Voce ai giovani

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Anno 37 - 6 Luglio 2013 - Numero 27

Settimanale indipendente di informazione

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Colpo vincente della giostra cavalleresca di Bisignano che in passato aveva perso un po’ di smalto. Vince San Zaccaria AD ALTA VOCE

AZIENDA OSPEDALIERA COSENZA

La ragazza dagli “occhi cielo” a Rende

Un dono in corsia Quando non conta solo il pensiero

di Lucia De Cicco

Intervista a Loredana Errore seconda al talent scout “Amici”

Cinque sedie/carrozzelle regalate dall’associazione “Adamo”


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sabato 6 luglio 2013

Cittadini e sacchetti A Rovito una campagna di informazione per la salvaguardia dell'ambiente

Differenziata per differenziarsi ne di Alessandro Cofo

“Differenziamo i rifiuti, premiamo l’ambiente” è il titolo della campagna di sensibilizzazione e informazione partita nei giorni scorsi a Rovito. Un’iniziativa che segna un cambiamento radicale nelle abitudini dei cittadini e si propone come necessaria riscoperta e valorizzazione di azioni mirate alla difesa dell’ambiente e alla diffusione di una cultura nuova per quel che riguarda la gestione dei rifiuti. Ad illustrare le novità introdotte del nuovo servizio di raccolta differenziata, il sindaco di Rovito Felice D’Alessandro e l’assessore all’ambiente Gessica Sottile, il Sindaco sottolinea l’impegno profuso nella realizzazione dell’iniziativa, nonostante le forti difficoltà economiche, nonché le finalità cui mira il servizio della raccolta differenziata: «Quello che si sta attuando in questi giorni a Rovito è un passaggio necessario per evitare momenti critici nella gestione dei rifiuti che tutti produciamo e per adeguare i nostri comportamenti a principi di responsabilità individuale. È una necessità con cui dobbiamo misurarci per ridurre la quantità dei materiali portati in discarica, promuovendo allo stesso tempo l’importanza del riutilizzo e del riciclo». Il servizio prevede la distribuzione alle utenze domestiche ed alle attività commerciali e di servizio, degli appositi mastelli per la raccolta di carta e cartoncino, multimateriale, organico e residuo non riciclabile, nonché punti di raccolta per farmaci scaduti, toner e cartucce, indumenti usati e pile esauste con successiva eliminazione dei cassonetti stradali. «L’auspicio dell’Amministrazione, che ha già messo a disposizione anche un numero amico per qualsiasi informazione riguardante il corretto svolgimento della raccolta differenziata, è che i cittadini rispondano con positività e si sentano coinvolti attivamente nell’impegno e nel rispetto delle regole, per il benessere di tutti», inoltre, specifica Sottile, importante, ai fini di una buona riuscita del servizio, è partire con una intensa attività di sensibilizzazione coinvolgendo anche i più giovani. Proprio a tal fine nei primi di giugno si è svolta una giornata dedicata alle scuole. Nello svolgimento della raccolta differenziata l’amministrazione ha voluto fortemente il coinvolgimento delle associazioni presenti sul territorio che a supporto dell’amministrazione collaborarenno alla distribuzione dei mastelli nonché ad iniziative mirate a sensibilizzare la cittadinanza. A tal proposito l’associazione Rubetum, domenica 23 giugno ha svolto un’iniziativa pubblica, in Piazza del Popolo di Rovito, coinvolgendo soprattutto le giovani generazioni. «In questa sede» ha specificato D’Alessandro «si coglie l’occasione per ringraziare le associazioni che hanno accolto positivamente l’invito dell’Amministrazione comunale e si ringrazia per la disponibilità dimostrata nel collaborare al fine di ottenere una buona riuscita del servizio e ridurre al minimo eventuali disagi iniziali».

Un’iniziativa che segna un cambiamento radicale nelle abitudini dei cittadini e si propone come necessaria riscoperta di azioni mirate alla diffusione di una cultura nuova per quel che riguarda la gestione dei rifiuti

Con Pet therapy significativo passo avanti

Sanità a quattro zampe «Con la legge approvata, la Calabria rientra tra quelle poche regioni che si sono dotate di un quadro normativo per l’autorizzazione ad effettuare la Pet Therapy, la cui efficacia è riconosciuta dalla scienza e confermata, costantemente, da esperienze nazionali ed internazionali tanto che, a livello parlamentare, si sta proponendo questo metodo come co-terapia». È quanto afferma il consigliere regionale Claudio Parente, autore della proposta di legge, che prosegue: «L’obiettivo è quello di garantire ai malati, soprattutto bambini e anziani, prestazioni basate su protocolli e progetti standardizzati, messi in atto da personale qualificato e tramite una rigorosa scelta degli animali ammessi alla Pet Therapy. In Italia, diverse strutture sanitarie, come il Gaslini di Genova o il Mayer di Firenze, hanno avviato progetti con bambini autistici o con quelli colpiti da leucemie infantili, al fine di ridurre l’ansia ed il dolore, cosi come in altre esperienze questo metodo viene utilizzato per rallentare la regressione funzionale dei malati di Alzheimer o in alcuni quadri di demenza». «Una materia quindi delicata - dice ancora Parente - quella che prevede le cure con l’ausilio di animali, che non può essere lasciata al libero approccio, spesso autogestito o autocertificato, che rischia di provocare danni o, comunque, di non dare risposte ai fruitori ed agli operatori. Per ovviare a queste problematiche spiega ancora Parente- la legge prevede una èquipe multidisciplinare che valuta i progetti sulla base dei disturbi della sfera fisica, psichica, cognitiva o emotiva del paziente, oltre che lo stato dell’animale coinvolto, mentre spetterà ad una commissione regionale definire i requisiti e le procedure per poter effettuare la Pet Therapy. Il testo normativo tutela il protagonista di questa terapia cioè l’animale, costantemente monitorato nello stato di salute e benessere dal proprio operatore che ne promuove la relazione con il fruitore ed è proprio dalla qualità di questa interazione che si avranno gli effetti terapeutici e riabilitativi di questa metodica. La legge - conclude Parente - sarà presentata, in primis, a tutte le organizzazioni che si interessano di tutela e difesa degli animali, nonché agli operatori sanitari che saranno interessati a questo nuovo approccio di medicina naturale nelle disabilità neuromotorie e sensoriali».


sabato 6 luglio 2013

Quando non conta solo il pensiero In ricordo di un ragazzo che «si impegnava in prima persona con umiltà, competenza e rigore»

Un dono in corsia Da sinistra Fagiani, De Rosa, Gangemi, Crocco, Adamo, Biondi, Adamo, Perri e Guagliardi

Cinque sedie/carrozzelle sono state donate dall’Associazione “Massimiliano Adamo” onlus di Cosenza all’Unità operativa di Medicina e Chirurgia d’accettazione, Urgenza e Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera di Cosenza. Nel corso della cerimonia di consegna, alla presenza della stampa, è stato riconosciuto «il valore simbolico ed il segnale di civiltà che ha inteso compiere l’Associazione verso un presidio medico che è punto di riferimento per l’intera regione Calabria». Coordinati dalla portavoce dell’Azienda ospedaliera “Nella Faggiani”, sono intervenuti il segretario e la vice presidente dell’Associazione Adamo onlus, Marco Adamo e Monica Perri, il primario dell’Unità operativa del Pronto Soccorso, Francesco Crocco, il presidente del Circolo della Stampa di Cosenza, Gregorio Corigliano, il direttore sanitario ed il direttore generale dell’A.o., Francesco De Rosa e Paolo Maria Gangemi. «Con l’avvicinarsi del quarto anniversario della scomparsa di mio fratello Massimo - ha sottolineato Marco Adamo - venuto a mancare per un malore improvviso all’età di 35 anni, l’Associazione a lui intitolata, nata nel 2010 per volontà di circa 200 soci, ha deciso di acquistare e donare delle carrozzelle come segno di vicinanza verso il territorio e verso chi opera in condizioni alcune volte non facili per assicurare prestazioni mediche a chi sta poco bene». Degli scopi e delle attività dell’Associazione ha parlato la vice presidente Monica Perri, che ha tracciato anche un ricordo dell’amico e collega Massimo Adamo, impegnato in Confindustria Cosenza come funzionario responsabile dell’Area Economia e Innovazione. «Si impegnava in prima persona con umiltà, competenza e rigore - ha sottolineato Monica Perri e credeva nel valore dell’impegno singolo e collettivo per la crescita dell’amata Calabria.

Cinque sedie/ /carrozzelle sono state donate dalla associazione Massimiliano Adamo onlus di Cosenza all’Azienda ospedaliera di Cosenza

L’Associazione “Adamo”, perciò, si configura come una organizzazione non lucrativa di utilità sociale ed è al sociale che guarda per cercare, anche se con piccoli gesti, di aiutare il prossimo». Sentimenti di soddisfazione e gratitudine per la donazione sono stati espressi dal primario dell’Unità operativa del Pronto soccorso, Francesco Crocco che ha sottolineato come anche iniziative del genere possano aiutare concretamente l’Ospedale ad operare quotidianamente ed ha evidenziato che il Reparto da lui diretto sia secondo solo al Cardarelli di Napoli per numero di prestazioni ed interventi nel Mezzogiorno. «Questa donazione - ha detto il Primario Crocco - è un atto d’amore per la propria città e si muove in direzione contraria alla critica non costruttiva verso un presidio che è di tutti». «Stare accanto a chi ha bisogno è un dovere che nasce dal sentimento - ha sottolineato il presidente del Circolo della stampa di Cosenza Gregorio Corigliano - ed è per questo che auspico che questo gesto, che si ascrive tra le cose positive realizzate in questa città, sia emulato da altri. La sanità è un bene di tutti. Rispondere nel migliore dei modi e per quello che è possibile fare ai fabbisogni connessi a questo bene arreca beneficio a tutti». Il direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera Francesco De Rosa, che ha aiutato l’associazione a concretizzare l’idea, ha ringraziato la onlus “Adamo”, i tanti familiari ed amici presenti alla cerimonia di consegna, iniziando dal presidente Daniela Biondi, per la sensibilità dimostrata ed il direttore generale Paolo Maria Gangemi ha ricordato l’approccio universalistico che vuole una sanità pubblica aperta a tutti ed ha parlato di «una grande responsabilità che come amministratori abbiamo, a cui non possiamo sottrarci per meri atti contabili o amministrativi». Ha, infine, anticipato che verrà presentato a breve un nuovo modello di Pronto soccorso.

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sabato 6 luglio 2013

Cavalli, torri e anelli Colpo vincente della giostra cavalleresca di Bisignano che negli ultimi anni aveva perso un po’ di smalto...

La rivincita del Palio del Principe Se negli ultimi anni il Palio di Bisignano aveva perso qualche colpo, per complicazioni burocratico-amministrative e non sufficiente considerazione da parte degli enti interpellati che al Palio dovrebbero riconoscere maggiore importanza, l’edizione di quest’anno segna una netta rivincita sulle difficoltà che ne avevano limitato la rilevanza oltre il perimetro locale. "Il Palio del Principe" è un evento sportivo e culturale le cui radici vengono fatte risalire al ‘500/‘600 ed hanno nel Principe Pietro Antonio Sanseverino di Bisignano, Cavaliere del Toson d’Oro la figura storicamente centrale della tradizione equestre bisignanese che arriva fino ai giorni nostri. Il Palio è una giostra cavalleresca fra i Rioni storici della città che sono otto e che mantengono viva la tradizione con la loro convinta partecipazione. Il torneo è una prova di abilità per i cavalieri chiamati a coniugare velocità e destrezza infilando da cavallo, con la lancia, anelli di varia misura appesi a delle torri. Vince il cavaliere che totalizza il punteggio più alto e così conquista per il Rione che rappresenta il gonfalone appositamente realizzato da un artista. Quest’anno si è aggiudicato il Palio il Rione di San Zaccaria grazie alla bravura e all’abilità di Ivan Molino, detto "Capello", verosimilmente per il cranio rasato a zero ma certamente cavaliere di raffinata eleganza e abilità. All’interno del torneo, quest’anno, la singolare coincidenza della partecipazione di due cavalieri, il famoso Claudio Amodio detto "Puffo" e il figlio Luca detto "Junior Puffo": il padre per il Rione Borgo di Piano e il figlio per il Rione San Pietro, che si sono confrontati lealmente, sostenuti dalle rispettive tifoserie. Ha avuto la meglio il padre ai punti ma il ragazzo è stato il vero protagonista del confronto, culminato con un abbraccio, a punteggio assegnato, fra padre e figlio e tutto il pubblico in standing ovation. Ma il torneo cavalleresco e la conquista del "drappo" rappresentano soltanto il momento finale del Palio del Principe, l’evento che chiude una settimana di avvenimenti, manifestazioni e incontri negli otto Rioni. Si è iniziato domenica 23 giugno con la benedizione dei cavalieri e dei cavalli officiata dal parroco don Maurizio Spadafora che, insieme al direttore artistico Rosario Turco "inventore" del Palio e a tanti volontari, residenti o oriundi di Bisignano,costituiscono la cabina di regia dell’evento in tutte le sue articolazioni. Dopo la benedizione di cavalieri e cavalli ha preso il via il Corteo storico con i figuranti del Principe e della sua corte, dame, paggi e paggetti e i cavalieri a cavallo con i costumi simbolo e i colori degli otto Rioni, che ha percorso le strade della città, aperto dai tamburi e dagli sbandieratori del Palio,

Quest’anno la competizione è stata vinta dal Rione di San Zaccaria grazie a Ivan “Capello” Molino

ormai professionisti nel genere, con arrivo in Piazzale Viale Roma, suggestivo terrazzo dal quale si domina la Valle del Crati. Qui si è svolta la rievocazione storica della "donazione della chinea bianca", ovvero l’omaggio del Principe di Bisignano a un emissario del Re di Napoli di un cavallo bianco, di rara bellezza, destinato al cocchio papale. Durante la settimana feste e gastronomia nei Rioni ispirate "agli antichi sapori della terra", ai "sapori e profumi degli antichi vasai" e, per il Rione S. Pietro, festa propiziatrice aspettando il giorno di San Pietro".


sabato 6 luglio 2013

Cavalli, torri e anelli Sul palco della giuria

Alcuni momenti del Corteo storico in costume In basso: a sinistra, il vincitore del Palio Ivan Molino del Rione San Zaccaria; al centro, il duello tra “Puffo” e “Junior Puffo” con il “tutto esaurito” sugli spalti A sinistra, in apertura il drappo consegnato al Rione vincente A destra l’altare Maggiore della chiesa di Santa Maria

La settimana del Palio ha anche il suo momento di alto profilo culturale grazie all’impegno della presidente del Centro Studi "Il Palio", signora Clara Maiuri, e a mons. Luigi A. Falcone, responsabile per le attività culturali. Quest’anno il convegno, che si è svolto nella restaurata chiesa di Santa Maria de Justitieriis, gioiello barocco risalente al 1636, ha avuto come tema,con tutte le suggestioni che il Palio stimolava, "L’Ordine religioso-militare dei Cavalieri Templari dalle origini alla soppressione", introdotto da una relazione di Barbara Frale,

Interessante anche lo scontro tra Claudio Amodio “Puffo” e il figlio Luca “Junior Puffo”: il padre per il Rione Borgo di Piano e il figlio per il Rione San Pietro

A seguire le fasi del Palio dal palco della Giuria c'erano il sindaco Umile Bisignano con fascia tricolore che ha premiato il vincitore, il vicesindaco e assessore alla Cultura Damiano Grispo, gli assessori Alfieri e Bisignano, la presidente del Palio Clara Maiuri, il responsabile per le attività culturali del Palio mons. Luigi Falcone, il parroco di Santa Croce e Santa Maria Assunta don Maurizio Spadafora, il colonnello Robert Ruffolo, Ambasciatore del Ministero della Difesa degli Stati Uniti presso il Governo italiano, Paola Nicolosi responsabile delle attività del gruppo Cisom dell'Ordine di Malta delegazione di Catania, i rappresentanti degli otto Rioni della città, il giornalista Antonlivio Perfetti accompagnato da Decio Stancati, nipote ventenne di Nicolina Loise, nobildonna del Rione San Zaccaria.

