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0,50 + 0,50 Voce ai giovani
numero 16 - Anno 12 Sabato 20 Aprile 2013
settimanale d’informazione regionale
Voce ai giovani Inviato di guerra: paura e passione www. mezzoeuro.it
Sedotta e abbandonata la chiesa di San Demetrio Corone
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Il legno storto
Per il Quirinale quanto hanno pesato i veti del Cavaliere? Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
Ediratio editore Direttore responsabile Domenico Martelli Registrazione Tribunale di Cosenza n°639 del 30/09/1999 Redazione e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza Responsabile settore economia Oreste Parise Progetto e realizzazione grafica Maurizio Noto telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e-mail: ediratio@tiscali.it Stampa Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Diffusione Media Service di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Internet relations N2B Rende Iscritto a: Unione Stampa Periodica Italiana
n. 12427
Nelle manifestazioni di piazza (Roma, Bari) tutti, attraverso la ripresa televisiva, hanno potuto sentire il Cavaliere incitare la folla (triste ricordo della piazza Venezia della buonanima!) ad urlare contro Prodi: sono stati pronunciamenti per esercitare pressione e ricatto. Quando uscirà questa nostra “nota” (sabato), è probabile che l’elezione del Capo dello Stato sarà avvenuta (dalla quarta votazione in poi), ed allora verificheremo se le minacce del Cavaliere (guerra civile, emigrazione all’estero) su di una scelta di Prodi, avranno ricevuto ascolto, e Prodi, che per tanti giorni è stato tra i papabili, sarà stato messo da parte Il Cavaliere non ha digerito molti nomi tra quelli venuti alla ribalta, su ciascuno ha fatto pesare i suoi sospetti di persona a lui avversa, sulla quale non poter contare (per i suoi problemi personali, soprattutto): ma su Prodi ha scaraventato un rifiuto velenoso, un “vade retro Satana” che ha bloccato ogni possibile “condivisione” di scelta. La trattativa di Bersani, molto tentennante, ha tuttavia dovuto accusare tale assoluta contrarietà del Cavaliere, al punto che i nominativi trattabili si riducevano sempre a pochi. ma escluso Prodi. Anche la buona volontà di trovare un accordo è finita per apparire esagerata di fronte a quell’odio viscerale verso un candidato che ha un valore politico assai significativo per il PD : se il PDL ha un unico emblema e la sua memoria si ferma lì, essendo il solo Berlusconi il suo passato, il suo presente, il suo futuro,non così stanno le cose per il PD che attraverso personaggi come Prodi può vantare una grande e variegata ricchezza di esperienze culturali e politiche
di Franco Crispini
Essere costretto a rinunciarvi per i diktat rancorosi di chi vive il terrore di un settennato guidato da un uomo inflessibile, che gli ha inferto già due solenni sconfitte elettorali, significava per Bersani piegarsi ad una assurda, irrazionale condotta funzionale soltanto ai diabolici piani del Cavaliere. Nel corso degli eventi fino all’esito finale, il veto fatto pesare su Prodi da un Berlusconi inferocito contro questo avversario politico, è stato un aspetto orrendo in tutti i tentativi di arrivare alla elezione del Presidente della Repubblica sulla base di larghe intese. Ma anche su altri, tranne Marini, un poco Amato e D’Alema, il Cavaliere ha fatto il bello ed il cattivo tempo, e Bersani gli ha tenuto bordone. Uno dietro l’altro, Rodotà, Cassese, e figuriamoci Prodi, facevano storcere il muso all’unico decisore per il Pdl che faceva i suoi calcoli su chi evidentemente avrebbe potuto contare di più per le sue “faccende” : ma chi tra tutti quelli (escluso Prodi) avrebbe potuto fargli intravedere qualche spiraglio di “favori speciali”? Oppure il Cavaliere è andato alla ricerca di un personaggio semplicemente più arrendevole per un settennato che ancora dovrebbe vederlo protagonista della vita politica italiana? Come che sia, i veti hanno trovato ascolto, alla fine ha fatto comodo al Cavaliere un candidato come Marini: può dire di avere accettato la scelta di Bersani (ma è stato una scelta del PD?, non sembra vista una vera rivolta che si è scatenata dentro il Partito) e può far ricadere sui diessini la responsabilità della bocciatura di Marini: Il Cavaliere dopo le prime votazioni può essere soddisfatto: un PD lacerato, altre carte da giocare fino a debellare i candidati ostili, sempre in nome della sua apertura a scelte condivise la quale è pi che altro una trappola in cui far cadere Bersani. Riusciranno i piani berlusconiani a mettere in subbuglio il PD, spezzettarlo nelle sue anime interne, e, dalla quarta votazione in poi ( sul cui svolgimento possiamo ora fare solo qualche supposizione), paralizzarne quel blocco di voti (406) che basterebbe assieme a qual altro apporto, (si tratterà di arrivare alla metà più uno dei voti, e cioè 505), a determinare la vittoria del candidato? L’astuzia e l’abilità del Cavaliere, la quasi inettitudine di Bersani che esce battuto da inconcludenti trattative, dovranno misurarsi nelle prove finali con un PD scosso e inferocito in molte sue componenti, con la vasta popolarità di cui godono tanto Prodi che Rodotà, con una domanda di cambiamento che si è fatta incalzante nel Paese, con un Grillo dalla indubbia intelligenza politica e strategica. Anche per il Cavaliere potrebbe essersi aperta una fase in cui non c’è da cantare vittoria, aiutato in ciò da un PD fallimentare: con Prodi o Rodotà, caduti miseramente i veti del Cavaliere, il quadro politico italiano comincerà ad avere un pò di respiro.
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Sabato 20 Aprile 2013
Avanti popolo, dov’è la riscossa
Da sinistra Walter Veltroni Romano Prodi Massimo D’Alema
Uniti dal diavolo Forse finirà come in un romanzo, o come in tribunale col curatore fallimentare. Chi apre la partita iva, chi firma il primo assegno, è poi quello che lascia le chiavi della ditta in aula. Se va così toccherà a Valter Veltroni chiudere il sipario, è sua l'iscrizione camerale del Pd. A due passi dal verdetto tutto lascia pensare che non sia stata la sua una grande idea. Ma Valter sognava questa contaminazione impastata sulla stessa bandiera e ora potrebbe toccare a lui sbrigare le ultime pratiche. Poi un giorno il Kennedy di Roma ci spiegherà come ha fatto a immaginare che sotto lo stesso tetto potessero convivere, e fallire tutte insieme, così tante e variegate razze mediterranee da sembrare un circo. Ma onesto com'è non mancherà di farlo, ne siamo certi. La notte del Pd paradossalmente è il bagno di sangue che finirà per unire più di ogni altro la politica italiana. Chi si immagina, in scala ovviamente, da Berlusconi a Tonino Gentile brindare con champagne per la liquefazione dell'avversario probabilmente ha visto un altro film. In gioco non c'è uno schieramento contro l'altro ma una politica contro un'altra. Un sistema contro un altro. Un Paese contro un altro. In gioco non c'è un presidente o un governo contro un altro, un colore o una bandiera contro un'altra. In gioco c'è una rivoluzione che va governata e che se sfugge di mano diventa un mostro. Il Pd ha avuto il maledetto torto di prendere centomila voti più dell'avversario nel posto sbagliato e nel momento sbagliato intestandosi la difesa di un sistema che non è in grado di difendere. Quando si finisce con la gente che circonda il Palazzo, storia che ormai si ripete ogni giorno, chi ne paga il prezzo più alto è inevitabilmente quello che s'è dato più arie, più pretese, più fumo dell'arrosto che ha in frigo.
La liquefazione del Pd nella notte degli italiani e dell'Italia. Tra D'Alema e Rodotà il futuro nelle mani di Grillo o Berlusconi Non resta che scegliere di che morte morire Chi s'è ammantato di superiorità morale (senza averla sul campo). Chi s'è creduto statista senza pensare allo Stato. Il Pd questo appare oggi agli occhi degli italiani e questo prezzo paga alla piazza. La Jugoslavia delle aspirazioni e delle presunzioni (il Pd appunto) non sa venire a capo di se stessa e il guaio vero è che per come s'è messa la faccenda gli altri non possono che stare a guardare. Senza gioire però, perché non ride nessuno se crolla il grattacielo. Con Grillo che non ne sbaglia una e Berlusconi che la sua griffe la cura come nessuno il partito del bene comune, quello dell'Italia unita e colorata, s'è infilato in un tunnel senza via d'uscita. Sarebbe capace il Pd di continuare a votare presunti capi di Stato impallinando progressivamente tutti. Il prossimo domattina e poi la domenica se necessario. Ormai è partita la guerra perfetta, l'ultima, quella finale. Quella della croce democristiana e della falce e del martello. Ma anche quella degli affari
sfumati, delle vendette mai consumate, dei trasversalismi. Dello Stato e dell'antistato, della lotta al crimine del crimine. Di tutto e il contrario di tutto. Il Pd s'è creduto partito ma non lo è mai stato, né poteva esserlo. La malefica intuizione di Veltroni non poteva riuscire meglio e oggi, sul cadavere del Paese, il Pd gioca il suo ultimo congresso di sangue. Poi non ve ne saranno più, non ve ne sarà alcun bisogno. L'immagine surreale della "ditta" fuori controllo è che nel giorno di Prodi che prende 100 voti in meno del previsto un comitato catanzarese del partito chiede conto a D'Attorre dei congressi. D'Attorre? I congressi? I circoli? Ma su quale pianeta vivono? Sarebbe come chiederlo al soldatino del Vietnam che ha combattuto per 20 anni da solo una guerra che era già finita. La sensazione che se ne trae va dalla pena allo sconcerto. Renzi a differenza di Bersani non ha avuto un rigore a porta vuota, ma un tiro senza portiere sì. Non doveva fare nomi probabilmente, se Prodi ha pagato tanto dazio è anche, indirettamente, colpa sua. Ma la scalata al Pd, che oggi è anche scalata al nulla, pure di queste leggerezze si alimenta. Ora nella sua notte che è poi anche la notte degli italiani il Pd, prima della liquefazione, deve solo scegliere se consegnarsi a Berlusconi, o provare a farlo, o a Grillo. Nel primo caso per salvare il sistema c'è D'Alema da far votare domattina. Non è detto che ce la faccia, potrebbe essere impallinato pure lui. Nel secondo caso non può fare altro che convergere su Rodotà. Il calabrese Rodotà. Se lo fa Grillo diventa un gigante e non si sa come va a finire ma forse il Pd salva la bandiera. Non è detto che salva il Paese ma questo sarebbe troppo da chiedere a un partito che sembra creato dal diavolo tanto è capace di far male.
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Sabato 20 Aprile 2013
Un Colle di speranza
La lunga notte di Stefano Rodotà Sembrava la solita ben riuscita provocazione di Grillo e invece dopo l'ennesima fumata nera a Bersani non rimane che "piegarsi" al volere del Movimento 5 Stelle o proporre D'Alema e confidare quindi nei voti del centrodestra. Insomma in qualunque modo si giri la frittata, il segretario del Pd ha perso e dopo la bocciatura a Prodi probabilmente mette a rischio definitivamente anche il rapporto con Renzi. Bene ha fatto Grillo a rimanere fermo sulla sua posizione con la proposta di candidatura di Rodotà montando un grande entusiasmo soprattutto da parte dei giovani. Una lunga notte insomma per Rodotà, ma anche per Bersani che dovrà decidere se fare finta di mantenere un patto con Pdl o ammettere che Grillo e i grillini esistono per davvero. Il consiglio è di guardare il cielo ed esprimere un desiderio guardando le stelle tutt'altro che cadenti...
Ma vediamo chi è Stefano Rodotà Nato nel 1933 a Cosenza da una famiglia piccolo borghese di San Benedetto Ullano comune della minoranza arbëreshë della Calabria, discende da una famiglia che ha annoverato, fra il XVII e il XVIII secolo, intellettuali e religiosi. Ha frequentato il liceo classico Bernardino Telesio nella città natale e successivamente l'università La Sapienza a Roma, presso la quale si è laureato nel 1955 in giurisprudenza, discutendo una tesi con il docente Emilio Betti, allievo di Rosario Nicolò. È fratello dell'ingegnere Antonio Rodotà ed è il padre della giornalista Maria Laura Rodotà, editorialista del Corriere della Sera.
coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione Europea. È stato inoltre componente del gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie e presidente della commissione scientifica dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali. Il 29 novembre 2010 ha presentato all'Internet governance forum una proposta per portare in Commissione Affari costituzionali l'adozione dell'articolo 21bis. L'articolo in questione è il seguente: "Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale".
Attività politica PR e PDS Dopo essere stato iscritto al Partito Radicale di Mario Pannunzio, rifiuta nel 1976 e nel 1979 la candidatura nel Partito Radicale di Marco Pannella. È eletto deputato nel 1979 come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano, diventando membro della Commissione Affari costituzionali. Nel 1983 viene rieletto e diventa presidente del gruppo parlamentare della Sinistra indipendente. Deputato per la terza volta nel 1987, viene confermato nella commissione Affari Costituzionali e fa parte della prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Nel 1989 è nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal PCI di Achille Occhetto e successivamente aderisce al Partito Democratico della Sinistra, del quale sarà il primo presidente. Nell'aprile del 1992 torna alla Camera dei Deputati tra le file del PDS, viene eletto Vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale. Nel maggio del 1992 presiede, in sostituzione di Oscar Luigi Scalfaro, l'ultima seduta del Parlamento convocato per l'elezione del Capo dello Stato. Scalfaro, in qualità di Presidente della Camera e candidato al Quirinale, in quell'occasione aveva preferito lasciare a Rodotà la presidenza, in vista della sua elezione. Al termine della legislatura, durata solo due anni, Rodotà decide però di non ricandidarsi, preferendo tornare all'insegnamento universitario.
Candidatura al Quirinale Nel 2013 si fa il nome di Rodotà quale possibile candidato alla Presidenza della Repubblica, proposto dal Movimento 5 Stelle e da vari appelli della società civile, raccolti anche da diversi esponenti del Partito democratico.
