Mezzoeuro euro 1,00
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numero 26 - Anno 12
Sabato 29 Giugno 2013
settimanale d’informazione regionale
Voce il Centro “Roberta Lanzino” ai giovani ha trovato la sua casa www. mezzoeuro.it
Rivoluzione tra i banchi, il preside a caccia di voti
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Sabato 29 Giugno 2013
Mezzoeuro
Il legno storto
Non prendiamo abbagli I disvalori non hanno eroi positivi
Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
Ediratio editore
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n. 12427
Anche la coscienza laica può trarre dalle affermazioni di Papa Francesco non pochi stimoli a rifiutare i “cibi avariati”, i cattivi esempi, che vengono offerti dalla società, quasi fossero una cosa pregevole, in questo momento di forte smarrimento. È facile elevare a modelli, da idolatrare e imitare, di campioni di corrotte imprese eccezionali, figure capaci di ottenere con arti diaboliche, ed anche coi delitti, un vastissimo consenso: non importa la qualità degli atti attraverso i quali si perviene alla conquista di uno smisurato potere. Capita del tutto che soggetti espressi dalla criminalità mafiosa, i quali accumulano enormi patrimoni, e assoggettano lo stesso potere politico, vengano guardati se non proprio con ammirazione, con una forma quasi di stupore per come riescono a sfidare la giustizia, le leggi,a tentare di sfuggire al carcere di rigore attraverso i tentativi di corrompere il potere politico: colpisce, incute paura, la capacità delle mafie di accumulare ricchezza, avere uno spazio ampio nei mercati finanziari. Dagli atti dei processi, in lunghissimi anni,da inchieste e ricerche documentate sulle organizzazioni mafiose, i loro rapporti con la politica, le loro ramificazioni per tutti i Paesi (non parliamo delle regioni italiane dal Sud al Nord), si conoscono tutti i personaggi divenuti simboli di una forza irresistibile che piega il diritto, e si conoscono le loro gesta. È il caso di ingigantirne l’immagine?
di Franco Crispini
Per come è ridotto lo stato dell’etica pubblica, per il livello di spregiudicatezza che si è raggiunto nell’additare alla sensibilità della gente, ed anche nella parte più giovane di essa, modelli, che hanno purtroppo larghissimo seguito,di avventurieri e demagoghi, di fuorilegge che consumano ogni specie di reati, che si nascondono ai processi, è facile che la rosa degli eroi e personaggi mitici si sia andata allargando. Di eroi negativi ne vengono, oltre che dalla “società mafiosa”, oramai uno Stato dentro lo Stato, dalla “mala politica” che è in mano a individui spregiudicati che riescono a strappare alla gente un consenso col quale vorrebbero coprire le loro condotte scellerate. Persi i metri di giudizio morale,impostasi una assuefazione a costumi che oramai vengono praticati da quanti dovrebbero essere un esempio ed una guida per la vita pubblica,una comunità finisce per assumere come leciti comportamenti di vita in aperto contrasto con i più elementari valori etici. Per di più, vi sono tantissimi che fanno passare le lesioni inferte alla morale come tendenze normali, tollerabili, le quali solo un atteggiamento ipocrita e moralistico può far passare come una depravazione libertina , ed una violazione delle norme etiche. Questo sta avvenendo, e vediamo che a sostegno della licenziosità, della piena liberalizzazione delle condotte irregolari di vita, di reati puniti dalla legge, di sentenze giudiziarie che si abbattono sulle scelleratezze di chi si vuol far diventare un perseguitato e che è invece il portatore di nuovi codici morali e civili fatti di altre “regole”, in se stessi quanto mai diseducativi, si tenta di promuovere una mobilitazione di elettori (non di coscienze), aizzati a difesa del proprio capo politico. È proprio chiamando in causa la scelta politica della gente, della maggioranza di essa, che premia col proprio ampio consenso non la morale privata del suo leader bensì quello che gli promette per risolverne gli angoscianti problemi materiali, è proprio da qui che si traggono gli elementi per far nascere un emblema, la personificazione di grandi ideali, colui che interpreta d un sogno collettivo. Il rischio si nasconde in questo brutto teorema: un sovvertimento di valori, una “rivoluzione liberale”, una legittimazione data dalla volontà popolare, la mitizzazione di una figura in cui ha la sua incarnazione questa mutazione negativa dei rapporti tra etica e politica. Il campo è dunque disseminato di insensatezze, di incitamenti a tralignare con la certezza della impunità, di assoluta sfiducia nella giustizia, della ricerca dell’utile e di vie traverse per raggiungerlo. Punto estremo del degrado, persino rappresentanti di primo piano sulla scena politica locale e nazionale si di chiarano orgogliosi che li si appelli con i titoli mafiosi quale boss ‘bdranghetista, capobastone trc: evidentemente hanno rese avvezze le loro tribù a quelle aborrite qualificazioni. In giro vi sono le macerie di una vita collettiva orientata da uno spirito sano verso gli autentici beni; e vi sono i “cattivi maestri” per i quali vi può anche essere una benevolenza ed una simpatia verso chi si macchia di abusi di ogni genere: nessuna negatività, eroi e basta, resi tali dagli osanna di esaltati, illusi e frastornati, e non importa quindi da quali terreni paludosi essi vengono fuori.
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Mezzoeuro Ma a Cosenza non c'è pace
Si è liberato di un peso e tolto qualche sassolino dalle scarpe. Ma non è proprio un bagno nel mare della tranquillità quello di Mario Occhiuto. Il matrimonio Gentile era arrivato alla sua inevitabile conclusione, aveva maturato la sua crisi e non poteva che finire con un divorzio non consensuale. Troppo distanti erano le basi culturali della reciproca visione politica. Da una parte un coraggioso tentativo di ammodernamento dei metodi di gestione, una caratterizzazione al femminile e giovanilista. Dall’altro il clientelismo di sempre, il radicamento famulista, il servilismo del bisogno, una auctoritas politica comprendente famuli e clientes, che sono oggetti di dominio, di soggezione psicologica ed economica, un dominio patriarcale che gestisce la res pubblica come una faccenda puramente personale, dove cariche e prebende vengono assegnate sulla base del grado di fedeltà e della utilità elettorale che garantiscono. Con l’allontanamento di Katia, sperava di aver inferto un colpo mortale mirando direttamente al cuore del potere gentiliano e nello stesso tempo tramortito la coalizione, era convinto di aver guadagnato dei gradi di libertà per iniziare la lunga traversata verso altri lidi, magari verso approdi che in questi tempi calamitosi apparivano più tranquilli. Il centrosinistra pur con tutti i suoi guai è una balena che viaggia nell’oceano delle sue contraddizioni, ma ha qualche carta da giocare, con la difficile scelta di una leadership condivisa, in una folla di pretendenti. La balena berlusconiana, al contrario, è spiaggiata essendo andata a sbattere contro gli scogli giudiziari. La martellante azione della magistratura sembra sul punto di infliggere il colpo il grazia, aiutata dai vecchi sodali come De Gregorio folgorato dalla visione paterna, e Lele Mora colpito da una crisi mistica i quali hanno rotto il muro di omertà che finora aveva protetto il Presidente, premio Nobel mancato per un soffio.
Mario Occhiuto Alle sue spalle Ennio Morrone e Pino Gentile
Dalla padella alla brace Che peccato la mancata nomination, che avrebbe elevato il tono della politica locale in una faccenda planetaria! Dietro l’angolo vi erano, però, acquattati uno stuolo di pescecani, ancora ben vivi nonostante sono stati costretti a vivere in un acquario in questo breve ma interminabile periodo. La natura stessa della coalizione che ha portato Mario ad insediarsi trionfalmente a Palazzo dei Bruzi, aveva ed ha continuato a mantenere un carattere liquido, impossibile da filtrare con il setaccio politico. Il fallimento elettorale del progetto centrista e il tradimento romano delle aspettative di Robertino hanno fortemente indebolito il fortino occhiutano, per nulla intimidita dall’esibizione muscolare del sindaco. Lo smarrimento è durato un attimo, il tempo di riorganizzare le idee e cogliere le opportunità che venivano offerte. Si è subito assistita all’inevitabile assalto dei mille piccoli indiani che si sono sfrenati nella danza tribale attorno al totem del potere regionale. Lasci uno e ne prendi cinque. Questo potrebbe essere l’epitaffio di una giunta che si è liberata dell’assedio di una Gentile signora per ritrovarsi sotto le mura un esercito di pretendenti, famelici ed affamati, pronti ad assediare il fortino fino alla resa finale. I capitani di ventura manovrano gli arie-
Il sindaco della città bruzia si ritrova a gestire una situazione sempre più complicata ti, sparano bombarde per intimidire l’assediato, perché alla fine nessuno ha convenienza ad arrivare alla resa finale, quanto piuttosto occupare postazioni prestigiose in vista dei prossimi delicati passaggi. Eccoli i fieri combattenti per un una poltrona per sé stessi o per la propria coorte. Morrone, Mancini, Orsomarso, Chiappetta supportati dagli agguerriti manipoli e sotto il comando supremo del Grande Ammiraglio Scopelliti sempre preoccupato di difendere la sua navicella che naviga in acque agitate, sotto la minaccia di bufere di natura politica, economica, finanziaria, giudiziaria Il sindaco aveva forse sperato per un po’ in un fronte indebolito, e spaventato dalla prospettiva di affrontare un passaggio elettorale al-
quanto problematico, considerato anche le performance poco brillanti delle ultime elezioni, si sarebbe facilmente piegato al diktat della realpolitik, sottoponendosi al giogo. Ma la somma di tante debolezze ha costruito un fronte imponente che ha percepito di aver di fronte un generale deciso, ma senza esercito e a corto di armi e munizioni, la cui unica arma letale è il sansonismo. Ma Sansone non è ancora pronto a morire, perché i farisei hanno mille vite e mille risorse per resuscitare sotto mentite spoglie. L’arena politica è diventata paludosa per tutti, attraversata da convulsioni e movimenti di cui nessuno riesce a prevedere la traiettoria. La lezione che viene da oltre il Campagnano è oltremodo significativa. Anche un potere di lunga durata e di consolidato radicamento non riesce ad ammaliare come nel passato e provoca crisi di rigetto, ribellioni impreviste, apre scenari improbabili in un mondo abituato ad una sonnacchiosa attesa di un domani sempre uguale L’elettorato è diventato infido, gli alleati insicuri, lo scenario mobile, si prepara il palcoscenico per recitare una scena diversa di un copione ancora non scritto.
