Mezzoeuro

Page 1

euro 1,00

Mezzoeuro

0,50 + 0,50 Voce ai giovani

numero 14 - Anno 12 Sabato 6 Aprile 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce ResponsabilitĂ in memoria ai giovani delle vittime di mafia www. mezzoeuro.it

Il summit dell'Ubi, la Bce del Mezzogiorno

www. mezzoeuro.it


2

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro

Il legno storto

L’Italia che viene dal Web Scosse sismiche per la politica Non possiamo far finta di niente: quei numerosi eletti in Parlamento del M5S, le cose che dicono e disdicono, i continui interventi sul Blog del Capo Massimo che smentisce e ammonisce,danno un nuovo scenario in cui è palpabile l’inizio di un anomalo ciclo politico. Se per un momento la finiamo di ripetere come un mantra tutte le solite litanie sulle sciagure italiane, sulle orrende condizioni in cui vive un Paese, sul vicolo cieco in cui si è messa la politica in Italia, sulle macerie di valori che ci circondano, e volgiamo lo sguardo a quel sottosuolo di borbottii e querimonie Mezzoeuro che affiorano nei “commenti”, su blog, twitter, facebook di Grillo Fondato da Franco Martelli riguardo a tutti i vari lati della crisi politica, ai giudizi su partiti Ediratio editore e personaggi della nomenclatura, ci rendiamo meglio conto che Direttore responsabile Domenico Martelli da tenere sotto una attenta osservazione vi sono proprio queste Registrazione modi sui generis di partecipazione alle grandi questioni della vita Tribunale di Cosenza n°639 pubblica di una Italia che si va staccando, o si è già staccata del 30/09/1999 in una crepa che si va allargando, da quei primi piani sui quali Redazione e amministrazione partiti e politici vanno stancamente e ritualmente giocando la loro via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza parte. In questo mondo nascosto, frequentato da migliaia Responsabile settore economia di persone in un insonne uso di Internet, nel quale oramai si viene Oreste Parise disarticolando un discorso frammentato fatto di reazioni emotive, Progetto e realizzazione grafica di umori irragionevoli, pensieri fumosi, di una esasperata voglia Maurizio Noto di ognuno di dire la sua, è interessante potere entrare: sono molti telefono 0984.408063 fax 0984.408063 gli studiosi che tengono accesi i riflettori sulle metamorfosi e-mail: ediratio@tiscali.it della politica che vi si manifestano, una anonima mutazione, Stampa determinata da soggetti (forse frustrati) con una identità sfuggenti Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) i quali sentono di muoversi in una scena pubblica. Comincia Diffusione ad esservi una vera letteratura su questi sottosuoli del digitale dove Media Service di Francesco Arcidiaco una politica on line istituisce nuove regole, attua forme telefono 0965.644464 fax 0965.630176 di intervento diverse, fa cadere tutte le coordinate sulle quali si è Internet relations N2B Rende mossa finora e si muove ancora la politica ufficiale, quella che Iscritto a: si recita, si parla, si scrive: alla superficie, nei ruoli che i 5 Stelle, Unione Stampa Periodica Italiana filiazioni e proiezioni del Web sono venuti ad assumere, viene portato il risultato di quella trama che viene imbastita dai follower dietro la spinta del Capo che sorveglia ed istruisce impedendo “commenti” deviazionisti n. 12427

di Franco Crispini

Se si riuscisse a stare per ore sul blog di Grillo nella selva degli spezzoni di argomentazioni buttate giù senza controlli critici, si potrebbe, sebbene con molta difficoltà, tastare il polso di una opinione in movimento che scuote le viscere del nostro Paese e sale all’esterno mettendo in scacco il fare della politica adagiato su forme tradizionali ma ora anche incapace di darsi una smossa. Sembra quasi a momenti che il Paese del Web con il suo movimento delle 5Stelle uscito vincente da un voto elettorale voglia farsi beffa di una Italia in mano a partiti ed uomini politici che recitano la loro parte quasi senza aver cambiato una virgola nei loro spartiti: trionfa ancora il “faremo” sull’ “abbiamo fatto”, le enunciazioni tengono il posto degli scarni ed essenziali consuntivi. Alla “credibilità” ritenuta perduta in tutti gli attori della politica italiana, da destra e da sinistra, gli esponenti della “rivoluzione” del Web, Grillo e Casaleggio in testa, ideologi della svolta radicale, contrappongono una loro affidabilità che è quella dei non compromessi con nessun regime mai. Dei puri che possono permettersi di irridere a tutte le cariche istituzionali, possono astenersi da ogni complicità con le operazioni cui ricorre la politica per conservare se stessa nelle sue forme decrepite. Vale la pena tenere d’occhio questa Italia che prepara, o approva, quasi nascostamente, lontano da chi non sa o non vuole navigare sulla rete, tutte le idee strillate da Grillo,aggiungendovi mozziconi di altri rabbiosi rifiuti, creando così il terreno di un imprevedibile ceto politico pronto a venire fuori ad occupare i posti elettivi con l’esperienza fatta nelle interlocuzioni ininterrotte sulla rete. Oramai, nel mentre leggiamo ed ascoltiamo tutto ciò che ci trasmettono, chi bene e chi meno bene, i vari organi della comunicazione, il vasto repertorio delle azioni della politica, nel mentre continuiamo, da un esito elettorale ad un altro, da un gioco complicato per trovare vie di uscite alla crisi della nostra vita civile sociale economica, ad un altro in cui vi è la ripetizione dell’identico, nel mentre siamo in presenza di queste drammaturgie,cui tuttavia rivolgiamo il maggiore interesse, non vanno trascurate quelle scosse sismiche prodotte da un Paese che vive nel Web come in una sua casa appartata ma che sprigiona l’onda tumultuosa di strati sociali che vogliono venire alla luce e non trovano i pertugi per poterlo fare. Il peso che bisogna dare a questo Paese catapultato dal Web sui palcoscenici istituzionali con impegnative funzioni amministrative, legislative e politiche cui viene risposto con una leggerezza vicina alla inconsapevolezza, diventa ogni giorno maggiore: l’avere una rappresentanza politica pari ad un secondo Partito nazionale, vuol dire che l’Italia che proviene dal Web, di cui non ci si era accorti moltissimo, ha fatto davvero tanti passi in avanti. È questo il fenomeno da capire bene e non più quello, pur tuttavia ancora insistente, di una politica devastata da interpreti che ne hanno svilito il senso e la funzione sociale.


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

In attesa del peggio

Una strana sensazione A tutti i livelli dello scenario politico si stanno delineando le condizioni perché accada qualcosa di traumatico Ci sono due Pd al momento con uno, il nuovo, che sta partorendo dentro la pancia dell’altro che a sua volta però non era neanche mai nato per davvero. Come se prima di fare un figlio si pensasse già al figlio del figlio, come se prima di sposarsi si lavorasse già alla divorzio. È intimamente innaturale ma questo sta accadendo nel Pd dei giorni nostri. Qualcuno dice che si finirà per mettere divisi dalla lavagna i comunisti o di estrazione tale da una parte e i democristiani dall’altra. Che cioè non ci siamo inventati poi nulla alla fine in questi venti anni perché è ancora quella la sintassi indelebile della politica italiana. Comunisti e democristiani. Può darsi, oggi ci può stare tutto ma ci può stare anche che se nasce un pd dentro il Pd si possa poi trasformare in cancro e in pochi riflettono sul fatto che quando nasce un tumore muore anch’esso quando si consuma l’organismo. Può darsi anche questo, perché no. Altra ipotesi, non meno verosimile ancorché non semplice, che il “nuovo” pd diventa più grosso del vecchio, più

appetibile o magari al contrario si rivela una bolla, un niente e il “vecchio” si riprende tutto con gli interessi. Può darsi, può darsi tutto di questi tempi. Certo è che la “guerra” è iniziata per davvero, non aspetta più. Renzi ha anticipato l’opa, ha fatto i suoi conti. Ha subdorato qualcosa ed è partito all’attacco. Tornare indietro è impossibile, nessuno ha mezzi e progetti per ricucire. A tutte le quote e a tutti i livelli, anche nelle periferie estreme dell’impero, è intifada dichiarata ormai e a po-

co o a nulla serve parlare di congressi. Fa quasi tenerezza sentirne parlare. Il partito si separa da se stesso senza avere mai avuto una vera identità e c’è ancora chi si diverte a disegnare le regole (di plastica) per il futuro. Il guaio è che però questo partito, quello che non c’è mai stato e che per giunta ora si spacca, è quello sul quale inevitabilmente si deve poggiare una speranza di equilibrio. Non proprio di governo magari, ma di tregua. È questo il dramma e da qui si capisce perché si rimane al palo. Costantemente al palo. Con meno pretese di partito, che è sempre stato portatile per definizione, Berlusconi sta dall’altra parte del fiume. Non può che aspettare ma non sa ancora chi. Con due bracciate potrebbe arrivare Renzi, facile facile. A magari proprio Bersani all’ultimo minuto, come ipotizza il Corriere in barba ai proclami di lotta contro il Cavaliere. Ma nel frattempo non se ne esce, non se esce. Lo sa bene Napolitano quello che sta accadendo per davvero e prima di lui Draghi. I due si sono sentiti nel corso di una drammatica telefonata che poco ha avuto di politico. Voleva dimettersi il Capo dello Stato. Gli è stato letteralmente impedito perché è a rischio l’Europa intera. Ora qualcuno uno straccio di governo dovrà farlo prima che lo facciano direttamente tedeschi e americani. È un film già visto, negli anni Settanta e Ottanta andava di moda. Il caos, le grandi divisioni insormontabili e poi la inevitabile tregua. Per il bene del Paese. È successo sempre così, andrà probabilmente così anche stavolta. Uno non ce la fa a nuotare fino all’altra parte del fiume, non ha il partito dietro e forse non c’è più neanche il partito nel senso che ce ne sono due (Bersani). All’altro del suo di partito non gliene può fregare di meno (Berlusconi) ma ha qualche voto in ,meno e qualche guaio personale in più per ricevere il timone del comando. Napolitano più dei saggi (inutili) non può né sa che fare. Non resa che una strada. Una notizia forte lanciata dalle agenzie. Un programma interrotto, una partita sospesa. Una notizia forte, forte assai. Una notizia “bomba”. E scatta la pace armata. E scatta il governo. Un film già visto.

3


4

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Batman di casa nostra

Campanella non ci può credere Il gratta e vinci, la tazzina da caffè, la lap dance potenzialmente sono in grado di battere la nutella della Lombardia e il caviale di Fiorito dalla ciociaria, detto er batman. Nella gara della merda dei nostri giorni non sarebbe del resto una notizia scoprire che i “nostri” del consiglio regionale sono riusciti a vincere anche questa di sfida in un quadro di decadenza da fine impero che vede nei detersivi, nelle cartelle dell’agenzia delle entrate, nei viaggi a Montepulciano e nelle cene luculliane rimborsare dal consiglio solo il dipinto d’ensemble di una depressione etica ormai fuori controllo oltreché fuori norma. Eppure qualcosa non torna a leggere tra le righe di un’inchiesta che nasce dalle periferie di un consiglio provinciale (quello reggino), cresce e si nutre inseguendo un consigliere poi arrestato per altre faccende ancora (Rappoccio) e poi esplode prima mediaticamente e poi di fatto nell’attacco finale al Palazzo. Col gratta e vinci e la lap dance. Ma qualcosa non torna perché sarebbe irrituale e forse addirittura controproducente se ci si continuasse collettivamente a cibare del fumo senza provare ad azzannare l’arrosto. Perché c’è l’uno e l’altro in quest’inchiesta da fine impero e c’è pure, a saperla guardare, una gran fretta di “vetrina” del pool inquirente e del procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza che non vede l’ora che arrivi il nuovo procuratore capo di Reggio con l’inchiesta dell’anno, la sua, sulla scrivania d’ordinanza. Ci sta anche questo nel fascicolo da fine impero. Il fumo e l’arrosto dicevamo non prima però d’aver dato una resettata alle mezze o intere falsità. Secondo gli inquirenti sono del tutto falsi i nomi degli indagati che il quotidiano nazionale l’Unità ha fatto circolare nei giorni scorsi. Non sarebbero loro gli indagati “veri”, quelli che a partire da lunedì della settimana entrante riceveranno un avviso di garanzia contestualmente ad un invito a comparire, preludio formale di un interrogatorio vero e proprio. Al più tardi martedì e l’arcano dei nomi sarà definitivamente sciolto così come lo sarà anche quello dello scacchiere da comporre con cura nella sua equazione. Anche qui, secondo gli investigatori in prima linea quelli cioè che hanno effettivamente in mano le indagini, la bilancia degli otto indagati del centrodestra e due del centrosinistra rischia di essere un po’ troppo cattiva per la maggioranza che si regge in aula. Nei prossimi giorni è probabile che si aggiusti un pochino il tiro, magari sette a tre se non del tutto sei a quattro perché ci sarebbe qualcuno tra gli indagati che sta nella via di mezzo, nella terra di nessuno e quindi difficilmente inquadrabile in un recinto di appartenenza. Non cambia molto nel quadro decadente d’insieme ma questa è. Altro dato da non sottovalutare riguarda la “qualità” formale degli indagati. Ci sono, è vero, più o meno tutti i direttori amministrativi o i tesorieri dei gruppi coinvolti ma è probabilmente infondata la tesi che vuole che siano tutti capigruppo o ex capigruppo gli indagati. Gli inqui-

Il folklore tira verso i gratta e vinci (ma sarà così?), la lap dance (ma sarà così?), i detersivi. Ma dietro l'inchiesta da fine impero della procura di Reggio sui rimborsi avvilenti o del tutto assenti dei gruppi in consiglio regionale si può nascondere di tutto Anche una messa in "vetrina" degli inquirenti in attesa dell'arrivo del nuovo procuratore capo Falsi i nomi fatti dall'Unità circa gli indagati e non del tutto vera l'equazione 8 del centrodestra e 2 del centrosinistra. Probabile il coinvolgimento anche di chi sta "in mezzo" in aula, nella terra di nessuno Tra lunedì e martedì gli avvisi di garanzia e gli inviti a comparire per tutti

Ottavio Sferlazza Sopra, la Finanza arriva a Palazzo Campanella


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Batman di casa nostra

renti non lo possono confermare ma pare che ci siano anche singoli consiglieri tra i coinvolti, quindi specifici reati ben individuati e non solo avvisi di garanzia ai capigruppo in qualità di responsabili formali. Ed è proprio penetrando in profondità in questa insenatura che è possibile apprezzare quanto passa dal fumo all’arrosto. Peculato e concorso in peculato (per capigruppo o per singoli consiglieri e quindi per singoli reati e cioè utilizzo fondi per usi non conformi alla legge sui rimborsi) sono, probabilmente, il fumo. La truffa, che gli inquirenti confermano di aver individuato anche con nettezza in alcuni casi, sono l’arrosto. Il gratta e vinci (che però qualcuno ipotizza possa trattarsi in verità dei grattini dei parcheggi per le auto) e la lap

dance (che sempre lo stesso qualcuno giura possa trattarsi di una ricevuta di taxi di quelle moderne, con la pubblicità sul retro del ballo sexy) sono il fumo. 500 o 600mila euro che letteralmente sono spariti nel nulla sono l’arrosto. E che arrosto, introvabile nel suo genere tanto nella Lombardia della nutella quanto nel Lazio di Fiorito detto er batman. Più di mezzo milione di euro che semplicemente non c’è più. È svanito. Non è rimborsato con scontrini magari di prostitute o partite di poker. Non è rimborsato con niente perché non è, non c’è. Questa è la truffa ed è questo il capitolo dell’inchiesta più delicato e ghiotto che stanno seguendo gli inquirenti. Nessuno riesce a fornire spiegazioni plausibili circa la destinazione di quei fondi. Si naviga nel campo della contabilità scritta sulla sabbia e in alcuni casi non scritta affatto. Un furto, più o meno collettivo anche se chi indaga non si accontenta né potrebbe farlo del mucchio selvaggio da incriminare. Si cerca, si spulcia e probabilmente gli interrogatori che arriveranno contestualmente alla consegna degli avvisi di garanzia qualcosa di più potrebbero fornire ai magistrati. Per il momento, ma si tratta di

poche ore di attesa, solo libera fantasia fin qui sui nomi e poca sensibilità nel distinguere il fumo dall’arrosto. Chi punta al grosso e non si accontenta solo del massacro etico vuole azzannare la carne. Chi si ferma al rumore trova gran ristoro nel gratta e vinci (che potrebbe essere un grattino per parcheggi) o nella lap dance (che potrebbe essere la ricevuta di un taxi). Nel testo della legge regionale del marzo del 2002, quella che regolamenta le spese interne del consiglio ammesse a retribuzione, chi ci capisce qualcosa è un mago. Ne abbiamo riportato gran parte in pagina e una cosa emerge in tutta la sua evidenza. Il campo normativo è magmatico, complesso. Una cena a lume di candela può essere meno “politica” di un convegno al ristorante con 60 persone finito in tarantella. Sarà difficile uscirne in questo pantano e passata la sacrosanta masturbazione sul ludico, sul fumo e sulla merda, è sull’arrosto che finirà per concentrarsi l’attenzione. O almeno così dovrebbe essere. Domenico Martelli

5



Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Pazza (ma non troppo) idea

Scopelliti ci sa fare con i media nel senso che li conosce bene e di quelli locali sa scegliere tempi e modi per non passare inosservato. Nel giorno più difficile dentro la settimana del fango del consiglio regionale individua nell’ora giusta del venerdì la conferenza stampa. L’obiettivo è finire centrale nelle agenzie, ovviamente metabolizzato sui quotidiani e soprattutto in tempo per far aprire il tg Rai delle 14. Missione compiuta almeno da questo punto di vista. Il messaggio è passato senza ombra di dubbio. Che è netto, ambivalente, per l’occasione multiuso e persino congelabile a futura memoria.

ta nazionale. Scopelliti, prima del rompete le righe, deve cioè sapere che ne sarà se ne sarà del Pdl. Chi sarà il candidato a premier, contro chi e, soprattutto, quando si andrà a votare. In assenza di queste risposte, tanto per cominciare, ha chiarito la sua posizione che non è esattamente quella di uno che preferisce aspettare lo sviluppo degli eventi con le mani in mano.

