Voce ai giovani

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Anno 37 - 23 Novembre 2013 - Numero 47

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

“Premio Maria Rosaria Sessa”, presente la criminologa Bruzzone: Svuotare il terreno su cui posano le basi della violenza di genere PROMESSA MANTENUTA

SPERANZA PER L’UMANITÀ

Terremoto, a Mormanno ora si trema per la gioia

Quando ride un bambino lo fa anche tutto il mondo

Restauri per Santa Maria degli Angeli e per la Madonna del Suffragio

Giornata dell’Infanzia con Margherita Corriere, presidente Ami Calabria


Anno 37 - 23 Novembre 2013 - Numero 47

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“Premio Maria Rosaria Sessa”, presente la criminologa Bruzzone: Svuotare il terreno su cui posano le basi della violenza di genere PROMESSA MANTENUTA

SPERANZA PER L’UMANITÀ

Terremoto, a Mormanno ora si trema per la gioia

Quando ride un bambino lo fa anche tutto il mondo

Restauri per Santa Maria degli Angeli e per la Madonna del Suffragio

Giornata dell’Infanzia con Margherita Corriere, presidente Ami Calabria


II

sabato 23 novembre 2013

Pronti all’ascolto Firmato alla Provincia di Cosenza il Protocollo d'intesa per il contrasto alla violenza sulle donne nell'area della Sibaritide

Donne meno sole «Come Provincia di Cosenza, il presidente Mario Oliverio ed io, siamo da anni impegnati con progetti ed iniziative mirate a sensibilizzare tutti e, in particolar, i giovani, essendoci resi conto che il fenomeno della violenza contro le donne ha assunto dimensioni di vera e propria drammatica emergenza di carattere sociale da contrastare con ogni mezzo in tutte le sue forme». Così ha iniziato il suo breve intervento l’assessore provinciale alla Cultura e alle Pari opportunità Maria Francesca Corigliano, prima di sottoscrivere questa mattina assieme agli altri partner, presso la presidenza della Provincia di Cosenza, Asp di Cosenza, associazione Mondiversi onlus, Comune di Corigliano, il Protocollo d’intesa per il contrasto alla violenza sulle donne nell’ area della Sibaritide “Il protocollo d’intesa siglato -ha detto ancora l’assessore- per la promozione di strategie condivise finalizzate alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno della violenza di genere ha come obiettivo la creazione di una rete antiviolenza per donne vittime di violenza di genere, da sostenere in sinergia interistituzionale anche con le forze dell’ordine, di Questura e Prefettura, ufficio scolastico regionale e di altri enti o associazioni. La violenza ha dinamiche particolari e diversificate che riverberano i loro negativi effetti in famiglia con grave danno per i figli facendo perdere certezze nella loro proiezione. La Provincia, oltre a condividere e continuare con piena convinzione a svolgere il suo ruolo di ente di coordinamento del Progetto, prodiga ogni utile attività di sostegno, anche rendendo disponibili gli uffici della programmazione per l’accesso ai fondi europei». «Con questa iniziativa si è intercettato il bisogno diffuso di contrastare il fenomeno sempre più eclatante sia qualitativamente che quantitativamente e di prevenire la violenza -ha concluso l’assessore- attraverso la cultura, sensibilizzando a debellarla poiché la violenza si annida in tutti i ceti sociali ed aumenta come progressiva perdita del controllo di sé». La zona interessata all’attività in relazione a questo protocollo sarà l’area della Sibaritide, dove il fenomeno risulta drammaticamente di ampia portata, per il ripetersi di tragici accadimenti di femminicidio in questo territorio.

Per la promozione di strategie finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della violenza di genere Obiettivo la creazione di una rete antiviolenza da sostenere in sinergia interistituzionale anche con le forze dell’ordine

Sono intervenuti anche il presidente dell’associazione Mondiversi onlus Antonio Gioiello, la portavoce del Centro antiviolenza Fabiana Angela De Giacomo e l’assistente sociale dello stesso centro Luigia Rosito, l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Corigliano Marisa Chiurco e la responsabile dello stesso settore Tina De Rossis ed Erminia Pellegrini, delegata per la firma del protocollo d’intesa dal direttore dell’azienda provinciale sanitaria Gianfranco Scarpelli. Era presente la dirigente provinciale per le Pari opportunità Antonella Gentile. Il Centro antiviolenza “Fabiana”, da poco istituito a Corigliano, è un Centro di ascolto che fornisce assistenza e consulenza legale e psicologa, attraverso Personale adeguatamente formato e si avvale anche del sostegno di volontari. Da inizio ottobre ad oggi già oltre sette donne vittime di violenze vi si sono rivolte. Il numero telefonico è 0983 031388.


sabato 23 novembre 2013

III

Speranza e promessa dell’Umanità L’intervento della presidente regionale dell'associazione degli Avvocati matrimonialisti italiani Margherita Corriere, alla Giornata mondiale dell’infanzia

Quando ride un bambino... Dal 20 novembre 1989, anno in cui l’assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia, si celebra la Giornata internazionale dell’infanzia. Una convenzione che l’esimio professor Van Brueren ha definito correttamente la Convenzione delle 4 P: partecipazione dei bambini nelle decisioni riguardanti il loro destino; protezione contro le discriminazioni e tutte le forme di abbandono e sfruttamento; prevenzione dei danni fisici e morali; provvedimento di assistenza per le loro necessità basilari. Sull’importanza di questa giornata appena trascorsa, interviene la presidente regionale dell’associazione degli Avvocati matrimonialisti italiani, Margherita Corriere: «Oggi, nonostante esista questo documento dell’Onu, urge una maggiore attenzione verso la tutela dei diritti e dei bisogni primari dei minori. Bisogna fare ancora tanta strada per un’attuazione concreta dei fondamentali diritti dei bambini. Viviamo, infatti, in una società in cui i minori sono sfruttati sul lavoro, sono abusati, sono vittime di violenza fisica e psico-affettiva, sono abbandonati, oltre ad essere minori che muoiono ancora di stenti e di fame. Non è possibile che ancora oggi, nel mondo, più dell’80% dei bambini dai 2 ai 14 anni sia vittima di qualche forma di violenza, dalle punizioni corporali alle peggiori forme di abuso; che ci siano circa 35 milioni di minori abusati sessualmente, che oltre un milione e mezzo di minori sia vittima di traffici, che oltre un miliardo di loro viva in zone di guerra o ad alta densità di conflitti bellici e che oltre 200 milioni di minori nel mondo siano costretti a lavorare, considerando che oltre 400.000 di questi ultimi si trovano nella nostra bella Italia». Dal 2011 al 2012, nel nostro Paese, sono triplicati i reati di atti sessuali con minorenni. In Italia le bambine e le ragazze risultano più vulnerabili, di fronte alla violenza, rispetto ai loro coetanei maschi: in 6 casi su 10 la vittima di reati commessi e denunciati su minori nel 2012 è una giovanissima donna. Nel 2012, sono stati 5.103 i minori vittime di reati: una cifra superiore a quella del 2011 (4.946, ndr). Secondo i dati forniti dalle Forze dell’Ordine, nel 2012, 689 minori hanno subito violenza sessuale, di cui l’85% delle vittime è di sesso femminile. A questi vanno aggiunte le 422 vittime di violenza sessuale aggravata. Tra i reati a sfondo sessuale, a registrare l’aumento più drammatico in un anno è la pornografia minorile: +370% a danno di 108 minori, il 69% dei quali è femmina. In generale, tra i reati commessi e denunciati su minori, quelli che mietono più vittime sono i maltrattamenti in famiglia: i bambini che li hanno subiti nel 2012 sono stati 1.247 in più del 2011. Incredibile pensare, poi, che in Italia sono 400.000 i bambini vittime della violenza assistita. Negli ultimi sei anni sono triplicati i casi di abusi fisici (una segnalazione su 5 è per percosse), mentre il 63% delle situazioni di emergenza si verifica dentro le mura domestiche (nel 78% dei casi per colpa di uno dei due genitori, nello specifico 44% madre e 34% padre), il 18,3% per strada, il 5,7 % a scuola, il 3,7% a casa di amici o parenti. Il 22% dei minori è a rischio povertà e tra i più colpiti sono i bambini con un solo genitore (1 su 3) e i bambini delle coppie più giovani (1 su 2). L’Italia, tra i Paesi europei, risulta agli ultimi posti per i finanziamenti alla famiglia, cui affida l’1,3% del Pil rispetto alla media europea