Sabato 29 Giugno 2013
Mezzoeuro A colpi di futuro di Domenico Martelli
Onorevole Nardella ci descrive un po' il vero stato di salute questo governo? Durerà? Quanto ne abbiamo tutti bisogno e a condizione di cosa? Questo governo è un governo eccezionale e va vissuto come un governo d'emergenza. Nasce, infatti, da una situazione di assoluta ingovernabilità emersa dall'ultima tornata elettorale e da uno stato di necessità derivante dalla difficile situazione economica del Paese. Non siamo di fronte ad un governo di legislatura, troppo diverse sono le forze politiche che lo sostengono. Dobbiamo essere consapevoli di poter chiedere all'esecutivo misure di urgenza, le riforme strutturali dovranno essere affrontate da un governo pienamente legittimato dal voto popolare. Il Partito democratico è il principale azionista di questo esecutivo o è soprattutto il principale problema che ha Letta? Un Pd debole non è un problema di Letta ma, prima di tutto, è un problema del Paese: l'Italia ha bisogno di un grande e radicato partito di centrosinistra, innovativo nella proposta politica ed accogliente nella pratica politica; una comunità capace di discutere ma compatta sulle decisioni assunte. Il caso giustizia e la "corsa contro il tempo" del Pdl prima che sia Cassazione per Mediaset. Salterà il tappo secondo lei prima della fine dell'anno? Non voglio parlare di Berlusconi e dei suoi processi. La giustizia avrà il suo corso, purtroppo troppo lento soprattutto per milioni di italiani che, coinvolti in cause penali o civili, attendono per anni l'accertamento della verità. Però, se qualcuno pensa di condizionare l'azione del governo sulla base dei risultati giudiziari, troverà un muro di fronte a sé. Per me, la priorità resta combattere contro il Berlusconi politico piuttosto che contro il Berlusconi indagato. Lei è un uomo di strettissima fiducia di Matteo Renzi. Accetterà la sfida della segreteria secondo lei? Come andrà a finire e chi saranno i duellanti finali? Il punto non è cosa Matteo Renzi farà da grande. La questione è un'altra: Matteo ha messo a disposizione del centrosinistra - già da tempo - le sue capacità e la sua crescente popolarità. Anche di fronte alla sconfitta delle primarie non ha mai fatto mancare il proprio impegno per la vittoria del Pd. Se è utile, è pronto a fare anche il segretario ma solo a condizione che quello congressuale sia un confronto aperto ed esplicito sul Pd ed sul Paese che vogliamo. Se nel gruppo dirigente del partito, invece, pensano di inventare regole "contra personam" e di chiudere il confronto tra pochi, beh, Matteo continuerà con serenità la sua esperienza da sindaco chiedendo la fiducia dei fiorentini per un secondo mandato. Ci tolga una curiosità. Si litiga sempre e tanto nel Pd perché è l'unico vero partito nel Paese o perché manca una vera guida, una leadership riconosciuta? Sono vere entrambe le cose. Il Pd è l'unico grande partito popolare e non padronale nello scenario politico. In forme diverse, sia il Pdl che il Movimento di Grillo dipendono entrambi da una capo che non può essere messo in discussione: per motivi economici, di potere o addirittura statutari. Il Pd è un partito aperto, in cui si discute alla luce del sole. In questo caso, la mancanza di una vera leadership impedisce di portare il pluralismo politico interno ad una sintesi positiva e sufficientemente solida. La sinistra, pur provenendo da una storia di grandi leader politici, ha negato la funzione strategica della leadership cercando
Dario Nardella, l'uomo forte di Matteo Renzi, arriva in Calabria come primo firmatario della proposta di abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. «Questa regione dice - come altre e non solo del Mezzogiorno deve uscire dalle pratiche clientelari della politica»
Dario Nardella
Pd, rompi col tuo passato «E il Partito democratico non fa eccezione da queste parti, deve liberarsi di un'eredità pesantissima»
Biografia
Dario Nardella è nato a Torre del Greco (Napoli) il 20 novembre 1975. Dal 1989 vive a Firenze, sposato con Chiara ha due figli, Cosimo e Amélie. Diplomato in violino presso il Conservatorio "L. Cherubini" di Firenze, laureato in giurisprudenza con 110/110 e lode all'Università di Firenze dove ha conseguito il dottorato di ricerca in diritto pubblico e diritto dell'ambiente ed attualmente insegna Legislazione dei beni culturali. Consigliere giuridico del Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali Vannino Chiti nel governo Prodi (2006-2008). Nel 2004 eletto nel Consiglio Comunale di Firenze, Presidente della V Commissione Consiliare Cultura, Istruzione e Sport. Nel 2009, confermato come Consigliere Comunale, entra a far parte della giunta del Sindaco Matteo Renzi come Vicesindaco con deleghe allo Sviluppo economico e Sport. Nel 2005 ha fondato con alcuni docenti dell'Università di Firenze la Fondazione "Eunomia" di cui è direttore, accanto al Prof. Enzo Cheli, nella qualità di Presidente. Dopo aver ottenuto 9188 preferenze alle primarie del Partito democratico, alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 è eletto alla Camera dei Deputati per la XVII Legislatura, membro della Commissione Attività produttive.
di legare con milioni di corde e fili, proprio come i lillipuziani con Gulliver, ogni leader possibile. Con Matteo corriamo lo stesso rischio. Lei viene in Calabria che è terra maledettamente complicata di suo. Qui il Pd non è solo in attesa di capire cosa accadrà su scala nazionale ma è anche un partito commissariato e in perenne attesa di celebrare il suo congresso, quello della rinascita se così possiamo dire. Gliene hanno parlato, conosce il caso? Quale sarà la via d'uscita? La Calabria, come tante regioni non solo meridionali, ha bisogno di un rinnovamento profondo, profondissimo. Deve lasciarsi alle spalle metodi e pratiche politiche clientelari rimettendo al centro le preziose risorse umane e naturali di cui gode. Anche il partito deve avere il coraggio di rompere con un passato molto pesante e chiamare all'appello la Calabria che crede nel cambiamento, con i suoi rischi ma anche con le sue opportunità. Nei casi in cui questo è successo ci sono stati esempi di governo locale di straordinario valore politico, non solo locale ma anche nazionale. I mille Comuni, i mille affanni di una terra in grave crisi come la nostra. Da ex uomo forte dell'Anci, e a pochi giorni da una clamorosa protesta a Roma di alcuni sindaci calabresi, come pensa che riusciranno a chiudere i propri bilanci le amministrazioni comunali più piccole? Non dobbiamo fare di tutta un'erba un fascio, quindi dobbiamo selettivamente riconoscere i Comuni che in questi anni hanno riorganizzato, migliorato i servizi, ridotto i costi e quelli che hanno aspettato l'ennesima deroga, la proroga il rinvio, tipico di un malcostume tutto italiano. Lo Stato deve riconoscere incentivi ai Comuni virtuosi e dare un duro colpo a coloro che sulle spalle dei cittadini continuano a rinviare la soluzione dei problemi. La difficile situazione economica del Sud non deve essere un alibi per non fare bensì una spinta a fare presto e meglio di altri. Il Sud deve credere prima di tutto in se stesso e nella sua gente, è la principale risorsa di cui gode.
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Sabato 29 Giugno 2013
Rende e la sua insonnia
La notte porta consiglio Il sindaco dimissionario Cavalcanti ha poche ore ancora per poter rientrare, poi non potrà più farlo Il pressing su di lui è forte e la relazione della commissione d'accesso non dovrebbe essere ostile alla cittadina ma i dubbi dell'avvocato rimangono Nel mentre l'inchiesta, quella della Dda, va avanti... Chi conosce Vittorio Cavalcanti, l’avvocato gentiluomo e sindaco dimissionario di Rende, sa troppo bene che avrà dormito molto poco quest’ultima notte appena trascorsa. E sa anche bene che a nessuno avrà lasciato intendere davvero cosa farà entro oggi, probabilmente l’ultimo giorno ancora disponibile per rientrare in municipio prima che sia troppo tardi. Se non ritira le dimissioni in questo week end a Rende finisce la consiliatura ed è questo uno scenario, probabilmente incastonato in un quadro già complesso di suo e per altre faccende, che spaventa e non poco quasi tutti i maggiorenti del Pd e a
tutti i livelli. Non a caso nelle ultime ore si è intensificato il pressing asfissiante che si sta giocando attorno al collo dell’avvocato sindaco dimissionario. Probabilmente non tutti poi i big di partito “pressano” allo stesso modo e cioè con le stesse convinzioni e motivazioni ma un minimo d’unità su questo punto s’è trovata lare di capire. Se dopo le bufere giudiziarie dei mesi scorsi a Rende si dovesse entrare anche nel mare magmatico della crisi politica a tutti gli effetti - questo il retropensiero del Pd - il clima si intorbidirebbe troppo per viaggiare sereni (e divisi) verso le regionali e soprattutto verso il congresso (se si farà). Meglio tifare e lavorare perché Cavalcanti ci ripensi appena in tempo e questo tanto più dopo che una praticuccia delicata assai è stata comunque portata all’incasso nelle ultime ore con il contratto alla Rende servizi prorogato per tre mesi non prima d’aver individuato pure chi la guiderà (non senza polemiche). Ma non basta, non può bastare. Alla regnanza serve che Cavalcanti si riaccomodi sulla poltrona e a poco serve poi distinguere chi questo lo vuole davvero nel Pd, quanto lo vuole e perché. Il pressing c’è tutto sull’avvocato ed è un dato politico che va registrato ma Cavalcanti, pur avendo chiesto altre 24 ore, non ha minimamente lasciato intendere cosa deciderà. Anche Sandro Principe, che di Rende e su Rende pare sia convinto di conoscere persino il tempo che farà il giorno dopo, s’è dovuto arrendere alla notte insonne. Nemmeno lui è riuscito a farsi un’idea su quale sia realmente l’intenzione del sindaco dimissionario che probabilmente in realtà un’idea definitiva non se l’è fatta. Nell’immediatezza del gesto pareva convinto di non poter tornare sui suoi passi ma col passare dei giorni non ha più escluso un ritorno anche se
non l’ha nemmeno mai paventato come probabile. E allora? Come finirà l’insonnia di Rende? E ancor prima, c’è da chiedersi, che sta succedendo a Rende? Quale partita vera si sta giocando? Una scuola di pensiero, tra quelle che commentano anche a bassa voce la faccenda, va sostenendo che la non ostile relazione d’accesso antimafia dei commissari prefettizi potrebbe convincere Cavalcanti a rientrare, il peggio dovrebbe essere passato. Se è così, e certezze non ve ne sono assolutamente, Cavalcanti avrà dimostrato che in verità più delle ingerenze politiche e dei silenzi del Pd ha temuto di passare alla storia per il notaio della ferita più grande di Rende, ovviamente senza averne la benché minima responsabilità. Paradossalmente, se ha aspettato gli umori della commissione d’accesso, dimostra che temeva il peggio e un giorno magari potrà anche spiegare il perché. Se invece tra la frattura tra lui e il municipio è di natura prettamente politica, intima, diciamo anche con sfumature personali e carrieristiche difficilmente si lascerà influenzare dal sorriso accennato della commissione d’accesso. Le cose personali, e il caso Cosenza e Katya Gentile lo dimostrano, sono quelle che poi rientrano più difficilmente perché raramente hanno prezzo. C’è una terza via però che in pochi contemplano in queste ore di insonnia. Togliendo dal gioco gli imponderabili sviluppi che un caso personale si porta appresso (ipotesi questa peraltro non molto accreditata) si è quasi convinti che la partita è tra i delicati umori che si vivono attorno alla commissione d’accesso e ai suoi sviluppi, magari solo mediatici. E si lega il rientro di Cavalcanti al più complessivo “rientro” nella normalità del caso Rende. E il punto è qui, o la terza via che non tutti considerano. Una commissione d’accesso che sorride non vuol certo dire che nel frattempo l’inchiesta della Dda di Pierpaolo Bruni non stia andando avanti per la sua strada, con tutto quello che questo significa. E Cavalcanti, che fa l’avvocato, queste cose le sa bene. Ma si tratta di una sola notte, l’ultima, d’insonnia. Poi non ne servono più. Una notte che sicuramente porterà consiglio.