La chiesa di Santa Maria de Justitieriis Sabato 29 nel Rione San Zaccaria ha riaperto la chiesa di Santa Maria, chiusa da molti anni per inagibilità e finalmente restaurata. È toccato a don Paolino Scarfoglio, figura prestigiosa del Rione San Zaccaria la cui famiglia è giunta in Calabria a seguito dei Sanseverino, bussare simbolicamente al portone perché venisse riaperta ai fedeli. Sua sorella, Carolina Scarfoglio, si è impegnata con grande generosità, fino all’ultimo giorno della sua vita, perché la chiesa tornasse agibile. Ha custodito con grande scrupolo, candelabri, paramenti, calici e tutto l’arredo degli altari in attesa della riapertura. A consegnare il tutto a mons. Falcone, nella ricorrenza della riapertura ai fedeli, ha provveduto la nipote Maria Antonietta Mayerà e il 20 luglio verrà celebrata la prima messa. La chiesa di Santa Maria, autentico gioiello dell’arte barocca meridionale, le cui forme attuali risalgono agli anni attorno al 1636, è l’unica oggi esistente nel Rione. All’interno, oltre all’altare maggiore, vi sono sui due lati rispettivamente l’altare della famiglia Boscarelli e della Famiglia Loise. Nel secolo scorso a prendersi cura della comunità parrocchiale sono stati il can. Alessandro Montalto, il can. Vittorio Scarfoglio, il can. Antonio Vetere e P. Modesto Calabretta, un faro di spiritualità e di dottrina. dell’Archivio Segreto Vaticano, seguito dagli interventi dello storico Amedeo Miceli di Serradileo, di Maria Rosaria Salerno dell’Università della Calabria, di mons. Luigi Falcone nella veste di storico, di Francesco Fucile autore di una ricerca storica su "uno sconosciuto cavaliere giovannita di Bisignano del XVII secolo e di Claudia Cundari,dottoranda di ricerca all’Unical, con la relazione sulle "tipologie architettoniche templari". Al convegno hanno portato il saluto il sindaco di Bisignano, Umile Bisignano, e l’assessore alla Cultura vicesindaco Damiano Grispo che ha tenuto a richiamare l’attenzione sulla ricchezza di tradizioni e valori culturali che la storia di Bisignano offre alla ricerca storica e che dovrà trovare adeguata e meritata valorizzazione nelle politiche culturali di chi governa il patrimonio storico della Calabria. La settimana del Palio va quindi considerata in tutta la sua articolazione e non è certo secondaria la partecipazione alle feste dei Rioni, dove le pietanze cucinate dalle famiglie che vi abitano vengono offerte gratuitamente in una atmosfera di sana e genuina ospitalità. Dettaglio non secondario che fa onore a tutta la popolazione di Bisignano degli otto Rioni, prima di iniziare la festa in piazza i giovani del Rione portano l’assaggio delle pietanze preparate agli anziani trattenuti in casa e impossibilitati a partecipare. Una grande lezione di civiltà dove gli anziani conservano intatto il privilegio del rispetto e della riconoscenza dei giovani. Il Palio di Bisignano è anche questo, generazioni che si incontrano e si riconoscono in un sentimento collettivo. Infine si può affermare che in questa meravigliosa giornata del Palio non ha vinto un solo Rione ma l’intera città di Bisignano. La segreteria organizzativa del Palio di Bisignano

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Calabresi illustri

Bruno Amantea consacrò la sua vita alla medicina con una passione senza eguali

L’eremita della Scienza rise a cura di Oreste Pa

Poche sono le notizie sulla vita di questo illustre scienziato che consacrò la sua vita alla medicina dedicandosi all’esercizio della sua professione con un attaccamento e una passione che non ebbe uguali nella sua epoca. Nacque il 30 giugno del 1750, a Grimaldi da Francesco Saverio Amantea, di professione medico e da Anna Ferraro.1 Era il quarto figlio di una famiglia benestante, molto numerosa. Il primogenito Gaetano era diventato prete e si occupò dell’educazione del fratello mantenendolo a sue spese nel Seminario di Cosenza, dove era professore di filosofia, e successivamente nel collegio dei Gesuiti dove si dedicò allo studio delle lettere classiche, greco, filosofia e matematica con ottimo profitto. Egli fu talmente brillante negli studi, che a 18 anni fu mandato a Napoli per continuare gli studi. Sia per l’esempio paterno, sia per una naturale sua inclinazione, sentendosi trasportato allo studio delle scienze mediche, si portò ad apprendere l’anatomia sotto il celebre Gaetano Vetere, e quindi partitosi alla volta di Napoli, unitamente al suo concittadino e compagno di studi Francesco Cerio, ottenne ivi un alunnato nel grande spedale degl’Incurabili.2 L’Ospedale degli Incurabili3 raccoglieva i migliori professionisti della scuola medica napoletana. Tra i più rinomati di quel tempo vi erano Francesco Serao “archiatro regio”, Antonio Sementini, Domenico Cotugno, e il celebre Domenico Cirillo, che ebbe un ruolo principale nella rivoluzione napoletana del 1799 come membro della Commissione Legislativa e fu afforcato nell’ottobre di quell’anno funesto. In quel collegio vi rimase cinque anni, e superando brillantemente il concorso, fu nominato chirurgo straordinario di quell’Ospedale. Vi soggiornò altri sei anni, insegnando Istituzioni di Chirurgia; e iniziò lo studio dell’anatomia con la dissezione dei cadaveri.

Nacque nel 1750 a Grimaldi quarto figlio di una famiglia benestante Rapito dalla passione per la medicina partì per Napoli e fece grandi cose... nanzi uno del popolo, e lo chiede a soccorso della sua in eguale pericolo, non potendo dividersi in due, pareva non dovesse essere dubbia la scelta; tanto più che quei disgraziati non molto innanzi avevano osato introdursi nella sua casa ospitale e fare un furto considerevole. Pure non ricordando l’offesa si determinò a favore della misera donna, e la campò da morte essa ed un figlio.5 Un altro episodio riportato da Emilio De Tipaldo dimostra la sua onestà e il sincero spirito di servizio. Un giorno fu chiamata a visitare una contadina affetta da una grave malattia che nessuno riusciva a diagnosticare e proporre una cura. Egli la curò restituendole la salute, e suo marito, in segno di riconoscenza gli offrì una considerevole somma di denaro, che egli rifiutò. Al suo ritornò volle sapere come una famiglia così povera avesse potuto disporre di una tale somma, e venne a conoscenza del fatto che i poveretti avevano venduto l’unica proprietà che possedevano per curare la donna. Egli ricomprò il podere per trecento ducati e glielo fece restituire senza rivelare il nome del benefattore.

Scrive De Tipaldo: «Tanto acquistò meritatamente di reputazione Amantea, che dopo cinque anni di alunnato fu nominato prefetto, e pochi anni dopo chirurgo ordinario in quello spedale. La prontezza nella diagnosi dei mali i più difficili, l’esattezza de’ suoi pronostici, l’aggiustatezza delle sue indicazioni, e la felicità delle sue operazioni, congiunte alle più dolci e soavi maniere, portarono ben presto la fama di Bruno a tanta estensione, quanto potrebbe mai desiderare un giovine della sua età. Fu nominato per universali suffragi dissettore anatomico, e lo studio dell’anatomia in Napoli fu per opera sua un oggetto di entusiasmo per i giovani allievi di quella università. Amantea fu perciò ben presto dichiarato professore del regio ginnasio, e socio ordinario dell’Accademia delle Scienze. L’ostetricia divenne frattanto una delle parti della chirurgia sulla quale Bruno fissò la sua attenzione, onde renderne più facili, e meno penosi i soccorsi».4 Considerò l’attività medica come una missione e trasformò l’ospedale nel suo eremo, rinunciando alla sua vita personale. Non volle formare una sua famiglia. Si occupò dei figli del fratello e li sostenne materialmente e moralmente, ma soprattutto adottò la plebe di Napoli a cui dedicò sé stesso con totale dedizione, senza rincorrere fama e denaro. Egli può considerarsi il fondatore della grande scuola di chirurgia napoletana. Raccolse attorno a sé i migliori giovani talenti dell’epoca, e richiamò anche tutti i napoletani sparsi nei vari ospedali d’Europa per introdurre le più moderne tecniche mediche e chirurgiche. Diede un vigoroso impulso alla ricerca scientifica e alla sperimentazione restituendo all’Ospedale degli Incurabili il suo antico primato nel campo della scienza medica. Nella capitale conquistò fama e onori, ma si mantenne sempre umile e al servizio dei poveri, in conformità allo spirito caritatevole che era stato alla base dell’istituzione dell’ospedale come ente caritatevole. Un episodio illuminante del suo carattere e dei principi che applicava nell’esercizio della sua professione è il seguente. Fu chiamato un giorno da potente personaggio ad assistere la conserte nobilissima travagliata da difficile parto; in quella gli si fa in-

1 - Le note biografiche sono contenuta in "Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' rispettivi ritratti, Vol. VII, Napoli 1820, ad vocem. 2 - E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de' contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia, vol. I, Venezia 1834, p. 214.

Egli si dedicò con uguale perizia alle operazione chirurgiche di qualsiasi genere ottenendo sempre risultati straordinari. «Non vi fu parte alcuna, può dirsi di chirurgia, che nelle di lui mani non acquistasse un qualche perfezionamento, né perfezionamento da altri in essa introdotto che a lui fosse ignoto, o sfuggisse al sommo suo criterio in quest’arte», scrive De Tipaldo. Ecco quanto si legge nella sua biografica scritta da Benedetto Vulpes. L’estrazione della pietra della vescica orinaria fu la prima delle più importanti operazioni chirurgiche, cui Amantea rivolse la sua particolare attenzione. A quei tempi nella nostra scuola per la cistotomia era ancora in vigore il grande apparecchio, fin dal 1522 inventato e pubblicato per le stampe da Mariano Santo di Barletta. Bruno Amantea, senza essere altri praticamente istruito e manodotto in questa operazione, ma col suo collega Sig. Boccanera leggendo i metodi di operazioni descritti dagli Autori, mettendoli in pratica su i cadaveri, e conoscendo i proprii errori con l’analisi anatomica delle parti tagliate, conobbe i grandi vantaggi dell’apparecchio laterale. In questo si addestrò in modo che, dietro un rigoroso esame, insieme col mentovato collega fu nel grado di essere ammesso come uno degli operatori nel così detto Gabinetto della pietra. Ma chi può dire come il non interrotto esercizio su i cadaveri e su i viventi perfezionasse la sicura destrezza di questa operazione nelle mani del


sabato 6 luglio 2013

Calabresi illustri

nostro Amantea? In pochi minuti la pietra era già estratta: e l’infermo ricuperava la sanità primiera. Dopo dell’oprazione della pietra, per quella delle ernie del bassoventre si rese ancor celebre l’ottimo cerusico napoletano. Distinguendo con sicurezza le riducibili dalle ernie che potevano cancrenarsi, onde per queste si richiedeva la pronta e sollecita operazione; egli con pari velocità vi si accingeva, sapendo su due piedi variare i metodi di togliere lo strozzamento e di rimettere i visceri usciti di sito, a seconda delle diverse circostanze di questa proteiforme malattia. Era ammirabile la delicatezza colla quale apriva il saceo, ed incideva l’anello de’ muscoli addominali per evitare l’emoraggie dell’arteria epigastrica. Per restituire la vista a quegl’infelici, cui l’opacità della lente cristallina impediva che i raggi della luce scagliati dagli oggetti si andassero a riunire nel fondo della retina, felicemente adoperava il metodo della depressione. Nell’aneurisma al poplite, dovendo ligare l’arteria crurale nello spazio triangolare compreso tra il ponte di Poupart, il muscolo sartorio, e ‘l tricipite crurale, egli si serviva del metodo di Pouteau ligando tutto il fascio. L’arte di raccogliere i parti nelle mani del nostro Amantea, se non ricevé un perfezionamento, si rese però molto utile al genere umano facendo risparmiare la morte a chi dava la vita ad un essere novello. Dopo le felici operazioni del taglio della sinfisi del pube eseguite dal Dottor Ferrara, anch’egli il nostro Amantea ne fece alcune con sorprendente prosperità; e che trovansi descritte in una dotta memoria su l’assunto dall’ottimo suo allievo dott. Galbiati. Distinguevasi particolarmente il nostro Amantea per la singolare docilità con la quale nei congressi si prestava alle ragionate insinuazioni de’ suoi colleghi. Reprimendo i primi movimenti figli del temperamento, nel determinarsi alle operazioni chirurgiche portava quel sangue freddo che non lasciava precipitare ne’ suoi pregiudizii. Aiutato dalle cognizioni anatomiche e dal lungo esercizio dell’arte, nell’atto dell’operazione sviluppava quel coraggio e quell’intrepidezza di animo, che Celso richiedeva tra le altre doti di un Cerusico.6 Bruno Amantea si dedicò completamente alla sua professione e non ebbe la voglia e il tempo per documentare le sue tecniche, né illustrare tutte le operazioni che aveva eseguito7. Non volle neanche servirsi dei suoi allievi per per costringerli a scrivere le ricerche, ma