E se il banco lo faccio salatre saltare io? Intanto, dice Scopelliti anche se leggerete la quasi totalità della “poesia” della conferenza stampa senza esegesi di prosa, non tutto è melma. Che poi vuol dire non tutti i consiglieri meritano il fango che poi vuol dire piano con le analisi prima di conoscere nomi e reati ma che vuol dire soprattutto, questa la parte politica più interessante, un conto è il consiglio regionale e il suo funzionamento altro è la giunta. Un conto sono le eventuali perversioni dei consiglieri altro è l’attività amministrativa di governo. Altro capitolo della conferenza stampa di Scopelliti, l’operato della magistratura. Lo dice chiaramente il governatore, c’è stata una fuga pilotata di notizie per chissà quali ragioni e tutto questo è avvenuto in combutta con una strategia mediatica che ha fatto da cornice (altro punto ancora). Obiettivo finale, secondo il retro pensiero del presidente, gettare fango indistinto sul Palazzo senza provare a distinguere tra consiglieri né tra reati né, ma questo è più che altro un timore a futura memoria, tra consiglio e giunta regionale. Se qualcuno ha sbagliato ci deve mettere la faccia e pagherà, dice Scopelliti e non parla evidentemente da magistrato (che non può essere) ma da presidente. Tradotto vuol dire che se non ci penseranno gli inquirenti a levare dai piedi chi, eventualmente, ha grattato grattini o è andato a ballare di notte con i soldi del consiglio (anche questo è da verificare) ci penserò io. Ci penserò politicamente io. Ed è questa la tentazione forte che sta montando nelle ultime ore nella testa di Scopelliti. Far saltare lui il banco prima che lo facciano altri e altre forze. Con lui dentro ovviamente. Tradotto strategicamente vuol dire azzannare politicamente chi ha sbagliato, chiedere il conto a gruppi e partiti colpevoli di aver poco vigilato e, in buona sostanza, mandare gambe all’aria la legislatura. Scopelliti in sostanza potrebbe aver realizzato che come presidente della giunta avrebbe solo da rimetterci dal fango che è tutto del consiglio, poco o tanto e soprattutto vero che sia. E che quindi, appena c’è una qualsivoglia schiarita a livello nazionale, è giunta l’ora di tagliare la corda. Salvare la faccia, ergersi con orgoglio dalla decadenza generale dimettendosi e riportando al voto anticipa-

Peppe Scopelliti

La tentazione forte del governatore Scopelliti Guidare gli eventi prima di farsi travolgere Una delle soluzioni potrebbe essere quella di mandare gambe all'aria la legislatura regionale non appena c'è una schiarita nello scenario nazionale to la Regione. Salverebbe, se le cose si mettessero realmente al peggio, il suo futuro politico immediato che potrebbe approdare tanto nel nuovo Parlamento nazionale se si torna a votare prima quanto in quello europeo che verrà rinnovato nella prossima primavera. Un progetto di salvataggio contro il fango (che questa volta è degli altri) che però richiede e anzi necessita di una schiari-

«Non abbiamo elementi di giudizio sui fatti - ha detto Scopelliti tornando alla conferenza stampa - se non quelli che abbiamo letto sui giornali. Se qualcuno ha fatto quanto si è letto sulla stampa, deve assumersi le sue responsabilità. Però ho letto le dichiarazioni del procuratore aggiunto di Reggio, Sferlazza, che è una persona seria. E ne emerge che ancora non si sa chi siano i responsabili dei comportamenti denunciati. Quindi ne deduco che se qualche politico infedele c’è, c’è anche qualche infedele ad altri livelli che diffonde notizie sparando nel mucchio. Non tutto è melma e noi - ha detto Scopelliti - rifiutiamo questo modo di sparare contro tutti». «Ad oggi noi non abbiamo elementi certi su cui basarci per fare le nostre valutazioni - ha detto ancora - se non le informazioni che sono riportate dai giornali. Certo è che se sono stati commessi degli abusi, ognuno dovrà prenderne atto e trarre le dovute conseguenze. Oggi serve cautela, se ci sono degli infedeli nella politica è giusto che ne paghino le conseguenze, è chiaro però che ci sono degli infedeli anche ad altri livelli istituzionali, che hanno fornito notizie ancora da verificare, su cui la procura sta indagando. Questo è un fatto grave perché si genera, volutamente, molta confusione nell’opinione pubblica che poi generalizza catalogando come “melma” un’intera classe politica. E noi non possiamo consentire che questo avvenga perché le persone per bene, e ce ne sono tante nella politica, vanno tutelate. Sono comportamenti di singoli, dei quali ognuno dovrà risponderne davanti alla magistratura, ai cittadini e ai partiti. Noi siamo garantisti ma qualora venissero contestati comportamenti illeciti, gli artefici dovranno assumersi le responsabilità agendo di conseguenza, altrimenti sarò io a prendere i provvedimenti di mia competenza. Ad oggi, però, non sappiamo ancora di cosa stiamo parlando, tant’è che giorno dopo giorno alcune circostanze riportate dalla stampa si stanno sgonfiando. È grave comunque vedere enfatizzate situazioni che, forse, non corrispondono al vero o che non rappresentano illeciti, soprattutto in un momento così delicato della vita della regione, in cui c’è un clima infuocato, dettato dalla esasperazione delle persone. Io sono dell’avviso che la politica debba per prima dare un segnale importante, ma che tale dovere non appartenga solo a questa categoria. Si tratta dell’ennesimo episodio che certamente non aiuta questa regione, questa classe dirigente e le istituzioni calabresi. Sin dal nostro insediamento - ha aggiunto Scopelliti - abbiamo approvato tantissimi provvedimenti per ridurre i costi della politica, anche anticipando quella che di fatto è stata la spending rewiev. Abbiamo voluto assumere un impegno concreto con i cittadini e dare un segnale significativo di cambiamento. Stiamo procedendo con la riforma degli enti sub-regionali, è stato ridotto il numero dei consiglieri, che siamo disposti a rivedere in ossequio alle normative vigenti, così come il numero degli assessori e delle consulenze, e ci stiamo dotando della legge sulla doppia preferenza di genere. Tutto questo impegno ed i risultati raggiunti - ha concluso il presidente Scopelliti - non possono essere spazzati via da eventuali errori di singoli. Saremo intransigenti con chi ha sbagliato, ma rivendichiamo il nostro ruolo e proseguiamo con la determinazione di sempre».

7



Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Quando la burocrazia si fa lotta «Non dando alcun seguito ad un Ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio regionale della Calabria, Scopelliti e la sua giunta hanno commesso un gravissimo sgarbo istituzionale nei confronti della massima assise regionale calabrese, dimostrando ancora una volta, in maniera disinvolta, di poter calpestare a proprio piacimento la volontà espressa all’unanimità da un consesso istituzionale liberamente e democraticamente eletto dai cittadini».

Uno sgarbo istituzionale È quanto afferma, in una nota, il Consigliere regionale del Pd Carlo Guccione, che oggi interviene sulla vicenda del personale regionale trasferito dalla Regione alle Province a seguito della Legge 34 del 2002. «Siamo di fronte -aggiunge Guccione- ad una vera e propria emergenza democratica. Il massimo organo di governo calabrese e il suo presidente, infatti, non solo hanno considerato “carta straccia” un ordine del giorno approvato all’unanimità il 9 ottobre 2012 dal Consiglio regionale della Calabria, con il quale lo stesso «si impegnava a chiedere al presidente della giunta regionale e alla stessa giunta il trasferimento delle risorse finora anticipate e mai erogate all’amministrazione provinciale di Cosenza nel pieno rispetto della legge 34/02», ma hanno calpestato e mortificato la volontà del Consiglio provinciale di Cosenza che, per ben due volte, si è riunito in seduta straordinaria esprimendo la volontà unanime di restituire funzioni e personale alla Regione qualora non si fosse addivenuto, entro breve tempo, alla definizione formale di quanto dovuto dalla stessa

Carlo Guccione

Il consigliere regionale del Pd Guccione non ha dubbi: non dando seguito ad un ordine del giorno del Consiglio sul personale regionale trasferito senza fondi alla Provincia di Cosenza, il governatore Scopelliti ha mancato formalmente di rispetto all'aula di Palazzo Campanella

Regione per gli emolumenti stipendiari e previdenziali del personale trasferito anticipati dalla Provincia e per le spese di funzionamento che, ad oggi, ammontano a circa venti milioni di euro». «Scopelliti e la sua giunta -prosegue il consigliere regionale dei democrat- hanno, infine, oltrepassato ogni segno di decenza e di rispetto istituzionale non dando alcuna risposta alle reiterate sollecitazioni del presidente della Provincia di Cosenza finalizzate a chiudere una vicenda assurda protrattasi per troppo tempo e che oggi costringe lo stesso Presidente ad annunciare con sofferenza che dal primo maggio prossimo l’amministrazione provinciale di Cosenza non potrà più anticipare gli stipendi del personale regionale trasferito alla Provincia (legge 34/2002) e che, di questa gravissima situazione, nei prossimi giorni saranno investite la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato ed il ministero della Funzione pubblica». «Nell’esprimere solidarietà e vicinanza ai lavoratori interessati, all’amministrazione provinciale, ai dirigenti, degli amministratori provinciali che in questi anni hanno assunto su di loro pesanti responsabilità amministrative pur di riconoscere ai lavoratori il sacrosanto e puntuale diritto al pagamento degli stipendi -conclude Guccione- ci dichiariamo, sin da ora, disponibili e pronti ad intraprendere qualsiasi azione si vorrà concordare insieme ai sindacati e agli stessi lavoratori per sbloccare una situazione vergognosa e che, a nostro parere, richiede un’iniziativa risoluta e decisa nei confronti di un governo regionale che continua a mortificare i cosentini e tutto ciò che si muove in provincia di Cosenza».

STUDIO MEDICO FAVIN POSTURAL Postura valutazione e trattamento delle malattie cronico degenerative La posturologia, scienza innovativa, inquadra le sindromi algiche, come espressione di uno stress meccanico sulle articolazioni, spesso dovuto a disturbi della mandibola, dei muscoli dell’occhio, del cattivo appoggio dei piedi, stress e cattiva alimentazione La ricerca della causa che genera un dolore necessita della valutazione di questi recettori, che quando si mettono in funzione spostano il nostro equilibrio dandoci la sensazione di essere imperfetti o “storti”; la ricerca attraverso esami di laboratorio e utilizzo di questionario clinico valutativo, che ci indirizzano verso cofattori carenti responsabili di stress biometabolico ne completano l`indagine Le cause si ricercano con l’aiuto di strumenti come: 1) l’esame baropodometrico meccanico e statico 2) la valutazione posturale della colonna vertebrale, delle spalle e del bacino 3) esame baropodometrico dinamico su tapis roulan 4) esame spinometrico 4D x la valutazione della colonna senza raggi x 5) esame della forza muscolare 6) esame impedenziometrico-plicometrico 7) valutazione della composizione corporea La cura del dolore e’ complessa, perche’ bisogna tenere conto anche della componente psicologica. L’utilizzo del plantare neurobiomeccanico, la corretta nutrizione, l’agopuntura, il massaggio, la coppettaazione e moxa delle strutture muscolare, il training autogeno e altro, rappresentano, oggi un valido aiuto nel trattamento di tutte quelle patologie stress correlate, che con il solo intervento delle cure farmacologiche, non migliorano... anzi si crea una dipendenza a circuito chiuso, difficilmente riequilibrabile. Nello studio medico Favin Postural Center e’ possibile effettuare gran parte degli esami strumentali e dei trattamenti menzionati. wwfavinposturalcenter.it Via Dalmazia, 37 Cosenza Tel 098427632

9



Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Le regole del gioco Nuova Legge Lazzati, il M5S ne propone l'approvazione al Parlamento. Depositato alla Camera il primo Ddl Primo firmatario il deputato Barbanti «Ecco la Terza Repubblica» Romano De Grazia

Il Movimento 5 Stelle ha dato inizio alla Terza Repubblica con la presentazione di un provvedimento di contrasto alle mafie, per la liberazione delle Istituzioni elettive dagli uomini del malaffare. Presso la Camera dei deputati, il M5S ha depositato il primo disegno di legge - primo firmatario il deputato calabrese Sebastiano Barbanti per l’abrogazione e la sostituzione della legge n. 175/2010, la c.d. legge Lazzati che, dopo diciassette anni dalla prima presentazione, fu licenziata dal Parlamento con numerose criticità di ordine tecnico-normativo che, di fatto, ne hanno ostacolato l’applicazione.

L’antimafia a cinque stelle Tali anomalie ed incongruenze emergevano in tutta la loro evidenza già nel corso dell’esame del relativo disegno di legge, atto n. 2038 del Senato della Repubblica, e venivano discusse nella seduta n. 433 del 6 ottobre 2010, così come riportato nel relativo ordine del giorno G.1.1., con la promessa del Governo di porvi rimedio in occasione della riorganizzazione del quadro normativo che avrebbe poi portato alla pubblicazione del codice delle leggi antimafia di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Nulla di fatto, poiché il codice antimafia, agli artt. 67 e 76, fa esclusivo e pedissequo riferimento alla legge n. 175/2010, anomalie ed incongruenze comprese. Alla medesima fine era destinata anche la successiva proposta di legge correttiva presentata alla Camera dei deputati il 14 marzo del 2011 con il n. 4171, purtroppo mai inserita nel calendario dei lavori parlamentari. Ieri, dopo ben vent’anni dalla primigenia presentazione alla Camera dei deputati - del 16 febbraio 1993, allorquando dalla Calabria partiva l’operazione Voti Puliti ed a Milano era già in atto l’operazione Mani Pulite - il M5S ha inteso sottoporre all’approvazione del Parlamento un disegno di legge nella specifica veste del testo originario pensato e redatto dal presidente aggiunto onorario della Suprema Corte di cassazione Romano De Grazia, prima d’ora, non a caso, ivi mai approdato. Proprio così, non è un caso che il testo del giudice Romano De Grazia, finora, non abbia mai trovato fortuna, eppure doveva risultare privo di quelle anomalie ed incongruenze che viceversa sono contenute nella legge n. 175/2010. Tanto per essere più precisi, sulla bontà del testo del giudice De Grazia si sono espressi Vittorio Grevi (titolare della cattedra di procedura penale all’università di Pavia e opinionista del Corriere della Sera), Federico Stella (titolare della cattedra di diritto penale dell’università Cattolica di Milano) e Cesare Ruperto (presidente Emerito della Corte Costituzionale), solo per citare alcuni dei più insigni giuristi italiani che, unitamente a diversi Presidenti di Sezione della Suprema Corte di Cassazione, hanno avuto modo di analizzarne e valutarne il contenuto, la dirompente portata in-

novativa, costituzionalmente orientata e, in generale, coordinata ed integrata con l’impianto legislativo del nostro Paese. Stranezze del vecchio sistema politico o puramente semplici distrazioni del Legislatore che pure avrebbe potuto evitare di approvare un vero e proprio abominio giuridico, colmando una lacuna del sistema ed al tempo stesso eliminando un paradosso normativo, per assicurare un’efficace tutela della trasparenza nella vita politica, come opportunamente evidenziava Vittorio Grevi già nel primo commento apparso sull’edizione del Corriere della Sera del 22 marzo 1993. Una volta approvata la nuova legge Lazzati il sottoposto alla speciale misura di prevenzione antimafia, cioè il mafioso, non solo non potrà scambiare il proprio voto che lo Stato non gli consente di esprimere, ma nemmeno potrà raccogliere e scambiare il voto degli altri affiliati malavitosi, ovvero usare l’arroganza e la forza proprie dell’agire mafioso per condizionare o limitare il diritto di voto dei cittadini onesti. Saranno finalmente restituite immagine e credibilità alle istituzioni della Repubblica e, sopratutto, ripristinato, al momento elettorale, lo Stato di diritto. A sostegno dell’iniziativa legislativa, nel mese di giugno p.v., è in programmazione la realizzazione di un evento nazionale del M5S, fortemente voluto dal Mu calabrese, cui tutti sono “chiamati” a partecipare. Ecco il testo dell’articolato: Disposizioni concernenti il divieto di propaganda elettorale per le persone appartenenti ad associazioni mafiose e sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Art. 1.

Alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla ‘ndrangheta o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, sottoposte alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, è fatto divieto di svolgere propaganda elettorale in favore o in

pregiudizio di candidati o simboli, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente. Ai fini della presente legge è da intendersi per propaganda elettorale qualsiasi attività diretta alla raccolta del consenso svolta in occasione di competizioni elettorali e caratterizzata da molteplicità di atti, coinvolgimento di più persone, impiego di mezzi economici e predisposizione all’uopo di una sia pur minima struttura organizzativa.

Art. 2.

Salvo che il fatto non costituisca più grave reato ai sensi degli artt. 416 bis e 416 ter cod. pen., il sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che, trovandosi nelle condizioni dì cui all’art. 1, propone o accetta di svolgere attività di propaganda elettorale, e il candidato che la richiede o in qualsiasi modo la sollecita sono puniti con la reclusione da uno a sei anni.

Art. 3.

Con la sentenza di condanna il Giudice dichiara il candidato ineleggibile per un tempo non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci e, se eletto, ne dichiara la decadenza. Nel caso in cui il candidato sia un membro del Parlamento, la Camera di appartenenza adotta le conseguenti determinazioni secondo le norme del proprio regolamento. Dette sanzioni si applicano anche in caso di patteggiamento di pena a sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. o di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena a sensi dell’art. 163 cod. pen. Il Giudice ordina, in ogni caso, la pubblicazione della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 36, commi 2, 3 e 4, cod. pen. e la trasmissione della sentenza passata in giudicato all’Ufficio Elettorale del Comune di residenza del candidato per le relative annotazioni.

Art. 4.

È abrogata la legge n. 175 del 13 ottobre 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre 2010, n. 252 ed è sostituita dalla presente legge. Movimento 5 Stelle Cosenza www.calabria5stelle.it

11


12

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Questione di titoli (e di buone amicizie)

Avvocato sarà lei di Oreste Parise

Non mancano certo argomenti per spettegolare sulla Regione Calabria. Rimasta in ombra nei mesi scorsi, oscurata dalle eroiche vicende della Regione Lazio e Lombardia, è ritornata in auge in questi giorni, con le prime indiscrezioni sull’inchiesta condotta dai magistrati Ottavio Sferlazza e Matteo Centini. Sembrava proprio strano che la Regione Calabria fosse l’isola felice del buon governo e del pedissequo rispetto della legge. Ora scopriamo che più che un’assenza di comportamenti allegri, l’oscuramento mediatico era derivato dalla mancanza di una efficace attività investigativa. Basta rimuovere un sottile velo per mascherare comportamenti che per non trascendere nel volgare potremmo definire disdicevoli, usando un linguaggio un pò demodé. I nostri solerti e bravi amministratori non hanno dovuto fare alcuno sforzo di fantasia per portarsi a casa un gruzzoletto, hanno addossato alla regione ogni più minuta spesa che hanno dovuto sostenere per il nostro benessere collettivo.

Dal gratta e vinci

utilizzato in funzione politica, poiché è considerato uno strumento per superare i vincoli dei bilanci degli enti e dare fiato all’economia, fino al pagamento delle tasse per venire in soccorso di Equitalia, che in questi magri momenti rischia anch’essa di essere travolta dai venti della crisi. In mancanza di idee più brillanti, un colpo di c. potrebbe provocare la svolta nella disastrata economia calabrese. C’è qualche maligno che sostiene che i nostri consiglieri regionali sono affetti da uno sdoppiamento di personalità, che vede pubbliche tutte le spese, e private tutte le entrate. Insomma le vincite, fanno parte del patrimonio familiare. E poi anche i viaggi, le ricariche telefoniche, i lauti pranzi, erano finalizzati al rilancio dei consumi, anticipando la politica espansiva che tutti predicano, ma che alla fine criticano quando viene attuata nel concreto. Ci sarebbe pure un ammanco di mezzo milione di euro, ma si tratta di un abbaglio, perché la guardia di finanza si sarebbe dimenticata di controllare gli scontrini della carta igienica, che i nostri consiglieri usano in abbondanza. Picchi su chini i... Ma questo lo dicono solo i malpensanti. Certo le misure keynesiane potrebbero essere guidata da una scelta più consona alla funzione, ma alla fine funzionano comunque. Insomma, viva lo spreco che ci porta via dallo spauracchio della crisi. Lo stesso John Maynard sosteneva che era sempre meglio che lo Stato, inteso in senso lato come settore pubblico, assumesse operai per scavare delle buche la mattina e ricoprirle nel pomeriggio. Questo per mettere in moto il meccanismo del moltiplicatore che genera una ricaduta positiva sul sistema economico. Si tratta di una bufala, una citazione apocrifa, ma rende bene il concetto.

Secondo quanto noto

fin qui si tratta di otto consiglieri di maggioranza e due di minoranza che sono sotto il mirino magistrati, una composizione che riflette la compo-

Il caso di Domenico De Rosa, capogruppo del Pdl al Comune di Paola, fedelissimo del governatore Scopelliti, consulente giuridico plurincaricato dalla Regione con un particolare che però si porta dietro: non ha ancora superato gli esami per l'abilitazione alla professione... sizione numerica dell’assemblea regionale e non è indicativo affatto del tasso criminogeno dei gruppi politici. Quelle denunciate dai magistrati sono devianze, di comportamenti censurabili almeno sotto il profilo morale, poiché la legislazione è alquanto permissiva al riguardo. Come era solito sostenere l’Eccellentissimo capo della Lega, dei soldi avuti legittimamente poteva farne quello che cazzo voleva, poiché una volta entrati nella disponibilità del partito perdevano il loro carattere pubblico e diventavano in libera disponibilità dei beneficiari e beneficiati. L’assurdo è che in punta di

diritto rischia pure di avere ragione, poiché a nessuno è saltato in mente di dare una qualche forma di regolamentazione alla spesa della politica: legittimità, pertinenza, controllo, rendicontazione e cose del genere sono del tutto sconosciute in questo mare. Per dirla in termini chiari, il vero problema della spesa politica non sono i comportamenti illegittimi di alcuni suoi ineffabili attori, ma l’uso legittimo dei denari pubblici consentito da una straordinaria autonomia attribuita a partiti, enti locali, ma soprattutto alle Regioni, che costituiscono il vero tumore, che sta allargandosi in tutto il Paesi con una metastasi inarrestabile. Nessuno fin qui si è preso la briga di calcolare seriamente quanto costano le regioni e qual è la loro utilità. Appare certo a una analisi nasometrica che siamo di fronte a un immane disastro finanziario tra spese inutili, blocco degli investimenti, legislazioni caotiche, contratti derivati dagli effetti sconosciuti. Un guazzabuglio da cui non si riesce proprio a uscirne. La famigerata riforma del Titolo V della Costituzione approvata in limine mortis dall’ultimo governo Amato è stata il più grande disastro che si è abbattuto sull’Italia. E ancora qualcuno ha il coraggio di parlare di federalismo! Qualche piccolo esempio di cattivo utilizzo delle risorse pubbliche è sempre utile per chiarire il concetto. Chiariamo subito che si tratta di comportamenti del tutto legittimi, di atti ben dotati di tutti i crismi della perfezione burocratica, con pareri, decreti, determine, delibere che fanno di un atto amministrativo un capolavoro di ipocrisia. Se c’è qualcosa di censurabile appartiene all’etereo mondo dell’etica, della morale, della correttezza. Tutti aspetti guardati con sufficienza e disprezzo dalla politique politicienne, e costituiscono il brodo di coltura in cui è nato e si è sviluppato il fenomeno del grillismo.


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Questione di titoli (e di buone amicizie)

Il tribunale di Paola

Prendiamo il caso

dell’avvocato Domenico De Rosa, capogruppo Pdl nel consiglio comunale di Paola.

Avvocato? Beh! Quasi. Intanto è una laurea in giurisprudenza e poi è al suo terzo tentativo agli esami di procuratore e primo o poi gli giungerà la buona nuova. Nel frattempo si è industriato e non è rimasto disoccupato come i tanti bamboccioni di cui è ricca la Calabria. Con il contratto rep n. 1869 sottoscritto in data 10/11/2011 e registrato all’Agenzia delle Entrate di Catanzaro il 22/11/2011 al n. 5325, serie 3º, l’avvocato De Rosa Domenico ha assunto l’obbligo di fornire, a richiesta del presidente della giunta regionale la sua collaborazione professionale. Così si legge negli atti con i quali sono state liquidate le sue competenze. Il contratto in questione non è una bazzecola. Stiamo parlando di un consulente del governatore, una persona molto influente che ha il nostro destino sulle sue spalle e deve valutare questioni molto delicate, come l’influenza delle eclissi solari sulla criminalità minorili, o gli effetti giuridici dello scioglimento dei ghiacci nel Polo Nord.

Un consulente forse dovrebbe avere competenza e comprovata esperienza? Per questo è sufficiente una comprovata e solida amicizia con il Governatore che crea quel sottile ma fortissimo legame che supera qualche defaillance del nostro nella conoscenza dello scibile giuridico. Certo un avvocato con studio accorsato va bene, ma un amico vale proprio un tesoro. Non bisogna pensare che l’incarico non preveda un pesante carico di lavoro. Infatti, l’art 2 del citato contratto, testualmente recita: «il consulente presenterà al presidente della giunta regionale una relazione sull’attività svolta e sulle prestazioni rese attraverso pareri, proposte ed ogni altra attività. Il presidente della giunta regionale formulerà una valutazione in ordine alle suddette prestazioni rese dal consulente e la trasmetterà, al dirigente generale del dipartimento presidenza. La valutazione di cui sopra, è propedeutica alla liquidazione dei compensi». Questo è quanto meticolosamente disciplinato, e di tanto si è tenuto rigorosamente conto negli atti di liquidazione. Ecco il loro puntiglioso elenco, per non perdere il gusto della esattezza della citazione: decreto n. 3771 del 23 marzo 2012 del dirigente dottor Giuseppe A. Bianco, con il quale si è liquidata la somma di 2.725,89 euro per il quale compenso per il periodo 10 novembre - 31 dicembre 2011; decreto n. 6907 del 17 maggio 2012 dello stesso dirigente, per il periodo gennaio-febbraio 2012 la somma di euro 3.954,62; decreto n. 16514 del 20 novembre 2012, liquidazione dei compensi per il periodo marzo-agosto 2012 per un importo di euro 9.812,40 al lordo delle ritenute erariali e previdenziali a carico dell’ente e tenuto conto di quanto disposto dall’art. 23, comma 3, della legge regionale n. 19/2009, secondo quanto precisato dal meticoloso estensore del documento.

In fondo, considerato il panorama politico, si tratta di pochi spiccioli per compensare chi si occupa di problematiche complesse come i requisiti formali richiesti per il rimborso dei danni provocati dalle cavallette africane. Neanche ventimila euro, via molti di meno di quanto sono stati devoluti alla tutrice degli uccelli calabresi! Quello che è deprecabile è che non si rendano pubblici questi preziosi studi e restino chiusi nei faldoni di qualche scaffale regionale. Tutte queste edificanti vicende mostrano chiaramente l’assurdità di uno Stato ridotto in brandelli, con spazi di autonomia che sono diventati arbitrio e dissoluzione di qualsiasi principio logico e razionale. Le regioni devono diventare delle entità amministrative, soggette a limitazioni, controlli e atti di indirizzo da parte del governo nazionale. Lo spezzatino legislativo è un assurdo e indigesto principio introdotto sotto la pressione della Lega che ha enormemente appesantito ogni decisione, in particolare per la realizzazione delle grandi opere che richiedono organi super partes per assumere le decisioni necessarie superando i veti locali. E poi la vicenda dell’avvocato Mimmo De Rosa non ha certo raggiunto la sublimità del caso Mafrici. Il sedicente avvocato Bruno Mafrici, anch’egli nostro conterraneo, non aveva al suo attivo neanche un tentativo non riuscito al concorso per procuratore. Eppure è riuscito a farsi nominare consulente legale del ministero della Semplificazione normativa, retto all’epoca dall’ineffabile odontocostituzionalista Roberto Calderoli. Le leggi non riusciva ancora a padroneggiarle bene, ma a distruggerle ci riusciva benissimo, in questo era maestro. Era arrivato a quel posto per i buoni auspici del sottosegretario Francesco Belsito, famoso tesoriere della Lega Nord specializzato in investimenti diamantiferi.

