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numero 15 - Anno 12 Sabato 13 Aprile 2013
settimanale d’informazione regionale
Voce Vandana Shiva, come ai giovani far pace con la terra www. mezzoeuro.it
Inchiesta rimborsi, solo una piccola pausa
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Il legno storto
Quel che il Sud non deve aspettarsi da altri Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
Ediratio editore Direttore responsabile Domenico Martelli Registrazione Tribunale di Cosenza n°639 del 30/09/1999 Redazione e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza Responsabile settore economia Oreste Parise Progetto e realizzazione grafica Maurizio Noto telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e-mail: ediratio@tiscali.it Stampa Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Diffusione Media Service di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Internet relations N2B Rende Iscritto a: Unione Stampa Periodica Italiana
n. 12427
Un Sud che pensi al Sud senza entrare in competizione con l’altra parte del Paese, senza ritenere di voler vivere «sulle spalle della Italia che produce», senza dovere attendere la manna dal cielo buscandosi i solenni rimproveri di essere parassitario; un Sud che si dia da sé almeno quelle qualità e prerogative necessarie per fare dei balzi in avanti nella crescita civile, culturale, economica, che insomma acquisti abiti di maturazione del suo tessuto sociale tutto intero, premessa necessaria per competere alla pari con quel Nord che lo trafigge continuamente con i suoi titoli di area progredita ed avanzata. C’è un “teorema meridionale” di cui Gianfranco Viesti (“Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce. Falso”, Laterza 2013), autore tra l’altro del noto “Abolire il Mezzogiorno” (2003), vuole dimostrare la intrinseca falsità. I termini di tale pseudo-argomentazione sono i seguenti: il Sud rallenta e blocca lo sviluppo dell’Italia, le sue regioni assorbono risorse che sprecano, dilapidate da politici corrotti e organizzazioni criminali;in questo ha un peso la “diversità dei meridionali” privi di senso civico, familisti, con una storia e cultura “a sé”. Viesti smonta uno a uno tutti i passaggi di un ragionamento che si alimenta in gran parte di luoghi comuni, del solito “pregiudizio antimeridionale” di cui, recentemente, nel ricostruirne una documentata storia , un ottimo storico, Antonino De Francesco (“La palla al piede”, Feltrinelli, 2012) ha fatto giustizia demolendolo in lungo e in largo
di Franco Crispini
Per parte sua, Viesti, riconoscendo quanto può esservi di obiettivamente fondato in tanti modi con cui tirano avanti le regioni meridionali con le loro evidenti, innegabili anomalie e disfunzioni, smonta abbastanza convincentemente però la supposizione che se ne fa discendere di un Sud che succhia il sangue al Paese migliore, a quello che sa andare avanti contando sulle proprie forze e le sue “immateriali” doti. L’ultimo tratto dell’accusa che viene dal tribunale implacabile dove viene spesso portato il Mezzogiorno, si riassume nel capitoletto finale (10) del libro di Viesti: “I meridionali non hanno cultura, senso civico, capitale sociale”, ed è un attacco cui si deve saper rispondere ma non nella forma di una difesa risentita e incaponita. Se si possono far cadere con una qualche facilità i maggiori capi di accusa assieme ai dati su cui si fondano, bisogna però non volere ad ogni costo mettere il capo sotto la sabbia (il famoso “struzzismo” di cui si è detto molto): è bene che i meridionali ammettano che c’è da liberare molte energie per non restare schiacciati sotto le proprie colpe, i propri atavici difetti, tutto quello che gli altri presentano come una inferiorità che mette i territori meridionali in uno stato di sudditanza e di dipendenza dall’altra parte del Paese. C’è una difettività profonda di mentalità di costume di cultura e dobbiamo francamente riconoscerlo, Non dipende certo da noi una infame condizione geofisica, una incuria storica dello Stato nazionale, e nemmeno è addebitabile ai meridionali la lentezza di uno sviluppo che ha sempre avuto scarsi incentivi. Per non essere sulle «spalle dell’Italia che produce», il Sud deve metter mano ad un cambiamento dei propri regimi di vita, ad una rigenerazione di tutto il tessuto sociale, senza cui è costretto a vivere una vita parassitaria. Cultura, mentalità, socialità, civismo, legalità, qualità della politica, chi può promuovere questi beni, chi può darli al Sud, chi può accrescerli e tutelarli? Vi sono valori e beni che il Mezzogiorno non può aspettare di riceverli da chi sa chi, deve porli alla base del vivere civile, deve difenderli anche con i forconi quando vengono minacciati, e ciò purtroppo accade continuamente. Un terreno propizio per la crescita economica che certo deve avere tanti altri elementi di stimolo, è quello che si crea proprio quando si rafforzano le “condizioni immateriali” assai carenti nel Mezzogiorno per quell’infame “blocco radicale” di mafie, economia e politica, un Sud sempre vigile su se stesso, sempre pronto a smascherare tutte le forme di inganni che vengono usate per tenerlo prigioniero delle sue arretratezze (talune incolpevoli): questa dovrebbe essere l’insegna di un autentico movimento di rinascita.
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Sabato 13 Aprile 2013
Arrivano, arrivano
I nomi in settimana Erano attesi per l'inizio della scorsa settimana gli avvisi di garanzia ai consiglieri regionali (10) e almeno ad altrettanti funzionari e amministrativi che operano all'interno dei gruppi. Almeno di questo erano convinti gli inquirenti che hanno il quadro degli indagati ben saldo e che sono pronti anche contestualmente a emettere avvisi a comparire. Poi probabilmente qualche passaggio formale in un primo momento sottovalutato o il concomitante arrivo negli uffici di Reggio del nuovo procuratore capo Cafiero De Raho, che potrebbe a risonanza mediatica acquisita aver chiesto lumi più precisi proprio sull'inchiesta di cui è titolare Ottavio Sferlazza, hanno congiuntamente costretto i magistrati a ritardare la consegna degli avvisi alla settimana che sta per entrare, la prossima ovviamente. Da qui l'improvviso e anche inspiegabile silenzio che è piombato sulla faccenda, ci riferiamo naturalmente anche a quello mediatico che per primo aveva sollevato il caso. Un'inchiesta che non aveva faticato molto a penetrare con incisività in tutti i principali circuiti comunicativi (grazie ad alcune caratteristiche particolarmente gradite all'appetito dell'antipolitica) e che invece, più o meno sorprendentemente, è sparita di scena in pochi giorni. Sulla tempistica e sulle modalità dei prossimi passaggi giudiziari gli inquirenti si mostrano convinti come prima su come andranno le cose. Forse anche di più. Consegna certa in settimana entrante degli avvisi di garanzia,
Spese allegre in consiglio regionale, l'arrivo del nuovo procuratore capo di Reggio ha forse rallentato (ma solo di qualche giorno) la consegna degli avvisi di garanzia e la contestuale diffusione dei nomi degli indagati contestuale invito a comparire e primi immediati interrogatori. Ovviamente il tutto con la contemporanea divulgazione mediatica degli indagati che, ribadiamo, non corrispondono assolutamente a quei nomi che il quotidiano "l'Unità" ha fatto circolare in un primo momento.
Ottavio Sferlazza e Cafiero De Raho (a sinistra)
Un minuto dopo si aprirà probabilmente la seconda e più succosa delle partite giudiziarie, e cioè proprio l'esegesi delle risposte degli indagati. Col passare delle ore si è andato infatti complicando lo scenario che riguarda i 500mila euro circa che sono letteralmente spariti dalla contabilità dei gruppi, quelli cioè spesi senza nessuna pezza giustificativa. Su questa parte dell'inchiesta il "sale" mediatico dell'antipolitica s'è concentrato poco perché poco attraente all'apparenza. Non c'è gratta e vinci (se mai c'è stato) e non c'è lap dance (se mai c'è stata pure questa). Ma a differenza del peculato e del concorso in peculato, reati che si configurano per i soldi spesi male e impropriamente dai partiti, nel caso della sparizione di 500 e più mila euro è il reato di truffa ad ergersi sullo sfondo con tutto quello che questo significa. E proprio gli interrogatori della prossima settimana diranno una parola di più su questa parte dell'inchiesta che sta crescendo esponenzialmente. Una cena di troppo, con ricevuta stravagante, fa scena. Un malloppo che sparisce senza un foglio di carta è tutta un'altra faccenda. Come una rapina a volto scoperto.
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Sabato 13 Aprile 2013
Tu chiamale se vuoi tentazioni
Il valzer d’Aspromonte
Chi in queste ore immagina o va sperando che Scopelliti sia preoccupato o peggio contrariato dalla nomination di Occhiuto potrebbe aver fatto male i suoi conti. E in politica si sa che gli errori, sia pure di valutazione, possono risultare fatali poi a una rilettura post mortem della faccenda. Il governatore potrà anche aver fatto capire ai suoi che d’improvviso gli è piombata la “cambiale” Occhiuto nello scadenziario ma se lo ha fatto, e qualcuno senza dirlo lascia intendere che lo ha fatto, gli è cresciuto il naso. Ha recitato, e bene, sapendo di recitare. Se analizziamo infatti gli eventi senza dover partecipare delle ansie di chi dalla Regione rischia di essere sbattuto fuori o di non entrare mai nella stanza dei bottoni il quadro è meno complicato di quanto sembri. Quel posto, del posto di Stillitani stiamo parlando, tocca all’Udc perché se così non dovesse essere, e non sarà così, salta il patto ad personam che il presidente ha dall’inizio con Trematerra senior. Solo loro sanno perché ma è così, il patto c’è e lo sanno tutti. È dell’Udc quel posto insomma e fintanto che ognuno si cura la sua ditta non ci sono intromissioni. Ora quel posto Pierferdinando Casini ha chiesto direttamente a Scopelliti che venga dato a Roberto Occhiuto, il grande escluso dal gioco parlamentare. Dopo averlo chiesto a Scopelliti lo ha poi notificato a suoi di Calabria e per sintetizzare in tempi di crisi costi e trasferte lo ha consegnato in busta solo a Trematerra junior a Roma. Tanto è lo stesso avrà pensato perché oggi come oggi a tutto possono essere interessati i Trematerra family tranne che a lasciare tropo scontento fuori dal campo Roberto Occhiuto. Mai come oggi non gli conviene e per svariate ragioni che magari analizzeremo successivamente. Completato l’asse della comunicazione Casini ha ritenuto chiusa la faccenda a meno che non si creda alla storia che vale la promessa fatta in precedenza agli appassionati della territorialità e a Dattolo in persona, figura magari nota in casa nostra ma che a Casini potrà istintivamente ricordare più uno dei sette nani che un aspirante problema da risolvere. Detto questo è poi toccato a Cesa timbrare la faccenda, spalmare la cosa sul posto. Per questo tipo di faccende Cesa è l’uomo ideale, non sbaglia una mossa e non si spieghe-
A Scopelliti tutto sommato non dispiace l'idea di portare in giunta Roberto Occhiuto, sempreché convenga all'interessato. Chiuderebbe un cerchio e si priverebbe di un potenziale avversario E in più sistemerebbe altre rogne. In ansia le griffe di Galati e Gentile e le aspirazioni (necessarie) di Demetrio Arena Se tutto si mette male se la giocano a carte (per uscire) Mario Caligiuri e Giacomo Mancini rebbe diversamente come possa sennò tornare parlamentare da una terra come la nostra che in passato per la verità qualche rogna gliel’ha riservata, anche giudiziaria. In ogni caso questo, piaccia o no, è il quadro d’ensemble dell’Udc. Poi ognuno è libero di ritenere che magari Gallo o Dattolo siano in grado di cambiare i progetti e turbare i sonni di Casini, la fantasia è bella per questo. La pratica insomma sembrava chiusa anche se è tutta da valutare l’opportunità dello stesso Occhiuto di prendere parte ad un governo regionale quando magari tra qualche mese si potreb-
Beppe Scopelliti, Nei riquadri, da sinistra: Pino Galati Demetrio Arena Mario Caligiuri
bero riaprire strade nazionali molto più tranquillizzanti. Ma tant’è. Ad ogni buon conto il tutto all’improvviso è stato rinviato di qualche giorno perché altre e di altra natura sono le ansie progressivamente venute fuori da dentro la pancia del principale partito di governo che regge Scopelliti. Ansie che, strano ma vero, si autoturbano il sonno al richiamo di Roberto Occhiuto in giunta. Si agita ad esempio Pino Galati, o almeno questo lascia intendere. Non è dato sapere il vero motivo, la sua corrente è molto forte in squadra e un eventuale e ulteriore rafforzamento poco dipende dalla poltrona dell’Udc. Eppure si agita così come non dovrebbe aver stappato le migliori bottiglie che ha in frigo Tonino Gentile all’apprendere della notizia. Perché? Perché questi smottamenti sotto il terreno? Quali assi, quali blocchi di potere smuoverebbe un cambio di poltrone tutto interno all’Udc? Certo chi si agita potrebbe aver prestato poca sensibilità alle movenze del governatore Scopelliti. Che due più due lo avrà già fatto in mente sua. Se Casini lo ha chiamato, e se Casini è soprattutto quello dell’ultima intervista rilasciata al Corriere, Casini è e sarà anche quello che rientrerà ben presto nell’emisfero del centrodestra nazionale, quello ufficiale per intenderci. E proprio lui, Scopelliti, passerebbe per pioniere essendo forse l’unico che anche nei momenti peggiori è sempre andato dicendo che la formula magica del potere che verrà non potrà prescindere dall’asse Pdl-centristi. Ne ha sempre parlato quasi volesse esportare il suo di modello alla calabrese. Non basta questo, a convincere i più distratti, Scopelliti con Occhiuto dentro guadagnerebbe un alleato e si toglierebbe davanti un potenziale problema per il futuro, dentro o fuori il centrodestra. Sarà per questo che chi conosce bene Scopelliti, ma qui siamo ai piedi dell’Aspromonte, sta già facendo conti e scongiuri in attesa del valzer. È il caso di Demi Arena, il suo Demi. Il Demi che deve entrare in qualche modo. Doveva essere il quarto tecnico dentro ma se entra Occhiuto si deve trovare un’alchimia. Oppure uno che c’è già deve uscire magari giocandosela a carte, così per non creare nuovi nemici. Una partita a due, secca. Il mazzo pare sia stato già scartato, ove mai dovesse servire. Mario Caligiuri mischia. A Giacomo Mancini la prima mossa...
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Sabato 13 Aprile 2013
Eppure è ancora stagione delle regole
Indietro non si torna Indietro non si torna. I congressi, provinciale e regionale, seguiranno il loro iter. Parola del commissario regionale del Partito democratico, il deputato Alfredo D’Attorre, che ha illustrato il regolamento per l’elezione del segretario dell’assemblea regionale e dei segretari delle assemblee provinciali (che sono consultabili on line sul sito del Pd, www.pdcalabria.net), congressi che si svolgeranno tra la fine di aprile ed il 12 maggio i primi ed ai quali potranno votare gli iscritti al partito. Per il 16 giugno è fissata la data delle primarie per la scelta del segretario regionale alla quale concorreranno gli elettori del Pd che si sono iscritti negli elenchi delle primarie fatte il 25 novembre scorso e coloro che si iscriveranno per il nuovo appuntamento direttamente ai seggi. Si parte con i congressi provinciali. Il primo step è fissato al 27 aprile, giorno di scadenza per la presentazione delle candidature a segretario provinciale. Sabato 4 e domenica 5 maggio si terranno le assemblee di circolo per il voto sui segretari e sulle liste a loro collegate. L’11 e il 12 maggio sono previsti gli eventuali ballottaggi. «Questi congressi sono un’opportunità per completare la ricostruzione democratica del partito, come avevamo annunciato già prima delle elezioni. Quindi, dopo i congressi di circolo e cittadini, adesso si faranno i congressi provinciali e poi il congresso regionale - ha affermato D’Attorre -. Lo svolgimento dei congressi, rappresenta l’occasione per dare un gruppo dirigente forte, rinnovato ed autonomo al Pd provinciale e regionale e anche per mettere questo partito all’ascolto di una fortissima sofferenza sociale che il risultato elettorale ci ha consegnato e che non avevamo colto. Quindi, io immagino dei congressi di umiltà, di curiosità. Congressi che chiamano tutti a mettersi in gioco, in cui apriamo le nostre porte e finestre e facciamo entrare anche quelle energie che non siamo riusciti ad intercettare in campagna elettorale. Un partito umile, un partito curioso, un partito che mette l’orecchio a terra e ragiona su come rendersi di nuovo utile per la società calabrese». Il commissario regionale democrat è intervenuto anche in merito all’inchiesta della guardia di Finanza sui falsi rimborsi dei gruppi e consiglieri regionali. «Vedremo come si concluderà l’inchiesta e quali responsabilità penali ed individuali emergeranno. Se dovessero essere confermate le voci giornalistiche di questi giorni - ha aggiunto - è chiaro che ci troveremmo di fronte a comportamenti di inaudita gravità. Più in generale io penso che forse bisognava procedere ancora prima a ridurre le spese di funzionamento del consiglio regionale. La reazione popolare di queste ore ci dice che le persone non sono più disposte ad avere l’idea di una politica che ha consuma tante risorse e che poi non produce risultati. Questo è un messaggio di fondo. Abbiamo bisogno di una politica francescana. Adesso c’é stata una riforma che ha ridotto drasticamente i contributi ai gruppi. Dobbiamo procedere su questa strada, altrimenti non ricostruiamo una credibilità della politica in Italia e nel Sud».