3 - Fondato dalla nobildonna napoletana Maria Longo nel 1519, l'Ospedale di Santa Maria del Popolo detto degli Incurabili ha svolto il ruolo di "ospedale pilota" dove si sperimentavano le più moderne terapie mediche e si effettuavano tecniche chirurgiche innovative. 4 - E. De Tipaldo, Biografia degli italiani cit., p. 215. 5 - E. De Tipaldo, Biografia degli italiani cit., vol. I, Venezia 1834, p. 214n. 6 - Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' rispettivi ritratti, Vol. VII, Napoli 1820, ad vocem. 7 - Senza avere lasciato scritto una pagina del proprio, un uomo che acquista fama in mezzo ai suoi emuli, in una delle principali città d'Europa, sostenuta per una lunga serie di anni, confermata dall'universale compianto al tempo della sua morte, e che attira l'ammirazione egli encomii dei dotti di tutte le nazioni; un uomo tale doveva necessariamente essere di sommo merito. Una soverchia umiltà tolse alle scienze il vantaggio che avrebbero ottenuto se avesse lasciato scritti i suoi metodi. Amantea divenne abilissimo col molto esercitare e molto studiare, ed il molto studiare e molto esercitare gli tolse quell'ozio, nel quale avrebbe potuto vincere i dettami della sua modestia, e lasciare memoria di sé come autore. (De Tipaldo, op. cit.) 8 - Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' rispettivi ritratti, Vol. VII, Napoli 1820, ad vocem. 9 - P. Colletta, Storia del Reame di Napoli dal 1734 sino al 1825, Vol. II, Parigi 1843. 10 - Francesco Amantea, Ultimi uficii alla memoria del cavalier Bruno Amantea, Napoli, 1822.

li istruì trasferendogli tutto il suo sapere senza alcuna invidia o malizia e questo costituisce il patrimonio più prezioso che lasciò ai posteri. Attraverso i suoi allievi, la sua arte gli sopravvisse e consentì di perpetuare la scuola medica napoletana. Egli visse in uno dei periodi più tumultuosi della storia del Regno di Napoli, attraversò indenne tutto il periodo della repubblica partenopea, e vide pendere dalla forca tanti suoi cari amici, la prima restaurazione, il periodo napoleonico e la seconda restaurazione borbonica dopo il congresso di Vienna del 1815. Egli si mantenne estraneo a tutte queste vicende, offrendo la sua assistenza e la sua professionalità senza mai schierarsi con nessuna delle parti in causa. Il carattere morale di D. Bruno era tale che nelle rivoluzioni politiche ci ha rinnovato l’esempio di Pomponio Attico, e nella moderazione delle sue passioni può paragonarsi a Senocrate. Docile, affabile, negligente di se stesso, poco eloquente, lasciava facilmente conoscere l’ingenuità del suo carattere. All’esterne dimostrazioni degli atti di pietà Cristiana accompagnava il fondo d’ogni virtù sociale. La sua casa sembrava il tempio della pietà; ove i poveri, oltre i soccorsi dell’arte salutare, trovavano le largizioni d’ogni beneficenza. Quante famiglie vergognose ricevevano da lui mensilmente i mezzi di sostenere la vita? Quante donzelle erano da lui fornite di dote? Quante altre dalla strada della perdizione erano ricondotte alla vita Cristiana, ed a se spese erano mantenute ne’ Conservatorii. Io non rendo che l’elogio della verità. Egli è perciò che sono costretto a riferire i più luminosi tratti di sua caritatevole virtù, tanto più degna di lode, quanto meno egli cercò di esserne lodato.8 Qual oggetto di lode non ci porge quella largizione, che per lo spazio di quarant’anni ei fece di molte migliaia di ducati per mezzo del P. Tornesi della Congregazione della Missione de’Vergini a pro della miserabile gente? Questo solo esempio, che attestato dagli altri PP. Di quella utilissima Congregazione, basta a farci conoscere l’indole dall’uomo di cui tessiamo l’istoria, non cessa di farci risovvenire che né vana ostentazione di merito, né stolta ambizion di gloria mossero e diressero la pietà del nostro Amantea. Essa fu ispirata, sostenuta, e continuamente diretta dalla vera sapienza, e dalla savia modestia; le quali cercano beneficiare altrui, senza che la sinistra sappia ciò che dispensi ed operi la destra. Perché celibe riputò come figli suoi quei d’uno de’suoi fratelli, e finalmente dopo la morte lasciò quello ch’era rimasto in seguito delle sue benefiche largizioni. Tante doti gli fecero meritare i posti più luminosi. Fin dall’anno 1792 fu scelto professore di Anatomia pratica nell’Ospedale degl’incurabili. Nel 1798 fu nominato uno de’ cerusici maggiori della nostra Armata stabilita in Sangermano, in unione di Boccanera, Palma, e Pettinati. Fu scelto professore di Anatomia pratica della R. Università degli Studi, e fu ricevuto nella Società Reale di Napoli nell’anno 1812. Fu aggregato a tutte le Accademie Nazionali. Nell’anno 1815 Ferdinando I coronandone i meriti lo scelse Chirurgo di Camera. I travagli dell’arte, e la podagra da cui era vessato, lo gittarono in un mortale apoplessia nel dì 10 aprile di quest’anno 1819. Questo malore il lasciò emiplegico e privo del dono della parola, fino a che nel giorno 5 del susseguente luglio lo tolse di vita; e nel dì 7 il i lui cadavere, accompagnato dagli Accademici Reali e da quelli del R. Istituto d’Incoraggiamento, da’ professori della R. Università, dagli alunni del R. Collegio Medico-chirurgico, tra i sospiri di tutti gli ordini de’cittadini, e tra ‘l pianto de’poveri, fu trasportato nella Chiesa del Monistero de’ PP. De’ Vergini; ove dal P. Cassitto con maschia eloquenza fu recitata la funebre Orazione. Bruno Amantea fu sepolto nella tomba de’ padri de’ Vergini; i quali, dopo essere stati in vita testimoni delle di lui virtù, vollero che le di lui ceneri rimanessero confuse in morte con le loro. Quale era la reputazione di Bruno Amantea è attestato da Pietro Colletta, che racconta quanto l’impressione suscitata dalla notizia della sua morte. Morì il chirurgo Bruno Amantea, di tanta carità verso i poveri, che la fama di eccellente nell’arte dalla fama di pietoso era vinta. La sua malattia destò all’universale timore ed ansietà, la morte fece versar molto pianto, i funerei officii furono seguiti da tanto popolo che a stento capiva nella strada vastissima di Foria. Di rincontro alla piccola casa di lui si appese una cassetta collo scritto: «il denaro delle offerte servirà ad ergere una cappella votiva pel chirurgo Bruno Amantea or ora morto». Ma vi si poté in breve tempo fabbricare una chiesa col nome di Santa Maria delle Grazie.9 Nel 1822 il nipote Francesco Amantea raccolse in un volume tutte gli elogi funebri e i sonetti composti in suo onore.10

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Onore al merito

Uno schiaffo, anzi un “Pacchero” alla ‘ndrangheta Un simbolico “colpo” alla organizzazione criminale più potente al mondo con l'assegnazione del Premio

“Un pacchero alla ‘ndrangheta”: così il presidente della Commissione regionale antimafia Salvatore Magarò ogni anno prova a dare un simbolico schiaffo alla organizzazione criminale più potente al mondo con l’assegnazione del pacchero d’argento, il premio ideato dallo stesso Magarò e conferito, insieme al laboratorio politico-culturale “La Calabria che non c’è” a coloro che improntano la quotidianità delle loro azioni e del loro lavoro alla correttezza, al rispetto delle regole, alla cultura della legalità, giocando sul significato metaforico del termine che letteralmente esprime il concetto di ceffone, di una sonora sberla. L’edizione 2013 è stata ospitata nello scenario suggestivo della chiesa di Santa Maria in Gerusalemme a San Pietro in Guarano (Cosenza) dove si è svolta la cerimonia di premiazione a quegli uomini che sono particolarmente impegnati in questo grande campo di battaglia chiamato Calabria. Il dibattito, curato nell’organizzazione da Orena Ventura, è stato moderato dal giornalista Salvatore Bruno con alcuni gradevoli intermezzi musicali del maestro Rosario Lullo. Assai prestigioso il parterre, composto dal prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, dal magistrato della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto, dall’editore Florindo Rubbettino, dal comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri Francesco Ferace. Presenti inoltre Francesco Cava, presidente dell’Ance regionale, e Antonella Barbarossa, direttrice del Conservatorio di Musica “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia. A fare gli onori di casa il sindaco di San Pietro in Guarano Francesco Acri (che nel corso dell’evento premia Luberto assieme all’omologo di Castiglione Cosentino Antonio Russo). La serata di Magarò, che non interviene ma il cui operato viene più volte sottolineato dalla parole di apprezzamento degli ospiti, è intrisa di sostanza oltre che di forma. Perché il confronto sollecitato dal moderatore, è serrato. A cominciare dall’intervento del primo cittadino sanpietrese Francesco Acri che parla dell’esistenza di una sola mafia e di più antimafie non coordinate. Un’idea condivisa da Luberto ma non da Cannizzaro. Il magistrato sottolinea le radici antropologiche del problema e interroga provocatoriamente sul perché, nonostante gli sfor-

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4 È stato ideato per coloro che improntano la quotidianità delle loro azioni e del loro lavoro alla correttezza, al rispetto delle regole, alla cultura della legalità

zi, “i meno” (la ‘ndrangheta) continuino a prevaricare sui “più” (lo Stato e i cittadino onesti). Rubbettino, premiato da Antonella Barbarossa, per la pubblicazione della collana editoriale non bacio le mani ricorda come i libri su mafia e ‘ndrangheta siano stati per decenni e decenni quasi inesistenti, e sposa la tesi che la criminalità sia innanzitutto un fenomeno culturale. E’ su questo campo che va osteggiato, dice, oltre che con la sola repressione. Il presidente dell’Ance Francesco Cava ricorda come la ‘ndrangheta abbia pensato in grande ancora prima che tutti se ne accorgessero e abbia allungato i tentacoli sulle cave dell’Expo 2015 di Milano anni e anni prima.

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Onore al merito Le motivazioni A Raffaele Cannizzaro, Prefetto di Cosenza promotore del protocollo d’intesa per la prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti e concessioni di lavori pubblici. Uomo concreto, uomo delle istituzioni, ma pure prefetto-scrittore che sa riflettere sulle strategie e gli strumenti del prefetto, nella nostra epoca, nel governo della complessità. Il suo è un pacchero teorico-pratico.

A Vincenzo Luberto, magistrato della DDA di Catanzaro semplicemente perché alla criminalità e ai bazooka si risponde con la perseveranza, con l’intelligenza, col diritto. E forse pure con questo pacchero. A Florindo Rubbettino, editore figlio d’arte, tipografo e editore, imprenditore, produttore di cultura e di civiltà. Tra le tante iniziative edi-

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toriali, tutte di qualità, spicca "non bacio le mani". Una collana di paccheri tascabili, veloci, pacifici e acuminati. A Francesco Ferace, colonnello dei Carabinieri Comandante provinciale di Cosenza. Con il suo instancabile impegno ha assicurato alla giustizia pericolosi esponenti della criminalità organizzata. Uomo retto, gentile e soprattutto molto efficace, grazie a lui possiamo dormire sogni tranquilli.

3 che ha acquisito un certo grado di emancipazione. Non passa inosservato però un suo attacco ai giornalisti, rei a parer suo di sensazionalizzare fatti di cronaca e di terrorizzare eccessivamente la popolazione per quanto riguarda la criminalità, trasformando le figure di normali delinquenti in leggendari boss.

5 Il colonnello Ferace è il primo ad alzarsi in piedi. Tesse le lodi dell’Arma, ricorda l’esempio del generale Dalla Chiesa e passa in rassegna i risultati migliori ottenuti in questo territorio, compresa la recente operazione di Rossano che include anche la contestazione del rivoluzionario capo d’imputazione ex articolo 513 del codice penale (turbamento della libertà dell’industria e del commercio). Ferace si lamenta della mancata collaborazione dei cittadini nei comuni della Provincia ma allo stesso tempo fa notare come negli ultimi sei mesi si siano verificate solo 122 rapine nei 155 comuni e che la Calabria non sia esattamente quel Far west descritto oltre i confini regionali. E altresì valorizza il ruolo della donna,

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L’edizione 2013 è stata ospitata nella chiesa di Santa Maria in Gerusalemme a San Pietro in Guarano con la premiazione di chi è impegnato in questo campo di battaglia chiamato Calabria

Il clima si fa sempre più interessante quando in chiusura scende in campo il prefetto, stavolta in piedi piuttosto che seduto. Premiato da Francesco Cava anche per il protocollo d’intesa Prefettura-Comuni sugli appalti, Cannizzaro è durissimo contro il sistema vigente e rivela che a breve renderà nota la lista di quelle amministrazioni che, pur avendo sottoscritto il protocollo, vantandosi a suon di comunicati di aver aderito alla iniziativa antimafia, poi nella pratica non hanno rispettato i patti. Anche in questi atteggiamenti Cannizzaro individua uno dei grandi mali della Calabria, insieme ad altre cattive pratiche come l’abitudine delle persone a ricoprire per lungo tempo i medesimi ruoli in seno alle istituzioni e l’abitudine dei cittadini a vedere certi comportamenti illegali consolidati che diventano nella percezione comune “sopportabili e legali”. Secondo Cannizzaro anche magistrati e forze dell’Ordine operano per troppo tempo e fanno famiglia nello stesso territorio, rendendosi più vulnerabili e corruttibili. Sono questi i “paccheri” forti e più diretti nella serata del presidente Magarò. Un ulteriore riconoscimento è stato attribuito a suor Carolina Iavazzo, collaboratrice dell’indimenticato don Pino Puglisi brutalmente assassinato dalla mafia a Palermo nel 1993. Il premio le sarà consegnato il prossimo 10 luglio a Castiglione Cosentino da monsignor Vincenzo Bertolone, vescovo di Catanzaro e postulatore della Causa di beatificazione del parroco di Brancaccio.

