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0,50 + 0,50 Voce ai giovani

numero 18 - Anno 12 Sabato 4 Maggio 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce ai giovani Sotto la lente del National Geographic www. mezzoeuro.it

Associazionismo “buono”, il miracolo Cleto

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Sabato 4 Maggio 2013

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Il legno storto

Avere ottimismo in un clima di pace armata È proprio così, dopo gli ultimissimi attacchi di fuoco, è scoppiata una pace che solo in apparenza può annunciare la fine di uno stato di lunga belligeranza. I due avversari sembrano voler deporre le armi, anche se in realtà l’hanno solamente accantonate per tornare ad imbracciarle ai primi degnali che verranno dal comando supremo, dal massimo direttore di gara. Su che cosa il Cavaliere ispiratore dello stato inedito di concordia Mezzoeuro e pacificazione misurerà l’adeguatezza delle azioni Fondato da Franco Martelli del governo Letta a quelli che riterrà siano interessi Ediratio editore del Paese di cui si ritiene il vero interprete, lo si vedrà Direttore responsabile Domenico Martelli quando verranno i veri nodi al pettine, al di là di quello Registrazione che è il programma governativo. Si dovranno aspettare Tribunale di Cosenza n°639 alcuni passaggi nodali: la convenzione per le Riforme, del 30/09/1999 i temi della Giustizia etc, dove il Canaliere è difficile Redazione e amministrazione che mollerà di una virgola in quelli che sono i suoi più via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza diretti interessi.Un vero supplizio essere legati ad uno Responsabile settore economia stesso palo: così rischia di trasformarsi ogni coabitazione Oreste Parise innaturale. Ma vi sono in politica di tali inconciliabili Progetto e realizzazione grafica diversità, quasi ontologiche? Evidentemente nel caso Maurizio Noto di cui parliamo, la storia, cioè il modo in cui sono nate telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e sono venute configurandosi, ha potuto e può più e-mail: ediratio@tiscali.it di ogni status di "datità" naturale. In questo modo Stampa si potrebbe pensare e commentare la vicenda Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) dell’avvicinamento, del sodalizio, in un’unica coalizione Diffusione di governo, di due forze politiche, Pd e Pdl (meglio, Media Service di Francesco Arcidiaco Berlusconi) inconfrontabili, fino ad attimi prima telefono 0965.644464 fax 0965.630176 totalmente distanti. Abbattere le distanze (a volte anche Internet relations N2B Rende siderali) tra due modi di servirsi degli strumenti Iscritto a: della politica, tra due concezioni etiche, tra due idee Unione Stampa Periodica Italiana e pratica della democrazia costituzionale, tra due concezioni del rapporto con l’Europa, è potuto avvenire solo a prezzo di un compromesso pesante che toglierà via via respiro ad una azione comune n. 12427 per il bene del Paese

di Franco Crispini

Non vi è dubbio che in un Paese uscito dal voto elettorale peggio di come era, il corso politico cui si vuole dare l’avvio non può non avere tutti segni dell’incertezza e della precarietà: se non bastasse altro, le dichiarazioni che fa ad esempio, subito dopo del governo dei “riconciliati”, il capo gruppo alla camera del Pdl ne danno conferma: ma non ne mancano altre che possono documentare quanti dubbi e riserve vi sono nel Pd. Ci si muove tra odi sopiti, promesse irenetiche, paure di implosioni, intenti di cambiamento, parabole bibliche: tra questi scogli navigherà il governo Letta e sarà una navigazione per nulla tranquilla. La differenza sostanziale tra i due che inaugurerebbero una fase di “riappacificazione”, un Partito artificiale non emancipato dai voleri e disegni del suo padre fondatore, ed un Partito di tradizione storica, rimesso a nuovo ma carico sempre di vizi di origine, si sono create in forma crescente nel tempo insanabili contrapposizioni. Come e perché si è resa sempre più profonda la frattura che ha creato come due Italie, due popoli divisi su quasi tutto? Chi e come ha pesato più fortemente ed incisivamente su tutto quanto il sistema politico ed istituzionale del nostro Paese,stravolgendone gli assetti, rovinandone i principi reggenti? Quello che è capitato, lo è stato per le ferite che venivano inferte alla democrazia ed alla moralità pubblica, ed ora di colpo si dovrebbe superare il trauma subito in circa venti anni di governo del Paese che ha scavato un solco tra una parte che ha difeso e difende dei valori (culturali, etici, civili) ai quali è legato lo sviluppo di una società, e l’altra parte facile a lasciarsi ingannare, più disposta a cedere a disegni mirabolanti, più incline a lasciar fare riguardo alla convinta osservanza della Carta costituzionale Si deve comunque credere che i giorni dal 18 aprile ad oggi, durante i quali il quadro politico del nostro Paese ha vissuto di sussulti e grida, per ricomporsi e quietarsi, non sappiamo fino a quando,sulle sue stesse fragilità, devono ritenersi, nella nostra storia più recente, di quelli che segnano e lasciano tante significative tracce assieme a cumuli di macerie. Si sono potute vedere meglio tante cose: le immagini di Italie diverse radiografate dal voto elettorale recente, proiettate sugli scranni del Parlamento; uno scenario solcato dalle insufficienze di una rappresentanza politica in larga parte improvvisata, totalmente dipendente da padrini che ne tirano le fila; la regia non tanto occulta di un “sovrintendente” elettrizzato dai successi avuti, che dal voto di fine febbraio alla elezione del Capo dello Stato alla formazione del Governo, fa valere i suoi indirizzi ed i suoi diktat; lo sfacelo, la disintegrazione di una formazione politica, il Pd, che non sa usare i vantaggi di una maggioranza parlamentare, pur ottenuta per l’assurdo Porcellum, e divora con rappresaglie e tradimenti le sue figure rappresentative (Prodi soprattutto), non sa intravedere soluzioni nuove, è costretta a prendere le strade più impervie ed insicure,ripiomba nelle sue guerre intestine. Con un padre-padone ringalluzzito, con in mano i fili con i quali muove sul palcoscenico del governo i suoi ministri portavoce, con un Pd disorientato e indebolito, in ogni momento, su ogni decisione ( specie se dovrà evitare il voto di fiducia) una litigiosità paralizzante si scatenerà fino all’inverosimile; è facile immaginare da quale parte si comincerà ad aprire il fuoco se le cose non fileranno come vuole il Cavaliere. Che avverrà allorchè si tratterà di far partire, dandole una guida, la Convenzione per le Riforme: chi ritiene di essere stato privato di incarichi istituzionali di vertice, tollererà che si vada avanti? Lo spauracchio sarà dato dal ricorso al voto elettorale dove il Cavaliere sa di andare favorito dopo l’ulteriore logoramento cui avrà sottoposto i poveri “sodali”, il povero Pd messo sotto sorveglianza speciale.


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Sabato 4 Maggio 2013

Il sacchetto dove lo butto

di Francesco Cirillo

Lo s/governatore Scopelliti lo deve ringraziare questo popolo calabrese, supino e pauroso, controllato dai preti, dai vescovi, dai partiti, dai sindacati, dalla massoneria, e infine dalla ‘ndrangheta, che non si ribella a niente. Che accetta tutto e che preferisce andarsene dalla sua terra, emigrando, piuttosto che lottare e scontrarsi con i poteri. Eppure i motivi della ribellione totale, sarebbero tanti, anzi tantissimi. Niente funziona in Calabria. Qualsiasi settore, qualsiasi provincia, qualsiasi comune, qualsiasi ufficio, presenta problemi, mancanza di qualcosa, assenza di qualcuno, che spingono a cercare un favore, una raccomandazione al solito politico di turno, che poi “se la vedrà lui”. La Regione Calabria, l’ente centrale a tutto, è del tutto inesistente e lo si vede e percepisce dal problema rifiuti, esploso negli ultimi mesi dopo decenni di commissariamento che ha solo rappresentato una miniera di danaro pubblico sprecato e sottratto alla comunità calabrese, senza il minimo ritegno. Gli unici a dirlo da quindici anni a questa parte, sono stati i soliti ambientalisti. Le solite cassandre che da sempre ripetono che l’unica via per risolvere il problema dei rifiuti è quello di limitare lo spreco e provvedere alla raccolta differenziata porta a porta. Sono decine le manifestazioni organizzate dalle associazioni ambientaliste in tutta la Calabria, da decenni, davanti le discariche, davanti l’ufficio del commissariato, (quando esisteva). Manifestazioni viste con sufficienza da tanti, che adesso si lamentano. I sindaci sono stati succubi di questa politica commissariale e hanno sottaciuto a quanto avveniva nei loro territori, sotto gli occhi di tutti. Anche la magistratura, che adesso dice di aver aperto diverse inchieste sull’uso dei fondi destinati alla raccolta differenziata ed alle discariche, ha mostrato debolezza e spesso ha guardato dall’altra parte, spesso mettendo sotto inchiesta quei cittadini che facevano i blocchi davanti le discariche. Ora siamo arrivati al limite assoluto. Le discariche sono strapiene, come era prevedibile, le ditte che avevano preso l’impegno ed i soldi per fare la raccolta sono sparite, e l’inceneritore di Gioia Tauro che doveva essere la panacea sulla risoluzione del problema rifiuti in Calabria, non funziona come dovrebbe. Spesso i rifiuti non vengono trasformati in cdr (combustibile da rifiuto) ed arrivano tal quali, non trattati né differenziati, per cui si brucia tutto così com’è, creando inquinamento e diossina per tutta l’area della Piana con gravi rischi per la salute delle popolazioni che vi abitano. Ed a proposito della fine del commissariamento i militanti della “Rete per la difesa del territorioFranco Nisticò” scrivono che «il passaggio dall’Ufficio del commissario alla Regione Calabria rappresenta l’occasione per creare finalmente un ciclo dei rifiuti virtuoso, che non è né teorico né filosofico, ma è semplice ed economico. Grazie alla raccolta differenziata spinta, quindi monomateriale senza cassonetti, è dimostrato che nel giro di sei mesi anche città di media grandezza (la Calabria è per il 90% composta da piccoli paesi e da una densità abitativa bassissima) possono arrivare al 60% di differenziata, che sarebbe ancora inferiore a quanto imposto per legge nel 2012. Significa diminuire costantemente e progressivamente già a partire da giugno, i rifiuti da conferire in discarica, ed in questi sei mesi è necessario provvedere alla creazione di ambiti di raccolta ottimali (gruppi di comuni in base alla orografia ed

Qualcosa puzza nell’aria...

La Regione Calabria è del tutto inesistente e lo si vede dopo decenni di commissariamento che ha solo rappresentato una miniera di denaro pubblico sprecato e sottratto alla comunità senza il minimo ritegno Gli unici a dirlo da quindici anni a questa parte sono stati i soliti "ripetitivi" ambientalisti alle infrastrutture) per gestire il riciclo ed il riutilizzo dei materiali, nonché la creazione di piccoli impianti di compostaggio per l’umido. Significa non solo risolvere il problema, ma creare economia, azzerare il trasporto dei rifiuti, aiutare l’agricoltura, salvaguardare il territorio». Pensieri forse difficili per chi è abituato al politichese ed è incompetente sulle questioni ambientali. E difatti in direzione totalmente opposta vanno le linee guida dell’assessore Pugliano che insiste ancora

sulla costruzione di inceneritori e su mega impianti oltre che a volere sempre nuove discariche. Le sue dichiarazioni a proposito fanno rabbrividire e palesano un futuro calabrese ancora pieno di immondizie. Ecco la sua ricetta: «Stiamo aspettando la disponibilità di altre Regioni - ha detto Pugliano - per ripulire la Calabria. Oggi potrebbero esserci novità per la Sicilia per uscire da una situazione drammatica». L’obiettivo, spiega l’assessore, è quello di raggiungere un accordo con la struttura di Catania, che può accogliere 1.200 tonnellate al giorno «tal quale» di rifiuti; ma un’altra ipotesi è quella della Toscana. Allo studio anche la possibilità di imbarcare i rifiuti per portarli all’estero. I costi sono esorbitanti, ma molto meno di quanto si spende oggi per andare in Puglia. «Parliamo di poco più di cento euro a tonnellate - rassicura l’assessore - contro i trecento euro attuali». Rincara la dose un altro inesperto del settore rifiuti che è il direttore generale del Dipartimento, Bruno Gualtieri, che ha sottolineato che «in Calabria produciamo 2.400 tonnellate di rifiuti al giorno, ai quali si aggiungono 300 tonnellate di raccolta differenziata, ma abbiamo impianti che possono accogliere al massimo 1.600 tonnellate. Il sistema è stato stracaricato e i costi sono insostenibili». E solo oggi ci si accorge di queste situazioni? Per 15 anni di cosa hanno parlato chiusi nei loro uffici? «Gli impianti - dice Gualtieri - non hanno nemmeno le autorizzazioni Aia. Da oggi in poi il rifiuto dovrà essere lavorato secondo contratto ha aggiunto - altrimenti scatteranno le penali. Oggi non viene prodotto nemmeno il cdr che ci permetterebbe un grosso risparmio e questo perché dovevamo arricchire TecVeolia e nessuno ha controllato». Ecco quindi l’annuncio del direttore generale: «Stiamo facendo la rescissione in danno nei confronti della società che ha lasciato la Calabria e nessuno lo aveva fatto prima». Come un fiume in piena, Gualtieri ha anche denunciato che «nei capannoni dove si doveva lavorare l’umido sono state ammassate, da parte dell’Ufficio del commissario, tonnellate di rifiuti tolti dalle strade negli ultimi sei mesi». Ed ancora: «La Daneco chiede 20 milioni di euro ed ha chiuso l’impianto di Pianopoli dall’oggi e domani, eppure non ha nemmeno l’autorizzazione Aia». Insomma sia Pugliano che Gualtieri, che adesso fanno i duri e puri, vorrebbero far uscire indenni da questo disastro sia la Regione Calabria che lo s/governatore Scopelliti, promettendo nuovi finanziamenti fino a 100 milioni di euro. Alla fine non si parla di raccolta differenziata ma di nuovi impianti e specialmente di un nuovo inceneritore nella provincia di Cosenza, che nessuno vuole. Ma, che si sa, con l’odore di soldi, appalti, subappalti, assunzioni, uno scemo di sindaco che offre il suo territorio lo si trova sempre. Intanto i comuni soffrono questa situazione. Il 25 aprile i pochi turisti giunti in Calabria nei paesi di mare si sono visti catapultati nelle solite immagini che si vedono a Napoli ed in Campania in genere. Cassonetti stracolmi di rifiuti raccolti ogni due o tre giorni. E il popolo guarda e passa turandosi il naso.

