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Mezzoeuro
0,50 + 0,50 Voce ai giovani
numero 17 - Anno 12 Sabato 29 Aprile 2013
settimanale d’informazione regionale
Voce ai giovani Ce la faranno i nostri eroi a rimanere in Calabria? www. mezzoeuro.it
Stop alle farmacie, la pillola non va giĂš
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro
Il legno storto
Il Pd come il Titanic Chi potrà salvarlo dal naufragio? L’immagine è di quelle che fissano bene una situazione: ciò che è capitato al Titanic è nella memoria collettiva, chi ha potuto evitare che si inabissasse? Non siamo a quel tragico evento col Pd, ma un suo affondamento è nel timore di molti. In questi giorni, dopo la Caporetto del Partito platealmente messa sotto gli occhi del Paese Mezzoeuro dai comportamenti adottati per l’elezione Fondato da Franco Martelli del Presidente della Repubblica, è difficile Ediratio aggiungere molto altro a tutto quello che Direttore responsabile Domenico Martelli impietosamente si va dicendo e scrivendo Registrazione su di una forza politica che non si sa come possa Tribunale di Cosenza n°639 riacquistare credibilità ed affidabilità. del 30/09/1999 Per fortuna,una vittoria come quella in Friuli Redazione e amministrazione dà un po’ di conforto: evidentemente il fragore via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza del crollo non si è fatto ancora sentire. Ma occorre Responsabile settore economia fare altre riflessioni a prescindere da un ottimismo Oreste Parise che si vorrebbe far rinascere troppo in fretta. Progetto e realizzazione grafica Per la verità, non si è mai dovuto far fatica Maurizio Noto a praeconizzare al Pd, fin dalla sua nascita telefono 0984.408063 fax 0984.408063 abortiva (purtuttavia presentata da molti, allora, e-mail: ediratio@tiscali.it come un parto felicissimo), fallimenti ai quali Stampa immancabilmente sarebbe andato incontro. Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Anche in tutto quello cui lo scrivente ha avuto Diffusione sempre modo di richiamare (in tantissimi Media Service di Francesco Arcidiaco specifici interventi), ovviamente ignorato, si sono telefono 0965.644464 fax 0965.630176 di volta in volta sottolineati i deficit che rendevano Internet relations N2B Rende inevitabili gli affanni e le cadute del Pd. Iscritto a: Ed ecco oggi a qual punto si è arrivati e che appare Unione Stampa Periodica Italiana sempre più un punto di non ritorno; ecco confusione e sbandamento, lotte tribali, esplosioni di egoismi, vendette e ritorsioni feroci. Un Pd che non riesce a nascondere le sue falle, che n. 12427 fa acqua da tutte le parti editore
di Franco Crispini
Ora il problema vero è chi capeggerà la rifondazione del Partito dove, sia detto, vi sono anche “Quelli di sinistra che odiano la Sinistra”, vi è di tutto insomma: a farsi avanti per “rifondare” vi saranno, dietro Renzi ( ne correranno a frotte), dietro Barca ( ve ne andranno meno), e chi sa chi, tutti quelli che hanno contribuito allo “sputtanamento”, traditori, trasformisti, opportunisti, e saranno magari questi stessi ad avviare le “pratiche” preparatorie dei Congressi rifondatori, per poi, alla fine, uscirne vincenti e dare l’avvio a nuove rovine. Il quadro in cui da tempo e per tanto tempo si muoveva il Pd, al quale Bersani soprattutto con le cosiddette “parlamentarie” di fine dicembre ha dato il colpo di grazia (anche se tutta la croce non può essere buttata addosso al Segretario ora dimissionario), aveva lasciato maturare germi di sicuro fallimento. Non si ricorda più a chi si è dovuto affidare il Pd? Non si ricordano più le esclusioni dalle Liste di tante persone perbene, di tante espressioni qualificate della società civile? Ha ragione Fiilippo Ceccarelli a scrivere in questi giorni su “la Repubblica”: «la pochezza del dibattito culturale, La stanchezza della democrazia interna, La subalternità estetica ai modelli berlusconiani. La mediocrità della classe dirigente e parlamentare promossa con elezioni primarie per lo meno malintese, se non manipolate... con l’aggravante di una furbizia da scemi», con tutto questo così efficacemente descritto, ed altro che vi si può aggiungere, come poteva non esservi un vero “sprofondamento” nella fossa che era stata scavata? È sembrato che una “cupio dissolvi” dovesse nelle tragiche giornate delle votazioni per il Quirinale, impossessarsi di tutti quelli che d’altra parte per anni hanno lavorato al disfacimento del Pd. Una postazione privilegiata per vedere di che veniva e viene alimentato il peggio nella vita e nelle azioni del Pd. è stata sempre ed è quella che può essere offerta dall’area geografica di alcune province meridionali, dalla Campania alla Calabria,che travasano continuamente sangue infetto in questo Partito e, nelle occasioni particolari (le Primarie sono tra quelle privilegiate) fanno esplodere i suoi grossi bubboni. A partire da una simile degradazione che la geografia del Partito mostra più marcatamente, si può risalire ai modi ed alle vie che sono state prese per fare del Pd un Partito capace di accumulare e vivere su errori a ripetizione, di rinnovarsi peggiorando, di guastare sensibilità giovanili uscite illese dalle selezioni a rovescio che vengono fatte ma che servono solo in ultimo a tentare di tenere in piedi una struttura traballante. C’è anche una particolare antropologia dei gruppi dirigenti che è interessante analizzare: siamo di pronte a profili umani di risentiti, rancorosi, invidiosi, senza arte né parte, sospettosi di chiunque ha una professione intellettuale o meno, seguaci di una cultura interna meno che liquida e fatiscente, col culto dei luoghi comuni, con inclinazioni bullistiche: è quanto emerge sempre, e si fa più vistoso allorchè si devono dare prove di forza di gruppi interni che devono difendere la loro busta paga. Nel corso della trasmissione televisiva da Montecitorio, si sono viste molte facce di diessini sconvolti ed eccitati ( tra cui anche qualcuna “presentabile”): non aiutavano a capire come si era potuti arrivare a quel punto, né il calabrese Minniti, (sempre paracadutato), veterano dei listini, batteva ciglio sullo stato di eterno commissariato del PD in Calabria che lui conosce bene da decenni. La fatica improba che occorrerebbe fare è ora propria questa,di estrarre dalla fossa un Partito che in aree come la Calabria e altrove, vi è stato fatto precipitare da molti di quegli stessi che dovrebbero recuperarlo come una forza politica necessaria alla nostra società. A quali strumenti democratici ricorrere per richiamare in vita un PD frantumato tuttora in mano ad individui e gruppi spietati ed ingordi, incalliti nelle trame e negli intrallazzi (con la pace dei buoni) di ogni genere? Si invocano i Congressi che sono certamente occasioni di confronti pubblici, momenti per portare alla ribalta persone nuove, non guastate da anni pratiche mortificanti, ma alla fine quello del Congresso si risolverà in un rito dietro il quale nascondere ennesime operazioni di potere nelle quali di nuovo il PD andrà ad infognarsi.
Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro La risalita possibile
Un piano d’attacco per il Mezzogiorno Una nota di incoraggiamento con tocco soft che meglio si addice al destinatario, un in bocca al lupo elegante e poi, non secondario ovviamente, un consiglio da non perdere. Ci sono queste tre “anime” nella nota che l associazione Assud presieduta dall imprenditore Andrea Guccione invia all aspirante premier Enrico Letta. Il momento è quello che è, inutile sottolinearlo. Le ansie e le aspettative sono esponenziali al livello di sofferenza generalizzato e non deve stupire più di tanto nessuno se alla fine il vero “tifo”, quello con la testa sulle spalle, è che se ne venga fuori in qualche modo. Tutti, senza lasciare nessuno in coda. «Sono ore di attesa e di comprensibile ansia queste - esordisce nella nota Assud -. Dopo oltre due mesi di stallo assoluto dallo spoglio delle schede elettorali forse si intravede all orizzonte la possibilità che il Parlamento metta in piedi un governo. Il gravoso e nobile tentativo è ora nelle mani immaginiamo sudate di Enrico Letta ed è a lui che va il nostro sentito incoraggiamento. Non sappiamo quanti vorrebbero trovarsi al suo posto in questo momento ed è per questo che al “mite” e sobrio Letta va il nostro sincero in bocca al lupo. In questa fase chiunque abbia a cuore le sorti malandate del Paese - continua l associazione guidata da Andrea Guccione - non può che fare il tifo per lui ed è unanimemente riconosciuto che ove mai dovesse farcela a quadrare il cerchio Letta avrà agito con le qualità umane e intellettuali che nessuno gli disconosce a partire ovviamente dalla sensibilità per la mediazione che è il suo punto di forza. Detto questo e incrociando le dita per il difficile compito da portare a termine ci sentiamo di rivolgere un appello all aspirante, e ci auguriamo non tale da qui a pochi giorni, premier. Un piano straordinario e immediato per il Mezzogiorno. Questo chiediamo a Enrico Letta. Un azione d attacco da inserire nei punti preliminari della sua agenda di governo e lo chiediamo ora che naturalmente vive la sua fase più calda la contrattazione tra le parti politiche in campo. Quello del Mezzogiorno - continua ancora Assud - non è un problema che attiene solo alla sfera sociale del Paese. In gioco non c è solo l equità delle aspirazioni e delle possibilità ma c è un dato che spesso ancora sfugge a larga parte della classe dirigente. Il Sud con la sua disoccupazione e il suo Pil così deprimente rappresenta al contrario l unica possibilità di ripresa vera dell intero Paese. Se infatti non si rimette in cammino il motore del Mezzogiorno diventa assai difficile se non impossibile immaginare un riscatto economico dell Italia intera. Lo dicono i dati, lo suggerisce la logica, lo impone il sistema macroeconomico.
Questo chiede l'associazione Assud all'aspirante premier Enrico Letta. Un punto cruciale da inserire immediatamente nell'agenda di governo
Andrea Guccione Sopra, Enrico Letta
Ognuno faccia la propria parte e reciti il legittimo copione della parte politica che rappresenta - conclude Assud nella nota del presidente Guccione . Ma Letta imponga a tutti un piano straordinario per il Mezzogiorno. Non mancano modi, termini e contenuti da mettere in campo a supporto del piano ma questa, riteniamo, è una fase successiva. Ora è invece il tempo della contrattazione, dei paletti, degli impegni. E quello di un piano straordinario per il Sud è ormai un impegno improcrastinabile». Dunque Assud riaccende i motori semmai s è concessa una pausa, quantomeno di superficie. La fase del resto è cruciale e per un associazione interregionale che ha a cuore la rivincita del Mezzogiorno non dev esserci paradossalmente tempo migliore di questo per scendere prepotentemente in campo. La sensazione è che vi siano in cantiere iniziative d impatto importanti nel breve e medio periodo anche perché, diciamolo francamente, il retaggio “caldo” da cui attingere purtroppo non manca. Proprio nel numero scorso di Mezzoeuro il presidente Andrea Guccione non ha fatto mistero di puntare a un tavolo eccezionale per lo smobilizzo immediato dei fondi Ue, utilizzando procedure anche queste eccezionali facenti perno sull azzeramento degli impedimenti bu-
rocratici. E che dai fondi Ue a disposizione del Mezzogiorno passi gran parte della possibilità di risalita lo si evince chiaramente anche dall impietoso report del ministro Barca, di recente pubblicato sul sito ma anche sulla stampa locale. La foto che ne viene fuori è quella di un ritardo insopportabile a livello di spesa e prima ancora di progettazione, lacune che non è più consentito dilatare oltre. A corroborare poi il quadro decadente ma anche incandescente d insieme la “foto” di Cgia Mestre a proposito dell Irpef e dei pensionati del Sud. A causa dei piani di rientro dai debiti colossali della sanità il cittadino e pensionato meridionale, e ovviamente calabrese, è costretto a pagare un addizionale maggiore rispetto al resto del Paese. La disoccupazione, sono numeri e non commenti, è nel Mezzogiorno a livello del primo dopoguerra e la sensazione, in assenza di bombardieri e mine antiuomo, è se possibile ancora più alienante. C è il “dopo”, con i suoi effetti, ma manca la “guerra”, nel senso che nessuno la combatte e la riconosce come tale anche se di fatto c è. E colpisce. In tutto questo c è da mettere in conto una ritirata progressiva dello Stato, inteso come servizi ma anche come presenza reale nella vita economica del Paese. E chi è chiamato a pagarne le conseguenze più onerose è naturalmente il Mezzogiorno che di classe media impiegatizia ha vissuto e cresciuto le proprie generazioni e ora, in mancanza di un piano B, naviga nel buio. Lo Stato ritira la sua presenza ma manca chi, o cosa, può prendere il suo posto. Diventa inevitabile a questo punto, con questo scenario, puntare anche e soprattutto al Sud su un ingresso più franco delle imprese con l obiettivo di aggredire frontalmente la disoccupazione. Ma deve convenire, ci vogliono idee in campo. Il tempo è quello giusto e Assud probabilmente sceglierà bene le sue uscite. Non è da oggi che va proponendo la defiscalizzazione per un tempo di cinque anni per quelle imprese che in fase di start up puntano a un buon livello di presenza sul territorio meridionale, con annesse conseguenze sul piano occupazionale. Carne da ardere al fuoco del Mezzogiorno non ne manca, a guardare bene. E a chi snobba (o prova a farlo) la centralità della macroregione come interlocutore privilegiato è il caso di ricordare che un migliaio di chilometri più su c è ancora chi, in nome del fiume che s è forse annoiato di ascoltarli, va ripetendo che il quadro politico per il grande nord s è compiuto. Realizzato. Sono rigurgiti, e schegge, di un tempo andato nei fatti e che però può ancora far male al Mezzogiorno. Proprio ora che c è l ultima partita da giocare.