13



Mezzoeuro

15


16

Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Speciale Provincia - L’ora di mettere ordine nel cassetto

Emergenza rifiuti

Palazzo XV Marzo c’è

È tornato a riunirsi presso la Sala degli Stemmi della Provincia di Cosenza, alla presenza del presidente Mario Oliverio e dell’Assessore provinciale all’Ambiente Giuseppe Aieta, il Coordinamento dei sindaci della provincia di Cosenza costituitosi formalmente per elaborare idee e proposte da offrire alla Regione Calabria per quanto riguarda la gestione della problematica dei rifiuti. Nell’introdurre i lavori il presidente Oliverio ha innanzitutto ribadito che «la Provincia di Cosenza ha inteso assumere una propria iniziativa proponendosi per un ruolo di coordinamento e di sostegno dei sindaci e dei comuni su una problematica che col passare dei giorni rischia di aggravarsi, e nei giorni di Pasqua si è ulteriormente aggravata, non per occupare spazi o per invadere campi e sfere altrui, ma per esercitare una propria responsabilità, pur nel quadro di una legislazione che, come ha ricordato l’assessore regionale Pugliano nel corso del precedente incontro, non prevede specifiche competenze da parte delle Province». «La riunione -ha poi aggiunto Oliverio- deve essere l’inizio di un percorso che serva a costruire una proposta che entri nel merito dei problemi. Il primo punto da cui dobbiamo partire è, dunque, l’emergenza in atto. Ciò significa ripulire le città e rimuovere i rifiuti. Si tratta, quindi, di individuare le possibilità di abbancamento e le discariche esistenti per poi agire con un’operazione di pulizia straordinaria dei centri più colpiti. Il secondo punto riguarda, invece, la costruzione di una soluzione definitiva della problematica. Io ritengo (e questa è la mia idea) che noi dobbiamo fare partire una raccolta differenziata che abbia un’impostazione iniziale che preveda il trattamento dei rifiuti suddiviso in due fasi: umido e secco. Attivando questo processo già il 65% di essi, che è costituito dal secco, verrebbe ad essere sottratto alla discarica. Si tratterebbe, a questo punto, di puntare alla valorizzazione e alla utilizzazione di questa parte dei rifiuti». «A tal proposito -ha concluso il presidente della Provincia di Cosenza- abbiamo già programma-

Il coordinamento dei sindaci della provincia di Cosenza va avanti Pieno sostegno alla linea intraprendente del presidente Oliverio: vogliamo avere un ruolo in questa drammatica partita

to un incontro con il Conai per verificare l’utilizzazione della parte differenziata e la possibilità di realizzare nel nostro territorio nuovi impianti che dovranno essere proposti alla Regione perché per il loro allestimento siano investite risorse. Io credo che così facendo potremo cominciare a costruire un sistema “virtuoso” ed avviare un percorso comune e pienamente condiviso». L’assessore provinciale all’Ambiente Giuseppe Aieta, dal canto suo, ha sottolineato la necessità di affrontare emergenza e programmazione contestualmente al fine di evitare, così come è avve-

nuto in passato, che una volta risolte le problematiche legate all’emergenza, queste ultime non si ripropongano in un futuro più o meno prossimo in maniera ancor più drammatica. Il responsabile del settore provinciale all’Ambiente Francesco Toscano, al fine di agevolare punti comuni di discussione, ha brevemente illustrato i dati che riguardano la situazione dei rifiuti nella nostra provincia, con particolare riferimento alla loro produzione suddivisa per frazioni e fondando i dati su specifici accertamenti spinti fino ad una verifica merceologica empirica rilevata “nei cassonetti”. A questo punto si è aperta la discussione e numerosi sono stati i sindaci intervenuti che hanno raccontato le esperienze reali vissute nei singoli territori, sottolineando i risultati raggiunti in termini di economie prodotte a fronte di una diminuzione della quantità di rifiuti da smaltire in discarica attraverso l’unica metodologia di intervento fondata esclusivamente sul metodo della raccolta differenziata e ribadendo in maniera univoca forte dissenso ad ogni ipotesi di costruzione di inceneritore. Particolarmente preoccupati sono apparsi gli interventi dei sindaci di Rossano, Crosìa e Cassano allo jonio i quali, ormai alle porte dell’inizio della stagione estiva, hanno posto con forza la necessità di individuare soluzioni immediate rivolte particolarmente alla situazione di emergenza che si è venuta a creare nei loro territori, facendo fronte comune nei confronti della Regione Calabria per l’immediata individuazione di impianti di smaltimento. Il primo passo, in tal senso, è l’annunciata partecipazione alla seduta del Consiglio regionale della Calabria prevista per l’8 aprile prossimo dove il Coordinamento dei sindaci della provincia di Cosenza chiederà ai rappresentanti del governo regionale di porre in essere con urgenza tutte le azioni necessarie finalizzate alla soluzione dell’emergenza-rifiuti in atto. Al termine dell’incontro, il Coordinamento dei sindaci si è autoconvocato per giorno 10 aprile alle ore 10.30 sempre in Provincia.


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Speciale Provincia - L’ora di mettere ordine nel cassetto

Dalla provincia - L’ora del braccio di ferro

Personale regionale, ora è scontro per davvero La Regione non trasferisce i fondi la Provincia comunica che da giugno in poi non saranno coperti gli stipendi se non arriveranno le risorse dovute Due incontri, uno dopo l’altro. Il primo presso la Sala-Giunta, con le rappresentanze sindacali unitarie; il secondo nel Salone degli Specchi con il personale trasferito dalla Regione alla Provincia di Cosenza (236 lavoratori) a seguito della legge 34 del 2002. In entrambi i casi ha introdotto i lavori il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio affiancato dal Direttore Generale dell’ente Antonio Molinari. L’approccio sempre lo stesso: lapidario, concreto, emozionato. «Con sofferenza -ha esordito Oliverio rivolgendosi prima ai sindacalisti e poi ai lavoratori- siamo costretti a comunicarvi che, dal primo maggio prossimo, non saremo più in grado di anticipare gli stipendi del personale regionale trasferito alla Provincia (legge 34/2002). Fino ad oggi abbiamo anticipato circa 20 milioni di euro. Ora abbiamo davanti a noi una situazione economico-finanziaria gravissima che non è più possibile fronteggiare e che non ci consente di operare ulteriori anticipazioni di cassa. Nonostante le decine di iniziative intraprese, i numerosi viaggi del nostro Direttore Generale a Catanzaro, le lettere e i telegrammi da noi inviati a Scopelliti e agli assessori competenti, ci siamo trovati davanti ad un vero e proprio “muro di gomma”. Durante le festività natalizie, alla presenza di Scopelliti e dell’assessore Mancini, abbiamo avuto un incontro nel corso del quale la struttura regionale è stata invitata a risolvere definitivamente, insieme alla nostra struttura provinciale, una situazione incresciosa che si trascina ormai da troppo tempo. In quell’occasione io stesso avevo proposto di redigere un atto transattivo del riconoscimento del debito maturato dalla Regione nei confronti della Provincia. Da quel momento, però, non abbiamo saputo più nulla. Il 13 marzo scorso sono tornato a scrivere l’ennesima lettera di sollecitazione a Scopelliti per definire gli emolumenti stipendiari e previdenziali spettanti al personale trasferito in virtù di quanto previsto dalla legge 34/2002 anticipati dalla Provincia ed anche questa volta non ho ricevuto nessuna risposta». «A nulla è servito -ha aggiunto il presidente della Provincia di Cosenza- che il Consiglio regionale della Calabria, nella seduta del 9 ottobre del 2012, avesse approvato all’unanimità un Ordine del Giorno con il quale “si impegnava a chiedere al Presidente della Giunta Regionale e alla stessa Giunta il trasferimento delle risorse finora anticipate e mai erogate all’amministrazione provinciale di Cosenza nel pieno rispetto della Legge 34/02”; non contano nulla le pubbliche dichiarazioni di disponibilità rilasciate sulla stampa dallo stesso presidente della Regione Scopelliti a risolvere la vicenda; a niente è valso che il Consiglio Provinciale, per ben due volte, avesse deciso all’unanimità di restituire funzioni e personale alla Regione e, nel contempo, di attivare tutte le iniziative a tutela dell’Ente e degli stessi lavoratori. Il 28 marzo scorso ho inviato un telegramma al Governatore della Calabria attraverso cui l’ho informato della nostra determinazione a tutelare le ragioni dell’ente e del personale interessato e ad investire di questa grave situazione la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato ed il Ministero della Funzione

Pubblica, in quanto la Provincia di Cosenza non è più nelle condizioni amministrative di assicurare l’anticipazione degli emolumenti al personale». «Questo -ha concluso Oliverio- è l’ultimo atto di una vicenda che sconcerta e lascia l’amaro in bocca. Ci conforta non poco il fatto che sulla nostra posizione si sia registrato l’unanime consenso della conferenza dei capigruppo provinciali a proseguire sulla strada intrapresa. Nei prossimi giorni convocheremo il Consiglio provinciale perché assuma tutte le iniziative idonee a difendere e tutelare l’ente da noi amministrato». In precedenza nei giorni scorsi la conferenza dei capigruppo aveva fatto quadrato esprimendo pieno sostegno alla linea indicata nei giorni scorsi dal presidente Oliverio nei riguardi della Regione per quanto riguarda la ormai annosa vicenda del personale trasferito per effetto della legge 34/2002. Come si ricorderà, nei giorni scorsi, dopo il nuovo silenzio di Scopelliti e della sua giunta all’ennesima lettera di sollecitazione inviata il 13 marzo scorso dal presidente della Provincia di Cosenza per definire gli emolumenti stipendiari e previdenziali spettanti al personale trasferito in virtù di quanto previsto dalla legge 34/2002 anticipati dalla Provincia e mai corrisposti dalla Regione per il periodo 2006-2012 e per il trimestre dell’anno in corso, Oliverio e la sua Giunta avevano deciso di porre la parola “fine” ad una vicenda che, più passa il tempo, più rischia di provocare danni incalcolabili alle casse della regione, della Provincia di Cosenza e, soprattutto, al personale interessato. Appena rientrato dalle brevissime vacanze pasquali, Oliverio ha immediatamente convocato la conferenza dei capigruppo consiliari informandola dettagliatamente sulle numerose iniziative assunte invano sino ad oggi nei confronti della Regione e del suo presidente per sollecitare la definizione di una vicenda che ormai si trascina senza alcun esito da troppo tempo. Dal canto loro, i capigruppo consiliari di maggioranza e di minoranza, dopo aver preso atto che il Consiglio regionale della Calabria, nella seduta del 9 ottobre del 2012, aveva approvato all’unanimità un Ordine del Giorno con il quale «si impegnava a chiedere al Presidente della Giunta Regionale e alla stessa Giunta il trasferimento delle risorse finora anticipate e mai erogate all’Amministrazione Provinciale di Cosenza nel pieno rispetto della Legge 34/02»; dopo essere stati informati che lo stesso presidente della Regione Scopelliti, nel corso di un incontro informale con il presidente Oliverio, aveva confermato l’impegno (poi non mantenuto) ad assumere, nel giro di pochi giorni, i provvedimenti necessari per la soluzione definitiva del problema per evitare l’accensione di un contenzioso tra la Provincia di Cosenza e la Regione Calabria; dopo aver ricordato che il Consiglio Provinciale per ben due volte aveva deciso all’unanimità di restituire funzioni e personale alla Regione e, nel contempo, di attivare tutte le iniziative a tutela dell’Ente e degli stessi lavoratori, hanno espresso forte preoccupazione per quanto è accaduto finora e pieno sostegno ed unanime condivisione della linea assunta dal presidente Oliverio e dalla sua giunta, costretti a tutelare le ragioni dell’ente e del personale interessato e ad investire di questa grave situazione la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato ed il Ministero della Funzione Pubblica, in quanto la Provincia di Cosenza non è più nelle condizioni economico-finanziarie di assicurare i servizi relativamente alle funzioni ed ai compiti trasferiti.

17


18

Mezzoeuro



20

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Liquidi e, forse, cemento

L’ora delle lottizzazioni Lottizzazioni, a volte ritornano e questa volta senza il filtro del consiglio comunale che, in seguito ad una recente modifica normativa, perde la titolarità della decisione in merito alle approvazioni dei piani attuativi a favore della giunta comunale. E l’esecutivo guidato dal sindaco Sergio Abramo nel futuro molto prossimo, di lottizzazioni ne dovrà esaminare sei, cinque delle quali insistono nell’area di Bellino-Giovino, già interessata da altre storiche lottizzazioni che proprio il civico consesso bocciò, raccogliendo l’estate scorsa anche il sigillo del Consiglio di Stato che ha archiviato la richiesta degli imprenditori ricorrenti contro la decisione degli inquilini dell’aula rossa del 5 novembre 2007. Una bocciatura che porta la firma della consiliatura del centrosinistra guidato da Rosario Olivo, che senza paura né mezzo termini a quelle lottizzazioni disse di no ritenendo che avrebbero compromesso un’area, forse l’ultima rimasta, su cui progettare il nuovo quartiere turistico della città capoluogo di Regione. Quale sarà lo spirito con cui i consiglieri della quarta era Abramo si predisporranno rispetto alle nuove lottizzazioni lo scopriremo nella riunione del-

la commissione Urbanistica, guidata da Giulio Elia, già convocata per venerdì 5 aprile, per discutere approfonditamente delle pratiche all’attenzione della Giunta. La prima richiesta di lottizzazione firmata da una serie di ditte è relativa all’approvazione del progetto afferente il Piano attuativo per un nuovo insediamento da realizzare in zona territoriale omogenea C1, in località Verghello. L’area in questione è classificata “zona residenziale di espansione, residenza, servizi, attrezzature e attività complementari. La seconda delibera che dovrà essere valutata dalla commissione Urbanistica, prima dell’esame di competenza della Giunta comunale, è relativa all’approvazione del piano attuativo in zona territoriale omogenea C1 per la realizzazione di edilizia residenziale ed uffici in località Verghello. Prima di procedere alla fase attuativa del piano, si chiedono una serie di interventi relativi alla sistemazione idraulica dell’area, alla canalizzazione e convogliamento delle acque superficiali, ma soprattutto si chiede che l’edificazione avvenga nel rispetto degli accorgimenti tecnici suggerito dal punto di vista geologico.

La giunta comunale di Catanzaro, esclusivamente competente in materia, dovrà nei prossimi giorni occuparsi di una materia assai delicata e che riguarda in gran parte i terreni dell'area Bellino-Giovino. Questioni serie, che possono valere in un senso o in un altro un mucchio di quattrini e per le quali l'ex sindaco Olivo ha rischiato spesso di lasciarci le penne Su Verghello insiste la richiesta di un altro piano attuativo in zona territoriale omogenea, ma B5, per la realizzazione di edilizia residenziale” e di completamento di organizzazione funzionale e riqualificazione urbanistica. L’intervento proposto contiene precise disposizioni plano volumetriche, tipologiche, formali e costruttive e pertanto la realizzazione dei singoli interventi di edilizia potrà avvenire attraverso Dia. L’elenco si allunga con la richiesta di approvazione del piano di lottizzazione convenzionata de-


Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Liquidi e, forse, cemento Palazzo de Nobili Sotto, il sindaco Sergio Abramo

la legislatura di quel centrosinistra regnante, in cui nella famosa aula rossa arrivavano progetti di ogni tipo, da approvare e con urgenza, altrimenti si sarebbe infranta quella tale legge o violato quel tale comma e via di seguito. Il risultato fu che in quegli anni si costruì molto e senza alcun piano di razionalizzazione o di orientamento verso cui indirizzare la città nuova. Invano attendemmo il varo del nuovo strumento urbanistico, al quale il Consiglio avrebbe potuto offrire buone idee e buone linee strategiche. La preoccupazione cresce dinanzi alla nuova assurda normativa che assegna alla Giunta il potere di decidere sulle concessioni edilizie, sentita, forse non necessariamente la commissione dedicata. Se questo potere si estendesse a tutta la materia urbanistica, si correrebbe il rischio di vedere vanificata non tanto la decisione (annullamento di tutte le concessioni a costruire sulla vasta area di Giovino), quanto la feconda discussione che per giorni ha impegnato il Consiglio comunale sul destino che dovesse essere assegnato all’area più importante dell’intero territorio cittadino, dall’uso del quale sarebbe dipeso il futuro stesso di Catanzaro capoluogo di regione, il suo sviluppo economico, la sua fisionomia. Spero tanto che ciò non accada. Confido molto che Sergio Abramo non lo faccia accadere».

nominato “Alda” in zona territoriale omogenea B5, in località Bellino. In particolare, si tratta della richiesta per la realizzazione di residenze stagionali con annessi servizi complementari. Per la realizzazione di questo piano si prevede anche la realizzazione della rete fognaria, un’opera di urbanizzazione che andrebbe a supporto dell’intero comprensorio di Bellino. Dello stesso tenore un altro piano attuativo da realizzazione in zona territoriale B5 di residenze stagionali, condizionando l’iniziativa alla trasformazione della volumetria prevista con altre previste dalle norme tecniche di attuazione del vigente Piano regolatore generale, in modo che la destinazione sia contenuta entro il 25% dell’intera volumetria realizzabile. L’ultima lottizzazione in esame è relativa all’approvazione del Piano attuativo convenzionato denominato Parco degli Ulivi in zona territoriale omogenea C1, ditta Edilisystem, in località Campagnella. I singoli soggetti attuatori del comparto, con la sottoscrizione della convenzione allegata alle diverse delibere, assumeranno l’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione interne al comparto ed imporre vincolo di servitù a favore dell’amministrazione comunale di Catanzaro sulla viabilità e sulle reti e sottoservizi che insistono su tale viabilità. I progetti sono dotati di parere sanitario e geomorfologico, e il parere di conformità allo strumento urbanistico espresso dalla Regione Calabria e gli altri pareri necessari, come quello dell’amministrazione provinciale. I soggetti attuatori costituiranno un consorzio a cui conferire i poteri relativi all’affidamento dei lavori relativi alle opere di urbanizzazione primarie. Preoccupazioni per l’eventualità di rischi per l’ambiente vengono espresse prima di tutto da Franco Cimino, già leader dell’opposizione al tempo della prima tornata di lottizzazioni.