Schiarita o meno sul piano nazionale, fatta sempre salva l'ipotesi di un possibile ritorno alle urne per il Paese prima di andare al mare (ipotesi questa che cancellerebbe ogni organizzazione "local") il Pd di Calabria ormai ha deciso: saranno congressi tra la fine di aprile e il 16 giugno Si parte con quelli provinciali "chiusi" e si finisce con quello regionale "aperto"
«Per il Pd - ha poi sostenuto D’Attorre - i bilanci regionali sono sottoposti al controllo di una società di revisione esterna, così come per il bilancio nazionale ed è tutto pubblicato online. Per quanto riguarda il bilancio del gruppo regionale, c’é un rendiconto curato da un commercialista, che mi dicono essere molto rigoroso, che è in grado di render conto delle singole spese. Credo che obiettivamente sino all’anno scorso, pur in presenza di un controllo rigoroso, sul piano regionale c’era a disposizione dei gruppi una quantità di risorse difficili da giustificare. Quest’anno c’é stata una riforma nazionale e questi contributi sono stati drasticamente ridotti. Quindi, credo che dobbiamo distinguere due lati. Quello delle responsabilità individuali, se ci sono state e da quello che mi dicono per quanto riguarda il gruppo del Pd è stato tutto rendicontato in maniera assolutamente rigorosa e cristallina sino all’ultimo euro. Questo mi è stato riferito ed assicurato. Se, poi, dovessero emergere gravi responsabilità di consiglieri del Pd, è chiaro che scatterebbero le misure previste dal codice etico: sospensione dal Partito e del gruppo consiliare». Per il commissario regionale del Pd, infine, accanto all’aspetto penale «c’è un problema più generale ed è che la gente reagisce così perché percepisce che comunque, probabilmente, attorno al consiglio regionale c’era una quantità di risorse difficili da giustificare rispetto alla situazione economica della Calabria. Ecco perché è stato giusto ridurle drasticamente su impulso del governo nazionale e forse sarebbe stato giusto anche provvedere prima e più tempestivamente».
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Sabato 13 Aprile 2013
Eppure è ancora stagione delle regole
Per non dimenticare
Ecco il regolamento Le candidature alla carica di Segretario regionale e le relative linee politicoprogrammatiche devono essere depositate dalle ore 10 alle ore 20 di sabato 25 maggio 2013 alla commissione regionale, presso la sede dell'Unione regionale Pd della Calabria. Le candidature alla carica di Segretario debbono essere sottoscritte da almeno 300 iscritti compresi nell'Anagrafe regionale 2012. Le commissioni provinciali e la commissione regionale per il congresso nominate nel 2012 sono integrate dal commissario regionale, ove necessario, sulla base di criteri di pluralismo. Nella fase di elezione del segretario e dell'assemblea regionale (25 maggio22 giugno 2013), le commissioni provinciali e la commissione regionale sono altresì integrate da un rappresentante indicato da ciascun candidato alla segreteria regionale. Il ruolo di componente di una commissione per il congresso provinciale o regionale è incompatibile con quello di candidato/a alla segreteria regionale. Le commissioni provinciali provvedono alla certificazione dell'Anagrafe degli iscritti 2012. Le commissioni provinciali provvedono a inserire nell'Anagrafe dei rispettivi circoli di appartenenza gli iscritti ai Giovani democratici che nel modulo di iscrizione 2012 abbiano fatto richiesta di adesione al partito. Per poter esercitare il diritto di voto gli iscritti compresi nell'Anagrafe 2012 devono rinnovare l'iscrizione per il 2013 entro la data di svolgimento dell'Assemblea di circolo. Il rinnovo dell'iscrizione per il 2013 è condizione per l'esercizio del diritto di voto anche per i Giovani democratici compresi nell'Anagrafe del 2012. I nuovi iscritti 2013 possono essere candidati ed eletti negli organismi, ma non esercitano il diritto di voto. La commissione regionale cura la diffusione delle linee politico-programmatiche dei candidati e assicura condizioni di pari opportunità a tutte le candidature. L'ordine di presentazione delle candidature sarà assunto anche come ordine di illustrazione delle candidature stesse nel corso delle Assemblee di circolo. Le Assemblee di circolo per il voto sui candidati alla segreteria regionale vengono indette d'intesa con la relativa Commissione provinciale e si svolgono nelle giornate di sabato 1 e domenica 2 giugno 2013. II voto degli iscritti per il segretario regionale si esprime in forma personale, diretta e segreta sulla scheda predisposta dalla commissione regionale per il congresso.
teria regionale ammessi alla competizione aperta agli elettori. Le liste devono essere presentate entro le ore 20 di giovedì 6 giugno alla Commissione regionale, presso la sede dell'Unione regionale Pd della Calabria.
La delimitazione territoriale dei collegi per l'elezione dell'assemblea regionale e la ripartizione dei componenti tra i collegi è determinata entro sabato 18 maggio 2013 dalla commissione regionale per il congresso. La delimitazione territoriale dei collegi avviene su base provinciale o sub-provinciale per le province più grandi. I componenti dell'Assemblea sono ripartiti tra i collegi per il 50% in riferimento alla popolazione e per il 50% in riferimento ai voti ottenuti dal Pd alle ultime elezioni politiche alla Camera nel rispettivo ambito territoriale di riferimento. In ciascun collegio possono essere presentate una o più liste di candidati all'assemblea regionale collegate a ciascun candidato alla carica di segretario regionale. Le liste devono essere sottoscritte da almeno 50 iscritti, compresi nell'Anagrafe regionale 2012 e residenti nel collegio, ed essere corredate dell'accettazione del collegamento da parte di uno dei candidati alla segre-
L'assemblea regionale è composta da 150 componenti. I seggi assegnati a ciascun collegio sono ripartiti proporzionalmente tra le liste, secondo il metodo del quoziente naturale (totale dei voti validi del collegio/numero dei seggi del collegio), attribuendo tanti seggi quanti sono i quozienti pieni ottenuti da ciascuna lista. I voti residui non utilizzati vengono conteggiati a livello di circoscrizione regionale, assegnando, con il medesimo metodo, i seggi non ancora attribuiti. Gli ulteriori seggi non attribuiti sulla base di un quoziente pieno, vengono assegnati alle liste che abbiano riportato i migliori resti in percentuale. I seggi così assegnati vengono poi attribuiti ai collegi che non abbiano ancora visto assegnati tutti i propri seggi spettanti, e alle liste che abbiano conseguito il miglior rapporto tra voti residui e quoziente di collegio. I candidati all'assemblea regionale vengono eletti secondo l'ordine di posizione nella lista.
Entro martedì 4 giugno 2013 ciascuna commissione provinciale determina il numero e l'ubicazione delle sezioni elettorali, sulla base di criteri di omogeneità territoriale e demografica, prevedendo di norma una sezione per ogni Comune, ad eccezione dei Comuni superiori ai 30.000 abitanti. Al fine di consentire la più ampia partecipazione al voto è possibile aumentare i seggi elettorali sulla base di motivate deroghe, approvate con la maggioranza dei ¾ dei votanti della Commissione provinciale. Entro le successive 48 ore dal termine stabilito, in caso di inadempimento di una commissione provinciale, la commissione regionale provvede a determinare il numero e l'ubicazione dei seggi elettorali in quella provincia. Entro martedì 11 giugno 2013 le Commissioni provinciali procedono alla designazione dei componenti dei seggi elettorali e li comunicano tempestivamente alla commissione regionale. Il seggio elettorale è composto da un presidente, designato dalla commissione provinciale, e da almeno due scrutatori. I componenti dei seggi elettorali sono scelti tra gli iscritti al Pd. Lo status di componente di un seggio elettorale è incompatibile con quello di candidato all'assemblea regionale. Qualora si accertino casi di incompatibilità, la Commissione che ha provveduto alla nomina provvede alla relativa sostituzione entro le successive 24 ore. Il presidente nomina un vice presidente e un segretario, scegliendoli tra gli scrutatori. Le operazioni di voto si svolgono in ogni seggio elettorale dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di domenica 16 giugno 2013. Oltre a tutti coloro che si sono già registrati nell'Albo delle primarie dell'Italia Bene Comune del 25 novembre 2012 e che si presentino ai seggi dichiarandosi elettori del Pd, possono partecipare al voto tutte le persone maggiorenni per le quali ricorrano le condizioni per essere registrate nell'Albo degli elettori Pd, ai sensi dell'articolo 2 comma 3 dello Statuto nazionale, e che ne facciano richiesta anche il giorno del voto nell'apposito spazio per la registrazione all'Albo che dovrà essere previsto presso ogni seggio elettorale. Ogni elettrice ed elettore, per poter esprimere il proprio voto, è tenuta/o a devolvere un contributo di 2 euro destinato direttamente al finanziamento dei circoli e alle spese per l'organizzazione delle elezioni. Il voto si esprime votando soltanto una delle liste di candidati all'assemblea regionale. Il voto espresso su più liste, anche se collegate allo stesso candidato segretario, è nullo.
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Sabato 13 Aprile 2013
Eppur (qualcuno) si muove
Un’area liberal da organizzare
di Laura Venneri
Un Parlamento decisamente insolito quello che si è insediato ormai da qualche settimana. Profondamente rinnovato (molte più donne, più giovani, pochissimi i confermati) ma al momento quasi inattivo. Manca il governo, mancano le commissioni. Il Movimento 5 Stelle rivendica di aver portato in Parlamento i cittadini e sull’onda del rinnovamento a tutti i costi i partiti cercano di recuperare credibilità sfidandosi a suon di proclami. Difficilissimo il lavoro del presidente della Repubblica, ancora non pervenuto quello dei dieci saggi. Una situazione decisamente confusa insomma. Abbiamo chiesto a Franco Bruno, deputato calabrese, di raccontarci questi primi giorni alla Camera. Com’è cambiato questo Parlamento in seguito alle ultime elezioni? In meglio o in peggio? Difficile per me dirlo, io provengo da uno dei due rami del Parlamento che è il Senato della Repubblica e adesso impatto con la Camera dei deputati apparentemente simili in realtà hanno ritmi e contesti differenti ed è ancora troppo presto per dare un giudizio complessivo anche rispetto ai macrodati. Leggo un pò dappertutto, ad esempio, che il Parlamento sarebbe migliorato perchè si è abbassata l’età media anche grazie all’elezione di parlamentari provenienti da forze politiche nuove, speriamo sia così! Ma questa visione non comprende la struttura di una società, la nostra, in cui l’età media avanza sempre di più e si dovrebbe pensare a rendere questo fatto una risorsa, a ricavarne tutto il potenziale possibile mentre, invece, sta passando il messaggio che il meglio arriva dalle generazioni più giovani: è una visione miope. L’esperienza conta ovunque, in tutti i settori, quando cerchiamo un medico per curarci lo ricerchiamo con una certa esperienza perché in politica non dovrebbe essere così? Io mi auguro che l’entusiasmo per il rinnovamento sia accompagnato anche dalla consapevolezza che l’esperienza non è qualcosa da buttar via. Pensa che si faranno le larghe intese? L’alternativa è non farle. Non farle significa tornare a votare con questa legge elettorale senza aver dato nessuna delle risposte che il Paese chiede. Inoltre tornare a votare con questa legge
Franco Bruno lavora come sempre nonostante lo stallo in Parlamento «In Calabria il governo regionale ha deluso tutti È l’ora dell’alternativa» significa consegnare alcune regioni al centro-destra e al tempo stesso non è ipotizzabile che si sciolga come neve al sole il Movimento 5 Stelle per cui potrebbe verificarsi una nuova maggioranza alla Camera ma ci ritroveremmo di nuovo con un Senato ingovernabile e ci troveremmo di nuovo davanti all’ipotesi di un governo di scopo o di larghe intese cioè che affronti con responsabilità quelle emergenze che non possono più essere rimandate. Le elezioni ci hanno consegnato tre vincitori uno dei tre si dice indisponibile a qualsiasi Governo, io non vedo altra soluzione che
Franco Bruno Sopra, l’emiciclo camerale dei deputati
mettere insieme pd e pdl che avviino un percorso comune, percorso che non può prescindere anche dalla scelta condivisa di un presidente della Repubblica. Ovunque si sarebbe già dato vita ad un percorso del genere da noi si urla all’inciucio e si cerca di abbattere l’avversario politico con metodi non politici ma pensando ad un accordo in una determinata commissione che lo dichiari ineleggibile. Si pensi a fare il governo e magari ad affrontare tra i primi punti la questione del conflitto di interessi. Pensa a qualcuno in particolare per il Quirinale? Chiunque possa unire. Nel frattempo che sta facendo? Io lavoro come prima. Penso ancora che la politica abbia un ruolo ed intendo esercitarlo cercando di avanzare proposte che magari non sono molto demagogiche ma che ritengo utili. Ho presentato un disegno di legge per abolire le pluri-candidature e introdurre l’obbligo di residenza nei collegi in cui ci si candida. Questo per ridare rappresentanza ai cittadini e più autonomia ai parlamentari. L’attuale legge elettorale crea una sorta di vassallaggio nei confronti del leader. Forse è anche per questo che non si fa ancora un governo. E poi un altro disegno di legge sul riconoscimento della lingua dei segni come lingua ufficiale: occorre ricordarci di alcune battaglie di civiltà ineludibili che portino ad una società più inclusiva. Così come occorre difendere il nostro patrimonio culturale: intendo riproporre il mio disegno di legge del 2008 sulla valorizzazione della Magna Grecia e quello sulla regolamentazione delle lobby dato che si parla tanto di abolire il finanziamento pubblico ai partiti io ho una mia idea su come andrebbe regolato il rapporto tra politica e gruppi di interesse per renderlo il più trasparente possibile. E in Calabria? In Calabria c’è da organizzare un’area liberal-democratica nella quale oltre ad Api dovranno convergere ambientalisti, riformisti, moderati, liberali che sappiano guardare e operare in discontinuità rispetto alla situazione attuale. Avvertiamo una profonda delusione nei confronti del governo regionale con un presidente forse troppo ripiegato sulle questioni interne del suo partito. Tutto questo ci spinge ad organizzarci presto e bene.