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Don Pino Puglisi

1 Da sinistra: Acri, Rubbettino, Cannizzaro, Luberto, Ferace, Magarò. In piedi Bruno 2 L’intervento del colonnello Ferace 3 Da sinistra: Magarò, Bruno, Russo, Cava, Barbarossa, Ventura 4 I sindaci Acri e Russo premiano Luberto 5 Cava Premia il Prefetto 6-7-8 Tre momenti della premiazione di Ferace da parte del parroco Cozza 9 Barbarossa premia Rubbettino


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sabato 6 luglio 2013

Cervelli (non più) al cubo Festeggiato all'Università della Calabria il professor Jaques Guenot per il suo pensionamento

Una vita per i numeri Il Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università della Calabria, con il suo direttore, Paolo Veltri, ha festeggiato, nei locali dell’University club, il professor Jaques Guenot per il suo pensionamento raggiunto dopo trentotto anni di servizio ininterrotto nell’Ateneo di Arcavacata come professore ordinario di Geometria, prima nella Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali e successivamente nella Facoltà di Ingegneria, dove ha ricoperto l’incarico di preside dal 1987 al 1996. Una figura ben nota ed apprezzata all’interno dell’Università per avere ricoperto anche l’incarico di pro rettore nell’ambito del periodo di rettorato del compianto Pietro Bucci; nonché di vice presidente del Cies (Centro di Ingegneria economica e sociale), nel cui ambito si è impegnato nel promuovere iniziative di prestigio nel campo della conoscenza e dell’innovazione a livello internazionale. Da buon matematico, lui di origine svizzera, si è innamorato della figura di Pitagora, verso il quale ha rivolto molto del suo tempo, con attività di ricerca e studio, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Crotone, per diffondere nel mondo il suo pensiero e la sua opera. Di tutto questo si è parlato nel corso della cerimonia di festeggiamento ad opera del rettore, Giovanni Latorre, ricordandone la lunga amicizia iniziata agli albori della nascita e dell’avvio delle attività didattiche e scientifiche dell’Università della Calabria; nonché del direttore del dipartimento di Ingegneria civile, Paolo Veltri, che lo ha definito, per il suo attaccamento alle problematiche politiche, sociali ed economiche della Calabria, un grande meridionalista; mentre ne ha riconosciuto il merito per aver dato ed accresciuto lo spirito internazionale della Facoltà di Ingegneria, sia durante il periodo della sua presidenza che dopo. Una toccante testimonianza verso i meriti umani, culturali, sociali e professionali di Guenot è stata portata da Aldo Bonifati, padre costruttore dell’Università della Calabria e presidente dell’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, che ha raccontato alcuni aneddoti e fatti vissuti all’interno dell’Università della Calabria legati ai lavori di realizzazione della struttura ponte e dei cubi, ma anche alcuni retroscena legati al conferimento della laurea honoris causa al presidente Silvio Berlusconi, nel mese di novembre 1991 in Ingegneria gestionale, nel cui ambito si parlò, nella fase dei festeggiamenti, di un suo coinvolgimento di consulente scientifico per un programma in cantiere da parte di Canale cinque o di immagine pubblicitaria nel lancio di una nota birra. Cose che, comunque, rimasero senza un seguito. Nel prendere la parola per un breve discorso di ringraziamento Jaques Guenot ha condiviso appieno le cose dette ed ha accentuato i ricordi riversando sull’Università pensieri e parole di forte impegno per una sua crescita in termini scientifici, culturali, sociali ed organizzativi, esprimendo gratitudine e a volte anche rimpianti per scelte inopportune come ad esempio lo scioglimento della Facoltà per effetto del progetto di riforma Gelmini che ha frastagliato e diviso in più rivoli il percorso dell’innovazione e della conoscenza che non può essere diviso. Così come per la chiusura del Cies ch’era riuscito ad incidere, sia nel contesto del territorio del nostro Paese, che in quelli dell’area del Mediterraneo, con la costituzione di sensori dell’innovazione, strumento strategico per fare rete innovativa legata allo sviluppo ed alla crescita economica dei paesi aderenti. Della cerimonia rimangono, comunque, il grande amore espresso da prof. Guenot nei confronti della Calabria, dell’Università e del concetto di campus; la consegna di una pergamena e una targa ricordo, estesa anche alla sua compagna, consegnate dal direttore del dipartimento, Paolo Veltri; la disponibilità manifestata nel sostenere le finalità e gli obiettivi, in qualità di socio, dell’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, quale strumento di reale legame tra l’Istituzione universitaria e la società calabrese ponendo al centro il fattore umano dei propri laureati. Franco Bartucci portavoce associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”

Jaques Guenot

Dopo 38 anni di servizio ininterrotto nell’Ateneo di Arcavacata come ordinario di Geometria prima nella Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali e poi nella Facoltà di Ingegneria dove ha ricoperto l’incarico di preside dal 1987 al 1996

Seminario per la tutela nei mercati esteri

L’importanza del marchio Si è tenuto presso il Salone Petraglia della Camera di Commercio di Cosenza, il seminario dal titolo “L’importanza del marchio per valorizzare l’attività d’impresa e tutelarla nei mercati esteri”. L’iniziativa si inserisce nell’ambito di un più ampio programma di interventi, di carattere nazionale, voluti dal Ministero dello Sviluppo Economico ed attuati dalle Camere di Commercio per la promozione ed il rafforzamento dei servizi legati alla proprietà industriale. Il seminario, fortemente voluto dalla Giunta e dal Presidente della Camera Giuseppe Gaglioti, coordinato dal responsabile dell’Ufficio Brevetti e marchi dell’ente camerale, Giuseppe Palopoli, è stato aperto dai saluti del Segretario Generale dell’Ente, Donatella Romeo, che ha evidenziato l’importante ruolo svolto dalla Camera di Commercio di Cosenza per la promozione e la diffusione dell’utilizzo del marchio d’impresa da parte delle aziende provinciali, soprattutto quando queste si accingono ad intraprendere percorsi di internazionalizzazione. A seguire, si sono alternati i qualificati relatori con interventi che hanno suscitato notevole interesse presso i numerosi imprenditori, consulenti, operatori del settore, rappresentanti delle associazioni di categoria e degli ordini professionali intervenuti. In particolare, Elio De Tullio, consulente in proprietà industriale, ha trattato il tema della protezione dei marchi, soprattutto a livello internazionale e con particolare riguardo alla Cina, ed ha illustrato le operazioni preliminari da svolgere, gli adempimenti amministrativi da effettuare, gli errori da evitare. Eliana Nicosia, esperta in proprietà industriale, ha illustrato le agevolazioni messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico col Bando “Marchi+” per le imprese che intendono tutelare il proprio marchio a livello comunitario ed internazionale. Al termine del seminario, i partecipanti hanno potuto fruire di incontri personalizzati con i relatori per l’approfondimento di aspetti particolari legati ai marchi d’impresa. L’iniziativa è stata realizzata col supporto tecnico di Dintec, consorzio del sistema camerale per l’innovazione tecnologica.


sabato 6 luglio 2013

Scienziati all’opera L’Università della Calabria nella sua location a livello internazionale

Successi oltre confine

Questa volta a richiamare il suo spirito internazionale è stato il congresso internazionale e la Scuola estiva “Numerical computations: Theory and algorithms numta 2013”, organizzati dal Dipartimento di Ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica (Dimes) dell’Università della Calabria insieme con l’Università Lobachevsky di Nizhni Novgorod (Russia) e in collaborazione con la Siam - Society for industrial and applied mathematics (Usa), ben coordinata e diretta dal responsabile scientifico, Yaroslav Sergeyev, professore ordinario di Analisi numerica di “chiara fama”, presso il Dimes dell’Ateneo di Arcavacata. Una figura ben nota a livello internazionale in quanto le sue principali aree di ricerca sono rivolte verso i seguenti campi: Teoria della convergenza e metodi numerici per problemi di ottimizzazione globale; Infinity computer e calcolo numerico con i numeri infiniti ed infinitesimi; Teoria di numeri; Calcolo parallelo; Space-filling curves; Teoria di giochi; ecc. I due eventi, che si sono svolti, per ragioni di comunicazione e trasporto a Catanzaro, hanno avuto lo scopo di presentare e discutere vari aspetti multidisciplinari nella modellizzazione del mondo reale usando tradizionali ed emergenti paradigmi computazionali. Incontri di confronto internazionale che hanno trovato dei forti sostenitori nel Gruppo nazionale per il calcolo scientifico dell’Istituto nazionale di Alta matematica “Francesco Severi”, l’Istituto di Calcolo e Reti ad alte prestazioni del Consiglio nazionale della ricerca; nonché nell’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”. L’evento ha visto uniti più di 100 studiosi e ricercatori provenienti da 27 Paesi del mondo, da importanti ed influenti Università ed istituti di ricerca e da varie aree scientifiche. Il programma del congresso ha registrato anche lezioni tenute da scienziati di chiara fama internazionale e tra questi è il caso di citare: Luigi Brugnano (Italia), Lou D’Alotto (Usa), Renato De Leone (Italia), David Yang Gao (Australia), Maurice Margensten (Francia), Panos Pardalos (Usa), Roman Strongin (Russia), Anatoly Zhigljavsky (Regno Unito), Joseph Zyss (Francia). In questo contesto ha assunto un significato straordinario e innova-

tivo il rapporto di collaborazione esistente tra l’Università della Calabria e l’Università Russa di Nizhni Novgorod da oltre venti anni avendo realizzato, per primi nel nostro Paese, un progetto di “Università Italo-Russa”, che prevede lo scambio di studenti e professori con possibilità di ottenere doppie lauree in matematica applicata, informatica e in economia e finanza, con la regia ben coordinata, nell’Università della Calabria, del professor Davide Infante, del dipartimento di scienze economiche statistiche e finanziarie. Anche nell’edizione 2013 del congresso sono stati attribuiti dei premi per la ricerca nel campo di ottimizzazione, che sono andati ai professori: Manlio Gaudioso, dell’Università della Calabria; Panos Pardalos (Usa), Roman Strongin (Russia). Nel concludere i lavori, Yaroslav Sergeyev ha spiegato che insieme ai temi classici per il calcolo numerico come approssimazione, soluzione numerica delle equazioni differenziali ecc., il congresso ha discusso le potenzialità del nuovo supercalcolatore sviluppato in Calabria, conosciuto come Infinity computer. A questo nuovo potentissimo strumento di calcolo sono state dedicate diverse lezioni plenarie. Da segnalare in questo caso la relazione del famoso logico, Gabriele Lolli, della Scuola Normale di Pisa, che ha parlato delle fondamenta del nuovo approccio; mentre Renato De Leone, dell’Università di Camerino, ha dimostrato le applicazioni del nuovo strumento di calcolo nel campo di ottimizzazione; per finire con Anatoly Zhigljavskii, dell’Università di Cardiff - Galles - che ha sviluppato i nuovi metodi avanzati per calcolare le serie infinite divergenti. «Ormai si può parlare - ci dice Yaroslav Sergeyev - di un grande livello di maturità raggiunto dal nuovo metodo di calcolo con le quantità infinite ed infinitesime. Il fatto che il nuovo supercalcolatore ed i rispettivi metodi di calcolo sono stati inizialmente inventati in Calabria, ed in particolare nell’Università della Calabria, riempie certamente di orgoglio il cuore di ogni calabrese». Franco Bartucci portavoce associazione internazionale "Amici dell’Università della Calabria"

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Riunioni in ascensore... L'importanza della formazione professionale: Neverland avvia un nuovo importante corso

Al tavolo Giuseppe Giudiceandrea, Giovan Battista Piercacciante, Mazzuca e Marchese

Condominio

al passo coi tempi nelli di Federica Monta

Un corso di formazione per amministratore condominiale, per mettere al passo con i tempi questa particolare figura professionale, secondo “le modifiche alla disciplina del condominio negli edifici” di recente attuazione. Ad organizzare il corso, autorizzato dalla Provincia di Cosenza e patrocinato da Ance Cosenza, è Neverland Scarl, l’ente accreditato dall’Assessorato alla Formazione professionale della Regione Calabria, diretto da Giorgio Marchese, psicoterapeuta e docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia ad indirizzo Dinamico di Roma. A presentare questa innovativa opportunità di formazione sono stati l’assessore alla Formazione della Provincia di Cosenza, Giuseppe Giudiceandrea, il presidente di Confindustria Cosenza, Natale Mazzuca, il presidente reggente Ance di Cosenza, Giovan Battista Perciaccante e lo stesso Marchese, presso i saloni di Confindustria Cosenza lo scorso venerdì. Ad aprire la conferenza è stato Natale Mazzuca, che ha tenuto a osservare quanto vige un «deficit di competitività in diversi settori occupazionali in Italia, che bisogna assolutamente colmare anche grazie alle offerte come quelle che è in grado di proporre Neverland». Il presidente ha snocciolato quindi un po’ di numeri, utili a comprendere l’importanza del settore edile, che rappresenta una grossa fetta del Pil italiano, tra costruzione e restaurazione: un settore su cui è necessario puntare per rilanciare l’economia. È intervenuto poi l’assessore Giudiceandrea, che ricordando l’assiduo lavoro svolto della Provincia nell’ambito della formazione, e in particolare modo per riabilitare gli antichi mestieri e le antiche arti, ha riconosciuto a Neverland il “titolo” di «scuola di formazione d’eccellenza, in quanto in grado di dare al mercato del lavoro donne e uomini assolutamente capaci e preparati». La conferenza è proseguita con le parole del protagonista: Giorgio Marchese. Il docente ha spiegato il bisogno della specializzazione nei mestieri facendo ricorso a una breve osservazione storica: «Molti secoli fa neanche i medici erano specializzati; nella chirurgia, infatti, ci si affidava agli specialisti delle lame. Con gioia affermo che noi ci possiamo paragonare a quei pionieri che per primi cominciarono a pensare alla specializzazione in ambito medico. Ritengo - ha proseguito - che questo sia poi il ruolo che più si addice alle strutture private; il compito, cioè, di individuare quei settori all’interno