«La relazione del sindaco va letta in tutta la sua completezza, anche dibattimentale, e approfondita e io mi riprometto di farlo a breve. Tuttavia c’è una parte assai interessante, della quale hanno parlato gli organi d’informazione più avvertiti. Essa dovrebbe rappresentare la spina dorsale di una strategia amministrativa nuova,almeno rispetto all’immagine che di Sergio Abramo avevano dato i suoi avversari più agguerriti, specialmente in occasione della campagna elettorale del 2006, proprio quella nella quale non era candidato. L’immagine attribuitagli era del cementificatore. La nuova che emerge dalla sua relazione è tutta l’esatto opposto. Questa: no a nuovi insediamenti, no a ulteriore consumo del territorio, sì a un piano di razionalizzazione dell’esistente e di recupero delle periferie e delle aree degradate, per migliorare il volto della città. Non si può che essere d’accordo. E pienamente - afferma Cimino . Io personalmente saluto questo passaggio con un senso di romantico rinvio a una strategia che lanciammo, contrastati dai soliti gruppetti di potere,in occasione della mia candidatura a sindaco e che fermamente sostenni nella mia successiva legislature di consigliere comunale. Una strategia incentrata sul volto nuovo che avrebbe dovuto assumere la Città, attraverso una filosofia urbana nella quale edilizia-architettura, ambiente-territorio, popolazione-persona si coniugassero con economia sociale, ricchezza totale, bene comune, storia e antichità, memoria e futuro, ragione e sentimenti. Il sindaco ha parlato e a lui (e più di tutti a lui, che conosco) rivolgo l’espressione più volte lanciata al mio sindaco di allora, allorquando in Aula assumeva solenni impegni: “parola di sindaco è”. Come per dire: ci credo a occhi chiusi. E, tuttavia, venti d’Oriente intrecciati a quelli d’Occidente sembrano portare molte carte, che si teme possano esser lette con gli occhiali di un tempo passato. E cioè lottizzazioni, pratiche di cementificazioni, progetti già ben corredati di tutto. C’è davvero il rischio che si possa fare come nel-

A Cimino si aggiunge anche Roberto Guerriero: «A volte ritornano. L’ombra della cementificazione selvaggia torna a stendersi minacciosa sul quartiere marinaro che la politica insiste a descrivere come opportunità di sviluppo, polo di eccellenza, ultima spiaggia - è il caso di dire - per tentare la via del turismo. Il sostantivo “lottizzazione” richiama sempre l’immagine di una colata di cemento, figuriamoci se declinata al plurale. Guardando alle lottizzazioni che sono state affidate alla commissione Urbanistica per un’attenta valutazione prima del “dirottamento” alla decisione della giunta, la prima esigenza che si manifesta nella coscienza degli amministratori di questa città, soprattutto in quelli che siedono da una certa parte dell’emiciclo e credono in determinati valori, è quella di fare chiarezza sulle prospettive e sull’impatto ambientali che l’approvazione di questi piani attuativi potrebbe avere sul territorio. Anche perché questa volta non ci sarà il Consiglio comunale a poter indirizzare la decisione verso la difesa degli interessi collettivi, il civico consesso non sarà l’organo sovrano in materia di pianificazione territoriale perché l’ultima parola spetta alla Giunta comunale. Un esecutivo che ha un’impronta ed un’estrazione ideologica diversa da quell’amministrazione che con 24 voti contrari - e tre astenuti (Cimino, Esposito e Tassone) - decisero che sette lottizzazioni non avrebbero dovuto deturpare la splendida area di Giovino nel lontano novembre 2007. La stessa amministrazione che però non ha saputo avviare né attuare una proposta alternativa tale da salvaguardare lo sviluppo di quell’area e senza perdere il contributo che all’epoca i proprietari delle aree erano disponibili ad offrire. Prima di assumere decisioni che potrebbero rivelarsi dannose per il territorio e la collettività, ripartiamo da qui: dalla riflessione programmatica e concreta sul destino che la politica vuole riservare al futuro di quell’area a ridosso della costa più bella d’Italia, a meno che l’amministrazione comunale non voglia con un colpo di “genio”, sfruttando i sui rapporti internazionali, incentivare con i 24.000.000,00 di euro del progetto “Safe City” il turismo israeliano».

21


22

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Troppi occhi sui Tre colli

Spionaggio catanzarese Chiedono che il Comune di Catanzaro riesamini tutti gli atti e provvedimenti amministrativi adottati in merito all’affidamento diretto del progetto “Safe CitY”, e previa sospensione cautelare dell’efficacia e dell’esecutività di tutti gli atti, proceda, nel termine di legge e comunque non oltre trenta giorni dal deposito del presente atto, alla revoca e/o al ritiro e/o all’annullamento della delibera dell’8 marzo scorso. L’istanza depositata dall’avvocato Francesco Pitaro porta la firma di Rosa Barbuto (Laboratorio politico - Alternativa), Francesco Pitaro (associazione Il Pungolo per Catanzaro), Eugenio Occhini (Il Baco resistente), Mariagrazia Raffaelli - Vas; Emilia Celia (Cittadinanzattiva); Annamaria Principe (Risveglio ideale); Francesco Nisticò (Slega la Calabria); Pasquale Scarmozzino, Maurizio Guzzomì, Salvatore Intruglio, Maria Sottile, Fabio Miceli, Francesco Palaia, Antonio Giuseppe Commodari, Nicola Gambardella, Caterina Primiero - Sel Catanzaro, Elio Rotundo, Doriana Righini. E in caso di omesso ritiro e/o revoca e/o annullamento degli atti de quibus, sarà proposto ricorso al Tar al fine di ottenere l’annullamento giurisdizionale degli atti de quibus. In mancanza, riservano di proporre esposto dinanzi la procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro affinché vengano accertate eventuali ipotesi di reato rinvenibili nella condotta degli amministratori responsabili, compresa la fattispecie di reato di cui all’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio), nonché alla procura presso la Corte dei Conti affinchè vengano accertare eventuali ipotesi di danno erariale. L’atto è stato depositato anche presso la Prefettura di Catanzaro affinché il prefetto possa intervenire nell’esercizio dei suoi tipici poteri anche di vigilanza sugli enti locali. Ad illustrarlo nel corso di una conferenza stampa ad hoc nella sala giunta di palazzo de Nobili alcuni dei rappresenti delle associazioni ricorrenti. Secondo l’istanza, da cittadini, hanno «diritto e interesse ad una città sicura in cui siano garantiti i diritti primari della comunità e nella quale gli atti adottati dall’amministrazione comunale siano conformi alla legge e non violino i diritti fondamentali delle persone e siano adottati senza abusi e nel rispetto del principio dell’evidenza pubblica - si legge ancora al fine di sgomberare il campo da ogni eventuale equivoco, si rileva che la città di Catanzaro è città sicura in cui non vi sono fatti né episodi, se non assolutamente sporadici e limitati a zone specifiche della città, di microcriminalità; inoltre, nella città di Catanzaro non vi sono stati e non vi sono episodi di macrocriminalità». In buona sostanza, la città di Catanzaro è «sicura in cui la comunità vive senza ansie né paure di essere aggredita o minacciata; episodi di microcriminalità si verificano solo in alcune limitate zone periferiche della città che possono essere affrontati utilizzando sistemi deterrenti solo e limitatamente in quelle zone senza coinvolgere le zone della città nelle quali non si verificano tali episodi».

Il fatto

Con delibera di GC n. 323 del 10/8/2012 il Comune di Catanzaro ha deciso di «indirizzare il comandante della polizia municipale gen. dott. Giuseppe Antonio Salerno affinchè venga attuato tra la società Bunkersec Ltd, con sede in Weizman Center Tower, 14 Weizman St., Tel-Aviv 64239, Israele e l’amministrazione comunale di

Contro la delibera del sindaco Abramo che affida ad una società esterna l'installazione di centinaia di telecamere di videosorveglianza si muovo associazioni e professionisti che intraprendono vie legali Catanzaro, l’accordo per l’incarico di redigere, a titolo gratuito, il porgetto ‘Safe city’(denominato Città Sicura) unitamente al programma ‘Traffic control center’, di cui all’allegata richiesta». Con determina N. 2626 del 13/8/2012 il comandante della polizia municipale di Catanzaro ha determinato di «accogliere la richiesta avanzata dalla Società Bunkersec Ltd, con sede in Weizman Center Tower, 14 Weizman St., Tel-Aviv 64239, Israele e di affidarle a titolo gratuito l’incarico per lo studio, programmazione economica e redazione del progetto ‘Safe city’(denominato Città Sicura) attraverso l’applicazione della tecnologia Data Center, il quale prevede anche il programma ‘Traffic control center’ per mezzo del quale sarà possibile fornire sistemi di rilevazione automatica capaci di riconoscere le violazioni stradali, nonché segnalare eventuali furti auto». E con delibera di GC N. 57 del 08/03/2013 il Comune di Catanzaro ha deliberato «1.di apprivare in linea tecnica l’allegato studio iniziale e offerta di bilancio così come predisposto dalla Società Bunkersec, con sede in Weizman Center Tower, 14 Weizman St., Tel-Aviv 64239, Israele; 2. Di dare mandato al comandante della polizia municipale di Catanzaro gen. dott. Giuseppe Antonio

Salerno, di attivare i procedimenti necessari per il finanziamento dell’intervento presso i competenti uffici regionali; 3. Di subordinare ogni e qualsiasi successivo atto all’avvenuto incasso da parte della Regione Calabria della somma occorrente per la realizzazione». Al detto atto deliberativo definitivo è stato allegato lo “Studio iniziale e Offerta di bilancio” redatti dalla detta società israeliana con cui la detta società ha indicato il servizio offerto, che consiste anche nell’applicazione di 900 telecamere su tutto il territorio comunale, nonché il “prezzo dei servizi” quantificato in euro 23.180.000,00 (Pag. 18 dell’allegato). Nell’atto deliberativo della giunta è stato rilevato che «i predetti elaborati, per i quali è stata opportunamente investita la Prefettura di Catanzaro considerato che il sistema confluirà con le procedure informatiche in uso alle forze dell’ordine, sono meritevoli di approvazione in quanto corrispondono alle esigenze rappresentate dall’amministrazione comunale poiché la realizzazione dell’intervento costituirà indubbiamente un rilevante aspetto positivo per il vivere sociale dell’intera comunità in termini di una migliore e puntuale gestione della pubblica sicurezza nell’importante fase della prevenzione della macro e micro crimi-


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Troppi occhi sui Tre colli La deliberazione della giunta, insomma, si pone in netta violazione dell’art. 3 della l. 241/90 secondo cui la motivazione costituisce elemento indispensabile di ogni atto amministrativo. Più precisamente, l’art. 3 L. 241/90 dispone che «Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato... La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alla risultanze dell’istruttoria».

Vincenzo Capellupo*

Il 45% del budget per staff Abramo

nalità nonché di una mirata repressione del crimine» nonché che «dato atto che il funzionamento del sistema a regime comporterà sicuri benefici economici sia in relazione all’accertamento delle infrazioni al codice della strada stante l’immediata e automatica rilevazione, sia alla verifica sulla veridicità delle dichiarazioni rese in occasioni di incidenti stradali, stimati in circa due milioni di euro». In buona sostanza, con gli atti de quibus, il Comune di Catanzaro ha deciso di affidare direttamente alla detta società israeliana, per l’importo di euro 23.180.000,00 esclusa la gestione dell’impianto, suscettibile di variazione pari al 15%, l’incarico di occuparsi della sicurezza della città, attivando 900 telecamere con il fine di accertare violazioni al codice della strada e di “sorvegliare” il territorio anche al fine di verificare la «veridicità delle dichiarazioni rese in occasione di incidenti stradali». Atti che si pongono «in violazione della normativa vigente in materia di adozione di atti amministrativi, di tutela della libertà personale, di affidamento degli incarichi da parte delle pubbliche amministrazionie, ed inoltre sono “macchiati” da macroscopici vizi amministrativi».

Un dirigente extra organico per lo staff del sindaco è una scelta illogica. Evidentemente non è passata inosservata la decisione di Abramo di opzionare il 45% del budget totale del piano assunzioni 2013 per il proprio staff fiduciario a chiamata diretta. Sicuramente una situazione che non tiene conto del grave bisogno di personale che l’ente ha in molti e strategici settori; una valutazione quella del sindaco che offende le tante professionalità che a vario titolo e senza gratificazioni personali e professionali ogni giorno mandano avanti la macchina comunale. E forse sarebbe stato giusto pensare a loro introducendo ad esempio criteri in grado di premiare le professionalità già formate e presenti nell’ente. Una decisione contro una città in grave crisi. Non solo delle somme a disposizione del Comune ne assorbe circa la metà lo staff fiduciario del Sindaco, quanto per la prima volta viene istituito un nuovo posto di dirigente dello staff: una vera e propria struttura autonoma nell’ambito della macchina burocratica comunale fuori dalla dotazione organica, il cui costo va oltre i 130 mila euro annui. Una decisione esplicita di Abramo che avrebbe potuto mettere alla guida del suo staff una professionalità sempre di valore ma con una retribuzione di gran lunga più bassa ad esempio da funzionario. Ed invece no la decisione ricade su un dirigente extra organico, un passaggio di non poco conto. Una assurdità, purtroppo, anche in ragione del fatto che molti e fondamentali settori dell’amministrazione sono retti attraverso dirigenti ad interim con oggettive difficoltà e continui rischi di inefficienze dell’intera macchina comunale. A questo si aggiunga che le altre assunzioni, con concorso, saranno tutti contratti part time, precari, mentre l’ente ha bisogno di lavoratori che si dedichino a tempo pieno alla progettazione e al lavoro concreto per la città. Scopo che si sarebbe potuto realizzare con scelte più oculate del sindaco. Di questo modo di fare politica i catanzaresi sono proprio stanchi e pretendono buona amministrazione. * consigliere comunale Pd

Nel caso de quo, manca in toto la motivazione degli atti con i quali il Comune di Catanzaro ha deciso di affidare direttamente alla detta società israeliana, per l’importo di euro 23.180.000 il servizio di vigilanza e controllo del territorio comunale con l’apposizione di 900 telecamere e di altri sistemi diretti a “catturare” immagini e informazioni direttamente connesse con la libertà delle persone. Come spiega l’avvocato Francesco Pitaro che si è occupato, gratuitamente, dell’istanza «non è dato capire quali siano le ragioni, sotto il profilo giuridico/normativo, che hanno indotto l’amministrazione ad affidare direttamente il detto incarico, a fronte di un considerevole importo, sacrificando il diritto primario delle persone e della comunità alla libertà e alla riservatezza delle proprie informazioni e della propria vita privata». Il Comune nell’atto deliberativo del 8/3/2013 non ha specificato, in modo preciso e netto quali siano le ragioni (che non vi sono), con riferimento alla micro e macro criminalità, le quali hanno spinto l’ente ad attribuire il servizio de quo, che è invadente e lesivo, per come più avanti sarà detto. Non ha indicato «dati e riferimenti ed elementi diretti ad identificare il “peso” che la criminalità ha all’interno del territorio comunale catanzarese e alla influenza che la stessa svolge nel tessuto sociale collettivo e alla incidenza della stessa sulla crescita economica e sociale e culturale della città e della comunità». L’atto, inoltre, è immotivato anche in ordine ai presunti annunciati benefici economici non essendo state spiegate, sotto il profilo tecnico, le ragioni, che comunque sarebbero irrilevanti, secondo cui dall’attivazione delle 900 telecamere deriverebbero accertamenti di un numero maggiori di violazioni al codice della strada nonché esborsi inferiori in relazioni agli “incidenti stradali”. Il Comune, insomma, si è limitato in modo generico e “scontato” a dire che l’attivazione del severo e inutile sistema di videosorveglianza comporterà dei benefici economici senza tuttavia spiegare i meccanismi tecnici che hanno portato alla conclusione secondo cui al Comune di Catanzaro deriverebbero dei profitti. Manca la motivazione, e non solo. La motivazione costituisce elemento essenziale di ogni atto amministrativo, è elemento ancora più essenziale allorquando l’atto amministrativo incida direttamente sui beni primari delle persone. L’applicazione delle previste 900 telecamere, su un territorio non esteso come quello della città di Catanzaro, non può non incidere direttamente e immediatamente sul diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata che è riconosciuto ad ogni persona e ad ogni cittadino e che trova il proprio fondamento anche nella Carta Costituzionale. A seguito della installazione delle annunciate telecamere, verranno posti, immotivatamente, sotto osservazione comportamenti e spostamenti e abitudini dell’intera comunità catanzarese. Le applicande 900 telecamere quotidianamente carpiranno, senza ragione, elementi e dati e informazioni che sono direttamente connesse con il diritto primario della persona alla riservatezza delle proprie informazioni.