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Sabato 13 Aprile 2013
il poker (a perdere) della sanità
Con la revoca dietro il collo Si gioca a Roma la partita più importante della Calabria. Nei felpati uffici del ministero della Sanità si svolge infatti in questi giorni l’incontro istituzionale per la verifica della situazione sanitaria e decidere sulla continuazione o meno della gestione commissariale. Per valutare appieno la posta in gioco è necessario tenere in considerazione almeno elementi fondamentali: la sanità costituisce l’80% circa della spesa regionale ed è sicuramente la più importante leva del potere regionale, cui fanno direttamente capo importanti esponenti politici locali che da sempre hanno un peso determinante nel settore, in particolare a Cosenza. In secondo luogo, il decreto legislativo 174/2012 stabilisce che il Consiglio dei ministri può nominare commissario ad Acta per la Sanità un soggetto diverso dal presidente della giunta regionale. Una misura che è stata già adottata in Molise, ad esempio, provocando uno scossone alla poltrona del presidente Iorio che nelle successive elezioni è stato stravolto. In terzo luogo a decidere la parti sarà ancora il governo Monti, con la sua dichiarata poca simpatia nei confronti del centrodestra berlusconiano. Qualora dovessero esserci le condizioni, insomma, il governatore Scopelliti rischierebbe di perdere il timone di comando di una componente fondamentale della macchina regionale. Il commissariamento è un dramma per il calabresi che si sono dovuti addossare un carico fiscale molto pesante per far fronte al disastro sanitario, ma in chiave di potere, è una grossa leva in mano al presidente che consente di tenere unita la sua maggioranza, nonostante i vincoli e le limitazioni imposte dal piano di rientro. Perdere il controllo della sanità significherebbe aprire una grossa falla nella giunta, già sottoposta alle scosse di una coalizione che con il caso Occhiuto ha mostrato qualche segno di cedimento sul piano psico-fisico. I pareri sono discordanti al riguardo. La Cisl Medici, ad esempio, preme per un immediato ripristino della condizione di normalità. «Continuare ad essere strozzati dal tavolo Massicci significa chiudere le porte a quelle esigenze di razionalizzazione dei servizi per le quali ci vogliono medici, personale infermieristico e anche amministra-
Il governatore Scopelliti rischia di vedersi sottrarre la poltrona di commissario alla sanità di Calabria Il governo sta valutando in queste ore se assegnare l'incarico a una figura "terza" e probabilmente tecnica tivo nella giusta misura», si legge in un documento diramato, dove si elencano tutte grandi difficoltà create da commissariamento. Un auspicio quello della Cisl, poiché allo stato non vi sono le condizioni per un rientro in bonis. Ma le cose non sono così semplici, infatti, e la nuova verifica non potrà che prendere atto dell’ineluttabilità di procedere con il periodo commissariale, con qualche possibile novità. Infatti, il nuovo tavolo dovrà prendere in considerazione quanto disposto dal dgs 149 del 2011 che indica con precisione le condizioni che debbano verificarsi per la sostituzione del presidente della giunta regionale nella sua qualità di commissario ad acta per la sanità che sono: - quando non adempia puntualmente agli obblighi, anche temporali, derivanti dal Piano di rientro;
- quando tali suoi comportamenti vengano riscontrati in sede di verifica annuale dagli appositi organismi ministeriali (Tavolo Massicci, che ha disposto la proroga nel novembre scorso); - quando nella regione interessata sia stata applicata al livello massimo e per due anni consecutivi l’aliquota dell’addizionale Irpef. L’opposizione è pronta alle barricate per dimostrare che tutte e tre le condizioni negative previste dalla norma si sono pienamente verificate e, pertanto, il defenestramento del governatore dalla stanza dei bottoni del commissario ad acta per la Sanità è una pura formalità da attuare nella nuova riunione per esaminare lo stato di avanzamento del Piano di Rientro della Regione Calabria. «In quella sede, precisa un importante esponente dell’opposizione, in ossequio alle normative vigenti e considerate le inadempienze più volte riscontrate dal presidente della Giunta Regionale Giuseppe Scopelliti nella sua qualità di commissario ad acta della Regione Calabria, il (nuovo) Tavolo Massicci potrebbe nominare un nuovo commissario per la gestione della sanità nella nostra regione». Un aiuto indiretto è venuto dallo stesso Silvio Berlusconi, il quale qualche mese è intervenuto a gamba tesa colpendo gravemente il nostro governatore, tanto da far titolare a Libero a caratteri cubitali “Silvio Berlusconi tira in ballo la sanità calabrese e boccia Scopelliti”. È il 4 febbraio scorso e sembra passato un secolo, ma nel momento opportuno quel giudizio potrebbe pesare.
Il ministro Balduzzi; alle sue spalle, il Ministero della Salute Sopra, Palazzo Alemanni
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Sabato 13 Aprile 2013
Ansie dietro lo sportello
Cronaca di una morte annunciata di Oreste Parise
«Vi è una nuova governance, con un bravo presidente come Francesco Lopez che si dà un gran da fare per sollevare le sorti dell’istituto. Pensiamo di aver fatto una operazione molto positiva poiché siamo intervenuti prima ancora che la banca fosse commissariata. Un intervento di particolare tempestività evitando le conseguenze negative di un intervento traumatico che blocca l’attività, genera un costo, genera un allarme sociale, produce sfiducia presso i risparmiatori». Questo è quanto dichiarava Augusto Dell’Erba circa un anno fa a proposito della Bcc dei Due Mari, in una intervista alla nostra rivista. Dell’Erba è uno dei più autorevoli e apprezzati personaggi dell’universo del credito cooperativo: presidente del Fondo di garanzia dei depositanti del Credito cooperativo italiano, vice presidente di Federcasse, presidente della Cassa Rurale di Castellana Grotte (Bari) e della Federazione Puglia e Basilicata delle Banche di Credito cooperativo. Egli si riferiva a un esperimento in atto presso la Bcc dei Due Mari, che era stata sottoposta alla tutela della consorella di Sesto San Giovanni, uno dei colossi del settore molto apprezzata per la qualità della gestione. Una piccola troupe costituita da Mario Besta, già direttore dell’istituto e sei funzionari avevano il compito di trasferire il modello brianzolo nella fascia ionica cosentina e risollevare le sorti di una banca afflitta da qualche acciacco gestionale ed amministrativo. Un esperimento certamente interessante, che addossava però all’istituto un gravoso carico in termini di costo del personale coinvolto che doveva essere recuperato con gli interventi di razionalizzazione e i conseguenti abbattimenti dei costi. Qualche perplessità poteva nascere dalla distanza dei due istituti, tanto in senso geografico quanto nella prassi amministrativa e gestionale. Le due realtà non erano affatto comparabili ed era difficile immaginare un percorso comune verso una qualsiasi forma di integrazione. Com’è noto la Bcc dei Due Mari nasce dalla fusione tra consorelle più piccole che hanno unito i loro destini alla ricerca di una dimensione adeguata per affrontare le difficoltà del mercato creditizio Una breve e travagliata storia quella dei Due Mari, che ha creato molti malumori nelle compagini societari degli istituti partner. Nata nel 2003 dalla fusione tra le Bcc di Terranova da Sibari e quella di Villapiana, ha mostrato fin dai suoi esordi un profondo dissidio tra i gruppi dominanti delle due compagini sociali, che non sono riusciti a trovare un accordo su di un assetto gestionale soddisfacente. Si è cercato equilibrio verso il basso cercando di accontentare le opposte esigenze piuttosto che preoccuparsi della competenza, professionalità ed esperienza dei rappresentanti negli organismi di governance.
Bcc dei Due Mari, ancora un commissariamento di una banca locale calabrese. Soggetta a numerose visite ispettive fino dalla sua costituzione, sottoposta al tutoraggio della Bcc di Sesto San Giovanni, l'ennesima Bcc calabrese cade sotto la mannaia della Banca d'Italia. Tra il disinteresse quasi totale della classe politica, in tutt'altre faccende affaccendata... Questo peccato originale si è immediatamente riflesso nelle ripetute visite ispettive della Banca d’Italia del 2005 e del 2008, che hanno evidenziato gravi irregolarità nella gestione e pesanti sanzioni a carico dei rappresentanti. I problemi evidenziati dagli ispettori della Vigilanza sono la solita triade presente in tutti i casi di crisi delle Bcc locali: carenza di professionalità della governance (che si riflette nel sistema di valutazione del credito, carenza di controlli, politica del personale), debolezza patrimoniale e insufficiente redditività. L’unione tra le debolezze non aveva insomma portato a uno shock positivo con un salto qualitativo sul piano gestionale e del-
la governance, ma alla somma dei difetti degli istituti per il persistente tentativo dei soci di riferimento di assicurasi una adeguata protezione dei propri interessi piuttosto che preoccuparsi del rafforzamento del nascente istituto. La pressione della Vigilanza ha provocato la ricerca di una soluzione interna al sistema cooperativo ma territorialmente esogena, si potrebbe dire estranea, lontana: si è individuato nella Bcc di Sesto San Giovanni il soggetto che scendeva verso il Sud a impartire lezioni di economia e finanza. Una soluzione caldeggiata e salutata con entusiasmo dal livello romano che vedeva con grande favore questo abbraccio tra il Nord e il Sud. Era tuttavia un rapporto squilibrato, da un lato un istituto poneva il suo cappello su di una realtà distante ma interessante, senza alcun investimento ma scaricando su di esso le sue difficoltà, dall’altro l’istituto calabrese che a fronte di un immediato aggravio del proprio bilancio riceveva un impegno a un processo di auditing aziendale senza alcun tangibile intervento patrimoniale, gestionale e patrimoniale. L’unico intervento di sostegno per un importo di otto milioni di euro è stato deliberato in favore della Due Mari dal Fondo di garanzia dei depositanti del Credito cooperativo, dando la possibilità alla Bcc di Sesto di intervenire per il salvataggio di una consorella in difficoltà con i soldi dei contribuenti. Inoltre, il modello organizzativo e gestionale era agli antipodi delle consuetudini economiche e bancarie e delle logiche di gestione dell’area di competenza della Bcc dei Due Mari. L’intervento della Bcc di Sesto San Giovanni, pur lodevole nelle sue intenzioni non aveva alcuna possibilità di tradursi in un concreto piano operativo, anche perché non era previsto alcun intervento di ricapitalizzazione o di integrazione produttiva. Si potrebbe definire una operazione commerciale di vendita di know-how organizzativo, con un trasferimento del costo del personale dal Nord al Sud: un ottimo sistema di zavorramento della corda dell’impiccando.
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Sabato 13 Aprile 2013
Ansie dietro lo sportello
«Intanto sono le uniche banche locali rimaste sul territorio. Le Bcc sono le uniche banche che hanno una classe dirigente locale. Tutte le altre sono state spazzate via. Ritengo che la ragione della difficoltà sia un mix di fattori, la crisi congiunturale, la governance con qualche peccato originale, una gestione che a volta si allontana dai canoni di rigore e professionalità. Nelle crisi congiunturali si evidenziano quei problemi che gli alti profitti dei momenti di crescita riescono a coprire. Nei momenti di euforia espansiva le sofferenze possono essere facilmente coperte: nella crisi intaccano il patrimonio. Le sofferenze sono generate da cattiva gestione del credito, ma anche da povera gente che si è trovata in grande difficoltà». Quei motivi sono rimasti invariati, anzi si potrebbe dire che nel frattempo si sono aggravati poiché la situazione economica è andata aggravandosi, e i suoi effetti si sono riverberate sui bilanci delle piccole banche locali che vivono in simbiosi con il territorio. In questo come in altri casi similari è forse mancato il coraggio di anticipare i provvedimenti con la predisposizione di un piano industriale e di ristrutturazione della governance che avrebbe forse potuto evitare il trauma del commissariamento. La situazione della banca era nota a tutti i protagonisti della vicenda, dalla vigilanza alla Federazione locale delle Bcc, a quella nazionale, che forse ha le responsabilità maggiori, poiché ha sempre mostrato una grande cautela nei confronti delle Bcc calabresi. Questa è una nuova strada intrapresa dalla Federazione nazionale rispetto all’intervento della Banca Sviluppo (che sul territorio è intervenuta a rilevare l’ex Bcc di San Vincenzo La Costa) che sta diventando un contenitore eterogeneo di realtà distinte e distanti fra loro che stentano a trovare una sinergia gestionale e una strada per il profitto. Né fino al momento si è trovata una soluzione per ritorno alla natura primigenia delle banche fagocitate. Ci si è resi conto che si tratta di un cul-de-sac a senso unico, una strada senza uscita e senza ritorno. De hoc satis, perché si tratta di un problema di tutt’altro genere che meriterebbe un approfondimento specifico. Mario Besta era sceso con l’intenzione di proporsi come tutor della stessa Federazione calabrese, una pretesa che è stata avversata e contrastata energicamente costringendolo a desistere da tale obiettivo. Nell’agosto scorso poi è stato costretto a risalire su per le valli e ritornare in Brianza perché coinvolto in una vicenda giudiziaria a Sondrio, accusato di concorso in concussione, insieme a vari esponenti della stessa Bcc di Sesto. Anche a quelle latitudini non mancano i problemi, con Filippo Penati e soci che hanno finito per coinvolgere tutto il sistema economicoproduttivo della zona. Si può considerare solo un caso che nell’ottobre scorso la Banca d’Italia disponga una nuova ispezione dell’Istituto? Per lunghi mesi cinque ispettori setacciano i conti dell’istituto. A conclusione della loro fatica rilasciano un rapporto che ribadisce ancora una volta i mali di sempre con una impressionante ripetitività delle motivazioni. La cura di Sesto San Giovanni non ha lasciato molte tracce positive sull’istituto, per cui si procede al commissariamento. Questo in pratica significa il fallimento dell’intervento di risanamento endogeno della banca, una sconfessione dell’operato della Federazione nazionale che su quell’opzione aveva scommesso. Augusto Dell’Erba nella stessa intervista richiamata sopra, a specifica domanda sulla crisi delle Bcc calabresi rispondeva:
Ogni suo intervento è stato sempre stigmatizzato come traumatico additando il sistema creditizio calabrese come un malato cronico, ed evidenziando che le somme richieste erano esorbitanti. In questi lunghi mesi di crisi tante altre Bcc in tutta Italia, compreso il virtuoso Veneto, hanno mostrato cenni di cedimento. Vi sono stati interventi da passa della federazione nazionale, uno solo dei quali supera il doppio delle risorse destinate alla Calabria nel suo complesso. La storia stessa della Bcc dei Due Mari mostra senza ombra di dubbio che vi sono dei problemi interni all’Istituto, ma vi è stato tutto il tempo per intervenire mentre si è preferito aspettare la maturazione degli eventi con la conseguenza che qualsiasi azione diventerà più difficile e costosa. Alla fine sarà il territorio che pagherà il prezzo maggiore, poiché se vi è una garanzia assoluta per i depositanti, le conseguenze più pesanti ricadranno sul sistema produttivo. Ogni commissariamento provoca inevitabilmente una restrizione creditizia, che nel caso della Bcc dei Due Mari si va ad aggiungere a una situazione già drammatica di “credit crunch” che ha messo in serie difficoltà anche le poche imprese che ancora riescono a sopravvivere in questo difficile momento. Come si legge nel decreto di nomina, «commissari straordinari sono stati nominati Michele Amenduni e Roberto Loria e, quali componenti del Comitato di sorveglianza, Enrico Amodeo, Carlo Felice Giampaolino e Paolo Valensise. Gli Organi straordinari si sono insediati in data 5 aprile 2013». Essi dovranno preventivamente verificarele le effettive condizioni della banca prima di procedere alla redazione di un piano per fronteggiare la crisi aziendale. La discrasia tra il momento ispettivo affidato alla Banca d’Italia, nella sua veste di Vigilanza, e la gestione commissariale affidata a professionisti nominati dal ministero dell’Economia e Finanza provoca un ulteriore rallentamento della procedura poiché questi ultimi
dovranno far proprie le conclusioni degli ispettori della Banca d’Italia. Di solito non vi sono grandi differenze di valutazione, ma in qualche caso vi sono stati anche motivi di dissenso tra i due organi. «La gestione della banca è affidata ai commissari straordinari, che operano sotto la supervisione della Banca d’Italia. La banca prosegue regolarmente la propria attività. Pertanto, la clientela può continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia», si legge nel decreto di nomina per rassicurare i depositanti. La questione bancaria assume sempre più un carattere strategico nella definizione di una politica di sviluppo. In primo luogo vi è l’esigenza di una immediata suddivisione tra le banche commerciali, che svolgono l’attività di intermediazione creditizia, e le banche di affari che operano sui mercati finanziari internazionali. La speculazione di borsa ha provocato danni irreparabili all’economia e sono state destinatarie della stragrande maggioranza delle risorse pubbliche, poiché essendo troppo grandi il loro fallimento avrebbe provocato uno sconvolgimento del mercato. Le banche locali sono state lasciate sole a fronteggiare la crisi dell’economia reale, da cui dipende la sorte delle famiglie e delle imprese. La politica è assente e non riesce a esprimere un qualsiasi piano di intervento nel settore. Per la Bcc dei Due si è mosso solo il Pd di Terranova da Sibari, dove è ubicata la sede centrale dell’istituto, una voce troppo flebile per un problema che ha serie ripercussioni sull’economia dell’intera provincia. Una dei motivi ricorrenti delle crisi delle piccole banche è l’insufficienza manageriale della governance, la cui scelta è affidata all’assemblea dei soci e soggette all’influenza di piccoli gruppi di potere locale. Sarebbe forse il caso di creare un elenco tenuto dalla Banca d’Italia di tutti coloro che posseggono i requisiti di onorabilità, competenza e professionalità per questi delicati incarichi. Le ripetute crisi bancarie impongono un intervento non più differibile per ridare alle banche locale un ruolo fondamentale nello sviluppo. Per questo sono necessarie nuove norme e nuovi comportamenti da parte di esse, con un maggiore senso di responsabilità da parte di amministratori e dirigenti. Va sottolineato con molta evidenza che fin qui il sistema di credito cooperativo ha risolto al proprio interno le difficoltà delle banche aderenti senza pesare sul bilancio pubblico. Anche a livello europeo si inizia a parlare di “baling in” dei depositi superiori a una certa soglia, vale a dire che i risparmiatori dovranno partecipare pro-quota al salvataggio delle banche insolventi. Questo indurre a una maggiore riflessione sui soggetti a cui affidano i propri risparmi. Il sistema di garanzia dei depositi non può garantire tutti in maniera indiscriminata, ma favorire gli istituti con un profilo di rischio più contenuto, come le Bcc. Le numerose crisi che hanno colpito i suoi aderenti ha provocato un ampio movimento tra le Bcc calabresi a favore di una razionalizzazione dell’intero sistema, con una aggregazione degli istituti per il miglioramento gestionale e reddituale degli istituti. Una consapevolezza che determinerà la nascita di poche banche in grado di rispondere con più immediatezza e forza alle esigenze del territorio. In questo quadro di riordino va anche affrontata la questione della Bcc dei Due Mari. Nell’agenda politica il Sud è stato dimenticato. È ora che il Sud si ricordi di sé stesso, e la questione bancaria è certamente un ottimo inizio.