Parlamento europeo Dal 1983 al 1994 è stato membro dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, ma è solo nel 1989 che viene eletto al parlamento europeo. In tale sede partecipa alla scrittura della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Dal 1997 al 2005 è stato il primo Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 1998 al 2002 ha presieduto il gruppo di
Attività universitaria Ha insegnato nelle università di Macerata, Genova e Roma, dove è stato professore ordinario di diritto civile e dove gli è stato conferito il titolo di professore emerito. Ha insegnato in molte università europee, negli Stati Uniti d'America, in America Latina, Canada, Australia e India. È stato professore invitato presso l'All Souls College di Oxford e la Stanford School of Law. Ha insegnato presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università Paris 1 PanthéonSorbonne e ha collaborato con il Collège de France. Ha ricevuto la laurea honoris causa dall'Università Michel de Montaigne Bordeaux 3 e dall'Università degli Studi di Macerata. È presidente del consiglio d'amministrazione dell'International University college of Turin. Fa parte del comitato dei garanti di Biennale Democrazia e del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino. Altri incarichi e collaborazioni È socio onorario dell'associazione Libera Uscita, che si occupa della depenalizzazione dell'eutanasia. È stato Presidente della Fondazione Lisli e Lelio Basso e dal 2008 dirige il Festival del diritto di Piacenza. In campo editoriale ha diretto 'Il diritto dell'agricoltura' e dirige attualmente le riviste 'Politica del diritto' e 'Rivista critica del diritto privato'. Ha collaborato a diversi giornali e riviste, tra i quali Il Mondo, Nord e Sud, Il Giorno, Panorama, Il Manifesto, L'Unità. Collabora dalla fondazione con il quotidiano La Repubblica.
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Sabato 20 Aprile 2013
Fate presto «Il guaio è che non sono più convinto che lo facciano apposta, forse davvero non se ne rendono conto. Forse davvero non hanno orecchie per sentire che rumori arrivano da fuori la finestra. Certo la sensazione è raggelante. La nave imbarca acqua da tutte le parti ma la musica non smette di suonare. E loro suonano, e ballano. Proprio come sul Titanic...». “Loro” sono i musicisti della banda della politica contemporanea, nostrana e non. Il Titanic, ovviamente, è il vivere quotidiano, la barca del Paese, gli affanni di tutti. Per usare due immagini assai di moda di questi tempi fino al limite dell'abuso, di qua il Paese reale, di là quello di cristallo, quello virtuale delle segreterie di partito che si specchiano e si masturbano attorno al vuoto.
Suonano mentre la nave affonda Andrea Guccione, la metafora della mitica nave affondata nell'Oceano è sua, è imprenditore calabrese di successo ma non di “agio”, come si dice in questi casi. Non vive di riporto diretto dalla politica. Tutt'altro. La sua è un'azienda importante nel campo dei servizi e il rapporto quotidiano che ha con i giovani lo nutre di un polso molto aggiornato sugli umori del momento. Che non sono buoni... «Viaggio, viaggio molto tutte le settimane. È una battaglia quotidiana chiudere il cerchio delle aspettative, delle speranze. Dietro i numeri ci sono anime che fanno affidamento su di te, ogni giorno. E che non puoi deludere. Fare impresa oggi, e farla bene, è una missione anche e soprattutto sociale». Si riferisce alla crisi? «Morde, morde assai. Certo che mi riferisco alla crisi e come non potrei. C'è smarrimento, c'è confusione, in molti casi disperazione. Bisogna fare qualcosa, subito. Il Sud e la Calabria rischiano di esplodere all'interno di una bomba sociale che è solo all'inizio». Perché dice Sud e Calabria? Perché più qui e non altrove? «Per noi paghiamo molto di più questa crisi in termini di ricaduta sociale. È vero che subiamo meno il crollo delle produzioni industriali per il semplice motivo che non ne abbiamo mai avute granché ma la nostra è un'economia gambizzata in partenza dall'assistenzialismo. Sulla spesa diretta dello Stato sono cresciute generazioni e questo non lo si può considerare ora un costo. Ci sono vite dentro quei numeri. Gli inevitabili e progressivi tagli di spesa centrali colpiscono colpiranno sempre di più quelle aree e quelle economie fragili come la nostra che di assistenza statale hanno vissuto. Non la sto difendendo la spesa, ci mancherebbe altro. Ma occorre procedere gradatamente, con molta cautela quando si incide così pesantemente su di un tessuto sociale. I rischi sono tanti, esplosivi. Un tentativo va fatto, una soluzione va trovata». Lei da dove comincerebbe? «C'è poco da girare attorno, manca liquidità e questa non può arrivare solo dalle casse centrali dello Stato. I famigerati crediti alle imprese, che prima o poi arriveranno, non bastano, non prendiamoci in giro. Chi vuole che avrà tenuto in portafoglio fatture del 2008 o del 2009? Come minimo le imprese le avranno cedute alle banche, rimettendoci, e quindi quei soldi che arriveranno alle banche in gran parte andranno a finire e comunque non si rilancia un'economia solo saldando i debiti del passato. Occorre una spinta maggiore e più incisiva». Già, ma quale?
Come sul Titanic L'imprenditore Andrea Guccione così inquadra la "banda" dei musicisti della politica contemporanea, meridionale e nazionale «La realtà quotidiana è miserevole e drammatica e loro ancora giocano col risiko delle carriere personali - dice. Ma il tempo è scaduto, se ne accorgeranno e ce ne accorgeremo presto tutti quanti. Una immediata via d'uscita? Una task force, un consiglio di guerra per sbloccare e utilizzare subito la quota parte dei fondi Ue che spettano alla Calabria e al Mezzogiorno» «Una task force, un gabinetto di guerra per sbloccare subito la parte di fondi comunitari utilizzabili per progetti del Mezzogiorno . Occorrono procedure straordinarie per l'utilizzo dei fondi comunitari, procedure che vedano le Regioni al centro del sistema. Solo così si potrebbe mettere in campo un'operazione mastodontica di liquidità europea che risolleverebbe questa terra in pochi mesi. Il mio appello va alle Regioni, ai consigli regionali, ai parlamentari europei di diretta pertinenza. Bisogna abbattere le lungaggini, snellire le proce-
dure, intercedere immediatamente tra il soggetto attuatore e il beneficiario che può essere privato o pubblico. Non serve molto tempo, i fondi ci sono e sono pure tanti. Individuiamo i progetti, portiamoli all'attenzione Ue con l'interesse delle Regioni e dei consigli regionali. La politica ne faccia una partita propria adoperandosi per rendere immediatamente fruibili quelle somme di denaro che sono lì, aspettano ma non ancora per molto. È appena il caso di ricordare che il prossimo anno entreranno altre realtà nell'area euro, realtà vivaci che si piazzeranno nel cosiddetto Obiettivo uno dove ancora ci troviamo noi. Di questo passo finirà che faranno prima loro, i Paesi dell'Est, a utilizzare quelle risorse che invece ancora sono a nostra disposizione. Mi creda, non c'è altra via d'uscita che sbloccare immediatamente i fondi Ue». L'Europa quindi come via d'uscita, la principale. Altre scorciatoie? «Quella dei fondi Ue è la via maestra, quella dell'unica ripresa possibile in un momento di grave carenza politica. È appena il caso di ricordare che manca un governo c entrale e proprio in questo momento un ruolo più incisivo e propositivo delle Regioni, in relazione ai fondi Ue, sarebbe un'ottima cosa per compensare questa grave carenza. Stiamo perdendo tempo, questo è il punto. Poi certo, collateralmente e contemporaneamente si possono mettere in campo altre importanti iniziative che sempre però hanno a che fare con i fondi Ue. Penso per esempio alla detassazione dell'Irap o al rimborso per le realtà imprenditoriali del Mezzogiorno, se lo Stato non ce la fa perché manca in questo momento di guida politica si potrebbe procedere con i fondi Ue mettendo le Regioni in campo. Penso al credito d'imposta per chi investe e dà lavoro. Penso anche alla restituzione del costo del denaro che, come è noto, è altissimo al Sud rispetto al Nord». Ci spiega meglio quest'ultimo punto? «Ci sono imprese che pagano centinaia di migliaia di euro al'anno di interessi rispetto alle esposizioni che sono necessarie per lavorare. Un costo maggiore rispetto alle altre zone del Paese naturalmente generatosi da un maggior rischio a cui si espongono le banche dalle nostre parti considerato il numero di sofferenze. È arrivato il momento secondo me di mettere un punto a questa storia. Noi non possiamo pagare il doppio del costo del denaro rispetto al Nord, non è ammissibile. Il rischio d'esposizione le banche lo risolvano diversamente oppure intervenga lo Stato centrale restituendo all'imprenditore quella parte di maggior costo che ingiustamente paga». E come? «Ci sono mille modi, mi creda. Spalmandoli sulle detrazioni o semplicemente restituendoli per gli investimenti. Non è questo il punto. Il punto è solo fintamente di natura economica e contabile. Il punto è politico». Cosa vuole dire? «Che manca la volontà di chi ci governa e di chi ricopre ruoli di responsabilità, nazionali e locali. E se non manca la volontà allora mancano le capacità e a questo punto davvero non saprei quale dei due mali augurarmi. Di una cosa sono certo e lo vediamo in queste ore a tutti i livelli. La politica continua a chiudersi su se stessa, continua a privilegiare logiche di conservazione. Viene prima la carriera dei singoli, o della corrente, o del partito. Il resto conta poco. E il resto siamo tutti noi». La vede un po' di luce in fondo al tunnel? «Sono ottimista per natura, ma faccio fatica in questi giorni a intravedere una luce. C'è bisogno di recuperare le migliori energie, i migliori talenti, le forze più sane. Occorre uno scatto d'orgoglio, di generosità, di altruismo, di buon senso collettivo. Chiedo a tutti gli uomini che occupano ruoli di responsabilità di accantonare carrierismi e individualismi. Il nostro Paese, che è un Paese meraviglioso, merita una rivincita. Dobbiamo riprovarci tutti insieme perché tutti insieme ce la possiamo fare ancora una volta».
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Sabato 20 Aprile 2013
Il gioco virtuale dei partiti
A colpi di congressi In un'atmosfera surreale c'è ancora chi nel Pd di casa nostra trova il tempo per litigare sui congressi. Prima quello regionale o prima quelli provinciali? Probabilmente, nessuno dei due Il braccio di ferro sui congressi regionale e provinciale. Nonostante siano stati emanati i regolamenti che stabiliscono regole e procedure, nel Partito democratico non si prende pace: i renziani vogliono prima il congresso regionale, poi vogliono rinviare tutto, litigano con i bersaniani, poi avanzano candidature. Un giro di valzer senza sosta che lascia tutti senza fiato. Tutti contro il commissario regionale Alfredo D'Attorre che deve incassare anche la posizione del gruppo regionale che il congresso regionale lo vorrebbe prima di subito, come si evince dal documento ufficiale firmato da Principe e compagni, e non senza distinguo (leggi Pierino Amato che questa volta si avvicina più alle posizioni del compagno commissario). "Ho letto in questi giorni varie opinioni a proposito della celebrazione dei congressi. Opinioni naturalmente tutte rispettabili e degne di considerazione ma faccio osservare che ormai le decisioni sono assunte in maniere formale e non sono più nella disponibilità di nessuno di noi essendo stati formalmente emanati i regolamenti con le relative date". È quanto ha sostenuto il commissario regionale del Pd Alfredo D'Attorre in merito alle richieste, giunte da più parti, nel partito, di modificare il calendario dei congressi. "Ragione per cui - ha proseguito - ribadisco che si svolgeranno sia i congressi provinciali sia quello regionale nelle scadenze previste. Il 27 aprile rimane ferma la scadenza per la presentazione delle candidature alla segreterie provinciali ed il 25 maggio la scadenza per le candidature a segretario regionale. Queste scadenze ormai non sono più affidate alla nostra discrezionalità. Faccio osservare che, se e quando, come credo, nelle federazioni, il 27 si presenteranno i candidati con le relative firme è evidente che i congressi saranno celebrati. Ciascuno naturalmente, poi, avrà la libertà di parteciparvi o meno e lo stesso vale naturalmente per il congresso regionale. L'invito che rivolgo a tutti è lasciarci alle spalle una discussione ormai superata su date e procedure che sono ormai stabilite, che non saranno modificate e che rispondono, tra l'altro, alle disposizioni dello statuto nazionale. Concentriamoci, invece, sui contenuti da dare ai congressi, che sono chiamati a svolgere un delicato ed importante ruolo di rilancio del partito in questa fase così delicata della vita politica nazionale e regionale". "Faccio inoltre osservare - ha concluso D'Attorre - che la mia funzione di garanzia rispetto al congresso si è esaurita al momento dell'emanazione
dei regolamenti. A regolamenti emanati e con le commissioni congressuali operanti, sia a livello provinciale che regionale, è evidente che le funzioni di garanzia spettano a questi organismi. Io rispetto naturalmente tutte le opinioni ma voglio anche rassicurare i tanti dirigenti, i tanti circoli, i tanti amministratori che ho sentito e mi hanno contatto in questi giorni chiedendomi conferma delle scadenze congressuale. Ribadisco: le scadenze sono confermate sia per i congressi provinciali che per quello regionale".
