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numero 15 - Anno 13 Sabato 12 Aprile 2014
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settimanale d’informazione regionale
Unical, quando c’erano Bucci e Andreatta
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Sabato 12 Aprile 2014
Il legno storto
Matteo Renzi
Con Renzi un vero
problema per la politica Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
Ediratio editore
Direttore responsabile Domenico Martelli Registrazione Tribunale di Cosenza n°639 del 30/09/1999 Redazione e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza Responsabile settore economia Oreste Parise Progetto e realizzazione grafica Maurizio Noto telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e-mail: ediratio@tiscali.it Stampa Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Diffusione Media Service di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Internet relations N2B Rende Iscritto a: Unione Stampa Periodica Italiana
n. 12427
Nella stagione Renzi, la politica italiana congelata fino a qui sulle impalcature date dal berlusconismo (che sopravviveranno chissà fino a quando), si vede incalzata da un problema, sempre affiorato, ma mai decisamente affrontato. Occorre occuparsi di capire fino in fondo in che termini e con quali effetti reali sta avvenendo l’impetuosa spinta riformatrice di Matteo Renzi, quale la sua durata, quali le possibilità di successo senza traumi dentro il Pd e fuori, in Parlamento. Non basta volerlo sottrarre ai tanti attacchi, alcuni molto insidiosi, altri propri delle guerre interne al Pd; non basta dire la Costituzione va solo custodita e difesa, non imbalsamata. C’è bisogno di capire se Renzi può essere vincente su tutto il fronte, se non dovrà scontare degli errori, Renzi non ha più bisogno di convincere il Paese che la causa che ha sposato è quella di realizzare in tempi rapidissimi, fino a rompersi l’osso del collo, programmi impegnativi continuamente messi in sonno; ma ha bisogno anche di convincere il paese che tanta giustificata e apprezzabile rapidità non è a scapito della efficacia e qualità delle decisioni che si prendono e che il suo prendere o lasciare non si risolve in un deleterio autoritarismo. Insomma, al di là di questioni più specifiche, con la stagione che si è aperta con Renzi, sembra essersi posto in posizione centrale un unico problema: se la politica Partito, Parlamento, Governo, possa e debba preoccuparsi unicamente dei propri tempi di azione, della durata delle proprie operazioni, oltre ogni rituale procedura, oltre le rigide prassi costituzionali nelle quali magari finire per schiantarsi, affossarsi, paralizzarsi, potendo certo vantare una propria osservanza del dettato; oppure se il badare soltanto a tenersi legata alle richieste della gente di una priorità ed urgenza dei propri problemi
di Franco Crispini
Tutti i rischi, ma anche tante opportunità, sono in questo nuovo modo di essere che vuole darsi la politica: rischio di autoritarismo delle decisioni, rischio di allontanamento per troppa fretta dalle regole costituzionali; le opportunità vanno commisurate ai rischi. Dobbiamo quindi stare molto attenti, anzi questo deve diventare il nostro abituale approccio al problema, a capire se il criterio con cui la politica con Renzi vuole cambiare i suoi connotati è appunto quello che le si vuol dare, magari troppo celearmente, capire cioè in che misura, posto che se l’operazione sia poi giusta, riesce a far tacere le tante anime che tentano a frenare, a limitare: tante le opposizioni, custodi rigidi della Costituzione, associazioni di categorie, minoranze interne, che non sono portatrici in ogni caso di vedute di conservazione le quali vogliono tarpare le ali alla politica, vogliono piuttosto farla rientrare negli alvei tradizionali dei confronti e delle mediazioni per salvaguardare una diversità democratica dei punti di vista. Le cose stanno davvero in questo modo o i modi di andare avanti di Renzi, sbrigativi come sono,non lasciano il tempo per valutare bene la loro coerenza, la loro effettiva capacità risolutiva, un loro eventuale effetto peggiorativo specie riguardo agli assetti istituzionali (riforma del Senato)? Certo, sulla strada su cui si va muovendo Renzi, sui suoi metodi per ottenere i risultati finali, oggi si sono accumulati molti più dubbi di quanti non ve ne fossero al momento in cui una pioggia di cambiamenti veniva annunciata. Il giovane leader sta andando avanti senza tentennamenti con l’obiettivo di dare forti scosse nel settore dell’economia e dell’amministrazione pubblica attraverso il Def approvato dal Cdm; sul tappeto rimangono approvazione dell’Italicum e riforma del Senato, due nodi da sciogliere. L’onda d’urto dell’azione renziana trova resistenze anche forti, ma finora i tentativi di vincerle appaiono rispondenti ad una lucida strategia. In ogni caso, le settimane fino al voto europeo del 25 di maggio potranno dirci se la politica che Renzi vuol far rinascere a nuova vita può essere quella che immunizza dagli assalti dei populismi.
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Sabato 12 Aprile 2014
Cristo si è fermato a Teano
Il rinnovamento
può attendere Se non è stata molto distratta la pubblicistica locale o se magari non viene fuori tra qualche giorno un report sulla travolgente sua attività incisiva Mario Pirillo, così racconta chi ha frequentato un po’ il parlamento di Bruxelles, ha più lottato con le cuffiette traduttrici all’inizio che con le sue idee in materia di agricoltura e sviluppo. Le lingue sono difficili da digerire all’inizio, c’è poco da scherzarci su. E poi sono tanti i deputati e bisogna ascoltarli tutti. Senza contare che ci sono due aerei di media gittata da prendere a settimana, Peppe Bova ad esempio e per attacchi di panico c’aveva rinunciato in partenza. Siamo calabresi prima che europei e quanto è lontano il continente con le sue grigie stanze da Amantea. Mario Pirillo però dice di aver fatto il suo corso e di meritare una sacrosanta rivincita. Gli è piaciuta la sobrietà europea e ha capito bene che ormai i giochi veri si fanno lì, c’ha preso gusto. Voleva tentare un’altra volta e l’opportunità non gli è stata negata nonostante la segreteria nazionale avesse fatto di tutto per dare un taglio netto. Ma evidentemente piazzate le capilista (donne e giovani) a Renzi il marketing è bastato e avanzato e ha lasciato come al solito che fosse il territorio local a cuocere nelle rogne del posto. Che se la sbrigassero da soli. E così dopo Mario Pirillo come non dire sì pure a Mario Maiolo che infondo è da almeno tre giri che aspetta di smettere la tuta. Lo fanno riscaldare e poi riscaldare e stavolta s’era messo davvero di traverso. Per far quadrare il cerchio degli equilibri conterranei c’avrà pensato il segretario regionale a ficcarlo dentro tanto per questa tornata, come appare evidente, l’importante non è vincere ma partecipare. Più sportivi di così. Due candidati della stessa provincia in un collegio interregionale così grande che non basterebbe un partito intero per passare. Ma non è questo quello che conta in questo momento. Per una cordata c’era da ammaliarsi le grazie di Pirillo e dei suoi voti e per l’altra la stessa cosa, più o meno. Puri e semplici calcoli “del posto”, l’Europa può attendere. Anche perché magari, se non ci riescono i due, ci può riuscire Pino Arlacchi, anche lui uscente riconfermato nella corsa. Di calabrese, se lo chiedi ai ca-
Fino a Pina Picierno e alla Terra dei fuochi sembra essere arrivato il vento del nuovo corso di Matteo Renzi nella composizione delle liste per le europee In Calabria riecco Pirillo, Arlacchi e la new entry Maiolo. Per non parlare delle ormai vicine regionali. In campo per ora solo Mario Oliverio (e sotto sotto pure Magorno...). Tutto qui? labresi, pare non abbia nemmeno l’autocoscienza per non parlare del partito (è entrato cinque anni fa in parlamento Ue in quota Idv). Ma alla segreteria nazionale del pacchetto interessava il fiocco sopra e chiusi i grandi giochi campani il resto, evidentemente Puglia compresa, interessava davvero poco. Figurarsi poi la Calabria che ha pochi elettori e molti guai di questi tempi e devono essere bastate le performance di Mario Pirillo in questi cinque anni per convincere i vertici che dei “nostri” si può anche fare a meno per un giro di valzer. A meno di imprevisti exploit la regione difficilmente eleggerà un deputato europeo in quota Pd e questo non è che sia proprio un biglietto da visita esaltante per la segreteria di Ernesto Magorno.