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Sabato 4 Maggio 2013

Sotto(e sopra)segretari si nasce

Cazzotto in rosa Gli aspiranti non stavano in una mano ma alla fine, se si fa eccezione per la calabresità algida di Catricalà, c'è solo lei al governo tra i conterranei. Jole Santelli farà di tutto per non rappresentare un problema ma di fatto è uno schiaffo in pieno viso alle nomenclature consolidate del Pd e del Pdl. Vediamo chi, probabilmente, c'è rimasto più male Non ci puoi fare niente se c’è sempre qualcuno che si trova l’amico giusto nel momento giusto, col clima giusto e nel posto giusto. In altri contesti lo chiameremmo puro e semplice fattore “C” ma dal momento che parliamo di una lady della politica dobbiamo portare il giusto rispetto esegetico che si presta all’occasione. Certo a Jole Santelli, di lei stiamo parlando, conviene di questi tempi giocare qualche numero al Lotto. Potrebbe essere un investimento. In piena catarsi berlusconiana s’è trovata (anche per meriti e ostinazione sua) ancora deputata nell’era di Enrico Letta al governo, con le larghe intese “bianche” (e della massoneria bianca) sullo sfondo. Come d’incanto poi, inevitabilmente, ecco il suo fidatissimo amico Angelino Alfano niente di meno che ministro degli Interni cosa che difficilmente avrebbe ottenuto se pure avesse vinto direttamente il Pdl alle elezioni. Uno più uno non fa due per lei ma fa addirittura tre perché poi è anche il momento che deve tirare il vento “rosa”, quello dei tagli alle poltrone (diminuite a 40 da 65 che dovevano essere) dei quarantenni e quello dei nuovi equilibri nei partiti. Miscelato il tutto viene fuori solo lei al governo tra i tanti aspiranti di Calabria. Non c’è traccia di uno del Pd, tanto per intenderci, con buona pace di D’Attorre che in serata si affretta a precisare che potrebbe essere molto presto per tracciare giudizi definitivi. Anzi D’Attorre nel suo non detto lascia intendere di più e che cioè Letta potrebbe nominare un altro calabrese nelle prossime ore, certamente del Pd. Poi D’Attorre, prima di tutto a se stesso, spiegherà come farà il premier a passare da 40 a 41 sottosegretari solo per la causa ca-

Jole Santelli con Silvio Berlusconi e con Pino Galati (più a destra) Nel montaggio a margine Marco Minniti, Alfredo D’Attorre e Tonino Gentile

Mario Pirillo

Uno sgarro alla Calabria Dal governo e dai vertici nazionali dei partiti insieme nell'esecutivo, la Calabria si attendeva onestamente una maggiore rappresentanza politica, in particolare democratica. La scelta di nominare soli due sottosegretari non risponde appieno alle ettese ed alle esigenge di una regione che avrebbe bisogno di ben altra attenzione in ordine alle tante emergenze, in primis la forte disoccupazione, il grave disagio sociale e l'asfissiante prensenza della 'ndrangheta. Con ciò non voglio ridimensionare le figure del dott. Catricalà, di origine calabrese, e dell'onorevole Santelli che, sono certo, faranno di tutto per onorare al meglio il loro mandato, ma penso che la nostra regione meritasse una presenza più significativa in termini numerici e, se mi è consentito, più rappresentativa di un partito come il Pd che ha al suo interno donne e uomini di elevato spessore politico e culturale per rappresentare degnamente gli interessi della Calabria e del Mezzogiorno. Non auspicavo certo si ripetesse il copione della scorsa legislatura dove la Calabria venne liquidata con qualche sottosegretariato mentre la vicina Sicilia annoverava ben sette esponenti nel governo Berlusconi, tra ministri, viceministri e sottosegretari, oltre al presidente del Senato. Non vorrei apparire campanilista ma registro purtroppo lo stesso modus operandi: la Calabria è come se fosse una regione di serie B, sia con governi di destra che di larghe intese. Spero che il presidente del Consiglio Enrico Letta possa rivisitare questa impostazione discriminatoria dettata evidentemente dai tempi stretti ma che non coincidono con gli equilibri e gli interessi di un territorio delicato come il nostro. * eurodepoutato Pd

labrese ma se a lui, al commissario vagante, la prospettiva lo fa dormire più sereno ben venga. La sensazione è invece che il deputato lucano trapiantato a Catanzaro con la scusa di dover fare il commissario sente crescere attorno a lui un sentimento dilagante e contrario. Doveva venire a mettere ordine, a celebrare i congressi e poi andar via e invece s’è trovato “solo” parlamentare con il marchio calabrese. Morale della favola ha probabilmente solo fottuto il posto a qualcun altro senza produrre granché e questo finirà per pesare e non poco nel giudizio finale. Comunque se ci crede lui che faranno un altro sottosegretario va bene, vuol dire che torneranno a sperare Marco Minniti o magari Nico

Stumpo ma è difficile che gli diano retta. Il dato agghiacciante è che il Pd del nuovo corso, il corso della pace finta e miserevole porta in aula chi non doveva andarci e nessuno al governo. Se non abbiamo capito bene si tratta di una specie di record e stavolta nemmeno Veltroni riuscirà a spiegare a Marco Minniti (capolista al Senato) che deve rimanere fuori. C’è un nuovo “alleato” che è chiamato a rappresentare tutti e poco importa se viene da un altro partito, Minniti se ne deve fare una ragione. Come del resto se ne deve fare una ragione Tonino Gentile. Se vogliamo, se vogliamo cioè restare nell’alveo del Pdl, è a lui che va gran parte della sberla in “rosa” che rappresenta Santelli.


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Sabato 4 Maggio 2013

Sotto(e sopra)segretari si nasce

Alessandro Nicolò

Auguri, ma ci aspettavamo di più Esprimo gli auguri per un proficuo lavoro a Iole Santelli, neo Sottosegretario di Stato al Welfare, e ad Antonio Catricalà, nominato viceministro allo Sviluppo. Si tratta di due personalità del mondo politicoistituzionale di comprovata esperienza e conoscitori profondi della situazione di crisi in cui versa la Calabria con tutte le sue mille emergenze. Parliamo di due dicasteri importanti per una regione come la nostra in cui l’assenza di opportunità di lavoro per il mancato sviluppo segna in maniera preoccupante la quotidianità di migliaia di persone. Qualche dubbio però rimane sulle valutazioni politiche che hanno ristretto la presenza nel Governo Letta a due soli nostri rappresentanti, a fronte di una conclamata emergenza criminale che si fonde in un tutt’uno con la crisi sociale che viviamo. Credo che la Calabria avrebbe meritato una maggiore considerazione sotto il profilo della rappresentanza nel Governo proprio per infondere fiducia nella popolazione, al mondo produttivo, per innalzare maggiormente il livello dell’attenzione nazionale sulla nostra terra. Da parte nostra lavoreremo con l’impegno di sempre per favorire un’efficace politica di confronto con i tavoli romani, convinti come siamo che senza forti politiche economiche pubbliche, la Calabria ed il Mezzogiorno saranno costretti, ancora una volta, a rimanere nel sottosviluppo e senza lavoro. * vicepresidente del Consiglio regionale

Trasversalmente (e probabilmente non a torto) va montando il diffuso malcontento per una scarsa rappresentanza calabrese al governo ma poi è chiaro che ognuno dalle nostre parti parla per sé, per i fatti propri. E Tonino Gentile il giorno dopo la nomina di Santelli, preferisce il silenzio perché sa bene che ogni parola sarebbe inutile. Il suo legame forte con Quagliariello e la militanza antecedente a quella di Santelli in materia di Forza Italia lo avranno fatto incazzare ma è un tipo troppo svelto per abbattersi. Di suo ha già incassato la nomine di vicequestore del Senato ma lui più degli altri sa bene cosa poteva significare la poltrona di sottosegretario. Se il potere non ha cambiato del tutto connotati negli ultimi tempi è dove c’è la cassa

che si fanno i destini e non ci risulta che seduto con responsabilità al Senato (ma senza portafoglio) gentile si senta soddisfatto. Specie ora che c’è la vecchia cara amica-nemica Jole che niente di meno dovrà occuparsi di lavoro e welfare. Per qualche notte masticherà amaro Tonino. C’è da giurarci. Così come non dormirà Pino Galati. Che ha sempre avuto un rapporto a fasi alterne con Santelli e che mai come in questa occasione s’aspettava un riconoscimento in più dal Cavaliere visto e considerato che nei momenti più bui la tela ha continuato a tesserla. Ma evidentemente la sua non presenza in Forza Italia e il suo profilo che appartiene ad una regnanza consolidata del

passato (con tutto quello che questo significa) hanno fatto di Galati una candidatura a perdere. Non fattibile. Ma i mugugni, anche pericolosi per gli equilibri regionali, restano. Perché ora il quadro va cambiando nel senso che se questo governo ci prende gusto col clima nuovo e buonista, trasversalmente e demo cristianamente inteso, l’immagine della selezione dei sottosegretari potrebbe essere indicativa. Diciamo espositiva. Se il modello che passa è che nessuno del Pd è degno di stare al governo e che per il Pdl ci sta solo la Santelli sarà pure un modello che fa trasversalmente incazzare ma è, a suo modo, rivoluzionario. Una doccia gelata. Un modello che in ogni caso privilegia chi in questo momento un partito e un amico buono alle spalle ce l’ha (Santelli appunto) ed emargina invece chi il partito ce l’ha ma sparso nel fiume dell’anarchia (tutti i democrat calabresi). Per non parlare di chi ce l’ha, il partito, ma sarebbe stato meglio se non l’avesse avuto del tutto (Occhiuto). Meglio sarebbe stato, per Occhiuto, avere venti anni di più che Cesa dietro il collo. Dopo avergli fottuto il posto alla Camera sarebbe proprio interessante sapere quante lacrime ha versato per la mancata nomina di sottosegretario per l’ex onorevole cosentino. Se abbiamo capito bene non gli saranno serviti fazzoletti. Né a lui né a Casini...

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Sabato 4 Maggio 2013

La rivincita parte da lontano

Quando la “periferia” fa centro La notizia, quella vera, è che nel primo giorno di festa con l’estate esplosa improvvisamente tra le mani si riempie una sala e un parterre a Luzzi per trattare di sviluppo, lavoro, rivincite possibili. Dal cuore dell’entroterra al cuore del problema, della ferita, che è ferita di tutti. La seconda, di notizia, è che ad organizzare il “conclave” è il Pd del posto e che solo fatalmente poi (ma fino ad un certo punto) diventa il Pd “renziano”. Non è una presenza ad escludendum, egemone, quella del partito con la parlata fiorentina. Lo è nelle cose e ci sarà pure un perché. “Lavoro, Sviluppo, Innovazione: un piano strategico per il Sud”, recita il movente della riunione e onore al merito alla rigogliosa Luzzi che “sacrifica” una scampagnata al mare o in Sila per trattare di cose che scottano più del primo sole di maggio (peraltro cocente di suo). Gli onori di casa, come detto, li fa il Pd di Luzzi e Andrea Guccione che introduce la discussione. A lui tocca spargere il primo clima, le prime sollecitazioni. La seriosità e gravità della materia ma anche le speranze possibili, l’incoraggiamento. È capogruppo di minoranza in consiglio comunale ma è soprattutto imprenditore che vive sulla propria pressione arteriosa la delicatezza delle faccende di cui si andrà a discutere di lì a poco. Idee, proposte, punti fermi. Il parterre, senza per forza utilizzare scale verticali di potere piccolo o grande che sia, è di quelli buoni, forniti. C’è Ernesto Magorno, il “deputato” se ve n’è uno del nuovo corso del Pd che prova a smarcarsi dal vecchio. A lui, ad ogni buon conto, va la destinazione d’uso e finale delle istanze per il ruolo che ricopre in Parlamento e per il piglio determinato che ha mostrato in queste prime settimane di legislatura. C’è Luigi Gagliardi, coordinatore regionale dei comitati “Matteo Renzi in Calabria”. C’è Leo Franco Rizzuto, sindaco di Pedace. C’è Arturo Pantisano, presidente del consiglio comunale di Crotone e coordinatore del comitato Matteo Renzi della provincia pitagorica. Ci sono Umile Federico e Luca Ferraro, consiglieri comunali di Luzzi. E poi ancora Giuseppe Ceravolo, comitato Matteo Renzi di Torano così come Davide Lauria, coordinatore del comitato renziano di Montalto Uffugo e Antonio Modaffari, coordinatore invece del comitato di San Marco Argentano. Francesco Longo, del direttivo del Pd di Luzzi e Gianvincenzo Petrassi della Uil di Cosenza. La sala consiliare “A. Gardi” del Comune di Luzzi è piena anche se il caldo si fa sentire. Più o meno tutti, con la prosa che ognuno si porta da casa, hanno focalizzato l’attenzione sulla delicatezza della posta in gioco. Economica certo, ma immediatamente appresso sociale, emergenziale, epocale nella sua drammaticità. Il Sud, questo Sud, il Sud orgoglioso dell’entroterra che vuole lavorare, rischia e paga il prezzo più alto della crisi. I perché sono tanti ma ce n’è uno che si erge sugli altri. Lo Stato indietreggia, sta progressivamente tirando i remi in barca. Non è detto che questo sia sbagliato, magari tempi e modi sì ma non è più questo il punto. Il punto è il piano “B” che manca per quelle aree del Paese che non hanno svi-

Dal cuore del Sud, dalle sponde del Crati, il cuore del problema: un piano strategico per il Mezzogiorno A Luzzi in un giorno di festa e lontano dai riflettori il Pd (fatalmente renziano ma non ad escludendum) mette sul tavolo idee concrete da portare avanti nell'interesse di tutti A memoria pare proprio che sia un inedito dalle nostre parti

luppato luce propria da cui riflettere. Il Mezzogiorno appunto. E dentro il Sud c’è poi più Sud ancora come l’orgoglioso e rigoglioso entroterra luzzese che nel giorno della prima festa (quella del Lavoro e del primo caldo) si dà appuntamento per guardare meglio in faccia questa crisi. Le idee, le “luci” per uscire dal tunnel, sul tavolo arrivano. A memoria dev’essere un fatto inedito per una kermesse a metà tra il partito e l’istituzionale. Più che altro in passato si finiva con l’arrostire ottime salsicce e poco più ma stavolta, questa la novità, si fa sul serio. Il lavoro, il lavoro che non c’è e che viene beffardamente celebrato nel giorno della festa più paradossale. È qui che bisogna aggredire. Dal “tavolo” un bel po’ di ricette arrivano. Non si può che passare dalla defiscalizzazione delle imprese, intanto. È lo snodo cruciale. Non per frodare ovviamente. Ma per produrre quindi defiscalizzazione cosiddetta indiretta e cioè apprendistato, aiuto alle giovani imprese che assumono sul campo minato del fisco e della contribuzione. Le imprese che si sforzano di mantenere il livello di assunzioni pur in un contesto che gli consentirebbe di arretrare devono avere un canale privilegiato di aiuti altrimenti non si capirebbe dov’è il rischio e dov’è la “candela”.

Altro punto cruciale, perché di soldi stiamo parlando, l’abbattimento del costo del denaro. Il Mezzogiorno paga il capitale di rischio delle banche più del doppio del Nord. Che le banche prendano altrove le sicurezze che cercano e che le mancano, il Sud e le imprese del Sud non possono pagare i tassi dei prestiti e delle esposizioni il doppio dei colleghi del Nord. Questo vuol dire anche, allargando lo sguardo a 360 gradi, più regole e soprattutto regole condivise nel mercato che è di tutti nell’era della globalizzazione. Tradotto in sintesi vuol dire più controlli e più equità nel mercato-giungla delle produzioni senza quartiere dove c’è chi paga il costo del lavoro a prezzi risibili e poi, grazie a questo, può consentirsi prezzi di ingresso molto inferiori a quelli delle imprese italiane e meridionali che mantengono la produzione sul posto. Chi sta al gioco, e alle regole, non può uscirne sempre con le ossa rotte. E poi i fondi comunitari. La partita delle partite è qui. La grande cassa che nessuno per volontà o negligenza riesce a “scassinare”. La Calabria come le altre regioni del Mezzogiorno sta ancora per poco nel cosiddetto Obiettivo 1 ma bisogna fare in fretta, il treno sta passando per sempre. Occorrono, questa l’opinione largamente diffusa tra i relatori, procedure d’urgenza e straordinarie


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Sabato 4 Maggio 2013

La rivincita parte da lontano

Ernesto Magorno e Andrea Guccione Nelle altre foto, i lavori del convegno

per lo smobilizzo di quei fondi. Quindi meno burocrazia, meno lacci al collo, meno “politica” discrezionale, meno passaggi dove si perde tempo e spesso anche la voglia. Meno rischi e meno esposizioni per chi, enti o imprese, presenta i progetti. E soprattutto un canale diretto, quanto più diretto possibile, tra chi ha un’idea progettuale e chi eroga, l’Europa appunto. Già, il progetto. L’altra “mano” della partita è questa. I soldi ci sono e vanno resi utilizzabili ma poi bisogna capire per fare cosa. L’unica via sostenibile pare essere quella di finanziare le peculiarità del territorio. Quello che sappiamo e possiamo fare meglio senza stravolgere niente. Quello che è giusto che faccia un calabrese piuttosto che un moldavo. La mente corre al turismo, al circuito enogastronomico, all’agricoltura, ai servizi. Alle nostre identità che possono trasformarsi in ricchezze. Debbono trasformarsi in ricchezze. I fondi Ue, finalmente smagriti dalla burocrazia e dal potere dominante della politica egemone, a questo servono del resto. In un giorno di festa che non si trasforma in scampagnata il Pd di Luzzi (ma sarebbe meglio dire la gente di Luzzi) preferisce parlare di cose serie. Se bastasse per dire che la strada buona è questa, il cambio di mentalità e la presa di coscienza dei problemi, allora “l’entroterra” è già a buon punto. Sta già scaldando i suoi motori...