E a Catanzaro il congresso si prepara come se nulla fosse. I democrat catanzaresi discuteranno - sabato a partire dalle 16.30 e domenica a partire dalle 9.30 - di lavoro, ambiente, sanità e riforma della politica anticipando la discussione congressuale con il lavoro programmatico che consegnerà una piattaforma ben definita da cui partire anche nel futuro prossimo venturo. L'iniziativa è stata presentata, questo pomeriggio, nella sede del Pd di via San Nicola alla presenza del gruppo di lavoro delegato dal commissario regionale, e
Da sinistra Pierino Amato, Mario Pirillo, Alfredo D’Attorre, Salvatore Scalzo
Sabato 20 Aprile 2013
Mezzoeuro Il gioco virtuale dei partiti regionale guidato da Sandro Principe, a Catanzaro si viaggia spediti verso la celebrazione del congresso provinciale che vede proprio Enzo Bruno tra i papabili candidati. Ma come dice il diretto interessato "non è una questione di nomi, quando si costruisce una piattaforma programmatica capace di coinvolgere la collettività e si viaggia nella stessa direzione, il nome non conta". Una due giorni, quindi, che punta all'elaborazione di un documento programmatico sui temi prescelti da affidare alla riflessione della platea congressuale partendo dal coinvolgimento degli iscritti. La parola torna alla base che deve essere capace di andare oltre, guardare alla realtà e alle istanze della collettività. A portare il proprio contributo sui singoli temi scelti per sviluppare l'assemblea programmatica anche Lino Puzzonia, Salvatore Bullotta e Italo Reale. "Il Pd vuole un congresso che consenta di parlare alla gente, facendo in modo che possa riconoscersi in noi - ha esordito Bruno -. L'approfondimento di questi temi ci consente di avere una base programmatica ben definita, anche per questo abbiamo voluto un'assemblea aperta, per spiegare ai cittadini che il Pd è davvero un'alternativa al centrodestra in Calabria. I temi indicati, lavoro, sanità, ambiente e riforma della politica, sono sotto gli occhi di tutti".
deputato di Catanzaro, Alfredo D'Attorre, vale a dire il capogruppo provinciale Enzo Bruno, il capogruppo comunale Salvatore Scalzo, il segretario provinciale dei Giovani democratici Domenico Giampà e Anna Pittelli dell'esecutivo regionale, presenti anche i consiglieri regionali Pierino Amato ed Enzo Ciconte e Mario Paraboschi, dirigente regionale e tesoriere provinciale del partito. Nonostante le polemiche di questi giorni, alimentate soprattutto da agguerritissimi renziani, e fiancheggiati dalla posizione ufficiale del gruppo
Dal disagio sociale all'emergenza rifiuti, a Catanzaro città dei call center, senza dimenticare la necessaria riforma della politica. "Il territorio non sta percependo un investimento adeguato, la sanità continua ad essere terreno di ricerca del consenso, insomma - dice ancora Bruno - deve essere impostato un nuovo ragionamento politico, partendo da una sana autocritica". Il nuovo gruppo dirigente, insomma, dovrà dare voce e cuore al lavoro programmatico che camminerà di organismi provinciali democraticamente eletti. L'aspirazione è di avere un partito plurale che, però, sappia costruire un percorso condiviso con conflittualità attenuate. A partire da quelle come dimostra lo scambio dialettico tra Ciconte e Scalzo - dell'opportunità di celebrare prima il congresso regionale e poi quello provinciale, quando i regolamenti emanati prevedono il contrario. L'iter è stato avviato, le date restano ferme, questo D'Attorre lo ripete come un mantra. Un dibattito per "risintonizzare la gente sul Pd", inserendo il ragionamento programmatico provincia-
le nel dibattito e nel contributo regionale, ribadisce Scalzo che si è occupato soprattutto della questione lavoro. L'importante è "garantire un confronto concreto e non perdersi dietro le tessere. Ci proponiamo una questione di merito e metodo, cercando l'unità sui temi per rapportarci con la base, ricostruendo il tessuto di un partito che vuole vivere", chiude il capogruppo democrat. Un partito che ha capito che "deve confrontarsi", chiosa Anna Pittelli. "È importante che nel congresso si parli di politica - aggiunge - mi auguro che la discussione continui anche nei circoli". Pronti a dare il proprio contributo anche i Giovani democratici, assicura il segretario provinciale Giampà. Con Ciconte la riflessione scivola prima sui temi nazionali - "i dirigenti non ne stanno azzeccando una" - per poi ribadire la validità della posizione del gruppo regionale sul congresso regionale che andrebbe celebrato subito, prima dei congressi provinciali. "Mi auguro che si ripristini un minimo di vivibilità - afferma ancora Ciconte - e che comunque si parli di inclusione e soprattutto di temi concreti: diciamo la verità sulla sanità, su quel decreto 136 che avrebbe dovuto essere annullato e che, invece, peggiora ulteriormente la realtà dei posti letto al Pugliese-Ciaccio". È il momento di dare una speranza ai calabresi, questo il Pd se lo pone come obiettivo. E l'unico modo è tornare un partito normale, con dirigenti eletti: le tappe naturali restano prima il congresso provinciale e poi quello regionale, Scalzo lo ribadisce con fermezza. "Partire dall'alto rimarca - significa accordi e cordate che noi non vogliamo".
Catanzaro avrà la sua assise
La fase congressuale in cui il Pd calabrese è impegnato per tornare alla "ordinarietà" della sua vita interna prevederà anche le assise cittadine di Catanzaro. È questo il risultato della riunione del coordinamento cittadino con i rappresentanti dei circoli svoltasi ieri sera nella sede del partito di via San Nicola e alla quale ha partecipato per il regionale Giovanni Puccio. I dirigenti del Pd catanzarese guardano con partecipazione e preoccupazione alle asprezze della discussione apertasi a livello nazionale per la formazione del Governo e l'elezione del Presidente della Repubblica e sono consapevoli della delicatezza della fase politica. Hanno però comunque deciso di confermare il loro itinerario congressuale nella convinzione che il dibattito politico leale e la ripresa organizzativa possano costituire, a tutti i livelli, le premesse di una ricerca unitaria. Pertanto i circa 680 iscritti al Pd di Catanzaro parteciperanno il 23 e 24 aprile ai congressi di circolo che rinnoveranno i segretari e gli organismi di base. Sabato 18 maggio, poi, per l'intera giornata, si svolgerà il congresso cittadino aperto a tutti gli iscritti ed al contributo delle forze politiche, sociali ed imprenditoriali , al termine del quale saranno eletti il segretario cittadino ed il direttivo. Le candidature a segretario devono essere depositate, presso la sede Pd via San Nicola accompagnate da un documento politico, entro le ore 20.00 del 14 maggio. L'ambizione dichiarata del congresso è quella di dare vita ad un partito capace di mettere in campo tutte le sue forze, di dibattere al suo interno facendo fruttare le differenze di posizioni, di riprendere un rapporto forte con i cittadini ed i loro bisogni, d'interpretare le istanze di nuova politica che emergono con forza dirompente dalla società. coordinamento cittadino Pd
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Sabato 20 Aprile 2013
Rogne, un po’ smorzate, oltre il Campagnano Il consigliere regionale del Pd si dimette da capogruppo in consiglio comunale Il clima in ogni caso, dopo la sentenza della Cassazione su Bernaudo e Ruffolo, s'è fatto più sereno
Principe
Sandro Principe
fa un passo indietro Ora che la Cassazione ha rigettato il ricorso della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro la mancata applicazione dell’aggravante mafiosa all’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e all’ex assessore Pietro Ruffolo, amministratori del Comune di Rende sembra che a Rende torna finalmente il sereno. Non c’è dubbio che i parlamentari Pdl calabresi anche nella richiesta della Commissione d’accesso - paragonando Rende a Reggio Calabria - hanno usato una forzatura ed agito da principianti. Ritornando alla politica, nella riunione di martedì 16 aprile Sandro Principe ha rassegnato al gruppo consiliare del Pd di Rende le sue dimissioni da capogruppo. Ha fatto un passo indietro, come preannunciato in altri incontri precedenti, per favorire il rinnovamento della classe politica rendese. Al suo posto, nella prossima assise di Consiglio Comunale, dovrebbe essere indicato Clelio Gelsomino mentre Francesco Mirabelli, il consigliere più votato della lista Pd dopo lo stes-
so Sandro Principe dovrebbe guidare il Pd cittadino.. Ancora una volta Principe, che ha sempre lavorato per il bene del territorio e dei propri cittadini, ha mantenuto fede ai suoi impegni invitando altri a mantenere gli obblighi assunti ed il sindaco e la giunta ad uscire dagli attuali schemi chiusi e stantii per iniziare un nuovo dialogo con la cittadinanza per poter affrontare e programmare, nei tempi ragionevoli, la risoluzione dei problemi della città. C’è però chi legge nelle dimissioni di Principe una presa di distanza dall’operato del sindaco Cavalcanti che in più occasioni ha disatteso le indicazioni del Pd rendese. Secondo le diverse notizie Cavalcanti ha indicato dirigenti e assessori in contrasto con il Pd, alcuni dirigenti pare senza i requisiti necessari a svolgere le proprie mansioni, mentre le perplessità sugli assessori riguardano l’azione e la produttività della giunta. Con la grande tradizione socialista di Rende che ha annoverato e annovera personalità ed esperti con professionalità variegate che vivono quoti-
dianamente i problemi del territorio c’era proprio il bisogno di ricorrere a personalità esterne che non conoscono e vivono i problemi della città ? I cittadini osservano con riserve e disorientamento l’operato dell’amministrazione comunale che dimostra lentezza, staticità, superficialità e ritardi nell’affrontare i problemi della comunità rendese. I contrasti tra sindaco e Pd che, al momento sembrano composti, sono apparsi chiari e alti anche sugli organi di stampa delle recenti settimane e restano incerti. Così come restano aperte le divergente nel gruppo Pd con un nutrito numero di consiglieri che vigila ed incalza il sindaco per avere disatteso più volte le diverse e legittime aspettative senza, naturalmente, nessuna certezza per il futuro. Cavalcanti che ha il privilegio di poter continuare a fare le proprie scelte assumendosi naturalmente tutti i rischi per le decisioni operate, deve mettere in agenda che anche a lui verrà presentato il conto.
STUDIO MEDICO FAVIN POSTURAL Postura valutazione e trattamento delle malattie cronico degenerative La posturologia, scienza innovativa, inquadra le sindromi algiche, come espressione di uno stress meccanico sulle articolazioni, spesso dovuto a disturbi della mandibola, dei muscoli dell’occhio, del cattivo appoggio dei piedi, stress e cattiva alimentazione La ricerca della causa che genera un dolore necessita della valutazione di questi recettori, che quando si mettono in funzione spostano il nostro equilibrio dandoci la sensazione di essere imperfetti o “storti”; la ricerca attraverso esami di laboratorio e utilizzo di questionario clinico valutativo, che ci indirizzano verso cofattori carenti responsabili di stress biometabolico ne completano l`indagine Le cause si ricercano con l’aiuto di strumenti come: 1) l’esame baropodometrico meccanico e statico 2) la valutazione posturale della colonna vertebrale, delle spalle e del bacino 3) esame baropodometrico dinamico su tapis roulan 4) esame spinometrico 4D x la valutazione della colonna senza raggi x 5) esame della forza muscolare 6) esame impedenziometrico-plicometrico 7) valutazione della composizione corporea La cura del dolore e’ complessa, perche’ bisogna tenere conto anche della componente psicologica. L’utilizzo del plantare neurobiomeccanico, la corretta nutrizione, l’agopuntura, il massaggio, la coppettaazione e moxa delle strutture muscolare, il training autogeno e altro, rappresentano, oggi un valido aiuto nel trattamento di tutte quelle patologie stress correlate, che con il solo intervento delle cure farmacologiche, non migliorano... anzi si crea una dipendenza a circuito chiuso, difficilmente riequilibrabile. Nello studio medico Favin Postural Center e’ possibile effettuare gran parte degli esami strumentali e dei trattamenti menzionati. wwfavinposturalcenter.it Via Dalmazia, 37 Cosenza Tel 098427632
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Sabato 20 Aprile 2013
Sui Tre colli tutto può accadere Individuata e congelata la soluzione per la vertenza Parco Romani. Non è bastato il lavoro del tavolo tecnico composto dal sindaco Sergio Abramo e dal consigliere Tommaso Brutto per la maggioranza di centrodestra, dal capogruppo del Pd Salvatore Scalzo e dal vice presidente del consiglio comunale, il capogruppo dei SocialistiEcologisti, Roberto Guerriero, alla presenza degli imprenditori Giuseppe Gatto e Giuseppe Speziali (affiancati dagli avvocati Valerio Donato e Francesco Pallone, presente anche l’avvocato Raffaele Mirigliani) che dall’amministrazione comunale - tramite la società partecipata “Catanzaro servizi” - vantano un consistente credito (circa tre milioni di euro) per i locali di Parco Romani. Locali che avrebbero dovuto ospitare l’ente Fiera e salvare, quindi, il costruendo centro direzionale e commerciale dal fallimento. Incassata la massima disponibilità degli imprenditori a individuare e sposare una soluzione condivisa che consenta di salvare il centro direzionale, l’obiettivo resta venire incontro alle decine di famiglie - oggi rappresentate da Gianni Costa - che attendono da quasi un decennio di vedere materializzare risparmi e sacrifici investiti in quei locali sorti ai piedi della funicolare. Il che significa verificare la sussistenza del piano di risanamento che sarà redatto con la collaborazione dei commercialisti indicati dal tavolo (l’assessore Filippo Mancuso e il consigliere Rosario Mancuso, entrambi autorevoli professionisti del settore, indicati dal Comune e il dottor Umberto Conforto indicato dagli acquirenti) che sarebbe dovuto approdare all’attenzione degli inquilini dell’aula rossa entro il 10 maggio. Un piano di risanamento che porta i rapporti tra Comune e imprenditori al punto di partenza che significa circa 3 milioni e mezzo di euro di cui l’amministrazione comunale dovrebbe entrare in possesso per l’area di proprietà su cui è stato costruito parte del Parco - e soprattutto l’annullamento dell’atto a seguito del quale l’amministrazione entrò in possesso degli immobili di via Argento e viale de Filippis a scomputo del dovuto dalla ditta Romani, tramite gli imprenditori intervenuti a supporto del Parco con l’acquisizione di una percentuale di quote. Ma l’entusiasmo di qualche giorno fa si frena. Un atto dovuto nei confronti dell’operato della magistratura e dei creditori che, davanti al Comune, sono tutti uguali. Lo stabilisce il codice civile. E
L’inciucio del Parco Romani Aria di tregua nella vicenda controversa della costruzione dei locali che avrebbero dovuto ospitare l'ente fiera Gli imprenditori Gatto e Speziali vengono a patti con l'amministrazione comunale di Catanzaro così il primo atto dei componenti della speciale commissione istituita per studiare la migliore soluzione possibile per la vertenza Parco Romani è quella di aspettare il prossimo 3 giugno, quando il giudice deciderà se omologare o rigettare l’istanza di concordato preventivo presentata dalla società Parco Romani Srl. L’assessore al Bilancio Filippo Mancuso (in quota alla maggioranza), il consigliere comunale Rosario Mancuso (in quota opposizione) e Umberto Conforto si sono riuniti ieri mattina per valutare le ipotesi al vaglio del tavolo tecnico dopo la riunione dei giorni scorsi con gli imprenditori Gatto e Speziali e i loro legali, oltre che la parte politica. Ma hanno deciso di valutare eventuali soluzioni, nell’interesse della città, soltanto dopo il pronunciamento dell’Autorità giudiziaria. Il rapporto tra Palazzo de Nobili e Parco Romani, quindi, potrà tornare “alle origini” e cancellare le controverse e alterne vicende di questi anni - permettendo agli imprenditori Gatto e Speziali di tornare nella proprietà degli immobili di viale De Filippis e via Argento ceduti al Comune tramite la società Parco
Romani - solo se il giudice competente decidesse di dare il via libera al concordato preventivo. Altrimenti non resta che parlare di fallimento. Proprio perché i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore salve le cause legittime di prelazione, e quindi deve essere assicurata la parità di trattamento, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale o esecutiva può essere iniziata o proseguita da questo o quel creditore. È quanto sancito dal codice civile all’articolo 2741: «I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche». La ripartizione dovrà tenere in considerazione anche i debiti il cui termine di scadenza non sia ancora giunto, questi si considerano come scaduti alla data di dichiarazione del fallimento, in considerazione della regola della decadenza del beneficio del termine. Un principio, insomma, a cui Palazzo de Nobili non può venir meno. Su proposta di Umberto Conforto, quindi, la commissione ha deciso di attendere il pronunciamento del tribunale di Catanzaro, che il 3 giugno prossimo valuterà se omologare o rigettare l’istanza di concordato preventivo presentata dalla società Parco Romani Srl. E se il concordato preventivo andasse a buon fine la trattativa potrebbe riprendere dal punto in cui è stata interrotta: riportare il rapporto nella posizione originaria in cui il Comune entrò nella proprietà di una parte del Parco (immobili per ammontare di 3,5 milioni di euro), annullare dell’atto a seguito del quale l’amministrazione entrò in possesso degli immobili di via Argento e viale de Filippis a scomputo del dovuto dalla ditta Romani, tramite gli imprenditori intervenuti a supporto del Parco con l’acquisizione di una percentuale di quote. E soprattutto redigere e rimandare al consiglio comunale la valutazione del piano di risanamento, cosa che il consesso avrebbe dovuto fare entro il 10 maggio.