Da sinistra: Pino Arlacchi, Mario Maiolo, Mario Oliverio, Mario Pirillo, Ernesto Magorno
Ma guai a gettargli addosso tutta la responsabilità. Dopo tutto è da poco arrivato e si è dovuto subito calare nella ricostruzione di stimoli e profili per europee e regionali, mica uno scherzo. E archiviato il capitolo continentale (non in modo brillante) il resto è solo e soltanto ricerca dell’uomo giusto per le regionali, la sfida del dopo Scopelliti. Al momento, anche in questo recinto di pertinenza, lo slogan del rinnovamento è solo un concetto vuoto e non vorremmo che a porte chiuse il vicesegretario Guerini a Lamezia questa sensazione alla fine abbia trasmesso ai nostri. Si predica un verbo e se ne pratica sistematicamente un altro con una scioltezza e superficialità da rimanere abbagliati. Al momento, per la presidenza della Regione, in campo c’è solo la campagna d’ascolto (o di autoascolto) di Mario Oliverio. Nessuno gli ha detto che può farlo con il marchio del partito ma è vero anche il contrario, nessuno gli ha detto di non farlo. Per il momento gira la regione. Dall’altra parte c’è stato un gioco mediatico di riflettori tutti piazzati su Nicola Gratteri, come fosse in bilico la cosa o comunque subordinata alla forza del pressing. Ora se tutto va come deve andare, e cioè se dobbiamo dar retta alle parole di una persona seria, Gratteri non ne vuole neanche sentire parlare e allora come si regolerà Ernesto Magorno? Continua a sostenere di non prendere proprio in esame l’idea del solo Oliverio ma a chi sta pensando come alternativa? Quale profilo cerca e qual criterio seguirà? Aspetta che il nulla attorno porti poi magari a una sua naturale discesa in campo? E se così dovesse andare, e cioè con Oliverio contro Magorno, chi se la sentirà di parlare più di rinnovamento vero con una discreta probabilità di non prendere pomodori? Ma siamo certi che le diplomazie della segreteria nazionale e regionale si staranno adoperando per evitare questo rischio. Dopo tutto la parola d’ordine è rinnovamento e poco importa se per il momento s’è fermato a Teano. Qui, per ora, ci sono Pirillo, Maiolo e il fantasma Arlacchi il 25 maggio sulle schede. E nessuno provi a lamentarsi se quel giorno, complice magari una bella e calda giornata di sole, le spiagge saranno prese d’assalto...
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Mezzoeuro Giochi di prestigio
Una poltrona per due Quando si parla di una poltrona da sindaco mentre si è ancora molto distanti dall’apertura delle urne vuol dire che c’è qualcosa che non torna. Forse se ne parla perché il sindaco traballa, vuole andar via, oppure sono in arrivo pestilenze per lui. O magari si riscalda la minestra elettorale per tenere a cottura un bacino di consensi, o degli interessi, che nel frattempo non possono andare a male. Altre vie non ce ne sono a meno che non ci si illuda che non ci sia altro di cui dibattere in una città come Cosenza e questa non sembra, ad onor del vero, la strada più razionalmente perseguibile. E allora andando per esclusioni conviene togliere subito di mezzo l’ipotesi che il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, abbia mandato segnali in giro di incipiente crollo del suo interregno. Non ci sta politicamente e tecnicamente l’evento e questo non vuol dire, per contro, che non ci siano magari temi su cui dibattere anche con evidente linea di malcontento in alcuni settori. Ma stringi stringi da qui a ipotizzare un cambio anticipato di leadership a palazzo dei Bruzi ce ne corre anche perché bisognerebbe poi capire chi nel centrodestra avrebbe convenienza oggi come oggi a mandare gambe all’aria un’amministrazione cosi strategica. Non certo il Nuovo centrodeMario Occhiuto stra, alleato di Forza Sopra, con Palazzo dei Bruzi sullo sfondo Italia in consiglio e Enzo Paolini e Nicola Adamo in giunta regionale. Gentile chissà che farebbe per mandare a casa Occhiuto ma non è questo il tempo e poi non avrebbe i numeri per farlo. L’Udc, se ancora esiste e vuol dire qualcosa in termini politici, è con la canna del gas ma è
All'improvviso, chissà poi perché, si riparla di Palazzo dei Bruzi. Riscalda i motori Enzo Paolini, candidato sconfitto da Mario Occhiuto nel 2011. La scadenza è lontana ma fa gola e c'è chi nutre le stesse ambizioni pur non potendole manifestare... un po’ tutto il centrodestra con formulazione alla calabrese a stare in ansia per quello che sarà. Gli equilibri e le postazioni di vero potere sono in piena lavorazione e certamente il partito di Berlusconi, che ha blindato gli Occhiuto, non è quello che se la passa più male in giro. Manca insomma la pallottola in canna alle motivazioni prettamente politiche per una crisi vera e propria al Comune di Cosenza e se si fa eccezione per un De Cicco di turno, che un giorno annuncia documenti di sfiducia e il giorno appresso li ritira, il resto dei consiglieri messi insieme non vanno oltre la pagina di spettacoli dalle cronache di città nei quotidiani. Poi ogni cosentino sa giudicare da solo se con l’amministrazione Occhiuto la qualità della vita a Cosenza è migliorata o peggiorata ma è presto per chiederglielo, le urne sono lontane. Sgombrato il campo dall’ipotesi che possa cadere il Comune da un giorno all’altro l’unica spiegazione accettabile che rimane in campo, a proposito del dibattito prematuro su candidati e programmi a sinistra, è quella di un bacino elettorale ben preciso da riscaldare. Da tenere a bagno maria, da non mandare a male. E la sinistra co-
sentina tradizionale è imbattibile in questo esercizio. Un comunicato di un consigliere, ovviamente di attacco nei confronti del sindaco. Un altro di un altro consigliere che tesse le lodi invece su quello che poteva essere un buon sindaco e invece non è stato. E un altro ancora che organizza una kermesse invitando l’unico (per ora) concorrente alle primarie del Pd per la presidenza della Regione. E il gioco è fatto. Anzi, per gran parte è rifatto se teniamo conto che si ritrovano sullo stesso palco Enzo Paolini e Mario Oliverio. Il primo è il grande sconfitto del 2011 ma è anche il cavallo della rivincita su cui giura voler puntare (questa volta senza incidenti e doppiezze) il Pd cosentino. Il secondo è l’unico candidato, attualmente, per le primarie del Pd per la presidenza della Regione. I due hanno anche viaggiato in coppia tre anni fa quando Paolini ha dovuto fronteggiare non solo il centrodestra di Occhiuto (poi vincente) ma anche una bella fetta del Pd cosentino che con Nicola Adamo decise di appoggiare prima Perugini e poi, al ballottaggio, il disinteresse. Questa almeno la versione ufficiale poi ognuno è stato in grado di farseli da solo i conti elettorali e di darsi le risposte che cercava. Fatto sta che Paolini quelle elezioni le ha perse, Perugini pareggiate e Occhiuto vinte e non ci risultano agli archivi lacrime del gruppo Adamo alla conta finale dei voti. Acqua passata, altri tempi. Oggi il Pd di Cosenza (almeno questo mostra) viaggia unito e compatto e riecco Enzo Paolini sullo stesso palco con Mario Oliverio. Ognuno con una sua competizione in testa ma con la stessa squadra alle spalle. A Oliverio poi, i motori elettorali, servono scaldati subito, è la sua probabilmente la prima corsa. A Paolini in seguito, con calma, sempreché non arrivino nel frattempo altre notizie, magari non proprio buone, su altri fronti. Ma il gruppo si mostra solido e questa volta pure con Nicola Adamo in prima fila. Con buona pace di chi voleva proprio lui, nel partito, tra i possibili candidati a sindaco per il dopo Occhiuto. Si saranno sbagliati e si dovranno ricredere. Oggi sono tutti con Paolini.