Soddisfazione per l’iniziativa

Il governo ci dia ascolto Esprimiamo soddisfazione e ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito al buon esito dell'iniziativa che si è svolta il 1 maggio a Luzzi dal titolo "Lavoro, sviluppo, innovazione: un piano strategico per il Sud". I lavori hanno visto il saluto iniziale di Andrea Guccione e successivamente gli interventi di rappresentati dei comitati pro Renzi, di Dirigenti del Circolo del Pd di Luzzi e di numerosi Sindaci ed amministratori del territorio. La grande partecipazione e i contenuti che hanno animato il dibattito, rappresentano un segnale forte che dimostra che al sud c'è voglia, soprattutto da parte dei giovani, di dare un contributo che unisce la concretezza delle proposte all'entusiasmo delle spinte ideali. Fino ad ora in Calabria è mancata una classe dirigente capace di interpretare le esigenze dei territori e dei cittadini. A Luzzi, invece, si è scritta una bella pagina dalla quale è emersa la necessità di procedere ad un forte ricambio generazionale nella vita politica ed amministrativa del Paese e del Mezzogiorno in particolare. E' necessario che, oltre a questo, il nuovo Governo ponga proprio il Sud al centro della sua azione politica e faccia emergere quelle potenzialità e quelle energie che proprio nell'incontro di Luzzi hanno avuto modo di esprimersi. Un primo maggio che fa sperare e ci dicono che se si punta sul Sud, soprattutto da parte di chi governa, l'Italia può finalmente uscire dal tunnel. Luigi Gagliardi Coordinatore Comitati Renzi Calabria

Ernesto Magorno Deputato Partito Democratico

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Sabato 4 Maggio 2013

Mezzoeuro C’era una volta

La fine del Palazzo di Vetro È finita un’epoca. L’amministrazione provinciale chiude i battenti: dal 1 maggio la Provincia è commissariata, ma la guida resta salda in testa al presidente Wanda Ferro. A fare il punto sull’attività svolta in questi cinque anni ma, soprattutto, a ribadire che difendere le Province non significa difendere la “casta dei consiglieri provinciali”, il capogruppo del Pd Enzo Bruno, i consiglieri democrat Pierino Amato, Riccardo Bruno, Cosimo Femia e Pino Maida, e il socialista Mario Deonofrio. «Gli amministratori provinciali che a casa portano circa 30 euro netti per gestione di presenza esordisce Bruno -. Difficile leggerla come ‘posizione di potere’ o un’indennità che diventa spreco». E, comunque, il sistema delle autonomie locali non può essere cancellato con il comma di un decreto omnibus. La difesa d’ufficio operata dal Pd, quindi, non è la tutela di una postazione ma di un sistema che serve al Paese. Difendere le Province significa tutelare il territorio e la catena della sussidiarietà, previsto dalla Costituzione. «I danni di questo vuoto saranno subiti soprattutto dai piccoli Comuni e dagli abitanti, che subiscono il venir meno delle risorse che vanno ad incidere proprio sulla capacità di spesa dei piccoli Comuni - spiega ancora - che dovranno sobbarcarsi le spese della Provincia, un ente presente anche in virtù della legge regionale 34 del 2002 che in controtendenza con quello che avveniva a livello nazionale, disegnava una Calabria in cui la Regione delegava alle Province una quantità enorme di competenze, dal mercato del lavoro alla formazione professionale, alla manutenzione delle strade e tante competenze che, qualora dovesse interrompersi il commissariamento, vorrebbe dire interrompere questa presenza». «Il sistema delle autonomie locali - dice ancora Bruno - in sessant’anni è stato un punto fermo, la riforma deve avvenire in una impostazione complessiva, dove si parla della Regione che è una struttura elefantiaca che dovrebbe occuparsi di programmazione e controlli ma allo stato va anche atti di gestione». La chiusura delle Province, quindi, come «foglia di fico per proteggere altre istituzioni che sono la vera casta e che contribuiscono a creare spese insostenibili. Serve una reale volontà di mettere mano alle spese inutili». Venendo alla Provincia di Catanzaro, secondo Bruno la gestione ha avuto «luci e ombre. Noi riteniamo più luci che ombre. Il commissariamento, come si vuole far apparire alla stampa locale, non deve intendersi come un premio o un merito - dice ancora Bruno - è una impostazione del governo uscente: è una linea che si è dato il governo, quindi, tutte le Province che dopo il decreto “Salva Italia” andavano a scadenza naturale, venivano commissariate con i presidenti. Dobbiamo mettere in luce questo per onore della verità. Ci sono poi vicende come i debiti fuori bilancio o l’ispezione del Ministero delle Economie e Finanze che evidenziano molte criticità che sono di carattere tecnico e investono anche la politica». Dall’emergenza ambientale, al dissesto idro-geologico, alla sanità: tanti i temi affrontati in questi anni dal gruppo consiliare provinciale. «Ci

Dal primo maggio "chiude" la Provincia di Catanzaro. La gestione commissariale è ora nelle mani di chi la guidava anche politicamente, cioè Wanda Ferro, ma un'epoca se n'è andata E nessuno sa cosa c'è dietro l'angolo siamo qualificati trattando della sanità, riteniamo che Catanzaro ha subito dal governo Scopelliti una grande penalizzazione - ha spiegato ancora

Bruno - in una città dove il centrodestra aveva tutto in mano, ed in Giunta regionale era rappresentato da ben due assessori. La sanità catanzarese era riconosciuta come d’eccellenza, il PuglieseCiaccio era una scuola di chirurgia che oggi è stata smantellata. E noi ci siamo fatti carico di denunciare quello che è successo in tempi non sospetti, anche rispetto alla Fondazione Campanella, polo oncologico creato per meccanismi interni all’Università». Il capogruppo Bruno ricorda anche che i democrat a Palazzo di Vetro sono stati anche i primi a denunciare le sperpero di denaro pubblico che si ce-


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Sabato 4 Maggio 2013

C’era una volta

remo avanti le legittime istanze del territorio e le faremo valere anche all’interno del nostro partito. Il Pd - conclude Bruno - continuerà a tenere alta l’attenzione della Provincia anche con il commissario regionale, il deputato D’Attorre, noi non smobilitiamo, pur essendo consapevoli che sarà dura». Riprende il concetto della “restrizione degli spazi democratici” che hanno portato nel tempo alla riduzione del numero dei consiglieri comunali e all’abolizione delle circoscrizioni, riducendo l’attività formativa degli amministratori, il vice presidente del consiglio regionale e consigliere provinciale Pierino Amato. «A Catanzaro, per esempio, erano le circoscrizioni erano molto utili. L’importante è sottolineare che i consiglieri provinciali continueranno ad occuparsi dei problemi della provincia intera ed in particolare delle proprie zone - ha detto Amato -. Consiglieri provinciali che anche all’interno del proprio partito, soprattutto il nostro che resta ancora commissariato, rappresentano l’unico raccordo esistente con il territorio». E Amato ha voluto ringraziare Enzo Bruno e gli altri colleghi per l’impegno che intendono assumere in tal senso. «E devo ricordare che nell’incontro che il commissario-presidente ha avuto con i consiglieri provinciali ha auspicato e invitato loro a continuare ad occuparsi dei territori». Cosimo Femia ha ricordato che uno dei cavalli di battaglia del gruppo democratico, soprattutto in sede di approvazione dei bilanci, è stato la messa in discussione delle società partecipate. «Abbiamo avuto da sempre questo comportamento critico - ricorda - utilizzate da tutti gli enti per inserire i ‘trombati della politica’ per inserirli nelle strutture di sotto governo e che hanno avuto solo funzione di fornire visibilità a qualche politico e nulla di più e nella gran parte sono state del tutto fallimentari e non a caso la Corte dei Conti ha insistito sul ridimensionamento. E c’è da dire che il consiglio provinciale, dopo tante nostre insistenze, è arrivato alla conclusione di chiudere l’adesione a determinate società partecipate, ad esclusione della Sacal».

Wanda Ferro A sinistra, Pierino Amato Sullo sfondo, la sede della Provincia di Catanzaro

la dietro la convenzione tra il Bambin Gesù e Pugliese-Ciaccio che costa ben 2 milioni di euro l’anno, «e non risolve il problema della migrazione sanitaria, che in Calabria è enorme e allo stato sappiamo che non interviene ad invertire la tendenza». Tanti i documenti proposti dal gruppo del Pd approvati all’unanimità, e non solo in materia di rifiuti «visto che la Provincia di Catanzaro continua ad accogliere spazzatura da tutte le province e Scopelliti in tre anni di commissariamen-

to ha anche aggravato la situazione». «In questi anni abbiamo lavorato molto - dice ancora Bruno - e non con battaglie frontali, ma con opposizione propositiva. E poiché noi non siamo sostituiti dai nuovi eletti, ma l’Ente è stato commissariato con lo stesso presidente, noi continueremo ad essere cerniera tra i nostri territori e la Provincia di Catanzaro, perché i nostri territori non devono sentirsi abbandonati e fino a quando ci sarà un bilancio e risorse da gestire, noi porte-

Riccardo Bruno, alla sua prima esperienza, ha ripercorso le tappe principali della sua esperienza riconoscendo il valore dell’accoglienza del gruppo che ha messo a sua disposizione un patrimonio di conoscenze e rapporti. «Mi sono integrato bene questo contesto che ha messo al centro i territori - ha detto ancora -. Quando siamo stati coinvolti abbiamo detto la nostra tentando di salvaguardare l’interesse comune dei territori, anche quando ci siamo opposti, come nel caso dei debiti fuori bilancio. Si poteva fare di più? Il nostro impegno è stato corretto e continueremo in questa attività di raccordo anche in forma gratuita perché riteniamo di dover continuare a fare le sentinelle. Oggi la programmazione deve farla chi governa, ma noi saremo sempre vigili». E si guardano soddisfatti di aver saputo tenere alto il nome dell’opposizione, senza perdere pezzi, un Pd unito e compatto - e non era scontato - che ha saputo creare «solidi rapporti umani oltre che politici che rimarranno anche oltre», ha ribadito Enzo Bruno, capogruppo per nove anni apprezzato pubblicamente per «correttezza, dinamicità e coerenza». Fermi, insomma, a tenere alta la bandiera del centrosinistra assieme ai socialisti rappresentati da Mario Deonofrio, che «ha condiviso scelte nostre facendole proprie», ha detto ancora Bruno. «Io parto dal presupposto che il centrosinistra italiano è rappresentato dal Pd, senza Partito democratico non si va da nessuna parte». E «noi continueremo a fare politica uniti per le battaglie», ha ribadito un ritardatario ma alla fine presente Pino Maida.

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Sabato 4 Maggio 2013

Una “pulizia” poco attenta... Demetrio Arena è nella lista dei nuovi assessori che andranno a completare l’organico della giunta, ma l’M5S calabrese ha qualcosa da dire in merito

Demetrio Arena

E le Stelle stanno a vigilare Nel pomeriggio del 24 aprile, il governatore della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha annunciato trionfante la nomina di tre nuovi assessori e di un sottosegratario, che andranno a completare l’organico della giunta regionale ed a sostituire, tra gli altri, quelli che hanno dovuto rinunciare alla carica a causa del doppio incarico in Parlamento. Tra i nomi dei nuovi assessori spicca quello di Demetrio Arena, ex sindaco di Reggio Calabria. Giusto sottolineare, per i più distratti, che Arena è ex sindaco della città che affaccia sullo Stretto in quanto il consiglio comunale da lui presieduto è saltato agli onori della cronaca, in quanto primo capoluogo di Provincia nella storia dello Stivale, ad essere sciolto per “contiguità con organizzazioni mafiose”. «Lungi da noi esprimere giudizi di carattere giuridico su una persona che ad oggi non risulta essere sotto indagine per la vicenda – afferma il deputato del M5S Paolo Parentela – ma crediamo che, visto il caso del consiglio comunale sciolto, i cittadini calabresi avrebbero meritato di avere un assessore scevro dal benché minimo dubbio riguardo il suo passato. La Calabria è vittima della ‘ndrangheta da sempre ed è compito della Politica dimostrarsi in ogni scelta il più lontano possibile dalle sue logiche». Il Movimento 5 Stelle, si sa, ha sempre fatto della proposta “parlamento pulito” e dello slogan “via i condannati dal Parlamento” i suoi cavalli di battaglia. Non è questo il caso, visto che su Demetrio Arena, da quanto ne sappiamo, non pendono condanne di alcun genere, ma crediamo sia opportuno regalare ai cittadini calabresi una figura che fughi ogni dubbio di vicinanza con la ‘ndrangheta, la peggiore delle piaghe che colpisce la nostra terra. Questo è il motivo che spinge i deputati ed i senatori eletti nella lista a cinque stelle a vigilare attentamente sulla vicenda. Il senatore Nicola Morra, tiene a sottolineare: «Scopelliti avrebbe dovuto essere da esempio, come ha fatto il suo collega lucano, già qualche settimana fa, presentando le dimissioni a seguito dello scandalo relativo all’uso improprio dei fondi assegnati ai gruppi politici del consiglio regionale, per cui risultano indagati (da quanto ci risulta) ben dieci consiglieri regionali». Il Movimento 5 Stelle calabrese fa eco compatto alle parole di Morra e degli altri cittadini eletti in Parlamento, richiedendo a gran voce una risposta seria da parte della giunta regionale, soprattutto alla luce del fatto che, all’epoca dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria, nella relazione dell’allora ministro degli Interni Cancellieri, pesava come un macigno una frase che sottolineava come le contiguità con le organizzazioni mafiose fossero probabilmente in continuità con il consiglio comunale precedente, presieduto (come molti forse dimenticano) proprio dall’attuale governatore Scopelliti. Movimento 5 Stelle Calabra

Tre Colli e mille misteri

Anomalie alla catanzarese

Palazzo de Nobili

Facendo seguito all’importante rilievo sollevato dalle opposizioni nel corso della seduta del consiglio comunale del 30 aprile scorso, i rappresentanti consiliari di Pd e Sel, hanno consegnato un esposto al prefetto Antonio Reppucci. I consiglieri comunali hanno messo a conoscenza il prefetto di una presunta anomalia registratasi nell’ambito dell’approvazione del rendiconto finanziario 2012 in data 30/04/2013. In particolare, hanno spiegato, «il Consiglio comunale, in conformità con quanto disposto dalla conferenza dei capogruppo di giorno 22/04, era stato chiamato ad esprimersi sull’approvazione del rendiconto giorno 29/04/2013 in prima convocazione, con eventuale seconda convocazione giorno 30/04/2013». «Il civico consesso, in prima convocazione il 29/04, alle ore 9,00, non ha registrato la presenza del numero legale previsto dal regolamento ed è stato per questo legittimamente riconvocato giorno 30/04/2013 alle ore 13,00 - hanno spiegato al prefetto, come si evince dall’esposto consegnato -. All’inizio della seduta, la minoranza ha sollevato una pregiudiziale, evidenziando che l’ordine del giorno il rendiconto finanziario non poteva essere considerato oggetto di discussione in seconda convocazione, essendo stato violato l’art. 69 del Regolamento contabile, che prevede che la presentazione fisica del rendiconto finanziario all’attenzione dei consiglieri debba essere naturalmente precedente rispetto alla seduta ed inclusiva di tutti i documenti allegati ed in particolare della relazione dei revisori dei conti. Nei fatti, la presentazione della relazione dei revisori è avvenuta, come confermato dal segretario comunale e dal sindaco nel corso della seduta del 30/04, alle ore 11 di giorno 29/04 e cioè successivamente alla prima convocazione del Consiglio. Quest’ultimo elemento, a nostro avviso, oltreché costituire motivo di strozzatura del dibattito (impedendo ai consiglieri uno studio approfondito della pratica), avrebbe dovuto costituire condizione necessaria per il passaggio dell’ordine del giorno del rendiconto finanziario da seconda a prima convocazione». Il segretario comunale, Vincenzina Sica, ha risposto alla nostra pregiudiziale riconfermando la legittimità della trattazione dell’ordine del giorno in seconda convocazione. Secondo i consiglieri comunali di opposizione si tratta di “una valutazione in palese contrasto con la logica e le chiare previsioni del regolamento contabile”. I consiglieri comunali di opposizione chiedono al prefetto Reppucci di «valutare la legittimità della suddetta procedura di approvazione del rendiconto ed, eventualmente, favorire un intervento che sani l’irregolarità che, a nostro dire, si è venuta a determinare. Questa nostra richiesta va intesa a tutela della dignità dell’intero Consiglio Comunale di Catanzaro e della legittimità delle procedure da esso realizzate». I gruppi consiliari di opposizione al Comune

Pd e Sel vanno dal prefetto. A loro parere c'è qualcosa che non va nell'ultima seduta del consiglio comunale del capoluogo


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Sabato 4 Maggio 2013

È arrivato il momento di rimettersi in gioco Ripartire dalle imprese dal Terzo settore, dall’università, dai sindacati. Una nuova strada per vedere la luce di Mario Maiolo

L’Italia ha un nuovo Governo, nella pienezza delle sue funzioni democratiche, che di fatto inaugura una fase istituzionale e politica nuova quanto inedita. Dati gli schiaccianti problemi economici e sociali con cui le famiglie, le imprese e gli enti locali sono costrette a confrontarsi quotidianamente, le aspettative su questo Governo sono altresì molto alte. Prova ne sono stati gli avvenimenti degli ultimi giorni nei quali il nostro Paese ha vissuto ore di grande fermento e tensione: negli stessi minuti in cui il nuovo governo si apprestava a giurare il suo dovere di fedeltà alle sue fun-

La Calabria non può puntare sulla politica zioni pubbliche, gli spari di un nostro concittadino, esasperato dalla crisi, rimbombavano a pochi metri dalla sede che stava per accogliere il nuovo esecutivo. Due carabinieri pagano per il loro servizio a presidio delle istituzioni democratiche. La crisi quindi, la cui percezione è ormai diffusa e che, ancor più nella nostra Regione, si salda al pregiudizio di una Calabria vittima della connivenza con un sistema clientelare ormai radicato e allo stesso tempo carnefice dei suoi cittadini cui non riesce a offrire soluzioni. Eppure, senza voler negare la congiuntura negativa, e insieme le responsabilità di un sistema che ha progressivamente isolato la Calabria nell’immobilismo è viva la necessità di un’idea, di un Progetto per lo sviluppo della Calabria che è arrivato il momento di mettere in campo. In questo senso la crisi, termine che deriva dal greco krisis e significa “scelta”, “giudizio”, “decisione” ma anche “separazione”, “passaggio” da una situazione a un’altra, può configurarsi come un’opportunità di sfruttare tutte le nostre energie per convertire un momento ancorché difficile in un’occasione di cambiamento. Un cambiamento che nasce dalla presa di distanza da contrapposizioni sterili per aprire un confronto su quel Progetto per la Calabria che è necessario realizzare continuando a lavorare con impegno e responsabilità a proposte concrete e quindi essenziali per uscire dall’isolamento. Un cambiamento che esige la valorizzazione e il sostegno di una classe dirigente che si qualifichi per il contributo a pensare, credere e sostenere questo Progetto per una nuova Calabria e, soprattutto, per cimentarsi, non solo e non tanto con il personale “posizionamento in politica” ma, soprattutto, con il “posizionamento delle politiche”. Un cambiamento che abbandona pregiudizi e autocommiserazione e parte da ciò che di positivo esiste, che è già stato fatto e che è nostro dovere implementare e portare a compimento.

