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0,50 + 0,50 Voce ai giovani numero 44 - Anno 13 - Sabato 1 Novembre 2014 Copia omaggio se distribuita al di fuori delle edicole

settimanale d’informazione del Mezzogiorno d’Europa

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Voce “Sbanda larga” ai giovani la scuola nella rete www. mezzoeuro.it

Banche, come previsto commissariata la Bcc Brutia

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Sabato 1 Novembre 2014

Dentro o fuori, non c’è più tempo ormai

O lo Stato o la Mafia Il Sud è a un bivio L'imprenditore e presidente di Assud, Andrea Guccione interviene dopo la presentazione dello sconcertante rapporto Svimez 2014 Intervistato in settimana da "Il Sole Mezzoeuro 24 Ore" e da "Libero" Fondato da Franco Martelli ha rilanciato Ediratio editore la proposta di un Direttore responsabile evento meridionale Domenico Martelli preparatorio a Expo Registrazione Tribunale di Cosenza 2015. «Possiamo n°639 del 30/09/1999 uscirne solo se Redazione mettiamo in campo e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza una doppia mossa Responsabile vincente: da un lato settore economia Oreste Parise aiutare le eccellenze Progetto del Mezzogiorno e realizzazione grafica Maurizio Noto nell'export e dall'altro, telefono 0984.408063 con il "consuma fax 0984.408063 meridionale", e-mail: ediratio@tiscali.it aggiustare il saldo Stampa Stabilimento tipografico della bilancia De Rose, Montalto (Cs) commerciale interna Diffusione Media Service Ma è preliminare di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 a tutto un progetto fax 0965.630176 Internet relations politico che non c'è, N2B Rende manca la visione Iscritto a: Unione Stampa Periodica È per questo che il Italiana malaffare e a un passo dalla vittoria finale...» n. 12427

«Eravamo stati facili profeti, purtroppo, non molto tempo fa. Il Sud vive una curva depressiva totale e totalizzante che rischia non solo di affogarne e per sempre ogni speranza di ripresa quanto, questo il dato che oggi è a portata di tutti, di affossare l'intero Paese se non del tutto gli equilibri sociali, finanziari e monetari dell'Europa. Se non c'è una visione, se non interviene un progetto unitario e coinvolgente, se la classe dirigente nel suo insieme e quella politica in particolare non si danno degli obiettivi intelligenti, concreti e di largo respiro andrà a finire che bisognerà parlar chiaro ai cittadini. Vorrà dire che lo Stato avrà deciso di darla vinta alle mafie e al malaffare, che il Mezzogiorno è perso, perso per sempre».

basta solo volerla conoscere più da vicino. Chi esporta ce la fa. Il resto affonda. È l’export il tesoro nascosto del Mezzogiorno. Il suo brand non solo non è in crisi ma cresce esponenzialmente. C’è un enorme spazio per le eccellenze del Sud in giro per il mondo, aziende e produzioni che rappresentano un simbolo di modernità sociale ed economica del fare impresa. Abbiamo l’oro in casa, fuori lo richiedono, ma nessuno fa niente per avvicinare questi due mondi».

Così l'imprenditore e presidente di Assud Andrea Guccione a proposito dello sconcertante rapporto Svimez 2014, rapporto che ha fornito un quadro desolante del Mezzogiorno finito poi con grande risalto su tutti i media del Paese. «Il Pil procapite delle regioni del Sud - continua Andrea Guccione - è mediamente meno della metà di quello delle regioni più benestanti, per non dire della “mia” Calabria che ha quello più basso in assoluto. Ma non è questo il dato che preoccupa e rattrista di più. Ve ne è un altro che a ben vedere ferisce con più incisività. Mentre il Mezzogiorno rimane stagnante nella sua autodistruzione il Centronord del Paese comincia a mostrare timidi segnali di ripresa. Per il 2014 Svimez colloca uno 0% di Pil per il Centronord contro -1,5% del Sud. Per l’anno prossimo, addirittura, mezza Italia sale, + 1,3%, mentre il Sud scende ancora, -0,7%. Due velocità, stessa crisi di partenza. Un pezzo del Paese lancia segnali di ripresa, ne vuole uscire. Un altro, il Mezzogiorno, che già stava peggio prima di entrare nella curva ciclica della crisi, non ne esce e anzi sprofonda ancora».

Andrea Guccione, presidente di Assud, un’idea ben precisa su come mettere il più possibile in rete domanda e offerta ce l’ha. «Continuiamo a importare troppo anziché prodigarci nel contrario - ha detto tra l’altro al quotidiano nazionale di Confindustria -. Bisogna aiutare le piccole imprese che sono poco competitive a lanciare la sfida dell’export, l’unica che può trainare il saldo commerciale. Dobbiamo aiutare le eccellenze a diventare tali e quelle che lo sono già a rimanerci. Occorre mettere in campo misure fiscali di premialità che incentivino tanto l’export quanto la stessa domanda che viene dall’estero con particolare riguardo all’universo degli emigrati, “l’altro Sud” che sta fuori da qui e che non smette di amare la propria terra. Poi c’è la partita interna, per così dire. Il Sud consuma 72 miliardi di euro all’anno di prodotti che vengono da fuori. Bisogna rovesciare questo dato consumando quanto più possibile, nei termini di mercato concorrenziali e con standard di qualità garantiti, beni, prodotti e servizi che vengono prodotti nel Mezzogiorno. Solo così - continua ancora Andrea Guccione che proprio su questo ha scritto il libro “Consuma meridionale” -, riusciremo a trattenere 15 miliardi di euro all’anno che sono essenziali per la ripresa della nostra economia. Da un lato made in Sud nel mondo, dall’altro “consuma meridionale”».

«È questa, con questi numeri, la “morte” paradossale del Sud - continua ancora Andrea Guccione -. Già, paradossale perché mentre Svimez taglia in due il destino economico del Paese Istat invece, con ben altri numeri, capovolge la cartina della speranza. È il made in Sud, è dei meridionali con il loro brand che tira il maggior appeal in termini di ordinativi e fatturato che riguardano l’export. Il made in Sud fa il doppio del made in Italy. Nel mondo, numeri alla mano, non c’è partita perché è il Mezzogiorno che vogliono “acquistare”, nelle sua varie forme. Vogliono le eccellenze e sono quasi tutte meridionali». «Dunque qualcosa non torna - dice Guccione -. Il nostro Pil, il Pil del Mezzogiorno, continua a scendere e lo fa anche quando il resto del Paese comincia a risalire la china ma nel frattempo il mondo chiede del Sud, lo vuol trovare, fa di tutto per averlo e a qualsiasi prezzo e quelle aziende che riescono a superare i confini fanno affari a gonfie vele. A questo punto la via d’uscita è nelle cose,

Ricette possibili, ma è l’insieme della visione politica che può e deve dare l’impulso. «Solo una visione completa e lungimirante dell’intera classe dirigente può far scattare la rivincita. Altrimenti, lo dicano chiaramente, vorrà dire che s’è deciso di lasciare il Sud nelle mani delle mafie». Intervistato qualche giorno fa dal “Sole 24 Ore” e proprio ieri da “Libero” Andrea Guccione ha rilanciato la sua proposta di organizzare un evento preparatorio a Expo 2015 da tenersi proprio al Sud. «Non è solo mettendosi in vetrina che si possono risolvere i problemi, questo è chiaro. Ma come non vedere che il Sud muore ogni giorno anche di autoesclusione, alienazione rispetto ai grandi circuiti di mobilità internazionale, anche mediatica. Expo 2015 è l’evento irripetibile in questo senso - conclude Andrea Guccione -. E il Mezzogiorno deve arrivarci al meglio, magari proprio organizzando nel Sud una esposizione preliminare delle proprie eccellenze».

La rubrica “Il legno storto” di Franco Crispini è temporaneamente sospesa


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Sabato 1 Novembre 2014

Similitudini pericolose Come passa il tempo, nel senso che a volte sembra non passare del tutto. Chiudi gli occhi e ti ritrovi nella freddissima e timida primavera del 2005 dopo un inverno che pareva non finire mai. Sergio Abramo sotto un diluvio gelido a Cosenza a stringere mani (non tantissime ma “di stima”) nel mentre il suo competitor (ma mai nemico) Agazio Loiero grasso e grosso di convinzione e fiducia saltava da una televisione all’altra, da un pranzo a un caffè passando da una redazione di un giornale o da un ospedale pieno zeppo di faccendieri e aspirandi primari. Come un grillo, Agazio Loiero. Quel grillo che non è poi mai stato morfologicamente nella sua vita. Da Castrovillari a Paola passando per Cetraro e poi Corigliano, Cosenza, Lamezia, Cirò. Gioia Tauro, Reggio, Locri.