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Sabato 12 Aprile 2014
Il cerino che nessuno vuole Peppe Scopelliti non si ferma, non è consuetudine che fa parte del suo bagaglio quella di alzare il freno a mano. Forse non può, forse non ora, ma quel che è certo è che non si ferma e porterà a sbattere la “nave” del potere regionale. Lo scoglio si vede già. Non glielo tiene il cerino in mano ai dipartimenti, agli assessori, agli equilibri isterici delle sigle di partito. Non lo tiene neanche in mano il cerino al consiglio e a Franco Talarico che pure, anche a muso duro, lo ha più o meno supplicato fino all’altro ieri di rivedere i suoi convincimenti. E non lo tiene soprattutto alla famiglia Gentile, il cerino. La griffe che più di tutte le altre ha da rimetterci se il banco salta anticipatamente. Non è dato sapere a queste latitudini se Scopelliti ha mai giocato o gioca a poker ma la sua, in queste ore, è una mano azzardata assai, per certi aspetti persino disperata. Stacca la spina e va solo controcorrente lasciando che siano le briciole della Regione, in pezzi, a dare la cifra di quanto sta per accadere. Ma non se ne cura, né potrebbe, non è questo il momento. Questa è invece l’ora del durissimo e spietato braccio di ferro tra il suo destino politico e personale e quello delle istituzioni che ha fin qui rappresentato. Figure e ruoli intermedi non ne sono previsti in questa micidiale partita ma rischia di sbagliare chi prova a interpretarla solo dal lato, per così dire, romantico. Chi conosce da vicino la dinamiche tipiche dello Stretto sa bene che quando c’è da seguire le movenze di un reggino potente bisogna sempre prestare una doppia attenzione. Ci sono logiche che possono sfuggire a sensibilità di altre provenienze. Motivazioni, retroscena, “cambiali” da onorare come ebbe a dire con discreta fortuna letteraria Saverio Zavettieri non molti anni fa. Reggio ha dei “perché” che non sempre fanno quadrato con gli scenari propri della politica e così si rischia di perdersi nelle pratiche interpretative se non si conoscono tutti i dettagli. Anche quelli più inconfessabili. E così Peppe che non molla, che gioca d’orgoglio, che non si fa cuocere sulla brace delle convenienze dei partiti potrebbe in realtà essere il Peppe che in qualche modo, presto o tardi che sia, deve riprovarci. A tutti i costi. Perché nella sua personalissima e irripetibile performance politica precoce lungo lo Stretto non è prevista dagli scenografi la figura dell’uomo sazio e in pantofole, magari pure deluso, che si chiama fuori. Nel futuro di Scopelliti la politica (e la rappresentanza del potere e del consenso) o sarà quella di prima e quella di sempre, magari di più, o non sarà. O masticheranno insieme voti e illimitati euro o non se ne farà niente. La “medietà” non sarà di Scopelliti, lui dice che non la vuole ma probabilmente non gli sarà neanche consentita e la condanna in primo grado a sei anni in questo senso non è che il preludio di quanto gli può accadere se scende anche psicologicamente dal trono. È questa Reggio, e questi sono gli spermatozoi della consapevolezza che si porta appresso. Nel bene e purtroppo anche nel male. E questa è soprattutto la regnanza che ha conquistato nel 2010 rastrellando consensi in tutti gli ambienti, nessuno escluso. Difficile non dare risposte a tutte quelle “croci” sulle schede anche perché poi ce ne sono alcune che valgono molto di più, soprattutto a Reggio. Chi fugge da queste logiche rischia di non andare lontano se vuole intercettare le prossime mosse del governatore. E si perde tra convenienze di partito, mezzi ricatti improbabili, leggi di comodo da approvare. Come lo avessero scoperto solo oggi Scopelliti dopo quattro anni di convivenza sulla stessa nave. L’altra sera a Reggio, al cospetto dei pezzi da novanta del Nuovo centrodestra, la “sua” Reggio non c’era. Ai piedi del palco che doveva inorgo-
Il capitano spegne i motori Non ci sono gli elementi per paragonarlo a Schettino ma il governatore Scopelliti ormai non può più tornare indietro, né potrebbe. La "nave" della Regione deve andare a sbattere Non c'è, né poteva esserci, nessuna candidatura europea per lui. Ora dovrà essere di parola e si dimetterà lasciando col culo per aria dipartimenti e consiglio
Tonino Gentile Sopra, Peppe Scopelliti con Berlusconi
glirlo la città di Rtl, delle feste di notte sul lungomare, di Lele Mora e della Reggina Calcio in serie A gli ha voltato le spalle. S’è mostrata freddina, per non dire quasi indifferente. Qualcosa si è spezzato, qualcosa di brutto e di significativo è accaduto ma questo non vuol dire che sia diven-
tato irrimediabile il rapporto. Non è la condanna che lo ha reso antipatico ai suoi ma il dissesto e i tanti perché che ha lasciato sul campo, con o senza la sua diretta responsabilità. Sono queste le ferite che sanguinano. Né poteva arrivare l’altra sera, ove mai qualcuno ci avesse pensato, l’investitura europea in grande stile. Sarebbe arrivato Alfano per l’occasione che infatti se n’è guardato bene dal prendere l’aereo con Sacconi, Lupi e De Girolamo. Se fosse stato candidato proprio ora Scopelliti e peraltro capolista sarebbe passata la linea che nel Nuovo centrodestra devi prendere almeno 5 anni in primo grado per meritare una investitura del genere. Angelino avrebbe lasciato il fianco del giustizialismo non solo e non tanto al Pd (che non sempre se lo può permettere) ma persino a Forza Italia che a quel punto non è detto che non avrebbe candidato qualcuno (cosa che invece ora non avverrà lasciando campo libero a Gianpaolo Chiappetta). Non era praticabile la strada, per niente praticabile. Lo sapeva bene Alfano e lo sapeva lo stesso Scopelliti che ha giocato fintamente a rialzare la posta lasciando un po’ di speranze ai regnanti di Palazzo Alemanni. Non poteva andare così e ben altro è il disegno del presidente. Scopelliti vuole dimettersi, ora. E vuole farlo ovviamente prima che intervenga la sospensione della Severino quindi questione di una settimana o due al massimo. Perché se interviene la Severino il consiglio non si scioglie, trovano un vice e la Regione va avanti mentre lui finisce in congelatore e nel dimenticatoio sospeso per un anno e mezzo almeno. Così gli altri regnano e lui porta la croce. No, il giocattolo lo vuole rompere prima che sia troppo tardi e poco importa (e poco gliene importa) se in ballo ci sono anche provvedimenti importanti da portare all’incasso in consiglio così come in giunta. Non è l’ora dello statista, è l’ora del giocatore di poker cresciuto a contare assi lungo lo Stretto. Uno così la mano non la sa passare, forse non la può passare. Ad uno così Nico D’Ascola non avrà impiegato molto a spiegare che in Appello o magari in Cassazione tutto può essere ribaltato, ci sono persino le condizioni se rimangono queste le carte e non se aggiungono altre. Un anno, forse un anno e mezzo e il tavolo può essere capovolto. A quel punto se sei rimasto “leone” il lungomare ti rioffre facilmente un’altra grande chance, è nel dna. Se hai fatto il “coniglio” il treno non passa più. Anche gli “amici” ti dimenticano...