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro Duemila anni e sembra ieri Di buono Scopelliti c'ha che in qualche modo poi la dice la verità. Non si nasconde più di tanto e si diverte pure a fare il trasparente. L’altro giorno a corollario dell’esclusione o del non ingresso di Roberto Occhiuto in giunta regionale è stato, a suo modo, chiarissimo. Primo punto, Demi Arena e cioè il quarto tecnico che la legge consente deve entrare. Poi un giorno spiegherà se ne avrà voglia perché Arena doveva entrare per forza. Un segreto inconfessabile che conoscono lui e l’interessato, ovviamente. Faccende reggine, immaginiamo. Forse non del tutto confessabili ma non è questo il punto. Arena entra e quel che conta, dice Scopelliti, non è mai stato messo in discussione. Punto due, il più curioso. Scopelliti in conferenza stampa dice che se fosse stato per lui avrebbe deciso già da tempo (ovviamente escludendo Occhiuto) ma siccome l’Udc mostrava d’avere un po’ di ansie (anche finte) ha dovuto aspettare. E ha aspettato anche se in realtà ha prima verificato che ci fosse una schiarita sul piano nazionale. Dopodiché siccome il partito nazionale gli chiedeva di far entrare Occhiuto e quello locale di lasciarlo fuori consentendo invece a Dattolo di prendere posto in giunta ad n certo punto decide. Non chiarisce se decide perché così gli viene chiesto, suggerito dal partito o se decide perché quel giorno gli girava così. Decide e basta ma è sul finire che dice la cosa più intrigante. Non ho dovuto litigare con nessuno per prendere questa decisione, dice. Né con l’Udc nazionale né, tantomeno, con quello locale. E allora qui qualcosa non torna. Se non ha dovuto litigare con nessuno allora vuol dire che qualcuno dell’Udc ha ceduto sul versante del pressing a favore di Occhiuto. Resosi conto che sul piano nazionale il futuro berlusconiano di Casini non è probabil-
L’ultima cena Roberto Occhiuto, il giovane ex deputato Udc e pupillo di Casini, non entra in giunta regionale. Ha deciso Scopelliti, dice Che però giura di non aver litigato con nessuno E soprattutto giura di non aver visto scendere lacrime sul viso di Trematerra e Gentile mente in discussione né condizionabile dalla giunta regionale calabrese Scopelliti, con ogni probabilità, è solo con i nostri del posto che s’è confrontato. E non avrà trovato resistenze nel lasciare fuori Occhiuto. Che se fosse entrato, invece, avrebbe sì scatenato un po’ di casino. Tonino Gentile tanto per cominciare non l’ha mai nascosto di preferirlo fuori e non dentro, il giovane ex deputato cosentino. Per svariate ragioni, non
ultima quella che tra cavalli di razza ci si riconosce e ci si annusa e un territorio meno è presidiato da competitori meglio è. È su queste basi che s’è retto fin qui mezzo secolo di classe dirigente politica che, come è sotto gli occhi di tutti, ha portato progresso e civiltà alla nostra terra. Ma c’è anche un’altra ragione del perché Gentile non voleva Occhiuto. Perché con Occhiuto dentro la squadra regionale il senatore Gentile difficilmente avrebbe potuto giocare da solista la partita della prossima Regione, sempreché Scopelliti non ne abbia più voglia. Un calcolo ben preciso che non sarà sfuggito nemmeno a Galati, altro pretendente al potere del dopo Scopelliti. Per ora, per questa stessa ragione, Gentile e Galati hanno temporaneamente smesso di farsi la guerra ma è una tregua, non durerà. In tutto questo, per non scontentare nessuno, Scopelliti si sarà accorto che ogni volta che incontrava Ginone Trematerra non scendevano lacrime sul suo viso al solo pensiero di tenere Occhiuto fuori e si sa che Scopelliti è il più bravo a fare due più due. Se quello s’arrabbia e si mette di traverso, quell’altro pure e quell’altro che dovrebbe piangere poi non piange affatto allora faccio bene io a portare dentro Demi Arena, avrà realizzato Scopelliti. Che peraltro deve entrare per forza e solo loro sanno perché. Il dado è tratto. La giunta nuova è così pronta. E ci sono pure gli auguri di Scopelliti perché Occhiuto possa entrare niente di meno che nel governo. Lì non troverebbe opposizioni calabre ma fiori e opere di bene. Questa è una terra orgogliosa assai dei suoi migliori talenti...
In primo piano, Tonino Gentile e Peppe Scopelliti Sullo sfondo Gino Trematerra e Roberto Occhiuto
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro In sala rianimazione
Idee, non carte di identità Potrebbe commettere un grave errore chi pensa che il futuro del Pd, dopo l'intifada dei nostri giorni, sarà solo generoso con chi ha meno di 40 anni Lo scontro vero in prospettiva, pare centrato invece più sui contenuti, sui profili, sullo spessore reale E qui chi ha più filo, come è noto, tesserà E rottamazione fu. Anzi, sarà. Ma guai a farsi trascinare dal giro vorticoso delle sole carte d'identità. Potrebbe essere un fatale errore di sottovalutazione. Per un partito che forse non doveva neanche nascere e sul quale, in gran parte più per presunzione che per sostanza, poggia ancora una bella fetta di speranzosa politica italiana era impensabile che arrivasse una liquidazione totale in saldo. Si procede per gradi, per scompartimenti come nelle migliori famiglie dei grandi magazzini. Ma per costituzione e come abbiamo anche visto per sciagura al Pd manca il padrone e la cultura padronale ed è per questo che l'operazione di "reset" sarà più complicata del previsto. Se sei vecchio ti tirano le pietre cantava una canzone ma oggi nel Pd c'è da stare attenti ad esser giovani. Può non bastare e poi ci sono giovani e "giovani" e c'è sempre una silente e sottile regia in questo maledetto partito. Anche mediatica. La scivolata che ha preso Renzi sull'investitura di Prodi non è da meno rispetto a una delle tante che ha preso Bersani eppure non sono stati tanti quelli che gliel'hanno fatta pagare. E si capisce bene il perché. Oggi chi ha la facoltà di entrare nelle stanze sudate del potere romano del Pd racconta che nessuno più mette in discussione che ci sarà un uomo solo al comando e si chiama, e si chiamerà, Matteo Renzi. Anche se Letta farà bene, anche se ci prenderà gusto, anche se via via proverà a smarcarsi dal sindaco di Firenze verso il quale invece s'è di recente avvicinato. Oggi sono tutti con Renzi, o tutti verso Renzi, o tutti in prospettiva sul cavallo di Renzi. È la natura dell'uomo, dei grandi eserciti, delle guerre che non si sanno combattere. Mancava un leader e ormai un po' tutti non aspettano altro che sia Renzi il numero uno. È suo il volto più spendibile e questa è una rassegnazione via via stratificata a più livelli. Ma qui comincia il bello. Al centro come in periferia o in
Rosso sangue
Rifondare la sinistra: quale? Quando gli storici affronteranno, con la serenità di giudizio che dovrebbero garantire, la vicenda della rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale per supplica dei partiti costretti a riconoscere la loro incapacità a trovare, su un nome condiviso, la maggioranza necessaria si dovrà partire da lontano, perché la rielezione di Napolitano segna il momento di implosione di un partito che "non è mai nato" e che coltiva e alimenta all'interno degli apparati tutti i vizi e i difetti degli ex-comunisti democristianizzati. L'interrogativo, legittimo e urgente, è se oggi il Pd può essere considerato politicamente espressione della sinistra italiana e,s e lo è, quali sono i valori e il disegno politico in cui la sinistra si può riconoscere. Con l'incarico a Enrico Letta di dare vita a un governo di larghe intese, cioè centrato su un accordo PdPdl con il supporto della Scelta Civica montiana, l'asse politico si sposta incontrovertibilmente a destra. Si ha un bel dire che è una scelta obbligata, che tornare al voto subito riprodurrebbe una analoga situazione di ingovernabilità anche se dovesse prevalere il centrodestra sul centrosinistra, per come dicono i sondaggi.. Si capirà presto a tutela di quali interessi hanno impedito che nascesse un governo di segno diverso. In attesa di vedere cosa accadrà in parlamento al momento del voto di fiducia al governo la sinistra ha di che riflettere, dentro e fuori dal Pd, sulla mancata ma possibile elezione di Stefano Rodotà Nichi Massimo a capo dello Stato, sui 101 "traditori" ad ogVendola D’Alema gi anonimi e liberi di replicare, sulla presa di posizione di Sel che non voterà il governo delle larghe intese e, certamente non per ultimo, il manifesto politico di Fabrizio Barca che vuole rifondare il Pd riconsiderando il pensiero gramsciano nella proiezione di una sinistra europea moderna, capace di rigenerarsi recuperando i valori della grande tradizione socialista e socialdemocratica. Ma è una sinistra tutta da costruire che richiede maturità di analisi e responsabilità che vanno oltre l'appartenenza. Nichi Vendola si è già smarcato e a chi lo taccia di ingratitudine va risposto che il centrosinistra deve ai voti di Sel la vittoria di misura sul centrodestra,in forza di un' alleanza che escludeva qualsiasi accordo col Pdl e col berlusconismo. Oggi Vendola annuncia voto contrario al governo delle larghe intese nella consapevolezza che non è il governo di cui ha bisogno il Paese. Molto dipenderà, inoltre, dall'evoluzione che avrà il Movimento 5 Stelle, dalla sua capacità di costruirsi una identità politica oltre Grillo, senza doverlo necessariamente sconfessare o isolare. Quanto al Pd, per quello che ha dimostrato di essere o di essersi ridotto, riconoscere che "l'amalgama non è riuscito" non vuol dire soltanto dare tardivamente ragione alla datata diagnosi dalemiana ma avere la consapevolezza che o si cambia o si muore.
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Sabato 27 Aprile 2013
In sala rianimazione
Da sinistra Mario Oliverio, Pierluigi Bersani e Franco Laratta In primo piano Matteo Renzi
L’affondo
È giunta l’ora dell’addio di D’Attorre La complessa fase politica che sta vivendo il Paese e che ha prodotto tra i suoi effetti le dimissioni del segretario Bersani di tutta la segreteria e del presidente Bindi, ha acceso il dibattito tra i militanti ed ha, com'è naturale, profondi riflessi anche sulle vicende calabresi del Partito democratico. Ritengo che quanto drammaticamente accaduto imponga l'accelerazione di una profonda fase di rinnovamento che porti il Pd fuori dal guado e dall'immobilismo nei quali è caduto. Il presupposto di questo nuovo percorso è innanzitutto quello di tutelare l'unità stessa del Pd, che rappresenta un patrimonio indispensabile alla vita politica del Paese e della nostra regione. Occorre per questo, nonostante le inquietudini del momento, che tutte le aree del partito siano capaci di confrontarsi con la lucidità e la pacatezza necessaria per superare una fase così lacerante e convulsa, senza lasciarsi tentare da impulsi scissionistici o dalle sirene del grillismo. È necessario che questo processo coinvolga tutti e che nei territori e in ciascun circolo Pd si sviluppi il dibattito, senza reticenze e senza alcun settarismo o preclusione per alcuno. Detto questo, con serenità, ma con altrettanta fermezza, l'area "renziana" rinnova le sue richieste, che ora più che mai devono essere urgentemente accolte. Premessa di questo nuovo percorso è, infatti, che tutta la classe dirigente del partito compia di un passo indietro come diretta conseguenza di quanto avvenuto a livello nazionale. In questo contesto, senza alcun indugio, si chiede che il commissario D'Attorre prenda atto di non avere più la legittimità di guidare il partito nella nostra regione e lasci il suo incarico consentendo che la gestione della fase congressuale sia affidata ad un comitato di reggenza che sia rappresentativo delle diverse aree e dei territori calabresi. Essendo venuta meno la leadership di Pierluigi Bersani, infatti, la figura di Alfredo un commissario nominato da un segretario e da una segreteria che non esiD’Attorre ste più, non ha pertanto ragione di essere. D'Attore rischia di diventare come quel soldato giapponese che continuò a difendere la sua postazione anche quando la Guerra era finita e i suoi generali si erano arresi da tempo. Il Pd calabrese non può attendere un minuto di più, deve voltare pagina e affrontare i congressi provinciali e regionali, così com'era stato richiesto da tempo, parlando di contenuti e delle risposta da dare alle impellenti domande che giungono dai calabresi, e non discutendo sterilmente solo di regole o di altre questioni che in questo momento non interessano più di tanto i cittadini. Un'esigenza che in questo momento è ineludibile proprio nel momento in cui si ridiscuterà degli elementi fondativi del partito stesso e delle idee che si vogliono mettere in campo. Coloro che si ispirano alle proposte di Matteo Renzi, sono pronti a mettersi in gioco e ad essere motore delle idee di un nuovo Pd che riparta dalle domande dei territori che metta da subito al centro il lavoro, l'innovazione la sburocratizzazione della vita pubblica. Il cammino da fare è tanto, ma l'area "renziana" è pronta a ripartire e a percorrerlo all'interno di un nuovo Partito democratico. Ernesto Magorno deputato del Partito democratico
periferia della periferia, come la Calabria ovviamente. Terra sospesa tra congressi di plastica che non si terranno mai e commissari ormai virtuali reggenti sul nulla (D'Attorre). Ma anche qui, anche questa è periferia del grande impero e non mancheranno risvolti. La sberla presa dai bersaniani è stata potente, prepotente. Forse definitiva ma si fa presto a dire renziani. Occhio e calma e gesso. Basta dare un'occhiata al movimentismo, o al doppio piede uno di qua e uno di là. E allora vedi che d'improvviso Laratta sembra nato a Firenze. Principe a Pisa. Magorno poi, giustamente, vive sull'Arno. Minniti sta zitto, più o meno come sempre, ma se potesse farebbe il Palio di Siena. Adamo sta zitto pure e con lui la deputata (bersaniana di ferro fino a ieri) che si chiama Enza Bruno Bossio e che è sua moglie. Entrambi, i congiunti, non li si sente fiatare a proposito dell'intifada ma non sorprenderebbe nessuno se d'improvviso parlassero come Benigni. Tutti toscanacci insomma, tutti con qualcosa in comune a Matteo Renzi. Che però, dicono, ha sguinzagliato uomini e moventi per "pedinare" con cautela le periferie dell'impero che andrà a raccogliere. Uomini giusti ai quali non sarà sfuggito niente, nessun passaggio e nessun retaggio. Note che verranno fuori al momento opportuno perché oggi non è il tempo giusto. Ma quanto potrebbe rivelarsi ingenuo reinventarsi un look giovanile a tutti i costi. Ingenuo e fuorviante. Forse non è "giovane" neanche Renzi da questo punto di vista ma conta poco. La vera sfida, quella che farà da filtro inevitabile, è e sarà tra chi ha idee e valori, e chi no. Tra chi ha strumenti e cultura per leggere la nuova società in movimento frenetico, e chi no. Tra chi ha sensibilità adeguata per gettare il cuore del civismo oltre l'ostacolo, e chi no. Tra chi preferisce impegnarsi per conto terzi e chi, il conto dei "terzi", lo ha bonificato sul suo. La vera sfida è questa nel Pd che verrà e che oggi è in rianimazione. Non morirà, tranquilli. Ma non resusciterà per forza col cuore di un ventenne. Avrà un cuore nuovo ma senza età, non serve. Servono profili e idee. Il resto è vecchio per definizione.