A tali fini uscire dall’isolamento, per la Calabria, significa innanzi tutto riforma. Una riforma radicale e istituzionale della Regione nella direzione dell’efficienza e della severità. Una riforma radicale che è ben diversa dalle iniziative assunte, negli ultimi giorni, dal Consiglio regionale della Calabria che, sia pur contenenti elementi positivi, sono ben altra cosa da ciò che serve. La Regione deve creare, e confluire essa stessa, in un nuovo sistema operativo multi livello che svolga un’opera di legiferazione, di programmazione, di pianificazione, d’indirizzo e controllo attraverso il rilancio delle autonomie e delle potenzialità dei territori e che garantisca alle comunità i servizi che vanno considerati diritti inalienabili di cittadinanza. Tra gli interlocutori privilegiati di questo nuovo indirizzo ci sono il mondo delle imprese, del sindacato, dell’istruzione-formazione, con particolare riferimento alla formazione universitaria, il terzo settore e le autonomie locali, in uno sforzo di concertazione che renda i sistemi interdipendenti e virtuosi. Il sistema universitario calabrese ha ormai raggiunto gli obiettivi qualificanti di formazione e diffusione della cultura. È necessario adesso avviare una nuova fase capace di incidere sul sistema produttivo, investire sul rapporto impresa-ricerca favorendone al contempo forme innovative di collaborazione e di integrazione, orientare la ricerca applicata e l’offerta formativa specialistica per allargare le opportunità di inserimento dei giovani laureati calabresi nel mercato del lavoro regionale. È necessario tenere conto ormai del ruolo primario del terzo settore (cooperative sociali, imprese sociali, associazioni di promozione sociale, fondazioni) che, non solo rappresenta elemento di

sviluppo e di crescita occupazionale ma che è soprattutto un bacino di specializzazioni settoriali utili ad un nuovo sistema di welfare mix con l’obiettivo di produrre offerta di servizi essenziali alla cittadinanza e realizzazione concertata degli interventi. Allo stesso modo la valorizzazione dell’ambiente diventa un nodo strategico per lo sviluppo e la valorizzazione dell’intera Regione e priorità per la gestione del territorio e la centralità dei territori. Valorizzazione che si coniuga alla tutela, senza soluzione di continuità. In questo processo di valorizzazione/tutela del territorio la Regione ha il ruolo di gestire un approccio integrato e l’unificazione delle procedure di controllo e di rilascio dei provvedimenti in campo territoriale, ambientale ed energetico previsti per la realizzazione e l’esercizio delle diverse attività a livello locale; il coordinamento degli interventi e della ricerca in campo territoriale, ambientale, energetico e di prevenzione e previsione dei rischi naturali e, soprattutto, la promozione dell’informazione, dell’educazione e della formazione in campo territoriale, ambientale ed energetico. In conclusione, sento di poter accogliere, e riproporre all’attenzione e riflessione, le parole che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha pronunciato alla Camera dei deputati, in una lezione politica che ha radici nobili e che necessariamente guarda al futuro: «Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, intese come soluzioni concrete ai problemi comuni. Se in questo momento ci concentriamo sulla politica, le nostre differenze ci immobilizzeranno. Se invece ci concentriamo sulle politiche, allora potremo svolgere un servizio al paese migliorando la vita dei cittadini».

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Sabato 4 Maggio 2013

Mezzoeuro Serve una nuova fase costituente

Sulle macerie non si costruisce nulla Un quadro politico confuso e tutto in divenire... I riformisti cosa ne pensano? Siamo agli albori di una nuova e inedita fase politica. L’eccezionalità del periodo che viviamo non è data solo dalla nascita di un governo sorretto da una maggioranza eterogenea quanto anomala, ma dall’implosione annunciata di un sistema politico-istituzionale fallimentare e gattopardesco nato sulle macerie della prima repubblica. Non lo dico io, ma il presidente Napolitano nel suo discorso alle Parlamento in cui boccia senza appello il bipolarismo maggioritario ed i capestri meccanismi elettorali che l’hanno imposto causando - cito alla lettera - “l’imbarbarimento della vita democratica” segnando “una regressione” e lo “smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile”. Bisogna, quindi, prendere atto che sulle macerie non si costruisce nulla di stabile e duraturo. Bisogna sgombrare ed avere la forza, la pazienza e la volontà di costruire un percorso. Esattamente l’opposto di quello che si è fatto nell’ultimo ventennio. Da dove partire? Innanzitutto dalla speranza che la lezione sia stata recepita. Ma su questo, sinceramente, non sono pronto a scommetterci visto il teatrino cui abbiamo assistito nel dopo voto. Quanto al percorso bisogna dare vita ad un serio cammino di riforme istituzionali. Ma non sarà facile imboccare la retta via. Troppi tatticismi e troppe convenienze. Un vostro vecchio mantra dei socialisti riformisti... Gli eventi danno ragione alle analisi ed alle proposte che dal lungo tempo inascoltati, se non talvolta bistrattati, andiamo riproponendo. Lo ripeteremo fino alla noia. Serve una nuova fase costituente. Credo che di questo almeno si sia preso atto. Spero però che si abbia la forza e la voglia di perseguire queste strade senza perdersi in complicate alchimie. Teme che le proposte ed i discorsi di questi giorni sulle Riforme costituzionali e sulla nascita di una “Convenzione per le riforme” faccia la fine dei precedenti illustri? Io evidenzio un rischio che non è poi così remoto. Quello che si crei una pericolosa sinergia tra la l’azione di governo ed un necessario e non più demandabile processo di riforme istituzionale che sono indispensabili per dare governabilità, crescita e credibilità al Paese. Non si possono legare due aspetti così diversi tra loro altrimenti, aggiungendoci anche l’incognita della stabilità di una maggioranza di governo così eterogenea che di per sé è destinata ad avere fibrillazioni, il rischio che tutto vada gambe per aria per l’ennesima volta è troppo elevato. Basta vedere cosa è successo nei primi tre giorni sull’Imu e sulla riforma del lavoro. Suggerisce di separarne i destini quindi... Esatto. Inoltre, l’azione di governo deve essere immediata, dare delle risposte alle necessità ed alle ansie del Paese, concentrarsi sui temi caldi del momento. Per inverso, la costruzione di un rinnovato assetto istituzionale deve necessariamente avere un arco progettuale di lungo respiro e de-

Intervista a Nicola Carnovale, responsabile nazionale organizzazione Riformisti italiani ve uscire dagli opportunismi e dalle contingenze del momento. Boccia la Convenzione quindi? Non si può bocciare o promuovere un qualcosa di cui allo stato si disconosce il ruolo, il funzionamento, la composizione e gli obiettivi. Io ragiono per criteri. Penso che un’assemblea composta di soli parlamentari diverrebbe inevitabilmente un organo concorrenziale con il Parlamento mentre un consesso ibrido, frutto di un mix tra professori, nominati, parlamentari, a prescindere dal criterio di composizione, diverrebbe un organo avulso dalla politica, dalle istituzioni e privo di legittimazione. E poi, ripeto, legherebbe i suoi destini a quelli della legislatura vista la presenza

di parlamentari. E se poi si dovesse andare ad un voto anticipato sa cosa accadrebbe? Cosa? Nella migliore delle ipotesi un tutti a casa ed un nulla di fatto. Avremo l’ennesimo finale della commissione Bozzi dell’83, la Jotti-De Mita del ‘92, della Bicamerale D’Alema del ‘97, della riforma del 2005... E nella peggiore? Un aborto. Per far finta di aver raggiunto un risultato si approverebbe in maniera raffazzonata la qualunque, anche a maggioranza! Avremo una riforma sullo stile di quella del Titolo V del 2001, nata sull’onda degli umori del momento e delle convenienze elettorali, senza una seria analisi su che cosa avessero rappresentato trent’anni di regionalismo e senza predisporre controlli, sanzioni e contrappesi ragioni che sono alla base di una finanza fuori controllo. La proposta alternativa qual è? Un processo alto e democratico che parta dal basso. Da tempo abbiamo proposto, come anche più


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Sabato 4 Maggio 2013

Serve una nuova fase costituente

Per l’appunto cita Enrico Letta. Cosa pensate del neonato governo? C’è voluta un’impasse istituzionale senza precedenti perché si prendesse atto di un esito elettorale che dava un solo scenario possibile, se si esclude il ritorno alle urne che rappresentava un triplo salto mortale nel vuoto e si sarebbe altresì rivelato un vicolo cieco. Certamente è un governo con una forte dose di novità nella rappresentanza, ma è più il frutto di una debolezza dei partiti più che di una scelta di fondo a cui si è aggiunto un gioco di veti incrociato. La verità e che Pd e PdL di fatto, non hanno stilato un patto di governo, ma si trovano costretti loro malgrado a vivere una convivenza forzata. Sono come marito e moglie che dormono separati sotto lo stesso tetto in attesa che i bambini crescano e poter dividere le loro strade... I provvedimenti annunciati da Letta? Un libro dei sogni anche quello? Il tema della copertura dei provvedimenti annunciati rappresenta una questione non marginale e rappresenterà un banco arduo per l’affidabilità e la credibilità sociale ed internazionale dell’esecutivo. Personalmente giudico negativamente l’assenza di un serio impegno al taglio della spesa pubblica che va perpetuato senza propaganda ma con decisione. Quanto agli intendimenti in materia economica considero estremamente positiva l’inversione di tendenza rispetto alle mitologiche politiche di austerity del Governo Monti che non ho mai condiviso. Lo stesso non si può certo dire di una parte degli entusiasti battitori di mani parlamentari di Letta... Il “federalismo” è da rilanciare o da cancellare? Quale giudizio si può dare dell’esperienza autonomistica? Sembra aver prodotto solo disastri... Quello che bisogna evitare è governare inseguendo degli slogan. È arrivato il momento di riflessioni serie e ponderate. Il sistema ha bisogno di stabilità e certezze per produrre effetti positivi e questo si può ottenere soltanto con un intervento complessivo che solo una Costituente può dare. Reputo però estremamente positivo l’introduzione delle sanzioni politiche ed amministrative per gli amministratori allegri e disinvolti per non dire altro... E’un buon modo per fare pulizia se applicato senza doppiopesismi e con serietà. In Calabria potremmo avere un bel ricambio indotto...

volte discusso dalle colonne di questo giornale, l’elezione di una Assemblea costituente come via maestra per le riforme. La si chiami pure “Convenzione” o “Filippo” ma quella è. Un organo dal carattere “originario” istituito con legge dello Stato che abbia la legittimazione di scrivere un nuovo patto tra cittadini e governanti ed abbia altresì l’autorevolezza del mandato e della rappresentanza popolare. Quando iniziammo a porre con forza la questione oltre due anni fa qualcuno disse che era il libro dei sogni. Oggi sono costretti a sbatterci la testa su quel libro se vogliono porre un argine all’inarrestabile disaffezione verso la politica ed allo sfascio del paese. Cosa intendono fare per questo i Riformisti italiani? Noi intendiamo impegnarci per costringere il parlamento ad approvare il progetto costituente con quanti, ed ad oggi sono trasversalmente in tanti, credono in questo percorso in quanto l’unico in grado per uscire dalla situazione di stallo. A breve presenteremo un Comitato promotore con alte personalità per chiedere Assemblea costituente e presidenzialismo.

Un percorso ambizioso. Pensa che l’Italia sia pronta per un sistema di questo tipo? La storia degli ultimi decenni ed ancor di più la cronaca di questi giorni ci portano verso un sistema di questo tipo. Il fronte dei reticenti, anche in una certa sinistra, si va pian piano assottigliando. Abbiamo un presidenzialismo che definiamo di “risulta”, a costituzione invariata, senza una distinzione di ruoli ed i contrappesi necessari adeguati ad una moderna democrazia. Ora è giunto il momento di adattare la costituzione “formale” a quella “materiale” costituzionalizzando ciò che nei fatti e nella realtà già esistete. Su questo, segnalo un’impostazione contenuta nel documento prodotto dai saggi in materia istituzionale di retrospettiva che non coglie il sentire diffuso e ben presente nel Paese, di un Presidente sempre più in rapporto con i cittadini e pertanto espressione diretta della volontà popolare. In ogni modo, se le riforme si decifrano nell’impostazione minimalista e di retroguardia della bozza Chiti, implicitamente citata dallo stesso Enrico Letta nel suo discorso di fiducia alla Camera, mi sento di dire che non sarà un bene.

I Riformisti italiani cosa sono oggi? Un movimento, un partito, una lobby istituzionale, un gruppo di opinione, una associazione culturale... Noi Riformisti italiani restiamo un movimento politico. Sposiamo l’endiade mazziniana “pensiero - azione”. Il problema in merito è però più complesso. Bisogna capire che non esiste vera democrazia senza partecipazione e non vi è partecipazione senza partiti sani e rigenerati che assolvano le loro funzioni. Non è un caso che da quando è entrato in crisi il modello “partito” si è registrato un crescente scollamento tra istituzioni, politica e cittadini. I modelli ‘900 non sono più riproponibili ed attualizzabili ma le nuove forme sperimentare nel corso di questi anni non hanno dato frutto. Ma ciò non ci deve indurre a cadere nel mito della democrazia diretta. Serve una sapiente miscela costituzionalmente regolamentata e socialmente accettata. E’ una ricerca che bisogna velocemente avviare... Un’auspicio... Nessun auspicio. Homo faber ipsius fortunae. E’ lo stesso concetto che applico alla nostra Regione... Ah, la Regione Calabria... È un discorso assai lungo e complesso che credo meriti un capitolo a parte...

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Mezzoeuro Speciale sanità

La lotta ai tumori ha un’arma in più «Permette di trattare in modo preciso e non invasivo un tumore, risparmiando i tessuti sani e utilizzando dosi elevate di radiazioni ionizzanti consente di ottenere dei risultati terapeutici migliori». È la definizione che il dottor Valerio Scotti dà della Body Radiosurgery (radiochirurgia o radioterapia stereotassica ipofrazionata), tra le tecniche più evolute di radioterapia oncologica. Il Malzoni Radiosurgery Center di Agropoli (Sa) è attualmente il centro con la più alta casistica di trattamenti e ri-trattamenti radiochirugici e di radioterapia stereotassica.