L’amministra tore condominiale è come un executive manager: deve gestire ordinario e straordinario Egli è il mediatore sin dalla posa della prima pietra, tra costruttore e compratore

Natale Mazzuca (a sinistra) e Giorgio Marchese

dei quali esiste la possibilità di crescere, indicando quindi al Pubblico una possibilità di investimento». Addentrandosi poi nello specifico del nuovo corso di formazione, Marchese osserva: «L’amministratore condominiale è come un executive manager, deve gestire l’ordinario e lo straordinario. Egli è il mediatore, sin dalla posa della prima pietra, tra il costruttore e il compratore: una moderna figura che necessita dell’adeguata preparazione». A chiudere la conferenza è stato Giovan Battista Piercacciante, che ha parlato di «un cambiamento epocale dello statuto condominiale, fino a poco tempo fa regolato secondo regolamenti in vigore dal 1942. Per la figura dell’amministratore di condominio - ha proseguito - si è trattato di un vero e proprio “tsunami” normativo, voluto dal legislatore in considerazione dell’aumento di responsabilità a livello civile e penale per questa figura». Il presidente si dice convinto che «dopo un primo rodaggio, la legge avrà bisogno di un tagliando per modificare i punti più controversi», concludendo con i complimenti a Giorgio Marchese, «in grado - ha affermato Piercacciante - di avere messo in piedi un progetto innovativo in tempi così rapidi; un progetto che consentirà agli interessati di avere una preparazione adeguata al cumulo delle incombenze che la nuova normativa assegna agli amministratori di condominio».


sabato 6 luglio 2013

Ad alta voce Intervista a Loredana Errore, cantante arrivata seconda al talent "Amici"

La ragazza dagli occhi cielo a Rende

Un concerto, che ha registrato una piazza piena di persone e non solo di un pubblico fan degli Stadio, quello dello scorso 27 giugno nella piazza antistante il centro commerciale di Rende. Un gruppo di persone con la bandana gialla su cui si leggeva il nome di Loredana Errore, postava davanti al camper di Studio 54 network da cui proveniva la voce del leader degli Stadio, Gaetano Curreri e da lì a poco l’intervista del supporter al concerto degli stessi, Loredana Errore. Incuriositi dal gruppo di fan dell’Errore, abbiamo capito che provenivano da Roma e che davvero seguono questa bravissima giovane, con una voce potente, in tutta Italia. Loredana Errore ci ha invitato a salire sul camper, dove con un servizio di sicurezza si prendevano cura dei due artisti, che da lì a poco avrebbero dato il via a uno dei concerti più attesi dell’estate Rendese nel Cosentino. Con un grande sorriso, ringraziando il nostro settimanale, si è dichiarata felice di trovarsi a Rende, con grande positività, si è dichiarata molto avvantaggiata nel ricoprire con ciò che fa anche questa esperienza, molto felice di passare una stagione molto fortunata in cui è davvero molto seguita. L’esperienza più importante è stata quella di Amici di Maria De Filippi nel 2009/2010 arrivando seconda dopo Emma e nel 2010 il suo primo Ep “Ragazza occhi cielo”. Che cosa ha lasciato l’esperienza televisiva di Amici, tra le più importanti nei ricordi? Sono arrivata seconda ed è cambiata la mole del mio impegno musicale, ma la musica per me ha sempre avuto un valore costante e

Loredana Errore Sopra, un gruppetto di fans prima della sua esibizione sul palco degli Stadio a Rende

Il talento per me è un diamante grezzo, che deve aprire le sue facce Imprime nelle persone dei doni indelebili che vanno dalla voglia di vivere allo stare con la gente ad avere cuore per le cose Ai giovani posso dire di seguire veramente l’emozione

fortissimo. La popolarità è arrivata nel 2010 con la partecipazione a questo talent show. Il talento come modello di questa trasmissione televisiva... Il talento per me è un diamante grezzo, che deve aprire le sue facce. Imprime nelle persone dei doni indelebili, che vanno dalla voglia di vivere, allo stare con la gente ad avere cuore per le cose. I prossimi passi? Il mio impegno mi porterà in giro per l’Italia, la tappa di Francavilla provincia di Pescara, poi ritornerò in Calabria al più presto, tuttavia tutte le date sono disponibili sulla mia pagina di facebook e Coloursound/eventi. Che cosa possono fare i giovani di oggi, che si affacciano a questo mondo. Che cosa consiglia, soprattutto, ai giovani del Sud d’Italia? Di consigli, davvero, nessuno può darne ma, con il cuore aperto, posso dire di seguire veramente quella che è l’emozione e la guarigione dei sintomi, che tutti gli esseri umani abbiamo e con il prendersi cura di se stessi e da lì che proviene l’amore per se stessi e per tutto quello che poi si va a fare. Partendo da questa chiara nota poi alla fine credo che si superino i problemi che appaiono tali. L.d.C.

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Il mosaico è pronto Sabatum Quartet, grande successo per la "prima"

“Tessere” di successo

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di Francesco Fotia

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È stato presentato per la prima volta lo scorso venerdì, con un concerto tenuto al teatro comunale di Piane Crati, “Tessere”, il nuovo disco dei cosentini Sabatum Quartet, una delle band più amate del panorama regionale. Lo spettacolo ha inizio poco dopo le 22,00: ad assistervi sono presenti oltre duemila persone; molti sono irriducibili supporter del gruppo, quelli che si definiscono “Popolo Sabatum”, che arrivano da più parti della Calabria, e non solo. Sono infatti presenti i fan club di San Pietro in Guarano, di Paterno e di Catanzaro, tutti “armati” di striscioni e tanta voglia di divertirsi. Inoltre, sono arrivati anche molti membri del fan club della capitale, giunti da Roma a Piane Crati con un pullman organizzato apposta per l’evento. Il concerto si apre con le note della famosa nona sinfonia di Beethoven, che riscalda l’ambiente di una notte abbastanza fresca da somigliare a una serata di fine estate. Immediatamente dopo ha inizio la vera e propria presentazione del disco: il pubblico gradisce, balla, e applaude al termine di ogni traccia. Si parte con “Nascia e mori”, un pezzo dal testo molto profondo, quasi spirituale, che racconta della passione di Cristo e della nascita di un bambino; del dolore quindi, ma anche di una nuova vita. Segue “Tira nimicu mio”, un brano che parla della Calabria e del brigantaggio, e che ha per protagonista il noto fuorilegge Marco Berardi, conosciuto anche come “Re Marcone”: il bandito che osò sfidare l’autorità del tempo perché forte dell’appoggio della sua gente. Al termine della canzone, grande commozione del pubblico all’annuncio che arriva dal palco: il Sabatum Quartet ha voluto dedicare Tessere allo scomparso Alessandro Bozzo, giornalista di Calabria Ora e molto vicino ai membri della band. Tra gli applausi e il palpabile affetto della gente, lo spettacolo riprende: il gruppo alterna in scaletta le nuove canzoni e i grandi classici che li hanno portati al successo: tra questi ultimi, ci sono “Tarantella d’Acri”, direttamente dal disco d’esordio (Margiù Profumatu), e “Parole e Gramigna”, probabilmente la traccia più rappresentativa

A Cosenza presentato il nuovo disco della band cosentina Il concerto si apre con le note della Nona sinfonia di Beethoven che riscalda l’ambiente di una notte abbastanza fresca da somigliare a una serata di fine estate

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del secondo album (Esse Q). I sette del Savuto agitano il palco riempiendolo della solita, vibrante, energia, supportati anche dalle splendide scenografie curate per loro dall’agenzia giornalistica e di stampa Adt Group. Scenografie che richiamano il logo del Sabatum Quartet, e i disegni utilizzati per la copertina del nuovo disco, a loro volta ispirati dai lavori della famosa tessitrice colombiana Nina Gonzales. La band, come di consueto, interagisce con gli spettatori, li coinvolge facendoli sentire parte importante di uno spettacolo completo, all’insegna della buona musica e della cultura, componenti fondamentali di ogni canzone, e di ogni disco, del gruppo. Se ne ha la conferma ascoltando le nuove tracce, assolutamente innovative nel loro discostarsi dal tradizionale filone della Taranta, per avvicinarsi ulteriormente a quel più ampio fenomeno musicale conosciuto come World Music: un processo che il Sabatum aveva già avviato con i precedenti lavori, ma che trova in Tessere il suo completamento. Anche la cultura, dicevamo, la fa da padrona: basti pensare ai testi con i quali la band racconta dei disagi moderni e delle eterne questioni sociali. Si va da “Cinnarella”, che narra dello sfruttamento selvaggio della nostra regione, a “Un giovane vecchio”, che immagina un dialogo, per forza di cose difficile, tra generazioni. C’è spazio anche per le citazioni e per i tributi: succede in “A piccatura”, un omaggio alla grande cantante Rosa Balestrieri, in un testo che ricorda la pellicola Malena di Giuseppe Tornatore. Importante il pezzo “L’ultima giocata”, all’interno del quale la for-


sabato 6 luglio 2013

Il mosaico è pronto

1 - Il Sabatum Quartet al completo: alla chitarra, in fondo, Cislendo Ungaro; alla batteria Arcangelo Pagliaro. 2 - Da sinistra, Trieste Marrelli, Roberto Bozzo e Antonio Ungaro. 3 - Il popolo Sabatum 4 - La flautista Rosa Mazzei 5 - Al basso, Michele Petrone 6 - Le "Sisters" Giovanna e Maria Assunta Borrelli

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mazione cosentina prende decisamente posizione contro il fenomeno del gioco d’azzardo, focalizzando l’attenzione particolarmente su quelle macchinette del videopoker che, come ha fatto notare di recente anche Roberto Saviano, a dispetto della crisi continuano a mangiare i risparmi di migliaia di italiani disperati. La denuncia, a colpi di reggae, è esposta con un testo che dice “ogni concorrente è un perdente! Ogni perdente è un uomo morto”: un’amara verità in un mondo nel quale si è fatta centrale la nozione di competitività. Lo spettacolo prosegue, fino a mezzanotte inoltrata, anche con l’esecuzione di pezzi tradizionali come la “Tarantella”, adattata allo “stile del Sabatum”, la Calabrisella e “Abballati Abballati”, interessante esperimento musicale che utilizza l’elettronica sulla tradizionale pizzica salentina. Una serata di successo, che ha lasciato entusiasti i numerosi fan, già pronti ad ascoltare e mandare a memoria i nuovi brani acquistando l’album Tessere, e seguendo il gruppo nelle sue tante tappe che, nel corso dell’estate, raggiungeranno, qua e là, tutta la Calabria. Una serata di successo, dicevamo, che avrà sicuramente incontrato la soddisfazione dello sponsor dell’evento: le titolari del locale Sisters Cafè, che hanno regalato, in collaborazione le istituzioni che hanno messo a disposizione i servizi, ai propri concittadini un’occasione speciale per inaugurare le proprie notti d’estate, e a cui sono andati i sinceri ringraziamenti della band. Il Sabatum Quartet proseguirà il tour di presentazione di Tessere con i concerti che toccheranno, tra le altre località, Taverna di Montalto

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Grande commozione del pubblico all’annuncio che arriva dal palco: il gruppo ha voluto dedicare “Tessere” allo scomparso Alessandro Bozzo giornalista di “Calabria Ora” e molto vicino ai membri della band

Uffugo e Altomonte, dove sarà ospite in occasione della ormai tradizionale rassegna “Altomonte nel Piatto”. I concerti della formazione bruzia saranno trasmessi in diretta su Radio Sound, che durante l’esibizione di Piane Crati ha ricevuto visite anche da Toronto, già terra di conquista da parte della band, che nel suo curriculum live vanta importanti tappe anche in Germania, Belgio e Argentina. Esperienze uniche, successi importanti abbastanza da farci affermare che il Sabatum Quartet è uno dei più genuini portatori di calabresità in giro per il mondo. Buon ascolto! L’unione tra il pubblico e il privato: un’importante risorsa. Il concerto del Sabatum Quartet, oltre a essere stato un grande spettacolo musicale, è stato anche l’esempio di quanto il connubio tra le energie private e le risorse pubbliche possa contribuire concretamente alla valorizzazione dell’arte e della cultura sul territorio. La presentazione di Tessere, un successo popolare, è stata infatti possibile grazie all’iniziativa di Giovanna e Maria Assunta Borrelli, titolari del locale Sisters Cafè, che con coraggio e spirito inventivo si sono fatte carico, pur supportate dalle istituzioni, dell’organizzazione della serata. Una generosità premiata dall’ampia partecipazione della popolazione di Piane Crati che, a braccetto con i fan storici della band, ha potuto partecipare gratuitamente a un evento che ricorderanno a lungo. Complimenti alle “Sisters”.