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Mezzoeuro
Sabato 27 Aprile 2013
Con gli stessi uomini, inutile attendere la resurrezione
Il suicidio del Pd
Il palazzo del Quirinale sede del Capo dello Stato
di Tonino Simone*
È proprio vero che in politica le dinamiche e gli accadimenti sono imprevedibili, cosi come mostrano di viaggiare più veloce della luce. Addirittura in modo tale da non poter essere inseguite, recepite e modulate dal pensiero umano e della fantasia stessa. Cosa, questa, al tempo stesso inverosimile e stupefacente. Nessuno avrebbe mai immaginato che sull’elezione del Capo del Stato si sarebbe consumato il suicidio politico ed ideologico del più grande partito democratico e riformista del nostro paese e del mondo occidentale. Partito che fino ad una manciata di giorni fà si pensava che godesse non solo di ottima salute ma, addirittura, di stravincere le elezioni politiche e di porre fine alla lunga e devastante stagione politica ed esperienza berlusconiana. Tutto ciò, lascia sgomenti, increduli e delusi non solo gran parte del popolo italiano ma, in special modo, quanti hanno da tempo sperato con ardore e passione in un imminente riscatto etico e morale della politica, la fine di un periodo buio fatto di squallore e di degrado istituzionale. Riscatto che si pensava ormai essere alle porte in virtù della certissima e consistente vittoria elettorale del Pd alle elezioni politiche del 24 e25 febbraio ultimo scorso. Il lungo sonno della ragione, per troppo tempo ha pervaso di troppe illusioni un’intero corpo politico il quale, ha perseverato in una incessante inconsapevole opera di autodistruzione in ragione di pratiche e percorsi di autotutele e difese di privilegi. Privilegi invisi ad un intero corpo elettorale ed all’intera collettività. Privilegi, autodifese e rendite, verosimilmente non più compatibili con una stato di grave crisi non solo economica ma, anche etica, morale e politica. I ritardi culturali del Pd nella sua interezza, così come la cecità del suo personale politico, ciascuno per per proprio conto e per varie ragioni, hanno impedito che il partito e la nomenklatura stessa si rendesse partecipe all’evoluzione dei tempi, all’acquisizione dei nuovi sentimenti ideologici
Non restano che le macerie del più grande partito democratico e riformista del nostro Paese, è uscito fuori tutto il veleno interno e l’inadeguatezza dei protagonisti, ma il Paese non può rimanere senza la sinistra emergenti con l’avvento della globalizzazione, facesse proprie le gravi emergenze sociali ed economiche. Sicché l’implosione della sinistra in genere e del partito democratico stesso, con tali situazioni al contorno prima o poi daveva accadere, non poteva essere evitato. Il guaio è stato che tale accadimento ha colto tutti di sorpresa; è stato subitaneo ed è avvenuto con una semplicità ed una naturalezza inimmaginabile fino a pochi giorni fa. Segno che tutto ciò, citando Socrate, evidentemente “stava nella natura stessa delle cose”. Oggi ci si domanda con molta preoccupazione cosa resta della democrazia parlamentare e rappresentativa in Italia senza un solido partito della sinistra, così come ci si pone la domanda se il cupio dissolvi del Pd impone un percorso subitaneo di rifondazione della politica in generale. Rifondazione capace di demolire luoghi comuni, simboli mercificati, pratiche di demolizione costante delle istituzioni e delle regole democratiche, atti politici irriguardosi del sentire comune e
dei bisogni sociali. In sostanza chiedersi se questo paese ha ancora bisogno di sinistra, di quale sinistra e se la nuova sinistra può rinascere dalle ceneri e dai cocci del Partito democratico ed, in ultimo, chiedersi se è giusto ed opportuno che la ricostruzione della Sinistra venga fatta dagli stessi protagonisti e dalla stessa casta artefice dello sfascio. Una domanda, questa, complessa alla quale non è facile rispondere. Certo un paletto fisso bisogna pure piantarlo chiamendo in soccorso “il ragionamento per sillogismo” cioè il ragionamento deduttivo che anche in politica e non solo filosoficamente può rappresentare un metodo logico di indubbio valore. Tutto ciò vuol dire porre delle premesse e trarne delle conclusioni. Se le premesse sono valide dovranno necessariamente essere valide anche le conclusioni. Nel caso specifico le premesse sono: a) l’esilio della vecchia, stantia, incapace ed autolesionista classe dirigente del Pd, unica responsabile della sua stessa morte per autanasia; b) revisione, anche in chiave storicista, della filosofia ed ideologia politica della sinistra. Revisione ideologica tesa ad eliminare tabù inconfessabili ed ormai fuori dai contesti della modernità e della globalizzazione; c) coscienza fideistica, educazione culturale, etica e morale verso l’approccio quotidiano alla politica; d) spinta sensibilità e rispetto verso il sentire comune e le richietse sociali; e) maggiore stoicismo, senso del dovere e maggiore rispetto del ruolo di rappresentanza politica del gruppo dirigente dei partiti. Una democrazia compiuta e la politica in genere, non può fare a meno di queste premesse. Tanto meno non può farne a meno un nuovo partito riformista che si accinge a nascere dalle ceneri del vecchio Pd, che la sua nemica nomenklatura, sadicamente, ha voluto distruggere. * membro direttivo circolo cittadino Pd centro storico Cosenza
Mezzoeuro
Sabato 27 Aprile 2013
Grillini e non grilletti
Più carbone o più ‘ndrangheta?
Sulla centrale a carbone di Saline Joniche (Melito Porto Salvo, Reggio Calabria), Dalila Nesci e Federica Dieni, giovani deputate del Movimento Cinque Stelle, hanno appena depositato un’interrogazione a risposta scritta al presidente del Consiglio e ai ministri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, per gli Affari regionali, dell’Interno e dei Beni culturali. Le parlamentari calabresi, che condividono le preoccupazioni delle associazioni ambientaliste per la realizzazione dell’opera, intendono sapere se i rappresentanti del governo «ritengano superati, allo stato della procedura, i rilievi espressi dalla Corte dei conti». Anzitutto l’assenza di concertazione fra Stato e Regione Calabria, che sulla costruzione della centrale espresse chiaramente parere negativo. Nesci e Dieni domandano poi di quali informazioni dispongano gli interrogati «in ordine all’interesse della ‘ndrangheta per la realizzazione del progetto, desumibile dalle citate dichiarazioni del procuratore aggiunto Nicola Gratteri» e da ultimo - sottolineano - «dalle motivazioni dello scioglimento del Comune di Melito Porto Salvo».
Interrogazione delle deputate Cinque Stelle Dieni e Nesci sugli interessi criminali nella centrale di Saline Joniche
re negativo», osservando tutta una serie di «discordanze che fanno intendere la volontà di costruire a tutti i costi l’ennesima opera inutile e dannosa, al di là di ogni ragionevole dubbio». La collega Dieni precisa che «il Movimento Cinque Stelle vigilerà sulla procedura e andrà avanti con tutte le azioni parlamentari possibili, rimanendo vicini ai cittadini in lotta civile permanente». Nesci ricorda che «nei giorni scorsi il ministero dell’Ambiente ha decretato la compatibilità ambientale e l’autorizzazione, quindi era necessario intervenire subito per evitare che si spegnessero le speranze delle associazioni che con coraggio e sacrifici stanno difendendo il territorio, che altri vorrebbero trasformare nella discarica d’Italia».
La deputata Nesci ricorda che «anche il ministero per i Beni e le Attività culturali espresse pare-
Le due parlamentari Cinque Stelle concludono insieme: «La battaglia non finisce qui, gli interesFederica Dieni e Dalila Nesci si in gioco sono Sopra, la zona di Saline Joniche grossi e ci sarà dunque bisogno della massima attenzione e, soprattutto, della massima unità, al di là delle sigle e dei colori della politica».
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro Politica nella rete
Si “naviga” a svista di Laura Venneri
Cosa succede se non si distingue tra la realtà e la rete? Diciamo che questa è la domanda che molti opinionisti e non solo si sono dovuti porre durante la convulsa settimana che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale. Tra i fanatici del cinguettìo e i fondamentalisti antisocial ci sta in mezzo un Paese intero o quasi. Eppure la Biancofiore che dice in tv ‘se volete vi faccio vedere cosa pensano i miei followers di Prodi’ o l’hashtag #rodotàperchèno diventato slogan di piazza e di una quasi-marcia rappresentano un po’ il rapporto esasperato della politica e della connessione ad oltranza, basti pensare alla umiliazione in streaming di Bersani durante le consultazioni con il M5S.
Lo strapotere che si attribuisce a internet in realtà sembra un’autoinvestitura per cui se i digitali mandano qualcosa, o diventa legge dello Stato, o si urla al golpe
gioranza vince e la minoranza accetta l’espressione della maggioranza. Davanti a Montecitorio c’era gente che, forse, senza conoscere Rodotà, urlava di volere Rodotà al Quirinale perché lo avevano scelto i cittadini. Ma quali cittadini? Quei cittadini che hanno partecipato alle quirinarie di Grillo per esempio (Rodotà ha ottenuto 4.677 voti)? o quegli esponenti del Pd dalla rottamazione esasperata certo più esasperata del rottamatore per eccellenza Renzi che su Prodi era d’accordo? Ho provato a ricordare ai renziani sul mio facebook che quando Prodi faceva il ministro con Andreotti mancavano ancora dieci anni alla mia nascita ma tant’è...
Ma a volere andare più lontani nel tempo ricordo bene come si osannava alla ‘rete’ durante la cosiddetta Primavera araba. Gli esiti della stessa ora hanno fatto tacere le celebrazioni. E che etimologicamente la rete evochi la trappola sarà piuttosto un gioco dotto su cui Ariosto si dilettava qualche centinaio di anni fa. Di certo nella trappola parrebbe caduto il PD che nella fretta di inseguire il modello di democrazia diretta dei grillini ha inciampato malamente. Ma due autorevoli esponenti del centrosinistra e candidati al Colle, Marini e Prodi, sono stati davvero impallinati dal terremoto di insulti sui social network? O semplicemente si è svolto quel congresso mai celebrato di quel partito mai nato (come lo definiva Rutelli)? La rete potrebbe dunque essere un alibi. Ma quelli che stanno in rete lo sanno? E quelli che la invocano? L’esercito, non così vasto dopotutto, dei followers pensano di potere indirizzare, influenzare, sovvertire le decisioni delle istituzioni senza nessun riguardo per le regole della democrazia che stabiliscono banalmente che la mag-
cinguettìo (tweet) è il termine tecnico per indicare un aggiornamento del servizio, un messaggio scritto e/o ricevuto da un utente del social network. hashtag (cancelletto+etichetta) combinazione di una parola o più parole precedute dal simbolo “#”, inseriti come commenti alle immagini. follower utente che “segue” una discussione su twitter
A me sembra che questo strapotere che si attribuisce alla rete in realtà sia un’auto-investitura per cui quelle persone che fanno, o pensano di fare, politica in rete se mandano qualcosa nei Tt (i trend) sono convinti che debba diventare legge dello stato e se non vengono ascoltati urlano al golpe. Ma come ricordava un articolo del Corsera gli iscritti a twitter sono solo 4 milioni e i non connessi 20 milioni in Italia. Chi si occuperà di parlare a questi ultimi? Come la politica pensa di interagire con il resto del Paese che non parla il cyber linguaggio? Che chiede agli eletti di rappresentarli in maniera degna? Di scegliere la linea politica non inseguendo gli humors ma le necessità di un Paese in crisi? Limiti della democrazia rappresentativa: ci sono dei cittadini, non nel senso grilliniano del termine, che votano perché vogliono essere rappresentati. E sfatiamo anche il mito che Grillo abbia raggiunto quel risultato elettorale grazie ad internet: Grillo vince perché la gente non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese e, a torto o a ragione, da la colpa alla precedente (e in gran parte attuale) classe politica. Questo non significa criminalizzare alcunché: l’immediatezza della rete è qualcosa di straordinario. Twitto anch’io. Ho in mano il mio smartphone proprio ora: tra i trend (cioè l’argomento più ritwitttato in Italia) del giorno, al primo posto, c’è l’ashtag #DirectionersDisagiateMentali è un insulto rivolto dalle fans di Justin Bieber, le beliebers, si chiamano così, alle fans dei One direction appunto le directioners. Una faida tra adolescenti a colpi di cinguettii. Ma vallo a spiegare ai miei nonni. Ecco perché preferisco che a scegliere le leggi, i candidati, il presidente della Repubblica sia questo Parlamento (con tutti i suoi limiti) e non la rete. Speriamo lo capiscano anche i parlamentari.
Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro Ansie a Palazzo dei Bruzi
Fibrillazioni e ritorsioni al Comune di Cosenza Il sindaco Occhiuto finge di snobbarle A Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, la politica con le sue estenuanti liturgie non lo ha mai entusiasmato. Architetto di professione e, quindi, dotato di spirito creativo e progettuale è abituato ai confronti tecnici che sono molto diversi, per natura e finalità, da quelli politici. Quando può, dunque, Occhiuto si sottrae alle verifiche cercando di lavorare sui singoli, placandone ansie e appetiti con qualche concessione, ma evitando la messa in discussione della tenuta politica della maggioranza. Del resto ad impegnarlo nel conflitto politico ci pensa e basta da solo Enzo Paolini, consigliere di opposizione, che non gli dà tregua dal primo giorno di insediamento del consiglio comunale. È convincimento diffuso che Paolini, soccombente nel ballottaggio con Occhiuto per un pugno di voti, pensa già alla rivincita per la quale non necessariamente bisognerà attendere la scadenza naturale della sindacatura. Ecco perché il documento firmato da otto consiglieri di maggioranza che chiedono al sindaco Occhiuto una verifica politica ed un coinvolgimento più diretto nell'azione amministrativa, ha fatto più rumore di quanto meritasse. Il sindaco, per minimizzare, ha fatto dire che se Sergio Nucci vuole un assessorato non è il Pdl che lo deve richiedere ma fra i firmatari c'è anche Luca Morrone, presidente del consiglio, il quale per certo non lascerebbe la presidenza per un assessorato. Quali che siano le ragioni reali che scuotono la maggioranza che so-
Scricchiolìi nella maggioranza stiene Occhiuto, dall'opposizione è partita, prima con Paolini, poi con Mazzuca e poi con Giovanni Perri la sollecitazione ai consiglieri di opposizione di fare fronte comune e stringere sindaco e giunta nell'angolo del ring politico. A complicare le cose ha provveduto lo stesso sindaco dichiarando, in un'intervista a "Il Quotidiano", che non escluderebbe una maggioranza allargata, di lar-
ghe intese sembra di capire, a fronte delle insistenze per un rimpasto di giunta e richieste di assessorati. Di tutto questo non si è parlato nell'ultima riunione del consiglio comunale dedicata ai Rom e alla metropolitana leggera. Il 29 il consiglio è chiamato a votare sul documento contabile già approvato dalla giunta. Non si registrano segnali di guerra, soltanto mugugni.
DICHIARAZIONE DI GIOVANNI PERRI Le dichiarazioni rilasciate dal sindaco Occhiuto, in relazione al documento degli otto consiglieri che chiedono esplicitamente un coinvolgimento nelle responsabilità di governo della città, denunciano un evidente disagio politico quando rimprovera agli otto consiglieri di non aver sollevato questioni attinenti al programma dell'amministrazione ed ai problemi della città bensì problemi di organigramma di giunta espressione di rivendicazioni personali a basso quoziente politico. E' nella facoltà degli otto consiglieri rispondere alle valutazioni del sindaco per cui non entro nel merito se non per osservare che il dissenso politico va considerato sotto il profilo delle responsabilità rispetto alle emergenze non risolte di cui soffre la città. La posizione critica assunta dagli otto colleghi, a mio avviso, riflette una sincera preoccupazione per non dover rispondere alla città di scelte e di indirizzi che non condividono. Se il dissenso è politico, come ritengo, è tempo che in consiglio si apra un confronto a tutto campo per consentire alla città di conoscere le ragioni del dissenso emerso. Tanto più necessario è il confronto in consiglio regionale quando si considera l'affermazione del sindaco che la maggioranza potrebbe cambiare composizione politica e dare vita ad un esecutivo di larghe intese, espressione che, se per un verso si richiama a ipotesi di governo nazionale, per un altro verso porta a dedurre che la tenuta della maggioranza, che fino ad oggi ha sostenuto il sindaco Occhiuto, è a rischio e si è già alla ricerca di nuovi equilibri. Una ragione in più, questa, perché i consiglieri di opposizione, orientati ad una soluzione radicale, diano vita ad una piattaforma comune che può non escludere di considerare il mandato di Occhiuto giunto anzitempo al capolinea.
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro La grave crisi del credito
Pronto soccorso
Bcc di Oreste Parise
Quattordici banche, 84 sportelli, più di 20.000 soci e quasi 600 dipendenti. È questa la fotografia del sistema calabrese del credito cooperativo, pericolosamente in bilico verso il temuto e iellato numero tredici per il commissariamento avvenuto qualche settimana fa della Bcc dei Due Mari. Vi è ancora qualche altra con in conti in bilico tra le restanti. Una situazione che impone una riflessione profonda e forse un ripensamento dell’intera organizzazione regionale. Uno “stress test” sul campo che ha già provocato una piccola rivoluzione. In pochi anni sono sparite cinque Bcc (San Vincenzo La Costa, Spezzano Albanese, Cosenza, Sersale e Tarsia) e altre rischiano di entrare nel vortice della crisi. Particolare importanza assume a questo riguardo una attenta analisi dei bilanci del 2012, uno dei più disastrosi per il prolungamento della crisi che sta mettendo in serio pericolo l’equilibrio dell’intero sistema economico calabrese. Non è sufficiente limitarsi a considerare il solo dato di sintesi costituito dall’utile di esercizio, poiché è capitato più di una volta che la crisi ha colpito istituti in “buona salute”. Il baco si nasconde, infatti, nella qualità degli aggregati di bilancio, in particolare il portafoglio crediti. Nel caso delle banche cooperative, infatti, non vi sono operazioni speculative, contratti finanziari sofisticati che nascondono rischi, investimenti in titoli tossici che mettono in forse l’equilibrio di bilancio. Il pericolo è legato molto strettamente all’andamento dell’economia, alla condizione di salute delle famiglie e delle imprese del territorio, cui sono destinati i crediti concessi dagli istituti. La qualità del portafoglio è essenzialmente il risultato di due elementi: il sistema di valutazione e lo stato di salute dell’economia. Tutte le relazioni ispettive della Banca d’Italia mettono in luce il carattere familistico-clientelare della gestione delle banche che sono state commissariate. Vi è una stretta correlazione tra la qualità del management e la qualità del portafoglio crediti, che poi costituisce la componente di gran lunga più importante del bilancio di una Bcc. Sembra di poter concludere che in campo bancario “piccolo è bello”, perché vi è uno stretto legame con l’economia reale, “piccolissimo è rischioso”, perché quel legame impedisce alla banca una gestione sana e indipendente. Questa conclusione di buon senso era stata implicitamente espressa qualche anno fa da Nicola Paldino, uno dei più attivi e apprezzati esponenti del mondo delle Bcc calabresi, e presidente della Bcc Mediocrati. In quella occasione egli dichiarava che bisognava ridurle a quattro per rafforzarle patrimonialmente e darle una dimensione tale da consentire un management altamente professionalizzato e indipendente dagli influssi localistici, di natura familistico-clientelari. Nel frattempo, però, le crisi che si sono prodotte sul territorio si sono affrontate in maniera individuale, senza un piano razionale di intervento. Per alcune si è adottata la fusione con altra consorella, per altre l’intervento della Banca sviluppo e la Bcc
Solo le banche di credito cooperativo possono dare un aiuto concreto alle imprese. L'ennesimo commissariamento di una ex cassa rurale ha posto in chiara luce la necessità di un intervento sistemico del credito locale, poiché senza un sostegno finanziario alle imprese, non sarà possibile uscire dal tunnel di una congiuntura sfavorevole di Cosenza è stata divisa in due tronconi. Si deve ricordare, tuttavia, che la ristrutturazione è stata effettuata all’interno del sistema cooperativo senza alcun aggravio sul bilancio pubblico. Questo è certamente un elemento di cruciale importanza per valutare il processo di ristrutturazione del credito cooperativo. Le banche sono state accusate di aver sprecato risorse, e, come nel caso del Monpaschi di aver posto a carico dei contribuen-
ti il risultato disastroso delle loro gestioni fallimentari. Si può discutere se questo sia vero per le grandi banche, che hanno beneficiato di interventi sotto forma di prestiti, ma non è certamente vero nel caso delle Bcc. Tuttavia, è lecito supporre che dopo questo periodo così convulso che ha portato al commissariamento di un così elevato numero di banche in Calabria, ha provocato un’opera di pulizia di bilanci in tutto il sistema del credito cooperativo in Calabria, con una maggiore attenzione alle tecniche di valutazione del merito creditizio. Un inversione della congiuntura determinerebbe sicuramente un significativo miglioramento della condizione patrimoniale e reddituale delle Bcc. Il commissariamento della Bcc dei Due Mari, che tra quelle finora entrate in crisi è la più grande, impone una riflessione, poiché non si può continuare ad ignorare che vi sia la necessità di un intervento sistemico. La stessa banca ha goduto di un intervento da parte del Fondo di garanzia per dieci milioni di euro, due dei quali sono stati sperperati per finanziare l’operazione di tutoraggio da parte della Bcc di Sesto San Giovanni che non ha prodotto alcun risultato. Anche la presenza della Banca Sviluppo sul territorio non risponde a un criterio razionale. In assenza di altre soluzioni, il suo intervento è stato salvifico poiché ha consentito di salvare l’operatività degli sportelli e i posti di lavoro dei dipendenti. Tuttavia, la sua funzione di discarica indifferenziata del sistema ha prodotto un aggregato di sportelli non hanno alcun collegamento funzionale e territoriale. Risulta, inoltre, difficile immaginare un percorso di ripristino della operatività delle banche soppresse, poiché manca qualsiasi collegamento con il territorio. Allo stato ap-
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Sabato 27 Aprile 2013
La grave crisi del credito
Nicola Paldino Sullo sfondo il centro direzionale Bcc
pare quasi impossibile che si possa ricostituire una compagine sociale in grado di rilevare gli sportelli dalla Banca sviluppo. Sarebbe necessario un capitale eccessivo e una procedura legale non sperimentata in precedenza, come lo scorporo di sportello e la sua acquisizione da parte dei nuovi soci. È giunto forse il momento di favorire il processo di aggregazione degli istituti per pervenire a un sistema di tre banche operanti nelle antiche province, che per dimensioni e capacità tecniche siano in grado di dare una risposta concreta alle necessità di credito del territorio. In particolare, la parte meridionale della provincia di Reggio Calabria non ha alcuno sportello di banche locale operante su quel territorio: in un riordino complessivo si potrebbero aprire sportelli per eliminare questa anomalia. In una tale ipotesi rientrerebbe anche la soluzione della Bcc dei Due Mari e il rafforzamento delle piccole Bcc che stanno lentamente scivolando in uno stato di crisi. Bisogna sottolineare che sono in atto dei movimenti spontanei di aggregazione, poiché l’esigenza di un rafforzamento patrimoniale e gestionale è largamente avvertito nel sistema e trova un consenso alquanto vasto. Nè si può nascondere che via siano altrettanto forti resistenze per la paura di perdere l’autonomia e l’indipendenza della gestione, ma una energica politica di “moral suasion” da parte della Vigilanza potrebbe indurre a più miti consigli tutti gli interessati. Un approccio complessivo al momento di crisi delle Bcc avrebbe il vantaggio di una valutazione complessiva delle risorse necessarie per stabilizzare il sistema, poiché la frantumazione degli interventi ha fin qui provocato una fibrillazione continua, con l’incapacità di trovare un nuovo equilibrio e concentrare l’attenzione sulle esigenze dell’economia.
In provincia di Cosenza il perno del sistema è sicuramente la Bcc Mediocrati che in poco tempo ha metabolizzato l’acquisizione della Bcc della Sibaritide di Spezzano Albanese, riuscendo a mantenere in utile il proprio bilancio anche per il 2012 per circa un milione di euro, con una crescita anche del patrimonio di Vigilanza. Un risultato in calo rispetto agli precedenti, ma molto significativo se si considera, oltre che la congiuntura sfavorevole, il notevole sforzo di pulizia del portafoglio crediti cui la banca si è dovuta sottoporre per avere il consenso da parte della Vigilanza di procedere all’acquisizione della consorella in default. In un comunicato stampa diffuso dalla stessa banca Nicola Paldino ha dichiarato: «La Banca ha metabolizzato gli effetti negativi derivanti dall’acquisizione di una Bcc in default. Mentre all’inizio è stato esaltato il ruolo e lo spirito solidaristico che ci anima, in poco più di un anno è emersa in tutta evidenza la qualità della struttura interna del Credito Cooperativo Mediocrati, capace di rendere reale la mutualità di sistema senza concedere nulla che non fosse rigidamente sotto il controllo delle norme e degli standard seguiti dalla Banca». Il Mediocrati si è distinto in questi anni per la ricerca di soluzioni innovative a favore delle imprese calabresi, come l’accesso ai fondi progress del Fei (Fondo europeo per gli investimenti) che ha messo a disposizione delle imprese calabrese 4,5 milioni di euro, l’attuazione di programmi di microprestiti e l’inizio di un programma per l’internazionalizzazione delle imprese. Insieme a Iccrea BancaImpresa, la banca corporate del Movimento del Credito cooperativo, intende introdurre anche in Calabria strumenti quali attività di consulenza, leasing, assicurazione del
rischio, finanziamenti assistiti da garanzia Sace, per accompagnare le imprese nei loro processi di sviluppo internazionale. L’occasione sarà utile per aprire gli orizzonti alle opportunità da cogliere e per approfondire la conoscenza di strumenti tecnici come i crediti documentari, smobilizzo di lettere di credito, garanzie internazionali, costi di un progetto di internazionalizzazione, «Come sempre pensiamo che i numeri debbano essere al servizio delle attività bancarie mutualistiche del nostro istituto - afferma Nicola Paldino nello stesso comunicato - perciò rendiconteremo le performance economiche con il bilancio civilistico e le azioni sociali mutualistiche con il bilancio sociale e di missione». Le altre due banche che appaiono le naturali candidate al ruolo di coagulo e di leadership dei rispettivi territori sono la Bcc Centro Calabria per l’ex provincia di Catanzaro e la Bcc di Cittanova per il territorio reggino. Entrambe hanno la capacità patrimoniale e il management tecnico in grado di governare il processo di riordino del sistema. Ça va sans dire, che per poter attuare un piano del genere occorrerebbe una iniezione patrimoniale da parte del Fondo di garanzia dell’Iccrea, ma sarebbe una operazione molto meno costoso della somma di tante piccole crisi presenti e future, e porterebbe a un rafforzamento complessivo del sistema del credito cooperativo in Calabria, che potrebbe avere un ruolo decisivo nel superamento di questa interminabile crisi.