23


24

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro L’indifferenza di chi sta fuori

Le mie prigioni di Francesco Cirillo

Se c’è un luogo, anzi un non-luogo, del quale non si parla, questo è il carcere. La dimensione carcere, non esiste per chi sta fuori da esso. Il non-luogo carcere è qualcosa che terrorizza e ne fa dimenticare l’esistenza. Esorcizziamo la morte, la malattia, la disgrazia, esorcizziamo anche il carcere. Facciamo finta che non esistano, che non ci appartengano. Eppure ci appartengono, ci riguardano. Il carcere, così come la malattia, antica quanto l’uomo, è ancora presente nella nostra civiltà moderna. Siamo riusciti a liberarci di un’istituzione come il manicomio, ma non siamo ancora riusciti a liberarci del carcere e dei manicomi giudiziari che sono strutture carcerarie dalle quali difficilmente si esce. Forme di “tortura democratica” che servono a terrorizzare quanti non si attengono alle regole ed alle leggi che questa “civiltà” si è data. Ma le leggi e le regole vengono fatte da chi ci governa, da chi detiene il potere, che naturalmente si è guardata bene dal potervi entrare. Un grande truffatore è difficile che resti per molto tempo ristretto in un carcere, così uno che falsa i bilanci di una società, o un direttore di banca che attua prestiti come un usuraio, o un politico venduto o compratore di voti o appartenente alla mafia alta e ben celata. È più facile quindi che finisca in carcere un piccolo delinquente, un ladro di appartamenti, un piccolo spacciatore, o chi ruba energia elettrica, o anche semplicemente in un supermercato. Basta leggere le tipologie di reato dei detenuti in tutta Italia per rendersene conto. La criminalizzazione delle droghe, con la legge BossiFini, che ha eliminato la differenza fra droghe leggere e pesanti e le quantità di droghe detenute perché si possa considerare spaccio piuttosto che uso personale, ha portato in carcere al 30 giugno del 2012 27mila cittadini italiani e 11.649 cittadini stranieri. Questo vuol dire quasi la metà della popolazione detenuta. E così la legge sull’immigrazione detiene in Italia quasi 4000 persone. Così come la famigerata legge sull’associazione mafiosa, che mette insieme il semplice picciotto con il boss mafioso con 6516 persone. In Italia la popolazione detenuta supera le 67mila unità. In Calabria, al 31 gennaio 2012, i detenuti nei 12 istituti penitenziari sono oltre 3.046, a fronte di una capienza complessiva di 1.875 posti. Di questi, dai dati forniti dal Dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, 55 sono donne e 2.991 uomini. Gli stranieri sono 591. Il sovraffollamento carcerario riguarda tutti gli istituti calabresi ad eccezione di quelli di Crotone (capienza 75, detenuti 15) e Laureana di Borrello (capienza 34, detenuti 30). Diversa la situazione negli altri istituti. A Castrovillari, a fronte di una capienza di 131 posti, sono presenti complessivamente 254 detenuti (24 donne e 230 uomini) dei quali 108 stranieri (il 42, 52% del totale, 9 donne e 99 uomini) Gli imputati sono 86 (15 donne e 71 uomini) e 168 i condannati (9 donne e 159 uomini). Al carcere di Siano di Catanzaro, i detenuti sono 592 (68 gli stranieri, l’11, 49%) contro una capienza di 354, dei quali 308 imputati e 284 condannati; a Cosenza la capienza è di 209 ma i detenuti sono 336 (58 gli stranieri, il 17, 26%), 169 imputati e 167 condannati; a Crotone la capienza è di 75 ma i detenuti sono 15 (2 gli stra-

Se c’è un luogo del quale non si parla, questo è il carcere In Calabria i detenuti sono 3.046 a fronte di una capienza di 1.875 posti Ma soffermiamoci a Paola con la storia di Emilio Quintieri nieri, il 13, 33%), 8 imputati e 7 condannati; a Lamezia ci sono 83 detenuti contro 30 posti (30 stranieri, il 36, 14%), di cui 39 imputati e 44 condannati e sta per essere chiuso; a Laureana di Borrello su 34 posti, i detenuti sono 30 (1 straniero, il 3, 33%), e tutti e 30 sono condannati; a Locri sono presenti 158 detenuti a fronte di una capienza di 83 (40 gli stranieri, il 25, 32%), 74 imputati e 84 condannati; a Palmi i posti sono 140 ma i detenuti 251 (12 stranieri, il 4, 78%), 211 imputati e 40 condannati. Ancora, a Paola i reclusi sono 264 su 161 posti (104 stranieri (39, 39%), 75 imputati e 189 condannati; a Reggio Calabria i detenuti sono 351 (31 donne e 320 uomini) a fronte di una capienza di 157 (13 donne e 144 uomini), con 24 stranieri (il 6, 84%, 4 donne e 20 uomini), e 290 sono gli imputati (19 le donne) e 61 i condannati (12 donne); a Rossano i detenuti presenti sono 351 mentre la capienza è di 233 (gli stranieri sono 83, il 23, 56%), cento imputati e 251 condannati; a Vibo Valentia, a fronte di una capienza di 268 posti, i detenuti sono 361 (61 stranieri, il 16, 90%), dei quali 162 imputati e 199 condannati. Dei 591 stranieri presenti negli istituti penitenziari calabresi, 306 sono europei (165 di Paesi dell’Unione europea, 18 ex jugoslavi, 75 albanesi e 48 di altri Paesi), 230 africani (53 tunisini, 87 marocchini, 16 algerini, 23 nigeriani e 51 di altri paesi), 32 asiatici (10 del Medio oriente e 22 di altri paesi) e 22 americani (3 dell’America del Nord, 3 del Centro e 16 del Sud).

Ma soffermiamoci un po’ sul carcere di Paola.

Emilio Quintieri

Qui c’è un detenuto particolare. Direi un detenuto “politico”. Si tratta di Emilio Quintieri. Ex appartenente ai Vas ( verdi, ambiente e società), da sempre conosciuto per le sue battaglie ambientaliste, contro i tagli di boschi nella zona di Cetraro, contro i rifiuti tossici lasciati nella fabbrica dismessa dell’Emiliana tessile a Cetraro. Fu grazie ad una sua denuncia che la Guardia di finanza, li trovò nascosti in un piccolo capanno e fu grazie alla sua costanza nel seguire la vicenda che i rifiuti vennero in seguito smaltiti. Ma il suo impegno ambientalista toccò anche la pesca abusiva che con reti pelagiche derivanti (le così dette reti spadare) veniva fatta, partendo proprio dal porto di Cetraro. Per questa sua presa di posizione venne aggredito da quattro malviventi e picchiato selvaggiamente. Da queste denunce ripetute, che coinvolgevano i silenzi su Cetraro, considerato dai più come un paese delle meraviglie, Emilio Quintieri entrò nel mirino delle istituzioni proprio per aver rotto equilibri naturali esistenti in questo paese del tirreno cosentino. Venne quindi arrestato per la prima volta a gennaio del 2010. A seguito di una perquisizione, nella sua abitazione, vennero trovate delle manette, del danaro contante e delle sostanze stupefacenti, evidentemente per uso personale. Questo bastò per gettarlo in pasto ai quotidiani regionali come spacciatore o peggio ancora capo di qualche clan mafioso. Nel comunicato stampa fatto dai carabinieri, si immaginò tutta una situazione che poi venne smentita dai fatti, che lo prosciolsero. Per cui, si dimostrò che il danaro contante era stato a lui consegnato dall’associazione sportiva dilettantistica “Don Russo Nova volley Cetraro” al fine di essere corrisposta ad una ditta a titolo di compenso per alcuni lavori svolti di serigrafia. Una restante somma invece, erano i proventi di una vincita conseguita dall’imputato tramite acquisto di una schedina della pallavolo, come attestato dal tagliando di schedina Intralot. Infine le manette. Si trattava di cose in possesso di Quintieri a causa della sua pregressa attività di guardia giurata volontaria.


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

L’indifferenza di chi sta fuori

Direttamente, Quintieri si rende conto di quale sia la situazione nelle nostre carceri, e aggiunge, nella sua lettera: «Mi auguro che il nuovo Parlamento metta subito mano a smantellare lo stato di polizia che principalmente nel nostro Paese è diventato asfissiante procedendo all’abrogazione della legge FiniGiovanardi sulle droghe, della legge Bossi-Fini sull’immigrazione e della legge ex Cirielli sulla recidiva, tre leggi criminogene varate dalla maggioranza di centrodestra negli anni passati nell’era Berlusconi. Natuaralmente occorre anche una seria riforma della Giustizia proibendo ai pubblici ministeri l’utilizzo in modo indiscriminato dell’istituto della carcerazione preventiva che oramai ha raggiunto livelli insostenibili ed inaccettabili in tutta la repubblica italiana e che contribuisce ad alimentare il sovraffollamento dei nostro istitui penitenziari già migliaia di volte ritenuti dei veri e propri luoghi di tortura da parte delle istituzioni internazionali. Qui nel carcere di Paola la situazione è disastrosa!».

Ma è proprio questa continua persecuzione nei suoi confronti che spinge Emilio Quintieri ad interessarsi di problemi legati alla giustizia ed al carcere. Apre una campagna internazionale a favore di un detenuto cetrarese, in carcere nonostante una malattia tumorale in corso. Si trattava di Alessandro Cataldo, arrestato nell’ambito di una inchiesta sul traffico di droga nella costa tirrenica. Se non fosse stato per l’impegno di Quintieri che fece fare un’interrogazione parlamentare alla ministro Cancellieri, dai deputati radicali, sicuramente il detenuto sarebbe deceduto in carcere o avrebbe commesso qualche pazzia. Quintieri si era mosso dopo aver una richiesta di aiuto da parte dei familiari del detenuto ed una lettera da parte di alcuni compagni di cella dello stesso, preoccupati per il suo stato di salute. Così risponde all’interrogazione il ministero della Giustizia: «Una volta accertato il male, è stata, infatti, richiesta una visita specialistica ed è stato, altresì, prospettato l’eventuale ricovero presso il reparto oncologico dell’azienda ospedaliera PuglieseCiaccio; per di più, attesa la gravità della diagnosi e le possibili ripercussioni psicologiche sul malato, si è ritenuto di sottoporlo a grande sorveglianza sanitaria e, contestualmente, è stato richiesto un adeguato sostegno psicologico. Il Cataldo, peraltro - prosegue il sottosegretario alla Giustizia Gullo - ha effettuato tutti i trattamenti prescrittigli per la cura della sua patologia tumorale in un centro oncologico specializzato dell’ospedale di Catanzaro, distante circa 3 chilometri dal penitenziario. Inoltre, a partire dallo scorso mese di maggio e, cioè da quando il predetto detenuto ha iniziato il 1o ciclo di chemioterapia in regime di ricovero, lo stesso si è recato a cadenze regolari presso l’ospedale di Catanzaro, rispettando il calendario predisposto dal centro. Anche nel penitenziario, ha sempre eseguito i necessari controlli clinico-laboratoristici, con una

frequenza pressoché quotidiana. Ciò posto, segnalo che la competente magistratura di sorveglianza ha autorizzato e/o ratificato sia il ricovero, che le visite specialistiche in ospedale del Cataldo, il quale - conclude l’esponente del Governo - in data 23 agosto 2012, a motivo delle gravi condizioni di salute, è stato posto agli arresti domiciliari, con ordinanza del presidente del Tribunale di Catanzaro". Insomma, c’è voluta l’interrogazione parlamentare perché a Cataldo venissero concessi gli arresti domiciliari. E così dopo questa battaglia, Quintieri si impegna nel Partito radicale, fino ad esserne candidato nella lista calabrese del partito nelle ultime elezioni politiche. Ed ecco il nuovo arresto. Proprio durante la campagna elettorale. Se Quintieri fosse stato un grosso politico, o già un deputato, si sarebbero mobilitate tutte le pattuglie dei partiti. Ed invece nessuna solidarietà, nessun comunicato a suo favore, nessun interessamento sulla sua vicenda. Quintieri a sua volta finisce nel tritacarne della giustizia italiana. E questa volta, senza alcuna prova. Bastano le testimonianze di altre persone contro di lui, perché i carabinieri finiscano di nuovo a casa sua e perquisirla, senza trovare nulla però, ma Quintieri viene arrestato lo stesso. Questo è quanto scrive Emilio Quintieri il 16 marzo scorso, in una lettera a me indirizzata: «Sono stato raggiunto da una ordinanza custoriale emessa dal gip del Tribunale di Paola sulla base di dichiarazioni fatte ai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Paola da dei soggetti tossicodipendenti, alcuni dei quali non ho la più pallida idea di chi siano e di dove siano. Contrariamente a quando scrive qualche sciacallo di “giornalista” non esiste null’altro nei miei confronti. Solo queste dichiarazioni tutte simili fra di loro e quindi preconfezionate e non genuine e spontanee oltre che illegali ed inutilizzabili ai fini processuali perché assunte in violazione di quanto prescrive il codice di procedura penale».

Ora Quintieri continua la sua battaglia nel carcere di Paola, riuscendo a coinvolgere e far aderire tutti i detenuti ad un iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica ed i politici verso i problemi carcerari. "Comunico che tutta la popolazione detenuta ristretta nella casa circondariale di Paola (Cosenza) ha aderito alla manifestazione nazionale promossa dall’onorevole Marco Pannella, leader del partito radicale, per denunciare ancora una volta la condizione disastrosa in cui versano le carceri della Repubblica. Con una nota sottoscritta da 250 detenuti, primo firmatario Emilio Quintieri, è stato comunicato alla direzione del carcere di Paola, al Provveditorato regionale della Calabria ed al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che pertanto da lunedì 25 a venerdì 29 marzo 2013 sarà rifiutato il vitto ministeriale giornaliero (colazione, pranzo e cena) chiedendo che lo stesso venga devoluto in beneficienza al convento dei frati minimi di San Francesco di Paola o altro ente che sarà individuato dalla direzione della casa circondariale di Paola e comunicato alla popolazione detenuta, tramite avviso nelle bacheche dei reparti detentivi (I, II, III, IV e V). Di quanto sopra ne verrà data notizia anche al sig. Magistrato di Sorveglianza di Cosenza ed al ministro della giustizia per opportuna conoscenza». Il deputato Ernesto Magorno ha sùbito fatto visita ai detenuti, ricevendo per il suo atto di solidarietà le critiche del sindacato della polizia penitenziaria. Il Sappe lo accusa di non aver incontrato i sindacati. Ma la giornata era quella dei detenuti in sciopero della fame e sulle loro condizioni di vita all’interno di questo inferno. Dimostrazione ne è che si continua a morire nelle nostre carceri. È di pochi giorni fa la notizia di un nuovo suicidio nel carcere di Siano a Catanzaro. In Calabria, nel 2012, i suicidi sono stati 3, i tentativi 36, gli atti di autolesionismo 167, i decessi per cause naturali 3, i ferimenti 18, le colluttazioni 81. A Catanzaro ci sono stati 2 suicidi e 5 tentativi di suicidio. È chiaro a tutti che non si può andare avanti così, che occorre mettere in atto provvedimenti seri e definitivi. Non basta un indulto o un’amnistia. Che ben vengano, ma occorre depenalizzare. Ancora vige il codice fascista Rocco, ancora c’è una visuale del reato tipica di un regime fascista e non certamente democratico. Moltissimi detenuti potrebbero non essere arrestati per reati piccoli e le forme alternative sarebbero molteplici, non solo quelle domiciliari.