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Sabato 13 Aprile 2013
Mezzoeuro Un brindisi (avvelenato) alla salute
Divide et impera, speriamo che funzioni anche nel comparto vini! Perché la Calabria del Vinitaly 2013 si presenta come 3 entità differenti, quasi in concorrenza tra loro. Da un lato lo stand istituzionale gestito dal triumvirato Trematerra, Caridi e Fedele, rispettivamente assessori della Regione Calabria all'Agricoltura, Attività produttive e Internazionalizzazione, insieme a Union Camere Calabria presieduta da Dattola, che ha visto la partecipazione di 14 cantine (1 per la provincia di Catanzaro, 6 per la provincia di Crotone e 7 per la provincia di Reggio Calabria); dall'altra lo stand Terre di Cosenza, gestito dalla Camera di Commercio di Cosenza, con 21 cantine della provincia di Cosenza; infine la provincia di Reggio Calabria che ha fatto da collante tra i due spazi espositivi. E' la prima volta che lo spazio istituzionale della Regione Calabria non ospita nemmeno una cantina della provincia di Cosenza, quasi a testimoniare la mancanza di una realtà enologica e imprenditoriale importante nel territorio bruzio, oppure semplicemente di estrazione politica differente. Era la volta buona che le cantine della Calabria potessero offrire il meglio dell'immagine del territorio regionale visto l'allestimento e lo spazio a disposizione. Non bisogna dimenticare che negli anni passati la cantine dello stand regionale erano rilegate in spazio di poco più di un metro quadrato senza poter né muoversi né ospitare compratori e interessati. Questa volta è stato il concetto di open space a primeggiare, con spazi ampi, desk eleganti, tavoli e sedie. Ma tutto ciò senza alcun imprenditore cosentino. È paradossale come gli ospiti dello stand Calabria non possano trovare alcun vino della provincia di Cosenza, ma ancor più grave, nessun vino delle realtà enologiche più importanti della regione, perché senza nulla togliere alle cantine presenti, la gamma dei vini esposti non è quella rappresentativa di una regione che ha imprese storiche e radicate, i cui vini hanno fatto la storia della Calabria del vino. Librandi, Zito, Ippolito1845, Senatore, Iuzzolini, Russo&Longo, Caparra&Siciliani, Santa Venere, Cantine Enotria, Statti, Lento, tutte cantine presenti ma non nel padiglione che ospita la Calabria. A dir loro, sarebbero disposte a spostarsi all'interno dell'area Calabria, solo se gli fosse garantito lo stesso spazio per un periodo di almeno 3-4 anni, ovviamente pagandolo. Solo grazie ad un App per Smartphone, disponibile gratuitamente sul sito del Vinitaly è stato possibile rintracciare, dal nome, la posizione delle singole cantine. Non si spiega come le istituzioni in concerto con gli imprenditori, non siano mai riusciti ad allestire un unico grande padiglione Calabria che fosse la vera e reale fotografia delle produzioni enologiche regionali. "Produciamo da più di 3000 anni" recita lo slogan utilizzato dalla Regione Calabria per questo Vinitaly. La domanda nasce spontanea: "ma chi?", "ma dove sono le cantine più antiche?". Il brand Terre di Cosenza, invece, ultima nata tra le Dop calabresi, in meno di 2 anni ha raccolto tutta la produzione del territorio, ponendola in blocco e sotto un'unica campagna promozionale all'attenzione del pubblico e degli operatori presenti a Verona. Le uniche 2 cantine che erano presenti altrove, Tenute Ferrocinto e Spadafora, già dall'anno scorso scappati a miglior dimora, visto le esperienze passate con gli spazi "alveolari" messi a disposizione negli spazi regionali, non hanno voluto lasciare lo spazio opzionato ma non hanno rinunciato ad avere lo stesso la postazione all'interno di Terre di Cosenza. Fuori dagli schemi, ma sicuramente sono andati sul sicuro, Odoardi di Nocera Terinese (Cz) e Termine Grosso di Roccabernarda(Kr), che hanno scelto il padiglione di Luca Maroni, Trend Oggi Big Domani, di gran lunga distante dal resto delle cantine regionali. Plauso va dunque alla Camera di Commercio di Cosenza che ha solcato la strada giusta, coinvolgendo tutto il panorama produttivo provinciale; mos-
In vino
2 veritas Al Vinitaly di Verona ci sono due Calabrie negli stand con le cantine del Cosentino fuori dai padiglioni organizzati da Palazzo Alemanni Per non parlare dei marchi storici ospitati da altre regioni... sa che evidentemente non è piaciuta ad Union Camere e Regione Calabria che hanno ribadito di aver avanzato la richiesta allo stesso modo a tutte le cantine, che avrebbero preferito Terre di Cosenza. La richiesta da parte della Camera di Commercio di Cosenza, avvenuta in largo anticipo rispetto a quella della Regione Calabria, di soltanto qualche settimana fa, ha ottenuto la conferma di tutte le cantine cosentine, in netta contestazione con le politiche di comunicazione e marketing che la Regione Calabria ha posto negli ultimi anni al Vinitaly: uno stand sempre meno visibile e senza alcuna iniziativa di contorno. Quest'anno poteva essere la volta giusta. Come al solito gli screzi e le antipatie istituzionali hanno prodotto una spaccatura tra le zone che maggiormente costituiscono la produzione vinicola regionale, in primis la provincia di Crotone e quelle in enorme crescita in termini di qualità e promozione, ovvero Cosenza e Reggio Calabria. D'altronde lo stand Terre di Cosenza non aveva nulla a che invidiare a quello istituzionale regionale. E l'istituzione ribadita dallo stesso presidente Oliverio di un'altra enoteca regionale all'interno del Palazzo della Provincia di Cosenza, è la conferma delle aspirazioni dell'amministrazione provinciale a fare meglio dei colleghi di Palazzo Alemanni. Anche nella sezione olio si è potuto assistere al gusto delle Terre di Cosenza, in contrapposizione agli "Oli dei giganti" della Provincia di Reggio Calabria e al salotto istituzionale della Regione Calabria. 3 stand distinti che hanno ospitato differenti programmi di eventi e degustazioni, spesso in concomitanza tra loro. La guerra delle pulci in un mercato che non può aspettare. Non possiamo permetterci che vinca la gelosia tra coloro i quali dovrebbero fare da condottieri alla "baracca", senza peccare di presunzione né arroganza. Ne va dell'immagine delle nostre migliori produzioni. T.C. Manca il governo, mancano le commissioni. Il Movimento 5 Stelle rivendica di aver portato in Parlamento i cittadini e sull’onda del rinnovamento a tutti i costi i partiti cercano di recuperare credibilità sfidandosi a suon di proclami. Difficilissimo il lavoro del presidente della Repubblica, ancora non pervenuto quello dei dieci saggi. Una situazione decisamente confusa insomma. Abbiamo chiesto a Franco Bruno, deputato calabrese, di raccontarci questi primi giorni alla Camera. Com’è cambiato questo Parlamento in seguito alle ultime elezioni? In meglio o in peggio?
Difficile per me dirlo, io provengo da uno dei due rami del Parlamento che è il Senato della Repubblica e adesso impatto con la Camera dei deputati apparentemente simili in realtà hanno ritmi e contesti differenti ed è ancora troppo presto per dare un giudizio complessivo anche rispetto ai macrodati. Leggo un pò dappertutto, ad esempio, che il Parlamento sarebbe migliorato perchè si è abbassata l’età media anche grazie all’elezione di parlamentari provenienti da forze politiche nuove, speriamo sia così! Ma questa visione non comprende la struttura di una società, la nostra, in cui l’età media avanza sempre di più e si dovrebbe pensare a rendere questo fatto una risorsa, a ricavarne tutto il potenziale possibile mentre, invece, sta passando il messaggio che il meglio arriva dalle generazioni più giovani: è una visione miope. L’esperienza conta ovunque, in tutti i settori, quando cerchiamo un medico per curarci lo ricerchiamo con una certa esperienza perché in politica non dovrebbe essere così? Io mi auguro che l’entusiasmo per il rinnovamento sia accompagnato anche dalla consapevolezza che l’esperienza non è qualcosa da buttar via. Pensa che si faranno le larghe intese? L’alternativa è non farle. Non farle significa tornare a votare con questa legge elettorale senza aver dato nessuna delle risposte che il Paese chiede. Inoltre tornare a votare con questa legge significa consegnare alcune regioni al centro-destra e al tempo stesso non è ipotizzabile che si sciolga come neve al sole il Movimento 5 Stelle per cui potrebbe verificarsi una nuova maggioranza alla Camera ma ci ritroveremmo di nuovo con un Senato ingovernabile e ci troveremmo di nuovo davanti all’ipotesi di un governo di scopo o di larghe intese cioè che affronti con responsabilità quelle emergenze che non possono più essere rimandate. Le elezioni ci hanno consegnato tre vincitori uno dei tre si dice indisponibile a qualsiasi Governo, io non vedo altra soluzione che mettere insieme pd e pdl che avviino un percorso comune, percorso che non può prescindere anche dalla scelta condivisa di un presidente della Repubblica. Ovunque si sarebbe già dato vita ad un percorso del genere da noi si urla all’inciucio e si cerca di abbattere l’avversario politico con metodi non politici ma pensando ad un accordo in una determinata commissione che lo dichiari ineleggibile. Si pensi a fare il governo e magari ad affrontare tra i primi punti la questione del conflitto di interessi. Pensa a qualcuno in particolare per il Quirinale? Chiunque possa unire. Nel frattempo che sta facendo? Io lavoro come prima. Penso ancora che la politica abbia un ruolo ed intendo esercitarlo cercando di avanzare proposte che magari non sono molto demagogiche ma che ritengo utili. Ho presentato un disegno di legge per abolire le pluri-candidature e introdurre l’obbligo di residenza nei collegi in cui ci si candida. Questo per ridare rappresentanza ai cittadini e più autonomia ai parlamentari. L’attuale legge elettorale crea una sorta di vassallaggio nei confronti del leader. Forse è anche per questo che non si fa ancora un governo. E poi un altro disegno di legge sul riconoscimento della lingua dei segni come lingua ufficiale: occorre ricordarci di alcune battaglie di civiltà ineludibili che portino ad una società più inclusiva. Così come occorre difendere il nostro patrimonio culturale: intendo riproporre il mio disegno di legge del 2008 sulla valorizzazione della Magna Grecia e quello sulla regolamentazione delle lobby dato che si parla tanto di abolire il finanziamento pubblico ai partiti io ho una mia idea su come andrebbe regolato il rapporto tra politica e gruppi di interesse per renderlo il più trasparente possibile. E in Calabria? In Calabria c’è da organizzare un’area liberal-democratica nella quale oltre ad Api dovranno convergere ambientalisti, riformisti, moderati, liberali che sappiano guardare e operare in discontinuità rispetto alla situazione attuale. Avvertiamo una profonda delusione nei confronti del governo regionale con un presidente forse troppo ripiegato sulle questioni interne del suo partito.
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Sabato 13 Aprile 2013
Gratta e ruba
Il Consiglio regionale fa i conti senza i nomi di Antonio Aprile
Se almeno la matematica non è un’opinione, ai numeri stavolta vince la politica: erano più numerosi loro, i consiglieri regionali, dentro l’aula del Consiglio che i manifestanti fuori. Poco più di una trentina di persone quelle che hanno manifestato sulla scalinata di palazzo Campanella al grido di “Rimborsateci la Calabria” con tanto di “Gratta e vinci” e di bambola gonfiabile, legata a un segnale stradale a simulare una surreale lap dance. I nuovi simboli della protesta sono questi e, al di là di tante riflessioni, probabilmente la dicono lunga anche su cosa riesce a focalizzare, oggi, l’attenzione della gente. Così, mentre l’inchiesta sulle presunte spese folli di alcuni consiglieri regionali ancora non identificati è nel pieno svolgimento, quella che è sembrata più desta e partecipe è stata invece l’attenzione della stampa e dei media nazionali, che hanno acceso i riflettori sulla seduta del Consiglio regionale. Una presenza “temuta” e per questo oggetto di grande attenzione e seguita, con un’atmosfera dentro il palazzo del Consiglio regionale, quindi, ben più tesa di quella fuori. Paradossalmente i più tranquilli sono sembrati proprio i consiglieri regionali, perlomeno quelli ansiosi di fare i loro distinguo e affrancarsi dalla nuova ondata di accuse che è piovuta addosso alla Regione. E mentre fuori dall’aula c’era chi come Peppe Bova affrontava con sicurezza una troupe televisiva, facendo vedere al giornalista il telefonino “normale” utilizzato, iniziava l’odierna seduta. Quanti si attendevano un dibattito acceso sull’inchiesta sui rimborsi e sull’utilizzo dei fondi dei gruppi, sono rimasti però delusi almeno quanto quelli che si aspettavano una popolazione inferocita e numerosa a protestare. In un’unica dichiarazione affidata al presidente Talarico la risposta del Consiglio. «Non abbiamo notizie ufficiali sulle indagini di cui si è parlato in questi giorni - ha affermato - Seguo direttamente e da vicino l’intera vicenda e fin dal primo momento ho pubblicamente espresso la totale ed incondizionata disponibilità di questo Consiglio regionale ad ogni forma di chiarimento». Fiducia piena nell’operato della magistratura e amarezza per le cose lette. Dalle accuse di sprechi all’elenco dei tagli il passo è breve. Entrando nel merito, Talarico ha proseguito: «I capigruppo sono chiamati ad attenersi alle disposizioni della legge regionale numero 13 del 2002 che detta regole ben precise e prevede che le risorse pubbliche siano spese esclusivamente per compiti istituzionali. Se errori sono stati commessi da parte di singoli o se siano state violate le leggi, bisogna che ognuno si assuma le proprie responsabilità». Attenzione alle generalizzazioni: «Bisogna però evitare di alzare polveroni, evitare di omologare la Calabria a quanto accaduto in altre Regioni. Penso in particolare alla Regione Lazio dove, con leggi e provvedimenti, al di là delle cose che poi sono accadute, sono stati gonfiati i costi della politica; tutto ciò mentre noi, in Calabria, andavamo in una direzione completamente diversa, diminuendo la spesa per il funzionamento del Consiglio regionale». Carte in regola per i calabresi, quindi,
Una seduta con tutti presenti, ognuno occupato a dire che con le spese folli non c’entra nulla meglio ancora se con le telecamere accese... secondo Talarico che passa in rassegna numerosi provvedimenti approvati: riduzione del numero dei consiglieri; riduzione del numero degli assessori da dodici a otto; riduzione del numero degli assessori esterni da quattro ad un massimo di due; riduzione delle commissioni consiliari da dieci a sei; riduzione delle indennità dei consiglieri e dei finanziamenti ai gruppi. «I consiglieri regionali, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non hanno più le cosiddette spese di rimborso per gli accessi al Consiglio regionale», specifica Talarico e questo nonostante la Calabria sia assieme all’Abruzzo l’unica regione ad avere due sedi separate per giunta e Consiglio: «Il bilancio del Consiglio regionale è andato sempre decrescendo dai 79 milioni del 2011 ai 70 milioni del 2012 ai 62,5 milioni del 2013 e stiamo lavorando, come Ufficio di Presidenza, per ridurre anche i costi della struttura amministrativa e fare in modo che accanto alle riduzioni dei consiglieri ci sia anche una struttura snella e agevole». È un fiume in piena: «Abbiamo ridotto del 50 per cento le consulenze esterne ed il numero dei collaboratori di Giunta e Consiglio regionale; abbiamo abolito, seconda Regione dopo l’Emilia Romagna, il vitalizio. Abbiamo ridotto il numero dei sottosegretari e quello degli assessori esterni per risparmiare una spesa cospicua. Abbiamo abolito il trattamento di fine mandato». Modificata anche la legge regionale sui gruppi: «Dal 1° gennaio 2013 c’è una nuova legge che prevede che ad ogni gruppo siano assegnati cinquemila euro per ogni suo consigliere per l’intero anno, a cui
vanno aggiunti 0,05 euro per ogni abitante dalla nostra Regione, che significano altri duemila euro - perché siamo due milioni di abitanti - da spendere per ogni consigliere. Un gruppo composto da sei consiglieri riceverà un finanziamento, per effetto della legge regionale numero 1 del 2013, di quarantaduemila euro ad anno che sarà anche sottoposto al vaglio di un collegio dei revisori esterni che sarà nominato da questo Consiglio regionale sulla base di una estrazione. Si tratterà di tre professionisti che verificheranno i conti della Giunta e del Consiglio; oltre a questo la legge regionale 1 prevede che i fondi, quindi il rendiconto dettagliato, sia trasferito alla Corte dei Conti perché esprima un parere». Ma, ammette Talarico avviandosi alla conclusione, «Non ci sono, comunque, solo le leggi, le norme o i regolamenti da rispettare. Chi ha responsabilità pubblica deve assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità che sia a prova di tutto. Abbiamo molto discusso, con i colleghi capigruppo, prima di giungere in Consiglio, e abbiamo condiviso, unanimemente, alcuni percorsi, come è già accaduto in questa legislatura». Questa, in sintesi, la risposta a chi si attendeva una replica alle inchieste in corso. Una risposta che non risolve tutto. Perché, in una fase in cui si parla di sprechi, si risponde certamente con i tagli ma, al di là di un mero bilancio economico, il problema rimane sempre e soprattutto cosa si fa, come vengono investiti i soldi e, a maggior ragione, come saranno investiti quelli che si ricaveranno dai tagli, per evitare magari che escano dalla porta e rientrino dalla finestra e fare in modo che abbiano invece una ricaduta reale per lo sviluppo e per migliorare le condizioni di vita dei calabresi. Questo punto viene ancora prima dei tagli perché il denaro, quando viene speso bene, generalmente dal popolo viene anche “benedetto” più che rimpianto. E, soprattutto, quando è speso bene non c’è bisogno di andarlo a decifrare spulciando tra le righe di un bilancio ma lo si percepisce in maniera evidente e chiara nella vita quotidiana.