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Mezzoeuro Un disastro che si poteva evitare
Sportelli nelle mani sbagliate di Oreste Parise
Fino a qualche decennio fa, la Calabria era una società contadina. Ogni più remota contrada era caratterizzato dalla presenza degli asini, che costituivano una caratteristica del panorama, come è evidente da qualsiasi documento fotografico dell’epoca. Le famiglie contadine non potevano fare a meno di quel prezioso animale, ora quasi completamente scomparso, così come trovavano conforto nella presenza delle vecchie Casse e Rurali e Artigiane, che avevano “umanizzato” le banche, istituzioni sacrali che incutevano timore e rispetto. Il direttore di banca era un’autorità sul territorio, al pari del sindaco, del parroco, del farmacista e qualche altro professionista. Quando ci si recava in campagna incontrando una sorgente o un torrentello, si invitava l’asino, l’immancabile compagno di quelle faticose giornate, a bere. Fischiando, secondo un uso secolare. Ma capitava spesso, che questi, caparbio come i suoi padroni, si rifiutasse nonostante le bastonate sul groppone. “Quannu lu ciuccu nu vvo’, hai voglia ca fischi!” era la saggia conclusione popolare. Può sembrare irriverente iniziare un discorso su un momento così delicato come il commissariamento di una banca, che rappresenta una realtà territorialmente importante che può provocare un serio sconvolgimento degli equilibri economici. Il commissariamento della Bcc dei Due Mari è stato già digerito dal mostro mediatico che ha rivolto altrove il suo interesse. Le notizie certo non mancano, tra le bombe di Boston, l’esplosione di una fabbrica nel Texas, l’elezione del Presidente della Repubblica e via rimestando nella spazzatura mediatica. Restano solo alcune antenne più sensibili del territorio che mantengono accesa la fiammella dell’interesse su questo problema. Una questione che riappare costantemente ad ogni crisi di una Bcc è quello del ruolo dell’Assemblea, o meglio dei soci che sono stati sollecitati a sottoscrivere un capitale, piccolo nella sua entità unitaria, ma che per molti di loro rappresenta un sacrificio reale, ma soprattutto la speranza di poter partecipare con il proprio sacrificio al miglioramento della realtà. La sottoscrizione di quella quota è una scommessa sulla capacità di farcela, di superare le difficoltà contingenti. La crisi di una Bcc rappresenta un trauma sul territorio, non tanto e non solo per le immediate ricadute sul piano del credito, ma perché in quel momento si spezza quel filo di speranza di poter contribuire, anche se in maniera marginale, alla costruzione del pezzetto di futuro. Eppure nel momento della crisi, nessuno si prende la briga di interessare costoro. Come hanno dimostrato i numerosi casi di crisi, essi perdono il loro investimento senza un lamento, senza alcuna protesta. La maggioranza sembra al contrario disponibile a rinnovare la sua scommessa. Dura lex, sed lex, dicevano i latini. Non vi è alcuna norma che imponga di coinvolgere i soci di una Bcc nella fase del commissariamento e questo non è stato mai fatto. Un gruppo di essi, vorrebbe oggi, ad esempio, che fosse convocata una assemblea per poter almeno
Il commissariamento della Bcc dei Due Mari ha ancora una volta evidenziato che una delle principali debolezze delle piccole banche è l'inadeguatezza degli amministratori, che si improvvisano tali senza competenza ed esperienza. La Banca d'Italia cerca di apportare qualche correttivo, ma è necessario intervenire con una normativa più rigorosa... avere qualche informazione su quello che potrebbero essere le possibili evoluzioni di questo processo. Proprio in questa fase il rapporto con la massa dei soci è molto problematico, perché nessuno può indovinare cosa succederà. Non è mai successo neanche nei numerosi casi precedenti che questo sia avvenuto anche in seguito. I soci si sono ritrovati ex, il loro piccolo risparmio azzerato, la loro banca scomparsa senza che la mag-
gioranza di essi abbia mai saputo dare una spiegazione a quanto accaduto. Si potrebbe dire che con la partecipazione alle assemblee annuali essi avrebbero lo strumento necessario per potersi informare sulla gestione della banca, capire l’evoluzione degli eventi, ma soprattutto partecipare attivamente alla scelta dei responsabili cui affidare le sorti. Il ruolo che oggi reclamano, avrebbero potuto esercitarlo annualmente con un controllo più penetrante e con la richiesta di chiarimenti dalla governance che avrebbe dovuto garantire loro il buon andamento della gestione e fornire i necessari chiarimenti sul loro operato. Ma la scelta e il rinnovo quasi automatico delle cariche, sono atti con i quali è anche rinnovato il patto di fiducia, un mandato che incorpora quella politica di gestione che oggi molti si affannano a criticare. Il punto debole di molte banche locali è proprio nella qualità del personale chiamato a governarlo e gestirlo che risponde a logiche locali. Il processo di selezione non ha le limitazioni ideologiche dettate da principi etici o religiosi, non vi è alcuna disputa sui diritti degli embrioni, ma è un puro risultato di una legislazione carente che lascia tutto il procedimento nella nebbia normativa, e consente che il governo delle banche locali (ma non solo per la verità) possa essere tranquillamente affidato senza alcun criterio, anche a un bravo chirurgo che pretende di affrontare le morosità con l’antibiotico. Chi ha un minimo di esperienza, è perfettamente consapevole che nella realtà, è sempre un ristretto numero di soci che influenza tutto il processo decisorio, com’è inevitabile nella democrazia assembleare. Questo sistema provoca la conseguenza che gli organi della banca non sono scelti per la loro professionalità, competenza ed esperienza nel settore, ma per il ruolo svolto sul territorio, per la capacità di influenza. Questo ha un immediato riflesso sulla gestione che assume un carattere fa-
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Sabato 20 Aprile 2013
Un disastro che si poteva evitare
minazione dell’adeguatezza del Patrimonio. In questo sistema vigente di controllo prudenziale costituisce il momento più significativo per una banca poiché è sulla base di questo indice che si determinano le sue concrete capacità operative. Per una concreta valutazione dell’Icaap, si definisce la mappa complessiva dei rischi più rilevanti che la banca deve affrontare nella concreta attività di gestione (rischio di concentrazione; rischio di mercato; rischio operativo; rischio di tasso di interesse; rischio di liquidità; rischio strategico; rischio di credito e di controparte, rischio di reputazione) seguendo le vari fasi di misurazione dell’indice, la sua collocazione nel sistema comparando con gli altri il comportamento, e la predisposizione di azioni idonee a mitigare il livello del rischio, con l’individuazione dei responsabili di gestione cui viene demandato il compito di seguire la procedura e procedere ai necessari correttivi nel corso dell’anno.
milistico, clientelare, politico con una inadeguata considerazione degli aspetti più prettamente tecnici dell’attività bancaria. La Banca d’Italia, nella sua funzione di vigilanza, ha sempre tentato di correggere questo difetto congenito, ma si deve dire che la politica della “moral suasion” non ha funzionato molto bene, per usare un eufemismo. Nonostante i richiami, i solleciti, le raccomandazioni che si ripetono in maniera quasi ossessiva in tutte le relazioni ispettive, la situazione stenta a migliorare e si può ben dire che nel complesso non si è ancora riusciti a selezionare una classe dirigente bancaria in grado di imporsi sul territorio con il carisma della propria figura professionale. Questa è una delle principali cause del sottosviluppo meridionale, poiché senza una classe dirigente adeguata non si programma, non si progetta, non si riesce a seguire alcun modello di società. Questo costituisce nello stesso tempo dei maggiori punti di debolezza e un fattore importante che impedisce una adeguata politica di sviluppo del territorio. È sufficiente ricordare le enormi risorse destinate dalla Unione Europea che vengono sistematicamente sprecate perché affidate esclusivamente all’arbitrio di una classe politica incapace persino di attuare una adeguata politica di spesa. Il ruolo delle banche locali potrebbe essere essenziale per poter gestire questo imponente flusso di risorse finanziarie. Una opportunità sprecata, certamente per la netta opposizione della classe politica che difende le proprie prerogative anche a prezzo di un fallimento assoluto, ma anche della classe dirigente bancaria che non sa proporsi come una reale e valida alternativa. Vi è un altro appuntamento annuale che assume un significato particolare per le Bcc, la valutazione dell’Icaap, un ennesimo acronimo che nasce dalla denominazione inglese Internal capital adequacy assessment process, Processo di deter-
Il Governatore della Banca d’Italia con una lettera dell’11 gennaio 2012 ha tentato di imporre una sorta di autodafè alle banche (o per dir meglio ai responsabili della loro gestione), aggiungendo al processo di valutazione dell’organizzazione e governo societario, uno specifico processo di autovalutazione dei componenti della governance aziendale. In pratica i componenti del Consiglio di amministrazione devono riempire un formulario per esprimere le proprie valutazioni sulle effettive modalità adottate nella gestione, tenuto conto del peculiare contesto statutario-regolamentare e ambientale di riferimento. La Vigilanza ha inteso iniziare a dare attuazione pratica al controllo del governo societario, trasformando il processo tecnico affidato alla pura logica dei numeri espressi dai ratios, a un processo personale di valutazione della qualità professionale degli organismi e dei suoi componenti. La verifica della congruità del patrimonio delle banche si trasforma così in una occasione per la Vigilanza di costringere la governance a una sorta di esame di coscienza. Non vi è nulla della terribile sacralità dell’ordalia, non vi sono prove divine da superare, il tappeto di braci ardenti è sostituito dallo sguardo severo di mamma Banca d’Italia che sovraintende al processo con malcelato scetticismo, ma con la rassegnata pazienza di chi è consapevole che i figli sono quelli che ti capitano, non quelli che avresti voluto scegliere. Tutto il processo è soggetto a una regolamentazione “in house”, casareccia, in cui sono gli stessi personaggi che pirandellianamente scelgono la parte da svolgere sulla scena: protagonisti della gestione, normatori, inflessibili censori, imparziali valutatori e dispensatori di pacche sulle spalle per complimentarsi dello scampato pericolo. Un altro anno e via a vele spiegate. La Banca d’Italia tenta di farli bere alla fonte della saggezza, ma “quannu lu ciucciu…!”, direbbe il vecchio saggio, e senza offesa per l’incolpevole somaro. Nessuno si è dichiarato inadeguato né si dichiarerà mai tale; al contrario avrà fatto il diavolo a quattro per trovarsi in quel posto, facendo ricorso a tutte le sua armi persuasive per acquistare consensi proprio tra i soci perché ben convinto del suo innato carisma e delle sue capacità, sicuro di essere in grado di superare agevolmente le carenze formative, professionali e di esperienza. La normativa appare troppo blanda; andrebbe resa molto più rigorosa e applicata soprattutto all’atto della nomina, usando un setaccio a maglia molto fine per tener fuori quegli elementi che fin qui hanno prodotto grandi guasti nel sistema delle banche locali.
Il caso della Bcc dei Due Mari non sfugge alla regola generale di una scelta molto approssimativa della governance che neanche gli innesti esterni sono riusciti a superare. Oggi il sistema del credito locale assume un valore strategico nello sviluppo e su questo tasto bisognerebbe insistere molto, perché non vi è una chiara percezione del ruolo che le banche hanno nel governo dell’economia. L’assurdità del modello tedesco di “banca universale” imposto a tutti, dalle più piccole Bcc alle grandi banche d’affari ha imposto ai governi di intervenire in loro favore con mostruose iniezioni di liquidità provocando la formazione di una opinione pubblica fortemente ostile. L’impressione è che si continui a voler riempire il pozzo di San Patrizio, di cui non si vede il fondo. Nessuno sembra accorgersi che le difficoltà delle grandi banche, provocate da operazioni speculative, sono abissalmente diverse dalle difficoltà delle piccole, che si sono svenute nel tentare di arginare questa disastrosa crisi economica. È oggi indispensabile una riforma del sistema bancario. Non si tratta di ritornare alla situazione precedente al Tub (Testo unico bancario), quando vi è una forte specializzazione tra banche piccole e grandi, pubbliche e private, a breve termine e a medio e lungo, e poi istituti specializzati in varie forme (gli istituti di credito speciale, fondiario, agrario, industriale, cinematografico e via discorrendo). Più pragmaticamente oggi si tratta di operare una distinzione netta tra banche commerciali comunque le si voglia denominare (di risparmio, di credito ordinario, di intermediazione creditizia, ecc.) e banche di affari, speculative, che operano nei mercati finanziari. Alle prime non deve essere consentito di operare sui mercati borsistici, ma devono limitare la propria attività al finanziamento dell’economia (pubblica e privata). Per questa loro funzione sociale devono essere blindate con con una procedura controllato delle crisi, un sistema di protezione dei depositanti-risparmiatori che affidano il loro denaro per poter gestire la loro posizione finanziaria e non certo per alimentare la speculazione, e sostenute con interventi pubblici in caso di necessità. Le banche di affari, al contrario, possono essere sottoposte alle procedure fallimentari ordinarie, sottoposte a un regime di bailing in, addossando anche ai depositanti-speculatori il rischio di default e sottoposte a un severo regime di dimagrimento. La politica, lo Stato, deve riappropiarsi del ruolo di regolamentatore e regolatore del processo economico e finanziario e non subire il ricatto della speculazione. Va sottolineato con molta evidenza che fin qui il sistema di credito cooperativo ha risolto al proprio interno le difficoltà delle banche aderenti senza pesare sul bilancio pubblico. Anche a livello europeo si inizia a discutere della necessità di intervenire nella legislazione bancaria, sarebbe un grave errore se ancora una volta si producesse una normativa uniforme da applicare a tutti gli istituti. L’illusione che l’Occidente potesse continuare la sua lunga fase di colonizzazione specializzandosi nella rapina finanziaria deve considerarsi conclusa. L’euro non può rappresentare lo strumento per finanziare il nostro benessere perché ben presto sarà il renmimbi cinese a prendere il suo posto quale moneta internazionale accanto al dollaro. Abbiamo bisogno di ricostruire la nostra economia reale: il credito deve ritornare ad essere uno strumento di sviluppo, non una occasione di arricchimento attraverso la speculazione; per questo abbiamo un disperato bisogno di un efficiente sistema di banche locale.