«Non possiamo ricordarci della salvaguardia dei piccoli solo una volta l’anno per renderci conto di tutto quello che non è stato ottemperato e per continuare in una condotta omissiva dei propri doveri etici ancor prima che giuridici verso l’infanzia»

del 2,2%. «Sono dati allarmanti - spiega l’avvocato Corriere -, specchio di una società ancora troppo adulto-centrica, che non tiene nella giusta considerazione le esigenze e gli interessi dei minori. I bambini, invece, devono essere rispettati quotidianamente e messi al centro delle azioni degli adulti, in una visione bambino-centrica della società. I diritti dei minori devono essere garantiti nella concretezza quotidiana, non da ultimo, il diritto alla famiglia, il diritto alla bigenitorialità: vale a dire, il diritto ad avere due genitori, madre e padre, che si prendono cura amorevolmente di loro, impegnandosi insieme e in modo maturo per una loro equilibrata crescita psicofisica. È veramente allarmante constatare che la prevalenza delle violenze e dei maltrattamenti (circa il 75%) viene perpetrata ai danni dei minori in ambito familiare: i maltrattamenti domestici consistono in violenze diverse, fisiche, sessuali, economiche. Una situazione ad alto rischio di violenze, soprattutto psicologiche per i minori, che si vive specialmente nel momento della separazione dei coniugi. La conflittualità nell’ambito della coppia genitoriale, spesso, impedisce alla coppia di continuare ad essere autentici genitori per i propri figli che, sempre più frequentemente, vengono usati inconsapevolmente come strumenti di belligeranza, alibi per le proprie ostilità o per le loro battaglie giudiziarie. Dispute che non avranno mai vincitori, ma solo vinti: in primis, quei figli rimasti senza il sostegno e l’apporto educativo-affettivo di mamma e papà. I bambini hanno bisogno di entrambe le figure genitoriali e di vivere consapevoli del loro affetto, certi della loro presenza e delle loro cure in un rapporto sereno e coeso, all’insegna di un ethos solidale». Maria Montessori sosteneva: «Per aiutare un bambino dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente». E un ambiente libero è un ambiente dove regna la solidarietà e la parità tra le generazioni in un rapporto di reciproco rispetto dei diversi ruoli. «Non possiamo e, soprattutto, non dobbiamo ricordarci della salvaguardia dei bambini solo una volta l’anno - prosegue la presidente dell’Ami - per renderci conto di tutto quello che non è stato ottemperato e... per continuare pervicacemente in una condotta omissiva dei propri doveri etici ancor prima che giuridici verso l’infanzia. Eva Ghazal, sposa bambina di 13 anni, dal Libano aspetta ancora giustizia e di vivere la sua fanciullezza in modo spensierato. Un bimbetto di otto anni, a Tripoli, non gioca alla guerra, ma fa la guerra armato di un kalashnikov più grande di lui. Non possiamo permetterlo ancora!». Il polacco Janusz Korczak diceva: «Carichiamo l’infanzia del fardello dei doveri dell’uomo di domani, senza riconoscerle alcuno dei diritti dell’uomo di oggi». «Vorrei ricordare ancora una frase molto significativa del grande Korczak - conclude Margherita Corriere -: “Quando ride un bambino ride tutto il mondo”». Perché l’infanzia è speranza e promessa dell’umanità.

Margherita Corriere presidente Ami Calabria


IV

sabato 23 novembre 2013

Una sfida da vincere Premio “Maria Rosaria Sessa”, alla cerimonia di premiazione anche la criminologa Roberta Bruzzone

La cultura contro il femminicidio di Francesco Fotia

Svuotare il terreno su cui poggiano le basi della violenza di genere Provano a farlo la Provincia di Cosenza, con l'assessorato alla Cultura e alle Pari opportunità, e il Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” di Cosenza

Enti e giornalismo in favore di un cambiamento culturale che sia in grado di svuotare il terreno su cui poggiano le basi della violenza di genere. Provano a farlo la Provincia di Cosenza, con l’assessorato alla Cultura e alle Pari opportunità, e il Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” di Cosenza, che hanno premiato giovedì, presso l’auditorium A.Guarasci del Liceo classico “B. Telesio”, i vincitori della seconda edizione del “Premio Sessa”, dedicato agli studenti degli istituti superiori della provincia cosentina. Il concorso ha richiesto l’elaborazione di un videoclip della durata massima di sessanta secondi sul femminicidio, tema su cui da sempre sono puntati gli occhi dell’associazione dei giornalisti cosentini, che porta il nome di Maria Rosaria Sessa, collega uccisa dall’ex compagno, Corrado Bafaro, nel 2002. L’evento è incominciato intorno alle 10,00, con la moderazione di Emily Casciaro, membro del direttivo Sessa, che ha salutato i presenti introducendo l’intervento del presidente del circolo, Gregorio Corigliano. Il giornalista, ricordando l’umiltà, la simpatia, di Maria Rosaria, ha fatto proprio il monito di Giorgio Napolitano la rappresentazione delle donne nei media: figure femminili che troppo spesso vengono identificate soltanto come un oggetto su cui poter esercitare un malsano diritto di possedimento. Il presidente ha ringraziato i membri del circolo, l’assessore provinciale alla cultura e alle pari opportunità Maria Francesca Corigliano, sempre vicina alle più delicate delle questioni, non solo provinciali, Rosellina Arturi, vicepresidente del circolo, che molte energie ha speso per l’organizzazione e la riuscita del Premio e l’Arma dei Carabinieri, nelle persone del del Comandante Giuseppe Brancati e del Maresciallo Lucia Vanacore, che ha prestato il proprio volto alla locandina dell’evento, curata da Adt Group Press di Cosenza. È stata poi la volta di Maria Francesca Corigliano, che, salutando le scuole ha spiegato: «La Provincia per dovere di memoria ha inteso partecipare per la seconda volta al Premio dedicato a Maria Rosaria Sessa, perché sente l’obbligo, morale e istituzionale, di intervenire sulla violenza di genere partendo proprio dalla cultura, mettendo inoltre i giovani al centro del suo progetto. Il femminicidio - ha os-

Qui sopra la locandina dell’evento A destra, dall’alto: Maria Francesca Corigliano e Roberta Bruzzone; Gregorio Corigliano e Emily Casciaro; Giovanni Pastore e Arcangelo Badolati; Maria Francesca Corigliano e Franca Garreffa Qui sotto, il tavolo dei relatori

servato - è un fatto sociale e come tale va combattuto con le armi, appunto, della cultura. Perché non possa esistere più la logica del “se l’è cercata”, retaggio di una vecchia e sbagliata visione della donna. Non può esistere la cultura dell’omertà. Voi giovani - ha concluso - siete la speranza». L’assessore ha poi tenuto a porgere i propri ringraziamenti anche a Rosellina Arturi e alla giornalista Mariapia Volpintesta per la scrittura del volume Crudele amore mio: dati e riflessioni sul femminicidio in Calabria, distribuito agli studenti nel corso della manifestazione. Un testo che si è fatto carico del duro lavoro di raccolta dei femminicidi avvenuti in Calabria dal 1988, anno in cui fu assassinata Roberta Lanzino. Una pubblicazione che si sofferma sulle tante storie di donne cui è stata tolta la vita a causa di una cultura arcaica e patriarcale che va rimossa. In Crudele amore mio, che si propone come base per una raccolta definitiva di dati per quanto riguarda la nostra regione, si esorta alla denuncia, si analizzano alcuni dei segnali da saper cogliere, nel proprio partner, per prevenire la più estrema delle degenerazione nel rapporto uomo-donna.


sabato 23 novembre 2013

V

Una sfida da vincere

Sul tema della cultura come base del cambiamento si è soffermata anche Franca Garreffa, docente universitaria e membro del centro Women’s studies “Milly Villa”, che ha incoraggiato ogni settore della società a fare uno sforzo in direzione di un aiuto alle donne in difficoltà. L’intervento della Garreffa si è concentrato anche sulla condizione delle carceri in Italia; «Un luogo - ha detto - all’interno del quale latita il concetto di rieducazione, e dove, al contrario, vige una violenza superiore a quella che si trova all’esterno. Anche questa è una questione fondamentale da affrontare per andare in direzione di una società fondata sul rispetto dell’altro, e non sulla punizione del diverso, o del più debole». Hanno parlato al pubblico anche i giornalisti Arcangelo Badolati e Giovanni Pastore, coautori del libro Banditi e schiave. Il femminicidio, donato agli studenti dall’assessorato provinciale alla Cultura e alle Pari opportunità. Giovanni Pastore, commosso dalla visione dei videoclip che hanno preceduto il suo intervento, ha voluto ricordare la drammatica morte di Fabiana Luzzi, assassinata la scorsa primavera a Corigliano dall’ex fidanzato. Un lungo racconto di fatti noti ai più, che assumono una valenza emotiva di grande impatto, quando raccontati ai giovani coetanei di Fabiana. Badolati ha proseguito citando i tanti femminicidi di cui è ricca la storia meridionale e non solo: il massacro della popolazione valdese per motivi religiosi, i saccheggi e gli stupri patiti nel meridione al tempo dell’unificazione italiana, i genocidi avvenuti in Bosnia negli anni 90. La narrazione dello scrittore ha preso spunto dai fatti riguardanti Artemisia Gentilesi, una donna coraggiosa al punto da denunciare uno stupro addirittura nel XVII secolo. Interventi molto forti, cui segue quello di Roberta Bruzzone, famosa criminologa invitata per l’occasione. «Noto con piacere che la platea è piena di ragazzi, - ha esordito Bruzzone - e questo è importante perché è sopratutto da loro che deve partire il cambiamento. Mi occupo da quindici anni di femminicidio e posso dire che oggi il passo successivo da fare nella lotta alla violenza di genere è ascoltare anche gli uomini». La criminologa, citando il monito dell’Onu secondo il quale in Italia vige “tolleranza sui maltrattanti alle donne”, ha relazionato sulla necessità di «intercettare immediatamente le tendenze negative del proprio Arcangelo compagno», invitando i raBadolati gazzi a isolare coloro i quali hanno questi atteggiamenti, negando così il proprio consenso. «Amore è rispetto e condivisione - osserva la Bruzzone - tutto il resto è “malamore”. Noi abbiamo il dovere di schierarci sempre dalla parte di chi ha bisogno, siamo chiamati a prendere posizione sempre. Se finiremo di girarci dall’altra parte - ha concluso - vinceremo la nostra sfida».