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Sabato 27 Aprile 2013
Legge sul banco...dei farmaci
Una pillola assai dura da mandar giù Il Tar accoglie integralmente le tesi difensive dell’avvocato Oreste Morcavallo e sospende il bando per l’assegnazione di nuove farmacie nella Regione Calabria, nella parte relativa alla sede farmaceutica sita nel Comune di Fuscaldo Il Tar Calabria - Catanzaro, sez. I (presidente ff. e relatore Giovanni Iannini, componenti Anna Corrado e Lucia Gizzi), con ordinanza n. 194/2013, accogliendo integralmente le tesi difensive dell’avvocato Oreste Morcavallo, ha sospeso il bando di concorso per l’assegnazione di n. 91 sedi farmaceutiche nella Regione Calabria. I FATTI. Con delibere n. 4 del 23.4.2012 di giunta comunale e n. 15 del 10.5.2012 del consiglio comunale di Fuscaldo, veniva istituita una nuova farmacia nella frazione Scarcelli di Fuscaldo. La giunta ed il consiglio adottavano le delibere applicando la legge n. 27 del 24.3.2012 che prevede l’apertura di una nuova farmacia qualora la popolazione comunale sia superiore al 50% del parametro fissato legislativamente in 3.300 abitanti. Nelle delibere si rilevava che essendo la popolazione del Comune di Fuscaldo di n. 8335 abitanti si rientrava nella previsione legislativa per la istituzione della terza farmacia nel territorio comunale. Contro le delibere insorgeva con ricorso il titolare dell’omonima farmacia, difeso dall’avvocato Morcavallo, il quale sosteneva che il dato della popolazione, indicato nelle delibere era errato, perché doveva farsi riferimento ai dati Istat che fissavano la popolazione del Comune a n. 8117 abitanti, quindi al di sotto della soglia minima prevista di n. 8250 abitanti. Il Tar con ordinanza accoglieva pienamente le motivazioni del ricorso ritenendo sussistenti i vizi denunciati relativi alla mancata valutazione dei dati Istat ai fini della istituzione della nuova farmacia. Ciononostante la Regione Calabria con delibera n. 1/2013 approvava l’elenco delle “Sedi farmaceutiche della Regione Calabria disponibili per il privato esercizio” e indiceva il relativo “bando di concorso pubblico regionale straordinario per titoli per l’assegnazione di n. 91 sedi farmaceutiche disponibili per il privato esercizio nella Regione Calabria - art. 11 D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 e succ. mod”. Il provvedimento includeva tra le sedi disponibili la citata farmacia di nuova istituzione situata nella frazione Scarcella, nel Comune di Fuscaldo. Anche avverso tale provvedimento il titolare della farmacia proponeva ricorso rilevando, tra l’altro, che la Regione Calabria non aveva tenuto conto dell’Ordinanza del Tar che sospendeva gli effetti della delibera di istituzione della farmacia di Fuscaldo. Il Tar, con ulteriore provvedimento, accoglieva la richiesta sospendendo il bando relativamente alla assegnazione della sede farmaceutica di Fuscaldo.
L’ordinanza del Tar di Catanzaro
Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro Il commissario lascia il sacchetto... pieno
Responsabilità da “differenziare”
«Il sistema è al collasso. Gli impianti non funzionano, non ci sono soldi in cassa e la percentuale di raccolta differenziata è da terzo mondo». Lo ha detto l’assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pugliano, in una conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro, a pochi giorni dal ritorno della gestione del sistema rifiuti alla Regione Calabria dopo sedici anni di commissariamento. Rispetto alle responsabilità, Pugliano ha mediato: «C’è la corresponsabilità di tanti - ha detto - di una classe dirigente calabrese che non ha reso agevole il lavoro dell’ufficio del commissario. La responsabilità va divisa in percentuali diverse tra chi non ha consentito la realizzazione di un impianto nel Cosentino, chi non ha consentito di realizzare una discarica pubblica, e così via». Allo studio c’è un solo modo per alleviare l’emergenza attuale, con cumuli di spazzatura ovunque: «Stiamo aspettando la disponibilità di altre regioni - ha evidenziato Pugliano - per ripulire la Calabria. Oggi potrebbero esserci novità per la Sicilia per uscire da una situazione drammatica». L’obiettivo, infatti, è quello di raggiungere un accordo con la struttura di Catania, che può accogliere 1.200 tonnellate al giorno “tal quale” di rifiuti, ma un’altra ipotesi è quella della Toscana. Allo studio anche la possibilità di imbarcare i rifiuti per portarli all’estero. I costi sono esorbitanti, ma molto meno di quanto si spende oggi per andare in Puglia. «Parliamo ci poco più di cento euro a tonnellate - ha spiegato l’assessore - contro i trecento euro attuali». Insieme al direttore generale del dipartimento, Bruno Gualtieri, Pugliano ha delineato un quadro drammatico. Non ci sono discariche di supporto agli impianti e molte potenzialità delle strutture esistenti sono state cancellate da una gestione che si è preoccupata di “arricchire qualcuno”, ha ammonito l’assessore. Il riferimento è ai privati che operano nel settore della gestione delle discariche e degli impianti. Il direttore generale ha sottolineato: «In Calabria pro-
Dopo sedici anni di commissariamento il sistema rifiuti torna alla Regione Calabria. L'assessore regionale all'Ambiente, Francesco Pugliano ha mediato: «C'è la corresponsabilità di tanti - ha detto - di una classe dirigente calabrese che non ha reso agevole il lavoro dell'ufficio del commissario La responsabilità va divisa in percentuali diverse tra chi non ha consentito la realizzazione di un impianto nel Cosentino, chi non ha consentito di realizzare una discarica pubblica» duciamo 2.400 tonnellate di rifiuti al giorno, ai quali si aggiungono 300 tonnellate di raccolta differenziata, ma abbiamo impianti che possono ac-
cogliere al massimo 1.600 tonnellate. Il sistema è stato stracaricato e i costi sono insostenibili». Rispetto alle strutture, per le quali Graziano ha fatto riferimento a diverse inchieste delle procure calabresi, «gli impianti non hanno nemmeno le autorizzazioni Aia. Da oggi in poi il rifiuto dovrà essere lavorato secondo contratto - ha aggiunto - altrimenti scatteranno le penali. Oggi non viene prodotto nemmeno il cdr che ci permetterebbe un grosso risparmio e questo perché dovevamo arricchire TecVeolia e nessuno ha controllato». Da qui l’annuncio del direttore generale: «Stiamo facendo la rescissione in danno nei confronti della società che ha lasciato la Calabria - ha sentenziato Gualtieri - e nessuno lo aveva fatto prima». Gualtieri ha anche denunciato che «nei capannoni dove si doveva lavorare l’umido sono stati ammassati, da parte dell’ufficio del commissario, tonnellate di rifiuti tolti dalle strade negli ultimi sei mesi». Ed ancora: «La Daneco chiede 20 milioni di euro ed ha chiuso l’impianto di Pianopoli per oggi e domani, eppure non ha nemmeno l’autorizzazione Aia». Un “bubbone” esploso all’improvviso? Secondo Pugliano «non potevamo scoprire e correggere quanto stava accadendo, perché l’ufficio del commissario dipendeva direttamente dalla presidenza del Consiglio dei ministri». Tra le soluzioni allo studio, sono già pronti 75 milioni di euro per l’adeguamento degli impianti, e venti milioni serviranno per realizzare la struttura che manca nella provincia di Cosenza. Inoltre, sono state sottoscritte le convenzioni con i Comuni di Lago e Terranova da Sibari per realizzare due discariche di supporto agli impianti. L’obiettivo fondamentale, ed a questo punto non più rinviabile, è l’implementazione della raccolta differenziata e il corretto funzionamento di tutta la filiera, considerato che ad oggi, secondo quanto riferito da Pugliano e Graziano, molti settori degli impianti sono completamente fermi.
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Sabato 27 Aprile 2013
Mezzoeuro La battaglia dello sportello
Percorso difficile verso la normalizzazione di Oreste Parise
Il 20 aprile scorso si è tenuta a Bergamo l’assemblea per l’approvazione del bilancio dell’Ubi Banca, un gruppo di cui fa parte la “calabrese” Carime. Nonostante sia ritornato in utile per circa 83 milioni di euro per effetto di operazioni finanziarie, la situazione del gruppo si presenta ancora molto problematica. L’anno precedente si era, infatti chiuso con una perdita record di quasi due miliardi. Vi sono ancora squilibri strutturali e un peggioramento significativo della qualità del portafoglio crediti per effetto del notevole incremento degli incagli e delle sofferenze. All’importante appuntamento annuale che quest’anno ha eletto i componenti del nuovo Consiglio di sorveglianza che dovrà, a sua volta, provvedere alla nomina dei membri del Consiglio di gestione per il prossimo triennio, ha partecipato Emilio Contrasto, segretario nazionale e segretario generale di unità sindacale Falcri-Silcea del Gruppo Ubi Banca (Unisin). Nella intervista che segue egli ha rappresentato i motivi della presenza del sindacato nell’assemblea e espresso le valutazioni sull’andamento dell’istituto.
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«Da alcuni anni l’Unisin partecipa all’assemblea dei soci, poiché ha acquisito delle quote del capitale, poiché si è ritenuto che fosse necessarie esprimere in quella sede le valutazioni del sindacato sull’andamento della gestione e sui piani industriali per superare l’attuale crisi», dice Contrasto. Qual è il risultato della vostra azione? Già dall’anno scorso, abbiamo posto all’attenzione dell’assemblea alcune delle principali problematiche da noi segnalate, che costituiscono un freno all’effettivo e definitivo rilancio del gruppo, sono ancora sul tappeto. Questa volta abbiamo chiesto un preciso impegno al nuovo vertice del gruppo di attivarsi per applicare concretamente un modello di gestione, in una logica di continuità del sistema cooperativistico, realmente semplificato, chiaro, univoco e riconoscibile in tutte le aziende del gruppo, in modo da consentire la creazione di valore che vada a vantaggio di tutte le realtà aziendali di Ubi. Ma quali sono le ragioni di questa lunga crisi? Dal 2007 ad oggi il gruppo ha registrato un consistente ridimensionamento sia della presenza territoriale che dei livelli occupazionali (-20% della forza lavoro). Tale ridimensionamento è stato realizzato con l’attuazione di manovre industriali ispirate, quasi sempre, a logiche di profitto contingenti e di breve respiro e che hanno puntato sostanzialmente solo alla riduzione del costo del lavoro. Ciò a discapito del personale che pure è stato determinante, in questi anni, per la riorganizzazione di Ubi, il suo positivo posizionamento sul mercato e il conseguimento di buoni risultati, nonostante la difficile congiuntura economica ancora in atto.