Sandro Principe, Vittorio Cavalcanti e Pierpaolo Bruni sul municipio di Rende
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Sabato 29 Giugno 2013
Mezzoeuro Rende, un sindaco a Cinque Stelle
Metti una sera a cena Una due giorni fitta fitta d’impegni quella del professor Paolo Becchi qui a Rende. Assurto agli onori della cronaca come l’ideologo ufficiale di Peppe Grillo appartiene al ristretto numero del nuovo cerchio magico che si sta creando attorno alla Lanterna. La Lega è lontana con i suoi tormenti diamantiferi, qui si gioca la partita del cuore, l’equilibrio di potere dei prossimi anni. Forse sarà un caso, ma anche il professor Paolo Becchi è un genovese Doc, e sicuramente Gilberto Govi sta godendo per questa nuova centralità assunta dalla Superba, che contende ancora una volta il potere ai toscani. Ieri era Pisa la rivale, oggi è Livorno, la città di Enrico Letta, a cui contende un potere assunto miracolosamente da qualche settimana, proprio per il gran rifiuto del nuovo personaggio del panorama politico nazionale. Forse c’è qualche ripensamento, qualche dubbio sul mancato impegno per uno governo di cambiamento. Nessuna incrinatura. Una decisione decisa, un dogma incrollabile il rifiuto di qualsiasi governo con il Pdl meno Elle, nel nome della purezza degli ideali, del rispetto degli impegni elettorali, delle opinioni espresse da questi misteriosi personaggi che azionano i potenti bottoni del web. Sembra che si stia materializzando il mondo liquido, universo alla Baumann con la liquefazione della stanza dei bottoni, trasformati in impulsi elettronici, quale espressione dell’agorà informatica, dove si riuniscono i cittadini della "Nuova Atene" del futuro, che vogliono realizzare il sogno di una democrazia partecipativa in una società complessa quale quella attuale, popolata da milioni di individui, interessi contrapposti, pluralità di visioni democratiche. Grandi idee che esprimono piccoli numeri, una manciata di voti provoca decisioni devastanti, epurazioni che hanno un sapore antico. Quanti pietruzze sono bastate per condannare all’esilio e Socrate alla morte? Qui si tratta di un processo di decantazione di un movimento cresciuto troppo in fretta che ha bisogno di liberarsi delle zavorre che ha imbarcato nel suo tumultuoso cammino. Bisognava scegliere un metodo che rispondesse alla filosofia del movimento. Una apertura in quel momento delicato avrebbe potuto imbarcare tanta acqua sporca, politici trombati che volevano usare il movimento per scopi personale, come una grande lavanderia politica. Il rischio era serio ed evidente. Meglio allora ritirarsi nel grembo, dare spazio solo ai giovani che avevano seguito la sua crescita, un numero ristretto e in gran parte privo della necessaria cultura politica e dello spesso intellettuale. Preferibile l’aria fresca dell’ingenuità, gli errori dell’inesperienza alle tortuosità dei politici navigati, alle ambizioni di personaggi senza scrupoli alla ricerca solo di una opportunità per continuare a perseguire i propri interessi personali. Un movimento giovane che ha bisogno di strutturarsi, di definire il suo modus operandi, i criteri di selezione, le regole d’ingaggio di coloro che vogliono contaminarsi. «Nei meet-up e nei forum agiscono in pochi», sostiene Gianfranco D’Atri, docente dell’Unical, «ma questo risponde alla logica della democrazia rappresentativa. Il Parlamento è costituito da un
migliaio di persone e viene percepito come pletorico. In rete il numero di partecipanti è sempre più elevato delle presenze nelle commissioni o dei membri del Parlamento che approvano le leggi, una garanzia di maggiore democraticità». Il problema è nella rappresentatività del campione. In rete è si specchiata solo una delle componente della società, i forum formano un campione molto distorto della realtà, e non hanno la legittimazione che solo un controllo rigoroso può dare. Cosa avverrebbe se si dovesse realmente decidere l’entrata in guerra contro la Croazia per riprendersi Fiume? Una questione assurda, come era assurdo pensare che in Jugoslavia milioni di persone si sgozzassero reciprocamente in nome della purezza della razza. Come mai qui professore? Non è una intervista, perché risponde direttamente ex-cathedra, il professor Paolo Becchi, accorso al richiamo del suo amico Alessandro Mazzitelli, un fine professore di Diritto costituzionale che si alternano in una sorta di “lectio magistralis” a due voci sugli aspetti costituzionali dell’attuale situazione politica. Un ritorno alle origini del mio cammino universitario, «nel luogo dove ho sostenuto il mio primo esame di ricercatore», ricorda il professore. «Arrivavo in una campagna, tra il profumo della terra, che si attaccava alle scarpe. Oggi è tutto cambiato, vi è una strutta enorme e complessa, un ateneo moderno e prestigioso e «sono contento di esserci ritornato dopo tanto tempo, perché ho rivissuto le emozioni di allora». Il richiamo della foresta, il ritorno al grembo materno, al luogo dove ebbe inizio il lungo viaggio che lo ha portato dentro il potere nazionale. Si alternano a parlare i due cattedratici con toni molto critici per per questo strano connubio tra due
forze inconciliabili che ha provocato un golpe strisciante e continuativo attuato con uno stravolgimento del dettato della carta, nella quale non è prevista la rielezione del presidente. Non è neanche vietato, ma lo impedirebbe la logica e la prassi costantemente seguita. Così come irrituale appare il diktat imposto ai partiti all’atto della accettazione, che costituisce un atto di abiura della politica al suo ruolo naturale di mediazione e ricerca di un compromesso in nome della governabilità. Cos’è questo governo delle larghe intese se non la difesa del potere costituito, la continuazione del montismo senza Monti, la riedizione del compromesso che di storico vi è rimasto solo il richiamo a un momento lontano. Una strisciante rivoluzione verso un sistema semi-presidenziale, con una figura che era stata disegnata come neutra, di pura rappresentanza e di garanzia costituzionale, che diventa centrale, che si arroga il diritto non di nominare il presidente del Consiglio, ma di garantire la sopravvivenza, di gestirne la nascita e la sua operatività legata a un agenda dettata dallo stesso presidente. Di fatto assistiamo a un premier sotto tutela. Un tema delicato che ha appassionata la sala, gremita di un pubblico attento e partecipativo, con una richiesta di partecipazione inconsueta per appuntamenti di questo genere. Una voglia di parlare che è stata impedita solo per la mancanza di tempo, e la necessità di dover liberare l’aula per non mettere in libertà i custodi. Tra le tematiche introdotte non poteva mancare il richiamo all’euro, alla politica europea, al commissariamento del nostro paese da parte di poteri forti. Il richiamo del professore Mazzitelli è stato molto deciso. Non c’è futuro senza Europa, non c’è futuro con questa Europa. La risposta è la costruzione di una grande Stato federale, una Europa politica, con una propria politica di bilancio, un governo poli-
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Sabato 29 Giugno 2013
Rende, un sindaco a Cinque Stelle
Il prof. Paolo Becchi è convinto che il rilancio del movimento comincia dal Sud. Dopo Ragusa la prossima tappa dovrà essere sulle rive del Campagnano per risalire verso Teano ripetendo lo storico incontro con il Nord per costruire una Italia finalmente unita nel buon governo tico e la definizione di uno spazio giuridico entro il quale potersi riconoscere, che salvaguardi i principi basilari della nostra civiltà costruita con il sangue nel corso dei secoli. Un lungo applauso accoglie la notizia declamata al microfono della condanna del Cavaliere per il Rubygate. Un applauso liberatorio di quasi tutta la sala. Quasi, perché si percepisce che si sono ancora degli irriducibili supporter convinti che nell’ippodromo elettorale vince il cavallo e non il fantino, di cui si può anche ignorare il nome. Condannato a sette anni. Ha detto tette? No, no, sono sette Presidente. È una delle battute che corrono sul web, e su quelle tette usate ed abusate che si gioca la sua partita il Cavaliere, costringendoci ancora una volta a misurarci con le sue pruderie. Cosa succederà quando le cadute avranno completamente acciaccato il Cavaliere? Si profila ancora una volta un governo di cambiamento? Vade retro satana. Non vi sono margini di trattativa, e il movimento sta trovando il suo equilibrio dopo lo sbandamento iniziale. Bisogna ritornare immediatamente alle urne, riprendersi la scena, rilanciare la partita. La palude è mefitica per chi è costretto a fermarsi, ad aspettare che altri decidano le mosse. C’è bisogno di una spallata la governo, perché la guerra di logoramento è letale, rischia di far proliferare le zanzare anofele nella palude politica. Nel meet-up a chiaro di una splendida luna, tutto è più informale. Ci si confronta con i problemi pratici, i rimborsi, le espulsioni, le proposte di legge, i prossimi scenari politici, molto lontano dalla ritualità della politica politicante, ingenuamente candida e immacolata nelle sue aspettative, una logica prigioniera di un giovanilismo che ha bisogno di corroborarsi, misurarsi con le difficoltà del governare le difficoltà, nel rispondere alle ansie e al-
le attesa di chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese. Lontano dai riflettori dei talk show, dove è costretto a recitare una parte come tutti, il èrofessore Becchi è una persona simpatica, dal viso gioviale e leale nell’espressione pronta a un sorriso accattivante, un cattedratico fine e sottile nelle sue argomentazioni. A cena è un’altra storia, la conversazione diventa conviviale, con frequenti divagazioni personali, richiami ad aneddoti e ricordi. La ‘nduja assume il valore di simbolo della calabresità, che trova più estimatori fuori che tra gli stessi calabresi, perché richiama amori e sapori antichi. Ci si sofferma sugli errori del Movimento, che costringono a una riflessione, inducono alla maturazione di comportamenti più responsabili. Paolo parla volentieri in maniera semplice e diretta. Errori di crescenza. Nel frattempo però quegli errori hanno costretto tutti a prendere atto di un cambiamento dello schema logica, hanno indotto un ripensamento dei metodi tradizionali della politica. Si ha bisogno di genuinità della rappresentanza, e l’ingenuità dell’inesperienza gioca un suo ruolo perché qualsiasi rivoluzione o grande trasformazione passa attraverso la cruna dell’ago dell’impossibile, realizza una utopia, rompe un equilibrio. Vi è comunque la voglia di ricominciare il cammino, di rilanciare il progetto. Nella pausa di riflessione vi sono segnali positivi: la conquista di qualche comune, come Ragusa, ma soprattutto permane intatta la voglia di cambiamento, che ancora una volta si è rifugiata nel cono d’ombra dell’astensionismo. Bisogna rinnovare la proposta, stimolare l’interesse, dare una speranza. I giovani sono un patrimonio inestimabile, ma accorre fare ricorso anche all’esperienza, alla competenza, alla capacità, dare delle ri-
sposte in termini di governabilità dei sistemi complessi qual sono oggi gli enti locali, le società pubbliche. Ci si guarda intorno, a questa area urbana che appare comunque anomala nel panorama meridionale, una piccola metropoli indistinguibile nella sua suddivisione amministrativa, che appare piuttosto una costrizione che un residuo storico, con la sua università, il museo all’aperto, la tradizione culturale, il fermento di idee e di iniziativa. Bisogna iniziare da qui, ripartire con un grande progetto per il Sud, dimostrando la capacità di cambiamento in una realtà che ha saputo mantenere una sua dignità di sviluppo, rifiutando il modello di crescita disordinata, governata dal caos e dall’abusivismo. Qui quella logica è stata tenuta fuori, ma oggi mostra qualche segnale di cedimento. Ripartire da qui per rilanciare la purezza del movimento. Paolo ritorna nel suo ruolo di professore e policy maker, fa mentalmente qualche rapido calcolo di strategia politica, traccia un identikit di un personaggio che possa competere e assicurare la gestione di una realtà complessa dove vi è la presenza di un ateneo, la necessità di inventarsi una politica di conurbazione urbana, di dare continuità a una logica di rifiuto dell’abusivismo, recuperando spazi di agibilità politica. Salta fuori qualche nome. Perfetto, l’uomo giusto al posto giusto. Sembra sollevato come succede dopo un parto naturale, che richiede tuttavia un grande dispendio di energia fisica e intellettuale. Saremo qui a settembre per iniziare questa risalita lungo la penisola. Nel frattempo è necessario costruire l’ipotesi all’interno del movimento, rispettare le formalità difendendo il progetto. La cena è finita. Il futuro è domani, con una politica che ha il profumo del bucato della nonna.