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A pane (forse) e solitudine
Lettera dalle sbarre di Francesco Cirillo
Continuano le proteste pacifiche da parte dei detenuti del carcere di Paola, guidati dal detenuto “speciale” Emilio Quintieri. Proteste che continuano con il silenzio da parte degli organi di stampa che come al solito si occupano di carcere solo quando vi finisce qualche politico eccellente e anche per pochi giorni. La lettera che pubblichiamo per intero è drammatica e fa capire che le difficoltà che un detenuto rinchiuso nella sua piccola cella 20 ore su 24, vive giorno dopo giorno. Dall’ultima visita fatta dall’onorevole Magorno, nessun altro si è premunito di visitare i detenuti per rendersi conto di persona delle cose scritte e dette. Ecco l’appello che speriamo venga ripreso da tutti gli altri organi di stampa.
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Comunico che in data odierna tutta la popolazione detenuta nella casa circondariale di Paola (250 persone) ha sottoscritto un reclamo di cui sono primo firmatario, rivolto al direttore dell’istituto, al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Calabria ed al magistrato di sorveglianza di Cosenza. Questa volta tutti i detenuti con la loro adesione hanno voluto rafforzare la mia precedente istanza inoltrata alle predette autorità per chiedere l’aggiornamento del modello 72 con il contestuale inserimento dei generi alimentari di consumo comune nonchè di conforto finalizzati alla cura della persona ed all’espletamento delle attività trattamentali, culturali, ricreative e sportive, tenendo conto delle nuove strumentazioni tecnologiche così come prevede l’Ordinamento penitenziario. In pratica, i ristretti, chiedono parità di condizioni di vita e di diritti senza alcuna disparità di trattamento rispetto agli altri detenuti che sono rinchiusi negli altri istituti penitenziari della Calabria che, contrariamente a quello paolano, possono regolarmente acquistare al sopravvitto tutto quello che è consentito nella tabella approvata dal provveditore regionale di Catanzaro.
Ancora proteste dal carcere di Paola guidati dal detenuto Emilio Quintieri. La lettera che pubblichiamo per intero è drammatica e fa capire che le difficoltà che un detenuto rinchiuso nella sua piccola cella 20 ore su 24 vive giorno dopo giorno Infatti in questo istituto non è possibile acquistare neanche alimenti di prima necessità come la ricotta, lo yogurt, la pasta integrale, frutta e verdura di stagione, latte, etc. nonchè altri prodotti come il rasoio per il taglio dei capelli, il lettore cd, il tappeto ginnico, qualche profumo o un detersivo per la pulizia della camera, etc. che, tra l’altro, come dicevo prima, nelle altre carceri calabresi possono essere acquistati in quanto presenti nel modello 72 (listino spesa). Qui non viene consentito l’acquisto e l’uso del rasoio per il taglio dei capelli e l’unico rasoio esistente nell’istituto si è nuovamente rotto creando disagi a tutta la comunità penitenziaria che, tra l’altro, è costretta a tagliarsi i capelli solo una volta al mese con lo stesso apparecchio utilizzato da oltre 250 persone senza alcuna precauzione per evitare la trasmissione di eventuali infezioni e malattie. Molti detenuti per tale motivo preferiscono rasarsi i capelli con una comune lametta da barba con tutti i rischi che possono verificarsi per la propria incolumità fisica.
Pensate che non è permesso l’acquisto e il successivo utilizzo di un innocuo lettore cd impedendo, di fatto, ai reclusi di poter ascoltare la musica di proprio gradimento anche per passare un po’ del tempo che si è costretti a restare chiusi in cella (20 ore al giorno su 24). Viene consentito il possesso o l’acquisto di un lettore di musicassette che, com’è noto, è bandito da molti anni dal commercio (13 anni) unitamente alle cassette. E se qualche detenuto ha la fortuna di trovarlo poi subentrano ulteriori problemi perché deve essere piombato ed a molti apparecchi non si riesce ad effettuare la piombatura... (anche tale pratica non si effettua in altre carceri!) per cui vengono trattenuti nel magazzino dalla polizia penitenziaria. Ma non è tutto: in molte celle non c’è la copertura radiofonica, ne consegue che è impossibile ascoltare la radio e guardare la tv poiché mancano tantissimi canali nonostante il programma dei canali consentiti sia nazionale ed approvato dal Ministero della Giustizia. Come potete ben capire qui si è sottoposti ad un trattamento inumano e degradante che il diritto internazionale qualifica come tortura... neanche nelle carceri di massima sicurezza esistono le restrizioni e le limitazioni vigenti in questo istituto nonostante tutti i detenuti qui ristretti appartengano al circuito della Media sicurezza. Mi auguro che la direzione tenga conto delle nostre proteste provvedendo con sollecitudine a risolvere le problematiche che abbiamo sollevato poichè, in difetto, saremo costretti ad organizzare ulteriori proteste collettive astenendoci anche dall’acquistare al sopravvitto qualunque prodotto anche perchè alcuni prezzi sono eccessivi e non adeguati a quelli che vengono venduti all’esterno.
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Carcere di Paola lì 15/04/2013.
Emilio Quintieri portavoce detenuti C.c. Paola
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La lotta ai tumori ha un’arma in più «Permette di trattare in modo preciso e non invasivo un tumore, risparmiando i tessuti sani e utilizzando dosi elevate di radiazioni ionizzanti consente di ottenere dei risultati terapeutici migliori». È la definizione che il dottor Valerio Scotti dà della Body Radiosurgery (radiochirurgia o radioterapia stereotassica ipofrazionata), tra le tecniche più evolute di radioterapia oncologica. Il Malzoni Radiosurgery Center di Agropoli (Sa) è attualmente il centro con la più alta casistica di trattamenti e ri-trattamenti radiochirugici e di radioterapia stereotassica.
Fondato nel 2004
all’interno dell’Ospedale civile di Agropoli, e convenzionato con il Ssn, la Malzoni Radiosurgery vanta la più alta casistica europea per il trattamento radioterapico stereotassico delle patologie oncologiche epatiche e polmonari «ma questa terapia - precisa il dottor Scotti, direttore del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica - può essere applicata anche a lesioni che interessano altri distretti corporei come il mediastino, il pancreas, l’addome, il distretto testa-collo, l’esofago, i reni e surreni, lo spazio retroperitoneale, retto, prostata». La Body Radiosurgery si pone ormai come valida alternativa alla chirurgia tradizionale soprattutto quando questa non possa essere effettuata; trova indicazione per quei pazienti in cui i tumori sono diventati resistenti alla chemioterapia o che hanno già effettuato una radioterapia convenzionale. «Controllando i movimenti dovuti alla respirazione - spiega il dottor Scotti -, individuando in maniera precisa il bersaglio da colpire ed effettuando un controllo costante della terapia, il risparmio dei tessuti sani è massimo, evitando gli effetti collaterali della radioterapia convenzionale. Il trattamento radioterapico stereotassico ha dimostrato una tollerabilità elevatissima ed essen-
Il Dott. Valerio Scotti descrive vantaggi e possibilità della Body Radiosurgery una nuova opzione terapeutica per la cura del cancro :«La precisione millimetrica consente nuovi trattamenti»
do effettuato in regime di “day hospital”, ossia senza la necessità di un ricovero, permette al paziente di riprendere subito le proprie attività quotidiane». A conferma della validità di questa risorsa clinica per il trattamento dei tumori, sono in fase di pubblicazione studi che vedono nella Body Radiosurgery risultati pari e sembra addirittura superiori in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Solitamente, invece, è usata come un’alternativa alla chirurgia tradizionale «costosa, difficile e che richiede un lungo periodo di ricovero - continua Scotti - La nostra tecnologia, insieme alla grande e pionieristica esperienza degli operatori, consente una precisione di trattamento millimetrica, valutando durante l’ir-
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Speciale sanità Acceleratori lineari In basso, un telaio stereotassico Nel box in alto, Paola Belfiore amministratore delegato del Radiosurgery center
radiazione il movimento interno degli organi e del tumore dovuti alla respirazione». La Malzoni Radiosurgery di Agropoli ha due acceleratori lineari di ultima generazione che permettono si eseguire anche una radioterapia tradizionale. «La sperimentazione - dice l’Ad del Malzoni Paola Belfiore - viene ora estesa anche alle terapie tradizionali. I due acceleratori lineari, così come i bunker, sono due macchinari gemelli. Tale caratteristica consente di affrontare l’eventuale blocco di una delle due sorgenti, semplicemente trasferendo i piani terapeutici da un acceleratore all’altro». Il dottor Scotti entra poi nel dettaglio dei trattamenti. «L’effetto radiobio-
logico (cellkilling) superiore delle singole sedute (radioterapia ipofrazionata) associata al risparmio dei tessuti sani (precisione dei sistemi stereotassici) ci consente di trattare lesioni anche in distretti delicati come fegato, vie biliari, pancreas e di effettuare ritrattamenti in pazienti con nuove lesioni e/o con lesioni già irraggiate sia con tecnica stereotassica che con tecnica convenzionale. Sono stati irradiati circa 1600 tumori comprendenti tutte le zone corporee (testa-collo, torace, addome, pelvi) anche in distretti difficili da trattare (fegato, lesioni paraspinali, mediastino, rene)» spiega il dottor Scotti, responsabile del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica del Malzoni Radiosurgery Center.
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Iniziamo con le notizie positive. Per fortuna le troviamo anche in Calabria e dovremmo subito approfittarne per farle diventare un esempio contagioso. Qual è il comune più virtuoso d’Italia nella raccolta differenziata? Senza ricorrere alle statistiche Ancitel possiamo azzardare una ipotesi. Casole Bruzio è un antico casale di Cosenza, dove all’improvviso un sindaco si è inventato un metodo. Lo chiamano l’effetto Iazzolino e si spera che venga subito annoverato tra le “best practices”. Forse lo stesso sindaco Salvatore stenta a crederci, ma in un solo mese è riuscito a portare la percentuale della raccolta differenziata dallo zero al novanta per cento! Un miracolo ottenuto senza fare ricorso alla camera delle torture, ma ricorrendo alla persuasione, al coinvolgimento dei cittadini, e anche alla dissuasione con la minaccia di qualche salata multa. Resta solo da verificare che non sia “fava di nu vullu”, o per meglio dire “struscio di scupa nova”. Ma il buon esempio provoca sempre un effetto di imitazione, e una volta compiuto un passo di civiltà e progresso, si consolida, diventa abitudine difesa dagli stessi cittadini. Si racconta che lo sceriffo “De Luca” di Salerno per quasi un mese se ne andava in giro con i camion della spazzatura per verificare il comportamento dei cittadini e multare gli indisciplinati che non applicavano le norme di differenziazione. Poi è diventato un mito, e come i fantasmi è dappertutto, perché è entrato nella fantasia popolare, anche mentre si gode il meritato riposo nel suo lettone. Vi è poi il caso di Rende, che non arriva a queste vette, la differenziata si ferma al 50%, una cifra sicuramente migliorabile, ma molto ragguardevole soprattutto considerato che è l’unica realtà urbana di una certa rilevanza in Calabria che ha imboccato decisamente questa strada ed è in costante miglioramento. In termini assoluti ottiene un risparmio enorme, che ha alleggerito il conferimento in discarica e consentito di arrivare fin qui. Perché oggi la crisi è solo la conseguenza dei tanti ritardi nel settore, di cui Cosenza costituisce il caso più eclatante ed evidente. Perché oggi la crisi è solo la conseguenza dei tanti ritardi nel settore, di cui Cosenza costituisce il caso più eclatante ed evidente, ma è un problema presente in tutta la provincia. Da lunedì la discarica di San Giovanni in Fiore, l’unica finora attiva, ha chiuso i battenti avendo raggiunto la saturazione e non è più possibile conferire altro materiale, per cui la raccolta non viene più effettuata poiché non si ha la possibilità di smaltimento. «Si tratta di un problema strutturale che va affrontato alla radice, perché altrimenti non vi è alcuna soluzione», dice Crescenzo Pellegrino il titolare di Calabria Maceri. La società è proprietaria dell’unico impianto di trattamento dei rifiuti presente nell’area urbana e detiene una sorta di monopolio, perché è stata l’unica ad aver investito nel settore. «Provvediamo direttamente alla raccolta in dodici comuni della provincia e al trattamento di quasi tutto quello che produce l’intero territorio provinciale, fatta eccezione per l’area rossanese che ancora si avvale di un vecchio impianto», prosegue Crescenzo Pellegrino. «Per il 90% si tratta di Rsu, rifiuto urbano indistinto dal quale non si può recuperare materia prima per la successiva lavorazione, ma può essere utilizzata solo per la produzione di energia o mandata in discarica. In questo modo nessuna discarica può reggere a lungo, poiché quasi tutti i rifiuti finiscono in discarica e si arriva rapidamente ad un livello di saturazione».