L'Ubi Banca ritorna in utile. Dopo il disastroso risultato del 2011 il gruppo ha iniziato una faticosa risalita verso la normalizzazione della gestione «Ma è necessario che la banca torni a considerare l'intermediazione finanziaria come il suo "core business" sostenendo le famiglie e le imprese», afferma Emilio Contrasto segretario Unisin del gruppo
In che altra direzione avrebbe dovuto conseguire una riduzione dei costi? Vi è la necessità di contenere tutte le altre voci di costo a partire da quelle relative alla remunerazione degli amministratori in essere nelle diverse aziende del gruppo e alle consulenze esterne. L’inversione di tendenza deve riguardare anche e soprattutto la capacità del gruppo di prevedere sinergie da ricavi. Quale dovrebbe essere la strategia della banca? Quali le sue attività principali? Bisogna riaffidare alla sana intermediazione creditizia il core-business di Ubiconcentrando sull’assistenza reale a pmi, famiglie ed enti locali l’attività della rete commerciale che, quindi, deve essere adeguatamente dotata di Risorse umane e di nuovi strumenti funzionali. Anche la politica di presidio dei territori deve essere rivista in quanto la chiusura di diverse filiali, negli anni, ha inciso negativamente sulle quote di mercato detenute. Cosa ha provocato questo allontanamento della banca dalla sua clientela tradizionale? Una larga parte di clientela ha avuto spesso la percezione di una Banca complessivamente lontana. Per eliminare tale criticità, le direzioni territoriali e le filiali, quali strutture intermedie più prossime alla clientela e, quindi, in grado di interpreta-
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Sabato 27 Aprile 2013
La battaglia dello sportello
re meglio peculiarità e specificità della stessa, devono avere maggiore autonomia. Ciò garantirà, in un’ottica relazionale più immediata e fidelizzante, l’innalzamento del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto e tempi di risposta più veloci. In che modo si può riacquistare la centralità nel territorio? Come dicevo, in primo luogo cercando di interpretare le esigenze delle famiglie e delle imprese, ma anche acquisendo un ruolo nel territorio con il concreto sostegno alle iniziative culturali, assistenziali e del volontariato è indispensabile poiché qualifica il marchio Ubi quale Banca che opera nel territorio e per il territorio. Nonostante la forte presenza con gli sportelli Carime, il Mezzogiorno sembra aver perso importanza nella strategia del Gruppo. Le potenzialità espresse dalle aree meridionali sono, tuttora, sottovalutate da Ubi, vista la graduale politica di smobilitazione dal territorio posta in essere nel tempo. È necessario richiedere precisi impegni e garanzie rispetto a ruolo e presenza di Ubi nel Mezzogiorno. Il Mezzogiorno attraversa una drammatica crisi occupazionale, e anche le banche hanno contribuito a questa situazione con il ridimensionamento del personale e con la compressione delle retribuzioni. Per quanto riguarda, poi, le Risorse umane non possono essere ulteriormente impoverite dall’adozione di politiche salariali restrittive ma al contrario motivate da percorsi di carriera certi e commisurati alle professionalità possedute. Occorre, poi, stigmatizzare la continua tendenza a ridurre il numero degli addetti che costringe il personale a operare in condizioni di grande disagio a tutto svantaggio della qualità della lavoro, della capacità produttiva e del livello di servizio offerto alla clientela. In questi anni si è andati in direzione opposta, con una restrizione del personale. In tutto il gruppo bisogna procedere all’immissione di nuova e stabile forza lavoro e investire ancor di più in formazione, specie quella in materia di gestione ed erogazione del credito. Non bisogna, infatti, mai dimenticare che i lavoratori sono “avamposti” sui territori che quotidianamente si propongono anche come partner delle aziende per valutarne rischi e potenzialità. Con le sole macchine, per quanto evolute, non si fanno investimenti e non si fa impresa. Le Banche devono rimettere le persone al centro della loro azione. È quindi indispensabile attuare trasparenti ed equi sistemi retributivi, in un’ottica di omogeneizzazione verso l’alto dei trattamenti da riconoscere a tutto il personale di Ubi; prevedere un modello unico di welfare di gruppo; perseguire politiche di gestione delle Risorse effettivamente improntate ai principi contenuti nel codice etico di Ubi ed indirizzare l’azione d’impulso commerciale al rispetto della dignità personale e professionale del Lavoratore. Inoltre, è necessario definire velocemente il Premio aziendale in tutte le banche e società di Ubi.
Emilio Contrasto
Cosa auspica per il futuro? Le relazioni industriali devono essere improntate al conseguimento di soluzioni partecipate nonché un maggiore impulso verso la tenuta di un confronto sindacale finalizzato alla costante ricerca di percorsi condivisi poiché il sistema della concertazione rappresenta certamente lo strumento migliore per consentire al gruppo di affrontare e vincere le maggiori sfide in essere e quelle che si presenteranno in futuro. (OP)
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Mezzoeuro Più sono i morti, più aumentano i km
Da noi sono tutte conosciute come mortali Nessuna manutenzione eppure si continua a costruire invece di sistemare quelle che già ci sono. A San Demetrio ad esempio si lavora (a rilento) per due gallerie e tre viadotti
Strade senza uscita di Francesco Cirillo
Quando muoiono giovani sulle nostre strade ti piange sempre il cuore. Certo la velocità è la causa maggiore degli incidenti stradali, ma delle volte basterebbe anche un semplice guardarail davanti ad un albero, o un bivio ben segnalato, o anche dei dissuasori orizzontali per salvare una vita. Tutto questo nelle nostre strade non esiste. Le nostre strade oramai si conoscono con l’appellativo “della morte”. La ss.18 della morte, la 106 della morte e via dicendo, con una costellazione ai lati di queste strade di croci, fiori, lumini, lapidi di marmo, foto. La manutenzione è a zero. Eppure le strade si continuano a costruire. Strade nuove che partono da una contrada e poi finiscono nel nulla, strade che dovrebbero congiungere comunità distanti fra di loro e che poi svaniscono nel dimenticatoio. Dal giornale della Provincia di Cosenza e delle altre veniamo informati delle nostre strade. Dal giornale si prospetta un futuro luminoso, fatto di spostamenti dallo Ionio alla Sila, dal Tirreno all’autostrada, da un paesino all’altro. Per cui leggiamo e veniamo a conoscenza di un primo lotto di una strada che partirà da Scalea e raggiungerà Mormanno sventrando uliveti, sugherete, attraversando la riserva naturale di Orsomarso e sventrando il parco del Pollino all’altezza di Papasidero. Quale sia l’utilità di questa strada, esistendo già l’uscita di Lagonegro e quella in costruzione da Lauria paese all’A3, non ci è dato sapere. Con quei soldi si poteva intervenire sulla Lagonegro-Tortora o terminare quella di Lauria. Il costo complessivo dell’opera se mai venisse realizzata è di 100 milioni di euro. Ma per adesso si appalta Scalea-Santa Domenica Talao per dieci milioni di euro. Poi se questa strada finisce nel nulla, in un terreno franoso e si fermerà in attesa dei permessi del Parco del Pollino chi se ne frega, intanto si lavora e si appalta. Abbiamo poi 20 milioni di euro per andare da Sangineto a Sant’Agata d’Esaro, altri 20 milioni di euro per collegare Cosenza ad Amantea , altri 20 milioni di euro per la Crosia-Longobucco e per la Bocchigliero-Caloveto, ancora 15 milioni di euro per lo svincolo Lungro-Firmo, e 10 milioni di euro sono andati per la strada Rossano-Corigliano, 10 milioni di euro finiranno per lo svincolo di Frascineto con Castrovillari, un’altra strada congiungerà la strada di Montalto con l’Università e verranno investiti 2 milioni e mezzo di euro, ben 21 milioni di euro per finire la ss. 660 che collegherà Acri con l’autostrada del sole; ed il top del top la Sibari-Sila, fiore all’occhiello della nostra provincia con un investimento di ben 35 milioni di euro di cui 5 milioni 656 euro a carico della Provincia stessa. Per coordinare tutti questi lavori, la Provincia ha inventato il Catasto delle strade provinciali investendo ben 1 milione di euro. Ma quante di queste strade sono davvero utili? Quante di queste stra-
de non rispondono a compiti elettorali e politici e daranno davvero impulso ai paesi e città da collegare? Perché di strade iniziate e abbandonate è piena la Calabria. Bisognerebbe fare un catasto delle opere abbandonate prima di fare quello da realizzare. Opere sulle quali sono state investiti miliardi di vecchie lire e che ora sono in disuso, non utilizzate, mai finite. Tentò un catalogo, una decina di anni fa, Ortenzio Longo, un ambientalista che divenne assessore, quasi per caso, e che è deceduto da poco. Longo chiamò tutte le associazioni ambientaliste della provincia di Cosenza e senza investire nessuna lira di danaro pubblico, si fece fare paese per paese l’elenco di tutte le opere mai utilizzate o mai terminate. Ne venne fuori un elenco lunghissimo fatto di mattatoi, scuole, dighe, case popolari, mercati, segno evidente dell’inutilità di tanti investimenti e spreco di danaro pubblico. Ora seguiremo l’evolversi di queste strade. Come seguiremo l’evolversi della Sibari-Sila che già da ora ci pare una strada non solo inutile, ma davvero dannosa. Dalle interrogazioni fatte dal consigliere d’opposizione della Rifondazione comunista Adriano D’Amico, veniamo messi a conoscenza di cose davvero terribili che se fossero accertate tecnicamente occorrerebbe l’intervento della magistratura. La Sibari-Sila è un’opera appaltata dalla Provincia di Cosenza, che venne votata dall’intero consiglio comunale di San Demetrio Corone, maggioranza e minoranza, con l’eccezione solo del consigliere di minoranza Adriano D’Amico, all’epoca consigliere di minoranza di Rifondazione e con la sola assenza del consigliere di maggioranza Gennaro De Cicco del Partito democratico. Il primo lotto, pur chiamandosi “Sibari-Sila”, parte “stranamente” da San Demetrio e non, come si dovrebbe, da Sibari e guarda caso attraversa in par-
te suoli interessati da politici locali; uno di questi viene ceduto in comodato gratuito, dallo stesso sindaco di San Demetrio, il senatore Cesare Marini, in contrada Calamia dove viene realizzato un impianto per la produzione di calcestruzzi. Il consigliere d’opposizione Adriano D’Amico all’epoca dell’inizio dei lavori fece anche un ricorso amministrativo, che come avviene in questi casi venne respinto. Questo primo lotto è di 2 chilometri e 400 metri e non sappiamo quanta parte prenderà dei 35 milioni di euro costo complessivo dell’opera. Probabilmente non ci saranno altri lotti e la strada, se mai si ultimerà, si chiamerà paradossalmente Mormorico-Calamia, ad indicare le due contrade del paese che metterà in collegamento. Si chiedono allora in molti. Con questi primi danari non sarebbe stato meglio completare qualche altra strada già esistente? o proprio la famosa 106? Come succede ovunque arrivino grandi opere, si punta sull’indotto che diventa l’esca nella quale molti allocchi abboccano. Prima di ogni elezione, politiche, regionali o amministrative, ad ogni padre di famiglia disoccupato viene promesso di entrare a lavorare nel cantiere. Due o tre ristoranti del posto ospitano a pranzo ed a cena gli operai della ditta, qualche fittacamere lucra sui posti letto. Questo è il guadagno. Intanto nel territorio di San Demetrio si sventra per costruire due gallerie e tre viadotti. E immaginiamo la flora, la fauna, l’agricoltura, i pozzi, tutto distrutto. Vicino a dove è stato creato il cementificio, zona agricola che forse poi diventerà edificabile, Ciro Marini, prete intellettuale del secolo scorso, colloca i resti di una antica chiesa, mai trovati. Tutta l’area di Calamia è teatro di scavi archeologici, spesso si trovano piccole anfore, monete e coperture di sepolture. I lavori della strada al momento, però vanno a rilento. Qualcosa non
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Più sono i morti, più aumentano i km
I cantieri della strada in costruzione San Demetrio-Fagnano
ha funzionato e la stessa Provincia di Cosenza ha chiesto lumi alla ditta che ha vinto l’appalto. Si dice che non tutte le relazioni siano state consegnate e che ci sono punti non chiari riguardo agli scavi nelle montagne. Pare che nelle gallerie ci sia materiale inquinante, qualcuno dice arsenico come in val di Susa, la perizia della Maltauro parla di cobalto in quantità superiore alla norma. L’Arpacal non si è ancora pronunciata. E gli operai, la loro salute? E le colture e gli abitanti della zona? Adriano D’Amico proprio a proposito di questo materiale inquinante trovato negli scavi della montagna ha subito inoltrato al sindaco Marini, un’interrogazione consiliare senza ricevere ancora oggi una risposta. Nell’interrogazione l’avv. D’Amico così scrive: «Sig. Sindaco, da qualche giorno il cantiere in uso all’impresa che sta eseguendo i lavori della SibariSila, precisamente quello sito alla Contrada Filla, di lato al Salumificio Madeo, è coperto con un telo bianco per parte della sua estensione. Prima che venisse collocato il telo citato, in detto sito veniva riposto il terreno di risulta dallo scavo necessario per la realizzazione delle gallerie, previste dal tratto di strada che attraverserà il nostro paese. Ora, considerato -che da qualche giorno i lavori nel cantiere sono sospesi; -che da informazioni assunte, pare che il terreno di risulta dalla galleria in corso di esecuzione dovrà essere ripo-
sto sul detto telo per essere poi analizzato; -che fino ad oggi il terreno di risulta dal sito ove si sta realizzando l’opera è stato riposto in vari punti del paese, senza precauzione alcuna; -che questo mutamento da parte dell’impresa esecutrice provoca ansia tra gli abitanti, circa la eventuale presenza di minerali nocivi all’interno del sottosuolo, ora emersi in considerazione dei lavori eseguiti, alla stregua di quanto avviene, purtroppo, in altre parti del paese, ad esempio in Val di Susa; -che informare i cittadini di quanto avviene nella comunità sia dovere preciso di una amministrazione comunale. Tanto premesso nella qualità di consigliere comunale, ai sensi delle vigenti norme, chiedo di sapere: Per quale ragione è stato riposto il telo bianco nel cantiere di contrada Filla in uso all’impresa che sta realizzando i lavori dell’arteria stradale cosiddetta Sibari-Sila; Se il Sindaco ritiene di poter rassicurare i cittadini circa l’assenza nel terreno di risulta dai lavori di realizzazione della galleria, di minerali o di altre sostanze inquinanti e/o nocive per l’ambiente e per gli abitanti. E’richiesta risposta scritta». Non ci voleva niente a rispondere a quanto richiesto. Bastava che il sindaco alzasse il telefono, chiamasse la ditta e si facesse dire cosa fosse successo. Ed invece silenzio assoluto, come si vuole in situazioni simili. I cittadini vengono schiacciati dallo sviluppo che deve andare avanti, perché produce danaro, ricchezza per tutti, nuovi orizzonti.