Sembra ieri Già, Locri. Ovunque trovavi qualcosa di Loiero, qualche suo sodale confidente a tessere trame quando non trovavi Loiero in persona del tutto. E tutti a rincorrerlo e organizzare per lui e in suo nome ciambotte e liste, foto insieme, sorrisi, comizi che non servivano e non sono mai serviti a niente da queste parti. Che fredda primavera quella del 2005. Chiaravalloti stava consumando gli ultimi metri del funerale del “palazzo”, franato ma non sepolto dal fango che negli ultimi tre anni non è mai mancato. Governo uscente il suo con il ritmo funebre di una marcia scontata, a tratti avvilente. Senza molto impegno Berlusconi tira fuori da un cilindro qualsiasi Sergio Abramo, appunto, ma non è la sua partita. Non poteva essere la sua partita quella. Quando un pullman si rompe e i passeggeri vogliono ripartire, hanno fame, salgono sul prossimo che passa. Non guardano chi guida. Loiero, il pullman, l’aveva messo in moto molti mesi prima e gli è bastato affiancarsi, aprire gli sportelli, e farli salire tutti i passeggeri. Tutti ma proprio tutti, anche quelli che poi hanno solo fatto finta di rimanere seduti al fianco di Sergio Abramo. Faceva freddo quella sera di pioggia gelida a Cosenza ma nel chiuso dell’Executive (si chiamava così) di Rende non è che facesse più caldo. Di fianco al piccolo Sergio un Pino Gentile sornione ma fiero, corposo del consenso che sapeva di avere in “portafoglio” comunque. Recitata e fatta recitare la comparsa ognuno per la sua strada, Gentile da una parte e Abramo dall’altra. Se non andiamo errati c’era il voto disgiunto all’epoca, ma non vorremmo peccare di perfidia. Di certo, così come non si sono mai uditi fuochi d’artificio lungo il Crati quando è spuntato il nome di Sergio Abramo, non s’è visto piangere nessuno a urne chiuse. Tutti, ma proprio tutti, di diritto o di rovescio, sul pullman sgargiante di Agazio Loiero. Che tra liste, primari, assessori in pectore, eccessive passeggiate anche notturne in dolci paesi con il mare della Locride o della Piana, imbarcava e godeva. Godeva e imbarcava. Ci penserà Dio dopo a governare, pensava tra sé e sé. Meglio stravincere che vincere, non si sa mai. Oppure lui prima degli altri aveva capito che dalle nostre parti, e quando il vento è chiaro e forte, non puoi solo vincere ma devi per forza stravincere. Non c’è via di mezzo. Del voto non si ricorda più nessuno, non aveva neanche senso. Subito le prime grane, quelle politiche mica cose serie. Un paio di assessori da girare nella giostra, Donnici che s’incazza, poi Tripodi, poi ancora la storia grottesca dei prof che non si ritrovano neanche i soldi dei rimborsi.

Strane coincidenze con la stagione 2005 quella del trionfo di Loiero Anche allora chi era stato all'opposizione aveva poi imbarcato di tutto prima del voto. Anche allora c'era la corsa per salire sul carro dove porta il vento Anche allora era scattato il fuggi fuggi. Anche allora le aspettative in giro erano alte e stratificate, ovunque Sappiamo come è andata a finire...

Sciocchezze le prime settimane, tanto per capirci. Gli assi sono al loro posto, ben saldi, il resto è commedia. Si va al mare senza troppi affanni, se non il “cibo” che non basta per tutti. A metà ottobre Fortugno. Gli spari. Non si scherza più. D’improvviso Zavettieri tira fuori la memoria, l’attentato da lui subito un anno e mezzo prima più o meno, e soprattutto la metafora che “ammazza” per sempre il resto della regnanza. Loiero ha firmato troppe cambiali in bianco, il suo pensiero. Cominciando a non poterle pagare tutte è risuonato il piombo. Da allora game over, partita chiusa. Una lenta, inesorabile, deprimente camminata verso il declino accompagnati da inchieste della magistratura (l’arresto di Pacenza, Why not, altre ed eventuali) e un clima da guerra mondiale il giorno dopo le bombe.

Oggi, come allora,

c’è un pullman che s’è messo a camminare molto presto, ben prima della gara. Posti a sedere tanti, ma passeggeri ancora di più e quel che più conta senza pagare biglietto, è festa. Oggi, come allora, l’altro pullman è rimasto guasto ai box per molto tempo, troppo. Oggi, come allora, si esce a pezzi da una regnanza regionale che se è per questo non ha finito neanche il suo mandato. Oggi, più di allora, a Cosenza non si deve neanche fare finta di stare da una parte, il fronte è unico ormai. Anche oggi, come ieri, c’è Saverio Zavettieri in campo. Chi l’avrebbe mai detto. C’è Fuda, c’è Sculco, c’è Tassone, c’è Olivo. Sembra essersi fermato il tempo e invece non è così. È diventato persino più cattivo. Più spietato. Se Loiero ha davvero firmato in bianco tutte quelle cambiali oggi, questa, sarebbe operazione irripetibile. Di questi tempi nessuno prenderebbe per buono un “pagherò”. Non c’è tempo, bisogna far subito, far prima possibile. Otto mesi sono passati dalla vittoria di Loiero nel 2005 al piombo di Fortugno, la “cambiale” evidentemente che non poteva più attendere. Oggi ne passerebbero molti di meno.

Marco Minniti Sopra, Mario Oliverio e Agazio Loiero

Anche oggi, come allora, Marco Minniti non prevede partecipazioni al banchetto dei vincitori. Come allora è l’uomo più esposto ed esponibile e di governo tra i regnanti ma non brinda così come non ha brindato nel 2005. Oggi però, a differenza di allora, si sta facendo di tutto, ma proprio di tutto, per staccare la spina con il vento del governo e del suo capo dimostrando che al contrario, invece, si è in grado di vincere e di procedere da soli. Con forze proprie e controcorrente. Mai scelta potrebbe rivelarsi più nefasta.

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Sabato 1 Novembre 2014

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Tonino Scalzo quando si dice che il tempo è denaro

Su chi punteranno Principe e Maiolo? Il primo è il grande escluso dalla lista del Pd per le regionali. Il secondo, non si sa ancora il perché, s'è chiamato autonomamente fuori tre giorni prima del venerdì notte dei lunghi coltelli. Ma c'è da scommettere che non staranno a guardare...

pure lui due mandati alle spalle avrebbe incontrato problemi nella notte di passione ma qui dobbiamo pensar male per forza se accreditiamo questa tesi. La versione ufficiale vuole che Magorno, Oliverio e Nicola Adamo hanno pescato la trovata giusta, quella di mettere fuori chi ha due mandati, solo tra le 4 e le 5 del mattino nella notte della passione. Se Maiolo ha conosciuto invece prima il vento delle regole, regolandosi anticipatamente di conseguenza, ha avuto quantomeno fortuna e se avesse condiviso queste notizie con Sandro Principe gli avrebbe evitato il colpo al cuore d’aver scoperto più o meno all’alba che non c’era più nelle liste. Principe, con due mandati, era certo d’essere dentro e poi gli è stato fatto credere che all’ultimo il vento delle regole è girato contro per lui. Non è dato sapere come è andata veramente certo è che a Mario Maiolo, tutto sommato, non è girata storta la partita rispetto per esempio a Sandro Principe.

Mario Maiolo s’è scansato dalla notte della rissa più o meno 72 ore prima, quantomeno nella ufficialità della comunicazione. Si è autonomamente chiamato fuori dalla contesa per un posto in lista per il consiglio regionale adducendo la giustificazione che troppo recente e piena di soddisfazioni per lui è stata la corsa per il parlamento europeo, dove è stato il più votato tra i conterranei pur non riuscendo a conquistare un seggio. Come dire, non si può concorrere a tutto e per giunta a breve distanza. Una pausa autoprodotta può servire. Già, ma chi è disposto a credergli? Come mai ha così agevolmente levato le sue di castagne dal fuoco considerato poi quello che è successo nel venerdì notte della passione a Lamezia? Quale calcolo ha maturato, convinto da chi, da cosa, con quale prospettiva di tornaconto politico?