Fondato nel 2004

all’interno dell’Ospedale civile di Agropoli, e convenzionato con il Ssn, la Malzoni Radiosurgery vanta la più alta casistica europea per il trattamento radioterapico stereotassico delle patologie oncologiche epatiche e polmonari «ma questa terapia - precisa il dottor Scotti, direttore del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica - può essere applicata anche a lesioni che interessano altri distretti corporei come il mediastino, il pancreas, l’addome, il distretto testa-collo, l’esofago, i reni e surreni, lo spazio retroperitoneale, retto, prostata». La Body Radiosurgery si pone ormai come valida alternativa alla chirurgia tradizionale soprattutto quando questa non possa essere effettuata; trova indicazione per quei pazienti in cui i tumori sono diventati resistenti alla chemioterapia o che hanno già effettuato una radioterapia convenzionale. «Controllando i movimenti dovuti alla respirazione - spiega il dottor Scotti -, individuando in maniera precisa il bersaglio da colpire ed effettuando un controllo costante della terapia, il risparmio dei tessuti sani è massimo, evitando gli effetti collaterali della radioterapia convenzionale. Il trattamento radioterapico stereotassico ha dimostrato una tollerabilità elevatissima ed essen-

Il Dott. Valerio Scotti descrive vantaggi e possibilità della Body Radiosurgery una nuova opzione terapeutica per la cura del cancro :«La precisione millimetrica consente nuovi trattamenti»

do effettuato in regime di “day hospital”, ossia senza la necessità di un ricovero, permette al paziente di riprendere subito le proprie attività quotidiane». A conferma della validità di questa risorsa clinica per il trattamento dei tumori, sono in fase di pubblicazione studi che vedono nella Body Radiosurgery risultati pari e sembra addirittura superiori in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Solitamente, invece, è usata come un’alternativa alla chirurgia tradizionale «costosa, difficile e che richiede un lungo periodo di ricovero - continua Scotti - La nostra tecnologia, insieme alla grande e pionieristica esperienza degli operatori, consente una precisione di trattamento millimetrica, valutando durante l’ir-


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Speciale sanità Acceleratori lineari In basso, un telaio stereotassico Nel box in alto, Paola Belfiore amministratore delegato del Radiosurgery center

radiazione il movimento interno degli organi e del tumore dovuti alla respirazione». La Malzoni Radiosurgery di Agropoli ha due acceleratori lineari di ultima generazione che permettono si eseguire anche una radioterapia tradizionale. «La sperimentazione - dice l’Ad del Malzoni Paola Belfiore - viene ora estesa anche alle terapie tradizionali. I due acceleratori lineari, così come i bunker, sono due macchinari gemelli. Tale caratteristica consente di affrontare l’eventuale blocco di una delle due sorgenti, semplicemente trasferendo i piani terapeutici da un acceleratore all’altro». Il dottor Scotti entra poi nel dettaglio dei trattamenti. «L’effetto radiobio-

logico (cellkilling) superiore delle singole sedute (radioterapia ipofrazionata) associata al risparmio dei tessuti sani (precisione dei sistemi stereotassici) ci consente di trattare lesioni anche in distretti delicati come fegato, vie biliari, pancreas e di effettuare ritrattamenti in pazienti con nuove lesioni e/o con lesioni già irraggiate sia con tecnica stereotassica che con tecnica convenzionale. Sono stati irradiati circa 1600 tumori comprendenti tutte le zone corporee (testa-collo, torace, addome, pelvi) anche in distretti difficili da trattare (fegato, lesioni paraspinali, mediastino, rene)» spiega il dottor Scotti, responsabile del servizio di radioterapia-radiochirurgia stereotassica del Malzoni Radiosurgery Center.

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Le regole alla calabrese

Il nuovo corso dell’Afor

Art. 1

(Istituzione Azienda Regionale per la Forestazione e per le Politiche della Montagna) 1. È istituita, ai sensi del comma 3 dell’articolo 54 dello Statuto della Regione Calabria, l’Azienda regionale per la forestazione e per le politiche della montagna, di seguito denominata Azienda regionale, ente strumentale della Regione Calabria munito di personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa, organizzativa, gestionale, tecnica, patrimoniale, contabile e finanziaria. 2. L’Azienda regionale di cui al comma 1 è soggetta al vincolo del pareggio di bilancio, tramite l’equilibrio tra costi e ricavi; nelle entrate sono compresi i trasferimenti di risorse finanziarie comunitarie, statali, regionali e di altri enti, le tariffe o i corrispettivi per i servizi resi e i proventi dell’attività economica svolta. Esercita le funzioni e le attività di cui alla presente legge nel quadro della programmazione regionale e secondo le direttive impartite dalla Regione in armonia con gli obiettivi e gli orientamenti delle politiche comunitarie, nazionali e regionali, in materia di foreste, forestazione e politiche della montagna.

Art. 2

(Soppressione delle Comunità montane calabresi) 1. Le Comunità montane della Regione Calabria, disciplinate dalla Legge Regionale 19 marzo 1999, n. 4 (Ordinamento delle Comunità Montane e disposizioni a favore della montagna), sono soppresse e poste in liquidazione. 2. Le funzioni delle soppresse Comunità montane, trasferite ai sensi del comma 3 del presente articolo, sono esercitate in modo da assicurare il buon andamento, l’efficienza e l’efficacia, in coerenza con le esigenze di contenimento della spesa pubblica previste dall’articolo 2, comma 17 e seguenti, della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008) e dall’articolo 2, comma 187, Legge n. 191 del 23 dicembre 2009, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010).

"Istituzione dell'Azienda regionale per la Forestazione e le politiche per la montagna e disposizioni in materia di forestazione e di politiche della montagna" Questo il disegno di legge proposto da Guccione, De Gaetano, Franchino e Adamo che in gran parte è stato accolto dall'aula. La rivoluzione tra i boschi, si fa per dire, può cominciare a partire dall'inquadramento a tempo indeterminato degli operatori della sorveglianza idraulica Il dopo Sibari, con gli scavi finiti sotto il fango, è stato determinante

3. Le funzioni di cui al comma 2, per come indicate dall’articolo 28 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali), sono così ripartite: a) quelle proprie delle soppresse Comunità montane sono trasferite alla Regione e sono esercitate in forma unitaria, per la stessa Regione, dall’Azienda regionale di cui all’articolo 1; b) quelle proprie di altri enti ed esercitate, per delega o conferimento, dalle soppresse Comunità montane, sono restituite agli enti medesimi, in ragione del territorio di riferimento. Tuttavia, per assicurare il livello ottimale di svolgimento unitario delle funzioni restituite e il maggiore contenimento possibile della spesa pubblica, gli enti locali esercitano tali funzioni delegandole all’Azienda regionale di cui all’articolo 1 o, in alternativa, nelle forme previste dall’articolo 30 del D.Lgs. 267/2000, secondo modalità stabilite, nell’ambito delle rispettive competenze, dallo Stato o dalla Regione; la Regione opera secondo convenzioni da approvare a cura della Giunta regionale. 4. Gli enti locali facenti parte di una soppressa Comunità montana, succedono, secondo criteri di cui all’articolo 50 della Legge Regionale 19 marzo 1999, n. 4 (Ordinamento delle Comunità Montane e disposizioni a favore della montagna), alla stessa ad ogni effetto, anche processuale, in tutte le situazioni giuridiche attive e passive esistenti prima dell’entrata in vigore della presente legge, non trattenute ed estinte nell’ambito della procedura di liquidazione di cui all’articolo 3, anche a mezzo di previo accordo transattivo con i creditori su piani di rientro pluriennali. 5. La soppressione delle Comunità montane non fa venir meno i benefici e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali in favore dei rispettivi territori montani, per come individuati nell’articolo 6, comma 2, della L. R. 4/1999.

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6. La Regione comunica al Ministero dell’interno l’elenco degli enti, ivi inclusa la Regione medesima, destinatari dei trasferimenti erariali già erogati in favore delle soppresse Comunità montane ai sensi dell’art. 2 bis del Decreto Legge 7 ottobre 2008, n. 154 (Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali), convertito in Legge 4 dicembre 2008 n. 189, e individua, altresì, la percentuale dei fondi a ciascuno di essi spettanti, in ragione dell’effettivo subentro nei rapporti giuridici delle Comunità montane, in forza delle disposizioni della presente legge.

Art. 3

(Liquidazione delle Comunità montane calabresi) 1. La Giunta regionale, ai fini della liquidazione e della conseguente definizione dei rapporti giuridici, attivi e passivi, nomina, scegliendoli tra i dirigenti ed i funzionari di comprovata competenza a tempo indeterminato in servizio presso le Comunità montane interessate, un Commissario liquidatore per ogni Comunità montana soppressa. L’incarico di Commissario liquidatore, il quale esercita le funzioni finalizzate alla liquidazione della Comunità, è conferito entro dieci giorni dall’approvazione della presente legge e ha validità fino al 31.12.2013, data entro la quale la procedura di liquidazione deve essere completata. Il Commissario presta la propria opera continuando a percepire la retribuzione in godimento precedentemente l’incarico; allo stesso sarà liquidata un’indennità annuale pari a quella prevista dalla contrattazione decentrata per l’affidamento di specifiche responsabilità (art. 15 CCNL 1/4/99 enti locali). Il compenso in questione è da intendersi comprensivo di ogni altro emolumento eventualmente dovuto a qualsiasi titolo e con esclusione di ogni altra indennità. In caso di assoluta mancanza di personale idoneo a ricoprire il ruolo di Commissario liquidatore all’interno della Comunità montana interessata, la Giunta regionale provvede alla nomina del Commissario scegliendolo tra i dirigenti ed i funzionari in servizio presso i Dipartimenti della Giunta Regionale. 2. La Giunta regionale, al fine di coordinare, supportare e vigilare l’attività dei Commissari nominati ai sensi del comma 1 del presente articolo e le cui funzioni liquidatorie riguardano comunità le cui sedi ricadono all’interno del territorio di una stessa provincia, nomina, contemporaneamente ai commissari di cui al comma 1, un Commissario coordinatore della gestione liquidatoria per ogni singola provincia. 3. I Commissari coordinatori della gestione liquidatoria esercitano, per le province di propria competenza, funzioni di raccordo, coordinamento e vigilanza, a supporto dell’attività dei Commissari di cui al comma 1, e riferiscono direttamente alla Giunta regionale sull’attività prestata e sull’attività liquidatoria dei Commissari liquidatori delle comunità della provincia. I commissari coordinatori restano in carica fino al termine indicato nel comma 1 del presente articolo e percepiscono per l’attività prestata il compenso di cui all’art. 82, comma 8, del D. Lgs. n. 267/2000, così come determinato dal Decreto del Ministero dell’Interno n. 119 del 04 aprile 2000 e seguenti per i Sindaci dei comuni compresi tra i 5.001 e 10.000 abitanti. Il compenso in questione, che è da intendersi comprensivo di ogni altro emolumento eventualmente dovuto a qualsiasi titolo e con esclusione di ogni altra indennità, non può in ogni caso essere superiore ai 2.500 euro netti mensili e va opportunamente ridotto a tale cifra ove superasse l’importo indicato. 4. Entro il termine del 31.12.2013 di cui al comma 1, il Commissario liquidatore:

a) provvede all’estinzione delle poste passive utilizzando a tal fine le poste attive a disposizione, anche mediante alienazione del patrimonio immobiliare e mobiliare, se necessario; b) trasferisce, attenendosi al criterio di cui all’articolo 2, comma 3, in favore dell’Azienda regionale, ovvero in favore degli enti locali titolari: 1) le funzioni già esercitate dalle soppresse comunità montane ed il personale ancora in forza alla data del 31.12.2013, che non è possibile collocare in quiescenza entro tale data; 2) i rapporti giuridici relativi alle funzioni trasferite, ed in particolare le poste attive e passive residuate all’esito delle operazioni di cui alla lettera a), nonché le altre risorse finanziarie e strumentali, incluse le sedi istituzionali e gli altri beni indisponibili già di proprietà delle comunità, i quali sono assoggettati al regime giuridico di cui all’art. 11 della L. R. n. 20 del 19.10.1992. 5. I trasferimenti di cui ai numeri 1) e 2) della lettera b) del comma 4 del presente articolo sono effettuati sulla base di rispettivi piani di trasferimento approvati dalla Giunta regionale. I piani di trasferimento contengono la ricognizione delle funzioni e dei rapporti giuridici e assegnano, in via definitiva, a ciascun ente destinatario, in proporzione alle funzioni e ai rapporti trasferiti, le risorse umane, finanziarie e strumentali. Fino al trasferimento le funzioni sono esercitate, senza soluzione di continuità, dal commissario liquidatore che si avvale delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili. Al personale trasferito all’Azienda regionale si applica la disposizione del comma 2 dell’articolo 11 della presente legge. Il passaggio del personale delle soppresse comunità montane presso gli enti di cui al comma 4, lett. b) del presente articolo acquista efficacia ad ogni effetto di legge a partire dal 01.01.2014.

6. Il commissario, prima della redazione del piano di cui al comma 5 del presente articolo, verifica l’eventuale disponibilità degli enti a ricevere ulteriore personale rispetto a quello trasferito, tenendo conto delle relative funzioni; la Giunta regionale provvede, in sede di approvazione del piano, all’assegnazione del personale richiesto, tenuto conto delle relative qualifiche, fatte salve le esigenze di organico dell’Azienda regionale. 7. Decorso il termine di cui al comma 1, la Giunta regionale esercita poteri sostitutivi, ai sensi dell’articolo 20 della Legge Regionale 11 gennaio 2006, n. 1 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario - collegato alla manovra finanziaria regionale per l’anno 2006 art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002). 8. I dipendenti delle comunità montane soppresse ai sensi dell’articolo 2, transitati all’Azienda regionale ai sensi della presente legge, possono essere trasferiti alle Unioni di comuni montani che si costituiranno ai sensi dell’articolo 19 del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modifiche in Legge 7 agosto 2012, n.135, in relazione alle funzioni che saranno ad esse eventualmente trasferite.

Art. 4

(Funzioni e organi dell’ Azienda regionale) 1. L’Azienda regionale ha sede legale a Catanzaro e articolazioni territoriali a livello distrettuale ed esercita: a) le funzioni dell’Azienda forestale della Regione Calabria (AFOR) non connesse alla procedura di liquidazione in corso; b) le funzioni già svolte dalle Comunità montane, ad essa trasferite ai sensi dell’articolo 3 o con-


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Le regole alla calabrese 5. a) b) c)

Sono organi dell’Azienda regionale: il Direttore generale; il Comitato Tecnico di Indirizzo; il Collegio dei sindaci.

6. La Giunta regionale, per il tramite del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione, del Dipartimento Bilancio e Patrimonio e del Dipartimento Controlli, esercita la vigilanza sull’Azienda regionale.

Art. 5

(Direttore generale) 1. Il direttore generale è individuato dalla Giunta regionale tra soggetti aventi i requisiti per assumere l’incarico di dirigente generale ai sensi della Legge Regionale 13 maggio 1996 n. 7 (Norme sull’ordinamento della struttura organizzativa della Giunta regionale e sulla dirigenza regionale) e di accertata esperienza dirigenziale almeno quinquennale. Il Direttore generale è nominato dal Presidente della Giunta regionale ed il relativo incarico è conferito con contratto di diritto privato per un periodo di tre anni. Il direttore generale è soggetto a valutazione dei risultati, in relazione al raggiungimento degli obiettivi, ai sensi della L. R. 7/1996. Il trattamento economico è equiparato a quello dei dirigenti generali dei dipartimenti della Giunta regionale, considerando solo le voci relative allo stipendio tabellare, alla retribuzione di posizione e alla retribuzione di risultato, con esclusione di ogni altra indennità.

ferite ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b); c) le funzioni regionali in materia di prevenzione e lotta agli incendi boschivi; d) le attività di servizio di sorveglianza idraulica della rete idrografica calabrese, con l’ausilio a tempo indeterminato del personale di cui alla legge regionale 28 dicembre 2009, n. 52 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 19 ottobre 2009, n. 31 "Norme per il reclutamento del personale - Presidi idraulici"), per lo svolgimento delle attività affidate con deliberazione di Giunta regionale del 14 settembre 2010, n. 602, prevedendo che le risorse finanziarie occorrenti, allocate all’UPB 3.2.04.05, sono trasferite a carico del capitolo di competenza del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione. 2. Nell’ambito delle aree distrettuali individuate ai sensi dell’articolo 8, per i compiti di propria competenza e in coordinamento con gli altri Dipartimenti regionali competenti, l’Azienda regionale esegue, altresì, gli interventi di pertinenza della Regione, volti alla prevenzione e al risanamento dei fenomeni di dissesto idrogeologico anche nelle aree protette statali e regionali mediante accordi di programma. 3. L’Azienda regionale, nell’esercizio delle funzioni indicate nel presente articolo, impronta la propria gestione anche in senso produttivo, valorizzando il patrimonio e attuando una concreta pianificazione delle attività di amministrazione dei beni ad essa affidati, compresa la valorizzazione industriale ed energetica della filiera foresta-legno, con pratiche improntate alla gestione forestale ecocompatibile. 4. Restano comunque escluse le funzioni assegnate da legge statale a enti locali o autorità statali e da questi non conferite o delegate.