ISivincitori del Premio Sessa: è aggiudicato il primo posto del Premio Maria Rosaria Sessa il videoclip del Liceo Scientifico Scorza di Cosenza, che - si è detto nelle motivazioni - ha ben sintetizzato l’idea del sogno infranto, della vita spezzata. Un messaggio duro, che lascia l’amaro in bocca, come ogni omicidio di genere. Sono stati premiati anche il Liceo scientifico “Fermi”, “Antonio Monaco”, il “Lucrezia Della Valle”, il Liceo “Gioacchino da Fiore”, il “Pitagora” di Rende, il Liceo Scientifico “Enzo Siciliano” di Bisignano e il Liceo scientifico Amantea. Gli spot premiati saranno mandati in onda da tutte le maggiori emittenti televisive calabresi.

Presso l’auditorium “A. Guarasci” del Liceo classico “B. Telesio” premiati i vincitori della seconda edizione del Premio, dedicato agli studenti degli istituti superiori della provincia cosentina


VI

sabato 23 novembre 2013

Donne “fuori contesto” - L’inganno Giovanni Angelico: storia di un Papa donna

La Papessa di Giovanna Tenuta

La storia leggendaria di Giovanna comincia dalla fine. Anno Domini 885. Durante la solenne processione di Pasqua nella quale il Papa tornava al Laterano dopo aver celebrato messa in San Pietro, mentre il Corteo Papale si trovava nei pressi della basilica di San Clemente al rione Monti, la folla entusiasta si strinse attorno al cavallo che portava il Pontefice. Il cavallo imbizzarrito reagì, quasi provocando un incidente. Il trauma dell’esperienza subìto da “papa Giovanni” fu all’origine di un violento travaglio prematuro: il pontefice partorì un bimbo morto rivelando inevitabilmente la propria natura femminile. Scoperto l’atroce inganno celato, l’infelice venne legata per i piedi alla coda di un cavallo, trascinata attraverso le vie della città di Roma, linciata subito sul selciato e lapidata poi a morte dal popolo e dal clero inferocito nei pressi di Ripa Grande: così si concluse tragicamente il pontificato della papessa Giovanna. Dopo qualche anno, quando ormai la vicenda assunse i contorni del mito, le spoglie vennero collocate degnamente in una sepoltura cristiana. Fu deposta infatti nella strada dove la sua vera identità era stata svelata, tra San Giovanni in Laterano e la basilica di San Pietro in Vaticano nello stesso punto in cui partorì, tra il Colosseo e San Clemente. Il luogo della sepoltura è ancora oggi visibile a Roma all’angolo tra la basilica dei Santi Quattro Coronati e Via dei Querceti nel quartiere Celio, nel punto in cui sarebbe avvenuto il parto ed il linciaggio: lì c’è un “sacello”, una piccola edicola buia e abbandonata al degrado, chiusa da un’inferriata, risalente all’XI sec. come memoria materiale di quanto accadde durante quella processione sacra, tanti secoli fa, alla papessa Giovanna. La figura della Papessa Giovanna rimane una delle leggende più misteriose ed intriganti tramandate dalla storia cattolica e legate al soglio pontificio. La storia curiosa e fittizia di questo leggendario Papa donna, riguarda in particolare l’affascinante figura di una donna, estremamente colta, progressivamente edotta nella teologia, nella filosofia scolastica e nell’arte medica, che avrebbe fatto la carriera ecclesiastica fino a salire al soglio pontificio e che, in barba alla Chiesa cattolica, riesce a diventar papa regnando sulla Chiesa dall’853 all’855. La fantasia popolare diventa storia e l’evento famoso come il caso della “papessa Giovanna” verrà collocato tra il pontificato di Leone IV e di Benedetto III, periodo in cui, secondo alcuni, sarebbe giunto al soglio papale l’antipapa Anastasio Bibliotecario, per altri Giovanni Anglico, sulla cui reggenza non si hanno documenti e notizie storiche certe. Colpì molti uomini di Chiesa per la sua intelligenza e la sua mordace erudizione perciò sarebbe stata poi eletta papa succedendo a Leone IV e prendendo il nome di papa Giovanni VIII (considerato come uno dei più abili pontefici del IX secolo) in un’epoca in cui l’elezione del papa avveniva in modo fortuito. Sempre secondo la leggenda, a Giovanna successe papa Benedetto III, il quale regnò per breve tempo dall’855 al 7 aprile 858 assicurandosi che il suo predecessore (e tutta la storia che segue) venisse omesso dalle registrazioni storiche. Giovanna - figura di donna “fuori contesto” (donne nel posto sbagliato al momento sbagliato) dall’animo nobile, gentile, cavalleresco e dallo spirito straordinario e fuori dal comune - era una giovane inglese nata e cresciuta al tempo di Carlo Magno in un villaggio sperduto della Franconia carolingia convertito a forza al cristianesimo nella Germania del IX secolo. Ostinata e decisamente illuminata, in realtà, Giovanna ha una spiccata vena religiosa e culturale. Decide di assumere un’identità maschile e per mezzo dei suoi convincenti e ingannevoli travestimenti in abiti maschili adottati per protezione paterna e per poter avere accesso all’educazione, diven-

Durante la processione di Pasqua la calca provocata dalla folla fece imbizzarrire il cavallo pontificio Il trauma subìto da “papa Giovanni” fu all’origine di un violento travaglio prematuro: il pontefice partorì un bimbo rivelando la propria natura femminile Un mito che divenne “definitivo” con Martino Polono di Troppau, arcivescovo anche di Cosenza, autore del Chronicon Pontificium et Imperatorum

ta monaco con il nome di Johannes Anglicus nell’antico monastero benedettino di Fulda, dove si rifugia e si fa notare per le sue doti mediche. La paura di essere scoperta e punita come impostore la porta però lontano dalla sua terra e, attraverso una serie di incidenti “provvidenziali”, finisce a Roma, dove la sua dedizione ai malati e gli incredibili successi professionali non passano inosservati. Giovanna amava Roma. Il tumultuoso fermento delle sue vie la infervorava. In quegli anditi brulicanti convergevano i remoti angoli del mondo: romani, lombardi, germani, bizantini e musulmani si spintonavano in un eccitante miscuglio di lingue e costumi. Passato e presente, pagani e cristiani si intrecciavano in un arazzo ricco e spassoso. Il meglio e il peggio del cosmo erano riuniti dentro quelle antiche mura. A Roma, Giovanna aveva trovato il mondo di opportunità e avventura che aveva cercato per tutta la vita. Nell’Urbe, grazie al buonsenso e alle superiori doti mediche e di accorto diplomatico, il suo alter ego “Giovanni Anglicus” diventa ben presto medico e confidente di Papa Sergio II (844-847). Ma alla morte prematura del Pontefice (provocata da intrighi di vescovi invisi), il monaco guaritore dai modi gentili è destinato ad occupare il seggio di Pietro. Quasi senza volerlo, Giovanna si trova dunque a compiere l’ultimo, importantissimo passo verso i vertici della Chiesa di Roma. Giovanni Anglicus viene acclamato dal popolo Pontefice della Chiesa Universale di Roma e vescovo della Romana Sede. Convinta della propria missione di capo della Chiesa, Giovanna accetta dunque l’arduo compito e nei pochi anni del suo regno si imbarca in una serie di riforme verso la Chiesa che includono le “scuole cattedrali” per le donne prive di diritti e trattate come zerbini , la ricostruzione degli acquedotti , un’ apertura mentale e un miglioramento generale della vita civica. La leggenda della Papessa, accettata senza riserve dalla Chiesa, fu divulgata nel Medioevo con incredibile rapidità, e per molti secoli fu creduta una storia vera. Ma, considerata dagli storici e da molti intellettuali di spicco alla stregua di un mito o di un leggenda medievale cui si prestò fede fino all’epoca della Controriforma, probabilmente originato nel mondo ortodosso antipapista, è impossibile determinare con certezza se la papessa Giovanna sia realmente esistita. La verità su quanto accadde nell’855 forse non sarà mai del tutto nota. Tuttavia di base ci sarebbero molte discrepanze e incongruenze storiche nelle versioni tramandate che renderebbero impossibile il fatto; nel caso in cui si sia trattato di un caso reale, il segreto nei secoli è stato mantenuto così da evitare il crollo dell’istituzione ecclesiastica e la Chiesa avrebbe fatto di tutto per cancellare Giovanna come la storia di un Papa che non è mai esistito. La verità storica sembra smentire la reale esistenza della donna, che tuttavia assume - a seconda delle diverse ricostruzioni progressivamente fornite - le sembianze più diverse. Da perfida e demoniaca figura di perdizione a (come in questo caso) eroina protofemminista che lotta per l’ autoaffermazione e l’ emancipazione dal pregiudizio e dal bigottismo, “la Papessa” tuttavia non vuole essere un modello per le donne, ma in un tentativo di spezzare la linea continua dei Papi dimostrando come il pontificato - istituzione profondamente