Ad occhio e croce tra i due, legati peraltro da un buon rapporto sia personale che politico, ballano anche in tempi di evidente crisi di consensi più o meno diecimila voti nel collegio del Cosentino, ovviamente se si impegnassero almeno al 60, 70 per cento delle loro forze distribuite negli anni. Ora che faranno con questi voti potenziali? Li terranno in frigo, parcheggiati? Difficile pensare che andrà così, come il cibo acquistato fresco i voti tenuti troppo in frigo poi si rovinano comunque, si perdono. Li lasceranno questi voti in balìa del “miglior offerente” su piazza? Anche in questo caso è difficile credere che opteranno per questa soluzione, perderebbero il loro appeal sul territorio. I clientes del voto sono un po’ come le amanti. Se stai via troppo tempo da casa le mogli magari le ritrovi, le amanti no.

Qui le scuole di pensiero si dividono. Qualcuno sostiene che ha subdorato in anticipo che non l’avrebbero candidato, meglio uscire prima e avanzare una nota di credito a futura memoria. Qualcun invece che i detrattori avrebbero usato contro di lui argomenti poco comodi e poco gentili, meglio evitare di questi tempi. Qualcun altro ancora che sotto sotto Maiolo lavora per un prossimo seggio alla Camera, quando sarà, e che questi passaggi si seminano non alimentando competizioni troppo locali. C’è persino chi è pronto a scommettere che Mario Maiolo, con la riforma della legge elettorale, avrebbe rischiato di non essere rieletto con tutto quello che questo può significare in tempi di moderna competizione politica, rischiava di uscire per sempre di scena. Poi, è chiaro, avendo

E allora Mario Maiolo e Sandro Principe, magari insieme perché no, una partita la giocheranno lo stesso in questa competizione elettorale. Non da spettatori non paganti, questo è certo. Ma da protagonisti in divenire, da influenti manipolatori del tavolo da gioco che si aprirà il 25 novembre, che è poi il vero tavolo in prospettiva. Su chi punteranno? Su quale candidato faranno convergere i propri consensi così da puntare a farlo arrivare magari primo nella lista del Pd? È chiaro che chi arriva primo nel collegio di Cosenza mischia le carte, non c’è dubbio. Fa il “cartaro”, a lui la prima mano. Ma non dev’essere una controfigura di Mario Oliverio però. Sennò è come uno che gioca da solo a briscola guardandosi allo specchio...

Nella notte tra venerdì e sabato il Pd ha consumato i suoi più affilati coltelli per comporre e presentare le liste. È storia ormai nota questa ma che presto potrebbe colorarsi di ulteriori (e drammatici) retroscena. Come si ricoderà s’è cercata la formula maledetta, complessa, perversa per sbattere fuori chi doveva uscire e ficcare dentro chi c’è dovuto entrare nelle liste a tutti i costi. Ma proprio a tutti i costi. È stata anche la notte grottesca di Tonino Scalzo, come abbiamo già raccontato un paio di giorni fa. Verso le quattro del mattino fatto fuori e reinserito sul finale, alle prime luci dell’alba in coincidenza, ci auguriamo solo casuale, dell’arrivo di una cinquantina di suoi supporters sotto il balcone della sede del partito a Lamezia. Un gruppo che in un primo momento s’era mostrato piuttosto incazzato nelle movenze e nei toni, chi li ha incrociati sul finire della notte li ha descritti sommariamente ben distanti dal somigliare ad una comunità di fedeli in preghiera. Tonino Scalzo, come è noto, è stato in bilico fino all’ultimo e prima ancora più fuori che dentro perché coinvolto a pieno titolo in una insidiosa inchiesta che riguarda la gestione di alcuni fondi per l’ambiente, di pertinenza dell’Arpacal. Ma “Tonino” s’è sempre difeso e lo ha fatto anche nella notte dei coltelli professando non solo la sua innocenza quanto il fatto, tecnico, che allo stato della presentazione delle liste esisteva solo la richiesta di rinvio a giudizio per lui. Carte alla mano, e lasciamo perdere la Bibbia, il codice etico del Pd pur ambiguo nella sua impalcatura è piuttosto generoso per chi non ha ancora ricevuto sul groppone una sentenza di un giudice. Ma l’udienza preliminare per Tonino Scalzo non era stata fissata nel 2068 ma martedì 28 ottobre, appena tre giorni dopo il termine per la presentazione delle liste. Una data, quella dell’udienza preliminare, nota a Scalzo quanto al resto del partito, vertici compresi. E nota ovviamente anche ai legali che non pare siano stati consultati per conoscere più nel dettaglio la posizione dell’indagato, i rischi che corre e correva, la possibilità che aveva di rimanerne coinvolto fino al rinvio a giudizio e al processo vero e proprio. E infatti è andata come tutti si aspettavano. Tonino Scalzo è stato rinviato a giudizio. C’erano pochi dubbi se è per questo. Per 72 ore un candidato da codice etico del Pd non compromesso. Da ieri invece sì ma nessuno dica che è stato un incidente contro cui non si poteva far nulla. Per molto, ma molto meno Demetrio Naccari (per lui allo stato solo richiesta di rinvio a giudizio) è rimasto fuori dalle liste e quando ci si è accorti quella notte che non era quello messo peggio ma doveva uscire per forza dalle liste s’è tirata fuori la formula dei due mandati oltre i quali non si può andare. Peccato però che Naccari non ha neanche quelli. Una consiliatura, peraltro neanche tutta, e pochi mesi dell’altra. Proprio “sfortunato” Naccari Carlizzi. Altro che Scalzo detto “Tonino”. Per lui il Pd di quella notte ha battuto sul tempo anche il giudice per le udienze preliminari. E i 50 tifosi venuti sotto al portone a sostenerlo sono così potuti tornare a casa cantando come si fa quando hai seguito vittoriosamente una squadra di calcio in trasferta. Sei felice, anche se il “rigore” non c’era...


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Sabato 1 Novembre 2014

Tutto il rosa della partita Nuove frontiere da esplorare

E se fra un po’ spunta la Lega del Sud?

Matteo Salvini, leader della Lega Nord, ha avuto il grande merito fin qui di estrarre un logo dalla sezione fallimentare di un tribunale reinserendolo, manco fosse nuovo, nel circuito appetibile del consenso. La Lega Nord di Bossi, Belsito, diciamo in una certa misura anche di Maroni era morta e sepolta. Salvini è riuscito nel miracolo di salvare il ragionamento di base, l'impulso, salvo poi non rinchiudere più in un nessun recinto scenari e prospettive politiche. Rimane della Lega l'inossidabile profilo territoriale, la vocazione dal basso, la produzione indigena degli elementi che danno impulso al dibattito. Ma non sta scritto più da nessuna parte che questo progetto complessivo debba rimanere rinchiuso nella valle che si estende dalle Alpi al Pò. In buona sostanza bisogna riconoscere al Matteo della Lega d'aver rinsavito il suo popolo d'origine aggiungendo però nuova gente e nuovi orizzonti al

"marchio", che ora può essere esteso ovunque purché si rispettino i principi base a partire dalla forte vocazione territoriale della battaglia politica. Una sorta di franchising, una "Lega" che eccitando le istanze del territorio, dal basso, può essere buona in qualsiasi altra parte del Paese. È su queste coordinate che pare si stiano muovendo alcuni buon pensanti a cui è venuto in mente di far "sbarcare" prima o poi, magari in coincidenza della prossima consultazione elettorale nazionale, la "lega del Sud". Non in antitesi a quella del Nord, beninteso. Ma parallela, funzionale al decentramento dei poteri e degli interessi. Una "lega" che al pari di quella padana sappia rigenerare istanze e rivendicazioni territoriali che i grandi partiti nazionali hanno trascurato fino a soffocarne ogni entusiasmo.