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Mezzoeuro Oltre il Campagnano ci si conta
Rende, tra misteri e avventure A Rende dopo il ritiro annunciato da Mario Toteda dalla corsa a sindaco, senza una valida motivazione se non inquietanti retroscena che per il momento è meglio tralasciare, le incertezze aumentano. E non potrebbe essere diversamente. Toteda, secondo le diverse interpretazioni che è stato possibile raccogliere, con la sua rinuncia ha scongiurato l’uscita di un manifesto dossier che avrebbe potuto danneggiare la sua campagna elettorale. Se questo è vero e se soprattutto gli argomenti eventualmente usati sul manifesto dossier sono a conoscenza preventiva di Toteda non è dato saperlo. Solo lui lo sa e i suoi eventuali “dossieranti”. I dubbi che restano nella popolazione in ogni caso sono tanti anche perché non ci sono spiegazioni plausibili e non si interrompe una discesa in campo dalla sera alla mattina. Il raggruppamento che sosteneva Toteda non ha ancora effettuato una nuova designazione ma sicuramente sta cercando il candidato giusto per poter continuare l’iniziativa intrapresa. Subito dopo il ritiro di Toteda ha annunciato la sua disponibilità a candidarsi, chiamando a raccolta intorno a sé la società civile, l’avvocato penalista Marcello Manna non solo per dare una scossa alla stagnazione delle forze politiche della città ma anche per dare una svolta ad una azione amministrativa vecchia e superata che ha lasciato un Comune indebitato e con le casse vuote. Non si esclude che la sua candidatura sia proposta e sostenuta da una serie di liste civiche e con il dialogo/confronto già avviato con le forze politiche esistenti. Per ora Manna ha ricevuto incoraggiamenti da Forza Italia con Jole Santelli in prima linea ma anche il Nuovo centrodestra ha offerto il sostegno alla sua candidatura. Il Movimento 5 stelle, in considerazione della fase di declino della città, pensa di poter raggiungere un risul-
È giallo sul ritiro improvviso e ingiustificato di Mario Toteda dalla corsa a sindaco C'è chi ipotizza che era pronto un dossier contro di lui. Nel frattempo il Pd, versione ufficiale, non sceglie e non scalda i cuori mentre il penalista Manna sperimenta una nuova strada
tato inaspettato che può andare dal 15 al 20%. Per il movimento di Orlandino Greco candidato a sindaco è stato designato l’ex assessore Luca Pizzini considerato una vera macchina da guerra dei voti. Rimane ferma l’organizzazione del Pd cosiddetto ufficiale che priva del supporto dei vecchi e navigati dirigenti socialisti sta dimostrando, giorno dopo giorno, litigiosità, improvvisazione, inesperienza, ma soprattutto incapacità a fare sintesi. È vero che nemmeno l’esperienza di Sandro Principe riesce a far quadrare i conti. Lo stesso si trova ormai con un ridotto gruppo di dirigenti superstiti e con un manipolo di giovani avventurieri senza scrupoli che pur di andare avanti sono disponibili a passare sul cadavere del proprio compagno di partito. È chiaro che in queste condizioni, con tutti i mugugni interni, diventa difficile poter scegliere il candidato a sindaco del Pd anche per lo stesso Principe. Resta in campo una rosa di candidati di tre nomi che va da Enrico Caterini a Franco Rubino, al dottore Pasquale Verre. Sicuramente 3 nomi illustri ma assolutamente sbiaditi al cospetto della città. Impalpabili, per non dire sconosciuti.
Da sinistra, Mario Toteda Sandro Principe e Marcello Manna Sopra, il Municipio di Rende
Ma vive anche di questo Rende nella sua versione post commissariamento. Una città che si specchia nel passato e nella disillusione del presente. E che quasi quasi ha cominciato ad apprezzare il lavoro ordinario del commissario. C’è qualcuno persino disposto a giurare che un minimo di disciplina, di ordine, di verde curato come ai bei tempi, di apparente tranquillità si respira tra le strade e nei palazzi del potere. Certamente più ora che nel corso delle recenti amministrazioni, quelle passate alla storia come il governo per interposta persona. Inutile sottolineare per conto di chi...
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Mezzoeuro Le eccellenze per sperare
Dieta mediterranea a rischio estinzione?
Marialaura Bonaccio
Giovanni De Gaetano
La storia ha sempre riservato molte sorprese per chi la guarda un po’ a fondo, e quella della medicina non fa eccezione, anzi. La Dieta mediterranea, bandiera del vivere, stendardo dell’italianità nel mondo, proclamata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è in realtà una scoperta americana. Nonostante per secoli sia stata praticata nei Paesi del bacino mediterraneo, fu un medico dell’esercito statunitense a scoprirne il potenziale benefico per la salute. Accadde in Italia, dove nel 1944 arrivò il medico e fisiologo Ancel Keys (che molti militari nel mondo potrebbero non avere in grande simpatia per avere inventato la leggendaria "Razione K"). L’esercito americano lo aveva mandato a studiare la dieta dei soldati stanziati in Italia. Lo colpì un fenomeno decisamente strano: in Italia, dove le persone avevano ben poco da mangiare a causa delle difficoltà del dopoguerra, la gente moriva molto meno di infarto rispetto ai ben nutriti americani. Dopo aver deciso di vivere in Italia, a Pioppi, nel Cilento, arrivò a ipotizzare un ruolo chiave dell’alimentazione nella protezione o nell’insorgenza dalle malattie cardiovascolari. Nacque così il leggendario Seven Countries Study, una ricerca che coinvolse 12.000 persone in Giappone, Stati Uniti, Yugoslavia, Grecia, Germania, Finlandia e Italia. Grazie ai risultati dello studio, Keys e il suo gruppo di collaboratori arrivarono ad elaborare quello che noi oggi conosciamo come stile di vita mediterraneo: un’alimentazione ricca di fibre, frutta, verdura, legumi e pesce, ma povera di grassi e di carne rossa. Decenni di ricerche successive hanno confermato questa prima ipotesi, fino a far diventare la Dieta mediterranea una raccomandazione assoluta per ridurre il rischio cardiovascolare. Eppure oggi la Dieta mediterranea è a serio rischio proprio nella terra dove ha dominato per secoli. Secondo le ricerche condotte dai ricercatori dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, sede del Progetto Molisani, uno studio condotto su quasi 25.000 persone proprio per esaminare i fattori in gioco nel determinare malattie croniche, le abitudini alimentari degli italiani si stanno muovendo in tutt’altra direzione. E prendono in prestito dagli americani, e dal Nord Europa in generale, le abitudini alimentari che Keys aveva messo al bando. Ma l’Italia sta già pagando il
Capirla a fondo per proteggerla Nell'Istituto Neuromed le ricerche su una delle armi più potenti per la salute, un'arma di cui si sta perdendo la memoria anche a causa della crisi economica prezzo, con l’evidente aumento dell’obesità tra i suoi cittadini, annuncio, se non profezia, di gravi malattie future, come quelle cardiovascolari ed i tumori. L’argomento è stato esaminato a fondo nel corso del recente congresso tenutosi al Neuromed su “Stili di vita e malattie croniche degenerative: focus sulla Dieta mediterranea”. E sul banco degli imputati è salita la crisi economica.