sabato 23 novembre 2013

VII

Donne “fuori contesto” - L’inganno pero che caratterizzarono il turbolento medioevo della Chiesa. Ben più “definitivo” e popolare divenne tale mito alla pubblicazione dell’influente opera del domenicano Martino Polono di Troppau (cronista medievale, monaco o frate non si sa bene di quale ordine ignoto, penitenziere di papa Niccolò III, arcivescovo di Cosenza, poi di Gnesna in Polonia e morto a Bologna nel 1278) la cui notorietà gli deriva appunto per essere l’autore del Chronicon Pontificium et Imperatorum, una cronaca molto diffusa ai suoi tempi, nella quale tratta anche della leggenda della papessa Giovanna secondo la quale a papa Leone IV succedette tale Giovanni Anglico che governò la Chiesa per due anni circa: questi in realtà era una donna.

umana- presenti una situazione assurda, in cui una donna, per di più promiscua, è riuscita a eludere l’attenzione dello Spirito Santo. Giovanna infatti, era sessualmente promiscua: non praticava l’astinenza sessuale e - rimasta incinta (senza che nessuno se ne accorgesse poiché la veste pontificia nascondeva le sue forme in stato di gravidanza) muore mentre celebrava la Pasqua terminando così il suo regno, e il suo nome (secondo i suoi sostenitori) venne eliminato dal Liber Pontificalis in segno di vendetta. Tuttavia ella compare in realtà anche in alcuni elenchi di Papi, principalmente nel Duomo di Siena, dove nel 1400 la sua immagine appare tra quelle degli altri pontefici: la sua statua venne collocata con il beneplacito della Chiesa nella galleria dei busti dei papi della cattedrale di Siena fino al 1601, quando per ordine di Clemente VIII subisce una “improvvisa metamorfosi” nel busto di Papa Zaccaria. Fino alla metà del XVII secolo il papato di Giovanni Anglico è universalmente noto e accettato per vero, poi la Chiesa cattolica diede inizio ad uno sforzo concertato per distruggere le imbarazzanti note storiche riguardanti questo personaggio. Due le obiezioni principali della Chiesa contro la tesi dell’esistenza di Giovanna: - l’assenza di qualsiasi riferimento nei documenti contemporanei sparsi, incompleti, contraddittori e dubbi; non ci sono verbali giudiziari, mappe catastali, resoconti agricoli, o diari di vita quotidiana; a parte il Liber Pontificalis (opera storiografica definita dagli studiosi “propagandistica”) non c’è una documentazione continuativa dei papi del IX secolo. Un’antica copia del Liber Pontificalis con la registrazione del papato di Giovanna esiste tuttora ma l’annotazione sulla papessa è, ovviamente, un’interpolazione più recente, goffamente inserita nel corpo principale del testo; - la mancanza di un periodo di tempo sufficiente all’esistenza del suo regno. Anche se la Chiesa oggi ritiene Giovanna un’invenzione dei riformatori protestanti ben intenzionati a mettere in mostra la corruzione papista, la sua storia apparve centinaia di anni prima della nascita di Martin Lutero; inutile dire che il caso della papessa fece molta presa tra gli eretici catari, i quali non mancarono di indicare nella donna l’esempio di una chiesa inconsistente, inutile e illusoria. La leggenda acquisì supporto dalla confusione sull’ordine numerico dato ai Papi di nome Giovanni sui registri pontifici. La realtà probabilmente è molto diversa e la confusione andrebbe fatta risalire ai vari conflitti tra papi e antipapi e alle varie dispute tra papato e im-

Giovanna, con spiccata vena religiosa e culturale, decise da giovane di assumere un’identità maschile e per mezzo dei suoi convincenti e ingannevoli travestimenti in abiti maschili adottati per protezione paterna e per poter avere accesso alla educazione, diventa monaco con il nome di Johannes Anglicus

Giovanna offre l’occasione, in realtà, per ribadire i limiti della natura femminile, vana e debole, ma servirà soprattutto a introdurre l’annullamento dell’elezione papale di fronte ad un individuo inadatto al ruolo e l’ineleggibilità di un vescovo. Rimane il fatto che ancora oggi il pontificato è vietato alle donne. E non si capisce davvero perché. Ma, come ogni leggenda, probabilmente la storia della papessa Giovanna non nasce dal nulla e c’è chi sostiene che sia un racconto nato dallo “spettegolìo” popolare, causato dai “vizietti” dei papi, che a volte tanto casti non sono stati, facendo così attribuire il nome di papessa alle donnine che con loro trascorrevano qualche ora di libertà. Si dice che una tra tutte spiccò particolarmente perché più gradita ai pontefici del tempo, e si narra che il suo nome fu proprio Giovanna. In questa storia bizzarra pare ci fossero degli elementi veri e storicamente fondati. In ogni caso reale fu lo strapotere politico esercitato dalle vere padrone di Roma nel X secolo riguardo alle quali la papessa Giovanna è un riferimento simbolico. Che sia leggenda o verità, questo presunto pontificato ha sempre affascinato soprattutto coloro che vedevano la cosa come una burla verso il rigido ordinamento monastico e cattolico del tempo. Tra le smentite della Chiesa e le fonti che attestano l’esistenza di una donna pontefice, la storia di Giovanna è quasi disturbante: un’eroina la cui ascesa passa attraverso un sofferto impegno di conoscenza e autodisciplina, un’altra protagonista dall’indole erudita e pensatrice combatte per il diritto delle donne ad accedere alla conoscenza e alla piazza e all’arena allestita dagli uomini in nome della religione e dall’interno della Chiesa. Una storia scomoda tanto quanto il fatto di sapere che un rappresentante del Trono di Pietro possa essere stato gravido. Ma l’amore per il sapere e la conoscenza la conduce verso un cammino inaspettato, sino alle massime vette del potere della Chiesa. L’ottica prescelta dispone il sesso gentile a baluardo della forza del pensiero e della sapienza in un mondo destinato agli uomini. Padri, tutori, della legge e della religione, che guardano alla donna come una versione imperfetta dell’uomo, “naturalmente” più adatta alla riproduzione, alla cura dei figli e a una vita all’interno della casa. Niente stelle da guardare, niente libri da consultare, nessuna presenza o attività sulla scena sociale. Quello di Giovanna diventa il percorso esistenziale di una donna in fuga che si taglia i capelli fino alla chierica, si fascia stretti i seni, si mascolinizza cancellando tracce di mestruazioni ben prima di diventare papa romano e che solo l’ardente passione di sapere non disgiunta dalla fede costringe a imboccare la strada della mistificazione e poi del martirio. Emancipazione individuale ben più di rivoluzionarietà socio-politica. Giovanna è una donna del suo tempo che ha fatto della dedizione ai malati la sua vita e vince le difficoltà con devozione, ma soprattutto con l’ impegno e la determinazione che sono propri della contemporaneità. Mito o leggenda medievale che sia, la storia della papessa Giovanna rappresenta ovviamente un momento di difficile valutazione storica. Tanto incredibile da sembrare frutto di fantasia, la vicenda di una donna che cambiò il volto della religione fino ad essere eletta Papa populi. Una donna pontefice omessa presumibilmente dalle registrazioni storiche diventa simbolo perfetto di incongruenza e contraddizione: prete cristiano, uomo agli occhi del mondo, era tormentata dal segreto cuore di una donna; cercatore della fede, era combattuta tra il desiderio di conoscere Dio e la paura che potesse non esistere accoppiando in sé un sincero fervore religioso con le tentazioni della carne. Una straordinaria storia in bilico tra realtà e fantasia. Tra fede e dubbio, mente e cuore, volontà e desiderio, tra verità e inganno è racchiuso il mistero della vita di uno dei personaggi più controversi e sconvolgenti di tutti i tempi.