Oliverio fatti avanti Ti sfidiamo in tv A Jole Santelli, che pure non dovrebbe essere nuova alle rappresentazioni pubbliche, trema la mano quando tiene il microfono. Assai. Non è timida, non è timida. Lo sanno bene questo a Roma. Ma la sfida è tesa, è sentita, è anche passionale questa volta e si sa che quando si toccano le corde più intime puoi anche emozionarti al Caffè letterario di Cosenza e magari rimanere fredda alla Camera dei deputati. Si conoscono avversari e moventi stavolta, molto nettamente. E le motivazioni sono davvero alte. Jole, Wanda e Roberto Occhiuto. C’è anche Nino Foti al tavolo che presenta a Cosenza candidata alla presidenza e liste ma è sui primi tre, inevitabilmente, che si concentra lo sguardo curioso del popolo “local”. Ci sono un po’ tutti i candidati in sala, il clima è in progress nel senso che l’entusiasmo non manca ma va sedimentato, diciamo annaffiato. Al caffè di Cosenza c’è quella grossa fetta di ex centrodestra alla calabrese che ha retto fin qui e c’è soprattutto la grande sfida contro i Gentile e i Trematerra. Nessuno li nomina, mai. Ma si taglia l’aria densa contro di loro. «L’unico sfidante che riconosciamo è Mario Oliverio», dice Jole Santelli. «Gli altri per noi non esistono». «Rispetto alle alleanze abbiamo fatto scelte radicali - ha detto ancora Jole Santelli perché vogliamo rappresentare il nuovo. Noi abbiamo detto no all’accozzaglia di numeri, perché non ci interessava mettere insieme i campioni delle preferenze: la gente è matura per capire che chi vince con queste accozzaglie fa perdere la Calabria. Non so se aver chiuso le porte a Udc e Ncd ci farà perdere qualche voto, certamente ne guadagniamo in voto di opinione e in dignità politica. La vera svolta è rappresentata da Wanda Ferro. Non abbiamo altri competitori se non il candidato del centrosinistra, altri non esistono. Ricordo però che Oliverio ha avuto ruoli nella politica calabrese fin dal 1970, quando noi andavamo a scuola. L’Ncd, il ‘nuovo centro democratico’, altro non è che una costola della sinistra». E poi l’affondo che rimane di più, in prospettiva. «Oliverio vada in tv a confrontarsi con Wanda Ferro, noi non abbiamo timore alcuno perché allora non accetta la sfida?». «Ho deciso di correre con tre liste per arrivare al governo della Regione a mani libere», ha spiegato Wanda Ferro. «La mia forza - ha spiegato ancora - sono i calabresi sani e onesti, quella società civile che vuole una decisa rottura con il passato. È a loro che mi rivolgo:

«Non avere paura» dice Jole Santelli a Cosenza in occasione della presentazione della candidatura di Wanda Ferro e delle liste a supporto. «Non ho voluto i transfughi - dice la Ferro - perché con la cozzaglia che sta di là non si può governare la Calabria Il mio competitor è in politica dagli anni '70 Ha promesso così tanto in giro che ci vuole un pullman quando, se vince, presenterà la sua giunta...» voglio essere il presidente di tutti i cittadini, e di tutta la Calabria, non di un singolo territorio. Ho rifiutato di stringere accordi con chi scambia le istituzioni per un mercatino delle poltrone perché voglio essere libera da ricatti e condizionamenti e fare finalmente quelle scelte di normalità, di regole e di meritocrazia di cui la Calabria ha bisogno». «Il 24 novembre - ha detto ancora Wanda Ferro - potremo riunirci nella mia 500 per dare vita alla nuova giunta, se dovesse vincere il centrosinistra non basterà un pullman per portarsi die-

tro tutta la carovana di transfughi ai quali dovrà dare risposte. Il candidato del centrosinistra non raccolto la mia sfida per una moralizzazione della politica calabrese, infatti ha schierato nelle sue liste tantissimi personaggi che pensano ad ogni elezione di condizionare i destini del calabresi utilizzando i partiti come dei traghetti con i quali raggiungere i propri obiettivi personali. Oliverio rappresenta tutto il contrario del rinnovamento voluto da Renzi, e le sue liste sono l’espressione di chi ha scritto la storia politica della Calabria degli ultimi 50 anni». Nino Foti ha parlato della necessità di cambiare le strategie di utilizzo dei fondi europei, indirizzandoli verso iniziative capaci di creare occupazione, evitando finanziamenti a pioggia: «Il nostro obiettivo - ha detto Foti - è quello di dare ai nostri giovani la concreta possibilità di coronare i propri sogni e di realizzarsi professionalmente in Calabria». Roberto Occhiuto ha ringraziato «i candidati di Forza Italia, ma anche quelli che provengono da altre formazioni del centrodestra e che hanno scelto di rimanere coerenti con il loro percorso politico non cedendo alla lusinghe dei ministri del governo che li avrebbero voluti nel quarto polo. Noi faremo la nostra campagna elettorale non inseguendo la polemica di chi vorrebbe ritagliarsi uno spazio di visibilità attaccando Forza Italia, ma parlando della nostra idea di una regione retta da chi ha passione, autorevolezza e competenza amministrativa, che sia capace di aprire un contenzioso con l’Unione europea e il Governo nazionale per spendere in maniera automatica i Fondi europei per creare lavoro e sviluppo in Calabria. Noi abbiamo la consapevolezza di aver scelto il meglio che la Calabria potesse offrire per la guida della Regione Calabria, quella Wanda Ferro che dai vertici nazionali è ritenuta una dirigente di primo livello, ed è sicuramente una candidata vincente, capace di recuperare tantissimo consenso e di rendere marcata la differenza tra chi ha praticato per oltre 40 anni le stanze della politica, e chi lo ha fatto solo per qualche anno dimostrandosi amministratore capace e competente».

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Sabato 1 Novembre 2014

Mezzoeuro Il polo dei “rifugiati” Pino Gentile e Michele Trematerra

Portato a spasso dai fratelli Gentile (da Lamezia a Cosenza) Nico D’Ascola in stile (poco) british presenta con andamento itinerante la sua candidatura a governatore della Calabria per conto del terzo polo. Un polo, va detto, nato più per disgrazia che per progetto, più per rifiuto altrui che per identità politica. Poi un giorno D’Ascola, il senatore, spiegherà anche come mai s’è così distaccato da Peppe Scopelliti, peraltro in gran fretta, da rimarcare ad ogni occasione che lui con l’ex governatore non c’entra più niente. Chissà cosa c’è davvero di sotto, visto che è stato un suo uomo di strettissima fiducia fino all’altro ieri. Ma tant’è.

ta ottenuto l’eventuale successo. Come dire, ci hanno beccati ma ci rifaremo fra un po’ con gli interessi. Questo messaggio distribuiscono in giro i colonnelli del terzo polo ai loro potenziali elettori. Il perché è semplice, provano a rassicurare chi sta al piano terra che il soffitto non crollerà. Solo poggiando su questo obiettivo Pino e Tonino Gentile e Michele Trematerra hanno accettato di non fiatare per il momento contro i ‘compagni’ del Pd. Non si aspettavano il ‘rifiuto’ pubblico, grazie al quale ora sono costretti a pedalare il doppio per entrare in consiglio e in un primo momento volevano persino far saltare il banco. Trematerra, da un lato, per aver avuto rassicurazioni ben prima delle primarie del Pd, dove è stato come è noto cooptato per la corsa a presidente di Mario Oliverio, non senza progetti di ritorno ovviamente. E i fratelli Gentile che già dalle elezioni comunali di Rende, in occasione della vittoria di Manna, avevano iniziato un iter di funzionale e produttivo avvicinamento alla cordata AdamoOliverio salvo però conoscerne i primi scricchiolii, o le prime inadempienze, in coincidenza della vittoria di Mario Occhiuto alla presidenza della Provincia, loro acerrimo nemico. I fratelli Gentile e Michele Trematerra, evidentemente in grande difficoltà questa volta, in un primo momento parevano disposti a tutto ma dopo il niet di Wanda Ferro e di Berlusconi soprattutto hanno ripiegato sul ‘parcheggio’del terzo polo in mano al british Nico D’Ascola, l’avvocato e senatore ed ex amico di Scoppelliti, almeno questo dice lui.

A Cosenza, ultima tappa in ordine di tempo, il gruppetto non ha perso tempo per ricordare ai naviganti (e soprattutto ai colonnelli del Pd) che con la salute non si scherza. Va bene che i ‘compagni’ si muovono ormai da governanti distribuendo su scritte a matita i futuri equilibri di Asp e ospedali ma con la sagoma di D’Ascola in tour i fratelli Gentile non hanno perso tempo lungo il Crati. Niente chiacchiere, comandiamo noi dentro Asp e ospedale Annunziata e se arriva qualche buona notizia dal governo è merito nostro. Dopotutto pochi o tanti voti che arriveranno da Cosenza per i Gentile (e per D’Ascola) arriveranno da dentro le corsie della salute e poco importa se nel frattempo anche i ‘compagni’ stanno provando a raccogliere consensi in corsia. Forse, allo stato, ce n’è per tutte e due le esigenze ma i problemi sorgeranno allorquando, alla ‘squagliata della neve’ come si dice a Cosenza, si tratterà di passare dalle promesse alle fatture e ai contratti. Chi sarà in grado di riempire di zeri le illusioni? Si vedrà.

