l’idea di puntare con decisione sul concetto di “staffetta generazionale”, consentendo a molti giovani di inserirsi gradualmente nel mercato del lavoro in una logica di passaggio di consegne dai lavoratori più anziani alle nuove leve, utiliz-

zando ad esempio il part time per i lavoratori a fine carriera, che “cederebbero” parte dell’orario di lavoro ad un nuovo assunto, o semplicemente consentendo ai lavoratori vicini alla pensione di accedere al pensionamento in anticipo, presupponendo però in questo caso un intervento sulla riforma Fornero che ha alzato l’età pensionabile. Un obiettivo particolarmente ambizioso è poi quello di garantire un lavoro o quantomeno un programma di formazione a tutti i giovani entro 4 mesi dal termine degli studi, in linea col progetto europeo Youth Guarantee che mette a disposizione 6 miliardi di euro per 27 Paesi: ma l’applicazione di tale progetto passa inevitabilmente per la riorganizzazione dei centri per l’impiego, la cui azione oggi è più portata all’orientamento che all’inserimento, riorganizzazione che potrebbe seguire il modello presente in Svezia. «I cambiamenti da mettere in atto sono numerosi e importanti -afferma Denis Nesci- e richiedono coraggio e impegno da parte di tutti, a cominciare dal mondo politico e passando per imprese e lavoratori. La strada della ripresa è lunga e difficile -conclude il Presidente Nazionale Epas- ma di certo non impossibile, per cui non bisogna far altro che concentrare energie e risorse per percorrerla e mettersi finalmente alle spalle i problemi legati alla crisi».

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