«La nostra prima ipotesi era basata su una constatazione piuttosto semplice - spiega Marialaura Bonaccio, primo autore di una ricerca proprio su questo argomento - e cioè l’idea che il rincaro dei prezzi dei prodotti alimentari e l’impoverimento progressivo della popolazione potessero spiegare il dilagante fenomeno di obesità che negli ultimi anni sta interessando soprattutto i Paesi del Mediterraneo, Italia su tutti. Abbiamo visto che le persone con un reddito basso seguono significativamente meno la dieta mediterranea rispetto invece a coloro che hanno una maggiore disponibilità economica. Dati che coincidono con un altro studio condotto recentemente in Spagna: per mangiare sano non basta solo la buona volontà ma serve anche un portafoglio adeguato». Chi vuole mangiare “mediterraneo”, insomma, deve spendere più denaro di chi invece opta per cibi che rientrano nel modello alimentare occidentale. Il risultato è una tavola con molti grassi, magari cibi pronti di poco costo e di facile preparazione. Ma non c’è molta frutta, e neanche verdura, pesce, legumi, tutti alimenti che possono incidere sulle finanze di una famiglia, e dai quali ci si separa. «Il risultato - dice il professor Giovanni de Gaetano direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed - è che nelle
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Sabato 12 Aprile 2014
Le eccellenze per sperare
Protezione per gli uomini
Gli antiossidanti della dieta mediterranea La dieta mediterranea, grazie alla sua ricchezza in verdure, frutta e oli vegetali, fornisce molti antiossidanti al nostro organismo. Ma non tutti i cibi sono uguali da questo punto di vista. Quindi una persona potrebbe seguire un’alimentazione sana, ma non assumere abbastanza antiossidanti. I ricercatori del Neuromed hanno raggruppato gli alimenti tipici dello stile alimentare mediterraneo in due categorie proprio da questo punto di vista. I più ricchi di antiossidanti sono le verdure a foglia larga, il pesce, i pomodori, gli agrumi, l’olio di oliva e le nocciole. Altri cibi, sempre considerati salutari, hanno un quantitativo di antiossidanti minore. Sono i legumi, la pasta, il latte o lo yogurt scremati, i funghi e la frutta diversa dagli agrumi. In base a questa divisione è stato possibile vedere, in particolare negli uomini, che coloro che consumano maggiormente gli alimenti più ricchi di antiossidanti hanno una pressione arteriosa più bassa ed un minore livello di infiammazione nell’organismo. Sono tutti indicatori di una maggiore protezione contro le malattie cardiovascolari come infarto o ictus cerebrale. Così, in quella che è già considerata una sana alimentazione, possiamo fare scelte ancora più precise, variando ciò che mettiamo in tavola proprio sulla base del suo contenuto in antiossidanti.
persone con basso reddito questo porta ad una prevalenza di obesità notevolmente più alta rispetto alle fasce benestanti. Tra i meno agiati, infatti, i problemi di peso riguardano il 36 percento, mentre osserviamo solo il 20 percento tra coloro che hanno maggiori risorse economiche Si tratta di un problema molto serio, che deve far riflettere non solo noi scienziati, ma soprattutto coloro che devono garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini, indipendentemente dallo stato sociale ed economico. Accumulare prove a sostegno dei benefici della dieta mediterranea non basta più ormai. Dobbiamo assicurarci che tutti possano effettivamente seguirla». “Bye bye mediterranean diet”, hanno titolato negli Stati Uniti. Un addio che potrebbe non essere irreversibile, ma bisogna rispondere rapidamente al campanello di allarme che è già suonato da un pezzo. Al Neuromed il gruppo del Progetto Molisani continuerà a studiare gli effetti sulla salute di questa specie di miracolo della tavola, nato dalla povertà e dalla fatica dei campi. L’obiettivo è cercare di riportare sulle tavole degli italiani quella che potrebbe rappresentare una delle armi più potenti contro le malattie cardiovascolari ed i tumori. «In Italia - continua de Gaetano - il costo sociale dell’obesità è stato stimato in circa 8 miliardi di euro all’anno, pari quasi al 7 percento della spesa pubblica. Sono le spese per le cure di chi si ammala anche a causa di stili alimentari scorretti. Se la dieta mediterranea sparisce dalle nostre tavole, significa che l’intero apparato sanitario rischia di doversi fare carico di un peso che potrebbe non essere in grado di sopportare». La ricerca su questi argomenti diventa così uno strumento per salvaguardare la salute. Ed è qualcosa che il Neuromed fa tra le persone. Qualcosa che questa volta non è chiuso in un laboratorio pieno di strumenti, ma è scienza da fare in quel laboratorio naturale che sono le case della gente, le città piccole e grandi, i paesini di montagna. Ancel Keys morì alla ragguardevole età di 101 anni. È inevitabile pensare alla sua casa di Pioppi, alla sua tavola così mediterranea, immerso nella vita che aveva scelto. Avrebbe mai pensato che proprio in Italia avrebbe visto declinare ciò che lui aveva scoperto con intelligenza e duro lavoro?