La paura matta del voto inutile A Lamezia in settimana, accanto all’avvocato di Reggio in sede di presentazione, Gaetano Quagliariello e Lorenzo Cesa oltre al cosiddetto stato maggiore dei due partiti che portano la croce del terzo polo, Ncd e Udc. Qualcuno s’è divertito negli ultimi giorni a definirlo anche polo dei ‘rifugiati’, o palestinesi del consenso per rimarcare una difficile collocazione identitaria in questo voto che difficilmente li vedrà premiati. Cooptati in un primo momento da Mario Oliverio e Nicola Adamo e sballottati fino al Nazareno dove il candidato alla presidenza di San Giovanni in Fiore è stato costretto a rigettarne la vicinanza quantomeno in pubblico. E poi ancora, in extremis e dentro contorni anche drammatici, a bussare al portone di Forza Italia azzardando un apparentamento che Wanda Ferro gli ha negato per definizione il terzo polo, o polo dei ‘rifugiati’, ora va all’attacco sperando di conquistare le note delle agenzie e dei giornali così da rimbalzare visibilità, anche confidando nelle risposte degli altri, dei destinatari degli attacchi. Ma le risposte latitano, tardano, spesso non ci sono e l’isolamento continua. Il progetto di massima dei ‘rifugiati’ prevede, dopo il rifiuto pubblico (ma non privato) di Oliverio un ingresso in consiglio a tutto discapito di Forza Italia e un ‘abbraccio’ governativo con il Pd di Mario Oliverio e Nicola Adamo una vol-

Portandosi a spasso l'avvocato Nico D'Ascola, ex fedelissimo di Scopelliti, Ncd e Udc sperano in extremis di superare uno sbarramento che al momento appare davvero un ostacolo difficile da superare È battaglia all'ultimo voto e non si fa mistero di poter contare su di un clima non ostile nei confronti del Pd

L’obiettivo unico e per certi aspetti disperato quello è, riabbracciare più tardi il Pd di governo dopo il voto. Con quale formula poi si vedrà, le idee non mancano. Tanto è vero questo che proprio oggi Quagliariello ha detto, in sintesi: con il voto di Reggio finisce la nostra storia con il centrodestra. Poi ha aggiunto: con il centrodestra fin qui conosciuto ma la correzione non è bastata, il concetto s’è capito lo stesso. Punteranno a sinistra, per logiche di sopravvivenza nazionale, ma bisogna chiedere a Renzi cosa ne pensa in proposito. Qui, dalle nostre parti, non aspettano altro che di farsi fotografare con Oliverio presidente il quale va detto, per tramite dei suoi colonnelli in campo, manda messaggi di tranquillità facendo intuire che ci sarà spazio per un allargamento del governo regionale una volta smaltiti i fumi elettorali senza però precisare con nitidezza i contorni. Ma mente, gli si allunga il naso. È il gioco sottile, furbo, e per certi aspetti pesante della stagione degli ex comunisti travestiti da Pd. È una storia e una partita tutta cosentina in gran parte. Si millanta un fronte unico contro Ferro, Occhiuto e Santelli distribuendo ipotetiche postazioni di collaborazione governativa ma, salvo che per disperazione, è difficile credergli. Il Pd di governo regionale, se mai ci sarà, avrà le sue gatte da pelare per distribuire potere ai suoi di pretendenti interni e non sarà per niente facile distrarre qualche poltrona a beneficio dell’allargamento della coalizione. È più fumo che arrosto al momento. Necessario però per incoraggiare e adrenalinizzare quelli del terzo polo. Una sorta di cura antidepressiva perché la cruda realtà porta invece da un’altra parte. Con tre quarti di componenti che se ne sono andati e uno sbarramento dell’8% da raggiungere l’ingresso in consiglio regionale, per quelli del terzo polo, è più vicino allo sbarco sulla luna che all’uscita autostradale di Reggio sud. E Oliverio e Adamo questo lo sanno, lo sanno bene. Solo che è pericoloso oggi come oggi far capire che ‘quello’, quello del terzo polo, è un voto inutile. Potrebbero esserci complicazioni.


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Sabato 1 Novembre 2014

Mezzoeuro Le eccellenze per sperare

Consegnati gli attestati al termine del corso organizzato da Neuromed in collaborazione col Miur I partecipanti hanno acquisito le competenze all’insegnamento specializzato

Il sostegno va aggiornato Partito a gennaio scorso è giunto a conclusione il primo corso di aggiornamento per insegnanti sul sostegno organizzato dalla Fondazione Neuromed in collaborazione con il Miur. La settimana scorsa sono stati consegnati dal presidente della Fondazione Neuromed, Mario Pietracupa gli attestati di frequenza ai corsisti provenienti dal Molise e da fuori regione. Il Corso ha permesso ai partecipanti di acquisire conoscenze e competenze proprie dell’insegnante specializzato nel sostegno e, nello specifico, ad acquisire una formazione in base alla quale sviluppare nel docente specializzato - mediante un processo di sensibilizzazione - la capacità di cogliere dalla differenza l’opportunità per trasformare le difficoltà di insegnamento/apprendimento degli studenti in risorse per la classe e per l’intera comunità scolastica. Un iter professionalizzante in grado di porre i docenti nella condizione di saper riconoscere, gestire, contenere e risolvere nel modo giusto le difficoltà di insegnamento insite nella diversità dei modi di relazionarsi con ciascuno degli allievi e degli stessi tra loro. «Un’iniziativa molto apprezzata dai docenti che hanno seguito il corso e sicuramente risulterà molto utile anche agli studenti che beneficeranno di una competenza specifica dei loro insegnanti. - ha affermato Pietracupa a margine della consegna degli attestati -. Un corso di aggiornamento che è stato possibile organizzare grazie alla proficua collaborazione, sia in fase progettuale che di sviluppo, della dirigente scolastica regionale professoressa Giuliana Petta e del professor Guido Cavaliere, vicepresidente della Fondazione Neuromed che ha altresì dato un fattivo contributo didattico al corso. Quello che promuoviamo è un percorso formativo che garantisce, oltre alla formazione professionale, una competenza scientifica relativa al settore delle neuroscienze e quindi alla gestione delle patologie collegate». «È nostra intenzione - ha continuato Pietracupa continuare su questa strada e organizzare il corso di aggiornamento per insegnanti sul sostegno anche nei prossimi anni, implementando le informazioni acquisite nel corso delle lezioni appena concluse. Il nostro è un percorso specialistico che richiede agli stessi partecipanti di contribuire a selezionare i campi di intervento in cui cerchiamo

di integrarci. La Fondazione Neuromed rafforza sempre di più l’interesse per il mondo scolastico e intende per questo rispondere alle esigenze degli Istituti rendendo gli insegnanti i veri protago-

nisti di queste iniziative. L’interazione e la partecipazione sono alla base dei nostri valori, caratteristiche che serviranno a rafforzare anche le conoscenze scolastiche e di formazione».