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Ricordo in note Associazione Marino, il concerto degli amici

Musica e passione per Romano

di Francesco Fotia

Poche cose restano impresse in modo indelebile nella vita delle persone: tra queste, rientrano sicuramente l’Amore e la Musica, strumenti di armonia e nobilitazione dell’umana esistenza. Un binomio, questo tra il più grande dei sentimenti e la più popolare tra le arti, protagonista ormai da più di tre anni del Concert for Romano, il concerto in memoria di Romano Marino, organizzato dall’omonima associazione culturale, presieduta dalla mamma del giovane, Maria Donata Giardini. Romano aveva solo tredici anni quando nel marzo del 2010 fu vinto da una rara malattia, la Sindrome da Attivazione Macrofagica: una patologia che gli fu fatale perché non diagnosticata per tempo. Il piccolo cosentino, nel corso della sua breve vita, si era dedicato particolarmente allo Sport e alla Musica, per la quale aveva un talento innato. Romano era, infatti, un chitarrista, uno di quelli provetti; di quelli che con la chitarra fanno ciò che vogliono, nonostante avesse avuto pochissimo tempo per approfondirne lo studio. Questa passione viscerale lo aveva portato a farsi tanti amici tra i più giovani musicisti cosentini; quegli stessi amici che, a pochi mesi dalla sua scomparsa, organizzarono il Concert For Romano, che dalla seconda edizione è poi entrato nella programmazione dell’associazione culturale nata dal desiderio, dal bisogno, di ricordare Romano e dalla volontà di proporsi come punto di riferimento per l’ascolto dei giovani in città. È questo grande amore per gli adolescenti, alimentato dal costante entusiasmo di questi ultimi, che ha permesso l’organizzazione del quarto concerto per Romano, decretandone la riuscita. La rassegna è andata in scena lo scorso mercoledì, nel giorno del compleanno di Romano, presso il Teatro dell’Acquario, location ormai familiare all’associazione e ai musicisti. A presentare il concerto sono state Gigia e Palma, confermate dopo l’esordio dello scorso anno. L’avvio della manifestazione è da pelle d’oca: sulle note di “Adam’s Song”, uno dei brani storici dei Blink 182, scorrono sul proiettore le fotografie di Romano; una carrellata di immagini che lo ritrag-

Un momento dell’esibizione degli Sugar for your lips Sopra, il saluto degli amici di Romano

A soli tredici anni fu vinto da una rara malattia, la Sindrome da attivazione macrofagica: una patologia che gli fu fatale perché non diagnosticata per tempo Il piccolo cosentin si era dedicato allo sport e alla musica

gono ora tra i genitori ora con gli amici, alternate a spezzoni di video che lo vedono protagonista. Tra queste immagini in movimento, alcune sono la testimonianza del rapporto che Romano aveva con la chitarra: ascoltandolo, osservando la facilità (e la felicità) con la quale la suonava, si da facilmente ragione a chi sostiene che il piccolo era un predestinato della musica. Forti applausi salutano la conclusione del videoclip e introducono i saluti di Davide Bruno, assessore ai giovani e futuro del Comune di Cosenza, da tempo molto vicino all’associazione e alle attività che svolge in città. A seguire, ancora un videoclip: si tratta di Magical history soup dei romani Molotov, primo dei due contributi - l’altro arriverà nel finale - curati da Ilenia Caputo e Davide Imbrogno. Il concerto entra nel vivo immediatamente dopo, lasciando spazio ai suoi logici protagonisti: i musicisti naturalmente. La prima band a salire sul palco è Sugar for your lips: per loro, un gradito ritorno dopo la performance della scorsa edizione. Un gruppo che sa ben dosare momenti di delicata melodia e possenti ritmi elettrici, che fa riscaldare quel pubblico che, intanto, ha riempito tutte le poltrone del teatro. Seguono i Flipper Toast, al primo gettone al concerto di Romano. Lunghi applausi e pubblico scatenato quando a tornare sul palco è un’altra band “storica” della rassegna: gli Snapshot, preceduti da un’esibizione in collaborazione con la bravissima Paola. Ospiti della manifestazione, in formazione ridotta per un’esibizione in acustico, anche i Duff, il gruppo punk più longevo del panorama cittadino: Antonio e Andrea concedono ai più giovani colleghi alcuni dei pezzi più famosi del proprio repertorio; tra gli altri, “Corri” e “Il Castello”. Danno spettacolo anche gli ospiti speciali Leon Pantarei e Checco Pallone, protagonisti di un’eccezionale performance con chitarra e percussioni, prima di lasciare spazio al brano finale, con il quale si chiude il IV Concert for Romano. Un rassegna di musica e d’amore: fresca e appassionata come solo uno spirito adolescenziale può essere. Una serata che ha confermato il concreto attivismo dell’associazione in favore dei giovani; una perseveranza che, nelle speranze della presidentessa, potrebbe presto portare alla nascita di una rassegna rock aperta a tutte le formazioni musicali che animano la città. A lei e all’associazione vanno i nostri complimenti e un sincero “in bocca al lupo”.


sabato 6 luglio 2013

Rosa deciso Nadia Gambilongo rappresenta le associazioni iscritte all’Albo regionale della Calabria per l’informazione

Progetto Donna Nadia Gambilongo, presidente dell’associazione Mediterranea e Media, un’associazione internazionale per la comunicazione, formata da donne, è anche nel direttivo del Centro servizi per il volontariato della provincia di Cosenza. Nell’ambito del Progetto donna rappresenta le associazioni femminili iscritte all’Albo regionale della Calabria per il settore informazione. Diciotto anni fa un coordinamento di associazioni femminili e di donne calabresi presentarono la proposta al Consiglio regionale per istituire il Progetto donna e da allora tantissime cose sono state realizzate a partire dai due telefoni rosa attivati a Cosenza e a Lamezia Terme. Due biblioteche delle donne, all’Unical e a Soverato. Centri d’informazione provinciali di supporto alla progettazione per le donne, iniziative pubbliche, seminari, corsi di formazione sulle politiche di genere e attività mirate a valorizzare la differenza, il sapere delle donne e a promuovere un cambiamento culturale, che avvii verso la vera parità fra generi. Il finanziamento al Progetto donna negli anni, ci dice la Gambiolongo, rispondendo ad una progettualità più diffusa sul territorio, ha registrato sempre tagli maggiori. Il capitolo specifico del Progetto donna ha avuto in bilancio zero euro per l’anno 2013. La Giunta della regione Calabria ha proceduto verso un non finanziamento del Progetto donna... Non solo, c’è l’intenzione da parte della giunta comunale di annoverare la legge istitutiva del Progetto donna tra le leggi inutili. Cosa state facendo come contrasto a questa iniziativa? A fronte di ciò, donne e uomini di Calabria stanno rispondendo con forza e energia firmando l’appello e la petizione online, che abbiamo redatto, raccogliendo ad oggi tantissime firme anche attraverso le schede cartacee, che stiamo diffondendo nelle varie iniziative pubbliche a sostegno delle donne, negli ultimi due mesi. C’è una risposta significativa per cui si pensa che sulle politiche di genere non solo possiamo rilanciare, ma possiamo chiedere un contributo finanziario adeguato proprio per rispondere ad una emergenza sulla violenza alle donne che sta diventando sempre più forte. Avete già pensato ai progetti di contrasto alla violenza sulle donne? Si deve rispondere non solo con progetti specifici, ma anche con percorsi formativi nelle scuole, perché i conflitti aumentano tra i generi ed è necessario educare i bambini, a partire proprio dalla scuola materna ad una convivenza civile tra generi e al rispetto che valorizzi appunto il sapere e le competenze di ciascuno di loro. Perché si sta pensando di ritenerla legge inutile? Perché nel tempo il Progetto Donna ha sempre trovato degli ostacoli, diciamo da parte maschile, soprattutto, non comprendendone fino in fondo il valore e facendo un discorso di riduzione della spesa, apportando tagli. Da parte delle coordinatrici, nominate di volta in volta dalle varie giunte, c’è stata una svalorizzazione del ruolo del Progetto e anche del loro stesso ruolo, cosa che invece potrebbe aiutare concretamente le altre donne nel percorso di cambiamento e di valorizzazione delle differenze. L’obiettivo della petizione? Vogliamo arrivare a mille firme simboliche da portare al Consiglio regionale e per chiedere un rilancio sulle politiche di genere e nello specifico sul Progetto donna. L.d.C.

«L’iniziativa ha avuto in bilancio zero euro per il 2013, c’è l’intenzione di classificare il progetto come inutile»

Nadia Gambilongo

San Francesco di Paola testimone...

La rinascita delle Due Sicilie

Sabato 13 luglio ci sarà il primo raduno definito della “Sacralità duosiciliana” per onorare San Francesco, il patrono di un regno disgregato ma (secondo gli aderenti a questa associazione) in rinascita, quello delle Due Sicilie. In questo incontro ci sarà una visita nei luoghi sacri del santuario di Paola, al quale seguirà un incontro dibattito nell’auditorium comunale con la presenza di rappresentanti dell’associazione, ciascuno dei quali sicuramente porta con sé un pizzico di rivalsa e di voglia affinché la terra del Sud possa ritornare a risplendere come un tempo... Si parte dalle basi, uniti.

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Il rosa resiste “Donne a contrasto della violenza di genere” nell'incontro di Wife

Cìttatucasìfìmmina “Cittatucasifimmina: donne a contrasto della violenza di genere” potrebbe essere il titolo riassuntivo dell’incontro che si è tenuto, nel chiostro di Santa Chiara, centro storico Cosentino, biblioteca civica, dal titolo W.I.F.E (welfare, infanzia, femminicidio, equità), del 28 giugno scorso dove le note ironiche, alla condizione della donna in Italia, non sono mancate soprattutto dalla relazione della dottoressa De Blasio Organizzato da Maria Cristina Guido, giornalista, con i preziosi contributi di Monica Zinno, responsabile di associazione, Marina Pasqua, centro antiviolenza Lanzino, Emiliana De Blasio, docente Università Gregoriana di Roma, Giovanna Vingelli, sociologa, per fare il punto sulla condizione della donna in Calabria dopo l’efferato delitto di Corigliano, che ha fatto svegliare l’opinione pubblica e i media Calabresi. Ha moderato la giornalista Francesca Caruso. Tutti questi delitti diretti sulle donne registrano una matrice familiare, causata dalla condizione nuova del maschio, che si trova in crisi d’identità e in un momento di forte difficoltà economica. Tanti, i pareri e gli interventi sulla donna e un riferimento al mondo del bambino, che negli ultimi tempi pare un bersaglio forte di tanti fatti di cronaca, che spaziano dai maltrattamenti alla pedofilia, argomento trattato dalla presidente dell’associazione “G. Rodari”. Sulle teche dei testi della biblioteca, una mostra fotografica dal titolo “Cittatucasifimmina” per merito di un gruppo di giovanissimi della Efferre comunication. Fotografie di donne affermate in vari ambiti di cultura calabrese, che hanno prestato il loro volto per questa campagna dal titolo “In Calabria la donna (non) vale zero”. Un incontro ricco di spunti, che hanno dato slancio a quella promessa, che da questo incontro si possa ripartire con rete a contrasto della violenza di genere. Abbiamo incontrato una delle relatrici alla vigilia dell’incontro, la dottoressa Giovanna Vingelli del Centro interdipartimentale di Women’s studies “Milly Villa”. Centro sorto nel secolo scorso e in forma istituzionalizzata in un’università italiana, il terzo nel Paese, per lo scambio e il dialogo tra dipartimenti Universitari per tenere varie discipline e farle dialogare attraverso uno strumento di incontro/confronto, che prevedesse un dialogo anche con il territorio e con diverse figure dello stesso e per supportare la didattica degli studi di genere, con intense attività seminariali e di formazione politica ancora ad oggi. Dottoressa Vingelli, perché di questo incontro Wife? L’idea parte dalla mobilitazione che si è creata dopo l’assassinio di Corigliano, della giovanissima sedicenne, Fabiana Luzzi, che ha toccato anche il mondo dei social network. Grazie anche all’attivismo della giornalista, Maria Cristina Guido assieme al Centro “Roberta Lanzino”, che da anni è in prima fila e che tratta questi temi. Fare il punto sulla discussione coinvolgendo il territorio e non solo, c’è una docente universitaria che proviene da Roma e che si occupa di immagini sessiste e tematiche di genere, vicine alla nostra sensibilità. La nostra intenzione non è solo quella di fare un convegno di carattere accademico, ma di riprendere un discorso, che ci è sempre stato nelle realtà, che trattano il tema, nel territorio, il mondo del volontariato e l’Università, renderlo visibile, trovando un luogo di comunicazione e di confronto. Opportuno è capire quali sono

Tutti questi delitti diretti registrano una matrice familiare, causata dalla condizione nuova del maschio che si trova in crisi d’identità e in un momento di forte difficoltà economica Giovanna Vingelli

le azioni da mettere in campo. In questo abbiamo notato una certa fragilità dal punto di vista istituzionale in Calabria. Ci sono strumenti a livello regionale e leggi sui centri antiviolenza che sono all’avanguardia e che da un paio di anni non sono più finanziati adeguatamente, causando ritardi di pronto intervento per il territorio. È da aggiungere anche il non finanziamento del Progetto Donna per l’anno 2013. Nonostante l’attivismo femminile degli ultimi anni, perché si tagliano progetti importanti come il Progetto Donna? Primo perché le questioni di genere continuano a essere pensate come questioni esclusivamente al femminile e ad esempio le donne sono assemblate nel calderone dei soggetti deboli, infanzia, anziani etc. Seconda cosa è la crisi economica, che fa si che i tagli ricadino sempre sulle questioni considerate residuali e, quindi, in realtà, i cosiddetti soggetti deboli sono considerati soggetti residuali. Sui centri antiviolenza... Sono persone molto formate e che si occupano di questi temi, ma lo fanno in forma volontaria. Drammatico è, invece, che in Calabria non vi siano case rifugio, che ci sono in altre regioni. Per fare ciò è necessario un investimento, ovvio che non si possa fare in modo volontario. Nella convenzione di Istanbul, ad esempio c’è una serie di indicazioni che redige l’Europa e che prevedono un centro antiviolenza in ogni regione, ogni centomila abitanti. Il termine Femminicidio coniato dai media non rischia di creare nuovi pregiudizi? Come tutti i termini, che entrano nel discorso pubblico e mediatico mi rendo conto che possa creare delle resistenze. In realtà, chi ha coniato il termine ha voluto porre l’accento su una parte del fenomeno, sicuramente ambio e che spazia dalla violenza psicologica a quella economica. Questo termine rileva la condizione estrema degli atti di violenza, sulle donne, che è l’omicidio. Serve anche non solo a sottolineare la drammaticità dell’atto, ma anche a sottolineare la struttura del pensiero della società. Spesso sentiamo parlare di raptus, o fatti di gelosia, ma è una violenza esercitata dagli uomini sulle donne in quanto donne. In alcuni aspetti questo tipo di violenza considera la donna non nella sua autodeterminazione, ma come oggetto e degli oggetti si può fare ciò che si vuole, possederli e distruggerli se non ci vanno più bene. L.d.C.