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Questione di pellaccia dura
Ancora una volta nell’arena L'indomito combattente continua la sua battaglia per la democrazia È cambiato tutto attorno a sé, ma Saverio Zavettieri mantiene intatto il suo entusiasmo e cerca di rilanciare ancora una volta il suo movimento In un panorama politico caotico alla ricerca di un nuovo equilibrio diventa un azzardo cercare di richiamarsi ad antichi valori e affilare le armi per combattere una battaglia il cui esito appare scontato. Saverio Zavettieri ci riprova, armato del suo indomabile coraggio, sostenuto da un ottimismo consapevole poiché ben conscio delle difficoltà che dovrà affrontare per non affondare definitivamente. La sua esperienza politica e il suo intuito lo hanno guidato in questi anni ad attraversare una palude ricca di insidie, con coccodrilli acquattati dietro ogni cespuglio. Un merito indiscutibile bisogna riconoscerglielo. Non si è mai contorniato di personaggio discutibili. Molti lo hanno abbandonato, si sono fatti trainare fino alle stanze del potere per poi scendere senza neanche ringraziare, ma la navicella riformista non è stata mai toccata da uragani giudiziari. Il consenso lo ha sempre cercato tra i compagni, i vecchi compagni che si sono persi per strada, che hanno cercato di mantenere la fede socialista tra le insidiose prateria di una destra di dubbia qualità morale, hanno tentato di salvare l’onore della bandiera perdendo qualche pezzo per strada. Non gli manca la lucidità di pensiero, l’esperienza politica, la visione prospettica della “riunione dei suoi Riformisti italiani” all’hotel San Francesco di Rende non poteva definirsi oceanica, ma qualificata. Vi era la presenza di numerosi dirigenti fra cui Metaponte, Gentile, Tucci, Ciancio, Bernaudo, Stefanelli pronti a rispolverare i vec-
chi stendardi per continuare una lotta antica. Lucida l’analisi della situazione politica attuale da parte di Zavettieri incentrata sulla spinta riformatore renziana e sulla drammatica situazione politica in cui è precipitata la Calabria con la condanna del governatore a sei anni di carcere. Un forte grido di allarme per le pseudo riforme renziane, che nascono più sull’onda populistica, su una rinnovata crociata antipolitica piuttosto che da una valutazione attenta dei reali problemi del Paese. Quello che è macroscopicamente evidente è la fuga dal confronto democratico, l’allergia per una reale partecipazione popolare alla scelta della rappresentanza. La legge sulla abolizione delle provincie, che già terminologicamente nasconde un vero e proprio imbroglio, poiché le province non vengono abolite, ma trasformate in organismi non elettivi, i cui rappresentanti verranno scelti dai partiti. Lo stesso avviene per la prospettata riforma del Senato, che rimarrà, ma anche in questo caso diventerà un’altra opportunità per i partiti di trovare onorevole collocazione per i protetti dalla casta. Per non parlare della legge elettorale che costituisce una offesa per l’intelligenza degli italiani, una palese inosservanza delle prescrizioni della Corte costituzionale, un attentato alla democrazia, l’ennesimo strumento per alimentare il meccanismo di “clientelismo democratico” per assicurare la sopravvivenza della casta al potere. Altrettanto netta la presa di posizione nei confronti del presidente Scopelliti, che nonostante le dichiarazioni pubbliche non ha ancora fatto chiarezza sul governo regionale, in bilico tra le sue dimissioni che provocherebbero elezioni immediate, e la sospensione, che consentirebbe di prolungare l’agonia di questa esperienza fino alla scadenza naturale della legislatura. Nel frattempo la sua indecisione ha impedito lo svolgimento delle elezioni a giugno di quest’anno, cedendo alle insistenze dei suoi consiglieri di voler rimandare il più tardi possibile il calvario delle elezioni. «Non vogliamo entrare nel merito delle decisioni adottate dalla magistratura, da veri garantisti aspettiamo il terzo grado di giudizio; ma colpisce il fatto che i giudici hanno condannato Scopelliti all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Pochi sono stati i casi di tale gravità. Tutto questo pone alla Calabria e alle forze politiche una serie di interrogativi. È sufficiente sostituire il governo di
Saverio Zavettieri
centro destra con un governo di centro sinistra? Quali sono i punti di rottura che bisogna operare nella gestione della cosa pubblica in Calabria? Si può continuare a sostenere una situazione della spesa pubblica regionale così inefficace e incongruente? Infine, quali sono i punti di forza dello sviluppo della Calabria?», ha dichiarato Zavettieri. «L’aspetto più preoccupante è costituito dall’assenza di qualsiasi dibattito sulle riforme annunciate, frutto dell’ennesimo accordo a tavolino tra due forze tra loro antitetiche, come il PD e Forza Italia; un accordo che mira a trovare una sintesi per la difesa dei propri interessi di bottega, indifferenti alle sorti del Paese, e alle reali esigenze dei cittadini». È seguito un dibattito interessante ed appassionato, che testimonia la partecipazione emotiva dei presenti ai grandi temi della politica regionale e nazionale. In particolare, sulla legge elettorale e sulla riforma del Senato il coordinamento ha denunciato la debolezza e la pericolosità della proposta di riforma che, senza il presidenzialismo, rischia di squilibrare il sistema costituzionale. Infatti, il capo dello Stato dovrebbe rimanere garante dell’unità del Paese, il Parlamento dovrà essere rappresentativo della Società Italiana ed il Governo dovrebbe essere efficiente, efficace e rapido nelle decisioni sulla base di distinte funzioni fra Camera e Senato entrambe ridotte nel numero ma da elette a suffragio universale. Alle prossime elezioni europee i riformisti saranno presenti con propri candidati, ospitati nelle liste di Forza Italia, solo nella circoscrizione del Centro e del Nord Est. Ma l’impegno più significativo e lo sforzo maggiore deve essere profuso proprio qui in Calabria, che, ultima tra le regioni d’Italia abbisogna di un profondo rinnovamento della propria classe dirigente per poter riprendere la via dello sviluppo. «Come concentrare forze e risorse? I riformisti sono pronti a discutere su scelte e precise modalità di intervento sperando che l’offerta politica delle forze maggiori sia all’altezza della situazione di crisi che vive la Calabria, aperti al dialogo senza pregiudiziali di schieramento, ma guardando alle reali novità e proposte programmatiche che verranno fuori nelle prossime settimane», ha concluso Zavettieri. o.p.
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Mezzoeuro Cosenza verso Bruxelles
Mentre la Commissione europea inchioda l’Italia sulla corruzione nell’ambito degli apparati statali nel rapporto con i privati, ci piace ricordare due figure che hanno fatto scuola, Andreatta e Bucci Il Rapporto della Commissione europea inchioda l’Italia sulla corruzione esistente nel nostro Paese nell’ambito degli apparati statali e pubblici nel rapporto con i privati. La denuncia parla di un danno arrecato allo Stato di sessanta miliardi di euro all’anno ed immaginiamo quante finanziarie si sa-
bientali di esercitare il loro servizio in autonomia e in rispetto del codice etico professionale dei giornalisti nell’esercizio di una funzione pubblica e, quindi, in equilibrio rispettoso del codice deontologico appartenente al dipendente pubblico. Guardando al passato, presente e futuro, questo comporta la costituzione di una task forza di comunicatori istituzionali presenti in ogni istituzione pubblica, coordinati dall’Authority della comunicazione nazionale, che utilizzando tutti i newmedia porta al cittadino/società ogni tipo d’informazione sulle attività di gestione politica ed amministrativa degli apparati pubblici e statali. Il concetto è che bisogna amare, rispettare e sostenere le istituzioni pubbliche attraverso un dialogo costante che può essere garantito dalla comunicazione e informazione interattiva avendo localmente nei media lo strumento di condivisione e partecipazione. Da Cosenza e dall’Università della Calabria, storicamente, fin dal 1971, grazie a due figure straordinarie, di uomini, docenti e dirigenti politici-amministrativi, quali Beniamino Andreatta e Pietro Bucci, in materia d’informazione istituzionale partecipata e diffusa, come di trasparenza, si è fatto scuola. Registrando un primato nazionale. Ci piace ricordare il pensiero del rettore, personale addetto, ad una chiara sentenza emaBeniamino Andreatta, che nel mese di dicembre nata dal giudice del lavoro del Tribunale di Roma 1971, nel salone di rappresentanza del Comune su costituzione e richiesta della Federazione nadi Cosenza, chiamato a presentare lo Statuto zionale della stampa. dell’Università dichiara che tutti gli atti amminiCombattere la corruzione e l’evasione fiscale atstrativi dovevano considerarsi pubblici e si impetraverso la trasparenza degli apparati pubblici è gnò nel realizzare un percorso di dialogo diretto possibile soltanto se