Cosa che non ha convinto un cittadino di San Demetrio Corone, Demetrio Provenzano, che ha visto nascere il cantiere proprio a 50 metri dalla sua abitazione e lo ha visto costretto ad affrontare una battaglia solitaria contro la ditta. Il signor Provenzano ha sùbito fatto un esposto alla Procura della Repubblica di Rossano ed ha scritto senza ricevere risposta sia al Presidente della Repubblica che al sindaco, senatore Marini. Ma intanto i lavori continuavano e la vita per Provenzano diventava un inferno. I lavori duravano oltre il normale orario consentito, addirittura sino alle ore 23,00 e le polveri che si alzavano dall’impianto e dai camion invadevano tutta la sua proprietà. Per cui Provenzano fu costretto ad abbandonare la sua abitazione, per tutelare la salute della sua famiglia. Ma ecco che la Procura di Rossano ci vuole vedere chiaro sulla denuncia e manda l’Arpacal a controllare. Guarda caso cinque giorni prima dell’arrivo dei tecnici dell’Arpacal, ecco che l’impianto di calcestruzzi chiude. Provenzano ha dovuto aspettare ben sei mesi, fuori dalla sua abitazione, costretto a trovare ospitalità nella casa di sua figlia nel centro di San Demetrio. Quelli dell’impianto dicono che la causa della chiusura è dovuta alla ditta che non paga. Vedremo che cosa scriverà l’Arpacal. Intanto il solito Adriano D’Amico scrive una nuova interrogazione consiliare al sindaco per sapere: Se è vera la prima circostanza, chiede di sapere come sia stato possibile realizzare un impianto di calcestruzzi in una zona cosiddetta agricola, come quella ove lo stesso è sito; Se l’amministrazione comunale intende prendere provvedimenti circa quanto lamentato dal sig. Provenzano, con particolare riferimento al rispetto della salute, attese le polveri di cemento emanate dall’impianto e della quiete pubblica, considerato il rumore cui lo stesso ci riferisce. Chiedo, inoltre, di sapere: Se, e in che modo, l’impianto di calcestruzzo sito alla contrada Calamia provvede allo smaltimento delle acque reflue e dei rifiuti speciali che lo stesso produce. Domande che come le precedenti non avranno alcuna risposta, intanto le strade avanzano nel nulla.
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Mezzoeuro I tentacoli della politica calabrese
di Giuseppe Aprile
Quando non si esprime più almeno una speranza di un futuro di lavoro e di civiltà, quando la legge che regola la vita dei cittadini, che sarebbe quella che si può definire “legge uguale per tutti”, di fatto addirittura copre malefatte e privilegi e stimola la cattiva politica a rafforzarsi, gli organi preposti ad amministrare la giustizia sono privi di mezzi e uomini in condizione di fare applicare una legge giusta e umana; quando la società ritiene normale che delle famiglie private governino territori e poteri con un capo di loro appartenenza, e i privilegi di pochi restano intatti nonostante il passare del tempo e per fare politica occorre avere fatto esperienza nelle patrie galere o nella cattiva società del crimine con cui i rapporti restano “di collaborazione esterna” e la legge trova difficile o impossibile testimoniare l’appartenenza diretta; quando i voti della mafia e della ndrangheta continuano a determinare la elezione di rappresentanze determinanti nelle istituzioni, soprattutto compreso il massimo organo istituzionale che è il consiglio regionale ed il governo dove il dubbio è all’ordine del giorno, quando lo scioglimento per mafia di strutture pubbliche non determinano l’allontanamento dei protagonisti dai pubblici poteri e le comunicazioni giudiziarie sia pure per gravi ipotesi di reato che comunque sono il frutto di indagini dove sono stati impegnati magistrati e organi di polizia che dovrebbero essere considerati sacrali e la politica invece di un fatto di scienza e di cultura sociale alla guida della civiltà e generatrice di democrazia, è scaduta di ogni valore, vuol dire che si è in pieno dramma sociale ed il cittadino ha perso individualmente ogni forma di forza per difendersi e difendere la civiltà e la democrazia, quindi lo Stato e l’ente locale.
Un nodo da sciogliere e non per mafia... In storia e politica, dopo anni ed anni di lotte e di conquiste, passati definitivamente dalla dittatura alla Repubblica, in un paese che viene dalle guerre per l’Indipendenza, per l’unità, quindi dal Risorgimento e poi dalla Resistenza ed ha affermato la Costituzione della Repubblica come legge fondamentale dello Stato, non dovrebbero essere più presenti forme di governo e di rappresentanze istituzionali che contraddicono tutto un glorioso passato che ha portato la democrazia che doveva essere definitiva e senza ulteriori aggettivi. La legge, il diritto, la libertà, il progresso economico e sociale del nostro paese, avrebbero dovuto costituire una conquista definitiva e mai discutibile e soprattutto mai sopraffatti da interessi personali, privati, di famiglia e di criminalità. Eravamo oramai abituati ad una vita sociale e politica dove l’avvenire avrebbe dovuto comportare il diritto di migliorare le cose, di superare la questione dell’emigrazione, del dislivello tra Nord e Sud, il miglioramento della democrazia dei partiti dato che si veniva da un passato di disuguaglianze e di ricchezze anomale; si stava puntando alla diffusione di scuole, di fabbriche e altre strutture di produzione e di lavoro. Avevamo a portata di mano l’unità sindacale dei lavoratori, l’uso del territorio e dell’ambiente, si stava lavorando bene e per lo sviluppo del turismo ambien-
Quando la legge non è uguale per tutti, e quando nelle cabine ellettorali entra la criminalità allora è chiaro che siamo alla sfascio totale, senza punti di riferimento e senza speranza tale e culturale era sul nostro orizzonte e tutto ora ociato, con l’entrata negli anni novanta, in una crisi spaventosa che non si risolve più e ci sta portando a sopportare prima, ma a morire poi per fame, scoramenti, disoccupazione, disorientamento, degenerazione politica, dominio del crimine, mancanza di strutture giudiziarie che hanno fondamento nel voler mantenere codici fascisti e impedire la elezione di un parlamento e un governo che fossero libera e democratica espressione della volontà popolare.
Le elezioni sono finite per essere un confronto tra forze diverse, nella nostra società giustamente pluralista; non sono più aperte, libere, alla luce del sole, svolte nelle piazze e nei luoghi pubblici e sono diventate elaborazioni di interessi in case private, corridoi di enti, assessorati, luoghi dove far quadrare le conquiste delle attività clientelari dove le segreterie personali di personaggi dominanti, senza dover badare ad alcuna forma di etica e di idealità, elaborano e definiscono candidati e partiti da proporre, strutture protettive di candidature blindate al solo scopo di far trovare l’elettore a fatto compiuto, senza potere andare né avanti e né indietro, ma potendo solo, per la massa, disertare le urne senza che questo, alla fine, impensierisca minimamente chi conteggia e interpreta i risultati come se i votanti fossero la totalità degli elettori e quelli che non hanno votato fossero inesistenti. I risultati si conteggiano per percentuali e se non vanno al voto il 49% degli elettori, non ha alcuna influenza. Si fanno leggi appositamente per garantire il disinteresse generale e imporre comunque una maggioranza e il diritto a governare - ad avere l’incarico di formare il governo - con un sistema con il quale, tanto per andare al concreto di quanto sta avvenendo in questi giorni in Italia, il 29% di voti - tra i votanti - ed un voto più di un altri, consente di avere il potere di essere maggioranza, di distribuire le carte, di fare come se si fosse in casa propria. Addirittura si finisce per dissacrare il potere della piazza e della luce del sole dove ognuno
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I tentacoli della politica calabrese tità determina talvolta l’unica possibilità dove si gioca qualche ricambio. La pubblica opinione è fuori gioco. La gente si rifiuta addirittura di occuparsi dei politici e della politica. Ognuno vive la sua vita e solo al tempo di elezioni si reca alle urne e dice qualcosa. La stragrande maggioranza si astiene dai dire e dal fare e vive la propria vita facendo a meno di ogni riferimento al modo di governare il proprio territorio e il proprio Stato. Tanto, dice, “paghiamo da sudditi impotenti le tasse, ci rassegniamo all’idea che viviamo con quel poco che resta del nostro guadagno, epurato da quanto versiamo allo Stato che per questo s’è fatto leggi innegabili, sappiamo che chi va lì, in politica, va per i suoi interessi e le sue visioni e le sue abitudini, per la propria casta e viviamo per quel che ci resta da impotenti e dediti a far finta di non capire per non rendere ulteriormente acido il sangue che scorre nelle nostre vene”.
dovrebbe essere chiamato per dare conto e confrontarsi con l’altro e il voto si riduce a voto a due sole categorie: di protesta o di responsabilità. Se poi la maggiora parte dei votanti nega il consenso a chi si candida proponendosi per vincere e governare, nulla importa. Si fa la conta senza tenere conto di chi ha votato respingendo la sua proposta, contro altre formule di governo e di proposte e si esprime contrariamente a chi ha operato negativamente; si arriva a convenire su tesi che alla fine consentono a chi ha racimolato solo un venti per cento di consensi, di fare come se i consensi fossero stati della metà più uno, quindi maggioranza.
Reggio e la Calabria
sono diventati punti emblematici della spaventosa crisi di democrazia e di lavoro che ha oramai investito duramente questo nostro Stato. Con la caratteristica in esclusiva di un imperversare del potere che è in contrario del potere democratico che la costituzione conferisce agli elettori. Vigono marchingegni tali che lasciano lontana mille miglia la volontà degli elettori e vengono imposti consiglieri regionali che sono favoriti, alcuni totalmente, dei finanziamenti spaventosi dei gruppi regionali, diventati luoghi di totale dominio del consigliere di riferimento; il consiglio regionale è semplicemente un luogo di mediocrità e di contrarietà al volere della gente dove non si riesce a portare alcuno dei problemi del territorio e dei comuni e le rappresentanze rappresentano quasi sempre la propria corrente elettorale; il tempo scorre
e tutto resta come prima e peggio di prima; si lascia la Calabria in una dinamica di vita tale che tutti capiscono che mentre dovrebbero avere aiuto dalla politica, ne ricevono messaggi di negatività e di ulteriore difficoltà che si aggiungono a quelli che impone madre natura; la politica e il potere amministrativo sono solamente un pretesto per costruirsi carriere e ricchezze facendo passare per sacrificio anche l’uso del telefonino personale al posto dei telefoni istituzionali; moltissimi impiegati non passano per concorso, ma per marchingegni e quasi tutti fanno riferimento ad uno dei potenti politici che li hanno aiutati o chiamati lì; il rinnovamento delle rappresentanze invece di essere almeno del settanta per cento di volta in volta, sono di entità insignificante. Solo la vecchiaia inevitabile consente qualche ricambio. Al consigliere eletto non interessa nulla del 90% degli elettori; gli basta curare il rapporto con i suoi cento, duecento amici che garantiscono dai due ai seimila voti, quanto basta per essere rieletti. Non interessa una vera competizione elettorale che così risulta bene prefabricata, tanto nei paesi non si fanno più comizi, non ci sono più confronti dove si darebbe conto a tutta la pubblica opinione e solo ogni tanto, se capiti con un amico, ti confida per chi ha votato. E ti dice che il voto glielo ha chiesto un amico degli amici suoi o dell’onorevole, che è un parente del candidato, che ha dovuto votare perché gli è stato promesso il posto per un suo figlio o un suo cugino o un suo nipote. Ogni candidato la il così detto “zoccolo duro” della sua clientela e usufruisce spesso determinanti voti occasionali. La cui en-
Eravamo educati a portare come esempi gli eroi, i giusti, coloro che hanno dato la vita per “la patria” ed il proprio mondo istituzionale, per il progresso dei popoli, per la giustizia, per una società migliore. Ora ci troviamo con “giornalisti” e giornalismo protetto a suon di guadagni senza limiti che ci somministrano quanto serve per la difesa delle caste e della struttura di questo mondo politico, che ci rubano il tempo e la mente fornendoci materia con la quale siamo costretti a trascorrere le nostre serate, in mancanza di altro, ora che è distrutta ogni umana forma di vita e di società, ora che siamo rintanati nelle nostre case e con le nostre famiglie decimate dalla partenza dei nostri figli in cerca di un avvenire - che è solo precario quando va bene -; ci troviamo con una vita formalmente libera ma di fatto condizionata, stretta in pochi pensieri lugubri, fatti di pessimi rapporti con i poteri pubblici, a sognare una diversità per i nostri figli, a dimenarci con il fine mese, anzi con i bisogni quotidiani, a pagarci le medicine, a non avere sufficienti mezzi per affrontare i bisogni quotidiani; a sperare nella fortuna di avere meno bisogno possibile di dentisti e cure mediche e di gabinetti di analisi cliniche dove il medici sono spesso abbonati a mandare gente soprattutto quando non si ha bisogno - se mandassero i veri malati tante cliniche potrebbero chiudere ed i mutuati diminuirebbero in abbondanza e certe televisioni finirebbero di esistere - e la sanità diventerebbe molto meno ingombrante per i bilanci pubblici sopratutto per le regioni e lo Stato.
Reggio e la Calabria
sono il feudo di poche famiglie che continuano la propria vita paradisiaca, dove non esiste il problema dell’euro, dell’avvenire per i propri figli e le proprie parentele, per il proprio ruolo immortale da padroni e privilegiati; dove si coltivano accordi tra i più diversi per scambiarsi favori e prebende eludendo quel poco di legge che c’è e facendo come se il tutto fosse una società privata dove principi e baroni, feudatari e nobiltà, sono stati sostituiti interamente dai soli principi e proprietari oggi esistenti: i vincitori della politica. Ed i poveri sono: quelli che lavorano o sono disoccupati o non hanno come tirare avanti anche perché la propria cinghia è stata talmente tirata che oltre non si può. Fare attenzione ai governati di regione e città della regione per trovare testimonianze di quanto qui è affermato. Noi evitiamo di fare nomi e cognomi perchè ci vergogniamo di loro, essendo reggini e calabresi e vivendo pure dove c’è anche questa gente con la quale qualche volta sei anche costretto a prenderti al bar sotto casa tua, il caffè con loro che non hanno rossore e noi che non vediamo l’ora di giraci dall’altra parte immaginandoci un brutto sogno quella che, però, è la triste realtà dei nostri giorni.