Il tavolo della presidenza; da sinistra Pasqua, Vingelli, De Blasio, Caruso, Guido, Zinno


sabato 6 luglio 2013

Tra la vita e la morte

"Sconcerto e preoccupazione" da parte dei Forum delle associazioni familiari della Calabria e di Reggio per quanto sta accadendo in Olanda e Belgio

Non c’è legge che tenga «Sconcerto e preoccupazione» per l’introduzione in Olanda e Belgio di una legge che riconosce la «sofferenza provata dai genitori» verso un neonato morente, tra le giustificazioni sufficienti per uccidere il loro bambino attraverso una iniezione eutanasica, sono espressi in una dichiarazione stampa dal presidente del Forum delle Famiglie della Calabria, Antonino Leo, e dal presidente del forum della provincia di Reggio Calabria, Achille Cilea. «Per prima volta avviene che - rilevano i due esponenti dell’associazionismo cattolico - oltre alla sofferenza del bambino che riceve l’eutanasia, già autorizzata dal 2004 col cosiddetto Protocollo di Groningen, sia considerata anche quella dei genitori». Leo e Cilea fanno riferimento ad alcuni dati statistici riportati sulla stampa internazionale, secondo cui l’associazione dei medici olandesi, su 175mila nascite che avvengono in Olanda ogni anno, prevede di somministrare l’iniezione leale a 650 bambini nati con gravi anomalie per la sopravvivenza. «Non siamo assolutamente d’accordo con quelle scelte - dicono Leo e Cilea -, perché da cattolici e da credenti siamo certi che il dolore si combatte con i farmaci, il sostegno umano e la carità. Sono anche quelle aberrazioni pseudo-scientifiche, a rafforzare il convincimento che oggi, come non mai in passato, occorra una forte azione di tutela della famiglia innanzitutto da parte della comunità civile, e quindi dello Stato». Per Leo e Cilea «occorre dunque, un’azione incisiva e di grande visibilità che veda unite tutte quelle forze sociali, politiche ed ecclesiastiche, che hanno a cuore le sorti della famiglia nel nostro Paese. In questa ottica in Calabria prosegue forte l’impegno di meglio strutturare sul territorio i forum delle associazioni familiari per renderli, attraverso un modo di operare sempre più consapevole e corale, interlocutori influenti delle istituzioni locali; e di attuare un più stringente coordinamento dei forum provinciali al fine di rendere la nostra azione sinergica e più influente a livello regionale». In questa attività di costruzione di una rete di associazioni che hanno come obiettivo comune la tutela e la proposizione della famiglia fondata sull’unione matrimoniale di una donna e di un uomo, sono molto vicini i Vescovi diocesani, con alcune dei quali sono stati tenuti ap-

«Non siamo per niente d’accordo con quelle scelte sull’eutanasia perché da cattolici e da credenti siamo certi che il dolore si combatte con i farmaci il sostegno umano e la carità»

positi incontri, e le commissioni ecclesiali per la pastorale familiare. Uno degli obiettivi è l’elaborazione di un pensiero condiviso che a livello istituzionale, considerata l’ampia platea di iscritti alle associazioni aderenti ai Forum delle Famiglie, miri a riprendere il dialogo con l’amministrazione regionale, in particolare con l’assessorato alle politiche sociali con delega alla famiglia, per sollecitare l’attuazione di politiche attive a favore di disabili, anziani, asili nido, sostegno alle famiglie in difficoltà economica. Al neo assessore Nazzareno Salerno è stato chiesto un incontro specifico volto a dare concreta attuazione alle legge regionale sulla famiglia, la numero 1/2004, e dunque, di costituire finalmente la Consulta delle aggregazioni familiari. Intanto, nuove associazioni cattoliche hanno deciso di aderire al Forum regionale delle famiglie. Sono il “Centro V. Bachelet” di Cosenza e la “Associazione giovani coppie e famiglie” di Reggio Calabria, che vanno ad unirsi agli organismi già affiliati: Associazione delle Famiglie (Afi), Associazione Italiana Genitori (Age), Associazione spettatori (Aiart), Centro Italiano femminile (Cif), Ass. Famiglie numerose, Coldiretti, Mcl, Movimento per la Vita, Sindacato delle famiglie (Sidef), Vivere In. Mentre sono attivi da tempo i Forum provinciali di Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone, un’intensa attività preparatoria è in corso per dare vita al forum di Cosenza e quindi a quello di Vibo Valentia. A Reggio Calabria, nei giorni scorsi l’assemblea ordinaria ha formalizzato l’adesione della “Associazione famiglie numerose” che va ad associarsi perciò, all’Azione cattolica diocesana (Aci), all’Afi, Age, Agesc (Associazione genitori scuola cattoliche), Cif, Coldiretti, “Movimento tra noi”, Sidef, “Vivere in”, Aiart, “Associazione salesiani ospedalieri”, “Movimento rinascita”, “Associazione giovani coppie famiglie”, e Faro (Famiglie affidatari reggine organizzate). Tra le iniziative programmate nei prossimi mesi dal forum reggino, vi sono l’organizzazione di un convegno sui conflitti all’interno della coppia che sempre più frequentemente “scoppia”, e la partecipazione alla campagna europea di raccolta firme per l’iniziativa “Uno di noi” per l’affermazione del diritto alla vita.

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Il racconto Quando non avevamo nemmeno quello che anche i poveri si potevano consentire...

I soldi possono non cambiare la vita di Giuseppe Aprile

Ciccillo Prestia racconta. «Eravamo poveri, tanto poveri. La nostra provenienza era di poveri contadini di un paese situato nel cuore dell’Aspromonte. Abbiamo vissuto una lunga fase di miseria e stentavamo ad avere il minimo per tirare avanti. Siamo stati costretti a decidere di trasferirci a Reggio, nella città dove abbiamo dovuto deporre ogni nostra speranza di vita diversa. Non dico agevole, ma almeno possibile; con i sacrifici che non ci avevano mai spaventati, ma anche con un minimo di decenza economica. Eravamo venuti in città dal nostro paese che si chiamava Santostefano e la notte non dormivo per due motivi. Per la fame, perchè non avevamo nulla da mangiare, e per le cambiali che dovevamo pagare ogni tanto, visto che la mia mamma non ce la faceva a pagare tutte quelle che arrivavano. Per ben due volte era stata costretta a vedersi la cambiale protestata. Cosa assai deplorevole dalle nostre parti. Chi aveva una cambiale protestata, era come se una buona donna avesse intrapreso la via del disonore. Per questo si era formata una sorta di terrore della cambiale. Mia madre ha sofferto molto e non si dava mai pace. Per tanto, tanto tempo abbiamo dovuto soccombere ad una situazione assai difficile. Non avevamo nemmeno quello che anche i poveri si potevano consentire. Un tozzo di pane, o di biscotto duro, e un pò di cereali per sfamarci almeno una volta al giorno. Anche a Reggio è stata dura. - La fame la tagliavamo con il coltello- come si dice. La notte non passava mai. Non si dormiva. Io personalmente non riuscivo a chiudere occhio, tanta era la fame che pativo. Non avevamo nulla da mangiare. -Dio mio quante ne ho passate!- Da una parte la sofferenza della fame, dall’altra il terrore delle cambiali che potevano arrivare a mia madre che non aveva la possibilità di soddisfare i bisogni più essenziali della vita. L’avere avuto problemi brutti per questioni di cambiali, assieme alla possibilità che si potessero riproporre, non lasciava sonno né a me, né a lei. E ci nascondevamo reciprocamente questo tipo di paura. Va detto che la vita di allora era grama sotto tutti gli aspetti. Da una parte i pensieri fissi che avevamo, dall’altra la mancanza di ogni prospettiva di vita migliore. Niente lavoro, niente amici, niente di niente ed un pensiero che ci dilaniava, sempre lo stesso: fame e cambiali. A un certo punto, però, Ciccillo Prestia, un uomo vissuto sempre nella miseria, divenne miliardario per via della sua capacità di “far figliare il denaro” come diceva». E continuava: «Vorrei morire. La vita, a me non è mai servita a niente. Ed ho una esperienza fatta di due momenti. Una senza una lira, ed una da uomo che aveva accumulato tanti, ma tanti milioni fino a toccare il miliardo». Questo dire lo poneva in disaccordo con la massa di gente che, invece, sapeva di vivere bene se ricca, male se povera. L’abitudine generale delle persone è di anteporre a tutto il possedimento di beni e di denaro. Più della salute. Mastro Peppino, il muratore del mio paese, diceva sempre che il denaro è tutto nella vita di una persona. Con poca convinzione, ma sicuramente lo andava ripetendo ad ogni occasione che gli capitava con gli amici, in fatto di valori dell’avere o dell’essere poveri. Peppinuzzo il barbiere lavorava pensando al giorno in cui avrebbe potuto racimolare denari da mettere alla posta, in deposito, per passare una vecchiaia senza preoccupazioni, dopo avere provveduto a tutto quanto avrebbe costituito sostentamento per la famiglia ed aiuto per i suoi due figli, Rocco e Paquale. Quasi tutti si potevano dividere in due categorie di gente. Una categoria che comprendeva chi stava bene, si sentiva felice, lavorava e guadagnava quanto era sufficiente per trascorrere quasi nel benessere la propria esistenza. Gli appartenenti si mostravano contenti, privi di tristezza, senza grandi gioie ma anche senza tormenti; con sulle labbra sorrisi stampati e spesso abbastanza allegri. E c’erano pure gli appartenenti all’altra categoria: quelli che stavano sempre

L’abitudine della gente è di anteporre il possesso di beni alla salute

con il broncio, malinconici, con il viso oscurato da pensieri pessimi, dovuti al fatto che non godevano di mezzi adeguati per stare bene. Alcuni venivano ritenuti musoni, altri scialati. Queste due categorie di persone, senza trascurare le altre, quelle, cioè, che non stavano né troppo musoni, né troppo divertiti e gioiosi, sembravano due cappe di piombo che offuscavano il vivere normale dell’intero paese. La gente normale sembrava soccombere. C’era pure chi trovava motivo, nelle chiacchierate serali, di parlare dell’uno e dell’altro, durante le belle passeggiate che si facevano lungo la strada principale. Non si parlava, ovviamente, di altro che delle abitudini della gente, delle ragioni della povertà e del bene stare in mancan-


sabato 6 luglio 2013

Il racconto

La vicinanza a Messina aveva consentito di avere anche molti laureati. Giovanni della gnura Nunzia si sentiva un grande uomo di cultura. E pontificava su tante argomentazioni anche fino al punto che, con lui, non si poteva più stare perché, con la certezza che aveva una buona parlantina, alla fine approfittava e considerava gli altri dei semplici ascoltatori ai quali far sapere che era un pozzo di scienza, uno da ascoltare e con diritto a ritenere gli altri dei semplici ascoltatori, quando andava bene. Aveva Gianni, in Mimmo del mastro delle grotte, un avversario perché si opponeva sempre ai suoi discorsi e trovava ogni volta qualcosa di nuovo per sminuire il valore di quanto sentiva. Ad un certo punto si mise di proposito a contestare tutto il dire di Gianni, appena si era saputo in giro che questi si sentiva sapiente assoluto. Il fatto che il paese era piccolo, le compagnie limitate, le passeggiate e discorsi tra amici l’unica possibilità di sentirsi vivere, portava a che si sopportassero tutti a vicenda e, anche quando qualcosa di uno infastidiva al massimo l’altro, per quanto si poteva, si nascondeva il disappunto e si faceva capire che si seguiva il discorso con attenzione e rispetto. Tutti volevano essere ritenuti bravi, tutti volevano essere ascoltati, nessuno si tirava indietro quando si trattava di conversare, di dire la propria su tutto e su tutti. Si discuteva del maniscalco che sapeva mettere al meglio i ferri a cavalli e somari, del muratore che era una maraviglia di bravura anche se lento nel lavoro e dell’altro, mastro Rispoli, che invece aveva una mano svelta, tanto che il suo servitore non riusciva a preparare il tavoliere della calce perché non riusciva a tenere il ritmo tra il mastro che consumava la calce e lui che doveva ancora portarne per il prosieguo. Si discuteva del modo di lavorare dei calzolai, dei contadini che in campagna sapevano più o meno bene curare e trattare gli alberi, l’orto, il sistema di irrigazione. Tutta la vita del paese, le abitudini dei paesani, qualunque cosa facessero, veniva passata al setaccio da tutti e sopratutto dai passeggiatori sulla strada principale e da coloro che posteggiavano in continuazione sulla piazza e dove ci fossero i sedili per riposarsi un po’, ogni tanto.

za di famiglie di grossi ricconi che, nei paesi viciniori, coincidevano con grossi proprietari terrieri che avevano tanti coloni come fittavoli, tenutari di terre da coltivare con contratti speciali dove i beni prodotti si dividevano e che consentivano a buoni proprietari di avere le terre coltivate e ai contadini di sfamare la propria famiglia nel migliore dei modi. Molti si erano specializzati a parlare del più e del meno sulle questioni giornaliere della vita paesana. Si potrebbero considerare i predecessori dei futuri intellettuali che la scuola produceva, una volta che il vento del progresso e i collegamenti con città più grandi, dotate di scuola, si era affermato.

«Da povero non dormivo per fame; da ricco non dormo per il diabete!»