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Mezzoeuro Urne professionali
Emozioni
Magnifiche Quando si chiude un'era come lo è stata a tutti gli effetti quella Latorre anche un monastero di apparente sobrietà come l'Unical vive di adrenaliniche scosse telluriche. Persino eccitanti. Il futuro del campus, probabilmente reso più accreditato da chi ne conosce il passato, ci dirà e dirà se Gianni Latorre è stato un buon rettore e se soprattutto ha fatto crescere le competenze e le produzioni di Arcavacata ma più di un elemento oggi fa apparire come secondario questo aspetto. E' la partita del presente e soprattutto quella del futuro che contano di più, molto di più. In ballo c'è il passaggio forse più delicato ma anche galvanizzante della storia dell'Unical, la più grande e prepotente fabbrica di saperi e speranze che c'è in Calabria. Tolta la Regione e forse il porto di Gioia Tauro è il bilancio più generoso da gestire ogni anno, circa 120 milioni di euro. E se non basta questo ci sono i progetti comunitari e i quattrini dell'Europa che diventa più gentile quando c'è il timbro del campus. E poi c'è il campus e la residenzialità, l'assistenza, i tagli da gestire, la riforma, il matrimonio difficile e mai del tutto compreso tra didattica e ricerca. E poi, soprattutto, ci sono loro, gli studenti. Laurearsi ancora oggi è una scommessa
Da lunedìsi vota per il dopo Latorre all'Unical Finisce un'era dopo 14 anni di rettorato. La sfida, quasi certamente, si gioca tra Crisci e Maggiolini
Gino Crisci
Marcello Maggiolini
giù persa nei confronti del lavoro? Il nuovo rettore, quello del regno che finisce e del pieno della crisi valoriale da superare, in qualche modo deve provare a dare risposte a queste domande. Non subito, non da solo, non per gratificare l'effimero ma deve provarci e non sarà per niente facile. Il campus nato negli anni Settanta per coniugare socialità e progresso e diritto ai saperi con il mercato è atteso da sfide che fanno tremare i polsi. Ma sono sfide da vivere prima che da vincere. Da lunedì si fa sul serio, si contano schede e progetti per il dopo Latorre. Senza nulla togliere a tutti i concorrenti e alle loro legittime aspirazioni ci pare di capire che la partita vera si gioca tra Crisci e Maggiolini. Uno scontro serio, di contenuti, delicato e professorale ma proprio per questo tosto. Hanno entrambi filo da tessere a sufficienza per sopportare il purgatorio delle operazioni elettorali e c'è da immaginare che chi la spunterà avrà avuto davvero quel peso finale in più in grado di fare la differenza. Ora i proclami e le metafore non servono più. Conta la credibilità, la fiducia, lo spessore. Conta la visione d'insieme, il sogno con i piedi per terra. Contano i voti, appunto. Buona fortuna.
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Sabato 29 Giugno 2013
Su proposta della Cisl
Buttiamo giù il tetto «È uno scandalo che dirigenti pubblici e privati guadagnino così tanto». Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Enrico Letta qualche giorno fa. Il Parlamento europeo ha approvato un pacchetto di misure che introducono un tetto ai bonus dei super manager nelle banche. In Svizzera i due terzi dei votanti al referendum ha approvato la cosiddetta “Iniziativa Minder”, che impone ai super manager delle banche di sottoporre agli azionisti la determinazione dei loro stipendi e bonus. La nuova normativa che sarà operativa a partire dal prossimo anno riguarda solo le società quotate in Borsa, e pone un divieto assoluto a buonuscite o bonus di entrata (“golden hello” e “golden goodbye”), con sanzioni che vanno da pene pecuniarie pari all’equivalente di sei annualità fino al carcere. Se tre indizi fanno una prova, vi sono sufficienti motivi per ritenere che lo scandalo delle retribuzioni milionarie di manager che hanno al loro attivo l’evidente fallimento del sistema Italia. Il problema è diventato di stretta attualità perché, come afferma il Presidente del Consiglio vi è una sensibilità diffusa nella pubblica opinione da provocare «una pressione collettiva, europea e dei paesi Ocse». Vi è un urgente bisogno di un riequilibrio sociale dei patrimoni e dei redditi, poiché il processo di concentrazione che si è verificato nell’ultimo ventennio ha compresso il potere di acquisto di ampie fasce di famiglie contribuendo in maniera determinante alla contrazione dei consumi, che ha generato un impoverimento complessivo dei “magnager”. Al problema del rilancio dell’economia vi è la questione etico-morale e di giustizia sociale, poiché non vi è alcun rapporto tra i risultati aziendali e la retribuzione dei super-manager, i quali continuano a godere di bonus milionaria anche in presenza di conclamate condizioni di crisi, fallimenti aziendali e risultati deludenti delle loro gestioni. A questo si deve aggiungere l’effetto distorsivo di politiche aziendale tendenti alla massimizzazione del risultato corrente utile ai fini della determinazione dei bonus a scapito della programmazione aziendale a più lungo termine necessaria per la definizione di una politica di sviluppo delle società. L’esasperata ricerca di risultati immediati ha favorito politiche di delocalizzazione, precarizzazione dei rapporti, contenimento dei costi di manutenzione, diminuzione dei costi di marketing, abolizione della ricerca e degli investimenti strategici. Qualsiasi iniziativa tendente a favorire anche in Italia norme restrittive sulle retribuzioni dei super-manager deve essere considerata con grande favore e sostenuta da un ampio spettro dell’opinione pubblica, poiché è una questione di equità e giustizia che supera le tradizionali barriere ideologiche che hanno impedito di introdurre elementi di modernizzazione, come la proposta di legge di iniziativa popolare della Cisl e Fiba/Cisl, per la quale è iniziata la raccolta di firme anche nella provincia di Cosenza. La legge, recante il titolo “Limiti massimi degli emolumenti dovuti al top manager di società di capitali a titolo di retribuzione e di bonus”, intende regolare e limitare le retribuzioni dei top manager delle società quotate e dei grandi gruppi bancari nazionali. L’iniziativa è stata presentata per la prima volta nel corso del Congresso nazionale della Fiba/Cisl te-
dello di finanza e di economia e, conseguentemente, un modello retributivo che può favorire quei comportamenti speculativi che, attraverso l’assunzione di rischi eccessivi, mettono a rischio le aziende stesse e tutta l’economia», afferma Tonino Russo, segretario della Ust Cisl Cosenza. «Stiamo parlando delle retribuzioni degli alti vertici dei grandi gruppi bancari nazionali: deve essere chiaro che non è per invidia dei loro cospicui stipendi che viene fatta questa operazione: si tratta innanzitutto di una battaglia di equità, di civiltà e per il bene comune», continua Giuliano Gullo Segretario Generale della Fiba/Cisl Cosenza. «Sono i lavoratori ed i cittadini che da tempo chiedono equità: perché quando l’azienda ‘va male’ si dichiarano esuberi, si tagliano gli stipendi ed i posti di lavoro dei dipendenti mentre un amministratore delegato, chiamato a decidere ‘cosa rischiano gli altri’, continua a prendere stipendi astronomici e poi anche buonuscite esagerate quando se ne va?» chiede polemicamente Tonino Russo.
Su iniziativa della Cisl è iniziata la raccolta di firme per l'introduzione di un tetto della retribuzione complessiva dei top manager delle società di capitali
Come si può giustificare che lo stipendio di un amministratore delegato arrivi fino a 46 volte quello medio di un lavoratore dello stesso comparto? Questo è ancora più incomprensibile in una situazione in cui l’informatica ha semplificato i compiti, ha standardizzato le funzioni, ha introdotti criteri di gestione affidati a sistemi esperti che non richiedono interventi diretti. In tutte le strutture aziendali si è assistiti a uno schiacciamento delle funzioni e delle retribuzioni con risparmi che sono stati utilizzati per gli stipendi d’oro dei super manager.
nutosi nel maggio scorso a Carovigno (Br), e come previsto dalla Costituzione è necessaria la sottoscrizione del progetto da parte di almeno 50.000 firme affinché la proposta di legge, già predisposta dalla Fiba/Cisl e depositata in Cassazione, possa essere discussa in Parlamento. Il numero di firme richiesto è alquanto esiguo, ed è facilmente raggiungibile, ma il traguardo delle 50.000 firme non assicura affatto il buon esito dell’iniziativa, considerato che a tutt’oggi il Parlamento non ha mai preso in considerazione alcuna proposta di legge di iniziativa popolare perché non supportata da un sufficiente interesse mediatico e da una importante parte dell’opinione pubblica. Tutte le proposte, di qualunque genere, sono state depositata nel grande calderone dei sogni presente in ciascuna Camera dove giacciono gli esercizi legislativi dei peones.
La proposta di legge prevede un tetto massimo di Euro 264.000 all’anno per la quota fissa della retribuzione, analogamente a quanto sancito dal ‘Decreto Salva Italia’ per i manager del settore pubblico, più un tetto massimo di altrettanti 264.000 Euro per la quota di compenso variabile (bonus ed incentivi). In ogni caso, quest’ultima dovrà essere effettivamente commisurata ai risultati raggiunti ed alla grandezza dell’azienda amministrata. Vengono esclusi bonus all’uscita ed altre forme d’indennità, retribuzioni anticipate, premi per acquisizioni e vendite, e così via, così come anche vengono posti dei limiti precisi alla ‘liquidazione’ di fine rapporto.
Bisogna sottolineare che nel caso specifico non è possibile ricorrere al referendum, che ha natura abrogativa di una legge, che per essere abrogata deve essere in vigore (sic!), perché nel caso specifico non c’è alcuna legge, ma tutto si svolge nella piena autonomia degli stessi manager nelle salotti delle grandi società, sulla pelle degli azionisti e della intera collettività, che paga con l’inefficienza e il maggior costo di beni e servizi l’obolo nei loro confronti. Il risultato dell’operazione è dunque legato al successo nelle piazze dell’iniziativa, che non incontra il favore di poteri forti, delle grandi lobby economiche, dei grandi manager pubblici, della stessa politica che si ritaglia un posto importante tra i privilegiati: molti di essi sono espressione della politica. Se si vuole che l’iniziativa possa essere coronata di successo bisogna aumentare di molto la posta fino a 500.000 o cinque milioni di firme: un numero da incenerire le titubanze dei parlamentari. «Ci giochiamo una partita decisiva nel senso dell’equità e del superamento della crisi. Né è solo una questione di costi: è sotto accusa tutto un mo-
«Fiba/Cisl e Cisl saranno in piazza e sui luoghi di lavoro per portare in parlamento una proposta che già fa parlare di se e che ha toccato la ‘pancia’ dei colleghi. Il nostro sindacato sta dando una concreta dimostrazione di saper uscire, quando è il momento, dai tracciati più ordinari, diventando protagonista di una democrazia attiva e dirompente e voce del ‘sentire comune’ di lavoratori e cittadini», afferma Giuliano Gullo. Il segretario regionale della Fiba/Cisl, Giovanni Gattuso ricorda il costante impegno della sua organizzazione sindacale per una politica equa e solidale. Nel 2009 la Fiba/Cisl presentò, all’incontro delle parti sociali con l’allora ministro dell’economia Tremonti, una proposta sui limiti alle remunerazioni dei vertici aziendali, ed il manifesto “Riformiamo la finanza per un’economia civile e solidale”, nella manifestazione Terra Futura che si è tenuta a Firenze, la proposta al G8 tenuto all’Aquila, ripetuta al G20 di Pittsburg, di creazione di un’autorità sovranazionale e di una tassa sulle transazioni finanziarie. «Ci sono state anche altre organizzazioni sindacali che hanno manifestato pubblicamente apprezzamento per l’iniziativa. Questo dimostra la bontà della stessa. Come Fiba/Cisl andremo avanti per portare in Parlamento questa giusta battaglia per i lavoratori ed i cittadini».
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Mezzoeuro Speciale sanità
La lotta ai tumori ha un’arma in più «Permette di trattare in modo preciso e non invasivo un tumore, risparmiando i tessuti sani e utilizzando dosi elevate di radiazioni ionizzanti consente di ottenere dei risultati terapeutici migliori». È la definizione che il dottor Valerio Scotti dà della Body Radiosurgery (radiochirurgia o radioterapia stereotassica ipofrazionata), tra le tecniche più evolute di radioterapia oncologica. Il Malzoni Radiosurgery Center di Agropoli (Sa) è attualmente il centro con la più alta casistica di trattamenti e ri-trattamenti radiochirugici e di radioterapia stereotassica.