vivono al loro interno valori con la società calabrese e con il Paese attraverso etici e morali da parte dei prestatori d’opera, dai media, attenti nel raccontare quanto stava accagli apicali al semplice bidello, e soprattutto un serdendo nella città e nell’area di Arcavacata con il vizio di comunicazione ed informazione istitusorgere della “cittadella universitaria”, fonte di cozionale libero e vero, non condizionato e vinconoscenza, cultura ed innovazione tecnologica, con lato dalle forme di potere che spesso nidificano al centro la valorizzazione dei giovani, il tutto lenelle figure di massima responsabilità politica ed gato ad un progetto di sviluppo e crescita econoamministrativa delle istituzioni pubbliche, pormica e sociale della regione. Cosa dire poi del rettando il valore della perdita economica per lo Stato tore, Pietro Bucci, che nel 1979 lancia lo slogan ai livelli denunciati, sia dalla Commissione euro“Arcavacata una casa di vetro” ed istituisce nel 1980 l’ufficio stampa dell’Ateneo, una novità in assoluto tra le Università pubbliche italiane, per dare informazioni sulle attività di gestione dell’ateneo in modo da garantirne la trasparenza ed il dialogo con il territorio. La corruzione, quindi, si combatte attraverso un recupero del valore morale ed etico all’interno del sistema lavorativo e poi con un senso civico necessario nell’esercizio di un rapporto di scambio tra domanda e dovere di esecuzione nel caso di una prestazione d’opera; mentre l’informazione e la comunicazione ne garantiscono la trasparenza visiva facendo superare le debolezze insite nel caBeniamino Andreatta in consiglio (di Cosenza) rattere delle persone e, quindi, del modo di Sopra, Pietro Bucci essere nell’esercizio di una funzione pubblica. L’uomo e lo Stato debbono comunicare per garantire efficienza, efficacia e traspapea che dalla nostra Corte dei Conti. renza, che se ben gestiti ne può derivare una ecoNel tempo si sono succeduti in materia di traspanomicità negli investimenti. Investire sull’inforrenza ed informazione al cittadino varie altre legmazione e guadagnare fortemente sulle perdite gi e normative di chiarimento con la costituzione derivanti dalla corruzione ed evasione fiscale può finanche dell’Authority della comunicazione e essere la sfida vincente per garantire a questo nol’obbligo di utilizzare i mezzi informatici con l’instro Paese: equità, solidità economica e sociale, troduzione degli avvisi di gare di appalto, bilangiustizia, sviluppo e crescita culturale, per non ci, retribuzione economica dei dirigenti e consuparlare di uno stato di serenità, vitale per una qualenti, fino ad arrivare alla legge 190/2012 e delità della vita. creti di attuazione che prevede la figura del diriIntanto da poche settimane si è insediata, su nogente anti corruzione; nonché il DL 14 marzo mina del Governo Renzi, la nuova Autorità anti2013, n° 33. corruzione nella persona del magistrato, Raffaele Una legge, la 190/2012, che si caratterizza piutCantone, uno dei più famosi pm anticamorra. tosto per un indirizzo repressivo, anziché guardaBasterà a mettere ordine in tale settore? È la sfire a forme di prevenzione, la quale può essere gada del nostro tempo di oggi e di sempre. Ai cittarantita solo e soltanto dall’informazione diretta ai dini liberi, puri di cuore e di buona volontà il commedia e quindi al cittadino/società ad opera degli pito e l’impegno di collaborare. operatori istituzionali degli uffici stampa, a conFranco Bartucci dizione che questi siano messi nelle situazioni am-
Lo schiaffo dell’Unical rebbero potute evitare e quante crisi del lavoro si sarebbero potute superare realizzando un Paese più equo, giusto e consapevole delle proprie azioni e funzioni. La corruzione, come l’evasione fiscale (un danno ancor più superiore, dicono le fonti attorno ai 160 miliardi di euro), lo sappiamo bene nel nostro Paese sono un fenomeno atavico emerso diffusamente e pubblicamente alla fine degli anni ottanta con l’inchiesta della magistratura, conosciuta e battezzata dai media come “tangentopoli”, che nel 1990 portò il governo del tempo ed il parlamento ad emanare la legge 241/90 in materia di diritto d’informazione al cittadino. Una legge che per la prima volta nel nostro Paese riconosceva e riconosce il valore della “trasparenza” degli atti amministrativi, quale valore essenziale e fondamentale per una buona amministrazione pubblica nel rapporto serio, schietto, onesto e sincero con il cittadino. Per dare seguito a questo rapporto si arriva a prevedere, attraverso il DL 29/1993, l’istituzione degli Urp (Uffici relazioni con il pubblico) negli enti pubblici/statali e successivamente, con la legge 150/2000, l’istituzione degli uffici stampa in forma facoltativa per sancire il diritto d’informazione al cittadino/società e la trasparenza dell’apparato pubblico. Leggi che mostrano la debolezza e la scarsa volontà dello Stato per la formula facoltativa indicata ed inapplicabilità nella stragrande maggioranza delle istituzioni, a seguito della mancata emanazione dei profili professionali e del contratto di lavoro destinato al personale preposto a tali servizi secondo gli appositi articoli previsti dalle leggi sopra richiamate, che creano, comunque, situazioni di disagio, squilibri, disuguaglianza di trattamento, disordine retributivo, scarsa attenzione e partecipazione nei processi di rinnovamento, mancanza di efficienza ed efficacia del lavoro nelle strutture pubbliche, in quanto mancano la tutela e le garanzie di diritto a favore del personale preposto in tale attività lavorativa d’informazione e comunicazione istituzionale, identificabile soprattutto negli uffici stampa. Un tale disordine che dura da ben quattordici anni per chiara responsabilità delle organizzazioni sindacali confederali Cgil, Cisl, Uil e l’Aran, l’agenzia statale preposta alla contrattazione nazionale, che non danno seguito, circa il contratto di lavoro e la descrizione dei profili professionali del
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Sabato 12 Aprile 2014
La Bcc Mediocrati rilancia con il microcredito Un invito ai giovani di cercare opportunità di impiego con la riscoperta della voglia di impresa trovando nella banca un concreto sostegno, piccolo ma indispensabile nella fase iniziale quando il margine di rischio è ancora molto elevato
Voglio restare 2.1 La Bcc Mediocrati è una delle poche banche locali che in Italia può vantare una concreta esperienza nel microcredito. Dopo una esperienza considerata molto positiva tanto per la capacità di creare occasioni di occupazione per i giovani, quanto per la buona riuscita del finanziamento. In un momento così delicato, quando incagli e sofferenza sono lievitate in maniera paurosa tanto da mettere a rischio la patrimonialità delle banche, le operazioni di microcredito si sono rivelate le meno vulnerabili perché la garanzia non è affidata ai valori immobiliari, ma dalla bontà dell’iniziativa e dall’impegno di onore dei giovani. L’andamento di tutti i rapporti bancari creati con il microcredito hanno un andamento soddisfacentemente regolare tanto che la stessa Mediocrati ha deciso di rilanciare con il programma ‘Voglio Restare 2.1’, che non è un semplice rifinanziamento del primo esperimento del genere messo in atto da alcuni anni, ma un restyling che, tenuto conto dell’esperienza acquisita, ha introdotto alcune innovazioni nella procedura, come l’intervento dell’Unionfidi, il cui presidente Renato Pastore, ha volentieri aderito all’invito del presidente della Mediocrati Nicola Paldino, di sostenere gli sforzi di creazione delle nuove iniziative giovanili con una garanzia fideiussoria. L’intervento dell’Unionfidi non è finalizzato a minimizzare il rischio della concessione, poiché per quanto detto i giovani sono ben intenzionati a difendere le loro iniziative e mantenere fede agli impegni. La maggiore garanzia consente alla banca di avere una maggiore capacità operativa, poiché i crediti garantiti incidono in misura minore sulla valutazione del portafoglio crediti e consentono quindi una maggiore capacità operativa e un aumento dell’importo massimo di ciascuna operazione. Il successo del microcredito nasce dal fatto che è un vestito su misura per i giovani e coloro che vogliano cimentarsi con i rischi imprenditoriali
Il microcredito cerca di superare entrambe queste difficoltà poiché costringe i giovani a costruire una propria ipotesi con un investimento limitato che consente di mantenere il controllo di tutto il ciclo di produzione e cercare di iniziare collocando i prodotti e servizi nel mercato locale, rimandando a un momento successivo l’espansione, quando gli stessi avranno consolidata l’esperienza imprenditoriale e la conoscenza del mercato di sbocco. Il rilancio del microcredito è una buona notizia per i giovani calabresi che non si rassegnano all’idea di dover abbandonare la propria terra per andare a vivere altrove. Bcc Mediocrati e Unionfidi Calabria rilanciano con l’obiettivo di irrobustire uno strumento utile ai giovani che vogliono creare qui il loro futuro.