In queste foto il Papa-papessa Giovanni rappresentato nella iconografia


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sabato 23 novembre 2013

Impresa tra i banchi ”Un giorno con l’imprenditore” da “Fuoriclasse” per il gruppo di Confindustria Cosenza dell'Istituto Tecnico Industriale "Monaco" e dell'azienda Fi.Ff

L’unico investimento è lo studio Premiati a Catania, in occasione dell’evento nazionale di orientamento “Fuoriclasse” di Confindustria, il gruppo di Confindustria Cosenza, dell’Istituto Tecnico Industriale “Monaco” e dell’azienda Fi.FF che sono stati protagonisti del progetto “Un giorno con l’imprenditore”. Classificatisi al terzo posto del concorso nazionale, per il video che racconta l’esperienza di affiancamento lavorativo di alcuni alunni ad un industriale per un giorno, lo studente Francesco Cavaliere e l’imprenditore Paolo Filice, assistiti dal professore Remo Scavello e dalla Responsabile dell’Education di Confindustria Cosenza Monica Perri, hanno ricevuto un premio al cospetto del Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, del vice presidente per l’Education Ivanhoe Lo Bello e del presidente di sistemi formativi Confindustria Luigi Serra. “Fuoriclasse” ha rappresentato l’occasione per presentare una ricerca di Confindustria secondo cui i “Neet”, ossia i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione, sono 2milioni 250mila, pari al 23,9%, e dall’ inizio della crisi il loro numero e’ cresciuto del 21,1%, con un aumento nel 2012 di 95mila unità (+4,4%). I risultati della ricerca dicono che il 40% di questi giovani sono alla ricerca attiva di lavoro, circa un terzo sono forze di lavoro potenziali e il restante 29,4% inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare. «In Italia - ha spiegato il numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi - studio e lavoro raramente si intersecano, a differenza di quanto accade nel resto d’Europa, tanto che solo il 3,7% dei giovani tra i 15 e i 29 anni coniuga istruzione e lavoro contro il 22,1% dei giovani tedeschi e il 12,9% della media Ue. Lavoro e formazione continuano a essere due mondi che non comunicano: piuttosto che agevolare l’ ingresso nel mondo del lavoro, il completamento degli studi sembra segnare un passaggio traumatico che lascia una profonda frattura tra i due canali. Il nostro Paese - ha concluso Squinzi - è penalizzato da un tasso di disoccupazione giovanile estremamente ele-

Ricerca di Confindustria secondo cui i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione sono 2 milioni 250mila, pari al 23,9%, e dall’inizio della crisi il loro numero

Da sinistra: Paolo Filice, Giorgio Squinzi, Monica Perri e Francesco Cavaliere

vato. Dobbiamo batterci per risolvere questo problema e c’è una sola strategia per farlo: quella di ritrovare la crescita». Di uscita da “questo incubo economico” e della necessità di registrare la ripresa ha parlato anche il presidente per l’Education di Confindustria Ivanhoe Lo Bello, secondo cui «il problema è capire quale sarà il tasso di crescita nel 2014 perché ad oggi è un tasso molto più basso degli altri paesi. È evidente che bisognerà mettere in campo anche una stagione di riforme». Per il presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca, soddisfatto per il riconoscimento ottenuto «che premia l’impegno profuso dall’organizzazione verso gli studenti del territorio», è necessario creare le condizioni affinché «una nuova classe dirigente possa farsi spazio e possa, a sua volta, creare nuovo sviluppo. Se non modificheremo lo status quo nel quale il nostro Paese è sprofondato ormai da qualche decennio non si creerà nuovo lavoro ed occupazione. Condivido il consiglio del presidente Squinzi ai ragazzi: non prendete scorciatoie perché la furbizia dà un vantaggio nel breve termine ma nel lungo non paga. L’unico investimento fruttuoso è lo studio». Soddisfazione per il premio è stata espressa anche dall’imprenditore che ha ospitato gli studenti in azienda, Paolo Filice, alla guida del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Cosenza, e dal Dirigente scolastico Ennio Guzzo, dell’Itis “Monaco”, la scuola coinvolta. Un riconoscimento i protagonisti lo avevano ricevuto anche a Cosenza, in occasione dell’edizione provinciale 2013 di Orientagiovani dal tema “Saperi e competenze per prepararsi al futuro”, dal presidente degli Industriali Mazzuca, dal direttore Rosario Branda e dall’assessore regionale all’Istruzione Mario Caligiuri.


sabato 23 novembre 2013

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Storia dei nostri luoghi La Sambucina fu fondata sulle colline presilane in territorio di Luzzi, dal conte Goffredo di Loritello e dalla madre Berta all'inizio del 1156

Il bianco mantello dei cistercensi

aria di Giampiero De M

Dalle distese aperte della Borgogna, ai limiti meridionali del continente europeo, la gloria di Dio si riflette nei bagliori dell’oro, nella ricerca dell’immagine, nella storia narrata attraverso l’eccellenza dei materiali, ma anche attraverso il fiume mistico che bagna di fede il bianco mantello delle Chiese. L’incubo dell’anno Mille era passato e lo stile romanico stava giungendo al culmine della sua potenza e grandiosità, con i capolavori della scultura e dell’architettura romanica, dall’Abbazia di St. Philibert a Tournus, alla Basilica di Santa Maria Maddalena di Vezelay, patrimonio dell’Unesco, dove la leggenda vuole siano custodite le reliquie di questa enigmatica figura immortalata dal Masaccio e da altri pittori del Rinascimento italiano, alla grandiosa Abbazia benedettina di Cluny. Da questi luoghi si diffondeva per l’intero continente europeo il pensiero di Bernard di Claivaux, terzogenito di un vassallo del ducato di Borgogna che, infiammato da ardore mistico, entrò giovanissimo nell’ordine Cisterciense fondato attorno all’abbazia di Citeaux, ramo, a sua volta, del grande albero benedettino. Alla morte di Bernardo di Clairvaux, nel 1153, l’abbazia di Chiaravalle aveva gemmato altre 164 consorelle distribuite in tutta Europa. La Sambucina cistercense fu fondata sulle colline presilane in territorio di Luzzi, ma ricadente nella diocesi di Bisignano, dal conte Goffredo di Loritello e dalla madre Berta all’inizio del 1156, per come rileva Vincenzo Napolillo nel libro: “Luzzi - Storia e arte Abbazia della Sambucina”. All’epoca della sua edificazione la Calabria era dominio di Guglielmo I il Malo, che nello stesso anno intervenne contro i Bizantini, soffocò la ribellione dei feudatari e costrinse a trattare Adriano IV, papa d’origine inglese. La Sambucina, che seguì la linea di Chiaravalle, fu figlia di Casamari. Il primo abate cistercense fu Simeone, sotto il governo del quale l’abbazia di Sambucina fece grandi progressi in campo spirituale come in quello temporale. La Badia ospitò figure eccellenti come Gioacchino da Fiore, Bernardo De Rose, abate cistercense e poi vescovo di Cerenzia, e altri personaggi che ne tracciarono la storia nei secoli a venire. Fu abate della Sambucina Luca Campano, che poi divenne arcivescovo di Cosenza al tempo dell’imperatore Federico II di Svevia. Su di loro getta luce Vincenzo Napolillo, agrimensore della storia, che approfondisce la comprensione dei flussi sociali e culturali che interessarono un territorio dove i monaci cistercensi ebbero un ruolo quasi rivolu-

Il primo abate fu Simeone, sotto il governo del quale l’abbazia fece grandi progressi in campo spirituale come in quello temporale

Due scatti della Sambucina di Luzzi ricadente però nella diocesi di Bisignano

zionario per il cambiamento del tessuto produttivo e distributivo dei beni della terra, intaccando con il loro esempio, dalle radici, le antiche consuetudini feudali che consideravano i braccianti come veri e propri schiavi, ponendo i germogli di una nuova dignità del lavoro. Di non minore importanza gli avvenimenti legati a famiglie nobili, prime fra tutte i Firrao, che appartennero al patriziato di Cosenza e diedero alla Chiesa il cardinale Giuseppe Firrao senior, vescovo di Aversa, esperto e stimato Segretario di Stato, che spedì a Luzzi la preziosa urna contenente le spoglie di Santa Aurelia martire, e il cardinale Giuseppe Firrao iunior, che fu Nunzio apostolico presso la Repubblica di Venezia ed elemosiniere di Gioacchino Murat a Napoli. Vero e proprio faro della storia e luce della tolleranza fra i popoli e le culture religiose che insistevano nel Meridione d’Italia, la Sambucina fu culla della civiltà occidentale, che non può essere cancellata dai colpi di maglio di una globalizzazione selvaggia e incontrollata, che rasenta l’iconoclastia tecnologica.