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Sabato 13 Aprile 2013
Timide schiarite oltre il Campagnano È presto per dire se sarà primavera nella città confinante con il capoluogo. La nuova giunta è fatta, l'armistizio tra Cavalcanti Principe e Talarico pure Ma l'entusiasmo è un'altra cosa...
Rende
basterà una rondine? E così auspicata da molti ma accreditata da pochi è arrivata la tregua armata dentro l’amministrazione comunale di Rende. Il grande compromesso, il disgelo. Ma da qui a dirsi amore ce ne corre anche perché alla beatitudine del sindaco Cavalcanti in queste ore fa da controaltare un clima generale non proprio esaltante. Vale per tutti la classica adunata che annualmente il sindaco di Rende tiene per fare il punto dello stato dell’arte, kermesse aperta ai cittadini e agli amministratori. A differenza degli altri anni questa volta molti musi lunghi, poltrone vuote, sbadigli e politichese. Altri tempi evidentemente. Comunque sia è al lavoro da alcuni giorni la giunta della triplice alleanza Cavalcanti-PrincipeTalarico. Il sindaco Cavalcanti è soddisfatto per aver completato la giunta orfana da diversi mesi di 2 assessori importanti. Il medico e neo assessore Pasquale Verre si dovrebbe occupare di cultura e del delicato compito di far rivivere il centro storico di Rende. Verre che ha abitato, nel passato, il centro storico di Rende sa come muoversi per far ritornare il sereno nel contesto attuale di buio in
cui vive la comunità del vecchio borgo. L’assessore Verre saprà dare anche nuovi impulsi all’attività culturale della cittadina rendese ricca di tradizione, di chiese e musei che sono stati alla ribalta nazionale. Luca Pizzini, alla sua prima fase di lavoro come assessore, ha già dato prova, in questi pochi giorni, di avere avviato la cura del verde, la manutenzione delle strade e della pubblica illuminazione. Pizzini che è persona capace, per avere meritato la fiducia del sindaco, saprà sicuramente, con la delega specifica alla Rende Servizi, dare le giuste indicazioni per l’utilizzazione al meglio di circa 180 operai e dei 20 impiegati che risultano in servizio. L’assessore Pizzini dovrà, considerato anche l’importante numero di operai a disposizione, recuperare il maggior numero di risorse di personale, attualmente male utilizzato e/o parcheggiato nei vari uffici e corridoi del comune, per organizzare in modo permanente la macchina della Rende Servizi con i numerosi servizi assegnati: - la cura di ville e giardini;
Vittorio Cavalcanti
- i parcheggi a pagamento non ancora funzionanti; - la pulizia delle cunette e strade comunali; - la piccola manutenzione delle strutture comunali; - la manutenzione della rete fognaria; - l’assistenza anziani; - la custodia immobili; - il trasporto scolastico. La cittadinanza di Rende, abituata in precedenza a servizi ottimali, osserva ed aspetta la ripartenza della giunta e del suo sindaco che per 2 anni hanno trascorso (troppo) tempo nel palazzo senza rendersi conto dei problemi e delle tante sollecitazioni che non hanno trovato né conforto e né udienza. Al momento risulta beato il sindaco, un po’ meno Talarico per altre faccende ancora e un po’ meno, meno, meno lo stesso Principe. Che ha notoriamente uno sguardo più portato alla visione d’insieme e che sa bene che non basta una rondine di questi tempi per fare primavera. Per lui soprattutto. Spesso non ne bastano nemmeno due...
STUDIO MEDICO FAVIN POSTURAL Postura valutazione e trattamento delle malattie cronico degenerative La posturologia, scienza innovativa, inquadra le sindromi algiche, come espressione di uno stress meccanico sulle articolazioni, spesso dovuto a disturbi della mandibola, dei muscoli dell’occhio, del cattivo appoggio dei piedi, stress e cattiva alimentazione La ricerca della causa che genera un dolore necessita della valutazione di questi recettori, che quando si mettono in funzione spostano il nostro equilibrio dandoci la sensazione di essere imperfetti o “storti”; la ricerca attraverso esami di laboratorio e utilizzo di questionario clinico valutativo, che ci indirizzano verso cofattori carenti responsabili di stress biometabolico ne completano l`indagine Le cause si ricercano con l’aiuto di strumenti come: 1) l’esame baropodometrico meccanico e statico 2) la valutazione posturale della colonna vertebrale, delle spalle e del bacino 3) esame baropodometrico dinamico su tapis roulan 4) esame spinometrico 4D x la valutazione della colonna senza raggi x 5) esame della forza muscolare 6) esame impedenziometrico-plicometrico 7) valutazione della composizione corporea La cura del dolore e’ complessa, perche’ bisogna tenere conto anche della componente psicologica. L’utilizzo del plantare neurobiomeccanico, la corretta nutrizione, l’agopuntura, il massaggio, la coppettaazione e moxa delle strutture muscolare, il training autogeno e altro, rappresentano, oggi un valido aiuto nel trattamento di tutte quelle patologie stress correlate, che con il solo intervento delle cure farmacologiche, non migliorano... anzi si crea una dipendenza a circuito chiuso, difficilmente riequilibrabile. Nello studio medico Favin Postural Center e’ possibile effettuare gran parte degli esami strumentali e dei trattamenti menzionati. wwfavinposturalcenter.it Via Dalmazia, 37 Cosenza Tel 098427632
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Sabato 13 Aprile 2013
Speciale Provincia - L’ora degli “anti” amici dei cittadini
Aiutiamo
chi produce SOTTOSCRITTO IL PROTOCOLLO DI INTESA PER LA COSTITUZIONE DEL COORDINAMENTO PROVINCIALE DEGLI SPORTELLI UNICI DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (SUAP) NEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI COSENZA Oliverio: «Si apre una nuova fase che agevola il sistema delle imprese» Dalla provincia
È stato sottoscritto, nel Palazzo di Piazza XV marzo, il Protocollo di intesa per la Costituzione del Coordinamento provinciale degli Sportelli unici delle Attività produttive (Suap) nel territorio della Provincia di Cosenza.
A siglare l’importante atto sono stati il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio, l’assessore regionale alle Attività produttive Antonio Caridi, il prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, i sindaci della quasi totalità dei 155 Comuni del
L’ora del sacchetto dove lo metto
Emergenza rifiuti, nuova riunione con i sindaci Nuovo incontro presso il Salone degli Specchi della Provincia di Cosenza del Coordinamento provinciale dei sindaci per la gestione dei rifiuti presieduto dall’assessore provinciale all’Ambiente Giuseppe Aieta in assenza del presidente della Provincia Mario Oliverio, impegnato fuori regione. In apertura dei lavori l’assessore Aieta ha preannunciato all’assemblea di aver inviato a tutti i sindaci la bozza del documento di indirizzo per la pianificazione della gestione dei rifiuti, al quale tutti i primi cittadini dovranno far pervenire le loro osservazioni ovvero le loro proposte di integrazione e/o modificazione, che costituiranno l’elemento essenziale di integrazione e completamento del documento medesimo finalizzato, così come stabilito nelle precedenti riunioni, a rendere quanto più condivisa la proposta finale da formulare alla Regione Calabria per la rimodulazione del Piano regionale. All’intervento dell’assessore Aieta e del Dirigente provinciale del settore Ambiente Francesco Toscano che ha illustrato il documento ad ampie linee, è seguita la discussione, nel corso della quale sono state poste in evidenza altre esperienze che, seppur localistiche, potranno contribuire ad integrare le proposte già avanzate. All’attenzione dei sindaci è stato posto, inoltre, il fatto che la dimensione che deve assumere la gestione dei rifiuti non potrà che essere, per come è stabilito dalla legge, di livello regionale in quanto tutte le proposte risolutive, anche in termini di impiantistica, dovranno comunque sottostare e corrispondere ad una logica economicamente vantaggiosa e che gli standard di raccolta differenziata e della necessaria impiantistica dovranno rispettare gli ormai consolidati modelli scientificamente validi. Per quanto riguarda l’emergenza in atto e in assenza, ancora, di una risposta risolutiva da parte della Regione, alcuni sindaci dei comuni dove l’emergenza è particolarmente allarmante, hanno già predisposto e, in alcuni casi, hanno già emanato apposite ordinanze contingibili ed urgenti in virtù dei poteri ad essi conferiti dalla legge a tutela della salute e della incolumità delle comunità amministrate.
La riunione si è conclusa con l’intesa che il Coordinamento, entro breve tempo, raccoglierà tutte le istanze che perverranno dai comuni in modo tale che nella prossima riunione si possa addivenire ad una proposta concreta e condivisa da sottoporre successivamente alla Regione Calabria.
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Sabato 13 Aprile 2013
Speciale Provincia - L’ora degli “anti” amici dei cittadini
Asse VII “Sistemi produttivi”, Linea di intervento 7.1.1.2 “Azioni per semplificare gli iter procedurali connessi alla localizzazione e alla operatività delle imprese (Suap)”. Alla Provincia di Cosenza spetta la presidenza del Coordinamento, ovvero l’organismo di indirizzo politico-istituzionale e di pianificazione delle attività.
Mario Oliverio con Antonio Caridi
territorio provinciale, i rappresentanti degli Enti terzi. Il Coordinamento provinciale è uno degli organismi previsti dal progetto di riorganizzazione dei Suap finanziato dal Por Calabria Fesr 2007-2013,
Il Coordinamento favorirà la semplificazione amministrativa nell’ambito delle norme che disciplinano l’esercizio delle attività imprenditoriali, uniformerà i procedimenti relativi agli atti istruttori dei servizi comunali e degli enti esterni, sosterrà l’istituzione e il sostegno alla crescita dei Suap nei comuni del territorio provinciale. L’organismo coordinerà inoltre le azioni dei Suap presenti sul territorio, provvederà all’erogazione di interventi formativi e di aggiornamento dei responsabili degli sportelli, promuoverà progetti che consolidino e favoriscano la crescita della competitività del tessuto imprenditoriale provinciale. Altre missioni affidate al Coordinamento saranno quelle di favorire la collaborazione interistituzionale tra Pubblica amministrazione locale ed Enti di derivazione regionale o nazionale con rappresentanza su base provinciale, nonché di divulgare la conoscenza delle attività e dei servizi erogati dai Suap nei confronti del mondo imprenditoriale anche in collaborazione con le Associazioni di categoria e gli Ordini professionali. Attraverso il Coordinamento degli sportelli unici delle Attività produttive la Provincia di Cosenza svolge un ruolo fondamentale a supporto del territorio, oltre che nel miglioramento dei servizi di assistenza alle imprese. Introdotto dal dirigente del settore Programmazione
Dalla provincia
della Provincia Giovanni Soda, l’incontro nel corso del quale è stato firmato il Protocollo, presenti gli assessori alle Attività produttive della Regione Calabria Antonio Caridi e della Provincia di Cosenza Mario Caligiuri, il questore di Cosenza Alfredo Anzalone, il dirigente regionale Francesco Denis Venneri, numerose autorità, ha contato gli interventi del prefetto Cannizzaro, dello stesso delegato regionale Caridi, del presidente Mario Oliverio. «Celebriamo quest’oggi una giornata importante. Con l’istituzione dello Sportello unico - ha sottolineato in particolare Oliverio - apriamo una nuova fase nei rapporti tra sistema delle imprese e Pubblica amministrazione, fondata sulla semplificazione e sulla certezza dei tempi di risposta. È una importante innovazione che agevolerà il lavoro delle imprese, rimuovendo riconosciuti e consolidati fattori di difficoltà». «Attraverso il Coordinamento dei Suap - ha aggiunto il presidente della Provincia di Cosenza la Provincia di Cosenza svolge un ruolo fondamentale a supporto del territorio, oltre che nel miglioramento dei servizi di assistenza alle imprese. Lo sportello unico delle attività produttive è un fattore di forte propulsione e di informazione da utilizzare al massimo per la conoscenza del ventaglio di opportunità per un mondo che è sostegno e pilastro dell’economia». Gli Enti terzi che hanno sottoscritto il Protocollo d’intesa sono stati il Consorzio per lo Sviluppo industriale; la Capitaneria di porto di Vibo Valentia; la Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici; la Soprintendenza ai Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria; il Parco nazionale del Pollino; il Parco nazionale della Sila.