25


26

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Ansie dietro lo sportello

Ubi, la Bce del Mezzogiorno di Oreste Parise

Che rapporto c’è tra tra questioni così diverse e lontane tra di loro? In primo luogo il fatto che i forestali rappresentano il lato reale dell’economia, la parte sana del sistema, il collegamento con il mondo reale. Per anni sono stati additati come dei parassiti, un ostacolo per lo sviluppo, uno spreco di risorse. Tutto quanto si può dire di negativo per un fenomeno economico è stato utilizzato per descrivere il fiume di danaro che lo Stato ha destinato al più inutile degli investimenti. Se questo non può essere contestato, bisogna dire che la politica forestale adottata dal governo regionale ha una logica keynesiana ineccepibile poiché si tratta di una spesa propulsiva dello sviluppo, in grado di sostenere l’economia. Le critiche sono rivolte tutte all’attuazione di quel piano di investimento. A partire dal sistema di reclutamento del personale attuato con sistemi puramente clientelari, all’utilizzazione dei lavoratori che non hanno trovato una organizzazione efficiente per trasformare la loro azione parassitaria in un momento di crescita e di sviluppo dell’intera regione. Immaginiamo cosa sarebbe successo se tutti i boschi calabresi fossero diventati dei paradisi, puliti, ordinati, con aree di sosta attrezzate, con itinerari guidati, piste ciclabili, parchi naturali arricchiti con fauna autoctona, con la pulitura “persino” delle cunette. Chi e cosa hanno impedito di predisporre dei programmi per utilizzare quei lavoratori in attività utili? Non bisogna dimenticare che quei soldi sono entrati nel circuito dell’economia reale. Cosa pensare allora di una notizia come il pericolo che anche la Deutsche Bank, la mitica banca universale tedesca sia a rischio per i contratti di derivati, speculazioni di borsa, jocarielli finanziari che rischiano di sconvolgere l’intera Europa? Alle migliaia di forestali calabresi sono stati distribuiti quattro spiccioli, una elemosina al confronto delle retribuzioni milionarie degli pochi supermanager che si sono succhiati il nostro sangue, poiché la forza della loro economia è nella nostra debolezza. Se si confrontano i valori, i forestali hanno avuto gli spiccioli confrontati ai valori in gioco nella Deutsche Bank, che fanno impallidire anche il grande scandalo del Monte dei Paschi di Siena. Se quei danari fossero stati utilizzati per politiche di sostegno dell’economia reale, certamente non staremmo a piangere per il tunnel di crisi di cui non si vede più la fioca luce in lontananza. Alla fine il disordine mediterraneo ha una logica molto più realistica della sofisticata economia finanziaria che per anni è stata venduta come la panacea di tutti i mali. Secondo le indiscrezioni filtrate vi è una concreta ipotesi che tra il 2007 e il 2010 la banca abbia fatto registrare perdite su derivati per un valore che si aggira sui 12 miliardi di dollari, Anche la virtuosa Germania non è immune dagli scandali bancari. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa la Bundesbank, l’istituto centrale del Paese, e Bafin, l’autorità di controllo del settore finanziario, starebbero attualmente indagando su Deutsche Bank.

Attesa per l’assemblea dei soci della Banca prevista a Bergamo il 20 aprile. Forte il ruolo della Falcri guidata da Emilio Contrasto L’accusa nei confronti della più grande banca d’Europa sarebbe quella di aver nascosto nel periodo dal 2007 al 2010, in piena crisi economica, le perdite del suo portafoglio derivati per una valore fino a 12 miliardi di dollari, pari a circa 9 miliardi di euro. Una somma con la quale si potrebbero pagare i forestali calabresi per trent’anni e più. Non è meglio, allora, regalare soldi a migliaia di persone, piuttosto che consentire a quattro supermanager di giocare con la vita della gente? L’interrogativo è di stretta attualità, poiché una delle ragioni della cocente sconfitta del centrosinistra in Italia è certamente l’infelice idea del pretendente premier di soffermarsi sul controllo delle transazioni finanziarie dei pensionati per arginare il fiume di evasione. In questo schema si dimentica troppo facilmente il ruolo svolto dal mercato finanziario, dai paradisi fiscali, dai movimenti speculativi. Possibile che nessuno abbia il coraggio di dire con chiarezza basta alla speculazione di borsa? Possibile che nessuno si sia accorto che entità come la Deutsche Bank o lo stesso Monpaschi agiscono al di fuori e al di sopra del controllo politico? Possibile che nessuno si sia accorto che stiamo morendo per l’eccesso di finanziarizzazione del sistema economico? È necessario ribadire che è molto meglio sprecare in soldi nell’economia reale piuttosto che in speculazioni di borsa. Per questo sono molto meglio e più “ecologici” i forestali calabresi dei derivati tedeschi! Che effetto fa sui poveri e mortali (e quasi morti sotto il peso fiscale) elettori, sapere che tra i grandi trafficanti di denaro si trovano ministri di Hollande e collaboratori di Giulio Tremonti? In questo periodo, com’è giusto, l’attenzione è concentrata sull’elezione del Presidente della Repubblica, che costituisce un tassello importante per indovinare il mosaico della nuova politica. Nello stesso tempo, però, si sta svolgendo il rito delle assemblee annuali delle banche. In assenza di una politica creditizia dei partiti, queste diven-

tano un terreno di confronto sul futuro del sistema bancario. La politica ha perso la sua capacità di proposta, poiché è in tutt’altre faccende affaccendata, e questo ruolo non può essere assunto dai sindacati che si devono fare portatori di una istanza di innovazione e rinnovamento che non può limitarsi unicamente ai costi della politica. Il credito è uno degli anelli deboli del sistema in questo momento, perché troppo occupato a leccarsi le ferite di stagione di grandeur, di occupazione del mondo, di autonomia che si è tramutata in arbitrio. Le regole di Basilea presupponevano e presuppongono dei soggetti responsabili, poiché il controllo prudenziale affidato ai ratio di bilancio richiedono una rigorosa e corretta gestione, una autoregolazione che non ha funzionato affatto. Le grandi banche hanno tradito le aspettative dei mercati, e la buona fede dei risparmiatori, si sono trasformati in formidabili strumenti speculativi che hanno bruciato i risparmi di milioni di persone in attività che neanche gli stessi supermanager si sono dimostrati in grado di saper gestire. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’equilibrio creato con l’abbandono del dirigismo statale sull’attività finanziaria non è in grado di governare l’economia ed occorre una grande riforma incentrata su pochi punti: la scissione dell’attività bancaria in creditizia e finanziaria e il ridimensionamento degli istituti in dimensioni accettabili e tali comunque da ritornare ad essere sottoposti all’autorità di controllo pubblico. In Europa questo significa portare tutte le grandi banche sotto la tutela della Bce, come già deciso. Il processo stenta a partire e ogni ritardo provoca sussulti sul mercato poiché il sistema appare ingovernabile. Di particolare interesse per il Sud l’Assemblea dei soci di Ubi Banca, che si terrà a Bergamo il prossimo 20 aprile. Avendo perso qualsiasi soggetto bancario o finanziario, quanto accade nell’Ubi assume una importanza fondamentale per il Mezzogiorno, per la sua massiccia presenza e il peso che ha negli aggregati creditizi. Quest’anno l’assemblea assume particolare rilevanza il rinnovo delle cariche sociali per il prossimo triennio e la definizione delle strategie e le politiche del gruppo da attuarsi nei prossimi anni. IN tutte le sedi occorre porre l’accento su due aspetti importanti nell’attività bancaria, il ritorno alla centralità dell’economia reale e l’esigenza che il Sud abbia proprio protagonisti nel mercato bancario.


Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Ansie dietro lo sportello

L’assemblea dei soci si riunirà per il rinnovo delle cariche sociali

Scelte determinanti per il futuro

Limitandoci al caso Ubi

Come già avvenuto in passato Unità sindacale, Falcri-Silcea anche quest’anno parteciperà all’assemblea con una propria delegazione. Il suo massimo rappresentante all’interno dell’istituto è Emilio Contrasto. «Vogliamo giocare un ruolo attivo nell’assemblea, dichiara, e a tal fine abbiamo organizzato un folto numero di colleghi che hanno acquisito quote del capitale per per rappresentare le istanze e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori. Vogliamo, altresì, che il territorio diventi nuovamente protagonista della gestione bancaria. Le criticità vanno affrontare e risolte con un piano organizzativo e commerciale che esalti le potenzialità presenti nelle singole realtà locali. Non possiamo più consentirci scorciatoie o espedienti di corto respiro». «I diversi piani industriali presentati dall’azienda nel corso degli ultimi anni si basavano unicamente sulla contrazione del costo del personale. Un sacrificio reso necessario dall’adozione di strumenti informatici che consentono uno straordinario aumento del numero di operazioni. Oggi abbiamo bisogno di valorizzare il grande patrimonio dell’azienda rappresentato dalle Risorse Umane, poiché dobbiamo aiutare le aziende a risollevarsi da questa crisi infinita. Nell’azienda vi sono capacità e competenze che possono svolgere un ruolo essenziale in questa direzione», aggiunge Emilio Contrasto. Senza un intervento delle banche, non è possibile immaginare alcuna ripresa dell’economia. Ma la politica bancaria è vincolate da una selva di norme che ne impediscono l’attività. Mai come in questo momento è evidente l’esigenza di intervenire legislativamente nel settore e il sindacata deve farsi carico di portare queste istanze in sede politica. «I meccanismi di vigilanza si sono rivelati incapaci di affrontare un lungo periodo di crisi. Le restrizione del credito alle famiglie e alle imprese, ha provocato un drastico peggioramento dell’economia. Il credit crunch ha un effetto simile all’austerity imposta sui bilanci pubblici che si è abbattuta come un ciclone sul già debole sistema economico. Questo non ce lo possiamo più consentire. La nostra forza è l’energia presente nella società, negli industriali e nelle famiglie. Per uscire dalla crisi dobbiamo scommettere su noi stessi», conclude Emilio Contrasto.

L’assemblea dei soci di Ubi Banca, che si terrà a Bergamo il prossimo 20 aprile, quest’anno assume particolare rilevanza in quanto, tra i punti all’ordine del giorno, è previsto il rinnovo delle cariche sociali per il prossimo triennio. Saranno, infatti, eletti i 23 membri del Consiglio di sorveglianza che, a sua volta, dovrà nominare il Consiglio di gestione. Si tratta dei massimi organismi che decideranno le strategie e le politiche del gruppo da attuarsi nei prossimi anni ed è, quindi, evidente come tali scelte saranno determinanti per il futuro di Ubi ed è quindi necessaria la massiccia partecipazione in assemblea anche dei lavoratori/soci del Gruppo. Come già avvenuto in passato Unità sindacale Falcri-Silcea parteciperà all’assemblea con la propria delegazione - costituita da un folto numero di colleghi e strutture - per rappresentare alla proprietà le istanze e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori di Ubi nonché la necessità di affrontare e risolvere le criticità di carattere organizzativo e commerciale che interessano il Gruppo. In tale contesto, la delegazione Unisin valuterà attentamente i programmi che saranno presentati dalle diverse liste candidate al rinnovo del Consiglio di sorveglianza al fine di esprimere la propria preferenza nei confronti della proposta che risulterà più rispondente alle seguenti richieste dalla scrivente organizzazione sindacale, già - peraltro - presentate ai soci nel corso dell’assemblea dello scorso anno: - l’effettiva adozione, coerentemente con quanto enunciato anche nel Codice etico di Ubi, di politiche di gestione che tutelino e valorizzino il fondamentale e primario patrimonio dell’azienda rappresentato dalle risorse umane, non svilendo l’insieme di capacità e competenze già da queste acquisite; - un sistema di relazioni industriali improntato al raggiungimento, nel rispetto dei ruoli, di soluzioni effettivamente condivise e partecipate; - impegni precisi rispetto alla necessità di ristornare ai colleghi parte degli ingenti risparmi conseguiti sul costo del lavoro attraverso, ad esempio, l’erogazione di un adeguato premio aziendale; - adeguata immissione di nuova forza lavoro, soprattutto nella rete commerciale per sopperire alla grave carenza degli organici in molte unità produttive e previsione, in un’ottica di attenzione alle nuove generazioni, di percorsi di carriera, commisurati alle professionalità espresse, realmente esigibili e certi nei tempi e nelle modalità di realizzazione; - la cessazione di ogni indebita pressione sui lavoratori; - la definizione di strategie di sviluppo innovative, mirate all’incremento dei ricavi e non solo al contenimento dei costi (in primis il costo del personale), alla netta riduzione dei costi relativi agli organi societari delle diverse aziende del Gruppo ed al contenimento strutturale dei costi riferibili a consulenze esterne, benefit, appalti esterni; - garantire l’adeguato e puntuale presidio dei territori serviti mediante, soprattutto, l’attuazione di politiche del credito e commerciali, a favore di Pmi - famiglie, enti pubblici e terzo settore - che tengano conto dello specifico tessuto economico del territorio. È necessario garantire certezze al Gruppo. A coloro che hanno deciso di presentare la propria candidatura alla guida di Ubi si chiede, quindi, di esprimersi con chiarezza sulle proposte di Unisin. Le risposte alle sollecitazioni sopra proposte, che saranno approfondite nell’intervento assembleare di Unisin, sono determinanti nella costruzione di un percorso comune e condiviso che vada anche nella direzione di salvaguardare le tradizioni delle varie aziende - al fine di costituire le condizioni che effettivamente consentano alle società del Gruppo di svolgere al meglio il ruolo di “banche del territorio” - e sia portatore di valori universali, riconoscendo lo straordinario impegno profuso dalle donne e dagli uomini di Ubi che, con grande e incessante abnegazione, hanno effettivamente portato il Gruppo ad essere uno tra i più importanti e rappresentativi del Paese. La segreteria Unità sindacale Falcri-Silcea Gruppo Ubi Banca

27


28

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro Zapping politico

Che Governo c’è stasera in tv? Il futuro del Paese ormai si fa ogni sera nei salotti televisivi, tutti parlano perché tutti pensano di aver vinto. In realtà il voto degli italiani parla di sfiducia e di grande voglia di cambiamento e fa comodo ai nostri politici far finta di nulla per non perdere poltrona e primo piano... di Giuseppe Aprile

Ci sono ad impressionare di brutto, certe storture in questo mondo italiano, che sono aggiuntive e bel altra cosa rispetto a quelle che sono sulla bocca di tutti per effetto di un sistema informativo dominato da testate giornalistiche che dovrebbero cominciare ad essere abbattute o ridimensionate. Penso ai “giornalisti conduttori” ed alle “conduttrici non giornaliste” che fomentano solo quello che fa comodo alla parte del sistema dominante per quanto riguarda la tv ed a tanti giornalisti di alta e inspiegabile retribuzione che viene spiegato con il livello di mercato conquistato ma che sono da logiche da società disordinata e mal si conciliano con l’etica di una società dove la qualità della cultura e delle arti devono essere funzionali all’educazione e alla formazione senza sfuggire al buon gusto dei consumatori. Determinano che grandi questioni, le più importanti forse, restano fuori da quanto serve per la crescita della società e per aiutare la discussione sui temi davvero interessanti per l’uomo. Cosa sta avvenendo in questi giorni in Italia? Ve lo dico subito. I grandi problemi non vengono nemmeno menzionati. Ci sono state le elezioni politiche solo una manciata di giorni addietro. La gente è dovuta recarsi alle urne per rinnovare i rappresentanti nei due rami del Parlamento: Camera e Senato. Ognuno ha espresso il proprio voto a modo suo. C’è chi è andato a votare e c’è chi no. Chi è andato ha votato per una delle liste in scheda elettorale. Tra questi andati, c’è pure chi ha presentato scheda bianca; non ha espresso nessuna preferenza quasi sicuramente perché tutti i partiti gli sono sembrati eguali. E se l’uno vale l’altro, avrà detto, tanto vale che non voti per alcuno. “Perché è andato a votare?” qualcuno si sarebbe chiesto. Perché non ha voluto che si sapesse del suo dissenso su tutti e per tutti. Tanto sapeva che il voto è segreto e la cabina le avrebbe potuto consentire di fare quello che avrebbe voluto senza che alcuno sapesse niente. Poi ci sono stati quelli che hanno votato per interesse personale. C’è chi ha dato la preferenza ad uno o all’altro

simbolo. Infine si deduce che gli elettori si sono divisi tra astenuti, votanti, votanti scheda bianca o annullata, votanti perché legati da uno di quei motivi che contraddistinguono gli effetti dell’apparato governativo o parlamentare o partitico e dei riferimenti territoriali di regionali, provinciali, comunali. Una grandissima percentuale di elettori vota sotto l’influenza di interessi acquisiti sui vari livelli del potere politico sul territorio. Sono oramai assoluta minoranza quelli che votano per ragioni ideali, per scelta di valore civile, libera, per convinzione di valore etico e ideologico. La fascia di coloro che una volta comprendeva quasi tutti gli elettori, ora è ridotta ad una minoranza striminzita. Perché nel corso degli anni i partiti si sono deteriorati, hanno deluso, sono venuti meno ai propri obblighi. Molte loro promesse in sede elettorale, nella vita politica vissuta si sono rivelate fasulle. Ha dominato il progetto applicativo di un programma o di una idealità, un fatto funzionale a prendere il voto, farsi eleggere per poi dimenticare, non fare alcunché di quello che aveva fatto sperare. Di questo passo tutta la classe dirigente è andata via deteriorandosi e la campagna elettorale è diventata un episodio staccato dal resto del tempo di vita per partiti ed eletti; quindi di governanti e di minoranze sempre relativamente capaci di valorizzare il ruolo di opposizione e di diverso. È avvenuto quello che i critici e gli storici andavano preferendo, ma senza potere inter-

venire in tempo in quanto il loro fare era privo di poteri di intervento. Il deterioramento della politica, quindi dei governanti e delle istituzioni rinnovabili, era un fenomeno che non si arrestava. Inoltre, ad imbarbarire la vita delle istituzioni concorrevano due precisi fenomeni aggravanti del tutto. I fenomeni negativi della società mal governata, che andavano sempre più allargandosi e potenziando la loro influenza, che erano diventati le clientele e i comitati di affari, invadevano tutte le vicende politiche, elettorali, istituzionali. L’economia restava sempre più isolata e mal protetta nel mentre la criminalità di origini particolarmente meridionali (calabrese, sarda, siciliana, campana, pugliese) avanzava con le sue forze condizionanti e l’intera vita del paese andava sempre più deteriorandosi fino ad arrivare alla crisi spaventosa di questi giorni che vede registrare il crollo dei partiti, l’abbassarsi del valore delle elezioni, il depotenziamento della politica in genere e soprattutto una sorta di crisi di coscienza e di attività economiche che hanno oramai invaso il tessuto economico e sociale, fino al punto che tutti pensano al peggio e pochi sperano nel futuro. Non ci sono più i partiti che una volta, invece, andavano per la maggiore e impegnavano tutti in una grande battaglia dove si confrontavano democristiani e comunisti, socialisti e liberali, destra e sinistra, centrosinistra e sinistre estreme e destre estreme e monarchiche. La centralità erano i partiti e non gli uomini. Una volta gli uomini si dividevano in base ad un credo politico e si