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sabato 23 novembre 2013

Fuori dai banchi Avviati gli incontri didattici nell'Enoteca regionale della Provincia di Cosenza

Esperienza da bere

Quando le lezioni diventano vita

Se i Giganti non vanno alla scuola, la scuola va ai Giganti...

Il prof Avolio e le insegnanti Sotto, la classe 4a D

Sono stati gli studenti dell’Istituto “F. Todaro”, Servizi per l’enogastronomia e per agricoltura di Rende, ad inaugurare il ciclo di visite didattiche organizzate nell’enoteca regionale della Provincia di Cosenza, nel palazzo di Piazza XV marzo, destinate ai ragazzi che con il loro percorso formativo si preparano ad essere professionisti del settore della ristorazione, della ricettività e nell’agricoltura. Per i giovani, in accordo con le varie dirigenze scolastiche, una serie di incontri per approfondire le caratteristiche della produzione vitivinicola del cosentino e dell’intera Calabria. A guidare gli studenti nell’enoteca, nelle sue tre sale- la prima per i vini delle “Terre di Cosenza”, la seconda per il Cirò, la terza per il comprensorio lametino e della provincia di Reggio CalabriaGennaro Covertini, presidente dell’Ais Calabria che ha esaurientemente presentato le etichette conservate negli spazi restaurati dell’ex chiesa settecentesca dei sotterranei del Palazzo della Provincia, analizzate nelle proprie caratteristiche e qualità, relazionandole ai territori di provenienza nonché ai vitigni. Informazioni e conoscenza, queste, presupposto per la corretta presentazione dei vini che dovrà accompagnare la vendita, soprattutto nei ristoranti. Gli alunni più di 40, delle III, IV e V classi dell’Istituto Todaro, che hanno riservato grande attenzione alla lezione sul vino, sono stati accompagnati dai docenti Giuseppe Musolino, Marcello Greco, Emilia Semeraro, Daniele Falcone e Luciana De Franco. Nel frattempo, da segnalare l’apertura al pubblico della struttura enogastronomica della Provincia di Cosenza: porte aperte ogni sabato e domenica, dalle 11,00 alle 17,00.

Primi ospiti gli studenti dell’istituto “Todaro” di Rende per prepararsi ad essere esperti nel settore della ristorazione, della ricettività e nella agricoltura

Quando le lezioni diventano vita: com’è accaduto ai ragazzi della IV D della scuola primaria “L. P. Pizzuti” di Cosenza. Gli alunni, dopo la lezione tenuta in aula dal professor Silvano Avolio su nozioni di botanica e geografia, hanno avuto la possibilità di visitare la Riserva naturale biogenetica dei Giganti della Sila, guidati sempre dallo stesso Avolio. «Da studi condotti sui campioni legnosi e da osservazioni sul campo - recita il depliant della Riserva -, si stima che l’origine della pineta possa farsi risalire al 1600». E così, nei giorni scorsi, gli alunni della IV D, accompagnati dalle docenti Mariangela Guaglianone e Rosina Mazzuca, hanno potuto visitare e toccare con mano gli imponenti alberi che da qualche secolo, ormai, dominano località Fallistro. Il senso di questa gita d’istruzione lo spiegano le docenti: «Il percorso educativo-didattico di questo anno scolastico è mirato a favorire in ciascun alunno un processo di crescita umana e culturale. Vogliamo fare nostro lo slogan “la scuola fuori la scuola”. Il territorio per i nostri alunni diventa luogo di esperienze per apprendere e sperimentare. Le visite guidate, pertanto, permettono la conoscenza degli elementi che caratterizzano i paesaggi e gli ambienti boschivi del nostro territorio silano e rappresentano momenti importanti per approfondire conoscenze e per imparare a stare insieme. Il progetto che svilupperemo - grazie anche all’impegno del dirigente scolastico Massimo Ciglio - ha lo scopo di mettere in luce le molteplici connessioni tra le varie discipline attraverso l’osservazione diretta, l’esplorazione e la valorizzazione dei contenuti per far apprezzare e rispettare la natura».


sabato 23 novembre 2013

Sistema alimentare sostenibile Qualità dell’extravergine d’oliva calabrese e filiere dei pascoli della Sila

Biodiversità nei piatti La qualità dell’olio extravergine d’oliva calabrese quale risorsa per la dieta mediterranea, le filiere dei pascoli della Sila, la biodiversità in relazione alla nutrizione ed alla ristorazione, gli aspetti turistici e l’enogastronomia dei luoghi caratteristici silani sono stati al centro dei lavori di un convegno a più voci, promosso dal Parco nazionale della Sila, in collaborazione con il Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia, che si è svolto presso il centro visita Cupone di Camigliatello Silano, sul tema: “Biodiversità, ambiente e nutrizione umana”. Un evento, moderato dal giornalista Franco Bartucci, che si è aperto con gli interventi si saluto del sindaco di Spezzano della Sila, avvocato Tiziano Gigli, e del capo dell’Utb di Cosenza del Corpo Forestale dello Stato, dottor Gaetano Gorpia, che hanno rispettivamente parlato del Parco della Sila quale grande attrattore turistico, culturale ed ambientale a livello nazionale ed europeo; nonché della difesa e tutela della biodiversità ad opera del Corpo forestale dello Stato nell’ambito del territorio del Parco. «Tutelare e valorizzare la biodiversità - ha detto la presidente, Sonia Ferrari - è obiettivo prioritario dell’ente Parco, favorendo lo sviluppo di aree rurali, risorsa e potenziale ricchezza per tutto il territorio, a cominciare dalla scoperta e valorizzazione dell’enogastronomia locale come fatto culturale e tradizionale, di cui il territorio silano e quello calabrese in genere ne sono ricchi con 269 prodotti tipici censiti». Un argomento quello della biodiversità nel Parco nazionale della Sila trattato in modo diffuso e puntuale dal direttore, dott. Michele Laudati, che ne ha rimarcato la funzione ed arricchimento anche alla luce del possibile riconoscimento quale “Riserva della Biosfera” ad opera dell’Unesco nell’ambito del Programma MaB. Una iniziativa che ha consentito al dottor Bruno Maiolo, dirigente dell’Arsac, di presentare l’atlante della biodiversità sulle varietà locali di fruttiferi in Calabria, curato e pubblicato dalla stessa agenzia regionale, nell’ambito del Programma interregionale biodiversità. Un testo che può rappresentare uno strumento utile per la programmazione di interventi che dipendono dall’attivazione di specifiche misure di finanziamento previste per la protezione delle specie a rischio di estinzione. Un dibattito che ha permesso ai dottori, Savino Bonavita e Vincenzo Bernardini, di illustrare uno studio della variabilità genetica del Pino Laricio nell’areale naturale dei giganti del Fallistro. Ma l’argomento del giorno è entrato nel vivo con l’ intervento della dottoressa Samanta Zelasco, del Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia di Rende, nonché della dottoressa Elena Orban, del Centro per la ricerca e nutrizione di Roma, che hanno parlato rispettivamente del Germoplasma olivicolo e dei prodotti ittici di acque dolci, un patrimonio da studiare e valorizzare, alla luce dei contenuti della giornata mondiale dell’alimentazione realiz-

Temi al centro dei lavori di un convegno a più voci, promosso dal Parco nazionale della Sila in collaborazione con il Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia, che si è svolto presso il centro visite Cupone di Camigliatello Silano