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Sabato 1 Novembre 2014

Le eccellenze per sperare

Il corso di sostegno al completo In basso a sinistra, la consegna dell’attestato

Solidarietà e ricerca

Mario Pietracupa cittadino onorario di Borislaw Al Neuromed il Sindaco della città ucraina beneficiaria della donazione di attrezzature medicali. È arrivato nel pomeriggio di qualche giorno fa a Pozzilli Vladimiro Firman, il Sindaco della città di Borislaw in Ucraina, a cui la Fondazione Neuromed ha donano lo scorso luglio attrezzature sanitarie. Una iniziativa promossa in collaborazione con l’associazione onlus “Alma Mundi” di Napoli con la quale Fondazione Neuromed ha firmato un protocollo d’intesa. Firman ha raggiunto la clinica Neuromed, insieme ad una delegazione formata dal presidente di “Alma Mundi” Gerry Danesi e da padre Paolo parroco di quel Paese, per ringraziare personalmente Neuromed e la sua Fondazione. «È con grande piacere che saluto il Presidente della Fondazione Neuromed; - ha detto il sindaco di Borislaw che ha visitato la clinica Neuromed accompagnato dal dottor Edoardo Romoli, direttore sanitario - persona che ho avuto modo di apprezzare prima ancora di conoscere, grazie non solo all’intercessione dell’avvocato Gerry Danesi ma soprattutto dall’impegno profuso per la nostra città. Un uomo ed una struttura che, abbracciando valori cristiani, hanno inteso aiutare coloro che soffrono a causa della guerra. Giovani che hanno bisogno di cure immediate, reduci da conflitti a fuoco, anziani che non hanno la possibilità di ricevere le cure primarie; a questo serviranno le attrezzature sanitarie che la Fondazione Neuromed ci ha donato - ha continuato Firman - e che sono state destinate ai diversi reparti dell’ospedale centrale di Borislaw. Grazie a questo contributo, ed alla collaborazione con la Fondazione Neuromed, avremo la possibilità non solo di salvare tante vite ma di acquisire conoscenze utili al perfezionamento dei servizi sanitario e di soccorso portati avanti dai nostri medici. Per questo - ha poi concluso - abbiamo deciso di nominare cittadino onorario della nostra città Mario Pietracupa insieme a Gerry Danesi come ringraziamento, a nome di tutta la popolazione, per la sensibilità dimostrata». Un gesto fortemente simbolico, come spiegato dal presidente della Fondazione Neuromed, Mario Pietracupa, che in linea con i valori dell’Istituto Neuromed

Firman, don Paolo, Pietracupa e Danesi

tiene conto delle reali esigenze delle persone andando a sostenere, grazie al supporto di associazioni, territori che non hanno la possibilità di garantire le cure di base. Una collaborazione che andrà oltre la donazione effettuata a beneficio dell’ospedale di Borislaw per sviluppare iniziative su quel territorio che possano supportare ancora di più la popolazione e sviluppare nuovi progetti sanitari. «È un onore per me essere diventato cittadino ucraino - ha detto Pietracupa - Il nostro non vuole essere solo un impegno solidale ma mira a raggiungere obiettivi estremamente distanti dalla guerra e della devastazione. Comunico al primo cittadino - ha continuato Pietracupa - che stiamo valutando la possibilità di interventi ancora più efficaci per le popolazioni di Borislaw, anche considerando l’istituzione di un presidio Neuromed in quel territorio per sviluppare sinergie nell’ambito della scienza e della ricerca portando avanti idee di vita. Al di là della diplomazia ed alle parole di circostanza preferiamo portare avanti progetti concreti e reali».

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Sabato 1 Novembre 2014

L’epilogo scontato

L’agonia finisce qui Come previsto è stata commissariata la Banca Brutia, l’ennesima Bcc finita male. L’attesa è stata breve. La conclusione della visita ispettiva della vigilanza ha portato a una decisione immediata e l’istituto è stata affidato a una terna di tecnici che dovranno trovare una soluzione adeguata entro breve termine di Oreste Parise

L’avventura della Bcc Brutia di Cosenza finisce qui. Ha avuto vita breve, con qualche splendore iniziale che aveva suscitato grandi entusiasmi ed aspettative e una ultima assemblea per l’approvazione del bilancio organizzata in forma semiclandestina per tentare di minimizzare il disastroso risultato di gestione. Qualche socio ricorda ancora il clima di euforia che regnava il giorno dell’apertura della sede rendese, dove nel conclave al chiuso si stappavano bottiglie di champagne per sottolineare un percorso trionfale che ne volgere di pochi mesi aveva portato all’apertura di un nuovo sportello. Un attimo fuggente che si è subito tramutato in cocente delusione per i risultati sempre meno brillanti che appesantivano la gestione. Ora il cammino è tutto in salita e trattandosi dell’ennesima banca di credito cooperativo costretta alla resa, il corpo delle Bcc appare esangue e si trova nell’obiettiva difficoltà di digerire un altro boccone indigesto. Le due principale e che stanno meglio in salute in questo momento, la Bcc Mediocrati e la Centro Calabria, stanno ancora assorbendo il peso della incorporazione di altri istituti che si sono trovati nelle stesse condizioni e difficilmente si proporranno ad intervenire per salvare la consorella cosentina. Questo perché il Fondo di Garanzia si è nel frattempo grandemente indebolito e non ha più la forza di sostenere operazioni di salvataggio con iniezione di danaro fresco. Bisogna in qualche modo cavarsela da soli. Solo come fatto scaramantico, si può dire che il nome di Cosenza non depone bene per le iniziative bancarie, poiché sono miseramente finite tutte quelle che lo hanno inserito nel proprio nome. Non significa niente, ma seguente i latini che affermavano che nel nome è scritto il proprio destino (nomen omen), vale come monito per il futuro...

Senza entrare nel merito delle cause del dissesto, è necessario spendere qualche parola sulla possibile evoluzione di questa vicenda, che interessa una serie di persone, gli stakeholder, come vengono definiti in “anglitano”. Tanto alla fine, i mali di cui sono colpite sono sempre gli stessi: sottocapitalizzazione, scarsa competenza gestionale, una dosa di clientelismo, qualche commistione di interessi, e così via seguendo il canovaccio che la Vigilanza ha più volte chiarito nelle sue relazioni ispettive. Esclusa la possibilità di intervento da parte di consorelle locali, quale altra soluzione si prospetta. Intanto, bisogna subito sottolineare che per i depositanti non vi sono pericoli di sorta, il sistema è solido e garantisce la restituzione. Insomma, niente panico: è inutile evitare la corsa agli sportelli. Il problema ha soltanto una natura tecnica, poiché il sistema sportellare è entrato in crisi, e risulta sovradimensionato sul territorio. Infatti, la maggior parte delle grandi banche nazionali (ed estere) sono pronte a cedere sportelli a buon prezzo per risparmiare sul personale e le spese di gestione. In sostituzione di essi si stanno preparando ad inondare il mercato di sportelli automatici in grado di offrire un mondo di servizi, in maniera continuata senza soluzione di continuità e senza ... scioperi. Questo significa che nel caso specifico, neanche lo spezzatino, con la vendita dei singoli sportelli è una strada percorribile (si tratta comunque di pochi sportelli). L’unica vera alternativa, che assomiglia alla famosa minestra, è l’intervento della Banca Sviluppo, una banca che è già presente sul territorio per essere intervenuta nel caso della Bcc di San Vincenzo la Costa e di metà della Bcc di Cosenza. Anche in questo caso si tratta di un intervento possibile solo con l’aiuto della Fondo di Garanzia, ma essendo ormai la banca del mondo

cooperativo diventa un aiuto necessario e finalizzato a rimettere ordine nei conti della Brutia per rivalutarla. La soluzione prospettata ha come corollario il solito sacrificio che sarà richiesto ai lavoratori; qualcuno verrà declassato nelle funzioni, qualche altro sarà costretto a subire decurtazioni salariale, qualche altro sarà chiamato a porsi in mobilità territoriale, che poi significa che potrebbe essere trasferito altrove. Le possibilità di ricorre a prepensionamenti è esclusa dalla giovane età di tutti i dipendenti poiché si tratta di una banca giovane, che ha mostrato troppo precocemente i segni dell’età. Un aspetto particolare della Banca Brutia riguarda il suo rapporto con i soci, pochi dei quali, dopo aver investito un piccolo capitale, hanno inteso intrattenere un rapporto di conto corrente con il proprio istituto. Questa è una debolezza intrinseca che impedisce alla banca di crescere. Si deve aggiungere che si è addirittura ricorso all’espulsione di soci che hanno osato criticare il modus operandi della classe dirigente. Sarebbe logico chiedersi se la maggior colpa ricade su chi denuncia una cattiva gestione o su ha provocato il dissesto. Una ultima notazione, in assenza della relazione ispettiva che chiarisca in maniera puntuale i motivi dela messa in liquidazione. La crisi congiunturale che sta trasformandosi in crisi strutturale ha avuto certamente un ruolo decisivo nel provocare il default di tanti istituti, ma non può essere un alibi che giustifica le deficienze di gestione. Nel tempo delle vacche grasse, è facile far fronte a qualsiasi errore, ma è proprio nel momento della difficoltà che emergono la competenza e la capacità di farvi fronte. C’è un detto calabrese che illustra bene la situazione, ma è un po’ volgare: alla squagliata di la nivi si vidanu li...!