Fondato nel 2004
all’interno dell’Ospedale civile di Agropoli, e convenzionato con il Ssn, la Malzoni Radiosurgery vanta la più alta casistica europea per il trattamento radioterapico stereotassico delle patologie oncologiche epatiche e polmonari «ma questa terapia - precisa il dottor Scotti, direttore del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica - può essere applicata anche a lesioni che interessano altri distretti corporei come il mediastino, il pancreas, l’addome, il distretto testa-collo, l’esofago, i reni e surreni, lo spazio retroperitoneale, retto, prostata». La Body Radiosurgery si pone ormai come valida alternativa alla chirurgia tradizionale soprattutto quando questa non possa essere effettuata; trova indicazione per quei pazienti in cui i tumori sono diventati resistenti alla chemioterapia o che hanno già effettuato una radioterapia convenzionale. «Controllando i movimenti dovuti alla respirazione - spiega il dottor Scotti -, individuando in maniera precisa il bersaglio da colpire ed effettuando un controllo costante della terapia, il risparmio dei tessuti sani è massimo, evitando gli effetti collaterali della radioterapia convenzionale. Il trattamento radioterapico stereotassico ha dimostrato una tollerabilità elevatissima ed essendo effettuato in regime di “day hospital”, ossia senza la necessità di un ricovero, permette al paziente di riprendere subito le proprie attività quotidiane». A conferma della validità di questa risorsa clinica per il trattamento dei tumori, sono in
Il Dott. Valerio Scotti descrive vantaggi e possibilità della Body Radiosurgery una nuova opzione terapeutica per la cura del cancro: «La precisione millimetrica consente nuovi trattamenti» fase di pubblicazione studi che vedono nella Body Radiosurgery risultati pari e sembra addirittura superiori in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Solitamente, invece, è usata come un’alternativa alla chirurgia tradizionale «costosa, difficile e che richiede un lungo periodo di ricovero - continua Scotti - La nostra tecnologia, insieme alla grande e pionieristica esperienza degli operatori, consente una precisione di trattamento millimetrica, valutando durante l’irradiazione il movimento interno degli organi e del tumore dovuti alla respirazione». La Malzoni Radiosurgery di Agropoli ha due acceleratori lineari di ultima generazione che permettono si eseguire anche una radioterapia tradizionale. «La sperimentazione - dice l’Ad del Malzoni Paola Belfiore - viene ora estesa anche alle terapie tradizionali. I due acceleratori lineari, così come i bunker, sono due macchinari
gemelli. Tale caratteristica consente di affrontare l’eventuale blocco di una delle due sorgenti, semplicemente trasferendo i piani terapeutici da un acceleratore all’altro». Il dottor Scotti entra poi nel dettaglio dei trattamenti. «L’effetto radiobiologico (cellkilling) superiore delle singole sedute (radioterapia ipofrazionata) associata al risparmio dei tessuti sani (precisione dei sistemi stereotassici) ci consente di trattare lesioni anche in distretti delicati come fegato, vie biliari, pancreas e di effettuare ritrattamenti in pazienti con nuove lesioni e/o con lesioni già irraggiate sia con tecnica stereotassica che con tecnica convenzionale. Sono stati irradiati circa 1600 tumori comprendenti tutte le zone corporee (testa-collo, torace, addome, pelvi) anche in distretti difficili da trattare (fegato, lesioni paraspinali, mediastino, rene)» spiega il dottor Scotti, responsabile del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica del Malzoni Radiosurgery Center.
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Sabato 29 Giugno 2013
Speciale sanità Acceleratori lineari In basso, un telaio stereotassico Nel box in alto, Paola Belfiore amministratore delegato del Radiosurgery center
Medicina del dolore
Trattamenti all’avanguardia per sconfiggere il dolore Il Centro di Medicina del dolore dell'Irccs Neuromed continua ad ampliare il numero di innovativi trattamenti terapeutici per i propri pazienti. Questa branca specialistica, finalizzata a studiare le cause del dolore per adottare ed applicare le terapie più adatte per eliminarlo, è in continua evoluzione. In Neuromed oggi è possibile fruire di alcune importanti novità terapeutiche contro il dolore: l'epidurolisi, trattamenti intradiscali tra cui l'ozonolisi e i trattamenti a base di capsaicina. L'epidurolisi è una tecnica particolarmente indicata nelle patologie del canale vertebrale e dunque contro il dolore generato da cicatrici post-operatorie o post-traumatiche e consiste in una sorta di "pulizia" del canale vertebrale, che consente di liberare le aderenze riducendo la "strozzatura" del nervo. È una tecnica percutanea, quindi non invasiva, molto valida in caso di dolore lombare persistente anche dopo trattamenti chirurgici inefficaci e per il trattamento di dolori da precedenti interventi sulla colonna vertebrale lombo sacrale; si pratica sotto anestesia locale o blanda sedazione e prevede, generalmente, solo un paio di giorni di ricovero. Anche l'ozonolisi intradiscale, o ozonoterapia intradiscale, richiede una semplice anestesia locale ed è pressoché indolore. È un trattamento indicato in caso di ernie e protusioni discali con conservata integrità del disco e, nell'80-85% dei pazienti trattati, può rendere non necessario l'intervento chirurgico poiché consente di decomprime il disco riducendone il volume e di risolvere l'infiammazione delle radici nervose. Ultimi, ma non per eccellenza, i trattamenti a base di capsaicina, un composto chimico presente in piante della famiglia Capsicum, tra cui il peperoncino piccante. Da millenni l'uomo è a conoscenza degli effetti positivi del peperoncino sulla salute, ma solo di recente si è riusciti a comprendere il ruolo giocato dalla capsaicina e se ne sono investigati più approfonditamente i diversi effetti, tra cui quello analgesico e antinfiammatorio. Il Centro di Medicina del dolore del Neuromed ha introdotto dei particolari cerotti a base di alte concentrazioni di capsaicina per il trattamento di patologie post-erpetiche e altre neuropatie in day hospital. Anche questa tecnica, da pochissimo introdotta, sta fornendo ottimi risultati clinici e incontrando la grande soddisfazione dei pazienti trattati.
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Sabato 29 Giugno 2013
Mezzoeuro L’And propone l’elezione diretta del preside
Uno sceriffo per la scuola
Favorevole o contrario? La proposta di elezione diretta del preside nella scuola è un sasso nello stagno che rompe un equilibrio di omertà sui reali problemi dell’istruzione. Già la reintroduzione del termine preside, che nella Roma imperiale indicava il governatore di una provincia, costituisce una provocazione mettendo in soffitta il “dirigente scolastico”, il ds rimasto estraneo come mentalità e funzioni alla figura del manager, poiché non vi era quasi nulla da dirigere. L’equivoco nasce da una autonomia scolastica conclamata a gran voce, ma che nei fatti non lascia alcun margine di discrezionalità ai “dirigenti”. Il personale è gestito a livello ministeriale attraverso i suoi uffici periferici, gli edifici affidati agli enti locali, comune o provincia a seconda dei casi, i programmi definiti a livello centrale. Il margine di autonomia è ridotto a qualche migliaio di euro l’anno che non bastano neanche per la carta igienica, tanto che in molte scuole si è costretti a ricorrere al contributo delle famiglie per offrire i servizi più essenziali. Per non parlare della sicurezza che costituisce una delle responsabilità personali, ma i ds non hanno alcuna possibilità reale di intervento. In molte scuole, palesemente inadeguate, si agisce in pieno regime di illegalità con l’augurio che la clemenza celeste supplisca alle deficienze terrene. Resta solo il grande affaire dei progetti, nei quali si dissipa il prezioso tempo degli insegnanti distratti dai loro compiti essenziali, si utilizzano risorse che potrebbero essere altrimenti disponibili per priorità didattiche o esigenze logistiche. I confronti internazionali impietosamente ci mostrano che non sono neanche valsi a colmare il gap che ci separa con il resto d’Europa in termini qualitativi. Per non parlare del grande imbroglio del dimensionamento che ogni anno provoca fibrillazione in tutto il sistema, poiché si mette in discussione la natura stessa di ciascuna istituzione scolastica, sconvolgendone l’organizzazione amministrativa, la governance, l’assetto istituzionale senza che gli istituti vengano chiamati in causa per decidere del loro futuro, per scegliere un partner o trovare una soluzione organizzativa alle loro carenze, valutate sulla base di parametri che cambiano dalla sera alla mattina. Ogni scuola è autonoma
Nominare un responsabile per ogni istituto e non organizzare le scuole per uno pseudo-dirigente
nella misura e nei modi che gli viene concesso per gli spazi residuali che sfuggono al controllo di questo o quell’organo. Vi è poi l’anacronismo di un sistema di interazione con la società civile che si è tentato di introdurre con i famosi decreti delegati approvati nella lontana stagione del compromesso storico tra il 1973 e il 1974, che ha introdotto il sistema degli organi collegiali, che avrebbero dovuto consentire alle famiglie di poter diventare soggetti attivi nel processo di formazione dei loro figli. Dei distretti scolastici nessuno ha mai saputo esattamente quale sia stata e quale sia la sua funzione e per quale ragioni le sue funzioni non possano essere trasferite ad altri organi, come la Provincia ad esempio, destinata forse a sparire ma che potrebbe raccogliere le funzioni di tutti gli inutili enti del sottobosco amministrativo, come Asi, consorzi di bonifica e via discorrendo. Un sistema inadeguato, come risulta immediatamente evidente a chi ha una conoscenza diretta, che sopravvive per inerzia e che non si ha il coraggio di mettere in discussione. La difficoltà della scuola pubblica si traduce in una domanda crescente di privatizzazione dell’istruzione superando il sistema costituzionale che aveva introdotto il principio della assoluta priorità della scuola pubblica, inibendo qualsiasi assegnazione di risorse all’insegnamento privato. La prima inderogabile esigenza è quella di ridare
autorevolezza alla scuola pubblica recuperando ruolo e funzione dei suoi protagonisti principali che dono gli operatori scolastici che a qualsiasi titolo e a qualsiasi livello si dedicano a questa nobile e importante attività. La scuola deve diventare un soggetto protagonista del territorio, rappresentata da una personalità che abbia l’autorevolezza di interloquire direttamente con le autorità locali, che sia riconosciuta come un potere a cui è demandata una funzione specifica e strategica nella gestione del territorio. L’elezione diretta del preside sottrae la nomina del massimo rappresentante dell’istituzione ai giochi di corridoio, alle contrattazioni politiche, ai concorsi pilotati con procedure opinabili di selezioni. La qualità di un rappresentante non può essere valutata sulla base delle sue conoscenze tecniche, sempre opinabili, ma sulla base della rappresentatività, della sua capacità di gestire le relazioni sociali, di collegare la scuola con il territorio e raccordarsi con le famiglie e i rappresentanti elettivi con i quali concertare la programmazione scolastica. Nulla vieta di rapportare l’indennità di reggenza di un istituto scolastico alle sue dimensioni, consentendo di adeguare le risorse alle esigenze di ciascun istituto e salvando così la sopravvivenza prima e l’autonomia di molti istituti condannati oggi dalla loro perifericità. Vi sono centinaia di comuni interessati a un declino che appare inevitabile che viene accentuato e progressiva chiusura di tutti gli uffici pubblici e dei servizi privati. La scuola assume una importanza strategica per la sopravvivenza di queste comunità che non possono essere abbandonate soltanto per perseguire una ottusa politica di spending review, poiché il costo sociale e le conseguenze dell’abbandono del territorio può provocare conseguenze molto più disastrose e costose del costo del mantenimento delle istituzioni. L’elezione diretta del preside è una proposta innovativa e coraggiosa in grado di mettere in moto un meccanismo di democratizzazione della scuola, che diventa protagonista della politica del territorio. (O.P.)