Ma i rifiuti sono un affare Emergenza a Cosenza, se la risposta è solo la differenziata Intervista a Crescenzo Pellegrino, titolare della Calabria Maceri, criticato per la situazione di emergenza creatasi «Ma quello dei rifiuti è il business del futuro» dice Pellegrino, «già ora spediamo un container al giorno in Cina...» «Vi sono dei casi virtuosi, ma devono diventare la regola, se vogliamo uscire dall’emergenza. A Rende su ventimila tonnellate di rifiuti, la metà sono interessate dalla raccolta differenziata. La parte organica viene spedita a S. Pietro Lametino dove dovrebbe essere trasformata in compost». «Dico dovrebbe, perché nella emergenza tutto l’impianto è utilizzato per l’indifferenziato che vi affluisce da tutta la provincia di Catanzaro». «Noi siamo diventati una realtà tanto che esportiamo circa il 90% della nostra produzione. Ogni
giorno spediamo in Cina un container di prodotto semilavorato dal porto di Gioia Tauro e siamo pronti per incrementare significativamente questo business», prosegue Crescenzo Pellegrino. L’impianto ha questa capacità di ampliamento? «Abbiamo già proposto alla regione di poter costruire un impianto di compostaggio. Sono passati già due anni e non abbiamo avuto risposta. Abbiamo una nuova conferenza di servizi il 29 di questo mese e speriamo di poter finalmente avere il via libera. Siamo in grado di entrare in produzione in meno di sei mesi con un notevole beneficio per tutti quei cittadini che otterranno dai rifiuti organici ammendante per le piante». Nel piano regionale è però previsto un solo impianto per l’intera Calabria del Nord. «Sulla base di una valutazione razionale, ogni impianto dovrebbe occupare una posizione baricentrica nella sua area, che dovrebbe avere un raggio non superiore a 40 chilometri. Nella nostra pro-
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vincia sarebbe necessario averne tre, uno nell’area urbana, l’altro a Cammarata vicino a Castrovillari e il terzo sul Tirreno. Ritengo che vi siano ancora margini per poter arrivare a una soluzione logica e concordata». La sua azienda viene accusata di essere all’origine di questo disagio, per aver opposto un rifiuto a ricevere la spazzatura. «Siamo un impianto di trattamento dei rifiuti e possiamo lavorarne una certa quantità a condizione che riusciamo a spedire altrove il materiale lavorato. Quando la maggior parte dei rifiuti che arrivano è indifferenziato, come nel nostro caso, abbiamo assoluta necessità di disporre di una discarica, altrimenti il processo si blocca. Lasciare i rifiuti sulle strade è certamente un problema e dobbiamo tutti, gli operatori del settore pubblici e privati, concorrere a trovare una soluzione rapida perché è un problema che interessa tutti, ma la soluzione non può certo essere quella di trasformare in discarica il piazzale della società, che fi-
Mario Occhiuto Nelle altre foto l’impianto di differenziazione della Calabra Maceri
nirebbe per bloccare in pochi giorni anche l’impianto con conseguenze ancora più disastrose per tutto il territorio». Cosa si può fare allora? «Intanto bisogna affrontare l’emergenza. È stata già chiesta alla regione l’autorizzazione a operare in savrabanco a San Giovanni in Fiore, e vi sono a disposizione altre discariche private a Celico, Scala Coeli e Castrolibero. Ma stiamo parlando di una soluzione per qualche decina di giorni, forse un mese, ma nel frattempo bisogna subito partire con la differenziata. Dobbiamo partire subito con il metodo Iazzolino, un esempio che non viene dalla Padania, ma sta davanti i nostri occhi». «In quanto all’accusa di essere i responsabili di questa stato di crisi, vorrei far notare che il ciclo dei rifiuti è il nostro business e noi abbiamo tutto l’interesse a funzionare il sistema. Dobbiamo sottolineare che stiamo in una fase di costruzione del sistema e non possiamo desiderare un collasso proprio ora, non abbiamo raggiunto una posizione matura, consolidata sulla quale poterci adagiare. Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti, istituzioni e cittadini per poter completare il progetto e dare risposte certe ai cittadini». Nessuna polemica con il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto? «Il sindaco di Cosenza è una persona seria a competente che si trova a fronteggiare una emergenza dalla quale sono convinto che ne uscirà rafforzato perché ha una particolare sensibilità nei confronti di queste tematiche, anche per la sua esperienza professionale. Credo che Cosenza sia pronta per diventare un altro esempio di buona organizzazione della raccolta dei rifiuti. Come Calabria Maceri siamo disponibili a collaborare non solo per uscire dall’emergenza, ma per costruire un sistema economico ed efficiente». o.p.
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di Francesco Cirillo
Se c’è un paese dove trascorrere una lieta giornata questo è San Demetrio Corone o Shën Mitri in lingua arbëreshë. Non bisogna aver fretta a raggiungere questo paesino arberesh, perché la strada è stretta e abbastanza tortuosa, ma molto panoramica e ricca di aree dove è possibile sostare al fresco e in tranquillità. Come al solito faccio notare nel descrivere i miei viaggi in Calabria, manca un’adeguata segnaletica ed a ogni bivio bisogna stare attenti sulla strada da percorrere per non perdersi ed andare dalla parte opposta. La parte ghiotta di San Demetrio Corone, provenendo da un altro paesino arberesh che è Santa Sofia d’Epiro, si trova proprio al suo ingresso. Si tratta del complesso basiliano della chiesa di Sant’Adriano. Un sindaco della Toscana metterebbe qui un enorme cartellone pubblicitario indicandovi quanto tesoro si trova dentro questa chiesa, ed invece per chi non lo sa può passarvi oltre pensando ad una solita chiesa abbandonata della nostra regione. E invece, quest’abbazia costituisce uno dei pochi esempi di chiese normanno-basiliane risalenti l’XI secolo. Questa chiesa sorse nel 955 per opera di San Nilo da Rossano, una delle figure più prestigiose del monachesimo basiliano.
Quello che
la Calabria non merita Si conosce poco questo monachesimo basiliano, tanto che, in un cartello stradale fatto dall’Anas in prossimità di san Nicola Arcella si trova scritto “grotta brasiliana”, facendo immaginare una grotta piena di belle donne brasiliane che ballano al ritmo di qualche samba. Invece i monaci basiliani sono stati tutt’altro. Seguaci di san Basilio, predicavano la povertà estrema, vivendo coperti solo da una pelle di capra e in grotte. Spinti dall’avanzata turca nei paesi orientali, vennero a sistemarsi in Calabria dove trovarono un ambiente naturale simile a quello lasciato in Oriente, fatto di grotte e anfratti solitari. San Nilo fu uno dei massimi esponenti di questo ordine che in seguito venne osteggiato dalla Chiesa cattolica romana che di povertà non ne voleva sapere. Si racconta che la grotta ove San Nilo visse è collegata alla chiesa attraverso un cunicolo che fu murato per non permettere agli studenti del vicino collegio di nascondervisi nei loro giochi dopo la scuola. Oggi dell’eremo di San Nilo rimane ben poco, lo straordinario affresco, attribuito a un allievo del Dominichino, che ritraeva il santo sotto un enorme olmo è stato totalmente danneggiato e l’intera struttura è cadente. All’interno della chiesa di sant’Adriano si trovano dei mosaici e degli affreschi stupendi. Uno dei più belli, che vale la pena spostarsi da qualsiasi parte d’Italia, per ammirarlo si trova sotto la terza arcata della chiesa tra due pilastri. Su un piano di marmo circolare, con tessere triangolari bianche, rosse e verdi è rappresentato un serpente che si avvolge in tre spire strette verso il centro dove termina con la testa nera e la bocca spalancata. Ad ammirare ultimamente queste bellezze è giunto finanche lo studioso d’arte Vittorio Sgarbi attorniato però, solo da qualche politico locale e qualche curioso.
È la chiesa di sant'Adriano a San Demetrio Corone uno dei pochi esempi di chiese normanno-basiliane risalenti all'XI secolo Un tesoro ingiustamente nascosto e reso famoso solo dalla notizia che il custode volontario di tutta l'abbazia, Gennaro Sposato, non riuscendo a trovare una chiave per aprire una delle tante porte del complesso monastico ha fatto aspettare Sgarbi sotto un freddo vento di montagna Il personaggio centrale della vicenda è però il custode volontario di tutta l’abbazia, Gennaro Sposato che non riuscendo a trovare una chiave per aprire una delle tante porte del complesso monastico ha fatto aspettare Sgarbi sotto un freddo
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Mezzoeuro Viaggi che lasciano l’amaro in bocca
L’abbazia di Sant’Adriano, a San Demetrio Corone e il suo custode volontario, Gennaro Sposato Sotto, l’interno della chiesa con le sue navate e i suoi mosaici In basso, i cantieri della superstrada Sibari-Sila
il primo istituto di formazione culturale in Calabria, dalle cui mura uscirono luminose figure del Risorgimento italiano, come Agesilao Milano (1830-1856) e Domenico Mauro (1812-1873), e letterati e giuristi come Girolamo De Rada (18141903) e Cesare Marini (1792-1865). Gennaro Sposato, la nostra guida, fu il cuoco di questo collegio; è per questo che oggi ne rappresenta la memoria storica. Conosce ogni anfratto, ogni porta e ne ha conservate tutte le chiavi, circa cento. vento di montagna. La notizia giornalistica è questa. Non Sgarbi che visita l’abbazia ma un umile pensionato che lo fa aspettare perché non trova una chiave. E qui ci troviamo di fronte al solito e tipico arcano calabro. È possibile che un’opera così importante, così centrale e rilevante di tutta la storia dell’arte calabrese, non abbia trovato negli anni un qualcosa d’istituzionale che fosse un’associazione, una cooperativa, un custode vero e proprio, che possa gestire il tutto? Il custode che oggi ha tutte le chiavi è un volontario, che fa questo per passione e amore della sua terra. Ma non è sempre lì. Bisogna chiamarlo e attendere il suo arrivo. Non esiste nei pressi dell’abbazia un chiosco informativo, un qualcosa dove sia possibile acquistare depliants, cartoline, souvenir, e soprattutto avere informazioni. Tutto questo senza nulla togliere all’encomiabile lavoro che svolge il signor Sposato. Il pensionato Gennaro Sposato è un personaggio unico e vale la pena andare fino a San Demetrio, non solo per visitare la chiesa, ma anche per conoscere lui. Gennaro ti accoglie con un sorriso, è felice di guidarti e di ospitarti nel suo ufficio, pieno di santini e croci, e dove prima si fa fotografare con tutte le chiavi della chiesa, inscenando un rito scaramantico sconosciuto e poi ti offre un liquorino al piretto (una qualità di cedro proveniente dalla Sicilia poco coltivato in Calabria) fatto da lui stesso. Il “mantra” di Gennaro è «bravo, bravo» appena indovini un qualcosa che riguarda la storia della chiesa. Se dici di conoscere San Nilo, ti dice subito «bravo, bravo», se dici di sapere del monachesimo basiliano ti meriti un altro «bravo, bravo». Gennaro sa tutto e ci mette quella passione, nel guidarti, che meriterebbe un vero riconoscimento del tipo di “cavaliere del lavoro”. Eh sì, perché di lavoro, Gennaro, ne ha fatto in quel luogo. Di fianco alla chiesa è esistito un enorme collegio, adesso in restauro, che ha accolto fino a 300 studenti provenienti da tutta l’Italia, e da molti paesi del Mediterraneo, Grecia ed Albania compresi. Era il collegio di Sant’Adriano: chiamato in origine collegio Corsini, fu istituito da Papa Clemente XII, nel 1732 a San Benedetto Ullano allo scopo di preparare il clero alla conservazione del rito greco; fu trasferito, poi, a San Demetrio Corone nel 1794 a sèguito di richiesta del vescovo Francesco Bugliari. Dal 1794 la storia del territorio è profondamente legata a quella del collegio Corsini, poi collegio di Sant’Adriano, fondato da Ferdinando IV di Borbone al posto del soppresso monastero. E divenne un importante organismo culturale nonché
Delle bellezze di San Demetrio Corone se ne può leggere anche su Vecchia Calabria del viaggiatore inglese Norman Douglas, il quale ne traccia un ritratto suggestivo. A proposito del collegio, Douglas scrive, che questo è un luogo per filosofi e non per ragazzi. Ma un’altra chicca di questa abbazia è la biblioteca. Una biblioteca che risale al XVI e XVII secolo e che conserva migliaia di testi fra i quali molti unici, rari e di grande valore. Ne cito uno di questi libri, uno scritto di geografia astronomica risalente al 1499. Ma anche questa biblioteca è chiusa nonostante sia stata fatta una Fondazione per gestirla. Finita la visita del collegio e della chiesa ci addentriamo nel centro storico di San Demetrio Corone. In parte risulta abbandonato, in parte ristrutturato. Qualche abitazione è stata ristrutturata dal comune, altre da privati. Ma altre opere attorno a questo paesino lasciano alquanto perplessi. Per esempio vediamo un enorme bocciodromo, poco frequentato. Ed in lontananza una struttura dell’Asl destinata ai disabili mai aperta. Poi un enorme teatro del folcklore. Dedicato al folcklore e alla lingua arberesh ogni anno, dal 1980, si svolge un importante festival dedicato alla canzone in lingua albanese che richiama albanesi da tutt’Italia. È forse l’unica nota positiva di quanto si organizza di vivo in questo paese. A pochi chilometri dal paese ecco lo scempio ambientale che lascia senza fiato. Sembra essere in val di Susa con la costruzione dell’inutile Tav. Colline e montagne sventrate, viadotti su campi che una volta erano agricoli, tutto per una strada della quale non si capisce l’utilità. È la strada Sibari-Sila che, appunto dalla Sibaritide, spacca montagne e colline per giungere chissà quando in Sila. Da qualche tempo, considerato che i lavori vanno a rilento e che pare stiano terminando i fondi, qualche buontempone l’ha soprannominata “Mormorico-Calamia”, per indicare le due zone del paese che metterà in collegamento. Un mega appalto di circa trenta milioni di euro che dovrebbe favorire non si sa cosa. Ma è facile pensare all’indotto che ha creato e creerà fra i proprietari terrieri, pronti ad investire in stazioni di servizio benzina, in locande e alberghi e chiaramente villaggi turistici. I proprietari sono già in fila al Comune. Come al solito avviene nelle mie visite nei paesi della Calabria, come moderno Norman Douglas, me ne torno con l’amaro in bocca, pensando alle tante potenzialità che abbiamo da trasformare in ricchezza e che invece, usate in modo stupido e truffaldino, producono solo nuove povertà e scempi ambientali.