Anche per la necessità di evitare tante critiche in paese e per non sopportare le chiacchierate tra paesani, per la via, Ciccillo Prestia aveva deciso, insieme a sua madre, di trasferirsi a Reggio, lasciando il paese dove comunque manteneva la proprietà della casa e di qualche misero pezzetto di terra dove faceva un po’ di orto. Poco alla volta, Ciccillo divenne ricco davvero. Sono i giochi del destino di tante persone che, nate poverissime, hanno incontrato la fortuna sulla propria via e dal punto di vista economico si sono viste stracambiare la propria posizione. Ciccillo, però aveva mantenuto un cruccio di cui non si era potuto liberare. Pur con tanti soldi, continuava a lamentarsi con tutti coloro che gli capitava di incontrare per la strada, e soprattutto con l’ingegnere Natino, suo amico da sempre e suo confidente prediletto. Un sera, visto che era rimasto per sempre tra coloro che non erano riusciti a conquistare un sorriso o almeno, comunque, ad avere una condizione di maggiore serenità nonostante i soldi, si confidò con un po’di amici e, a fine serata, nonostante fosse oramai inoltrata al massimo -si era quasi alle undici di sera- volle sfogarsi di tutto quello che lo tormentava come quando in città non dormiva per la fame e si innervosiva per le cambiali. Tirando, poi, una morale come per liberarsi di un tormento. E disse all’ingegnere che il denaro non cambia la vita. Infatti, non dormiva nemmeno ora che non aveva più fame e non aveva più il problema delle cambiali perché gli era subentrato il diabete e qualche altra malattia per cui, nonostante avesse tanti denari, non poteva mangiare quel che desiderava. Ogni qualvolta mangiava doveva poi sopportare, per diverse ore, dolori di pancia lancinanti che gli toglievano ogni possibilità di sonno. In quanto alle cambiali, mentre prima non dormiva pensando a quanto avrebbe dovuto pagare la sua mamma e al terrore che, da un momento all’altro, sarebbe potuta arrivata una nuova, senza avere la possibilità di pagare, ora gli era subentrato il problema altrettanto lancinante di quanti soldi prestava e che nessuno restituiva in tempo. E diceva: «Da povero non dormivo per fame e per le cambiali che mi tormentavano. Ora, da ricco, è peggio. Ho tutto ma ho anche il diabete che mi impedisce di mangiare con un minimo di tranquillità senza dolori acuti che nemmeno le pillole che prendo attutiscono. Quindi non dormo non per fame, ovviamente. E le cambiali che ora mi tormentano è perché presto i soldi a tanti amici e, ogni sera, devo avvilirmi perchè nessuno è puntuale nella restituzione. So indirettamente che tanti dicono che sto bene e non ho bisogno di soldi. Alle fine mi domando e dico che la felicità non dipende sicuramente dal denaro e dalle ricchezze. E mi distruggo dall’essere diventato ricco. Forse, era meglio prima che adesso! Avessi saputo! Ha ragione chi dice che si è ricchi di più quando si è poveri!».

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sabato 6 luglio 2013

Pillole di fede L’incontro di un editore del Cosentino, Demetrio Guzzardi, con il pontefice a Santa Marta

Metti un giorno con Papa Francesco di Lucia De Cicco

Un incontro particolarmente inaspettato e quasi non ci si contava tantissimo, quello di un editore del cosentino, Demetrio Guzzardi (editoriale Progetto 2000) con Papa Francesco, lo scorso 8 giugno, e di cui la notizia solo nei giorni scorsi è circolata su Facebook, sotto una foto che lo ritrae mentre consegna il suo libro a Francesco e pervenuta dal fotografo ufficiale della Casa Pontificia. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare dell'emozionante incontro, avvenuto con padre Giovanni Cozzolino (sacerdote di San Francesco di Paola a Cosenza) in Santa Marta. Come le è venuto in mente di chiedere di incontrare Papa Francesco? È stato in occasione della presentazione del libro su San Francesco da Paola, alla Festa dei calabresi a Roma. Essendo in loco ci è venuta l'idea di chiedere alla Segreteria di Stato Vaticana se fosse possibile partecipare alla messa in Santa Marta. Con una normalissima richiesta alla prefettura della Casa pontificia, di partecipazione alla mattinata celebrativa e specificando le date della nostra permanenza a Roma, ci è arrivata, durante il viaggio di andata, una telefonata. Ricordo che eravamo all'altezza di Monte Cassino con l'invito di trovarci lì molto presto. Arrivati nella cappella, padre Cozzolino si è cambiato per concelebrare ed io mi sono seduto nell'ultima fila di banchi, perché tutti gli altri posti erano già occupati. La prima impressione entrando in Santa Marta... È una cappellina molto bella e moderna con una capienza di trenta quaranta posti al massimo tutto esaurito. L'omelia del Papa... Papa Francesco non aveva nessuna omelia scritta, era tutta a braccio. La comunione è stata impartita a tutti i presenti da padre Cozzolino. Finita la funzione della messa, il Papa si è andato a cambiare, così come gli altri concelebranti, erano presenti un vescovo e cinque sacerdoti. Papa Francesco è ritornato in cappella e si è seduto alla sedia davanti a me, rimanendo in meditazione per cinque minuti. Dopo si è ritirato ed è venuto un addetto del Vaticano che mi ha invitato ad andare a salutare personalmente il Santo padre. Trovarsi davanti al Papa Francesco sembra possibile; cosa è successo? Ha salutato

La foto dell’incontro nella Casa pontificia di Demetrio Guzzardi con Papa Francesco è stata pubblicata con l’autorizzazione dell’intervistato stesso

«Papa Francesco non aveva nessuna omelia scritta era tutta a braccio Finita la messa il Papa si è andato a cambiare, poi è ritornato in cappella e si è seduto alla sedia davanti a me, rimanendo in meditazione per cinque minuti...»

tante persone, che erano lì, poi è arrivato il mio turno. Io avevo portato il libro da dare in omaggio al Santo padre, qualora vi fosse stata l'opportunità. Il mio ultimo sui santini calabresi, Santi, santità e santini di Calabria. Si pensano tante cose in questa eventualità, quelle da dire soprattutto, ma mi è venuto naturale inginocchiarmi davanti al Papa e baciargli la mano, lui prontamente mi ha sollevato. Gli ho detto: «Santità - consegnandogli in mano il libro - questo testo racconta la fede degli italiani partiti in cerca di lavoro, così come il suo papà. Nelle valigie non hanno messo solo gli indumenti, ma anche tanta devozione e quello che di più caro avevano, la fede». Il Papa mi ha guardato negli occhi dicendomi: «Lei sta dicendo una cosa interessantissima». La nostra discussione è proseguita sul testo, catalogo di una mostra itinerante. Mi ha stretto la mano molto forte dicendomi di pregare per lui. Di certo tutti le hanno chiesto come ha fatto ad arrivare al Papa; e gliela faccio anch'io questa domanda. È stato facile? Con una semplice lettera raccomandata alla Casa pontificia, dando i recapiti telefonici e i giorni di permanenza a Roma e con al richiesta di assistere alla messa del Papa. Io considero tutto ciò un dono e nei giorni seguenti pensando al fatto ho voluto credere che la fine del mio percorso di ricerca sul libro si concludesse proprio con un incontro con uno dei figli di quella emigrazione degli italiani, che è Papa Bergoglio. Nei momenti in cui meditava da solo in cappella, sedutogli davanti, quale è stata l'impressione che ha avuto di Papa Francesco? Gli ho guardato le scarpe in primis e poi mi è sembrato un uomo di grande semplicità e fede ma nello stesso tempo di grande statura intellettuale e ancora non sapevo di cosa sarebbe successo dopo, come l'avermi dedicato tanto tempo nel parlare. Un aneddoto divertente è stato il saluto di padre Cozzolino al Papa. Quando gli ha detto, Santità io sono un religioso dell'Ordine dei Minimi di Paola, il Papa gli ha narrato della grande devozione che hanno gli argentini per il nostro Santo: anche nelle litanie, il "prega per noi" al Santo è più festoso rispetto agli altri Santi. Oggi che cosa pensa di questo incontro? Ho sentito in quei momenti e anche durante il viaggio che stavo recandomi da Pietro, l'uomo che deve portare la barca della Chiesa e sulla giusta rotta il popolo cristiano, che non scalpita ma è presente. Il Papa è diventato un collante per questo Popolo, faro di semplicità e che ci stupirà ancora molto. Credo che nei prossimi anni tante cose cambieranno, Egli saprà trovare nuove strade perché la Chiesa possa ancora annunciare l'unica vera cosa, che ha da proclamare che è il Vangelo dell'Amore, perché la gente vuole parole chiare e gesti di misericordia. La Chiesa ha dei punti di riferimento che Papa dopo Papa sono snocciolati meglio e il fatto che firmerà con Papa Benedetto XVI la prossima enciclica non potrà che fare guardare alla chiesa con grande rispetto nell'immagine di questi uomini.


sabato 6 luglio 2013

Ricerca della verità Il libro di don Pasquale Barone su Natuzza Evolo pubblicato in occasione del suo 50° anniversario di sacerdozio

Testimone di un mistero “Testimone di un Mistero” è il titolo del libro di Don Pasquale Barone su Natuzza Evolo pubblicato, da Adhoc Edizioni di Vibo Valentia, in occasione del suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio. Il libro presentato nella sala auditorium della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime di Paravati, con la presenza del vaticanista di Avvenire Salvatore Mazza. Don Pasquale in questo prezioso volume, curato da padre Michele Cordiano, fedele compagno di viaggio sulle orme di mamma Natuzza e solerte collaboratore dell’Opera del Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime, traccia un percorso di testimonianza, vestendo di volta in volta i panni di persona che racconta e che si racconta in una sorta di autobiografia che, pian piano, lo vede trasformarsi da prete di provincia, quasi scontento di essere stato “assegnato” a Paravati di Mileto, a testimone diretto di un grande mistero che si realizza, si matura, si evolve, in modo tangibile, nelle sue vicinanze, tanto da far pensare allo stesso don Pasquale che tutto quello che è accaduto è parte componente un ben più alto progetto. Una ricerca della verità nata apparentemente per caso, una ricerca divenuta poi, successivamente, essenziale pane quotidiano. Don Pasquale nella presentazione del volume lo scrive chiaramente: «la fede è ricerca, inquietudine, tormento di Dio; ma anche incarnazione nella realtà della storia, per la ricerca di una migliore qualità di vita». In effetti le tracce ripercorse da don Barone per scrivere questo volume portano tutte a Natuzza Evolo, anche quando lui quelle tracce le voleva ignorare, evitare, saltare. È come se la vita sacerdotale, ma non solo, di questo prete sia stata canalizzata senza possibilità di fuga. Una sorta di imbuto virtuale che ha inghiottito lo sguardo prescelto di Don Pasquale, ed il perché lo spiegano queste trecentosettansei pagine, riccamente illustrate con immagini inedite, che si fanno leggere in un soffio. Don Pasquale Barone utilizza come base di scrittura diversi suoi articoli pubblicati e scritti inediti. Tutti questi articoli alla fine del testo riportano un giorno, un mese ed un anno, diventano documento del suo vedere e del suo pensare, ma non solo. Sono anche frammenti del sentire, del percepire, dell’ascoltare principalmente il silenzio, grande elemento del Mistero Natuzza. Altra particolarità di questo libro è la scrittura in corsivo che fa sentire pienamente Natuzza Evolo, la si riconosce, la si percepisce viva. Le frasi in corsivo di Natuzza Evolo, ora che Lei è dall’altra parte, rimandano ad un mondo tutto da scoprire, ad un tempo maturo per leggere, una semiotica sempre presente, pregnante di un simbolismo alto, colto, che si contrappone a Lei che diceva di essere un verme di terra, ed adesso scopriamo che quando Don Barone le disse «Signora, ogni volta che penso a voi, mi sembra di vedere un sacco dove ognuno viene a buttare dentro la sua parte di spazzatura», Natuzza puntualizzò nella sua risposta: Don Pasquale, voi vi sbagliate! Io non sono un sacco! Peggio!... Io sono il bidone della spazzatura. Ed ancora quando fece riferimento alla situazione complessiva del suo stato di salute sempre precario: Don Pasquale io sugnu ‘na grasta rutta!. Ci sono tantissime testimonianze inedite e straordinarie in questo libro e non vogliamo svelarle tutte, la lettura deve, e dovrà, essere piena dell’intensità dello scoprire, ma come non an-

Natuzza e Don Pasquale Barone Accanto, la copertina del libro

Un percorso nei panni di un narratore che, pian piano, lo vede trasformarsi da prete di provincia quasi scontento di essere stato “assegnato” a Paravati di Mileto, a testimone diretto di un grande mistero

ticipare quando Don Pasquale racconta: «Natuzza da bambina cammina male con gli zoccoli di legno, in famiglia il nonno tenta di aggiustarli, ma sono i piedi di Natuzza che soffrono, la portano dal medico che non risolve nulla». «Poi un giorno - dice ancora Don Pasquale - la bambina si affretta, con la manina, a chiudere la bocca al nonno che stava discutendo con la moglie delle sofferenze della piccola, e con un atteggiamento severo lo ammonisce: Nonno, tu te ne devi stare zitto!... Tu di queste “cose” non devi parlare! Perché questi sono i dolori di primavera!». Anticamente l’anello di fidanzamento, di unione, si chiamava proprio “prima vera”, l’anello che precedeva la “vera”, l’anello nuziale. Natuzza, con quelle prime sofferenze, da bambina era diventata fidanzata di Gesù, congiunzione a Dio. I segni dentro di lei diventavano messaggi immediati e spontanei in una consapevolezza da leggere, chiaramente, anni dopo. Il resto del libro è tutto da scoprire, dicevamo, perché le pagine hanno un testo che si tira dietro tutto un mondo fatto di fede, di mistero e di misticismo. Tante le prove che Natuzza ha dovuto affrontare, incomprensione, sofferenza, esorcismo, incredulità... Don Pasquale Barone oggi è un Testimone della Chiesa consapevole di aver vissuto una esperienza straordinaria in una sorta di soglia, di margine, con emografie, stigmate, sguardi, silenzi e parole, di fatti che si realizzavano davanti al suo sguardo. Un San Tommaso dei nostri tempi che a Paravati non ci voleva neanche andare, che a Natuzza Evolo la evitava e che oggi si ritrova immerso in un Progetto divino realizzato sotto i suoi occhi che si continua a evolvere di continuo in nome della Madonna. Un progetto vivo che continua a crescere ogni giorno di più. Il volume, nel suo scrigno di scrittura, contiene anche tante belle pagine su Paravati, e racconta il contesto cronologico, storico, sociale e antropologico nel quale Natuzza ha vissuto. Le storie, le biografie di due persone, Don Pasquale Barone e Natuzza Evolo, che si sono incontrate e che molte volte hanno parlato con il loro silenzio. (Agi)

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