zata dalla Fao, in cui i sistemi alimentari sostenibili per la sicurezza alimentare e la nutrizione umana debbono essere sollecitati e stimolati con il coinvolgimento del mondo della ricerca, delle istituzioni e delle imprese. È il caso dell’intervento del dottor Raffaele Riga, dello Slow Food di Cosenza, che si è soffermato sul legame Biodiversità e ristorazione; mentre il professor Domenico Britti, dell’Università “Magna Grecia” di Catanzaro, parlando delle filiere dei pascoli della Sila ne ha evidenziato il valore del latte e della carne quale patrimonio per l’economia dei luoghi. Particolarmente stimolante è stato l’intervento del professor Giovanni Sindona, del dipartimento di chimica e tecnologie chimiche dell’Università della Calabria, che soffermandosi sull’origine dei prodotti, ne ha evidenziato gli aspetti negativi delle frodi, ormai ampiamente diffuse a causa della globalizzazione dei mercati e che ha portato un gruppo di giovani ricercatori dell’ateneo di Arcavacata a predisporre dei metodi spettroscopici per la determinazione della qualità, salubrità ed origine di agro alimenti, denominato “Quasiora”, con particolare riferimento all’olio di oliva, al vino, la passata di pomodoro, la cipolla rossa di Tropea, le clementine di Calabria, gli scarti di bergamotto. «Nell’ambito del progetto “Quasiora” - ha sottolineato Sindona l’unità di ricerca ha pienamente raggiunto la mission prefissata per lo sviluppo di metodologie da trasferire al mondo produttivo calabrese operante nel settore agroalimentare, per la certificazione high tech della qualità, sicurezza ed origine dei loro prodotti alimentari». Argomenti che hanno portato il dott. Giuseppe Maiani, del Centro per la Ricerca e Nutrizione di Roma, ad approfondire i vari aspetti della “dieta mediterranea”, che ha avuto il riconoscimento ministeriale quale “Patrimonio immateriale dell’umanità”, parlandone anche negli aspetti espositivi rispetto alla globalizzazione e integrazione a causa dei flussi migratori che creano un cambiamento anche nello stile di vita delle persone. L’ultimo contributo ai lavori del convegno, prima di un breve saluto della dott.ssa Orsola Reillo, del dipartimento all’ambiente della Regione Calabria, è stato portato dalla dott.ssa Gabriella Lo Feudo, del Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia di Rende, parlando dei diritti del consumatore, il quale deve essere messo nelle condizioni di saper percepire le qualità dell’alimentazione sana. «È fondamentale educare soprattutto le nuove generazioni alla tutela della biodiversità, ambientale ed alimentare, recuperando, salvaguardando e valorizzando il legame esistente - ha sottolineato tra i sapori ed i saperi che caratterizzano un territorio, le produzioni locali, le tradizioni, le antiche coltivazioni, il patrimonio materiale e immateriale dei luoghi». Ed è, quindi, fondamentale partire da un lavoro educativo e formativo negli istituti scolastici della Calabria. Franco Bartucci

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sabato 23 novembre 2013

La Rete si mobilita Emergenza animali al Parco Robinson di Rende Una pagina molto triste, perché la cura degli animali è un dovere di civiltà

Facebook a zampa tesa Se è vero che l’amore e la cura degli animali denota civiltà e sensibilità nell’indicare le priorità per governare una comunità, anche in questo, forse l’amministrazione comunale di Rende, non è stata all’altezza negli ultimi anni, avendo trascurato la cura degli animali del Parco Robinson, facendone divenire la loro esistenza dapprima critica e poi definitivamente drammatica. Ricordiamo che il Parco rappresenta l’unico spazio verde curato, di una certa estensione, per tutta l’area Urbana Rende-CosenzaCastrolibero, e perciò è caro un poco a tutti, a noi e ai nostri bambini, attratti anche dalle giostre che ormai dimorano lì permanentemente e che di domenica sono un forte richiamo. Se sulla sporcizia che a volte si nota nel parco si è stati più propensi alla semplice lamentela indignata, sul maltrattamento indiretto, perché a questo ha portato l’incuria degli animali (capre, oche, pavoni, cavalli, eccetera), c’è stata una piacevolissima mobilitazione spontanea, genuina, dei cittadini. Gli animi più sensibili alla sofferenza dei nostri amici animali sono confluiti nel gruppo Facebook “Salviamo gli animali del parco Robinson” (oltre 780 iscritti in pochi giorni!). Tra loro la signora Annalisa Brescia è andata giustamente a chiedere lumi al Comune. Il suo interessamento è stato molto efficace ed ha ottenuto il risultato di smuovere le acque (ahinoi, non quelle luride del laghetto di Parco Robinson) e a portare a conoscenza dell’ente la situazione grave di malnutrizione e sporcizia in cui versano gli animali. Seppur indirettamente, al momento, ad occuparsi del parco Robinson per conto dell’amministrazione comunale di Rende è l’ingegner Ricca. Il gruppo Facebook è riuscito poi a coinvolgere una veterinaria, la dottoressa Bono di Paola e qualche giorno fa si è effettuato un sopralluogo per meglio definire il quadro degli interventi sanitari indispensabili e l’elaborazione di una dieta adeguata per gli animali, secondo le indicazioni della Bono. Uno dei cavalli è diventato cieco da un occhio, purtroppo, a causa di un’infezione che andrà comunque curata e le caprette hanno le corna deformate dalla denutrizione. L’interessamento del gruppo, a riprova che anche i social network se usati bene servono, è una splendida pagina di mobilitazione dei cittadini, autonoma, di cuore, senza interessi, anzi rimettendoci di proprio, perché in molti stanno provvedendo a portare ciò che si può, per sfamare i poveri animali, organizzandosi per data e orario per non far mancar loro gli alimenti. Ora, è per questo, per questa meravigliosa e civile iniziativa popolare, che è quanto di più vicino alla partecipazione per risolvere i problemi della comunità, che auspica il Movimento 5 Stelle, che noi del Meetup di Rende, lontani da qualunque vile idea di strumenta-

Gli animi più sensibili sono confluiti nel gruppo “Salviamo gli animali del parco Robinson” Tra loro Annalisa Brescia è andata a chiedere lumi al Comune smuovendo le acque e portando a conoscenza la situazione di malnutrizione e sporcizia

I cavalli all’interno del parco

lizzazione, vogliamo sensibilizzare tutte le parti in causa, il commissario prefettizio (peraltro incontrato di recente e dimostratosi di valore per come sta cercando di far fronte a tutte le emergenze di Rende), le Asp, ed eventuali altri aventi causa, a operare al più presto e al meglio, per cancellare questa pagina buia per la nostra comunità. L’ingegner Ricca aveva, ad esempio, comunicato che è in fase di ultimazione il bando per consentire gli affidi degli animali (capre e cavalli) a fattorie o aziende che abbiano i criteri per poterli ospitare, ma ad oggi, ancora, non vi è nessun bando. Ecco, noi non sappiamo se la soluzione possa essere quella di affidarli, o proprio di toglierli dal Parco, cedendo alla voglia di eliminare il concetto di animale in vetrina, fuori dal suo habitat, oppure continuare a mantenerli nel Parco per la gioia dei nostri bambini e riteniamo che questa decisione debba essere presa dalla cittadinanza tutta, però una cosa è sicura e su questo non siamo disposti a scendere a compromessi: gli animali vanno curati subito sia dalla malnutrizione che da traumi e malattie in cui alcuni esemplari sono incappati, e vogliamo che lo si faccia secondo le loro sensibilità e dignità, che sono pari a quella degli uomini. Perché la tutela e la cura degli animali è un dovere di civiltà a cui la città di Rende non può assolutamente sottrarsi. Movimento 5 stelle Rende


sabato 23 novembre 2013

Dalle sbarre alla speranza La regista Giovanna Taviani al liceo scientifico “Bachelet” di Spezzano Albanese per la proiezione del documentario "Il Riscatto"

Redenzione con la cultura di Anna Scola

Grande manifestazione l’11 novembre al liceo scientifico “Bachelet” di Spezzano Albanese in occasione della venuta in Calabria della regista Giovanna Taviani, figlia e nipote dei fratelli Taviani rappresentanti di spicco del cinema italiano impegnato. A fare gli onori di casa la preside del liceo, Marietta Iusi che, insieme alla responsabile della biblioteca comunale “A. Nociti” di Spezzano Domenica Milione, ha organizzato egregiamente l’iniziativa. Presenti tutte le forze dell’ordine del territorio, Giuseppe Carrà, direttore del Carcere di massima sicurezza di Rossano, Antonella Vecchio, sub commissario prefettizio del comune di Spezzano e ospite d’eccezione la comunità terapeutica “Regina Pacis”. La dirigente Iusi è apparsa particolarmente emozionata e durante il suo intervento ha più volto stigmatizzato l’importanza della scuola di aprirsi al territorio e diventare un punto di riferimento educativo e sociale. Una platea attenta ha assistito alla proiezione del documentario l riscatto della Taviani che dopo la visione del documentario ha incantato l’auditorio raccontando l’incontro con il protagonista, Salvatore Striano, ex detenuto del carcere di Rebibbia che attraverso la scoperta dei grandi della letteratura mondiale, Dante e Shakespeare, ha iniziato un suo percorso di riscatto sociale e civile. Tante le testimonianze degli ospiti della comunità Regina Pacis i quali, visibilmente commossi, hanno raccontato le loro dolorose storie ed il cammino di ‘redenzione’ che hanno intrapreso. A conferma questa che la cultura rappresenta un potente deterrente per evitare lo scivolamento verso ogni tipo di criminalità che spesso coinvolge le nuove generazioni ma anche una speranza di riscatto e di recupero della propria dignità ed indipendenza.