2. In ogni caso, non può essere nominato Direttore generale: a) colui che ha riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione; b) colui che è sottoposto a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; c) colui che è o è stato sottoposto, anche con procedimento non definitivo, a una misura di prevenzione; d) colui che è sottoposto a misura di sicurezza detentiva, libertà vigilata o provvisoria; e) colui che si trovi in situazione di conflitto, anche potenziale, d’interessi; f) colui che ricopre incarichi politici in partiti o movimenti, nonché incarichi sindacali, ovvero li ha ricoperti nell’ultimo biennio; g) colui che ricopre incarichi elettivi, ovvero li ha ricoperti nell’ultimo triennio. 3. Il ricorrere di una delle condizioni indicate al comma 2 determina la decadenza automatica dall’incarico di Direttore generale. La Giunta regionale, dichiarata la decadenza, provvede a nuova individuazione, previa eventuale nomina di un commissario straordinario. 4. Il Direttore generale è il legale rappresentante dell’azienda, tiene conto delle indicazioni del Comitato Tecnico di Indirizzo di cui all’articolo 6, compie gli atti necessari per la realizzazione delle finalità dell’azienda, dirige, sorveglia, coordina la gestione complessiva e ne è responsabile. 5. Nell’esercizio delle sue funzioni, il Direttore generale è coadiuvato da un Direttore amministrativo e da un Direttore tecnico, i quali partecipano alla direzione dell’azienda, assumono la diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni del Direttore generale medesimo. Il Direttore amministrativo e il Direttore tecnico so-

no nominati dal Direttore generale e scelti tra persone aventi i requisiti per assumere l’incarico di dirigente dei Dipartimenti della Giunta regionale, ai sensi della Legge Regionale n. 7 del 13 maggio 1996. Il trattamento economico del Direttore amministrativo e del Direttore tecnico è equiparato a quello previsto per i dirigenti di settore dei Dipartimenti della Giunta regionale, considerando solo le voci relative allo stipendio tabellare, alla retribuzione di posizione e alla retribuzione di risultato, con esclusione di ogni altra indennità. Il Direttore amministrativo ed il Direttore tecnico sono soggetti a valutazione dei risultati, in relazione al raggiungimento degli obiettivi, ai sensi della L. R. 7/1996. 6. Il Direttore generale, in particolare, provvede a: a) deliberare sull’organizzazione degli uffici in attuazione dell’atto aziendale; b) adottare il programma regionale della forestazione e redigere i relativi piani annuali di attuazione a norma dell’articolo 6 della Legge Regionale 19 ottobre 1992, n. 20 (Forestazione, difesa del suolo e foreste regionali in Calabria); c) approvare il bilancio preventivo e le variazioni da apportare nel corso dell’esercizio; d) adottare il rendiconto generale, previa relazione del collegio dei sindaci; e) proporre alla Giunta regionale l’acquisizione di boschi e terreni da rimboschire; f) deliberare in ordine a concessioni, autorizzazioni, contratti e convenzioni che incidono sulla gestione del patrimonio affidato all’ente o che ne vincolano la disponibilità per una durata superiore ad un anno, ovvero costituiscono diritto obbligatorio a favore di terzi, previa autorizzazione della Regione; g) deliberare atti e contratti, necessari per le attività aziendali; h) deliberare sull’accettazione di lasciti, donazioni e di ogni altro atto di liberalità; i) deliberare sulle liti attive e passive e sulle transazioni, salvo non incidano su diritti reali inerenti il patrimonio immobiliare affidato; j) formulare richieste di assegnazione del personale regionale; k) deliberare su tutti gli altri affari che gli siano sottoposti dal Comitato tecnico d’indirizzo (CTI) di cui all’articolo 6; l) coordinare le attività dei Direttori, amministrativo e tecnico, ai quali assegna gli obbiettivi annuali, e nomina i responsabili delle strutture operative dell’Azienda regionale. 7. Le deliberazioni di cui ai precedenti punti a), b), c), d) ed f) sono soggette all’approvazione della Giunta Regionale. Gli atti di cui ai rimanenti punti e), g), h), i), j), k), ed l), sono soggetti alla trasmissione al Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione per l’attività di vigilanza di cui al precedente art. 4, comma 6, oltre che agli altri Dipartimenti regionali in ragione della propria competenza. 8. In caso di vacanza dell’ufficio, ovvero nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal Direttore amministrativo. Se l’assenza o l’impedimento si protrae oltre sei mesi, si procede alla sua sostituzione.

Art. 6

(Comitato Tecnico d’Indirizzo) 1. Il Comitato Tecnico d’Indirizzo (CTI) supporta la definizione delle linee generali di indirizzo strategico dell’azienda, vigila sulla loro attuazione e ne verifica il conseguimento, relazionando alla Giunta regionale, annualmente o su richiesta. Il Comitato adotta un proprio regolamento entro tre mesi dall’insediamento.

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Le regole alla calabrese 2. Il CTI è nominato con deliberazione della Giunta regionale ed è composto da nove esperti della materia, di cui cinque, compreso il presidente, scelti dalla Giunta regionale e quattro designati dalle rappresentanze dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e da queste scelti tra soggetti di comprovata esperienza. Il CTI dura in carica tre anni. 3. La partecipazione al CTI è gratuita; ai componenti compete solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, per un massimo di una seduta mensile.

Art. 7

(Collegio dei sindaci) 1. Il Collegio dei sindaci è costituito in forma monocratica e composto da un membro effettivo e da un membro supplente, nominati dal Consiglio regionale tra gli iscritti all’albo dei revisori dei conti, per la durata di anni tre. Il compenso del componente supplente del Collegio è consentito esclusivamente in caso di sostituzione del sindaco effettivo, in misura corrispondente alla durata della sostituzione stessa, e previa decurtazione della medesima somma al componente effettivo. 2. Il Collegio esercita il controllo sulla gestione contabile e finanziaria dell’azienda e redige una relazione annuale che viene allegata al rendiconto consuntivo, finanziario, patrimoniale ed economico. 3. Il Collegio esercita la funzione di vigilanza sulla gestione finanziaria dell’azienda, riferendo su di essa, annualmente o dietro richiesta, al CTI e alla Giunta regionale; redige relazioni sul bilancio di previsione, sul rendiconto generale e sui risultati di gestione. 4. Ai componenti del collegio dei sindaci sono corrisposti i compensi determinati ai sensi dell’articolo 10 della Legge Regionale 11 agosto 2010, n. 22 (Misure di razionalizzazione e riordino della spesa pubblica regionale), diminuiti del 20 per cento.

Art. 8

(Distretti territoriali) 1. La Giunta regionale, con atto regolamentare, sentito il CTI, determina l’articolazione e l’individuazione del numero dei distretti per singola Provincia e definisce la ripartizione del territorio montano e forestale in articolazioni distrettuali in ragione: a) delle peculiarità della superficie territoriale delle foreste già gestite dall’AFOR, ai sensi della L.R. 20/1992; b) degli indicatori fisico-geografici, demografici e socio economici previsti dall’articolo 6 della L.R. 4/1999, propri dei territori già interessati dall’esercizio di funzioni delle soppresse Comunità montane; c) della distribuzione territoriale della forza lavoro idraulico forestale.

Art. 9

(Organizzazione) 1. L’organizzazione dell’Azienda regionale è contenuta in un atto aziendale adottato dal Direttore generale, nel rispetto delle previsioni normative e di contrattazione collettiva in materia di relazioni sindacali e previa determinazione del fabbisogno di personale, approvato dalla Giunta regionale entro 40 giorni dall’invio da parte del Direttore

Generale. 2. L’atto aziendale definisce l’organizzazione interna dell’ente ed individua le strutture operative dei distretti territoriali di cui all’articolo 8. 3. L’azienda si articola in tre settori: a) amministrativo; b) patrimonio e servizi forestali; c) prevenzione, antincendio boschivo, tutela, conservazione e sorveglianza idraulica. 4. Ciascun settore si articola in servizi non superiori a due. Il settore c), relativamente alla sorveglianza idraulica, opera di concerto con l’autorità di bacino nei modi indicati nella deliberazione della Giunta regionale 602/2010. 5. Nelle more dell’articolazione del territorio in distretti ai sensi all’articolo 8 e dei trasferimenti di cui al comma 4, lett. b), dell’art. 3 della presente legge, il Direttore generale adotta un atto aziendale provvisorio, anche in ordine al numero dei distretti da istituire per singola Provincia. L’atto aziendale provvisorio ha validità non oltre il termine di cui al comma 3 dell’art. 13 della presente legge e, comunque, perde ogni efficacia con l’adozione dell’atto aziendale definitivo.

Art. 10

(Bilanci e rendiconti)

1. I bilanci e i rendiconti sono soggetti alle disposizioni di cui all’articolo 57 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione Calabria). Si applicano i principi della contabilità analitica per centri di costo.

Art. 11 (Personale)

1. La pianta organica dell’Azienda regionale è coperta mediante il personale: a) transitato dall’AFOR, in liquidazione: personale di cantiere con CCNL UNCEM - Parte Operai - per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale ed idraulico agraria; personale impiegatizio di cui alla delibera della Giunta regionale n. 281/2004 con CCNL UNCEM - Parte Impiegati - per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale ed idraulico agraria; personale impiegatizio con CCNL del comparto regioni ed autonomie locali; b) transitato dalle Comunità montane soppresse; c) trasferito o comandato dalla Regione Calabria, su domanda o d’ufficio. 2. Ciascun dipendente comunque transitato alle dipendenze dell’Azienda rimane sottoposto al regime contrattuale in essere al momento della approvazione della presente legge. 3. Sin dall’adozione dell’atto aziendale provvisorio di cui all’articolo 9, comma 5, e dalla prima regolamentazione organica, gli incarichi del personale di cui al comma 1 sono attribuiti in base alla nuova organizzazione dell’Azienda regionale e non riproducono automaticamente incarichi, anche di cantiere, e posizioni organizzative, comprese quelle di livello dirigenziale, già assegnati al medesimo personale negli enti di provenienza, fatte salvi livelli e qualifiche proprie del personale stesso ed i livelli retributivi in godimento alla data di pubblicazione della presente legge, con riferimento alla retribuzione base e tabellare, nonché l’anzianità di servizio maturata alla data medesima. 4. Sino all’approvazione dell’atto aziendale definitivo, l’Azienda regionale non può procedere a qualsiasi tipo di assunzione, ovvero di trasforma-

zione o modificazione dei rapporti di lavoro in essere. Solo successivamente, può procedere alla copertura dei fabbisogni di personale e alla sostituzione del personale cessato dal servizio, secondo le percentuali stabilite dalla legislazione vigente in materia di turn over e compatibilmente con le risorse finanziarie assegnate.

Art. 12 (Risorse)

1. Per la realizzazione dei fini istituzionali, l’Azienda regionale gestisce anche i relativi progetti da realizzare con l’impiego delle risorse, di competenza dei settori funzionali di riferimento, previste nell’ambito della programmazione comunitaria 2007-2013, secondo le relative regole, e di quelle che risulteranno disponibili nell’ambito della programmazione comunitaria 2014-2020. 2. A decorrere dall’1 gennaio 2014 il compenso a titolo di spese generali spettante all’Azienda regionale per la forestazione e per le politiche della montagna, per gli interventi di cui all’art. 2 della Legge Regionale n. 20 del 19 ottobre 1992, non può superare l’aliquota del 3,5 per cento del relativo costo. 3. I commi 5 e 8 dell’art. 28 della L.R. 7/2006 sono abrogati. 4. Gli utili netti di gestione risultanti dal conto economico di esercizio e, in particolare, quelli derivanti dalla utilizzazione forestale, nonché dalla vendita del materiale legnoso e dalla gestione, anche mediante concessione, del patrimonio forestale regionale amministrato dall’Azienda ai sensi dell’articolo 11, comma 1, della L.R. 20/1992, sono destinati, per una quota, al cofinanziamento del compenso a titolo di spese generali per l’ese-


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Le regole alla calabrese 2011 dall’AFOR in liquidazione. 3. Le funzioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b), c) e d), sono esercitate dall’Azienda regionale a decorrere dall’ 1 gennaio 2014, data a partire dalla quale l’Azienda regionale acquisisce di diritto la piena operatività gestionale. 4. Dalla data di pubblicazione della presente legge regionale decade di diritto il Commissario liquidatore dell’AFOR, posta in liquidazione ai sensi dell’articolo 4 della L. R. 9/2007, ed il relativo contratto a tempo determinato cessa di avere efficacia. Entro dieci giorni dalla pubblicazione della presente Legge Regionale, con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta, è nominato, con scadenza al 31 dicembre 2014, il nuovo Commissario liquidatore dell’Azienda forestale della Regione Calabria (AFOR). Nelle more di tale nomina si applica l’articolo 6 della legge regionale 4 agosto 1995, n. 39 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi e delle nomine di competenza regionale. Abrogazione della legge regionale 5 agosto 1992, n. 13). La procedura di liquidazione dovrà essere definitivamente conclusa entro il 31 dicembre 2014; 5. Fino al passaggio di funzioni di cui al precedente comma 3, secondo quanto predisposto con il piano di trasferimento di cui al comma 6, lett. a) del presente articolo, il Commissario liquidatore nominato ai sensi del comma 4, oltre alle funzioni finalizzate alla liquidazione, esercita le attività aziendali di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) e d), avvalendosi delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.

cuzione degli interventi di forestazione e, per altra quota, al bilancio regionale con destinazione vincolata al ripianamento della situazione debitoria dell’AFOR, per come quantificata dal commissario liquidatore. 5. La determinazione delle quote di cui al comma 5, è fissata annualmente dalla Giunta regionale, su proposta del direttore generale dell’Azienda regionale. 6. I risparmi di spesa derivanti dalle disposizioni della presente legge concorrono al ripianamento della situazione debitoria dell’AFOR, per come quantificata dal Commissario liquidatore.

Art. 13

(Disposizioni transitorie e finali)

1. In fase di prima applicazione della presente legge, il Direttore generale dell’Azienda regionale: a) è nominato entro trenta giorni dall’entrata in vigore; b) predispone, entro quaranta giorni dalla nomina, l’atto aziendale di cui all’articolo 9; il piano annuale per l’anno 2014, di cui all’articolo 5, comma 6, lettera b); il bilancio preventivo per l’esercizio finanziario 2014, di cui all’articolo 5, comma 6, lettera c). 2. Entro centoventi giorni dalla nomina di cui al comma 1, lettera a), il direttore generale dell’Azienda regionale adotta le iniziative di cui all’articolo 9, comma 1, della L. R. 22/2010, con le modalità e per gli obiettivi ivi previsti, al fine di conseguire, a partire dal 2014, un risparmio di almeno il 20 per cento rispetto alla spesa per il personale complessivamente sostenuta nell’anno

6. Il commissario liquidatore dell’AFOR: a) entro trenta giorni dalla nomina di cui al comma 4, predispone il piano di trasferimento, in favore dell’Azienda regionale, delle funzioni, delle risorse strumentali e finanziarie e del personale ancora in forza alla data del 31.12.2013 che non è possibile collocare in quiescenza entro tale, nel rispetto del regime contrattuale in essere alla data del 31 dicembre 2012. Tale trasferimento investe tutte le funzioni, le risorse ed il personale non strettamente necessari alla gestione liquidatoria dell’Afor ed ha la decorrenza di cui al comma 3 del presente articolo; b) entro sessanta giorni dalla nomina di cui al comma 4, trasmette ai Dipartimenti della Giunta regionale competenti in materia di agricoltura ed in materia di bilancio un piano di liquidazione nel quale, anche sulla base di quanto previsto all’articolo 14, sono indicate le poste attive e quelle passive, nonché le modalità di estinzione di queste ultime, da effettuarsi anche previo accordo transattivo con i creditori su un piano di rientro pluriennale. Il piano deve prevedere che le risorse finanziarie disponibili e le poste attive siano destinate alla copertura delle poste passive ed al ripiano di ogni debito dell’Afor. Il piano deve prevedere, inoltre, che le poste ed i residui attivi, eventualmente ancora presenti dopo tale ripiano, siano acquisite dal bilancio della Regione Calabria. 7. In nessun caso, nel corso della gestione liquidatoria, i debiti pregressi dell’AFOR possono gravare sull’Azienda regionale. 8. Conclusa la liquidazione, il commissario liquidatore dell’AFOR trasmette ai Dipartimenti di cui al comma 5, lettera b), un bilancio finale della liquidazione. La Giunta regionale delibera sull’approvazione del bilancio finale della liquidazione, assumendo, altresì, le determinazioni eventualmente necessarie alla chiusura della stessa liquidazione. 9. L’approvazione del bilancio finale della liquidazione determina l’estinzione dell’AFOR e il tra-

sferimento all’Azienda regionale delle risorse strumentali e finanziarie residue, nonché, del personale impiegato nella gestione liquidatoria, nel rispetto del regime contrattuale in essere alla data dell’entrata in vigore della presente legge. 10.I lavoratori addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e i lavoratori inseriti nel "Fondo sollievo" sono collocati in un bacino ad esaurimento. 11.Sono abrogati i commi 2, 6, 7, 7bis, 7ter, 8, 9, 10 dell’articolo 4 della L. R. 9/2007, nonché tutte le disposizioni di Legge Regionale incompatibili con quelle della presente legge. 12.Tutte le disposizioni della L.R. 20/1992, riguardanti l’AFOR, e non incompatibili con quelle della presente legge, si applicano all’Azienda regionale. 13.Nell’ambito del trasferimento di cui al comma 2 dell’art. 5 della L. R. n. 9 del 2007, così come modificato dall’art. 11, comma 12, della L. R. n. 66 del 2012, il Commissario liquidatore dell’Azienda per lo sviluppo ed i servizi in agricoltura (A.R.S.S.A.), posta in liquidazione ai sensi dell’art. 5, comma 2, della L.R. n. 9 del 2007, nel trasferire all’Azienda regionale il personale preposto al Polo Soprassuoli Boschivi già facente parte del patrimonio dell’A.R.S.S.A trasferisce, altresì, le risorse finanziarie alla remunerazione del personale in questione, comprese quelle accantonate per gli oneri previdenziali.