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Le vie del Signore...
Battersi il petto cantando e mangiando di Francesco Cirillo
Cosenza è una città che vale la pena di visitarla tutta. È piena di monumenti e soprattutto ogni monumento ha una sua storia che attraversa tutta la storia dell’Italia. Uno di questi monumenti preziosi per tutti, è il complesso convento-chiesa, detto della “Riforma”, che fu monastero fuori le mura fondato dalle Benedettine nell’anno 863. Terremotato nel 1184, venne riedificato da Federico II che lo cedette ai frati Francescani nel 1224. Nel 1276 se lo acquistarono le Clarisse le quali però, trasferitesi in città per vivere indisturbate, ciò che non avveniva nel monastero rurale, lo fittarono ai frati Osservanti nel 1412. Questi, a loro volta, lo lasciarono nell’anno 1436. Rimasto in proprietà delle Clarisse, abbandonato per circa 170 anni, divenne un rudere. Così lo comprò il barone Antonino Firrao nel 1607. Ricostruì convento e chiesa, nella quale per sua devozione installò la statua del Ss. Crocifisso, pregiata opera della cerchia di frate Umile da Petralia, quindi di tutto fece dono ai frati Riformati nel 1628. Questi vi restarono circa 240 anni (da ciò il toponimo della zona), favorendo la devozione al SS. Crocifisso, che sin dal suo compimento si mostrò miracoloso. Anche dopo la soppressione imposta con la legge Crispi nell’anno 1866 la chiesa fu sempre aperta al culto e i devoti cosentini, specialmente la popolazione contadina, sperimentarono spesso tale miracolosità. Tale devozione fu incrementata dai frati Cappuccini, iniziando dal 1915 quando, ottenuta la cessione della chiesa, vi esercitarono il loro apostolato. E fu proprio un cappuccino, P. Daniele Gil che, salvando dall’incendio causato dai bombardamenti aerei del 3 settembre 1943 il SS. Crocifisso, ha dato maggiore impulso alla devozione dei buoni cosentini. Fino al punto che la chiesa ricostruita, pur essendo titolata alla Madonna di Costantinopoli, ha per pala dell’altare maggiore il santo Simulacro. Sì perché ormai quella della “Riforma” per i cosentini è “La chiesa del Ss. Crocifisso”. A questo miracoloso crocifisso è quindi dedicata ogni anno una festa, che è forse una delle più antiche della Calabria. La presentazione della festa è stata fatta con tutti gli onori che si vuole nella sala del Comune e si scopre che la vecchia tradizione della festa che voleva fosse un momento di riflessione rivolto alle sofferenze umane è diventata un momento di divertimento e di spreco di danaro che si allontana sempre di più dai dettami del nuovo papa Francesco che vorrebbe una chiesa dedicata ai poveri ed alla soluzione dei loro problemi.
Come tutte le cose nostre anche la Festa del Crocifisso a Cosenza finisce a taralluzzi e vino
È passata solo qualche settimana dalla morte dei poveri tre immigrati bruciati in un rudere al centro di Cosenza, quando tutti si inginocchiarono davanti a quei corpi straziati, e tutto si è già dimenticato. I poveri restano poveri ed i cristiani continuano a battersi il petto cantando e mangiando. Nel programma, benedetto da mons. Bertucci vicario generale della diocesi e dai frati cappuccini leggiamo balli e danze a non finire ogni sera. Singolare la collaborazione con la Cgil che celebra all’interno del programma ecclesiastico il suo centenario con i Dedalus e con Eugenio Bennato. Cosa c’entri la Cgil e la sua tradizione di lotta e di laicità con i miracoli del crocifisso non ci è dato sapere. Ma immaginiamo che se Eugenio Bennato fosse vissuto duemila anni fa, sarebbe stato contattato da qualche impresario ed avrebbe senz’altro tenuto un concerto a Gerusalemme, sul Golgota trasformato in anfiteatro, proprio il venerdì Santo mentre Gesù pendeva dalla Croce sotto lo sguardo di sua madre (questo potrebbe diventare una sceneggiatura per i Monty Pyton).
Sono parecchi, oggi, i fedeli a Cosenza, che pensano che la festa sia stata del tutto stravolta e profanata. Una volta, un tempo comunque non tanto lontano, si andava a piedi nudi al santuario, alcuni in ginocchio o addirittura strisciando la lingua sul sacrato e pavimento della chiesa. Non che questi riti siano piacevoli, ma oggi siamo all’esatto opposto. Oggi, ci si va cantando con tutto il codazzo della amministrazione comunale e della curia. E basta leggere la presentazione del programma fatta nel salone di rappresentanza del Comune! È simile al Sinedrio... Così si legge in sovraimpressione su una foto del Cristo Crocifisso: “Manifestazioni ricreative e di piazza”. Papa Francesco, ed un vero fedele qualsiasi si metteranno di sicuro a piangere. In un momento drammatico della nostra vita sociale, in cui cresce la disoccupazione e la fame, gli organizzatori della Festa del Crocifisso trovano il modo di ingannare ed addormentare. È inutile che il papa Francesco inneggi alla povertà, alla sobrietà, alla vera adorazione della Croce. Qui a Cosenza si trova il modo per addormentare ed ahimè, per profanare. Forse di tutta la festa e della devozione si è salvato solo il programma religioso in chiesa ma tutto sembra un ossimoro fra sacro e profano, fra i frati cappuccini e la Cgil, il Comune ed il suo sindaco festaiolo e la gente umile e semplice, fra passato umile e semplice e presente consumistico e festaiolo. Le tre F, feste-farina-forche, di borbonica memoria, qui a Cosenza così come in tutto il Sud, a quanto pare, funzionano sempre.
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In mancanza di un governo, la Calabria si “arrangia”
Un “Consiglio” alla Regione di Giuseppe Aprile
Al Consiglio regionale della Calabria una cosa appare evidentissima: il caos dei finanziamenti ai gruppi e le presunte responsabilità per spese, talvolta assurde o non motivate, di cui pare non ci sia spesso traccia e rendiconto, che dimostrano sicuramente equivoci circa l’uso del denaro dei contribuenti calabresi per i quali, ancora una volta, la cattiva amministrazione regionale è finita drammaticamente su tutti i giornali nazionali. Siamo in una fase delicatissima che sta impegnando fortemente gli organi inquirenti che, però, tardano a fornire nomi , indicare responsabilità precise, cifre esatte, entità dei danni. Diciamo, comunque, senza voler fare fretta ad alcuno, che non c’è stata concorde esecuzione di tempi tra la conoscenza dello scandalo e la individuazione dei nomi del responsabili anche se, di fatto, si possono già avere indicazioni circa i luoghi dove si sono consumati i gravi sperperi. Ma con una modalità per cui, per ora, a nessuno è stato negato il solito poter dire: “da noi i conti sono in ordine”. E la posizione emersa nel consiglio regionale, anche per via della relazione ad hoc del presidente Talarico, sembra che nulla sia accaduto anche se le telecamere della Gabanelli e l’inviato della sua trasmissione hanno stazionato in tutti i punti nevralgici dove si potevano incontrare persone per chiarimenti, politici per interviste, tutto quanto serviva per capire e fare chiarezza e tutta la stampa era all’erta, proprio perché questa regione è diventata, ancora una volta, centro dell’attenzione nazionale per brutture che non avremmo mai voluto che succedessero. Il giustificazionismo esasperato ha portato a un manifesto contrasto tra l’aula del consiglio e l’esterno. Nella prima sembrava tutto normale, tranne la solita “fiducia” nella magistratura che comunque avrebbe fatto il suo corso (cosa che sembrava una concessione politica e non una normalità) ma di fatto minimizzando scandali veri e presunti; e l’esterno dove addirittura si sono organizzati balletti ed altre forme di protesta popolare, ironizzando su quanto si sa del comportamento dei responsabili amministrativi dei gruppi e dei loro dirigenti che chiaramente spendono e spandono a proprio piacimento i finanziamenti enormi che stranamente vengono elargiti senza l’impegno di rendicontazione per via di una legge del consiglio, promossa al tempo di Bova e di Fedele, secondo cui basta un nulla per giustificare le spese; unico caso dove vi sono spese di denaro pubblico da sostenere. Le gravi inadempienze del Consiglio regionale hanno raggiunto vette davvero intollerabili. Fuori si piangono le disgrazie di una economia al crollo e senza prospettive, del costo nel settore sanitario che continua ad essere malamente amministrato e utilizzato; si continua a vivere senza prospettive turistiche, senza la soluzione dei problemi nel settore trasporti, viabilità, ambiente, scuola. Non si tocca neppure la questione della vivibilità in regione, nel mentre la politica ha trasformato le amministrazioni in clientele e gestione di finanziamenti e di usi di posti e di ruoli ai fini di parte. All’interno del Palazzo, invece, sembra che nulla succeda e si continua a vivere come se nulla fosse delle tragedie di questo nostro popolo. Non si dimostra coscienza dei drammi di una re-
Uno scandalo senza fine Occorre cambiare rotta urgentemente Le gravi inadempienze del consiglio regionale hanno raggiunto vette davvero intollerabili Fuori si piangono le disgrazie di una economia al crollo e senza prospettiva gione dove domina l’incoscienza e un tira a campare dove anche politici che hanno ricevuto avvisi di garanzia e rinvii a giudizio, per presunti reati gravi e vergognosi, ostentano tranquillità e sorrisi “amari” che non si possono nascondere agli osservatori e all’ironia dei presenti in sede di stampa e di pubblico. La politica calabrese è percorsa da fattori davvero strani dove si fa passare per trionfo della femminilità l’entrata in consiglio di una Tilde Minasi, fedele scopellitiana, consigliera e assessore a vita e di tutto, assessore della Giunta comunale che da qualche mese è stata sciolta per mafia e dove la mancata dichiarazione di dissesto comunale è colta come tentativo politico di evitare un ulteriore dramma sociale nella grande città di Reggio Calabria, dominata da gravi problemi di malgoverno e penetrazioni di interessi terzi in settori pubblici. Non si capisce più cosa sia il reato vero e proprio e quale la disattenzione, il fare incorrere in errore un amministratore che avrebbe il compito di difendere la legalità e la corretta amministrazione. Ora siamo ad arresti di massa di dipendenti comunali, comunicazioni giudiziarie per amministratori, opinione pubblica devastata dalle notizie che corrono in città e sui giornali che mai come oggi sono carichi di note che indicano fatti giudiziari, questioni di criminalità, pentiti che parlano e svelano, attività di polizia e carabinieri in mo-
do tale che niente più può sorprendere per quanto avviene e quanto potrà avvenire. Sono diciassette i dipendenti comunali tratti in arresto per assenze arbitrarie e oltre novanta gli indagati su cui la magistratura ha messo, o sta mettendo, le mani. Per i quali, presso la pubblica opinione, sono diffuse due tendenze. Una del dire che sui dipendenti comunali sono scattate le manette degli arresti nel mentre per i politici, responsabili di mille sfasci ma ritenuti potenti e salvaguardati, arrivano avvisi di garanzia ma gli arresti quasi mai. La pubblica opinione aspetta, quindi, parità di diritti di fronte alla legge; non accetta una legge forte con i deboli e debole con i forti. Noi invece continuiamo a credere che le discriminazioni non debbano avere luogo. A Reggio è di pochi giorni fa la notizia che l’ex assessore Raso, della giunta Scopelliti di Reggio Cal, è stato condannato a due anni di reclusione (pena sospesa) per abuso e falso. Caso per il quale Scopelliti, allora sindaco della città, “sarebbe stato indotto in errore”: avrebbe firmato una falsa attestazione che, ci sembra di capire, se avesse rifiutato, come sarebbe stato giusto, l’assegnazione della casa popolare alla congiunta di Raso non sarebbe avvenuta e il reato non sarebbe stato commesso. Non sarebbe avvenuto un caso per il quale può dispiacere tanto, ma è avvenuto. Ed ora si può sperare, se ci sono le condizioni, in un chiarimento a favore dei condannati in secondo grado di giudizio. La logica, a Reggio, è che pagano i deboli e usufruiscono i forti. Pagano gli impiegati e usufruiscono certi politici che con promozioni, protezione anche di assenze arbitrarie e continuate, lasciando inefficienti gli uffici e favorendo i protetti, a discapito degli aventi diritto, creano e mantengono sacche elettorali decisive. Questo dicono gli impiegati colpiti duramente dai provvedimenti di questi giorni. «Il disservizio, le assenze, il vuoto degli uffici per cui dovrebbero rispondere i capi e tanti amministratori, lo paghiamo solo noi!» è la voce che gira in città. Mentre, circa le colpevolezze che tutti individuano alla quasi generalità di impiegati e cattivi amministratori, si dice. «Si spiega che non puoi avere un certificato se non dopo lunga attesa, presso il comune giacciono documenti che mai vengono definiti, soprattutto negli uffici dell’urbanistica in modo particolare, dove vai e non trovi cosa cerchi». La cosa più corrente è la seguente: «Se non ci sono vocazioni al lavoro e specializzazioni e spesso tavoli di ufficio vengono assegnati ad amici e parenti, diventa logico che la macchina burocratica è alla deriva, il cittadino non è mai servito e le pratiche giacciono nella polvere e nei tiretti per tanto tempo». In questa situazione ci viene da dire che le colpe non stanno da una sola parte. In una sana amministrazione, dove gli impiegati sono qualificati e addetti in modo funzionale all’efficienza ed alla competenza, i problemi si risolvono in tempi adeguati e senza che si arrivi che ognuno debba comportarsi a suo modo, senza guida, al servizio di un lavoro non programmato e mai piacevole e di soddisfazione. Se gli impiegati e gli uffici avessero avuto una buona guida ed una buona amministrazione, e tanta politica non avesse fatto il suo indegno corso di utilizzazione di tutto e per tutto con formule funzionali a vicende e usi elettorali, e non venissero utilizzate persone, parenti e amici di politici, da proteggere evitando loro lavori di un certo tipo, sicuramente non si sarebbe arrivati a quanto è avvenuto in questi giorni. Il clima in città ed in regione è dei peggiori possibili. Non è più procrastinabile nel tempo la situazione di oggi. Il ricambio immediato della classe dirigente, magari per come la propone Beppe Grillo,è essenziale e richiede tempi decisamente brevi.