L’ora dei riconoscimenti
Onore e merito al Conservificio di Amantea di Mario Caligiuri*
Con immensa soddisfazione e orgoglio ho appreso che una delle aziende della provincia di Cosenza, il Conservificio Suriano di Amantea, con la sua salsa al peperoncino, è tra le quindici aziende italiane ad essere risultate vincitrici dell’ambìto premio “Golosario-Agrifood” per la categoria “Sfiziosità”. Non è né facile né usuale -prosegue Caligiuri- trovare spazio in una pubblicazione nazionale di grande prestigio come il Golosario di Paolo Massobrio che, per il quarto anno consecutivo, insieme ad una squadra di dieci giornalisti esperti, ha messo a setaccio la Fiera di Verona per raccontare e segnalare le novità, le eccellenze alimentari e la qualità dell’artigianato italiano diviso per regioni e presente all’interno del Vinitaly. Quello assegnato all’azienda Suriano è, quindi, un riconoscimento straordinario e prestigioso che conferma appieno, tra l’altro, la nostra intuizione di puntare alla valorizzazione e alla promozione, nonostante le ristrettezze economiche del momento, delle eccellenze presenti nel nostro territorio attraverso la creazione di spazi ed eventi tesi a far conoscere la qualità dei prodotti enogastronomici della nostra terra. Mi auguro che, sull’esempio dell’azienda “Suriano” di Amantea, che ha sempre creduto nella promozione e nella valorizzazione dei nostri prodotti partecipando a tutte le iniziative da noi promosse all’interno e all’esterno della nostra regione, possa ulteriormente crescere e rafforzarsi nella in provincia di Cosenza e in Calabria una cultura nuova, capace di valorizzare al massimo un patrimonio enogastronomico che non è secondo a nessuno e che può fungere da volàno per una regione che vuole crescere e svilupparsi scrollandosi definitivamente un’immagine negativa che, per troppi anni, le era stata cucita addosso. * assessore alle Attività economiche e produttive della Provincia di Cosenza
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Paesi vuoti, tasche piene
Meno siamo più prendiamo Sono centinaia i paesi della Calabria in via di spopolamento eppure saranno rimpolpati di soldi per costruire centri per anziani, biblioteche e altro ancora nella speranza che la gente torni all’ovile Ma cosa si deve riempire? Le case e o le casse? di Francesco Cirillo
Sono centinaia i paesi della Calabria in via di spopolamento. Sono i paesi dell’interno a subire questa decimazione di popolazione. Spopolamento avvenuto, prima per l’emigrazione massiccia verso le Americhe e verso il nord Italia, poi verso i paesi della costa, attratti dal turismo e dal guadagno estivo anche se effimero. I paesi dell’interno della Calabria si sono visti chiusi, lentamente, anno dopo anno, i servizi essenziali, quali le guardie mediche, le caserme dei carabinieri, le farmacie, le scuole, gli uffici postali. Un inesorabile processo di tagli che ha incentivato lo spopolamento dei paesi, che sta portando a un rapido declino delle aree interne e marginali della nostra regione, con costi enormi dal punto di vista economico e sociale. I comuni a rischio di una vera e propria estinzione, certificati dall’Istat, sono 106, di tutte e 5 le province e rischiano di sparire sotto il peso di una regressione demografica che pare inarrestabile. Centosei Comuni che, nel 2004, avevano una popolazione inferiore a 1500 abitanti e che, nel decennio 1991-2001, hanno subìto una diminuzione superiore al 5%. Al calo demografico si accompagna, poi, l’andamento negativo dei redditi, con tassi di disoccupazione giovanile e femminile superiori alla media regionale. La gente che ha potuto, quindi si è spostata verso la costa che invece si è vista incentivata i servizi, in nome del turismo. Per cui mezza Verbicaro si trova tra Scalea e Santa Maria del cedro, mezza Buonvicino a Diamante, Belvedere paese su Belvedere M.mo e così via paese per paese partendo dal Pollino fino all’Aspromonte. I paesi dell’interno rappresentano la vera storia della Calabria. Solo dal 1564, e cioè dalla fine delle incursioni piratesche i paesi costieri della nostra regione si sono formati o ripopolati. La Calabria non è un paese di mare, come si suol credere, ma di montagna, di collina. È da soli 5 secoli che il calabrese si è spostato sul mare. La nostra storia è quindi alle nostre spalle e noi non lo sappiamo. Il turismo poteva essere la salvezza dei paesi dell’interno. Ma il turismo, non di massa, quello selettivo, di nicchia quasi, culturale, che cerca la calma e non il caos. Quel turismo fatto essenzialmente di tedeschi, austriaci, svizzeri,danesi, italiani tranquilli che cercano la tranquillità, la storia, l’ambiente. Il Parco del Pollino, delle Serre, della Sila, dell’Aspromonte, potevano essere il volano di questo tipo di turismo. Potevano rappresentare il fulcro centrale at-
torno al quale poi si sarebbero potuto agganciare man mano tutti i paesi circostanti. Invece i parchi sono diventate scatole vuote. Enti dove si sperpera il danaro con opere d’arte sparse nell’ambiente, rifugi sempre più vuoti, interventi inutili che non servono nemmeno a frenare gli incendi che puntualmente ogni estate si attivano senza sosta in ogni punto della regione. L’ambiente che doveva essere la prima risorsa della nostra regione, che avrebbe attratto per la propria bellezza milioni di turisti, così come avviene per i parchi degli Stati Uniti o di altri paesi europei è diventato un optional senza senso. In tutta la regione sono oltre 500 le discariche sparse paese per paese, appena ti giri trovi un sindaco che vuole costruire una centrale a carbone o a biomasse, o un rigassificatore, o un mega porto, o un inceneritore, certi come vogliono far credere che queste opere portino sviluppo, lavoro, e che invece sappiamo portano solo interessi alle solite ditte legate sempre a personaggi loschi. La politica annaspa nel buio, ed è rivolta solo a perpetuare le proprie poltrone e le proprie caste di qualunque colore politico. La popolazione subisce e preferisce emigrare piuttosto che lottare perché le cose cambino. Lo s/governatore Scopelliti intanto sparge danaro a pioggia su tutti i paesi. L’occasione della “lotta allo spopolamento” arriva con i fondi Pisl. Circa 42 milioni di euro. Lo annunciano in una conferenza stampa tenutasi qualche giorno fa nella Sala
“Giuditta Levato” di Palazzo Campanella a Reggio Calabria. Attraverso, apposta, tutti i soggetti che compongono il partenariato di progetto assumeranno congiuntamente, precisi obblighi rispetto all’utilizzo delle risorse - del valore di 10.275.568 euro per 36 operazioni già ammesse a finanziamento - e alla realizzazione di interventi che favoriscano l’azione di contrasto allo spopolamento. A essere coinvolti nel Pisl, il cui capofila è la Comunità montana dell’Area grecanica, sono 36 piccoli comuni, quelli con meno di 1500 abitanti, che si trovano in provincia di Reggio Calabria. Il finanziamento complessivo per tutti i piccoli centri della Calabria è di circa 42 milioni di euro. In 99 comuni, situati in tutto il territorio regionale, grazie alle risorse europee verranno riqualificati immobili, aree e infrastrutture degradate o sotto utilizzate, realizzati centri sociali e ricreativi, volti alla diffusione della cultura dell’inclusione e al sostegno agli anziani e di accoglienza delle donne disagiate e interventi utili a sostenere lo sviluppo imprenditoriale locale e a recuperare gli antichi mestieri. Secondo questi progetti approvati, i paesi dovrebbero popolarsi, con qualche polo sportivo, qualche centro per anziani o per donne disagiate, o qualche bottega artigianale o centro multimediale o polifunzionale. La Calabria è piena di questi centri. Costruiti e poi abbandonati perché i comuni poi non hanno personale per aprirli. Ci sono biblioteche sulla carta in quasi tutti i paesi. Ma non hanno libri, non hanno chi le apre e chiude, non hanno chi possa gestirle. Questi finanziamenti potrebbero avere un senso se ci fosse anche l’impegno dell’inserimento nel bilancio del comune della gestione del bene che si riceve. Ma in ogni caso servirebbe a fermare lo spopolamento? Ma se l’Istat stesso indica le cause dello spopolamento perché i danari pubblici finiscono in un’altra direzione?
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Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e Comitato permanente per la verifica dei Lea Ministero della Salute Direzione generale della Programmazione Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per la Calabria e Procura regionale della Calabria Consiglio regionale della Calabria Terza commissione P.c. Presidenza Regione Calabria Struttura commissariale per il Piano di rientro e Dipartimento Tutela della salute P.c. Direttore generale Azienda ospedaliera di Cosenza
Siamo in braccio all’Annunziata Questa organizzazione sindacale Cgil ha analizzato le deliberazioni inerenti l’adozione dell’atto aziendale dell’ azienda ospedaliera di Cosenza (n. 739 del 26-07-2012 e n. 91 del 15-02-2013) e lo stesso decreto di validazione regionale (Dpgr n. 24 del 12-02-2013), riscontrando numerose incongruenze e perfino elementi di irregolarità, che rischiano di rendere privo di legittimità l’intero impianto ed i provvedimenti che ne sono derivati o ne deriveranno in futuro. È stata, infatti, adottata una delibera di adeguamento della dotazione organica (n. 205 del 21-03-2013) e sono state inviate comunicazioni ad alcuni dirigenti, con le quali si stanno revocando i precedenti incarichi e se ne conferiscono di nuovi. Accade, così, che da un momento all’altro responsabili di struttura semplice si ritrovino dirigenti di alta specialità oppure che direttori di struttura complessa retrocedano a responsabili di struttura semplice. Pur non volendo mettere in discussione le prerogative aziendali e le sue scelte strategiche, dobbiamo chiederci se queste possano essere assunte senza essere motivate da criteri giustificati ed espliciti, soprattutto quando si mettono a rischio il livello dei servizi disponibili per i cittadini di un’intera provincia ed il percorso professionale di tanti operatori sanitari. Ci rivolgiamo, pertanto, alle SS. LL. affinché vogliano intervenire, ciascuna nell’ambito dei propri poteri, per verificare quanto da noi segnalato ed, eventualmente, indurre le rispettive amministrazioni a rivedere le determinazioni assunte, fino a revocarle, oppure per adottare le opportune sanzioni. Quanto sopra al fine di evitare il diffondersi di un clima di incertezza del diritto, ma anche di prevenire o raffreddare i focolai di conflittualità che sorgessero tra il personale direttamente interessato alle modifiche dell’assetto organizzativo, ove tali modifiche si rivelassero fondate su presupposti e procedure non sostenibili. L’atto aziendale, per certi versi, può essere equiparato a una “legge fondamentale” perché esso deve delineare la missione dell’azienda, nonché le strutture, le risorse e il modus operandi che si intende mettere in campo per raggiungerla. È quindi un atto costitutivo che prevede anche pos-
Ecco il dossier integrale che la Cgil ha elaborato a proposito dell’atto aziendale dell’ospedale di Cosenza Un atto d’accusa impietoso su tecniche, metodo e merito delle varie delibere sibilità di mutamento dell’azione di governo per adeguare l’azienda ai bisogni della popolazione che s’intende soddisfare. L’azienda ospedaliera di Cosenza ha una missione sociale, che deve essere contemperata con le risorse finanziarie assegnate e disponibili. Deve offrire servizi diversi, in quanto già ospedale regionale, sede di Dea di secondo livello, centro hub e punto di riferimento dei centri spoke provinciali (Cetraro-Paola, Castrovillari-Acri e Rossano-Corigliano) ed extra provinciali (Crotone). L’atto costitutivo dell’Azienda, pertanto, avrebbe potuto e dovuto effettuare una ricognizione dell’esistente, individuando i punti di forza esclusivi su cui investire, programmando novità ed evitando doppioni di prestazioni.
Sotto questi profili, l’elaborato proposto con la deliberazione n. 739/2012 - e parzialmente confermato dalla successiva delibera n. 91/2013 - mostra un grave limite, derivante dal fatto che esso non è innovativo rispetto al passato ed appare privo di una programmazione finalizzata allo sviluppo qualitativo e quantitativo delle prestazioni erogabili dall’azienda. Contrariamente ai vincoli stabiliti dalle linee guida regionali per la definizione degli atti aziendali (emanate con due successivi decreti: Dpgr n. 54/ 2011 e n. 137/2012), in quello della nostra azienda alcune strutture complesse e alcune semplici dipartimentali sono state individuate o confermate senza tenere conto dei volumi di attività, della rilevanza delle prestazioni e della loro appropriatezza, nonché degli aspetti economici. Nell’atto, inoltre, non sono riportati i criteri di individuazione dei dipartimenti, delle strutture complesse, di quelle semplici dipartimentali e delle strutture semplici; non sono resi espliciti gli obbiettivi e i relativi atti di regolamentazione. I dipartimenti previsti sono in numero eccessivo e, per lo più, si presentano come contenitori di unità operative non sempre omogenee, affini o complementari tra loro; quindi, destinati a funzionare con grandi difficoltà secondo la logica dipartimentale. Tali tipologie di dipartimento, tenuto conto della spiccata vocazione all’alta specializzazione che deve caratterizzare un’azienda ospedaliera come la nostra, sembrano poco comprensibili, di fatto poco sono funzionali allo sviluppo di attività specialistiche e alla crescita di nuove professionalità, anzi divengono un elemento frenante.
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Sabato 13 Aprile 2013
Corsie di emergenza
La maggior parte delle unità individuate come strutture semplici o dipartimentali non hanno i requisiti per essere considerate tali. Questo atto aziendale, nonostante la crisi e i vincoli economici legati al piano di rientro, intende elevare attività routinarie e meramente ambulatoriali (ad es. il Dh) a strutture semplici o addirittura dipartimentali, anche senza rispettare il minimo di 10 posti letto richiesti (ad es. Chirurgia senologica) e perfino senza posti letto. Il numero delle strutture individuate, oltre a superare i limiti economici imposti dal piano di rientro, porrà seri problemi di fabbisogno di personale, sempre che tali unità operative siano dotate di un minimo di risorse umane. Non si è tenuto in alcun conto che gli organici attuali di alcune strutture esistenti, come l’Ortopedia, rende assai difficile consentire il funzionamento delle stesse.
Ci riferiamo in modo particolare al Dipartimento materno infantile che, invece di essere rafforzato con lo sviluppo delle alte specialità, per poter frenare l’elevato tasso di emigrazione sanitaria ancora esistente in questo settore, accoglie unità operative che nulla hanno a che vedere con il Dipartimento materno infantile oppure che non posseggono la caratteristica di strutture dipartimentali. È il caso delle unità di Fisiopatologia della riproduzione e di Anestesia e analgesia in ostetricia, che in realtà si interfacciano solo con l’Ostetricia. Compare la Chirurgia senologica, che semmai si potrebbe inquadrare nel Dipartimento di chirurgia o in quello di oncoematologia. Sarebbe stato opportuno, invece, inserire nel Dipartimento materno infantile, dotandoli di personale dedicato, il Pronto soccorso ostetrico e quello pediatrico. Nel caso del Dipartimento d’emergenza, trattandosi di un Dea di secondo livello, sarebbe stato naturale vedere confluire in esso tutte le unità operative che consentono di trattare le emergenze e, quindi, anche la Terapia intensiva cardiologica; ma così non è stato. Al di fuori di ogni criterio, se non quello di aumentare gli sprechi, è stata istituita una unità operativa di Ecografia d’urgenza, che è attiva solo 12 ore e rappresenta un vero e proprio doppione, visto che la maggior parte delle ecografie vengono eseguite in Radiologia. Tra Dipartimento di Medicina e Dipartimento di Cardiologia e discipline specialistiche non si riscontra alcuna differenza, in quanto ad entrambi afferiscono strutture specialistiche, come la
Gastroenterologia nel Dipartimento di Medicina oppure la Nefrologia e la Neurologia nel Dipartimento di Cardiologia. A conti fatti, si è voluto sdoppiare il precedente Dipartimento di medicina, senza lasciare intravedere nessuna innovazione, mentre si è innescata una lievitazione dei costi, dal momento che il nuovo Dipartimento di cardiologia comporterà la nomina dell’ennesimo Direttore di dipartimento. A fronte della prescrizione di accorpare unità operative di eguale specializzazione, l’azienda ha voluto prevedere due strutture complesse di Cardiologia, aggiungendo ad una di esse l’attributo di “interventistica”, attività che costituiva una della funzioni della precedente Cardiologia e che si configura, semmai, come incarico di alta specialità. Vi sono altri esempi inspiegabili di trasformazione o di creazione di posizioni dirigenziali. Nell’area di supporto alla Direzione generale è prevista una struttura complessa di Governo clinico, le cui funzioni in tutti gli ospedali sono istituzionalmente assegnate al direttore sanitario di presidio ospedaliero. Stranamente, però, è stata declassata ad unità operativa semplice la Fisica sanitaria, che in tutte le altre Aziende della regione è considerata complessa. Si prevedono unità operativa complesse di Odontoiatria e stomatologia e di Terapia del dolore, promuovendo unità operative semplici che negli anni passati hanno prodotto un fatturato esiguo e non rappresentano certamente finalità strategiche per un ospedale hub. Peraltro esse offrono prestazioni fuori dai Lea, ma pur sempre di alto valore sociale e, perciò, sarebbero meglio valorizzate nel territorio.
Uno sguardo particolare va dato alla organizzazione dei servizi tecnico-amministrativi, per i quali le linee guida regionali sopra richiamate hanno proposto sette unità operative complesse (Gestione risorse umane, Gestione risorse economiche e patrimoniali, Gestione forniture, servizi e logistica, Gestione infrastrutture e tecnologiche, Sistemi informativi, Servizi generali, Gestione servizi amministrativi ospedalieri). Nell’Atto aziendale è scomparsa l’unità di Sistemi informativi, che dovrebbe avere una valenza strategicamente rilevante per il buon funzionamento dei sistemi informatici, al giorno d’oggi indispensabili alla gestione di una moderna ed efficiente azienda. In compenso, nell’area di supporto alla Direzione generale è comparsa la struttura complessa Ufficio legale, che le linee guida prevedono quale settore dei Servizi generali. Le stesse linee guida prevedono che l’attività di formazione del personale sia svolta all’interno della unità complessa Gestione risorse umane; invece l’atto aziendale istituisce una struttura semplice di Comunicazione e formazione, sempre nell’area di supporto alla Direzione generale. Alcune delle funzioni e delle attività assegnate alla nuova struttura semplice di Cup e gestione liste di attesa, ticket, poliambulatori, Alpi dovrebbero fare parte della unità complessa Gestione servizi amministrativi ospedalieri, come previsto in modo appropriato dalle linee guida regionali. Nella prima formulazione di atto aziendale erano state create alcune unità semplici assolutamente inedite, con funzioni ed attività irrilevanti, come le strutture di Privacy, di Servizi amministrativi comitato etico, di Segreteria generale. Il decreto di validazione con prescrizioni, di cui diremo meglio più avanti, ha disposto la cassazione solo per una di esse (Privacy) in quanto i contenuti non sono di pari rilevanza rispetto alle altre strutture semplici, ma avrebbe potuto abolirle tutte con le stesse motivazioni. Il Decreto del presidente della Giunta regionale n. 24 del 12/02/2013, adottato e pubblicato nella stessa data, presenta al suo interno una contraddizione apparentemente inspiegabile, infatti fa «obbligo al Direttore generale di uniformarsi, ai fini dell’esecutività dell’atto aziendale, alle prescrizioni evidenziate, nessuna esclusa, entro il 15 gennaio 2013 per rendere efficace lo stesso atto a far data dal 16 Gennaio 2013». Pur non essendo intervenuta alcuna rettifica, è facile dedurre che ci sia un errore materiale e che la data reale sia il 15 febbraio. Ed infatti, tre giorni dopo l’azienda ha adottato la delibera n. 91 di modifica dell’atto aziendale. In ogni caso, il decreto di validazione non tiene in alcun conto la sostanziale inottemperanza alle norme da parte dell’atto aziendale ex delibera n. 739/2012, ma si limita a prescrivere una serie di modifiche (esattamente 14).