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Sabato 29 Giugno 2013
Insieme è meglio
Accomunàti in un’unica Presila È passato un decennio dicono i Verdi in Calabria da quando fu istituita l’Unione dei comuni della Presila cosentina Rappresentò una innovazione istituzionale «Il Comune unico della Presila è una necessità politico-istituzionale, non più rinviabile, la cui attualità è innegabile, sia sul piano di una razionale gestione delle Comunità interessate, sia sul fronte dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi di pubblica utilità e di quelli strettamente connessi ad uno sviluppo moderno e sostenibile del territorio in esame». È questa - in sintesi - la riflessione che hanno maturato i Verdi ecologisti della Presila, unitamente ai rappresentanti elettivi in alcuni civici consensi, nell’ambito di una riunione svoltasi nella sede del Coordinamento di Cosenza, presenti i dirigenti provinciali e regionali del Partito. È ormai passato un decennio - si legge in un articolato documento che è stato, per la circostanza, approvato e diffuso nelle diverse realtà operative del partito dei Verdi in Calabria - da quando fu istituita l’Unione dei comuni della Presila cosentina. All’epoca, fu la prima Unione ed essersi costituita autonomamente in Provincia e in tutto il territorio calabrese, in seguito all’approvazione del Testo unico sugli enti locali (Tuel / 2000). Servì come esempio per altri comuni che, solo in seguito, hanno deciso di organizzarsi in unioni e rappresentò un’innovazione istituzionale, che, guarda caso, partì da un’area “la Presila”, appunto, che
nel passato si è sempre contraddistinta per lungimiranza, impegno ed avanzata sensibilità politica. Autodeterminarsi, nel complicato riordino degli Enti Locali, non era solo un modo per tagliare gli alti costi della politica (come si vuol far credere ingiustamente) - si legge, ancora,nella riflessione dei Verdi ecologisti della Presila - ma era un qualcosa di assai più importante per la vita delle comunità amministrate. Essendo il comune il primo livello istituzionale è quello che, di fatto, condiziona, attraverso la programmazione e l’erogazione dei servizi essenziali, la vita dei cittadini. In buona sostanza, il comune è quell’ente che può far diventare un “territorio” un luogo dove si può vivere bene. Questo era lo spirito e la consapevolezza che muoveva gli animi quando fu istituita l’Unione. Anzi, già si guardava avanti sottoscrivendo l’impegno a pervenire, dopo un periodo di gestione in forma associata dei servizi essenziali, alla costituzione di un unico comune. Su questo punto ci fu una convergenza ampia, sia a livello politico (partiti e movimenti), sia a livello istituzionale (consiglieri, assessori e sindaci). Purtroppo, come spesso accade in questo Paese, molti impegni rimangono solo annunci, e cosi è stato anche per il comune unico della Presila. Un annuncio, nulla di più. Contribuendo,così facendo,nel suo piccolo,come istituzione presilana, ad elevare la sfiducia del cittadino verso le istituzioni elettive e la stessa politica. Se un decennio non è bastato per unificare sotto una sola amministrazione sette piccoli comuni, tra l’altro, di fatto, già uniti, sia fisicamente (non si distingue più dove finisce un comune e dove inizia l’altro), sia dall’interscambio di numerosi cittadini presilani (ormai ogni paese è composto da abitanti provenienti da altre comunità non solo viciniori), significa che c’è una volontà politico-istituzionale ben precisa a rimanere come si è: sostanzialmente divisi. Bastava poco per cancella-
re le sette amministrazioni (non le sette storie centenarie dei singoli paesi e dei suoi abitanti). Infatti, necessitava solo un atto di coerenza che consentisse alle amministrazioni coinvolte di approvare con documento deliberativo del consiglio per sancire la volontà di unirsi, chiamando i cittadini a confermare questa volontà con un referendum popolare. Tutto ciò non è ancora avvenuto! Anzi, c’è di più! Nonostante siano passati due lustri, ancora si discute, inutilmente - pongono l’accento i Verdi ecologisti della Presila ed i rappresentanti nelle istituzioni locali - sull’opportunità, sulla funzionalità o sull’efficienza del progetto. Purtroppo, in questi anni, trascorsi inutilmente, si potevano fare molte cose che sicuramente avrebbero reso il comprensorio presilano meglio organizzato sul piano dei servizi, quindi più vivibile. Operare per fare diventare realtà un ‘Piano strutturale associato (vecchio piano regolatore) che finalmente sanava le carenze infrastrutturali in cui versa la presila e evitava il pesante fardello dei doppioni ingestibili; si poteva varare un ‘Piano dei trasporti’ con al centro la tratta ferrata delle Ferrovie della Calabria e da una circolare di collegamento. Ed ancora, puntare a realizzare un ‘Piano energetico collettivo’, con fonti rinnovabili; promuovere una gestione congiunta dei rifiuti; individuare un centro sportivo super attrezzato e un grande parco urbano. In altre parole, si poteva fare tanto insieme, in una visione unitaria di sviluppo, per la promozione del vasto comprensorio in questione. A questo e ad un altro cospicuo elenco di piccole o grandi questioni serviva il Comune unico della Presila. Purtroppo - conclude la riflessione dei Verdi ecologisti della Presila - con grande rammarico, registriamo una non volontà politica e istituzionale a istituire, autonomamente, un solo comune. Quindi, allo stato attuale, per sperare nel comune unico ci restano due opportunità. La prima è la raccolta delle firme per indire il referendum, mentre la seconda è augurarsi che il governo impone, per legge, la fusione dei piccoli comuni. Ma questa seconda opportunità sarebbe, certamente, la sconfitta della parte politica che governa da sempre i comuni presilani.
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Sabato 29 Giugno 2013
Mezzoeuro La natura chiama
Il pascolo per mantenere gli equilibri naturali pagine a cura di Giovanni Perri
In applicazione dell’articolato di legge riguardante la valorizzazione ed il recupero produttivo delle risorse agro-forestali è previsto un “piano di utilizzazione e sfruttamento”, redatto da un tecnico specializzato (agronomo-forestale), al fine di assicurare il mantenimento degli equilibri naturali e le esigenze economico-funzionali, ecologiche e paesaggistiche delle superfici pascolive e del patrimonio forestale pubblico e collettivo. Le superfici pascolative sono quelle aree agro-forestali, ove che il bestiame utilizza direttamente sul posto, la biomassa erbacea nutritiva, solitamente con gli allevamenti allo stato brado, con la transumanza e l’alpeggio o pascolo estivo dei bovini in montagna. Per tali finalità ogni amministrazione comunale con proprietà agro-forestali, in virtù dell’art. 10, 12 e 13 delle “prescrizioni di massima e di polizia forestale”, della Regione Calabria - dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione, diretto dall’on. Michele Trematerra, deve destinare almeno il 10% dei ricavi provenienti dalla gestione dei beni connessi alle attività forestali e zootecniche (uso dei pascoli), ad iniziative progettuali, al fine di realizzare programmi di pianificazione, conservazione, miglioramento e potenziamento dei boschi e dei pascoli e della viabilità forestale. In tal modo ogni Comune che vanta patrimoni forestali di interesse pubblico e collettivo, dovrà procedere obbligatoriamente al relativo accantonamento annuale di una parte dell’entrate derivante dall’attività forestale, e destinarla alla redazione dei “piani di gestione”, previsti dalla normativa vigente, al fine di evitare risultati deludenti per il non razionale sfruttamento delle potenzialità produttive, paesaggistiche ed ambientali della aree suddette. I Comuni interessati avranno in tal modo la possibilità e disponibilità economico-finanziaria di programmare e realizzare il recupero produttivo delle realtà agro-silvo-pastorali, pena la decadenza di qualsiasi provvedimento di concessione da parte dell’amministrazione nei confronti di terzi, ponendo la dovuta attenzione agli aspetti riguardanti la pianificazione, conservazione, miglioramento e potenziamento.
I Comuni interessati avranno la possibilità e disponibilità economico-finanziaria di programmare e realizzare il recupero produttivo delle realtà agro-silvo-pastorali, pena la decadenza di qualsiasi provvedimento di concessione In considerazione del fatto che il territorio montano e collinare della Calabria è abbastanza caratterizzato da pascoli, l’applicazione della legge in esame, si rende necessaria ed obbligatoria per il loro razionale sfruttamento, cosicché necessita avviare concreti programmi di recupero, pur ricorrendo a forme contrattuali di affitto singole o anche in forma associata. In tali contesti ambientali la redazione dei piani di gestione è perentoria, per come previsto dall’Assessorato all’agricoltura e forestazione, in primis nelle aree protette ed in quelle ricadenti in “Rete natura 2000”, al fine di viaggiare in direzione di una efficiente e rigorosa gestione del patrimonio forestale pubblico e collettivo. Con la rigorosa osservanza degli interventi di pianificazione agro-forestale, la gestione delle aree prato-pascolative diventa vantaggiosa sia per l’Ente pubblico, oltreché sotto l’ottica della sostenibilità economica ed ambientale, pur sempre condizionata da opportuni interventi progettuali e misure di salvaguardia per la riqualificazione ambientale. In tal modo viene anche monitorato l’assetto idro-
geologico del territorio, le manutenzioni connesse al mantenimento e all’efficienza della viabilità forestale, la disciplina dell’uso dei pascoli, le modalità di esecuzione, un ben regolato carico di bestiame, il periodo di utilizzazione, il miglioramento della biomassa, unitamente alle modalità gestionali sostenibili. Per quanto attiene ai miglioramenti agronomici da apportare ai pascoli, è bene prevenire lo stato di rinuncia delle aree meno produttive, poiché dopo un certo periodo di tempo diventa difficile eliminare l’incolto, anche in considerazione del fatto che a seguito dell’abbandono il foraggio diventa in gran parte non utilizzabile pienamente. Il razionale utilizzo delle superfici pascolative richiede sempre una rigorosa selezione, scelta e gestione degli indirizzi produttivi degli allevamenti, possibilmente da carne di razza rustica o podalica, al fine di evitare non tanto e solamente lo stato di abbandono, ma soprattutto la perdita di unità foraggere, che possono riguardare la copertura vegetale non sempre favorevole o coincidente con la scelta di pascoli più produttivi e più facili da raggiungere. L’eventuale rinuncia dei pascoli meno produttivi e per di più in pendio, consente ad alcune essenze foraggere di mediocre o scarso valore nutritivo, solitamente meno appetibile e consumabile dal bestiame, di prendere il sopravvento, con il probabile successivo rischio della loro eliminazione, l’abbandono delle strade di accesso e della viabilità minore destinata a diventare, anche per la carenza di interventi manutentori, sempre più precaria, inutilizzabile, inagibile e inefficiente. In definitiva si può concludere che per evitare l’abbandono e il degrado dei pascoli, necessita incentivare forme razionali di sfruttamento, ponendo la dovuta attenzione ai necessari ed essenziali investimenti da realizzare, finalizzati a creare migliori condizioni per l’esercizio razionale delle risorse foraggere, unitamente alla tutela e salvaguardia degli equilibri naturali, paesaggisti, oltre che economici ed ambientali. agronomogperri@virgilio.it
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Sabato 29 Giugno 2013
La natura chiama
Un Vas per pianificare lo sviluppo L’importanza della Valutazione di sostenibilità ambientale strategica Nel corso della recente giornata di studio organizzata dalla Regione Calabria e dall’amministrazione provinciale di Cosenza è stata sottolineata l’importanza della Vas (Valutazione ambientale strategica), unitamente alle procedure da attuare al fine di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e nel contempo verificare la rispondenza dei piani e dei programmi agli obiettivi di sviluppo sostenibile. Senza la valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale da predisporre nella fase di elaborazione degli strumenti urbanistici, ha sottolineato l’assessore all’Urbanistica della Provincia di Cosenza, Leonardo Trento, si corre il rischio di non assicurare agli enti territoriali un livello di conoscenze e di informazioni analitiche e propositive, nonchè le alternative progettuali alle soluzioni previste, sia nei documenti preliminari che di quelli definitivi. Ciò è importante per quanto attiene, in primis, l’utilizzo del suolo nelle aree agricole e forestali, innanzitutto per la individuazione delle esigenze abitative funzionali alla conduzione delle aziende i cui interventi, se non bene inseriti nell’ambiente, possono mutare il paesaggio e dare vita ad una crescita non ordinata delle strutture edilizie, generando processi di degrado urbanistico e territoriale. È buona abitudine perciò adottare modelli di vita più sani, equilibrati ed eco-compatibili che non