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Sabato 20 Aprile 2013
Turismo, continua la fumata nera
Una regione sempre ai box di partenza di Giovanni Perri *
In Calabria diventa sempre più impellente attuare politiche che possano puntare su progetti finalizzati a potenziare l’offerta turistica per valorizzare il patrimonio promozionale, storico culturale, favorire l’accoglienza e creare vantaggi socioeconomici a tutto il territorio calabrese. Le finalità progettuali riguardano essenzialmente il potenziamento dell’offerta culturale e turistica, imperniate sulla tutela e valorizzazione delle strutture ricettive: edifici storici di notevole pregio morfologico e tipologico, ubicati per lo più, nell’altopiano silano, nelle aree costiere ed appeniniche ed in alcuni contesti rurali della Calabria, suscettibili di essere inseriti in mete turistiche e culturali da ottimizzare e potenziare. Tutto ciò si inserisce felicemente con il cambiamento del ruolo dell’agricoltura incentrata, secondo la filosofia della sostenibilità ambientale dell’Ue, sulla multifunzionalità, un aspetto innovativo del settore primario che opportunamente intrecciato con l’attività agrituristica, sta contribuendo a riammodernare la vita nelle campagne, riscontrando in provincia di Cosenza ed in Calabria significative evoluzioni. Negli ultimi decenni, nei processi di pianificazione urbanistica, il territorio extraurbano ed in modo particolare quello agricolo-forestale, che in Calabria rappresenta ancora un fetta considerevole, è stato sovente trascurato, privilegiando spesso gli aspetti urbanistici sotto l’ottica costruttivaarchitettonica. In questo modo, si sono perse grandi opportunità ed occasioni per non aver valorizzato le risorse delle aree agricole con opportune politiche di sviluppo rurale per il mantenimento della diversità dei territori rurali, per la capacità di attivare la vita economica e sociale locale, nonché per la protezione e la salvaguardia ambientale e paesaggistica La politica dello sviluppo rurale, nell’ottica della multifunzionalià e dell’eco-condizionalità, può e deve puntare oltre che sul settore primario, soprattutto in direzione dei servizi, della qualità della vita e generare così effetti positivi anche sulle attività economiche connesse sia a monte che a valle del settore agricolo, creando in definitiva un insieme di opportunità di sviluppo generale sul territorio. L’agriturismo consente all’imprenditore agricolo di generare nuove ed aggiuntive forme di reddito e di occupazione rispetto a quelli ottenibili dal normale esercizio delle attività agricole ordinarie, così come avveniva in passato nelle aree rurali in generale. Dal punto di vista concettuale i tre termini “agriturismo, territorio e ambiente” chiariscono bene l’intreccio positivo nell’immaginario collettivo della “multifunzionalità in agricoltura” che assume sempre più il significato di un nuovo modello di sviluppo rurale che sempre più gradualmente si manifesta a livello europeo, soprattutto dopo la riforma della Pac (Politica agricola comunitaria) e della politica di coesione dell’Unione europea. Gli aspetti più importanti della “multifunzionalità in agricoltura” sono infatti essenzialmente quelli di legare l’attività agricola alla tutela, salvaguardia e valorizzazione di tutte le risorse naturali e territoriali, in un approccio di tipo integrato, ov-
Potenziare l’offerta culturale e turistica, magari valorizzando gli edifici storici di notevole pregio e coniugare tutto ciò con l’agricoltura Allo stato però tutto tace verosia un tipo di agricoltura non più solo e soltanto rivolta verso l’ottenimento delle produzioni agricole ed a particolari aspetti produttivi che puntassero alla quantità e non alla qualità, bensì in un’ottica nuova, innovativa con funzioni e compiti di più largo respiro e grande attenzione per le risorse naturali ed ambientali. Con tale nuova impostazione si è imposta con la globalizzazione, una politica di sviluppo rurale, da parte di tutti i partner europei, per il mantenimento della diversità dei territori rurali di supportare ed attivare, favorire e privilegiare la vita economica e sociale dei territori interessati, nonché di favorire le produzioni di qualità, la salvaguardia ambientale e paesaggistica. In sostanza si è voltata pagina, nel senso che l’attività del settore primario non deve essere più finalizzate al solo ottenimento della produzione vegetale agraria, bensì orientare a valorizzare iniziative progettuali connesse ed integrate con il territorio in un contesto di sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e della conservazione del patrimonio storico, culturale e naturalistico. Un tipo di agricoltura che non produce solo alimenti, materie prime e derrate, ma anche servizi di interesse collettivi, quali l’ambiente ed il paesaggio, che non hanno mercato e che perciò rispondono a soddisfare esigenze collettive quali la tutela dell’ambiente e del paesaggio. Questa nuova concezione, nell’ambito della politica di svi-
luppo rurale, il concetto della multifunzionalità rappresenta una buona opportunità che dovrà essere tradotta in azioni concrete per favorire la crescita e lo sviluppo socio-economico delle aree agricole in forte ritardo di sviluppo rispetto a quelle più valide e competitive sul piano dell’efficienza e delle economia di mercato. Necessita evitare, così come avveniva nel passato, che i vecchi ed ormai superati Prg venivano impostati ed elaborati con procedure piuttosto generiche per quanto attiene lo studio, l’individuazione e la definizione del contesto extraurbano, soprattutto delle zone “E” che non sono state mai classificate e quindi di non aver messo in risalto le specifiche realtà produttive per programmare il loro utilizzo ai fini agricoli, forestali, ambientali ed urbanistici. L’elaborazione degli strumenti urbanistici prima vigenti, dedicavano grande attenzione al contesto urbano, tant’è che si è dovuti aspettare l’inizio degli anni settanta allorquando con la legge ponte n. 765/67 e successivamente con la politica dell’Ue si avvertiva l’esigenza di attuare nuove norme e regole finalizzate alla tutela e valorizzazione delle zone agricole garantendo, nel contempo, la tutela del suolo e le caratteristiche ambientali di pregio. Molto spesso, infatti, nelle “aree rurali”, gli elaborati progettuali contenevano, in modo generico, vincoli e indici fondiari tipici dei centri urbani e per nulla rispondenti alle esigenze dello sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate, ignorando di fatto gli ambiti extraurbani e quelli agro-forestali in modo particolare. Successivamente alla legge ponte e con il trasferimento della potestà legislativa che lo Stato demandava alle Regioni in materia di pianificazione ed in parallelo alle nuove politiche ambientali dell’Ue, si è di fatto rafforzata l’idea e l’opportunità di prevedere ed attuare norme specifiche di tutela e di salvaguardia ambientale Con questa nuova visione vanno giustamente individuate e classificate le “aree rurali”, in base alle loro tipicità capacità produttive, caratterizzate da diverse specificità, mediante la classificazione in ben cinque diverse sottozone con precise caratteristiche produttive e vocazionali. Da ciò derivano i nuovi indirizzi, le direttive fondamentali che costituiscono punti di partenza e non di arrivo per guidare ed orientare i processi pianificatori verso gli ambiti extraurbani in generale ed in modo particolare per le aree rurali, prevedendo finalmente la tutela e la salvaguardia delle risorse umane, storiche, naturali ed ambientali. Purtroppo, ancora oggi, detti aspetti non vengono recepiti da diversi enti ed istituzioni regionali e comunali. Ci si attarda in maniera non sempre chiaramente motivata per non affrontare in modo organico le problematiche delle aree rurali che, invece, devono essere attentamente programmate e coniugate con gli interessi generali della collettività, incoraggiando la permanenza dell’uomo nelle aree svantaggiate di collina e di montagna, spendendo più risorse con interventi mirati in direzione dello sviluppo e la competitività del settore agro-forestale. La nuova filosofia programmatoria porta inevitabilmente ad ampliare notevolmente il significato dei nuovi strumenti urbanistici e contestualmente ad affrontare le diverse problematiche connesse alla tutela delle risorse agro-forestali e dei beni storici ed ambientali, coinvolgendo conseguentemente tutti i canali istituzionali e legislativi con il supporto delle figure professionali nell’ambito della multidisciplinarietà. * già presidente Ordine Agronomi e Forestali Cosenza
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Sabato 20 Aprile 2013
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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
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Sabato 20 Aprile 2013
Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
Tutto gratis per la denuncia dei redditi
Lo annuncia il Centro Servizi della Fna, guidata da Franco Pignataro Il Centro Servizi della FNA (Federazione Nazionale Agricoltura) zonale di Altomonte, guidato da Franco Pignataro, annuncia che, per far fronte alla ulteriore difficoltà apportata dall’Inps con la decisione di non inviare ai lavoratori e ai pensionati il modello CUD che carica sulle loro spalle spesa e fastidio, il ritiro telematico dello stesso modello sarà completamente gratis. Inoltre, tenuto conto della crisi fortissima che vivono le famiglie dei lavoratori e dei pensionati del Paese intero e della zona in cui opera il Patronato e il Centro Servizi (Caf - Ufficio Vertenze - Assistenza produttori agricoli) la FNA decide la gratuità anche nella compilazione dei modelli 730, a differenza di quasi tutti gli altri Caf e sedi sindacali operanti nel territorio di Altomonte. Pertanto, i lavoratori agricoli e forestali, i pensionati, i lavoratori dipendenti dei settori pubblici e privati, i lavoratori in disoccupazione e mobilità, i lavoratori precari possono recarsi nella sede di Contrada Pantaleo 7/A ad Altomonte per ricevere un servizio di qualità, dal personale competente e qualificato, completamente gratuito. Questa decisione va nella direzione di marcia che ha voluto imprimere la sede zonale dell’Epas Fna con l’obiettivo, in questa fase difficile per le famiglie, le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati,
di garantire un sostegno altamente professionalizzato per far fronte alle tantissime disposizioni che scaturiscono da una miriade di leggi e regolamenti che impongono un aggiornamento continuo. Per questo, attraverso un progetto di formazione dei propri quadri, funzionari e corrispondenti, si vuole dotare tutte le strutture collegate delle conoscenze atte a un servizio efficiente che soddisfi pienamente l’utenza. Il riscontro ad oggi è fortemente positivo e gli uffici ricadenti nella zona hanno contribuito fortemente alla crescita delle attività di patronato che hanno consentito all’EPAS di diventare il secondo a livello provinciale; i tanti uffici che sono in procinto di aprire sul territorio provinciale stanno a dimostrare dell’attenzione che c’è verso l’Epas e della domanda di tutela individuale e collettiva in grandissimo aumento. Nella stessa direzione, di non far pesare sugli iscritti costi ulteriori in questa fase difficile, va intesa la decisione di stampare il modello CUD 2013 e di compilare il modello 730 senza chiedere un solo euro ai propri assistiti. Insomma, la qualità e la gratuità sono la linea di un’organizzazione che nel territorio si candida sempre di più ad essere un punto di riferimento importante dei lavoratori e dei pensionati. L’afflusso enorme di questi primi giorni di campagna di denuncia dei redditi testimonia l’apprezzamento per la sensibilità di un ente di patronato che rinuncia a qualche maggiore guadagno per offrire un aiuto in più alla propria utenza in un periodo così sentito di crisi. Fna nazionale di Altomonte
Cgil, lavoro e sussidi
Allarme risorse Un miliardo di euro. Come minimo. Ma con ogni probabilità questa cifra, ritenuta da molti esperti iperbolica, fuori portata attualmente per le casse dello Stato, non sarà sufficiente per fronteggiare le spese destinate alla cassa integrazione e a quella in deroga. Le recenti parole del Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, rendono quanto mai tangibile un problema che assomiglia ad un autentico rompicapo e per il quale si fa una tremenda fatica a immaginare una via d’uscita efficace in tempi brevi. In sostanza i dati allarmanti snocciolati da studi e ricerche di ogni genere sull’attuale situazione del mondo del lavoro sono resi ancor più preoccupanti dalla carenza di risorse con cui provvedere alla tutela di migliaia e migliaia di cittadini; è stata appunto Elsa Fornero ad affermare che sarebbe opportuno destinare almeno un altro miliardo di euro al finanziamento della cassa integrazione e che, ad ogni modo, c’è il rischio che tale somma possa essere insufficiente allo scopo. «Siamo davanti ad una situazione drammatica e paradossale -osserva Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- che come sempre grava su pensionati, lavoratori, giovani e famiglie, continuamente tartassati da una paralisi che da tempo blocca il mondo del lavoro e piano piano sta colpendo ogni forma di tutela. Occorre trovare soluzioni utili alla svelta -aggiunge ancora Nesci- e mettere al primo posto, ma in maniera concreta, le esigenze delle persone. La situazione attuale deve essere al più presto sbloccata». Il quadro che va delineandosi è completato dall’escalation senza fine relativa ai sussidi: l’aumento di queste forme di tutela è stato impressionante per costanza e intensità, se si considera che negli ultimi 5 anni esso si è pressoché triplicato, passando dai 770 milioni di euro erogati nel 2009 ai probabili 2 miliardi e 750 milioni di euro per il 2013. Il problema è che le risorse per soddisfare le richieste per l’anno in corso non bastano, come si evince dal fatto che già 7 regioni (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Campania) si sono viste costrette a bloccare le autorizzazioni, altre due (Liguria e Abruzzo) lo faranno a breve e altre ancora (come ad esempio Calabria e Sardegna) devono esaminare le richieste ricevute. Insomma, la situazione è critica e davanti alle enormi difficoltà nel ricorrere ai sussidi per tamponare la mancanza di lavoro, è sempre più evidente la necessità di far ripartire la crescita e di incentivare occupazione e consumi. «Il panorama sociale ed economico è chiaro in tutta la sua drammaticità -afferma Denis Nesci- per cui le soluzioni appaiono più che mai obbligate. L’Italia non può più permettersi di attendere passivamente gli eventi o accontentarsi di operare ulteriori tagli colpendo aziende e lavoratori: adesso serve investire, puntare sul lavoro, aiutare le imprese e reperire le risorse necessarie -conclude il Presidente Epas- attraverso la lotta agli sprechi e all’evasione».
In questo mese si terrà un corso di formazione sull'argomento INVALIDITA' CIVILE organizzato dal Patronato EPAS di Altomonte e Praia. Il corso si terrà presso la FNA di Terranova da Sibari - Ufficio con Responsabile l'Avv. ANGELA DIODATI
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