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Sabato 1 Novembre 2014

Alla scopeta dei candidati “invisibili”

Ho deciso di essere... Mario Pescatore

L’Altra Calabria per essere l’altra politica

non è solo l’Altra Calabria, la lista a sostegno del docente universitario reggino Domenico Gattuso, appoggiato da lista Tsipras e Rifondazione comunista con 24 candidati in tutto, ma è soprattutto l’altra politica. Quella che si occupa di lavoro, trasporti, welfare, rifiuti, mobilità sostenibile e tutto quello che può crea nel cittadino soddisfazione e benessere. “Ridiamo senso alla politica”. Questo il claim che accompagna la sua candidatura fatta già di molti incontri, con la gente e tra la gente. Il senso. Questo è quello che vogliono trovare gli italiani, in particolare i calabresi, per andare alle urne e dare un voto che abbia il sapore della logica, dell’appartenenza... del senso. Lo stesso che ha mosso, questo sindacalista ideologo, ispiratore e caposcuola di una società che vale la pena vivere. La mia voglia di esserci - annuncia da militante nel sindacalismo di base nasce dal mio impegno costante a difesa del lavoro e dei diritti, con una netta contrarietà alla liberalizzazione e alla privatizzazione del trasporto pubblico locale e di tutti i servizi universali come sanità, scuola, welfare e dei beni comuni che le politiche neoliberiste vorrebbero consegnare al morente capitalismo post industriale. La scusa? Che il pubblico non funziona e che solo i privati hanno le capacità di fare impresa. Quindi trovo che per me è una scelta obbligata avendo identificato nella proposta di governo dell’Altr aCalabria e più in generale nella proposta politica, gli stessi principi, valori e idee che mi hanno persuaso a ritornare ad impegnarmi nella difficile missione di sindacalista antagonista e conflittuale dopo le esperienze nei sindacati confederali.

La famiglia

Mario Pescatore è sposato con Maria, sua collega di lavoro e che ha sempre sostenuto con attenzione le scelte professionali del marito. Ha due figli Luca e Daniele. Quest’ultimo da molti anni è votato alla politica, anche se giovanissimo. Infatti è già assessore del comune di Mendicino (il più giovane). Da sempre la storia ci ha abituati ai figli d’arte, mentre in questo caso è Mario Pescatore...padre d’arte.

Il lavoro

Mario Pescatore ha il diploma di scuola superiore. È stato per molto tempo un lavoratore fantasma e rigorosamente in nero fino all’anno 1986, quando viene assunto come operatore dell’esercizio (conducente di linea) presso la società Ferrovie Calabro Lucane, gestione commissariale governativa dal 1992, denominata Ferrovie della Calabria. Attivista della Filt (Federazione italiana


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Sabato 1 Novembre 2014

Alla scopeta dei candidati “invisibili”

Focus sul suo candidato a presidente

Domenico Gattuso lavoratori trasporti) fino al 1993. Ha rivestito l’incarico di segretario provinciale a Catanzaro della Confederazione nazionale lavoratori trasporti (Cnl/T). E poi il Sult con l’incarico ultimo di segretario regionale. E ancora. Componente della Segreteria nazionale del Sdl nato dalla fusione del Sult e del Sin-Cobas, fondatore del Sul/Ct e una breve apparizione nella Uil trasporti dove ha ricoperto l’incarico di responsabile del Dipartimento Trasporti regione Calabria Autoferrotranvieri. Insomma un lavoratore prestato al sindacato a cui ha creduto con tutte le sue forze. Nel 2011 dopo un periodo sabbatico ritorna al sindacalismo attivo iscrivendosi all’Unione sindacale di sase e nel congresso nazionale del 2013 è eletto nel coordinamento nazionale dell’Usb lavoro privato, componente del Consiglio nazionale confederale e del coordinamento nazionale comparto trasporti incarichi dai quali si è sospeso per effetto delle norme statutarie.

Dalla sua voce

«Dopo anni di cattiva politica, che hanno visto la nostra regione precipitare agli ultimi posti di tutti gli indicatori economici, è urgente avviare un percorso virtuoso di crescita sociale ed economica per dare risposte ai bisogni di una collettività sempre più frastornata». Questo il commento a caldo di Mario Pescatore. Serve una politica che guardi finalmente con occhi diversi - afferma con entusiasmo il sindacalista - ad una società infragilita e dispersa e che le dia coraggio e la speranza di un cambiamento. Una politica che accolga sotto la sua bandiera gli sfruttati, i disoccupati, coloro che hanno perso il lavoro e non lo ritrovano, che provi a liberare la Calabria dalla corruzione, dalle clientele, dall’ affarismo e dalla collusione con le forze criminali, che promuova la salvaguardia e la valorizzazione del territorio, dell’ambiente, della natura. Così come la tutela dei più deboli e il potenziamento dei diritti sociali - continua Pescatore - una gestione partecipata della cosa pubblica che tuteli i beni comuni dalle privatizzazioni e liberalizzazioni, che mantenga sotto il controllo pubblico i servizi a rilevanza economica a partire dalle strutture di gestione dell’acqua, dell’energia, dei rifiuti, della sanità, dei trasporti. Per i quali resta urgente l’immediata adozione di un nuovo Piano dei

trasporti che ponga al centro degli obiettivi, delle azioni da sviluppare e delle opere da realizzare i cittadini siano essi lavoratori, imprenditori liberi professionisti, turisti capace di sostenere la realizzazione e lo sviluppo di una rete di servizi rispondenti alle esigenze di mobilità per tutte le componenti sociali regionali. In questa prospettiva è evidente la necessità di individuare una cornice di priorità per realizzare le infrastrutture funzionali per meglio sviluppare i servizi di mobilità, di merci e passeggeri. L’obiettivo, quindi, - continua il sindacalista battagliero - è quello di garantire ai cittadini le migliori condizioni per muoversi ed operare a livello locale, nazionale e comunitario e principalmente nello scacchiere del mediterraneo dove la Calabria può e deve svolgere la funzione di portale del mediterraneo per gli scambi commerciali nazionali europei, internazionali e intercontinentali. Una politica che si concentri prioritariamente sulle infrastrutture sociali come scuole e ospedali piuttosto che progettare mega opere inutili, che affronti in modo concreto l’emergenza abitativa e su come difendere il territorio dal dissesto idrogeologico e dall’assalto delle ecomafie - conclude con serenità intellettuale Mario Pescatore - che finalizzi in modo primario le ingenti risorse comunitarie destinate alla Calabria per il Por 2014/2020 alla innovazione, alla ricerca, alla formazione costante e alle politiche attive per il lavoro. Certo non sarà facile in questa regione annichilita, rassegnata a una povertà di massa e a una nuova solitudine . Una condizione abilmente costruita da quella mala politica che ha governato facendoci diventare sudditi con la mano tesa.

La sua rivoluzione

A chi ha deciso di darmi fiducia, propongo un vera rivoluzione culturale consapevole che sarà una missione difficile ma è l’unica opportunità che è rimasta alle tante persone perbene della nostra comunità per giungere ad un cambiamento. Ma deve essere vero, così da ridare speranza alle prossime generazioni. Chiedo alle donne e agli uomini calabresi un voto per diventare insieme protagonisti di un nuovo novecento.

Professore ordinario di Ingegneria dei trasporti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, esperto di pianificazione dei trasporti, attivo sostenitore dei trasporti equo-sostenibili, impegnato per la difesa e il rilancio delle ferrovie regionali (presidente del Ciufer), per lo sviluppo della logistica e della portualità nel Mezzogiorno, componente di gruppi di ricerca nazionali ed internazionali, direttore del Laboratorio di logistica Logica. Animatore di gruppi di lavoro tematici, progetti e programmi nel campo dei trasporti collettivi, della mobilità dolce, della sicurezza stradale e della logistica equo-solidale. Impegnato attivamente sul fronte della cooperazione euro-mediterranea nel campo delle reti e dei servizi di trasporto. Referente di Alba in Calabria, tra i primi firmatari del Manifesto per un Soggetto politico nuovo e della lista L’Altra Europa con Tsipras. Già candidato nella Lista Tsipras alle elezioni europee di maggio, con un buon risultato personale (6.700 preferenze in Calabria). Determinato a promuovere le istanze del territorio attraverso la valorizzazione delle competenze e la battaglia per la democrazia partecipativa.