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Zapping politico

viduale, sono minoritarie le forze del male, della speculazione, della degenerazione della politica che sta determinando la degenerazione dello Stato. I più sono i contribuenti onesti e precisi, fedeli assertori di uno Stato che sia di servizio e di utilità ai cittadini tutti ed al mondo intero, difensori della libertà e del pluralismo, delle libertà politiche, religiose, individuali e sociali, forti assertori di uno stato dove la legge sia davvero giusta ed eguale per tutti, degni della propria storia e dei valori eroici dei propri predecessori che hanno insanguinato il proprio eroismo e tutto quanto ha determinato la storia del mondo e di questa nostra nazione. I più sono lavoratori probi, pensionati che si accontentano di vivere di una pensione pur modesta che sia e pagano le tasse oltre i loro doveri-anche perché lo stato fiscale s’è dotato di strumenti per non farli “scappare” dalla logica della loro vita come contribuenti su cui si fonda la vita dello Stato interamante; i più sono meccanici, impiegati, donne di casa, lavoratrici, madri, donne, studenti, figli di gente onesta e seria, meridionali ma soprattutto cittadini di uno stato unitario che seppure non c’è lo vogliono fare, vecchietti nel proprio paese e nei luoghi dove godono la propria vecchiaia ma anche in sofferenza patita pur di non trasgredire ai bisogni fondamentali della società che sanno sempre in continua evoluzione verso traguardi sempre migliori. Siamo una terra meravigliosa di paesaggi incantevoli, creatività artistica, professionisti di grande valore, operai ed impiegati che fanno il proprio dovere nelle scuole, negli uffici, gente dei campi che vive di tradizioni e di lavoro per esperienza vissuta da generazione in generazione, ragazzi che giocano e studiano, fanno il proprio dovere nelle proprie famiglie e sanno evitare devianze d’ogni sorta. Questo Paese è bello, assai bello e ha un corpo che si può dire davvero sano. E sicuramente saprà individuare quanto gli giova e quanto no, fino al punto che siamo arrivati ai giorni nostri dove davvero si rischia la confusione e la degenerazione. Ma non avverrà.

attestavano su questo o quel partito dove, pur essendoci come sempre coloro che per ragioni particolari, tradizionali o non, aderivano senza grandi ragioni storiche, la maggior parte dei protagonisti elettorali e politici apparivano convinti di questa o di quella tesi; sempre nobile e però comunque rispettabile. Ora non si capisce più niente. Sempre c’è stata la delinquenza, ma mentre una volta aveva relativa influenza sulle dominanti ragioni politiche e ideologiche con cui faceva i conti con un potere di influenza identificabile e governabile, ora s’è arrivati che è sempre più ridotta la buona ragione degli elettori e sempre più invadenti troviamo le ragioni della criminalità e delle influenze di coloro che vanno sempre più maturando l’idea che lo Stato sia interesse da conquistare, osso da spolpare, terra da conquistare per ridurla ai propri bassi interessi e contro l’interesse generale della gente. Lo Stato è degenerato eccessivamente. Non voglio dire definitivamente, perché ho grande fiducia nella storia culturale e sociale di questa nostra nazione che è tra le più grandi del mondo, come qualità e umanità e capacità di produrre economia e civiltà. Ma sicuramente in modo assai preoccupante perché, mentre le masse popolari sono composte di gente perbene che ha sempre creduto e crede in grandi ideali, laici o cristiani che siano, di libertà o di stato di diritto che segna in qualche maniera la difesa della libertà economica e indi-

Le ultime elezioni sono state esemplari del vero stato di questo Paese. Hanno condannato chi ha male governato, ha imbrogliato le carte, ha fatto vedere “lucciole per lanterne” ma senza riuscire ad evitare le proprie responsabilità e le proprie pecche. Se si legge bene il risultato elettorale, non si potrebbe fare confusione né circa le responsabilità del male, né sulle terapie da sviluppare per rilanciare la politica, l’economia e la cultura. Il motivo di questo scritto è proprio la certezza che potremo farcela nonostante la gravità del momento che è e resta sul terreno della politica degenerata e di quanto certi “politici” hanno fatto di male e fanno con l’obiettivo di ridurre sempre più la cosa pubblica in fattore privato, tradurre l’interesse generale in interesse privato e nelle mani di pochi approfittatori, far pagare le tasse ai lavoratori ed ai giusti e proteggere l’evasione dei furbi, dei ricchi e delle banche. Si tratta di capovolgere un sistema politico che sta rovesciando i termini della democrazia e sta creando confusioni abbattendosi sul diritto, sulla libertà e sulla Costituzione. Che sta avvenendo? In pochi, stanno spostando i termini delle vere discussioni che sono emerse dalle elezioni in poi. Chi ha detto che il primo problema oggi è la costituzione di un governo? È sicuramente un problema, uno Stato deve avere un Governo, ma questo va fatto secondo la volontà dei cittadini e senza che alcuno si erga a difensore della nazione nel mentre l’ha affossata. Non sono i costruttori dei mali di questa nostra nazione che possono avere la medicina per curarli. Nei fatti il maggior candidato a vincere le elezioni, favorito anche dal fallimento epocale del centrodestra berlusconiano, era Bersani con tutto il Pd. È

stato candidato chi aveva governato per due anni dopo essere stato presentato come “europeo salvatore della patria”. Monti ci ha ingannato. Era rimasta in piedi ogni forza che ha ritenuto di farlo. Lega Nord, Idv, Udc, Radicali, tante diramazioni comuniste e socialiste; sono state fatte nuove aggregazioni come l’unione di Verdi, Rifondazione, Comunisti italiani, forze tipiche e provenienti dal settore della magistratura (Ingroia, Di Pietro, De Magistris) tutt’altro che autonoma e infalllibile, ed altri ancora. Bene, è avvenuto l’inimmaginabile. L’elettorato italiano, maturo, intelligente, capace non s’è fatto fregare da nessuno ed ha dato un risultato che ora in tanti si ammassano per interpretarlo a proprio uso e consumo senza riuscirci, ovviamente. Lo stallo è proprio qui. Da una parte chi non vuole morire anche se l’elettorato lo ha ammazzato con il proprio voto, chi spera ancora nella logica interpretativa che per innumerevoli anni ha determinato comportamenti e gestioni negativi rispetto a quello che gli elettori avevano espresso con il loro onesto voto; comunque voto che non andava interprtetato solo come numero, ma anche come qualità e significato. Una cosa è il voto di chi ha utilizzato l’apparato statale, governativo, aggregato per ragioni di interessi clientelari e criminali, altro è il voto onesto di chi ha voluto esprimere una preferenza, un giudizio, una libera espressione di volontà, sincero voto di opinione, senza influenze di sorta. Ricordiamo su come e su quanto si sono fondate certe maggioranze? Certo, anche quella di Prodi e Berlusconi a suon di porcellum, simil-porcellum e premi di maggioranza (una volta si chiamavano legge truffa!). Perché per lor signori il cittadino non ha anche il diritto di schifarsi fino al punto che intende avvalersi del diritto di non votare. Eccoci ai nostri giorni dove sistematicamente si nasconde la grande verità. Nessuno può fare il governo, perché a nessuno è stato riconosciuto il diritto o è meritevole di farlo. Non lo può fare Berlusconi che ha avuto solo il 29% dei voti, non lo può fare il Pd che ha avuto altrettanta percentuale -voto più o voto meno, nulla importa rispetto alla volontà degli elettori). Non lo ha meritato Monti che tutti ritengono una illusione seguita da delusione e che ha racimolato solo un misero 10% con tutto l’ex partito di Cuffaro e Fini e Montezemolo. Tutti questi partiti, a parte che sono grandemente minoranza e quindi non legittimati nemmeno a pretendere di fare il governo, nemmeno se si mettono tutti assieme. Pdl, Pd e Lega Nord insieme hanno perso dodici milioni di voti in soli cinque anni (2008-2013) e sono tutti ex-apparato di governo, chi più e chi meno. Tenendo conto che tra il 2008 ed il 2013 s’è aggiunto un altro 6% di astenuti, e che chiaramente tra astenuti, votanti M5S, schede bianche e nulle c’è la stragrande maggioranza degli elettori italiani, unica vera comunità fuori discussione, innegabile maggioranza esistente secondo la volontà degli elettori, ampia, chiara, oceanica, va detto con quale coraggio in tanti parlano, discutono, occupano spazi televisivi e giornalistici, ritengono con diritto di dire come e quando si deve fare un governo, invece di ritenersi restituiti a quella casa privata e personale, che Beppe Grillo, con giudizio confermato dalla stragrande maggioranza degli elettori italiani, aveva indicato. È per questo che il presidente della Repubblica avrebbe dovuto fare la voce giusta -ed ancora aspettiamo che la faccia!- segnando la vera area dentro la quale avrebbe colto il diritto e la volontà degli elettori italiani; ossia, la volontà matura della nazione. Ma Napolitano è tanto anziano. Si sta rivelando capace di errore e senza la dovuta lucidità. Lo diciamo con tutti il rispetto che si deve al Presidente della Repubblica.

29


30

Sabato 6 Aprile 2013

Mezzoeuro

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)


Mezzoeuro

Sabato 6 Aprile 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)

Pensioni nel caos

Denis Nesci ringrazia

Presidente che vince non si cambia La conclusione dei lavori relativi al V congresso nazionale della Fna ha lasciato dentro di me una bellissima sensazione, perché mi ha dato l’ennesima dimostrazione di quanto la strada tracciata nel corso degli anni sia quella giusta. È una strada fatta di lavoro, sacrifici, giornate intense, ma anche e soprattutto di soddisfazioni e grandi risultati, una strada che siamo decisi più che mai a continuare a percorrere, giorno dopo giorno. Riflettendo sulle giornate appena trascorse mi sento particolarmente orgoglioso per il fatto di essere stato riconfermato presidente nazionale del patronato Epas: si tratta di un riconoscimento che ha un valore eccezionale per me, e il fatto di essere stato eletto per acclamazione dall’organo più importante dell’organizzazione promotrice, il Congresso nazionale Fna, non può che aumentare la mia gioia e spingermi a ringraziarvi di cuore per questa scelta. Da parte mia, come sempre, continuerò ad operare secondo quelle che sono le linee guida della Fna, secondo quei principi e quei valori che tutti insieme portiamo avanti da anni e che si fondano sulla legalità, l’impegno, la voglia di mettersi al servizio della gente e dei nostri assistiti. Grazie ancora a tutti. Denis Nesci presidente nazionale patronato Epas

Tra maxi conguagli e incertezza sui salvaguardati Crisi, disoccupazione, difficoltà per aziende e famiglie nel restare a galla nel presente e avere prospettive realmente serene per il futuro: i problemi per i lavoratori di oggi e di domani sono ormai arcinoti e si spera che presto, in qualche modo, i governi dei diversi Paesi possano trovare la quadratura del cerchio e dare impulso ad una nuova fase di crescita economica. Spesso però, al cospetto di questa realtà preoccupante, ci si dimentica dei drammi che riguardano i lavoratori di ieri, di tutti quei cittadini che, dopo una vita di lavoro, mai avrebbero pensato di dover fare i conti con un sistema pensionistico che spesso dà vita a situazioni che non è esagerato definire drammatiche. «Le enormi difficoltà presenti nel mondo dell’occupazione -dice il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- sono sotto gli occhi di tutti ed esigono soluzioni rapide ed efficienti. Tutto ciò però non deve far sì che venga trascurata un’altra serie di problemi -aggiunge Nesciriconducibili al concetto di welfare, ossia la situazione delle diverse migliaia di cittadini che guardavano alla pensione come ad un momento di serenità guadagnato col lavoro di una vita e che

invece si trovano a fare i conti con riforme, leggi lacunose, incertezze legate alla propria posizione fiscale che danno origine a brutte sorprese». Le numerose riforme previdenziali hanno lasciato parecchi strascichi negativi, relativi non solo all’innalzamento (in molti casi molto brusco) dell’età pensionabile, con un’autentica rivoluzione per quel che concerne i requisiti utili per approdare al pensionamento; tra le conseguenze degli interventi tesi a modificare il panorama della previdenza in Italia, infatti, troviamo parecchie situazioni tuttora in bilico, fatte di incertezza e confusione, specialmente per quel che concerne i concetti di “salvaguardati”, “esodati” e altri termini tecnici entrati ormai a pieno titolo nel vocabolario comune come parole che indicano presagi funesti. Nonostante rassicurazioni, messaggi e comunicazioni di ogni tipo da parte delle massime istituzioni in materia, a partire dal Ministero del Lavoro e finendo all’Inps, la sostanza è che ad oltre un anno dall’ultima riforma non si sono ancora concluse le procedure per la salvaguardia del primo gruppo (65 mila beneficiari) di lavoratori esodati. Ciò che inquieta gli italiani è come, a fronte di una grande celerità nel mettere a punto la riforma, sicuramente penalizzante per i lavoratori e i pensionati, corrisponda una lentezza snervante nello stabilire chi abbia diritto alle prestazioni previdenziali e nell’assicurare ad ognuno il godimento dei diritti acquisiti. Accanto a queste situazioni penalizzanti figlie di interventi legislativi e normativi che è possibile definire “non a misura di cittadino”, ne esistono altre generate da conguagli e misure fiscali non

solo pesanti nella loro essenza, ma per di più accompagnate da modalità di attuazione che lasciano senza parole. Moltissimi pensionati, che hanno lavorato come impiegati statali, insegnati, esponenti delle Forze dell’ordine, hanno constatato che l’importo della pensione accreditata sul loro conto è stata pari a 2 euro: l’amara realtà deriva da conguagli di natura fiscale, ma ciò che lascia allibiti è che tutto ciò non sia stato anticipato da alcuna lettera o da qualche avviso. In sostanza, queste persone si sono trovati nelle condizioni di dover affrontare un mese intero senza pensione, senza preavviso e senza la possibilità quindi di rateizzare quanto dovuto al fisco o di prepararsi (per quanto possibile) adottando qualche eventuale contromisura. La richieste di spiegazioni avanzata da questi pensionati, poi, non ha avuto riscontri particolarmente significativi, aggiungendo al danno la beffa di ore e ore spese nella rabbia per quanto accaduto e nell’attesa vana in fila agli sportelli degli enti previdenziali competenti. «Al di là della legittimità degli importi trattenuti -afferma Denis Nesci- reputiamo ingiusto mettere i cittadini in questo tipo di situazioni. Credo che ognuno debba avere il dovere di versare al fisco quanto stabilito dalle leggi, ma che abbia anche il diritto di condurre una vita dignitosa: questi due aspetti non possono entrare in contrasto, e in questi casi specifici credo che sarebbe stato corretto informare per tempo i diretti interessati circa quanto stava avvenendo -conclude il Presidente Nazionale del Patronato Epas- e consentire loro di rateizzare il pagamento, garantendo loro il diritto/dovere di cittadini».

31



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.