Nicola Paldino
mantenendo il controllo della propria attività. I numerosi studi condotti sui fallimenti degli investimenti agevolati hanno dimostrato che la maggioranza di queste operazioni sono fallite per l’incapacità di gestire processi complessi senza la dovuta esperienza e la difficoltà di trovare un mercato adeguato per raggiungere il break-even point. Entrambe queste difficoltà sono legate alla dimensione dei progetti che finiscono per sconvolgere i piani finanziari costruiti su ipotesi irrealistiche.
‘Voglio Restare’ è un programma di microcredito che presenta tutte le caratteristiche previste all’art. 111 nel nuovo Testo Unico bancario, comprese le attività di consulenza e tutoraggio. Ai soggetti finanziati, con il supporto di Unionfidi, la Bcc Mediocrati concederà i prestiti senza richiedere garanzie e applicando un tasso agevolato. Questo consente ai giovani di avere un completo controllo della propria azienda e di programmare l’espansione calibrando la dimensione dell’azienda all’evoluzione economica, che presenta degli spiragli di miglioramento che vanno sostenuti ed alimentati. La stessa banca ha individuato i settori che presentano delle interessanti prospettive di crescita e trovano un humus adeguato nella regione. I progetti devono riguardare attività nei seguenti settori: agricoltura, artigianato d’eccellenza, information technology e turismo. Le iniziative dovranno essere localizzate in uno dei comuni di operatività della Bcc Mediocrati, nei quali i soggetti richiedenti il prestito devono risultare residenti al 1° gennaio 2014.
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Può scorrere tutto liscio di Giovanni Perri*
La fitodepurazione è uno strumento alternativo ed innovativo per il trattamento dei reflui derivanti da acque piovane, da scarichi fognari ed in genere da acque bianche e sporche. Essa è un valido mezzo a basso impatto ambientale, caratterizzato da ridotti costi di impianto e di gestione rispetto agli impianti tradizionali di trattamento di depurazione delle acque reflue prima che vengano scaricate nei fossi di scolo, nei reticoli fluviali e in nei corsi d’acqua. Il funzionamento di un impianto di fitodepurazione è basato sul concetto di coltura idroponica: le piante si nutrono, fra l’altro, con l’azoto, fosforo e potassio ed altri microelementi contenuti nelle acque reflue da depurare. Rispetto a un impianto tradizionale tecnologico di depurazione delle acque, non vi sono opere in cemento, né tanto meno il rischio che l’impianto si blocchi per cause dovute al malfunzionamento di pale di areazione o altri organi meccanici, così pure le acque in uscita dall’impianto caratterizzate da cattivi odori. Tali interventi risultano efficaci ai fini della riqualificazione delle aree urbane e periurbane per risolvere il problema dell’inquinamento delle acque nei canali e dei fossi di scolo, dove negli ultimi decenni i processi di abbandono e di degrado ambientale richiedono interventi di risanamento e di efficacia depurativa per la tutela e la qualità del territorio e dell’ambiente. Con la fitodepurazione semi-naturale, il consumo di energia elettrica è scarso o nullo nel caso di alimentazione a gravità, poiché i relativi processi biologici avvengono con consumi energetici provenienti da fonti energetiche rinnovabili solari che rispondono abbastanza bene, soprattutto sotto l’ottica ambientale ed ecologica. Sono interventi utili, soprattutto nelle zone umide ed a ridosso dei fossi e canali di scolo, caratterizzate da acque sporche ed inquinate che vanno ad alimentare i corsi d’acqua (fiumi, torrenti ecc.). Trattasi di aree, caratterizzate anche da scelte urbanistiche non sempre sostenibili, dove spesso sono sorte strutture produttive, con evidenti effetti
Non perdiamoci in un bicchiere d’acqua Uno strumento alternativo per il trattamento dei reflui derivanti da acque piovane, da scarichi fognari ed in generale da acque bianche o sporche, è la fitodepurazione inquinanti e devastanti dal punto di vista visivo, igienico, paesaggistico ed ambientale. Risulta altresì conveniente l’assenza o la modesta presenza di apparecchiature meccaniche ed altrettanto adeguato l’annullamento dei costi relativi alle operazioni di smaltimento di prodotti di risulta derivanti dai processi depurativi, come negli impianti tradizionali, unitamente all’ulteriore vantaggio di riduzione dei costi relativi riguardanti la manutenzione in termini di impiego di manodopera e consumi energetici Con gli interventi fitodepurativi naturali e seminaturali, è anche possibile la rinaturalizzazione dei canali mediante l’impiego di appropriati interventi vegetazionali, al fine di favorire il disinquinamento delle risorse idriche in generale per essere restituite alle attività agricole, industriali,economiche e produttive. I fossi di scolo svolgono un ruolo preciso ed importante nell’ecosistema urbano e perturbano, anche per meglio controllare ed eliminare fonti di inquinamento derivanti da tante piccole discari-
che abusive o non controllate, al fine di tutelare e salvaguardare le potenzialità ambientali ed ecologiche legate alla biodivesrsità e alla funzionalità dei corsi d’acqua e degli ambiti fluviali in generale. Gli interventi di recupero dei canali inquinanti attraverso la fitodepurazione consentono, in definitiva, di migliorare la qualità delle acque, abbattendo notevolmente i forti carichi inquinanti e rendendo fruibili le stesse acque dei fiumi e dei torrenti agli operatori e ai cittadini per l’esercizio dell’agricoltura, della pesca ed altre attività economiche e produttive. Per tali ragioni gli interventi depurativi devono essere inseriti nei programmi urbanistici per la politica di riqualificazione territoriale ed urbana, atteso che queste azioni, soprattutto nella zone umide consentono di abbattere le sostanze inquinanti contenute nella acque superficiali e reflue con la stessa efficienza ed efficacia correttivi degli impianti tradizionali. Da sottolineare infine che detti sistemi, rispetto a quelli tradizionali, presentano un minore impatto ambientale, sostenibili dal punto di vista energetico poiché potenzialmente vantaggiosi ed economici per il consumo di fonti energetiche meno costose e, peraltro, sostenibile come quella solare. La fitodepurazione può considerarsi pertanto come gestione integrata, poiché può fungere contemporaneamente come tecnica depurativa delle acque inquinate e nel contempo riqualificare il territorio e recuperare aree abbandonate e degradate, in primis dal punto di vista ambientale ed ecologico. * dottore agronomo agronomogperri@virgilio.it
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