depauperino le risorse naturali, l’ambiente, il paesaggio e la biodiversità, aspetti evocati giustamente anche da papa Francesco, finalizzati a rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, bensì come risorsa indispensabile per il futuro del pianeta e delle generazioni future. La Vas è altresì di rilevante importanza strategica nei centri urbani ed in generale, anche sulla spinta del pressante ruolo di riscontro e verifica dell’Ue nelle aree a forte intensità abitativa, quale strumento innovativo al fine di valutare preventivamente la mancanza o l’insufficiente copertura vegetale per non favorire il surriscaldamento del suolo, l’aumento delle temperature e le forti escursioni termiche fra giorno e notte. È infatti noto a tutti come l’incremento delle superfici a verde nelle aree urbanizzate e urbanizzabili, crei migliori condizioni di trattenimento delle acque meteoriche, rallentando razionalmente il loro deflusso e quindi della protezione del territorio e dei dissesti idro-geologici, assicurando di fatto la naturale infiltrazione attraverso lo strato superficiale dei terreni. Ciò porta inevitabilmente ad una ragionevole regimazione delle acque piovane ed al razionale uso del suolo e alla loro capacità delle risorse naturalistiche ed ambientali, al sistema produttivo in generale senza compromettere le opportunità e le prospettive per le generazioni future. Quando l’uomo interviene in maniera massiccia senza il minimo rispetto della natura, si verificano spesso aggressività climatiche di una certa intensità, per essere costretti successivamente ad intervenire per non assistere ad ulteriori conseguenti sconvolgimenti ambientali e territoriali Con l’espletamento della Vas, ha sottolineato l’ing. Giovanni Greco, dirigente settore programmazione e gestione territoriale della Provincia di Cosenza, così come previsto dalla normativa eu-
ropea, nazionale e dalla Legge Regionale n. 19/02 è possibile verificare il grado di efficacia ed efficienza degli interventi urbanistici e pianificatori degli impatti per la tutela e salvaguardia delle condizioni di vivibilità a beneficio delle popolazioni. Per tali motivi il documento ambientale Vas riveste un ruolo importante, il cui obiettivo principale è quello di verificare la rispondenza dei piani e dei programmi agli obiettivi di sviluppo sostenibile, di individuare ed attivare gli interventi pianificatori finalizzati a mitigare o a compensare possibili conseguenze negative sull’ambiente e sul territorio, anche con alternative progettuali alle soluzioni previste nel documento preliminare da discutere, approfondire ed essere condiviso nelle sedi Istituzionali. Tutto ciò anche al fine di rendere possibili gli interventi di riqualificazione, per il miglioramento della funzionalità complessiva del sistema agroforestale, per una razionale distribuzione del carico insediativo, per la tutela e valorizzazione delle risorse ambientali, infrastrutturali e produttive, in definitiva per il conseguimento ed il raggiungimento degli obiettivi strategici previsti dagli strumenti urbanistici . In definitiva la Vas è un documento, la cui filosofia è basata sullo studio e sulla previsione dei possibili impatti negativi, derivanti dalle scelte che si andranno ad effettuare sull’ambiente e sul territorio e le possibili misure idonee ad impedirli o a limitarne gli impatti negativi, così come ha più volte sottolineato Saverio Putortì, dirigente generale del dipartimento urbanistico della Regione Calabria. Come nota conclusiva si può senz’altro affermare che con la procedura Vas si è in grado di verificare la valutazione dell’impatto, nonché il livello di coerenza e di compatibilità dei nuovi strumenti urbanistici: Qtr (Quadro territoriale regionale), Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale), Psc (Piani strutturali comunali), Psa (Piano strutturali associati), il che impone di allargare quanto più possibile lo sguardo su orizzonti operativi più ampi e di vasto respiro, nel tempo e nello spazio, per un razionale utilizzo delle risorse materiali e immateriali e delle loro possibili interrelazioni. e-mail: agronomogperri@virgilio.it
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Tutela e salvaguardia
Calorosi
contro il fuoco di Giovanni Perri
Per limitare i danni cagionati dalla piaga degli incendi lungo strade, confini, canali e manufatti in genere, gli strumenti urbanistici di nuova generazione prevedono che la manutenzione del territorio sia d’obbligo, soprattutto durante il periodo estivo, quando la temperatura raggiunge i 35-40°C all’ombra. In tali circostanze le opere di tutela e salvaguardia sono necessarie ed essenziali, al fine prevenire incendi di vaste proporzioni come quelli che sono verificatii in questi giorni nella località “Valle Grande” in agro di Longobucco, dove le fiamme alimentate dal caldo e dal vento, hanno bruciato diversi ettari di terreno forestale e di macchia mediterranea. L’esperienza insegna che in caso di incendi di vaste proporzioni, è il caso che i servizi antincendio: Protezione civile, Corpo forestale dello Stato, Afor ed altri enti istituzionali, in primis i Comuni ed anche altri Enti che operano nel territorio, vengano messi nelle condizioni di svolgere, in sinergia, una puntuale e maggiore attività nel sostenere la prevenzione, al fine di conseguire risultati concreti in direzione della difesa del patrimonio arboreo e forestale, con particolare riferimento alle zone ove sono ubicati insediamenti produttivi e abitativi. Per evitare danni alle colture agrarie e forestali ed al territorio in generale, necessita perciò un’attenta opera di vigilanza e di manutenzione lungo i trat-
Necessaria la sinergia tra Protezione civile, Corpo forestale dello Stato, Afor ed altri enti istituzionali, in primis i Comuni
ti delle principali vie di comunicazione, i confini, i canali e manufatti irrigui, materiale infiammabile vario incatuamente abbandonato (bottiglie di vetro, sacchetti di plastica ecc.), così pure l’eliminazione delle erbe infestanti, sterpaglie, forme arbustive che spesso regnano incontrastate e costituiscono autentici potenziali focolai per innescare incendi con un semplice “cicca” buttata via da qualche automobilista più o meno distratto, peggio se animato o intenzionato all’esercizio dell’ attività di piromane. Le risorse boschive, della macchia mediterranea e dell’ambiente, nella vita di oggi sono beni sempre più apprezzati ed indispensabili, cosicché la prevenzione contro gli incendi assume importanza sociale ed economica rilevante, poichè il paesaggio, inteso come insieme di fattori e valori, utilizzato razionalmente, arreca vantaggi all’uomo
ed alla collettività. Nell’incontro con la natura, con il paesaggio, con i boschi ed i suoi variegati colori, l’uomo può trovare motivo di divertimento, di svago, di ispirazione per operare bene negli ambiti lavorativi ed in quelli relazionali. La varietà dei colori che costituisce il paesaggio forestale, sempre ricco e notevolmente vario nelle quattro stagioni, ha sempre suscitato nell’uomo un grande fascino, oltre che funzioni produttive, di difesa del suolo, di abbellimento e di purificazione dell’aria. Il territorio agrario e forestale, privato del manto vegetale diventa un ambiente squallido e non utilizzabile, facile preda di fenomeni atmosferici sfavorevoli come alluvioni, smottamenti, movimenti franosi, dissesti idro-geologici, diminuzione della flora, della fauna e della biodiversità in generale. Il territorio agro-forestale quindi deve essere ben custodito ed attenzionato ancor prima che si verifichino gli incendi, anche con l’applicazione di leggi più rigorose nei confronti dei “piromani”, poichè molti fuochi derivano da gesti criminali che sono autentici attentati al paesaggio e all’ecosistema agro-forestale. In questa direzione i cittadani amanti della natura e dei boschi possono fare molto, con una sempre più attenta educazione ambientale per la difesa delle risorse naturalistiche e paesaggistiche e per un generale miglioramento della qualità della vita a tutti i livelli. agronomogperri@virgilio.it
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Itinerari Di Vini 2013
La cultura del bere a Trebisacce Verrà presentata ufficialmente durante una cerimonia pubblica domani Sabato 29 Giugno, la guida "Itinerari DiVini 2013" di Calabria, Puglia e Basilicata, dei soci FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori), a cura della delegazione provinciale di Cosenza, guidata da Francesco Pingitore. La cerimonia si terrà alle ore 17,00 presso il roof garden del Miramare Palace Hotel di Trebisacce, incantevole terrazza attrezzata che si affaccia sullo Jonio cosentino. All'evento prenderanno parte il Presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, partner del progetto, l'assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri, in rappresentanza dell'Istituzione regionale che ha patrocinato la realizzazione della guida, il consigliere regionale Gianluca Gallo, il Sindaco di Trebisacce Franco Mundo, il responsabile del settore agroalimentare di Confindustria Calabria Fortunato Amarelli, il direttore della rivista "I Grandi Vini" Fabrizio Barbagli e il segretario nazionale della FISAR, Claudia Marinelli.
La guida, totalmente gratuita, presente anche on line sul sito www.fisarcosenza.it , oltre ad essere un comodo vademecum per la ricerca di ristoranti, alberghi, wine bar, enoteche, produttori di vino e altre specialità gastronomiche, è anche un utile vocabolario del vino, con cui approfondire la cultura del mondo enologico, dai calici alle bottiglie, passando per il cinema e l'arte. All'interno è possibile trovare anche una cartina in cui sono localizzati sia gli associati che le bellezze storico-architettonico delle 3 regioni, dando così la possibilità al turista di essere indirizzato verso degli itinerari culturali oltre che enogastronomici. Al termine della presentazione, saranno consegnati gli attestati dell'ultimo mini corso di sommelier FISAR tenutosi a Frascineto(CS) nello scorso mese di Maggio, patrocinato dall'ente Parco, a cui hanno preso parte oltre 20 operatori della ristorazione, ricadenti nei comuni del Parco Nazionale del Pollino, in entrambi i versanti, calabro e lucano.
Note nel centro storico
Abate emoziona Lungro
Il Comune di Lungro, nell’ambito della promozione di eventi culturali che vedano protagonista l’Arberia e le sue eccellenze, ha presentato nel suo centro storico il reading “Le mie Calabrie” da “le stagioni di Hora” e “la collina del vento” dello scrittore calabrese Carmine Abate, vincitore della 50.a edizione del Premio Campiello. L’autore arbëreshe nato a Carfizzi ha da sempre narrato la cultura italo-albanese nei proprio romanzi, non perdendo mai le proprie radici, come testimonia la trilogia di romanzi “La Moto di Scanderbeg”, “Il Ballo Tondo” e “Il Mosaico del Tempo Grande”. Il Premio Campiello, nota onorificenza assegnata a un’ opera narrativa dell’anno, è stato assegnato per la prima volta nel 1963 a Primo Levi (con il romanzo “La tregua”). L’edizione 2012 vinta da Abate con il romanzo “La collina del vento”, dedicato al padre dello scrittore scomparso nel 2011, è il risultato di una importante produzione letteraria nata negli Anni ‘70 con la prima opera pubblicata (“Nel labirinto della vita”, 1977). Ci sono varie tematiche nelle opere di Abate quali anche l’emigrazione vissuta in prima persona poiché lo stesso autore ha vissuto in Germania vari anni. Vari sono stati i premi assegnati ad Abate e i suoi libri sono stati tradotti in otto lingue diverse (Germania, Francia, Olanda, Grecia, Portogallo, Albania, Kosovo, Usa e in corso la traduzione in arabo). Al reading svoltosi lo scorso giovedì 27 giugno alle 20:30 in Piazza XVI Luglio 1859, hanno preso parte anche l’artista arbëreshe Anna Stratigò che ha eseguito i canti della tradizione e il musicista calabrese Cataldo Perri con la sua chitarra battente e le musiche calabresi. Con loro sul palco il percussionista Checco Pallone e il violoncellista Spiro Pano. L’evento organizzato dall’amministrazione comunale di Lungro e in collaborazione con l’Officina della musica e la Provincia di Cosenza (istituzione che ha creduto molto nell’autore) è stato il primo in Calabria dopo il grande successo riscosso da Abate alla Fiera del Libro 2013 tenutasi a Torino, al Lingotto.