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Queste riguardano: la precisazione di funzioni e rapporti gerarchici all’interno dei dipartimenti; la riallocazione o una nuova denominazione di alcune strutture; la cancellazione di sei strutture semplici sanitarie ed una amministrativa (come detto sopra); la rimodulazione del cosiddetto Dipartimento area staff direttore generale, di cui si rileva la inadeguatezza nella forma e nella sostanza, ma senza precisare se le relative strutture siano da convertire in incarichi professionali; la cancellazione dell’organizzazione dell’ospedale di Rogliano, che resta in un limbo, in attesa del passaggio all’Asp, insieme alle unità operative di Riabilitazione e Lungodegenza ad esso assegnate in precedenza; la richiesta di produrre una tabella riportante il personale a carico di ogni singola struttura, senza la quale non è possibile impostare la contabilità per centri di costo. Il successivo atto aziendale modificato ex delibera n. 91/2013 non sembra avere recepito totalmente le suddette prescrizioni e, pertanto, a rigore di logica potrebbe non essere considerato immediatamente esecutivo. Ma il punto su cui chiediamo di fare chiarezza è il seguente. Può il decreto regionale validare e rendere esecutivo l’atto aziendale e, contestualmente, «fare obbligo al Direttore generale di adeguare gli atti aziendali alle nuove linee guida regionali che saranno emanate in recepimento della legislazione in fieri in materia»? Infatti, dal verbale della seduta del 7 novembre 2012 del “Tavolo Massicci” apprendiamo che «nel corso della precedente riunione Tavolo e Comitato avevano evidenziato diverse criticità rispetto al provvedimento di adozione delle linee guida sugli atti aziendali» e, pertanto, si è ritenuto «necessario che la regione adotti un documento di aggiornamento delle linee guida regionali per l’adozione degli atti aziendali che recepisca le osservazioni ministeriali e sia coerente con il predetto atto complessivo di programmazione di tutte le reti assistenziali». Quindi, se da tale processo risultasse modificato l’assetto complessivo delle reti assistenziali, anche l’assetto organizzativo che l’azienda ospedaliera di Cosenza si è dato potrebbe subire variazioni, rimettendo in discussione tutti gli incarichi attualmente in corso di revoca o di assegnazione. In conclusione, nessun atto aziendale potrebbe essere adottato e validato prima della emanazione di nuove linee guida regionali. Da tutte le considerazioni sopra esposte, e dagli inquietanti interrogativi che ne derivano, nasce questa iniziativa sindacale, che ci auguriamo sia presa in considerazione da tutte le autorità in indirizzo e susciti gli opportuni provvedimenti. Franca Sciolino segretaria generale Fp Cgil Cosenza Giovanni Donato segretario generale Cgil Cosenza
francesco.massicci@tesoro.it francesco.zoccali@regcal.it segreteriaministro@sanita.it; segr.capogabinetto@sanita.it; segr.dipqual@sanita.it dp.segreteria@sanita.it sezione.controllo.calabria@corteconti.it procura.regionale.calabria@corteconti.it nazzareno.salerno@consrc.it giuseppe.scopelliti@consrc.it da.greco@regcal.it v.marasco@regcal.it c.merante@regcal.it direzione.generale@aziendaospedalieracs.it
Quelle cliniche nel deserto...
Carlo Guccione In basso a destra in una sua recente “visita” con Laratta al Pronto soccorso di Cosenza
Il consigliere regionale del Pd Guccione interroga il commissario Scopelliti sulla sorte di una serie di strutture sanitarie costruite dal '90 al 2000 e a tutt'oggi completamente abbandonate Una gestione oculata e virtuosa della sanità in Calabria non può passare solo attraverso tagli ed aumenti della pressione fiscale che continuano a salassare le tasche dei calabresi. È questo il principio che ha sempre ispirato il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione che, sin dalla sua elezione, non solo ha sempre messo in evidenza criticità, inefficienze e limiti della politica ragionieristica e vessatoria del commissario Scopelliti ma, allo stesso tempo, si è sempre sforzato di avanzare proposte e soluzioni che garantissero ai cittadini il loro sacrosanto diritto alla salute e alla cura. L’ultima iniziativa di Guccione riguarda una interrogazione a risposta immediata presentata a Scopelliti su una serie di strutture sanitarie costruite in Calabria a cavallo tra il 1990 e il 2000 e rimaste, fino ad oggi, inutilizzate. Queste strutture, in base all’ex articolo 20 della legge 67/88 avrebbero dovuto essere adibite a case-famiglie, rsa, alloggi protetti e comunità terapeutiche. Ormai sono passati più di quindici anni e gran parte di esse (quasi tutte) sono state lasciate in un profondo abbandono. In provincia di Cosenza ne sono state costruite 21, di cui 18 sono state completate e tre presentano ancora lavo-
ri in corso. Per la loro costruzione lo Stato ha stanziato oltre 14 milioni di euro. Al danno, quindi, si è unita anche la beffa. Non solo questi manufatti non vengono utilizzati in nessun modo, ma rappresentano un forte momento di degrado e di emergenza ambientale per i territori delle comunità che li ospitano. Nelle scorse settimane i sindaci di Spezzano Piccolo, Pedace, Serra Pedace, Casole Bruzio, Trenta e Celico si sono mossi ed hanno avanzato all’Asp e alla Regione una proposta di riutilizzo di una di queste strutture che si trova a Casole Bruzio. L’idea è quella di ubicarvi il polo multispecialistico sanitario considerato che essa, rispetto a quella attuale ubicata in un locale angusto ed inadeguato di soli 200 metri quadrati, dispone di oltre 600 metri quadri di superficie che darebbero la possibilità di una migliore sistemazione delle prestazioni offerte (cardiologia, diabetologia, ortopedia, oculistica, chirurgia generale, prelievi ematici) agli oltre ventiduemila cittadini che ogni anno si rivolgono all’attuale polo specialistico, ai medici e agli operatori sanitari che vi operano, offrendo anche la possibilità di poter ampliare la gamma dei servizi sanitari territoriali per un bacino di utenza che conta oltre cinquantamila abitanti. Nella sua interrogazione a risposta immediata Guccione chiede a Scopelliti di sapere quali iniziative immediate e urgenti intende assumere per evitare di far disperdere questo importante patrimonio che è costato oltre cinquantamilioni di euro e che, in alcuni casi, è diventato luogo di degrado e di abbandono e se non ritenga opportuno ed urgente predisporre un piano di recupero e di riutilizzo sanitario di queste strutture, così come richiesto e proposto dai sindaci dei comuni sopracitati che hanno già inviato una lettera al direttore generale del dipartimento generale della Salute della Regione Calabria Antonino Orlando e al direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale di Cosenza Gianfranco Scarpelli, attraverso la quale chiedono di poter utilizzare al meglio la struttura abbandonata di Casole Bruzio come polo socio-sanitario al servizio delle popolazioni della presila cosentina.
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L’intervento
Accreditamenti Forse il Pd si è “svegliato”? di Enzo Paolini
Abbiamo letto l’interrogazione dei consiglieri regionali Pd su “accreditamenti, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private” e salutiamo con soddisfazione l’arrivo di politici che su questi temi sollecitiamo da oltre quindici anni. Meglio tardi che mai. Hanno ragione, gli interroganti, quando dicono che i decreti relativi a requisiti organizzativi non consentono applicazioni discrezionali e che i chiarimenti servono quando forniscono regole esecutive omogenee ed eque. Hanno ragione soprattutto quando dicono che la fissazione dei budgets annuali per strutture sanitarie accreditate private e per ospedali pubblici avviene in palese e tragicomico ritardo (il piano “preventivo” del 2012 è stato deliberato... a dicembre 2012!) e per di più in maniera totalmente allergica a qualsiasi motivazione in ordine alle specifiche e singole assegnazioni.L’Aiop ha impugnato il decreto della Giunta regionale n. 189/2012 che ha ripartito il fondo e che è purtroppo sfuggita alla compagine consiliare Pd. Alla quale va segnalato un ulteriore aspetto contenuto nel decreto 189/2012 e che rende la Calabria distante ed anzi avulsa dai più basilari principi costituzionali e che meriterebbe una altra interrogazione. È quello che riguarda la previsione della sospensione di tutti i pagamenti “spettanti” in caso di contenzioso attivato contro la Regione o le Asp. È detto proprio così: “spettanti”. Dunque per i commissari della sanità calabrese qualora un cittadino o una azienda volesse far valutare ad un Ggiudice della Repubblica italiana la sussistenza di eventuali suoi diritti, ad essi sarebbero subito sospesi tutti i pagamenti “spettanti”, (non quelli in discussione o incerti, no, proprio quelli “spettanti”), fino alla definizione della causa. Ciò per molti anni. Una previsione chiaramente ritorsiva, ricattatoria, estorsiva e chi più ne ha più ne metta. Con tanti saluti ai decreti sul pagamento dei debiti, alla riduzione della morosità, alla “lotta ai ritardi delle pubbliche amministrazioni”. Chissenefrega. Qui siamo al medioevo: se parli non ti pago. E basta. Siamo certi che i consiglieri del Pd considerino questo atto come l’ennesima prova di una prassi e di una classa politica per le quali la democrazia ed i diritti sono un optional e che governa come se la collettività governata fosse rinchiusa in una caserma dove i generali comandano ed i soldati ubbidiscono. E se parlano finiscono agli arresti. Solo che la Calabria non è una caserma ed i generali inadeguati e devastatori del sistema sanitario devono tornare da dove sono venuti. È tempo di dire basta. Amici del Pd, sveglia. I convegni ed i dibattiti non sono sufficienti. Occorrono atti concreti. In Consiglio regionale, e nelle piazze.
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La beffa tra i banchi
Alla c.a. dell’On. Giuseppe Scopelliti Presidente della Giunta Regionale della Calabria
Lettera aperta
Caro presidente ci lasci la casa
Alla c.a. del Prof. Mario Caligiuri Assessore alla Cultura, Istruzione e Ricerca presso la Regione Calabria Alla c.a. del Prof. Massimiliano Ferrara Dirigente Generale del Dipartimento Cultura, Istruzione, Università, Ricerca, Trasferimento tecnologico e Alta Formazione.
di Igor Colombo*
Egregio Governatore, mi auguro che Lei possa sottrarre qualche minuto ai suoi numerosi impegni politici ed istituzionali per poter cosi leggere queste mie poche righe. Le scrivo dopo aver raccolto la rabbia e in alcuni casi le urla di disperazione di molti cittadini lametini, i quali attendono con ansia ed estremo bisogno l’assegno annuale riguardante il contributo del canone di locazione per l’anno 2010. Da alcuni giorni questi cittadini sono venuti a conoscenza che tale assegno sarà oggetto di una drastica riduzione pari all’86% dell’intera cifra calcolata per ogni persona richiedente, calcolo che avviene in base al reddito percepito e alla somma del contratto di locazione di cui sono interessati e titolari gli aventi diritto a tale contributo regionale. Questo vistoso taglio sull’erogazione di tale contributo avviene con efficacia metodica da qualche anno, da quando in pratica Lei e la sua Giunta governano la nostra regione, questo mi perdoni è un dato di fatto incontrovertibile ed incontrastabile, in quanto io stesso da qualche anno a questa parte ho più volte sollecitato pubblicamente attraverso gli organi di stampa la sua persona nell’impegnarsi per far si che l’assegno riguardante il contributo per il sostegno al canone di locazione venisse erogato per intero senza subire alcuna riduzione. Apparirà lapalissiano anche a Lei che con un taglio dell’86%, a questi cittadini non restano che briciole rispetto a quanto effettivamente spettava loro per legge, in relazione ai parametri richiesti per aver diritto a tale contributo. Si tratta di persone, in molti casi capi famiglia, disoccupati e senza alcun reddito, i quali contano su questi soldi per poter far fronte al pagamento dell’affitto della loro abitazione, mesi che avevano lasciato scoperti, chiaramente non per loro volontà, ma per l’impossibilità economica dettata dalla loro precaria e drammatica situazione sociale con cui devono fare quotidianamente i conti. Mi rendo conto del momento di particolare difficoltà in cui stiamo vivendo e la crisi economica che ci aggredisce sempre più e con cui anche gli Enti locali devono fare i conti, ma sono del parere che le politiche sociali e specie quelle legate all’emergenza abitativa, debbano essere di precipua importanza per una buona amministrazione politica-istituzionale sia essa comunale, provinciale e regionale. Ora in tutta franchezza e sincerità Le chiedo, a chi devono rivolgersi questi cittadini, molti dei quali invasi da una totale disperazione e rassegnazione?Da chi devono avere risposte?Dal momento che la situazione per alcuni di questi è davvero drammatica e presumo non solo nel comune di Lamezia Terme ma anche nelle altre città calabresi, Le chiedo di voler prestare attenzione alla questione che Le sto presentando e spiegando, al fine di poter trovare una qualche soluzione immediata che possa offrire una speranza e una boccata d’ossigeno per queste persone, alcune delle quali vivono sotto la soglia di povertà. La prego di intervenire insieme al suo assessore al Bilancio On. Giacomo Mancini, per poter trovare una soluzione pragmatica per questi cittadini e reperire cosi le somme spettanti per l’erogazione del contributo del canone di locazione per l’anno 2010. Nel salutarLa cordialmente mi auguro che tale mio appello non resti vano e non cada nel vuoto, molti cittadini calabresi attendono risposte. * segretario provinciale Forza nuova - Lamezia Terme
Peppe Scopelliti
Com’è noto, i vincitori del recente concorso a dirigente scolastico nella Regione Calabria sono stati fortemente penalizzati (per non dire beffati) dal piano di dimensionamento varato dalla Regione Calabria per l’anno scolastico 2012/2013 che ha soppresso un centinaio circa di istituzioni scolastiche autonome. In virtù del riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia, così come sancito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 147 del 5 giugno 2012 - che richiama precedenti sentenze sulla vexata quaestio delle competenze (la n. 200 del 2009 e la n. 22 del 2011) - sembra opportuno sottolineare che, ancor di più dopo la riforma del titolo V della Costituzione, del 2001, la programmazione del servizio scolastico sul territorio (denominata “dimensionamento”) rientra tra i compiti affidati alle Regioni e ciò in virtù del fatto che, secondo l’insegnamento della Consulta, la preordinazione di criteri relativi al dimensionamento delle scuole «ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze socio economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale...». Solo in sede regionale, quindi, possono essere apprezzate e tutelate realtà e peculiarità, e solo a partire dalla stessa sede possono essere effettuate scelte che incidono sulla qualità dell’offerta formativa e, in parallelo, sull’occupazione - presente e futura - finalizzata all’obiettivo europeo della migliore inclusione sociale. Non è superfluo evidenziare che nel corrente anno scolastico su 407 istituzioni scolastiche attualmente operanti in Calabria (da 508 esistenti ante dimensionamento) ben il 22% di esse è andato a reggenza, ossia senza l’assegnazione di un dirigente e di un direttore dei servizi generali e amministrativi. Così come non è tollerabile che i posti di dirigente scolastico messi a concorso con un bando pubblico valevole su tutto il territorio nazionale possano esistere o scomparire a seconda delle scelte operate dalla classe politica regionale di turno. Ebbene, la Regione Calabria, chiamata, per l’A.S. 2013/2014, a rivedere, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale sopra citata, la riorganizzazione dell’intera rete scolastica (che già tante perdite di posti di lavoro ha provocato - in primis posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali amministrativi), si è dimostrata, ancora una volta, fanalino di coda in tutta Italia, con buona pace di tanti proclami e di buone intenzioni preelettorali, tra cui annoveriamo la richiesta di ben 408 dirigenze allo Stato centrale da parte dell’attuale presidente della giunta regionale. La Regione Calabria, infatti, è una delle poche che non riesce a portare a casa neppure le 353 dirigenze (+ 5 Cpia, ossia: centri provinciali per l’istruzione degli adulti) concesse stentatamente dallo Stato sulla base del tanto discusso parametro, 900 alunni per scuola, elaborato in sede di Conferenza Stato-Regioni. A fronte di 35 dirigenze in più calcolate sulla base del parametro di 900 alunni, solo 11 sono, invero, le autonomie (ad og-
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La beffa tra i banchi
Il concorso fantasma