Art. 14

(Norma finanziaria) 1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’ articolo 3, quantificati in euro 250.000, si provvede per l’anno in corso mediante riduzione della disponibilità esistente all’UPB 3.2.04.04 - capitolo 3.2.04.04 - dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno 2013, che viene ridotta del medesimo importo. 2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB 3.2.04.04 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2013. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all’articolo 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8. 3. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11, decorrenti dal 1° gennaio 2014, si provvede annualmente con le rispettive leggi regionali di approvazione del bilancio di previsione e leggi finanziarie di accompagnamento, nei limiti della effettiva disponibilità di risorse, nonché con le risorse derivanti dagli utili netti di gestione dell’Azienda regionale, per come previsto dal comma 5 dell’articolo 12. 4. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 13, comma 1, lettera a), dell’articolo 5 comma 5, quantificati in euro 100.000, si provvede per l’anno in corso mediante riduzione della disponibilità esistente all’UPB 3.2.04.05 - capitolo 2233211 - dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno 2013, che viene ridotta del medesimo importo. 5. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB 3.2.04.05 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2013. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all’articolo 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.

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Sabato 4 Maggio 2013

Questione di liquidi

Le Borse festeggiano la Calabria soffre di Oreste Parise

Se ne accorgeranno mai le famiglie e le imprese? Stiamo parlando del taglio del tasso di rifinanziamento operato dalla Bce, ridotto allo 0,50% con una riduzione dello 0,25%. Uhau! Una pacchia, quasi conviene indebitarsi per qualche conveniente operazione di investimento. In tempo di crisi vi sono tanti buoni affari in giro. Basta avere la liquidità. Hic est busillis! Nessuna famiglia e nessuna impresa ha mai visto tassi del genere, perché quello operato dalle banche nei loro confronti è uno scorticamento dal vivo, perché nessuno finora è riuscito a ottenere un tasso di interesse di quel genere. Si parla di venti volte tanto, a dir poco, e le cose non sono certo destinate migliorare. La Bce è la banca delle banche e il suo compito non è certo quello dell’intermediazione finanziaria. Deve regolare la liquidità del sistema e si preoccupa di mantenerne il livello presso il sistema creditizio, che a sua volta deve destinarlo al mercato. Mitico il mercato, perché è tutto e il contrario di tutto. La Borsa di Tokyo e Forcella, il paradiso fiscale delle isole Cayman e Trastevere, i junk bonds della Lehman and Brothers (o i suoi fantasmi sopravvissuti al fallimento) e i Programmi di microcredito della Bcc Mediocrati. I primi si accorgono subito della manovra Bce e la speculazione galoppa. Ai secondi non gli basta il cannocchiale di Galilei per vederne gli effetti, perché è obsoleto. Nel frattempo sono costretti ad arrangiarsi con l’usura, che compare luccicante in ogni angolo di strada. Compro “oro, argento e mirra” si legge dappertutto. Un ritorno al mitico Klondike, dove si portano le fedi nuziali e il braccialetto della prima comunione per poter mettere a tavolo la minestra. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Un pater noster che non è più una preghiera, ma un grido di dolore reale, un’angustia che interesse un numero crescente di famiglie. È facile ed inutile prendersela con Draghi. Maruzzu, da governatore-buon-paterfamilias fa quel che può, che gli compete secondo i trattati, ma certamente è insufficiente rispetto ai drammatici problemi vissuti dall’economia reale. Il primo effetto sarà quello di alimentare la speculazione finanziaria, poiché i grandi operatori potranno disporre di maggiore liquidità a condizioni più favorevoli, come messo subito in rilievo dal tasso di cambio euro/dollaro che ha visto il dollaro perdere valore, e le imprese euro perdere competitività internazionale. Questo perché non vi è alcun meccanismo che indirizzi la riduzione del costo del denaro verso il sistema produttivo. Quello che si percepisce dal basso è che tutti gli sforzi siano indirizzati a mantenere in vita un sistema piramidale, che garantisce immense ricchezze a pochi e incommensurabili povertà a tanti. Perché il dramma non è zero virgola venticinque per cento in più, ma la totale assenza di credito. La crisi ha drammaticamente inaridito le sorgenti finanziarie e il sistema è a secco. Si sente il bisogno di tanti micro interventi che ridiano fiato all’economia reale, che spingano le famiglie a spendere e le imprese a investire, a ricercare le opportunità produttive in grado di assicurare profitti ed occupazione.

La Bce ha ridotto allo 0,50% il tasso di interesse Ma è roba tra “loro” e poco ha a che fare con la liquidità alle imprese Gli interventi della Bce non possono andare a vantaggio degli speculatori, ma devono essere indirizzati verso le aziende, solo così si producono effetti reali e non si alimenta la bolla finanziaria che ci ha portato fin qui. Le banche devono diventare di dimensioni controllabili dal parte dell’Istituto di Vigilanza, inibite ad operare in borsa salvo per operazioni di finanziamento con emissioni azionarie e obbligazionarie e ritornare a dedicarsi alla intermediazione finanziaria. È necessario l’approvazione a livello europeo di un qualcosa di molto simile allo Sherman Antitrust act della fine dell’Ottocento e al Glass-Steagall act, approvato negli Stati Uniti negli anni trenta del secolo scorso per combattere la speculazione finanziaria, che è la vera causa della crisi oggi come allora. Non si può combattere il cancro con l’aspirina. L’europeismo sbandierato nel discorso di insediamento da parte del neo eletto Presidente del Consiglio dovrebbe immediatamente tradursi nella richiesta di un governo europeo che riassuma il controllo dell’economia, togliendola dalla morsa della speculazione e il lancio di un nuovo Piano Marshall per l’Europa, da finanziare con megaemissioni di eurobond da parte del sistema bancario europeo. Viviamo un momento di grande trasformazioni in settori chiavi dell’economia: i trasporti, l’energia, la ricerca, l’equilibrio ecologico richiedono enormi investimenti che possono pro-

durre ricadute positive in termini di occupazione, ma anche di profitto. Sono stati gli enormi investimenti ferroviari e nelle infrastrutture come il canale di Suez ad aver provocato il boom economico degli inizi del Novecento. Sono stati gli investimenti nella ricostruzione postbellica ad aver innestato una crescita durata mezzo secolo. È assurdo considerare indebitamento uno operazione per finanziare gli investimenti necessari a liberare l’Europa dalla dipendenza del petrolio, o per il risanamento dell’Ilva di Taranto. Per uscire dalla crisi bisogna avere il coraggio di trasformare il Mezzogiorno in un immenso cantiere per realizzare le trasformazioni necessarie a costruire un futuro per i propri figli, oggi costretti all’ennesimo esodo biblico. Il Mezzogiorno costituisce l’unica opportunità per uscire dalla crisi, perché qui vi sono le condizioni ambientali e personali per effettuare grandi operazioni di investimento. Le manovre della Banca Europea non lasciano alcuna traccia nel Mezzogiorno. Intanto perché nel Mezzogiorno non esiste alcuna Borsa, ma soprattutto nessuna società quotata, per cui le operazioni finanziarie operano un costante drenaggio di liquidità. In secondo luogo non vi sono più banche o istituti finanziari meridionali per cui nessun soggetto meridionale ne può usufruire dei vantaggi connessi alla manovra. Le sole banche aventi la testa nel Mezzogiorno sono le Bcc alle quali è, fortunatamente, inibito qualsiasi gioco di speculazione finanziaria dentro e fuori la borsa. Queste sono le sole realtà bancarie che meritano attenzione e vanno strenuamente difese contro il rischio di sparizione. Un rischio molto concreto, considerato che più di un terzo di quelle operanti in Calabria sono già state commissariate e altre rischiano la stessa fine, con una grave perdita di autonomia e capacità operativa che si ripercuota sull’intero sistema economico della regione.

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Sabato 4 Maggio 2013

Il sogno di un Paese diverso

Inseguendo la rinascita di Giuseppe Aprile

Lo Stato è un valore pubblico, di tutti i cittadini che lo compongono e per esso occorre avere valori etici e capacità di fare per acquisire il diritto di partecipare alla sua gestione politica, nel mentre non solo non servono, ma diventano veleno le capacità di vincere e manovrare sul percorso del camminare verso conquiste di potere di governo, con ogni mezzo da mettere in campo. Lo Stato è un bene supremo e sacrale dove si esprime un livello alto dei valori morali e culturali al fine di partecipare alla sua formazione, alla sua crescita, alla sua gestione. Lo Stato è il livello legale della Nazione. Può anche cadere nelle mani della dittatura e del fascismo per un periodo. Tanti Paesi hanno conosciuto la dittatura, l’involuzione zarista e monarchica, il predominio della mentalità criminale di capi senza scrupoli che hanno sottomesso intere generazioni di popoli. Ma il tutto s’è risolto nel senso che oggi, nel mondo, anche i Paesi meno fortunati vivono nella lotta per il riscatto dalle dittature ed il mondo è ricco di democrazie, di libertà, di forme di Stato che sono moderne, civili, aperte alla volontà delle proprie popolazioni, suscettibile di ulteriori forme si sviluppo. Questo nostro amato paese sicuramente non corre rischi di involuzione totalitaria, comunque. Qui c’è una grave crisi economica, si può anche essere in pochi e soli ad avere ragione, ad avere imboccato la strada giusta e ad avere il coraggio di denunciare i mali e chi li ha creati. Perchè non si possono indicare medicine senza conoscere il male e la propria origine e, in modo del tutto chiaro, dico che c’è da separare il provocatore del male dai medici atti a determinare la guarigione. In una parola dico che la durezza potrà essere della massima portata, ma sapendo che questo paese ha

da fare i conti solo con gente democratica, in linea con la nostra storia, capace di apportare rafforzamento e nuove qualità alla vita nel corpo che è comunque di una grande Nazione. Eventuali eccezioni sempre possibili e da cui guardarsi anche se minime - sono destinate al crollo comunque e le forze popolari hanno sicuramente la forza per difendere la democrazia italiana che è storica e non certamente inventata e soggetta a elementi di fragilità tali che possano soccombere a fattori ad essa estranei. E dico pure che nulla è escluso sulla strada della rinascita italiana. Ogni apporto positivo va accolto. Si tratta, ovviamente, di distinguere la promessa dal fatto, il tentativo di recuperare per imporre nuovamente vecchie logiche che hanno de-

Il rinnovamento va acciuffato, la speranza deve essere la forza innovativa e la vecchia classe dirigente deve farsi da parte

terminato lo sfascio e che oggi potrebbero allungare i tempi appunto della rinascita, ma sul piano della sincerità assoluta, della capacità senza equivoci, ogni apporto va salutato con ferma volontà di acquisirlo perché nei fatti, e davvero, serve una forze generale e collegiale perché il paese superi questa fase di stallo, di rischio di arretramento e di perdita della visione di un futuro che lo lascia ai primi posto nel campo delle forze europee e mondiali. L’Italia deve rinascere. Una nuova politica deve affermarsi. Il rinnovamento va inseguito. La speranza deve costituire la nostra forza innovativa e pregna di attualità e di futuro. La vecchia classe dirigente deve farsi da parte, il nuovo deve affermarsi. Si tratta di imperativi categorici anche se con questo pensiero non si può non riconoscere il valore della esperienza e la capacità della funzione che deve essere sia politica che tecnica. Le polemiche non servono, nessuno può ergersi a giudice degli altri, non serve operare attaccando l’avversario o il diverso per far prevalere le proprie istanze. Tutte le grandi energie culturali e politiche hanno diritto a svolgere una propria parte. È il paese nella sua interezza che deve rinascere, non una sola forza a far valere le proprie ragioni senza, peraltro, averle. Gli stessi governi degli stati, e questo vale per tutti, devono venire ritenuti come storica composizione riferita all’intera Nazione. Il Governo è dello Stato fatto per legge, qualunque essa sia. Ogni paese ha una sua caratteristica, la sua storica potenza culturale, morale, della tradizione. E’ qui che risiedono le risorse per avere fiducia nel proprio futuro. Anche quando si forma un Governo, una maggioranza, un Parlamento, non manca il giudizio; che implica un riferimento alla tradizione, al senso della giustizia che un popolo s’è dato.

Questo nostro Paese è in una lotta grandissima per affermare una fase storica che deve essere di rilancio, di riflessione, di risoluzione della crisi che tutti denunciamo e che nessuno vuole sminuire di portata. Ci si divide, ed è ovvio, sul tema delle medicine che servono per guarire dal male, non certamente che ci possa essere chi non riconosca la malattia e non sia proteso verso la guarigione. E dobbiamo stare attenti alla questione del far coincidere la maggioranza del parlamento e delle dirigenze istituzionali, con la maggioranza del popolo, il complesso generale degli elettori. Se non c’è questa coincidenza sbagliamo a considerare maggioranze a minoranze. E rischiamo di tornare all’indietro, a segnare il passo comunque. Ritardando il percorso per procedere per la trasformazione cui aneliamo. Compie errore, oggi, chi pensa di formare una maggioranza e chiudersi nel segno di una cosa definitiva. A parte anche il fatto che bisogna sperimentare il valore della cura dei mali che si chiamano occupazione, sviluppo, difesa della democrazia e della via pacifica e democratica alla rinascita, giustizia che presenta la massima ragione nel sapere identificare il rapporto con la politica. In una parola semplice, a proposito di questo terminale problema del rapporto politica-giustizia, significa che la giustizia deve servire lo Stato e la democrazia e non può esserci un dominio da esercitare perché qualcuno soccomba. La giustizia deve servire la Nazione e le sue regole non possono contrastare con la strada che il polo s’è dato per andare avanti in un processo evolutivo dove il tempo maturerà ulteriormente il suo stato. Uno Stato è tanto più grande, quanto più sa valorizzare risorse disponibili per la sua crescita e la sua salute. Niente scandalismi, quindi, niente forzature violente, per niente decisamente azioni di grave intolleranza. Occorre agire sapendo che tutti debbono giungere al comune traguardo di civiltà al massimo livello, di affermazione del pluralismo sociale e politico, ala utilizzazione di tutte le energie disponibili, religiose, laiche, libertarie, e di ogni possibile innovazione nel campo del sapere e della scienza.


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Sabato 4 Maggio 2013

Un paese che ha tanto da insegnare

Il miracolo di Cleto

di Francesco Cirillo

Abbiamo parlato di Cleto qualche mese fa, quando si voleva costruire un’orribile quanto inutile strada, che avrebbe sventrato giardini e paesaggio. Poi è avvenuto il miracolo. La Soprintendenza ai Beni ambientali di Cosenza ha fermato il progetto. Speriamo che la questione non si ripresenti e che a Cleto si possa andare con tranquillità godendosi il paesaggio ed il verde che lo circonda e contraddistingue. Ed a Cleto ci si va per questo. Perché Cleto vanta uno dei centri storici più belli e meglio conservati della Calabria ma, alla stesso tempo poco conosciuti. Il centro storico è costituito da una serie di edifici rurali e da alcuni palazzi signorili alla cui sommità si erge un maestoso castello medievale. Cleto negli ultimi anni è saltato agli onori della cronaca per il lavoro, la passione e l’impegno di un gruppo di ragazzi che ha costituito un associazione culturale con l’intento di valorizzare attraverso l’arte e la cultura il posto dove hanno scelto di vivere. Dove un tempo artigiani e piccole botteghe occupavano ogni via del borgo animando la vita del paese e che oggi sono totalmente prive di qualsiasi attività, domenica 14 aprile è stata inaugurata la sede dell’associazione “La piazza laboratorio socio-culturale”. «La nostra associazione - dichiara il presidente Gianluca Provenzano - è nata con l’intento di favorire la crescita socio-culturale del nostro piccolo paese, tramite attività quali: la promozione del nostro centro storico, l’organizzazione di momenti di incontro e di educazione e la sensibilizzazione su tematiche importanti quali la legalità, la difesa dei beni comuni.

Volevano sventrare paesaggi di uno dei centri storici più belli della Calabria con una strada inutile. Poi la Soprintendenza ai Beni ambientali di Cosenza per fortuna ha fermato tutto

po), pur senza percepire alcun finanziamento di natura pubblica ma sostenuto esclusivamente da sponsorizzazioni private, è riuscita ad attirare migliaia di visitatori nelle tre serate del festival. “Dopo molti sacrifici”, continua Provenzano, «siamo riusciti a creare uno spazio , una sede nella quale avviare una piccola “Banca del tempo” dove ognuno mette a disposizione qualche ora del proprio tempo per fare acquisire a coloro che partecipano alle attività della sede nuove competenze. Potendo usufruire della disponibilità di un gruppo di insegnanti in pensione, è nostra intenzione avviare un doposcuola popolare rivolta alla crescente presenza di bambini Rumeni. Inoltre, non mancheranno cineforum ed attività ricreative di vario genere e dopo molti anni il servizio di Biblioteca».