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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)
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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)
Le sfide cruciali per il Governo
Consiglio dei ministri e Consiglio europeo sono i due immediati nodi cruciali Priorità assoluta, il lavoro Il Consiglio europeo di Bruxelles incombe e il Governo si prepara ad affrontarlo tentando di fare chiarezza riguardo le numerose emergenze che il Paese dovrà provare a fronteggiare, sperando anche nell’appoggio dell’Unione europea, fino ad oggi vista spesso come un genitore severo che richiama al rispetto delle regole, anche se particolarmente dure, piuttosto che come un amico comprensivo e pronto ad aiutarci. In realtà i problemi sono ancora numerosi e il lavoro da fare, sia per quel che riguarda la ripresa economica italiana, sia relativamente agli impegni insiti nel ruolo di Paese dell’Unione, è tutt’altro che agevole. Il 26 giugno il Consiglio dei Ministri è stato intanto chiamato ad approvare un primo, importantissimo pacchetto sul lavoro, una serie di mi-
sure che avranno lo scopo di favorire nuove assunzioni a tempo indeterminato mediante il ricorso alla decontribuzione, e di favorire anche le assunzioni attraverso i contratti a termine per mezzo di procedure più agili, senza però che le tutele per i lavoratori diminuiscano. Nel mirino dell’Esecutivo, in particolare, la lotta alla disoccupazione giovanile e il tentativo di sostenere le numerose famiglie in difficoltà. «Stiamo entrando in un momento particolarmente impegnativo e importante - è il commento di Denis Nesci, presidente nazionale del patronato Epas - perché le scelte e le decisioni portate avanti adesso potrebbero indicare la strada da seguire nell’immediato futuro per realizzare quelle riforme e quegli interventi necessari per rendere concreta la ripresa economica. È incoraggiante come al primo posto, finalmente, vengano messe le esigenze di milioni di cittadini, soprattutto - aggiunge Nesci- quelle legate direttamente al mondo del lavoro». Il Consiglio dei Ministri rappresenterà quindi un momento di enorme importanza per le prospettive economiche del nostro Paese, ma non sarà l’unico grande appuntamento che il Governo dovrà affrontare: 27 e 28 giugno sono infatti le date del
Consiglio europeo. Il confronto con i rappresentanti degli altri Stati membri sarà molto utile per stilare obiettivi comuni che però, a detta del Premier italiano, non influenzeranno le scelte politiche relative agli interventi nazionali. Misure come quelle previste dal Decreto n. 69 dello scorso 21 giugno restano dunque indipendenti da ciò che verrà deciso a Bruxelles, così come ogni altro intervento programmato dall’Esecutivo, che si è detto intenzionato ad affrontare con un’intensità ancora più marcata la difficile situazione del Mezzogiorno italiano, zona in cui la disoccupazione giovanile è ancora più accentuata che nel resto d’Italia. «Non possiamo che essere d’accordo sulla necessità di intervenire in maniera ancor più vigorosa nel Mezzogiorno - afferma Denis Nesci - perché siamo convinti che con un intervento istituzionale serio e concreto il Sud possa davvero dire la sua e svolgere un ruolo di primo piano nella ripresa economica, a beneficio di tutto il Paese. Affrontare in maniera seria il problema della disoccupazione giovanile è indubbiamente la principale esigenza da soddisfare - conclude il presidente nazionale del patronato Epas - per cui ci aspettiamo che le misure annunciate trovino al più presto riscontro in atti concreti ed efficaci».
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Carta, penna e calamaio
Comunicazione chiama innovazione di Giuseppe Aprile
È determinante, in Calabria, costruire un sistema di comunicazioni tramite stampa autonoma, slegata dai contributi pubblici per la sua sopravvivenza. Non vuol dire che sempre si determina un sistema informativo dipendente o semplicemente influenzato. Comprendiamo sicuramente le difficoltà editoriali dovute al fatto che la gente non utilizza giornali per come dovrebbe, ma esiste il problema della famosa priorità tra la nascita della gallina e quella dell’uovo. Anche in Calabria, la stampa ha una sua storia ed una sua evoluzione. E non si può prescindere da questa se si vuole fare un discorso serio e dare una svolta nuova al sistema informativo di questa regione che, molto diversamente che da altre parti d’Italia, qui subisce una storia davvero difficile da una parte perché l’imprenditoria è debole e non ci sono casi di grandi imprenditori, tranne qualcuno maturato fuori regione, capaci di assumersi una responsabilità sapendo che la pubblica opinione non può essere lasciata a influenze di comodo. Ci sono bravi imprenditori come ci sono anche bravi politici che ancora resistono alla tendenza drammatica di usare la stampa per poteri di parte e quasi mai giusti. Ma la risultante è che oggi il dominio della informazione è lasciato alle tendenze pubbliche che aiutano le influenze di forze nazionali da una parte, e dall’altra a spregiudicati editori che giocano il tutto per tutto nella prospettiva di un successo di prospettiva personale; dopo di che finisce il giornale, si lasciano senza lavoro bravi giornalisti, diventano responsabilità di un uso assolutamente distorto del giornale o della televisione magari dopo avere favorito un personaggio a raggiungere vette del potere altrimenti manco immaginabili. In tempi assai passati, mi racconta un mio amico deputato, di fronte alla protesta della sua parte politica, allora combattiva forza di minoranza, un imprenditore che patrocinava la pubblicazione di un grande quotidiano, che andava per la maggiore, si sentì dire: “Lavorate per diventare voi sindaci e maggioranza, che poi faremo per voi quello che in atto facciamo per chi oggi conta e ci aiuta a stare nel mercato e difendendoci dalle sue regole”. Da questo episodio, mi dice l’onorevole mio amico, abbiamo dovuto trarre una lezione. Non solo come stavano le cose, ma come l’editore intendeva modificare. Discutendo si arrivava ad essere nella stessa valutazione allorquando il dire cadeva sul tema in questione. La stampa libera era di là da ve-
In Calabria la stampa ha una sua evoluzione e non si può prescindere da questa se si vuole dare una svolta nuova al sistema informativo nire e la sua trasformazione pure lontana speranza. Intanto il tempo è passato e la logica solo leggermente è modificata. C’è sicura, mente più pluralismo, meno sudditanza, più possibilità rispetto alla libertà di opinione. C’è la organizzazione sindacale dei giornalisti e l’ordine, proprio in Calabria, che sanno svolgere un grande ruolo per difendere la categoria; più o meno efficace a seconda della dirigenza di cui si dotano di anno in anno. Non si può governare il mercato assai scarso. Ma non è tutto. C’è di nuovo una politica che va scoprendo sempre più il ruolo della stampa e che fa di tutto per influenzarla, corromperla talvolta, renderla al suo servizio. Ha troppo potere di incidere sulla elargizione dei finanziamenti. È questo che succede oggi in Calabria con un ritmo di crescita esponenziale per cui ti trovi ad un silenzio quasi totale anche di fronte alla crescita del malumore cittadino per il fallimento delle politiche cui vengono chiamati partiti e politici. Oggi, in regione, si soffre della mancanza di un sistema informativo di primo rilievo. Ci sono ottime esperienze giornalistiche, non mancano attività lodevoli nel campo del sindacalismo giornalistico ed è ottimo il lavoro assistenziale dell’ordine; per carità, nulla da eccepire. Ma dobbiamo prendere coscienza maggiormente che occorre un sistema informativo di altro livello. Gli ottimi giornalisti di cui la regione dispone, il lavoro continuo presso certe redazioni giornalistiche e presso le sedi di corrispondenza locale dovuto oltre che a sforzi di base redazionale ed alla passione dei tanti che si appassionano all’attività, non sono sufficienti per dare una svolta definitiva al settore che non riesce ad essere determinante al fine di formare una pubblica opinione in grado di pretendere di più dai pubblici poteri. Molto e troppo tace. L’incidenza della stampa a volte è addirittura in negativo. Si lasciano passare
per normali cose tremende. Non c’è coscienza dei drammi che attanagliano la politica locale che va sicuramente di pari passo con le vicende nazionali dove siamo governati da un parlamento che non legifera, con forze politiche in netto contrasto tra di loro che, però, stanno alleate e tutti si domandano perché. Dove non si comprende come mai viene messa sotto i piedi anche la sentenza della magistratura e, come nulla fosse, i condannati esprimono il diritto di fare come nulla fosse. La logica è del “dobbiamo fare” non quella di domandarsi se “abbiamo fatto”. Ed è quella di lamentarsi invece di andarsene a casa quando si perdono milioni e milioni di voti. Basta vedere a quello che sta avvenendo nella questione di Berlusconi dove al dramma normale delle condanne per persone cui dovrebbe fare riferimento il massimo della moralità e dell’etica, si aggiunge quello che la pubblica opinione viene disorientata fino al punto che la televisione mette a disposizione ogni sua ora ed ogni suo schermo al fine di disorientare la pubblica opinione e far scambiare il bianco con il nero. Ragioni e torti non vengono messi nella propria casella di valutazione perché ci si permette di ridicolizzare anche sentenze eclatanti e precise, al di là della loro precisa funzione. Conta come non mai Berlusconi su cui gravano accuse e condanne e rinvii a giudizio, suoi uomini che se si facesse la conta di quanti sono sotto processo o sotto comunicazione giudiziaria, davvero uno dovrebbe dire se al governo della cosa pubblica debbano andare persone illibate o possono andare anche persone di equivoca morale o certa immoralità. La stessa logica avviene in Calabria. Siamo pieni di amministratori collusi, illogici, compromessi con i peggiori sistemi di poteri e la criminalità ma i giorni passano, gli anni pure e alla fine dovremo renderci conto di non avere avuto un governo degli enti locali, decisamente giusto e adeguato. Il palazzo della regione è più un luogo consumatore del bene pubblico secondo logiche private che il punto di cui si affrontano e si risolvono le questioni del lavoro e dello sviluppo del territorio. La classe politica della regione è quasi interamente sottoposta a un giudizio di condanna o di dubbio circa il suo peso morale e di competenza. Per lo stesso presidente Scopelliti ogni giorno troviamo pieni i giornali di sue questioni conflittuali con la giustizia per ragioni sempre inerenti al suo modo di decidere ed operare sul piano politico ed amministrativo e lui continua imperterrito con la sua squadra, le sue alleanze, a fare finta di niente, sistemare i suoi uomini, palleggiare le responsabilità anche sono solo ed esclusivamente sue. A quando un sistema informativo che faccia della stampa e della televisione un autentico vero potere di orientamento, di formazione della pubblica opinione, di cambiamento per il bene del nostro territorio? È il problema centrale di questa regione che continua a vivere male, con alleanze davvero anomale. Ci farebbe dire che le alleanze sono tali che nulla hanno a che vedere con gli interessi reali della regione. Noi ci sforzeremo per aiutare la formazione di un sistema giornalistico in grado di far svolgere ai giornalisti, ai giornali, alle televisioni, il ruolo importante di cui questa regione non potrà mai più fare a meno. A breve. Non c’è alternativa ad un giornalismo che non ritenga la cronaca solo al servizio della verità e come strumento di formazione della pubblica opinione al servizio dei più alti valori dell’etica e della buona politica. Non si può non criticare al massimo se si vuole avere un ruolo utile al cammino della società. Un politico che non garantisce morale ed etica, va combattuto e non trattato come cosa normale. I tempi della magistratura sono assai lungo ed una legislatura è troppo breve rispetto ad essi. E la gente ha bisogno di certezze e non di equivoci, visto anche che ognuno si attacca ad ogni possibile ramo pur di salvare la propria brama di comando.
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