I vincitori del concorso a dirigente scolastico nella Regione Calabria sono stati fortemente penalizzati dal piano di dimensionamento varato dalla Regione «Non è tollerabile che i posti di dirigente scolastico messi a concorso con un bando pubblico valevole su tutto il territorio nazionale possano esistere o scomparire a seconda delle scelte operate dalla classe politica regionale di turno» gi) recuperate in tutto l’ambito regionale e l’inerzia di quanti hanno responsabilità in materia rischia di procrastinare sine die quella soluzione tanto attesa su cui fondare i presupposti necessari al fine di recuperare le 24 circa (ossia 35 - 11) dirigenze in più ad oggi “bruciate” in Calabria. Non c’è bisogno di ricordare che il dimensiona-
mento scolastico in Calabria ha lasciato, con drammatica evidenza nelle province di Cosenza e di Reggio Calabria, del tutto inalterate quelle diffuse situazioni d’incostituzionalità (ormai conclamate) che continuano ad erodere, oltre che il diritto all’immissione in ruolo di quanti hanno superato il concorso a dirigente scolastico, anche, e certo non meno gravemente, il diritto allo studio dei giovani studenti calabresi, costretti ancora, per il futuro anno scolastico 2013-2014, a fare i conti con le inefficienze legate sia ad un massiccio e disorganico ricorso alle reggenze, sia al sovradimensionamento che ha portato a mega istituti scolastici del tutto ingovernabili. Patologie denunciate da tutti, ma non sanate da alcuno, e ciò più per paralisi della volontà politico/amministrativa che per difficoltà ascrivibili alla fattibilità giuridica, come ci dimostrano Regioni decisamente più “virtuose” della nostra. Al di là delle legittime aspettative dei vincitori del concorso a dirigente scolastico in Calabria, riteniamo sia un grave danno (per la scuola in genere, per ciascuna delle istituzioni scolastiche implicate, oltre che per la professione dei dirigenti scolastici) la mancanza di un capo di istituto stabile e quindi in condizione di potersi dedicare alle esigenze della comunità scolastica a lui affidata. Ed allora, a fronte dell’inerzia ostruzionistica di alcune Province, come quella di Cosenza (fermo restando che, purtroppo, anche la Provincia di RC - in materia di dimensionamento - ha fatto molto di meno di quanto avrebbe potuto e dovuto fare), che cosa si aspetta, come Regione Calabria, ad esercitare i poteri sostitutivi e nominare un commissario ad acta che provveda al giusto e necessario dimensionamento? Ed infatti, tutti si chiedono il perché la giunta regionale calabrese, su impulso del competente assessore regionale all’Istruzione, nell’interesse del sistema scolastico calabrese, a fronte dell’inerzia della Provincia di Cosenza, non si determini ad adottare i poteri sostituivi che pure, in virtù del principio di sussidiarietà, ad essa competono, e non provveda quindi, come sarebbe doveroso, a restituire alla scuola calabrese una parte di quanto alla stessa è sta-
to sottratto in virtù della indiscriminata opera di dimensionamento perpetrata nel precedente anno scolastico. Si possono ritenere convincenti le “motivazioni” addotte dall’assessore provinciale all’Istruzione della Provincia di Cosenza a giustificazione della sua inerzia? Conclusasi la tornata elettorale, ormai non è più tempo di promesse propagandistiche. Semmai è il momento delle scelte e dei fatti concreti !! Pertanto, si esorta l’assessore regionale al ramo, Caligiuri, a non rimanere sordo alle sollecitazioni che provengono dal mondo della scuola calabrese, già pesantemente penalizzato dal piano di dimensionamento approvato nello scorso anno scolastico, e a far di tutto, anche attraverso la nomina di un commissario, per rimediare al mancato dimensionamento scolastico nella Provincia di Cosenza, la quale, probabilmente per una ingiustificata contrapposizione politica verso una giunta regionale di diverso colore, si ostina a non voler fare nulla in tema di dimensionamento scolastico, lasciando inalterato il sistema attuale delle reggenze nelle varie scuole, ad oggi, purtroppo, sempre, più numerose. Se tale sollecitazione dovesse rimanere lettera morta, vorrà dire che all’inerzia dell’amministrazione provinciale di Cosenza - e di altre Province parimenti rimaste inerti - si sarà sommata la deplorevole inerzia dell’amministrazione regionale calabrese, con l’effetto della perdita definitiva di ulteriori 24 autonomie scolastiche in ambito regionale, con conseguenti disservizi e perdite di posti di lavoro, in primis le nuove dirigenze fruibili in base al parametro di 900 alunni per ogni Istituzione scolastica. Il tutto nell’indifferenza di una classe politica latitante sul piano dell’impegno concreto volto ad assicurare il diritto costituzionale al lavoro ed allo studio, incapace di assumersi in pieno le proprie responsabilità ed ormai del tutto sorda ai bisogni del territorio calabrese. firmato i vincitori del concorso a D.S. nella Regione Calabria. www.dscalabria98.it
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Quando sparisce la terra sotto i piedi
Qui si cola
Ricordo di Francesco Turano
a picco
Medico per missione
Riqualificazione ambientale e assetto del territorio calabrese, è importante intervenire subito con delle iniziative mirate di Giovanni Perri *
La riqualificazione ambientale e l’assetto idrogeologico del territorio si propongono finalità volte a superare le emergenze attraverso la prevenzione delle frane, alluvioni ed erosioni dei versanti collinari, caratteristiche permanenti di tutti i terreni coltivati, non coltivati e abbandonati. Per evitare ciò sono pertanto necessarie iniziative mirate ad attenuare la franosità dei terreni in pendio, soprattutto di quelli sciolti mediante opportuni ed organici interventi di forestazione boschiva protettiva. Sono perciò necessarie opere di protezione del territorio dal rischio idro-geologico, unitamente alla razionale regimazione delle acque piovane, mediante una attenta politica di assetto del territorio finalizzata a ridurre la quota di ruscellamento dell’acqua piovana. In tal modo si favorisce l’infiltrazione dell’acqua di scorrimento superficiale nel terreno e si riducono le dannose perdite di suolo che altrimenti andrebbero a modificare e sconvolgere fortemente i fattori topografici e fisici delle pendici collinari e dei terreni ubicati nelle scarpate stradali. La protezione dell’ambiente rurale è d’altronde necessaria per consentire un razionale assetto territoriale, unitamente ad una altrettanto opportuna valorizzazione degli spazi verdi per le attività del tempo libero e della sicurezza fisica del territorio. In detto contesto si giustificano pienamente i piani delle aree rurali che perseguono obiettivi di recupero dei valori materiali ed immateriali del territorio, con iniziative progettuali innovative finalizzate a tutelare e valorizzare le risorse territoriali ed il livello di funzionalità ecologica, soprattutto dei siti abbandonati e degradati che spesso deturpano e rendono invivibile l’ambiente. Le pratiche agricole razionali, infatti, riducono notevolmente l’erosione ed impediscono in maniera naturale ed efficace il dissesto e l’impoverimento dei territori. Negli ultimi anni l’evoluzione tecnica rapida e senza controllo, unita ai mutamenti economici e sociali ed il massiccio intervento pubblico hanno finito con lo stravolgere le modalità di utilizzo del territorio. Per frenare ed invertire questa tendenza, l’Unione europea ha predisposto regolamenti e misure finalizzate a favorire interventi di forestazione, di riqualificazione ambientale ed in generale mirati interventi, anche nelle aree protette, con l’obiettivo di aumentare la copertura del manto vegetale a beneficio della salvaguardia del territorio. Tutto ciò diventa prioritario nelle aree a forte pendenza per ridurre i fenomeni erosivi soprattutto nei periodi autunnali ed invernali caratterizzati da intensa piovosità, in considerazione dell’effetto positivo che svolgono le superfici boscate, unitamente a quelle prative e pascolative. Il manto vegetale, infatti, riduce notevolmente le portate e la velocità dei deflussi idrici superficiali, svolgendo un’ azione di salvaguardia e di forte contrasto rispetto alla erosione dei suoli, soprattutto in quelli sciolti e sabbiosi. Inoltre il fogliame e la biomassa depositati al suolo contribuiscono a rallentare la velocità di caduta delle gocce di acqua e concorrono a ridurre e trattenere il trasporto di materiale terroso da monte verso valle, perseguendo in tal modo una valida ed attiva politica di assetto territoriale ed a contenere i fenomeni di ruscellamento delle acque superficiali e conseguentemente il trasporto del materiale terroso da monte verso valle. Detti fenomeni naturali dovranno essere attentamente valutati nella fase della elaborazione degli strumenti urbanistici e dagli studi agro-pedologici nel contesto dei Psc (Piani strutturali comunali), ai fini della programmazione territoriale ed urbanistica, della prevenzione dei rischi e per la sicurezza fisica de territorio. In definitiva le politiche di riqualificazione ambientale dovranno essere coniugate con la programmazione urbanistica e territoriale tenendo nel debito conto gli interventi e la prevenzione del rischio, l’aggressività climatica che devono essere sempre valutate in maniera attenta e razionale, ovviamente in ottica multidisciplinare, in un contesto più ampio e globale, per creare migliori condizioni di sviluppo, di sicurezza ambientale unitamente al raggiungimento degli obiettivi di tutela, salvaguardia e riqualificazione dello stato ecologico corsi d’acqua, anche mediante la pratica della fitodepurazione, con la creazione di soluzioni che possono essere definite d’avanguardia dal punto di vista ambientale, a beneficio della biodiversità e dell’intera società calabrese. * già presidente regionale Agronomi e Forestali Calabria
Francesco Turano è stato un valente medico e punto di riferimento per l’esercizio della libera attività professionale ed un politico che ha contribuito a scrivere, negli anni dell’immediato dopo guerra e successivi, importanti splendide pagine e tante battaglie indimenticabili, in Consiglio comunale e negli organismi del Psi, per la storia e la crescita di Spezzano Sila, della presila, di Cosenza e della Calabria. Nel corso della sua lunga vita ha offerto importanti contributi per la crescita e lo sviluppo della società civile, ma anche come amministratore ed attivo dirigente socialista provinciale, memore di tante battaglie, approvate e condivise, fra gli altri, dagli onorevoli Salvatore Frasca, Giacomo Mancini e Francesco Principe. Quanti lo hanno conosciuto e ripercorrono a memoria gli anni passati, lo rimpiangono con grande affetto e stima per il suo impegno indirizzato allo sviluppo socio-economico del territorio e della sanità in modo particolare. Nell’arco temporale che va dagli anni cinquanta agli ottanta, in un’area geografica dove imperavano alcune forme di estremismo politico, ha portato avanti idee e metodi innovativi improntati ad una cultura del rispetto e della democrazia partecipata e condivisa, tant’è che oggi viene ricordato da diverse generazioni per la sua lungimiranza, avendo creduto e operato con amore e passione al rafforzamento e radicamento gli ideali democratici e del socialismo. È stato protagonista di tante iniziative, tant’è che per diverse consiliature, sullo scranno di consigliere comunale socialista si è sempre impegnato in modo attento per lo sviluppo socio economico delle popolazioni meno ambienti ed aventi come punto di riferimento le politiche portate avanti dagli esponenti nazionali socialisti, fra i quali spiccavano: Pietro Nenni, Antonio Giolitti, Riccardo Lombardi, Giacomo Brodoloni, Francesco De Martino, Giorgio Ruffolo, Bettino Craxi ed altri ancora. L’attività professionale di medico, l’ha svolta nell’ottica sociale ed educativa; spesso si intratteneva, durante le visite a domicilio ai suoi numerosi pazienti, a parlare non solo dei valori che ruotano intorno al concetto di libertà e democrazia, ma anche per quanto atteneva le problematiche legate allo sviluppo, all’occupazione e alla crescita dell’occupazione della masse operaie e bracciantili, al lavoro, del turismo e all’attività agricola e allo sviluppo e alla crescita dell’altopiano silano. Sotto la sua attenta guida, sono cresciuti e maturati nell’arco di diversi decenni, con l’idea fissa del pensiero socialista, diverse generazioni di giovani professionisti, artigiani, tecnici e lavoratori che oggi lo ricordano tra emozioni e sogni sospesi e non realizzati, con grande stima ed immenso sincero affetto. Chi lo ha conosciuto molto da vicino lo ricorda come un valente e competente professionista, colto e giudizioso, dotato di qualità umane non comuni e curiosità intellettuale, di rigore morale e di coerenza politica, convinto e sicuro che l’istruzione poteva e doveva costituire un importante fattore di crescita per uno sviluppo del territorio e della società civile. Con la sua dipartita la sinistra riformista della presila ha perso uno dei suoi cittadini più illustri ed un cultore della medicina molto considerato, stimato ed apprezzato. G. P.
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Sabato 13 Aprile 2013
Mezzoeuro
Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
Mezzoeuro
Sabato 13 Aprile 2013
Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
Continua il tira e molla
Resta aperta la questione relativa ai redditi per la pensione di invalidità Continua il tira e molla in materia di redditi per la domanda di pensione di invalidità civile, questione previdenziale a quanto pare non ancora definitivamente risolta e destinata, inevitabilmente, a protrarsi nei prossimi mesi e a dar vita a polemiche e discussioni. Si tratta di un argomento molto delicato che, nell'attuale difficilissimo momento economico italiano e nel contesto delle numerose e impopolari riforme in ambito pensionistico degli ultimi tempi, rappresenterebbe l'ennesimo provvedimento a danno dei cittadini, specialmente dei meno abbienti. In sostanza, si riaffaccia alla ribalta in maniera preoccupante l'ipotesi di riconsiderare il reddito di chi chiede la pensione, tenendo conto non solo del reddito dell'interessato, ma anche di quello del coniuge. Ciò implicherebbe quindi che il limite da superare per poter ottenere l'assegno in questione andrebbe calcolato sommando i redditi del coniuge e del richiedente, abbassando di conseguenza in maniera molto considerevole le possibilità per chi è invalido di aver accesso a questo tipo di diritto.
"La notizia che circola insistentemente da diversi mesi -sono le parole di Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- non è di certo una cosa di poco conto e rappresenta, purtroppo, un'altra dimostrazione di come molto spesso i provvedimenti normativi vadano a colpire i diritti di quelle persone appartenenti alle fasce sociali più deboli. Speriamo davvero che questa proposta aggiunge Nesci- continui a non trovare applicazione, perché rappresenterebbe una penalizzazione pesante per chi, dovendo fare già i conti con un'invalidità, si troverebbe anche privato di una prestazione di cui avrebbe realmente bisogno". Cercando di fare ordine su quanto accaduto (o meglio, su quanto potrebbe accadere), è bene innanzitutto ricordare che il limite massimo di reddito nel 2013 per poter accedere alla pensione di inabilità civile è di 16.127,30 euro, ma soprattutto che tale limite si riferisce unicamente al reddito del richiedente. Da qualche mese però l'Inps aveva fatto capire che non è da escludere un cambiamento importante in materia, basato sul fatto che il reddito da considerare dovrebbe essere dato anche calcolando il reddito dell'eventuale coniuge; le vibranti proteste scatenate da tale considerazione avevano spinto l'Inps a tornare sui suoi passi, anche a seguito dell'intervento del Ministro Fornero, deciso a non assecondare tale possibile novità.
La vicenda sembrava essere stata quindi definitivamente archiviata, senonché la sentenza 7320/2013 della sezione lavoro della Corte di Cassazione ha riaperto la questione, confermando la possibilità che tale nuova tendenza venga concretamente realizzata in un futuro prossimo. La sostanza di tale sentenza è, in pratica, che per aiutare chi è in condizioni di invalidità e in stato di bisogno occorre tener conto del reddito familiare prima che della solidarietà dei cittadini; inoltre, la possibilità di tener conto anche del reddito del coniuge dovrebbe riguardare anche gli inabili parziali, per i quali il limite reddituale per il 2013 è pari a 4.738,63 euro. "La situazione di emergenza in cui viviamo oggi di sicuro spinge ad adottare soluzioni impopolari e improntate al sacrifico dei cittadini -sostiene il Presidente del Patronato Epas- ma crediamo che agire a danno delle pensioni di inabilità, sia totale che parziale, non sia un'azione condivisibile, né tantomeno l'unico provvedimento possibile. Detto questo, siamo sicuri che la questione verrà vagliata con attenzione da chi di dovere e che verranno scelte altre strade per eliminare gli sprechi veri che gravano sul bilancio pubblico -conclude Denis Nesci- senza privare di un diritto di questo tipo tutte le persone che senza quel tipo di prestazione sarebbero ancor più in difficoltà".
In questo mese si terrà un corso di formazione sull'argomento INVALIDITA' CIVILE organizzato dal Patronato EPAS di Altomonte e Praia. Il corso si terrà presso la FNA di Terranova da Sibari - Ufficio con Responsabile l'Avv. ANGELA DIODATI
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