Ruderi a Cleto Sopra, la sede dell’associazione

La Piazza, associazione che da anni promuove il territorio con vari progetti ed iniziative, prima su tutti l’evento estivo “Cleto festival”, nonostante le enormi difficoltà economiche (presenti da sempre nella fase organizzativa dell’evento purtrop-

Intitolata a Peppino Impastato giovane attivista ucciso a Cinisi dalla mafia il 9 maggio 1978 la biblioteca è in continua crescita grazie alla donazione di libri da parte del comune e da un gruppo nutrito di privati e dalle case editrici della provincia di Cosenza tra le quali la Pellegrini Editore, Coessenza, Edizioni Erranti, la cooperativa Le Serre, che hanno da subito voluto sostenere la nostra iniziativa con ingenti donazioni di testi di ogni genere. La piazza da sempre fonda il suo impegno nella diffusione della cultura della legalità e del rispetto dell’ambiente infatti vanta una fattiva collaborazione con l’associazione “Libera” e con Emergency, nonché con il “Comitato civico Natale De Grazia” di Amantea, nato per la recente battaglia sulle navi dei veleni. Un’altra Calabria è possibile, sicuramente lo si può affermare se parliamo di Cleto.

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Sabato 4 Maggio 2013

Alla Calabria rimane solo il profumo Consentire che l’affettatura dei nostri salumi Dop possa essere affidata ad aziende residenti fuori dalla nostra regione, è il colmo

to che un settentrionale abbia rinunciato ad un business suo proprio per dividerlo con altri. Una cosa è certa: se le cose stanno ancora così nel terzo millennio, sarà difficile se non addirittura impossibile che per la Calabria possa mai arrivare il momento della riscossa. Queste le riflessioni da impatto al problema! Ma il paradosso più importante si presenta approfondendo l’argomento! Per una serie di vicissitudini e responsabilità attribuibili al Ministero competente, attualmente le quattro Dop dei salumi di Calabria vengono prodotte in deroga ad un Disciplinare di produzione che non risulta essere quello approvato nel 1998 dalla Comunità europea. Infatti dal 1998 al 2013, sono stati presentati al Ministero altri due disciplinari che modificavano la prima versione. La versione del 2001, per sviste del Ministero stesso, non fu mai presentata alla Comunità europea ed è proprio in deroga a questa versione che si producono gli attuali Dop (paradosso nel paradosso!).

La crisi politico-economica che stiamo vivendo ha messo in ginocchio migliaia di aziende, soprattutto quelle aziende che per dimensioni, per difficoltà nell’accesso al credito, per la riduzione vertiginosa dei consumi e dunque delle produzioni, non hanno potuto effettuare investimenti ed orientarsi all’internazionalizzazione. In questo clima che è ad alta tensione, anche per quelle aziende che continuano a registrare una crescita dei propri volumi, non ci si limita solo a resistere, ma si continua a creare, a promuovere, ad innovare affinchè si possa essere competitivi in un mercato che oramai, volente o nolente, è globalizzato e che non fa sconti a quelle aziende che non reggono la competizione con il mondo. Creare, innovare, promuovere e non solo. Rapportarsi con le aziende che vivono fuori dal nostro Paese, significa essere dotati di certificazioni internazionali, significa essere quotati in packaging innovativi che richiedono l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, significa accogliere in azienda professionalità di supporto (tecnologi alimentari, chimici, biologi, interpreti), significa ricerca di nuovi prodotti, significa fregiare la propria azienda di quelle peculiarità che contribuiscono a valorizzarla (ci riferiamo alla responsabilità sociale, alla green economy, alla sostenibilità e quant’altro) e da ultimo significa guardarsi le spalle da tutto quello che non può mettersi in preventivo e che può pioverti addosso: l’imprevisto e l’imprevedibile.

Oggi, che l’ennesima stesura dei Disciplinari è finalmente al vaglio a Bruxelles (che dopo 10 anni di sonno, oggi reclama celerità?), è intervenuta una normativa che consente il confezionamento dei prodotti in questione fuori dal territorio regionale. Pare che non si possa far nulla se non ricorrere ad un legale che chiami in causa il Ministero delle Politiche agricole e forestali per l’inefficienza di allora e, per ciò che concerne le norme che regolano le produzioni Dop di salumi calabresi, cercare di dare valore legale a quelle regole che, seppure non scritte su alcun Disciplinare ufficiale, si sono ormai consolidate nel corso del decennio trascorso.

Non sappiamo tenerci neanche un salame L’imprevedibile è proprio quello che è capitato agli imprenditori calabresi dei salumi! Non sono trascorsi troppi anni da quando è stato implementato il circuito delle Dop dei salumi calabresi: un risultato mediocre per gli esiti generati dal sistema! Si è discusso a lungo prima di arrivare a questo “traguardo”. Da una parte c’erano coloro che sostenevano la necessità di non chiudersi nelle quattro Dop, in quanto gli allevatori locali non sarebbero stati in grado di soddisfare le esigenze dei produttori e perché non esistevano, come non esistono ancora, quelle strutture intermedie (mattatoi, sezionamenti, eccetera) che avrebbero potuto generare le economie di scala necessarie perché questi salumi potessero uscire sul mercato ad un prezzo competitivo; meglio sarebbe stato avviare due Dop e due Igp che avrebbero comunque tutelato queste caratteristiche produzioni regionali utilizzando (per le Igp)carni comunitarie. Dall’altro c’erano i sostenitori dello “indietro non si torna”, che la ebbero vinta sui primi e generarono l’attuale sistema monco che, in quanto tale, non ha dato luogo al business che ci si aspettava.

Si è arrivati dopo qualche anno alla costituzione del Consorzio di tutela. Tutelare vuol dire proteggere la tipicità: individuate le caratteristiche di un prodotto e delimitato l’ambito territoriale entro il quale deve essere realizzato, vuol dire proteggere la tipicità da contraffazioni che possono avvenire nell’ambito specificato e, a maggior ragione, fuori da quell’ambito: il nostro Consorzio che spesso si è soffermato su particolari attinenti la legatura, la clippatura, le dimensioni stabilite da disciplinare, oggi diventa elastico su un aspetto, legale oltre che strategico. Consentire che l’affettatura dei nostri salumi Dop possa essere affidata ad aziende dedicate, ma residenti fuori dal nostro territorio. Siamo veramente poveri! Ma poveri di cuore, di orgoglio, di amor proprio, oltre che poco imprenditori! Forse gli altri Consorzi dislocati su tutto il territorio nazionale ci consentono di affettare i propri prodotti in Calabria? È vero, siamo italiani prima ancora che meridionali, ma non ho mai senti-

E mentre nella nostra regione discutiamo intorno all’argomento tra chi ritiene di seguire le indicazioni del Mipaf e chi ritiene di irrigidirsi dinanzi all’eventualità di consentire l’affettatura fuori dalla Calabria, le regioni del Nord hanno ottenuto di esportare negli Usa anche i salumi a breve stagionatura. Ciò consentirà loro di accrescere il loro business. Tutto questo a noi attualmente è negato perché sul nostro territorio ed in quello poche altre regioni del Sud, insistono i focolai di alcune malattie dei suini (vescicolare, peste suina, ecc; leggi notizia al’interno di Voce ai giovani ndr). Anche su questo argomento si dovrebbe aprire un tavolo di discussione con gli organi veterinari della regione al fine di trovare una soluzione al problema (che stranamente è inesistente al Nord Italia!). Intanto i nostri Dop (salumi a breve stagionatura) continuano ad avere un raggio commerciale limitato e, non contenti di ciò, stiamo oltretutto valutando di ulteriormente limitarci allargando a tutto il territorio nazionale la fase dell’affettatura e del porzionamento. Non si può certo dire che non siamo in grado di gestire i nostri interessi! Possibile che per ironia della sorte il Sud debba essere sempre condannato alla mediocrità? Chi fa l’imprenditore in Calabria con serietà, e tanti ce ne sono, non sopporta più le penalizzazioni che gli derivano da politici inadeguati, da presidenti “di questo e di quello” che non hanno le competenze per i ruoli rivestiti, di far finta che tutto ciò che accade sia normale! Questi sono elementi che fanno parte di quel sistema allo sfascio che è sotto gli occhi di tutti e di cui tutti devono tener conto, soprattutto dalle nostre parti, per poter sfruttare questo angoscioso momento, come l’opportunità di una nuova partenza, questa volta dallo stesso punto dei nostri “fratelli” del Nord. Mario Caligiuri assessore alle Attività economiche e produttive


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Sabato 4 Maggio 2013

Sull’altare del progresso urbano

Quanto spreco di suolo agricolo a cura della redazione di Mezzoeuro

Dottor Giovanni Perri, quale è la funzione degli orti urbani nelle aree agricole ubicate in prossimità dei contesti abitativi e nelle aree periurbane? Gli orti urbani sono solitamente aree ubicate in prossimità di strutture produttive o abitative che tendono a diventare sempre più urbane, utilizzate per la coltivazione di ortaggi per esigenze familiari e/o di vendita diretta per il mercato locale. Sono spazi indistinti e mescolati in una realtà che funge da ricucitura fra la periferia della città e la campagna. Solitamente si tratta di piccoli appezzamenti, con ordinamenti produttivi basati su diverse colture attuate nel corso delle quattro stagioni, alla cui conduzione è direttamente interessato il capo famiglia con l’ausilio spesso dei propri familiari. Svolgono sempre e comunque un’importante funzione sociale strettamente connessa ad incrementare il magro reddito della famiglia diretto-coltivatrice. Quali sono le aree dove sono maggiormente concentrati gli orti urbani? In Calabria ed in provincia di Cosenza le aree destinate a coltivazione ad “orti urbani” sono generalmente ubicate in prossimità del reticolo stradale, sovente nei greti e nelle golene dei principali corsi d’acqua. In linea del tutto generale, qual è la funzione degli orti urbani? La funzione degli orti urbani non è solo legata alla produzione degli ortaggi di stagione, genuini perché non contengono l’impiego di sostanze chimiche ed antiparassitarie, ma anche quella legata allo svago ed al godimento del tempo libero da trascorre all’aperto ed alla possibilità di intrecciare amicizia con i vicini. Tutto ciò ovviamente nell’ottica di esaltazione del ruolo della campagna e della creazione di sinergie fra cultura urbana e rurale. Quali sono le esigenze abitative dei proprietari o dei titolari degli orti urbani? Le esigenze abitative di espansione urbana hanno sempre di più allontanato le campagne che si sono trasformate in nuove periferie e spazi incolti ed innescato sottrazione di terreno per trasferimenti irreversibili ad uso extragricolo. Tutto ciò è avvenuto sacrificando spesso i fabbisogni di risorse naturali come le aree protette, le oasi naturali, i parchi ed i giardini, che il settore agro-forestale e la collettività hanno dovuto pagare sull’altare del progresso economico, ma sicuramente non sociale. Presidente Giovanni Perri, quanto Lei ha affermato vuole dire esattamente che c’è stato uno spreco di suolo agricolo che si è consumato sull’altare del cosiddetto progresso urbano? In parte, e non sempre e dappertutto, si è purtroppo verificato quanto sopra appena evidenziato. Infatti accanto allo spreco di territorio agricolo, ai fenomeni di degrado e di abbandono delle aree ubicate in prossimità delle cinture periurbane, si è assistito ad un caotico e disordinato eccesso di urbanizzazione, favorito probabilmente dai ridotti

Intervista all'esperto agronomo Giovanni Perri sulle problematiche urbanistiche che presentano le aree agricole e le funzioni sociali degli orti urbani costi infrastrutturali meno elevati, cosicché si è notevolmente indebolito il potenziale produttivo ed ambientale del settore agro-forestale, delle aree protette e dei parchi. Quale contributo,invece, poteva dare la politica urbanistica per uno sviluppo armonico ed equilibrato del territorio edificato, edificabile e dello sviluppo delle aree rurali prossime alle cinture urbane? La cultura urbanistica è stata, almeno nel passato, orientata e finalizzata al soddisfacimento delle esigenze delle aree edificate, che quando si è interessata dello sviluppo delle aree rurali, almeno per il passato, vi ha trasferito le stesse logiche

e procedure, consumando i terreni agricoli migliori e pianeggianti, alterando così in modo permanente ed irreversibile gli assetti produttivi e gestionali costituiti nei secoli di duro ed intenso lavoro. Dottor Perri, Lei che insieme ad altri esponenti del mondo professionale ed istituzionale calabrese, ha fatto parte della Commissione urbanistica regionale per l’elaborazione delle “linee guida” della LR n. 19/02, ci può dire in estrema sintesi cosa si può ancora fare per tutelare e salvaguardare le aree agricole e forestali della Calabria? Il territorio agro-forestale, a causa dell’eccessiva attività antropica, è diventato sempre più urbano, le città sempre più periferie, con una realtà agricola in forte declino, con spazi confusi ed uso dei suoli in un certo confusi e mescolati, come se si trattasse di realtà territoriali dominati dall’incertezza utilizzativa tanto alla città quanto alla campagna. In questo contesto gli orti urbani hanno tutte le caratteristiche per essere in grado di potere avviare a soluzione non già idee progettuali di contrappostone e di contrasto fra città e campagna, bensì svolgere un ruolo positivo per esaltare e ricucire i valori della campagna urbana, il paesaggio e l’ecologia fra territorio e società. O.P.

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Sabato 4 Maggio 2013

Mezzoeuro

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)

PROSSIMAAPERTURA Maggio 2013

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Sabato 4 Maggio 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)

Economia Il momento è cruciale Nell’attuale, convulsa fase politica e istituzionale del nostro Paese, in un clima reso ancora più teso dai recenti fatti di cronaca, il momento dell’audizione sul Def, il Documento di Economia e Finanza, nelle commissioni speciali di Camera e Senato, ha rappresentato indubbiamente un appuntamento di cruciale importanza per quel che riguarda l’analisi della situazione italiana e, di conseguenza, la valutazione delle misure da mettere in atto per riuscire nel difficile compito di far ripartire l’economia e il lavoro. Nel corso dell’audizione, l’intervento del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, assume indubbiamente un significato notevole: egli si è soffermato in particolare sul risultato degli enormi sacrifici richiesti ai cittadini e su ciò che adesso bisogna fare per dare un seguito concreto a quanto già realizzato. In particolare, Grilli, pur premettendo che i problemi di finanza pubblica sono profondi e che il percorso che dovrebbe condurre oltre il buio della recessione è decisamente stretto e si basa sulla presunzione di sacrificio del nostro Paese, ha comunque evidenziato come il risanamento del bilancio sia una realtà concreta e che, di conseguenza, l’Italia appare come un Paese più solido e dunque più credibile a livello internazionale.

Nell’attuale fase politica convulsa il momento dell’audizione sul Def nelle commissioni speciali di Camera e Senato è un appuntamento importantissimo «Il risanamento dei conti pubblici è un risultato di enorme importanza - dice Denis Nesci, presidente nazionale del patronato Epas- anche se ancora non si può dire che tale difficilissimo processo sia stato completato; ma la cosa di cui bisogna tener conto è che tale obiettivo, seppur fondamentale, da solo non è sufficiente a garantire all’Italia un presente e un futuro di serenità e benessere. Occorre continuare lungo la strada del risanamento, spostando però l’attenzione dalla ri-

chiesta di sacrifici ai cittadini ad altre misure, come la lotta agli sprechi e all’evasione, puntando però con decisione -aggiunge il Presidente Epasa investimenti e incentivi al consumo». Con la formazione del nuovo Governo iniziano a delinearsi quegli obiettivi di interesse pubblico su cui ovviamente è concentrata l’attenzione generale. Come era facile prevedere, la parola d’ordine individuata dal nuovo Esecutivo è “lavoro”, concetto che, a detta di tutti, rappresenta l’unica, decisiva chiave di volta per poter realmente dare il via ad una nuova fase della nostra storia e far sì che, finalmente, i numerosi sacrifici richiesti ai cittadini possano trovare un riscontro concreto. «Come diciamo da diverso tempo - è il commento di Denis Nesci - le misure restrittive devono essere necessariamente accompagnate da proposte coraggiose e capaci di incentivare lavoro e consumi, elementi fondamentali per poter davvero dare il via alla ripresa economica. Speriamo che i buoni propositi del nuovo Governo possano realizzarsi concretamente -conclude il Presidente Nazionale del Patronato Epas- in modo da dare nuove speranze e nuova fiducia agli italiani».

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