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Sabato 27 Aprile 2013
Eroe albanese
Si chiude il sipario con Scanderbeg Un vero e proprio evento chiuderà il 3 e il 5 maggio la 53ma stagione lirica del Teatro "Rendano" di Cosenza. Di scena il dramma in musica composto da Antonio Vivaldi e rappresentato per la prima volta nel 1718 al Teatro della Pergola di Firenze Un vero e proprio evento chiuderà il 3 e il 5 maggio la 53ma stagione lirica del Teatro “Rendano” di Cosenza. Di scena il dramma in musica “Scanderbeg”, composto da Antonio Vivaldi e rappresentato per la prima volta nel 1718 al Teatro della Pergola di Firenze. La riproposizione dell’opera a Cosenza segna una importante e virtuosa collaborazione tra il Teatro “Rendano” diretto da Isabel Russinova, il Teatro nazionale dell’Opera di Tirana, palcoscenico della prima rappresentazione di questa produzione nel novembre del 2012, e l’Opera Academy di Verona che, su commissione del teatro albanese, ha realizzato il progetto artistico con il coinvolgimento degli allievi dei master di specializzazione dell’accademia veronese. Dell’opera “Scanderbeg” gran parte della musica originale andò perduta, mentre il libretto, di Antonio Salvi, poeta di corte del granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici, sopravvisse interamente. Grazie al raffronto di documenti d’epoca, si accertò che quattro arie con recitativo vennero scritte dalla mano di Antonio Vivaldi. Al compositore Francesco Venerucci è toccato il compito di sottoporre a revisione le quattro arie “vivaldiane” e un certosino lavoro di restauro e di vera e propria reinvenzione della musica per tutta la copiosa parte rimanente. Al musicologo e saggista Quirino Principe, invece, quello, lungo e faticoso, di rielaborare interamente il libretto di Salvi, rendendolo più comprensibile e lasciando inalterati solo rari versi. Grazie a questa complessa operazione di ritrovamento, recupero, rielaborazione e quasi re-invenzione testuale oggi “Scanderbeg” può essere rappresentata, dopo Tirana, al Teatro “Rendano” di Cosenza. A Tirana l’opera è stata rappresentata in occasione del centenario dell’Indipendenza dell’Albania dalla secolare soggezione all’Impero Ottomano, proclamata il 28 novembre 1912. Al centro del dramma in musica vivaldiano, la figura dell’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, nato a Croia nel 1405, prima valoroso soldato al servizio dei Turchi, per qualche tempo orientato verso la religione islamica, poi tornato al cristianesimo. Scanderbeg fu condottiero del suo popolo e tessitore dell’identità nazionale albanese.
«Difendendo la propria terra - scrive Quirino Principe - Scanderbeg difese l’Europa cristiana e civile e in questo suo ruolo raggiunse una statura politica e morale fra le maggiori della storia europea, tanto che la sua grandezza fu ricordata con evidenza anche fuori del vecchio Continente». Doppia la dimensione storica assegnata a Scanderbeg dallo stesso Principe: «come campione del cristianesimo dinanzi all’espansionismo islamico e come eroe nazionale d’Albania». Nel presentare l’opera che debutterà al “Rendano” il prossimo 3 maggio il direttore artistico Isabel Russinova sottolinea il grande fascino che ha subito da sempre dalla figura di Scanderbeg, «una tra quelle - dice - più rappresentative del XV secolo. La sua fama di grande condottiero, fine stratega, coraggioso, colto, rude e gentile insieme, strenuo difensore della fede cristiana, tanto da ottenere dal Papa Callisto III l’appellativo di “atleta di Cristo”, suscitò, due secoli dopo, l’ammirazione di Vivaldi che compose l’opera omonima proprio in suo onore». «Con il declino del barocco - sottolinea ancora la Russinova - l’opera fu dimenticata e rischiava di morire, come gran parte della musica del grande compositore veneziano, ma ora, più di tre secoli dopo, grazie al lavoro di scrittura del maestro Francesco Venerucci e di Quirino Principe, grazie all’Opera di Tirana, all’Opera Academy di Verona ed al Teatro Rendano, eccola vivere ancora. Sarà un momento altissimo che lega musica, storia, letteratura e memoria. Mi sento particolarmente fiera che il Teatro Rendano, la città di Cosenza e l’intera Calabria, terra d’Arbereshe, possano vivere questa occasione da tramandare a chi verrà’ dopo di noi». Due le rappresentazioni previste al “Rendano”: la “prima” venerdì 3 maggio, alle ore 20,30 (turno A di abbonamento) e la replica domenica 5 maggio, alle ore 17,00 (turno B di abbonamento). L’Orchestra, il coro e il corpo di ballo sono quelli del Teatro nazionale dell’Opera e del Balletto di Tirana. Stesso discorso per i cantanti: Armand Likaj (nel ruolo di Scanderbeg), Emiljana Palushaj (Doneca), Ogert Islami (Aroniz), Erlind Zeraliu (Ormondo), Edvin Kastrati (Amurat II), Ivana Hoxha (Asteria) e Klodian Kacani (Acomat). Maestro Concertatore e Direttore d’Orchestra Zhani Ciko, che del Teatro dell’Opera di Tirana è anche sovrintendente; maestro del coro è Dritan Lumshi. La regia è di Giorgia Guerra, ripresa da Ada Gurra. Maestro del ballo e coreografo, Lino Privitera. A firmare le scene Andrea La Cagnina, mentre le proiezioni video sono di Florian Canga e i costumi di Claudia Yanina Fascio. Biglietti in vendita sia al botteghino del “Rendano” che all’agenzia Inprimafila di viale degli Alimena.
E la favola continua...
Ciack... MisSposi? Sposa per un giorno. E per tutta la vita quando il ricordo di un “Wedding day” da protagonista si fa indelebile. Tutto questo è accaduto, qualche giorno fa, presso il Castello di Serragiumenta di Altomonte (Cosenza): Alfredo Bruno ha conquistato occhi e gusto di future spose e non con un nuovo, originale successo della nostra regione: la realizzazione dello spot “MisSposi Italia 2013” con la regia di Ilenia Caputo e la direzione creativa di Davide Imbrogno. La protagonista e madrina dello spot è Federica Montanelli, attrice cosentina che con il suo fascino a la sua bellezza è riuscita a trasmettere profonde emozioni, rappresentando la Sposa perfetta..Oltre alla protagonista hanno partecipato, alle riprese del video, quattro aspiranti modelle: Karen Lanzino, Melania Carbone, Elena Ianovici e Fiorella Stoia (Miss MOtors Italia 2012). L’evento, già collaudato nei precedenti appuntamenti calabresi, apre le porte al sogno di ogni donna: vivere, da regina, l’incanto del giorno più importante della propria vita: il matrimonio. Un’occasione unica per le aspiranti miss che avranno ( ed hanno avuto) la possibilità di indossare l’abito dei propri desideri, quello della boutique di Elisa De Bonis, di posare per Raffaele Morrone, fotografo ufficiale dell’evento e di farsi coccolare dalle mani del parrucchiere Domenico Romeo. Fascia e corona saranno donate alla sposa più rappresentativa, la cui bellezza, non solo fisica, diventa perfezione per coloro che la voteranno. Saper indossare l’abito, viverlo, raccontarlo è il “must” di “MisSposi”. Tutto pronto, dunque, per una nuova favola ed una nuova protagonista per il prossimo 12 maggio al Castello di Serragiumenta. Tra le partecipanti si attende quella che Shakespeare definirebbe l’ “allodola che s’alza al rompere del giorno dalla cupa terra, eleva canti alle porte del cielo; quel ricordo del tuo dolce amore tanto m’appaga ch’io non muto più l’avere mio con alcun regno”. MisSposi Italia e la favola continua...
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Sabato 27 Aprile 2013
La salute prima di tutto
L’importanza della postura Lo studio medico Favin all’avanguardia per la valutazione e il trattamento delle malattie degerenative La posturologia, scienza innovativa, inquadra le sindromi algiche, come espressione di uno stress meccanico sulle articolazioni, spesso dovuto a disturbi della mandibola, dei muscoli dell'occhio, del cattivo appoggio dei piedi, stress e cattiva alimentazione La ricerca della causa che genera un dolore necessita della valutazione di questi recettori, che quando si mettono in funzione spostano il nostro equilibrio dandoci la sensazione di essere imperfetti o "storti"; la ricerca attraverso esami di laboratorio e utilizzo di questionario clinico valutativo, che ci indirizzano verso cofattori carenti responsabili di stress biometabolico ne completano l`indagine Le cause si ricercano con l'aiuto di strumenti come: 1) l'esame baropodometrico meccanico e statico, 2) la valutazione posturale della colonna vertebrale, delle spalle e del bacino; 3) esame baropodometrico dinamico su tapis roulan 4) esame spinometrico 4D x la valutazione della colonna senza raggi x. 5) esame della forza muscolare. 6) esame bioimpedenziometrico-plicometrico. 7) valutazione della composizione corporea La cura del dolore e' complessa, perche' bisogna tenere conto anche della componente psicologica. L'utilizzo del plantare neurobiomeccanico, la corretta nutrizione, l'agopuntura, il massaggio, la coppettaazione e moxa delle strutture muscolare, il training autogeno e altro, rappresentano, oggi un valido aiuto nel trattamento di tutte quelle patologie stress correlate, che con il solo intervento delle cure farmacologiche, non migliorano…anzi si crea una dipendenza a circuito chiuso, difficilmente riequilibrabile. Lo studio medico
Favin Postural Center
ha aderito al progetto "Schiena in salute" promosso dall'Università la Sapienza di Roma, per sensibilizzare la popolazione italiana sul tema della corretta postura con uno screening gratuito nel mese di maggio, ed in particolare sull'opportunità di eseguire periodicamente una valutazione funzionale quantitativa della postura, finalizzata alla presa di coscienza di eventuali vizi posturali in rapporto con lo stato di salute attuale e futuro. www.favinposturalcenter.it Via Dalmazia, 37 Cosenza Tel 098427632
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Sabato 27 Aprile 2013
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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
PROSSIMAAPERTURA Maggio 2013
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Sabato 27 Aprile 2013
Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)
Disoccupazione senza precedenti «Speriamo che finalmente la politica si assuma le proprie responsabilità e che ogni sforzo venga indirizzato, per migliorare la vita dei cittadini» dice il presidente Epas «Mentre le istituzioni e la politica continuano a vagare nel buio, senza riuscire ad arrivare a soluzioni condivise per avviare le riforme necessarie e dar vita ai provvedimenti indispensabili per contrastare un crisi che sembra infinita - dice Denis Nesci, presidente nazionale del patronato Epasle persone continuano a vivere un momento sempre più difficile, pieno di incertezze e di paure per un presente complicato e per un futuro che, al momento, non invita ad avere fiducia in una prossima ripresa. Speriamo davvero - continua il presidente Epas - che finalmente la politica si assuma
le proprie responsabilità e che ogni sforzo venga indirizzato per un obiettivo comune: migliorare la situazione dei cittadini». In un momento politico che appare più che mai indecifrabile e confuso, prosegue la sfilza di dati preoccupanti e resoconti negativi relativi al nostro Paese. Tra le cifre che descrivono il dramma della disoccupazione e i numeri che illustrano la realtà di una popolazione sempre più povera, viene fuori un quadro che (nel caso non fosse ancora sufficientemente chiaro) non è più possibile valutare con superficialità, e che purtroppo ha risvolti tragici che denunciano in maniera impietosa come anche la speranza si stia inesorabilmente affievolendo. Una prima stangata alle velleità di ripresa per il nostro Paese già nell’anno in corso arriva dal Fondo monetario internazionale che, nel World economic outlook, parla di un ulteriore aumento dei tassi di disoccupazione in Italia per il 2013, con percentuali che saliranno dal 10,6% al 12,0%, per toccare il 12,4% nel 2014. Si tratta di una tendenza pressoché comune a tutti i Paesi europei alla quale, evidentemente, non riuscirà a sottrarsi neanche il nostro. La situazione non appare quindi rosea e riflette in pieno le sensazioni negative espresse diretta-
mente da lavoratori e famiglie; secondo un’indagine di Confcommercio e dell’osservatorio Censis riferita ai primi mesi del 2013, tra gli italiani esiste una paura generalizzata e concreta di perdere il lavoro. La percentuale di coloro che vivono questo timore è molto alta, quantificabile nel 25%, mentre il 27% dei lavoratori italiani ha paura di incorrere in una riduzione dello stipendio a causa di una recessione che continua, imperterrita, a seminare difficoltà e incertezze. Tra le conseguenze di queste paure e di queste previsioni, tanti italiani stanno continuando a rinviare spese importanti, come ad esempio l’acquisto di un mezzo di locomozione o di un elettrodomestico, o la ristrutturazione della casa. Esistono però altri effetti ben più drammatici legati al delicato momento che il nostro Paese sta vivendo: il numero di suicidi legati a motivi economici nei primi tre mesi del 2013 è aumentato del 40% rispetto ai primi tre mesi del 2012. Si è abbassata l’età media delle vittime e il fenomeno riguarda sia disoccupati che imprenditori. «La realtà del nostro Paese è allarmante - è il pensiero del presidente nazionale Epas - e l’aspetto più triste è che sta venendo meno anche la speranza di imprenditori, famiglie, lavoratori, pensionati, giovani. Serve un segnale forte di cambiamento, qualcosa che possa ridare speranza alla gente - conclude Denis Nesci - e che restituisca al nostro Paese la dignità e le certezze indispensabili per uscire da uno dei momenti più oscuri della nostra storia».
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