Dalla sua voce...

La sfida è ardua, ma sono convinto che essa va affrontata con determinazione. La Regione è allo sbando, priva di prospettive e a rischio di ulteriore impoverimento. Sono dell’avviso che occorra provare a costruire una nuova classe dirigente e una nuova Calabria, dando voce alle competenze, ai più deboli e più bisognosi, agli esodati dalla politica che il renzo-berlusconismo sta emarginando, all’insegna dell’equità sociale, della solidarietà, del rispetto per la persona e per l’ambiente, di nuovi canoni economici e sociali, dell’affermazione dei beni e dei valori comuni, del diritto al lavoro, della speranza per i nostri ragazzi. Seguendo il percorso già tracciato dall’esperienza dell’Altra Europa con Tsipras. Proviamoci insieme. Nulla è impossibile.

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Sabato 1 Novembre 2014

Elezioni regionali - C’è spazio per tutti

In Calabria rispunta il naturalismo Il Movimento naturalista italiano vuole attuare la previsione programmatica di Emile Zola e Hippolyte Taine, i quali con una preveggenza di più di un secolo avevano individuato nella natura e nella difesa del suo equilibrio, l’obiettivo principale della politica. La rivoluzione industriale aveva già prodotto i primi effetti velenosi di uno sfruttamento incontrollato delle risorse. L’obiettivo primario era costituito dalla produzione e dal contenimento dei costi, tra i quali le conseguenze sull’ambiente non venivano neanche prese in considerazione. I tanti disastri provocati da una dissennata politica del territorio hanno contribuito a far nascere una consapevolezza crescenza dell’importanza della conservazione degli equilibri naturali per assicurare una buona qualità della vita. Questa preoccupazione collettiva ha prodotto la nascita di molti movimenti politici che hanno posto l’ambiente nella loro agenda programmatica. Non sempre i risultati sono stati pari alle attese, nonostante gli indubbi successi elettorali conseguiti senza neppure organizzazioni molto strutturate, ma basandosi sul volontariato, sulla coscienza ecologica di tanti giovani che sono sensibili a questi temi. La politica dei Verdi ha finito per limitarsi a un gioco di divieti, a una difesa di qualsiasi rifiuto di interventi sul territorio, spesso utili e ritenuti indispensabili, ma che non trovavano mai una collocazione idonea. La politica nimby (not in my backyard, non nel mio giardino) riassume appieno la filosofia che ha provocato una lenta agonia del movimento, sollecitata da una spasmodica lotta per le poltrone a tutti i livelli. Il Movimento Naturista, di cui è responsabile Gabriele Nappi, nasce con queste idee e prospettive. Un movimento giovane, ancora in fasce, che si nobilita sul piano culturale con il riferimento alla esperienza di Taine e Zola, ma ha bisogno di radicarsi sul territorio, di acquisire un consenso ampio, politicamente significativo per poter dare un contributo alla crescita consapevole. «Siamo nati da poco e dobbiamo organizzarci», dice Gabriele Nappi, che in queste settimane è venuto spesso in Calabria, «ma stiamo crescendo in fretta, poiché l’istanza naturalista è molto sentita in tutta Italia. Siamo in una fase di stanca di un modello industriale che non riesce più a dare delle risposte in termini occupazionali e di soddisfazione dei bisogni. Dobbiamo aprire strade nuove, percorrere sentieri inesplorati per poter risalire». Questi movimenti che si richiamano al rispetto dei vincoli ambientali sono stati però sempre un ostacolo per lo sviluppo, per qualsiasi sviluppo. «Questa è una accusa ingenerosa nei confronti di chi ha cercato di creare una sensibilità verso questi temi, la cui importanza è sempre più evidenti. Basti considerare il disastro dell’Italsider di Taranto, o gli effetti disastrosi dello sviluppo urbanistico incontrollato di Genova per rendersi conto che la natura è nostra amica, ma se viene violentata nel suo equilibrio sa trovare delle vendette terribili, con un sacrificio in termini patrimoniali ed umani incommensurabili. L’errore è stato di aver fatto prevalere sempre il rifiuto piuttosto che contribuire alla ricerca di un giusto intervento rispettoso dell’ambiente e della natura». È in questa consapevolezza che si contraddistingue allora il vostro approccio ambientale? Il Movimento naturista deve diventare un soggetto attivo, che ricerca soluzioni e non impedisce di

Dopo la ritirata dei Verdi che hanno perso il loro slancio ambientalista nella spietata lotta per le poltrone e una ferrea logica nimby che ha finito per bloccare qualsiasi iniziativa, nasce un nuovo movimento che si richiama al rispetto della natura che vuol costruire un nuovo modello di sviluppo nel rispetto delle compatibilità ecologiche Parla Gabriele Nappi, responsabile del movimento nella regione realizzare qualsiasi iniziativa. L’uomo ha plasmato il suo territorio per millenni e deve continuare a farlo, ma deve essere consapevole che vi sono delle regole di base che devono essere rispettate. Alla base del nostro impegno vi sono, ad esempio, i Parchi nazionali. Si tratta di un patrimonio immenso, non tanto per il valore patrimoniale, ma come risorsa per creare un nuovo modello di sviluppo. Il nostro esempio migliore è il Parco nazionale dell’Abruzzo che non ha impedito ogni attività, ma ma posto dei limiti, ha regolamentato l’utilizzo del territorio. Dobbiamo ritornare alla saggezza dei nostri vecchi contadini, che sfruttavano anche i territori più impervi, ma nello stesso tempo creavano una serie di opere di sistemazione idraulico-forestali che lo hanno preservato e difeso per secoli. Cosa rappresenta la Calabria per il Movimento Naturista? È una sfida per la crescita, vogliamo segnare una presenza perché riteniamo che sia importante almeno per due motivi. È una regione che vive una crisi profonda, ed ha un patrimonio naturale unico in Europa: i suoi Parchi Nazionali hanno caratteristiche uniche, con una biodiversità e una ricchezza faunistica e floristica che non si riscontra

in nessuna altra parte. I Parchi devono diventare dei propulsori di sviluppo, non si può solo parlare di turismo come un elemento strategico, bisogna creare le condizioni per offrire ai visitatori, ai turisti delle condizioni ottimali per la fruizione di quelle grandi risorse. La regione ha il triste primato del più elevato tasso di non ritorno dei visitatori che restano delusi dalla qualità dei servizi che trovano sul territorio. Questo deve cambiare e subito. I Parchi Nazionali possono dare un grande contributo in tal senso. Siete presenti nella prossima competizione elettorale? Abbiamo deciso di partecipare per la prima volta in coalizione con simbolo Sel, Idv e Comunisti italiani, una coalizione realizzata anche per superare lo sbarramento al 4% con la nuova legge elettorale. Il nostro intento è quello di avere rappresentanti regionali e questo obiettivo è possibile da raggiungere. Abbiamo avuto proposte anche altri movimenti civici del centro sinistra ma riteniamo che questa coalizione sia la nostra giusta collocazione. In Calabria sosteniamo Romina Leotta che fa parte della nostra quota in coalizione interna della lista Sinistra calabra e la nostra opera divulgativa sarà effettuata presso tutti i Comuni rientranti nei parchi. L’impegno è notevole ma il nostro sostegno agli amici verrà fatto con forza e volontà. Quali sono i vostri obiettivi per la Calabria? Siamo un movimento giovane, ma abbiamo intenzione di strutturarci organicamente in sul territorio, poiché vi sono enormi possibilità di creare qualcosa di importante qui. L’impegno è duro ma la Calabria è la Regione italiana con più parchi e zone protette e, quindi, questo offre molto opportunità per lo sviluppo del turismo, dell’agricoltura, della cultura tradizionale e dell’ambiente. Lavoreremo nei Comuni che fanno parte dei parchi e delle aree protette perché questa è la nostra naturale collocazione politica ma lavoreremo anche negli altri Comuni con la stessa attenzione. Siamo nati in Campania proprio ponendo l’attenzione alle aree protette, per la loro tutela e salvaguardia. Per difendere e sviluppare l’efficienza della gestione di queste aree quali risorse per la nostra società e per la formazione sui nuovi stili di vita. Per il futuro delle giovani generazioni abbiamo sempre cercato di coinvolgere persone che lavorano nei parchi e nelle aree protette per poter realizzare un nuovo modello politico. op.

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