Presenti le forze dell’ordine del territorio: Giuseppe Carrà, direttore del Carcere di massima sicurezza di Rossano, Antonella Vecchio, sub commissario prefettizio del Comune di Spezzano e ospite d’eccezione la comunità terapeutica Regina Pacis

Catanzaro, don Mimmo Battaglia incontra i giovani

Combattiamo con i sogni la mala educazione Confrontarsi, sviluppare idee, mettere a frutto le esperienze della vita, con lo scopo di sentirsi parte di una sola grande famiglia. Questo è il messaggio che il presidente del Centro calabrese di solidarietà don Mimmo Battaglia, ha voluto ribadire ed ispirare nell’animo dei tanti ragazzi e operatori, in occasione dell’incontro tradizionale con i giovani volontari del Centro polivalente per i giovani, all’interno dello stabile di via Fontana Vecchia. Un incontro informale, alla presenza dei responsabili della struttura, degli operatori del centro calabrese di solidarietà, da sempre impegnato nella lotta alle diseguaglianze sociali, alle tossicodipendenze e che, grazie a questa struttura è riuscito a intervenire direttamente nella lotta tali problematiche, attraverso modelli di recupero volti all’educazione, all’intrattenimento e alla ricerca delle proprie ambizioni e passioni, riuscendo in questi anni a strappare tanti giovani dalla strada. Presente all’incontro anche Franco Megna, responsabile dei servizi dell’assessorato al Comune di Catanzaro, il quale ha ribadito l’impegno delle istituzioni nel sostenere il foro di aggregazione di Via Fontana vecchia, proponendo anche di portare anche fuori dal Centro polivalente, alcune delle iniziative e degli eventi che da sempre occupano una posizione di rilievo nel panorama culturale catanzarese, in modo da coinvolgere ancora di più la cittadinanza. I giovani volontari sono stati i veri protagonisti, poiché tra di loro c’è anche chi ha appena iniziato il suo servizio ed ha avuto modo di conoscersi e conoscere Don Battaglia e lo spirito, che lo ha condotto tanti anni fa a pensare e ideare un progetto così grande e impegnativo, affermando l’enorme importanza dell’essere educatrici ed educatori, donne e uomini con la vocazione della speranza, costruttori di un futuro possibile. Voglio augurarvi di divenire capaci di andare controcorrente, riscoprire una perduta educazione critica, combattendo, con le parole, i sogni e la vita, la “mala educazione” che questo nostro oggi esprime.

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sabato 23 novembre 2013

Si rompe il silenzio “La moglie del boss”, libro di Filomena Costa, autrice calabrese, presentato alla sua seconda uscita a Villapiana

Coraggio di carta ma forte come l’inchiostro La moglie del boss è il titolo del libro di Filomena Costa, una giovane autrice calabrese del territorio ionico, presentato nella sua seconda uscita nei giorni scorsi a Villapiana, nel Cosentino, nella sala convegni del centro storico della località. Si legge nel testo: «Anna impazziva per i bei vestiti, i gioielli, le borse e adorava uscire con le sue amiche a fare quattro chiacchiere. Il marito la viziava, le comprava tutto quello che voleva. Sembrava una regina e a lei questo non dispiaceva. Monica e Carmela andavano spesso a trovarla per un tè o una pizza fuori e si sentivano orgogliose di avere un’amica così ricca e rispettata. Probabilmente la invidiavano ma erano brave a nasconderlo. A volte, quando Anna, Monica e Carmela uscivano e andavano in qualche locale, Roberto le faceva seguire da qualcuno dei suoi uomini fin quando non tornavano a casa. Sua moglie Anna era molto bella perciò era tanto corteggiata, Roberto non voleva nemmeno che qualcuno osasse guardarla». Il testo della scrittrice, che è anche poetessa, è ambientato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, una donna Anna coraggiosamente lascia una strada forse facile per lei, racconta l’autrice, ma in seguito coraggiosamente si ribella e denuncia il proprio marito. La scelta del napoletano per l’autrice non è casuale, ama Roberto Flaviano, di cui apprezza il coraggio: «La sua apertura forte di rottura di quel silenzio che fa abbassare la testa davanti alla cattiveria, soffocando ingiustizie, soprusi e che fa presa, soprattutto, sulle persone più deboli mi affascina. Affronta alcuni temi con la ricerca di un coraggio che è forte, non nego che mi piacerebbe incontrarlo». Inizialmente l’obiettivo del testo era di scrivere qualcosa sul mondo della delinquenza in generale, poi il tema si evoluto verso quello della Camorra. La storia è inventata e tuttavia è ispirata, così racconta l’autrice, all’ambiente che tutti abbiamo attorno, fatto di furti per opera di scassinatori di villette isolate, anche se il tema ha preso il volo verso una fantasia più concreta, che è appunto un Fenomeno grave. In quest’ambiente anche le donne diventano oggetto, vittime di ossessioni e possessioni. «La storia è un vero e proprio romanzo, che racchiude fatti di sangue, con l’assassinio di un famoso personaggio politico (il nome è di fantasia)». La nostra autrice inizia fin dalle scuole secondarie di primo grado a vincere dei premi; il primo fu quello “Diego Bellini”, vincitrice alle superiori, con un tema sulla Costituzione europea: consisteva nella visita al Parlamento europeo. «Un premio che mi ha molto emozionata, però, è una targa, ricevuta ad Amendolara nella prima presentazione del testo, conferitami dall’Amministrazione Comunale era presente anche il Sindaco, Antonello Ciminelli e con la motivazione di forte impegno sociale. La mia passione è il sociale fin da ragazza e mi piacerebbe uscire fuori dalla piccola realtà provinciale, affinché una semplice passione possa diventare concretezza e volare a livelli più alti». Terrà un dibattito ad Amendolara, nel Cosentino, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alla donna del 25 novembre. LdC

La storia è un vero e proprio romanzo che racchiude fatti di sangue, con l’assassinio di un famoso personaggio politico

L’autrice durante la presentazione a Villapiana


sabato 23 novembre 2013

XV

L’amore cantato Del cantautore Beppe Chierici, testo nato dai testi del poeta Brassens

La cattiva erba Il 30 novembre sarà presentato in Umbria presso il Castello di Sismano, il libro dal titolo La cattiva erba del cantautore Beppe Chierici. Abbiamo preso contatto con il grafico e disegnatore, Dario Fagella, che ha curato la copertina e i disegni della speciale raccolta tradotta fedelmente dai testi di Brassens e ha arricchito il libro con due cd su cui sono disegnati momenti importanti di vignette che sono contenute nell’interno dello stesso testo di ben 180 pagine con 40 canzoni, alla fine del quale lo stesso Beppe Chierici ringrazia il presidente Ludovico Pacelli e i membri dell’associazione culturale europea “Francesco Orioli”, l’ex ambasciatore di Francia in Italia, Yves Aubin che presiede attualmente la Missione laica francese nel mondo. Due realtà che hanno concesso il patrocinio e che donano al testo l’importante sigillo di “opera culturale” di divulgazione internazionale e popolare. Hanno collaborato Mireille Safa con grafica di Oliverio Piacenti, produzione “Amici miei editrice”, arrangiamenti di Carlos Ernesto Moscoso Thompson, con il violoncello di Margot Venn e voci di Mireille Safa e Francesca Nautilli. Appena ricevuto il testo, ci siamo resi conto subito della valenza poetico-musicale e culturale, che lo stesso presenta. Si legge, infatti, all’inizio del testo, la risposta del 15 luglio 2013 della missione laica: «Considerando la grande qualità della sua opera, che troverà il suo posto nella bibliografia dedicata al cantautore e poeta francese, Georges Brassens, assicurando il patrocinio (...) il poeta ha assicurato con la sua opera la diffusione dei valori della laicità, che sono la libertà di pensiero, la tolleranza e l’umanesimo. Tanti sono i licei che in Francia portano il nome del poeta Brassens e tanti programmi scolastici inseriscono le molteplici canzoni del suo repertorio. La Missione laica francese, che gestisce un centinaio di scuole nel mondo, fra le quali quella franco-italiana di Firenze, incoraggerà i suoi istituti a fare uso del suo libro a scopi pedagogici...». Il libro ha due dediche: a Mireille, la dama dei pensieri di Chierici che a quindici anni voleva sposare Brassens e ha dovuto accontentarsi di un marito che ne traduce le canzoni in italiano; e a Pierre Onteniente. La prefazione del libro è stata curata da Margherita Zorzi, nella quale pone l’accento sull’importanza di avere dei traduttori “storici”. Nello specifico questa traduzione è leggiadra sottolinea la Zorzi infatti le canzoni sono più che cantate, parlate con fare di grande attore, con certe pause inconfondibili, certi voluti difetti, che sono propri delle voci genuine. Con limature, dettagli impercettibili, forzature interpretative, che fanno emergere tutte le anime che convivevano in Brassens, da quella dissacrante a quella tenera, fino alla malinconica. L’amore cantato è quello che libera dalla morale, dalle regole sociali miopi, dai benpensanti e dai bigotti. L’introduzione è curata dallo stesso Beppe Chierici, in cui racconta come seppe dei testi di Brassens, la cui amicizia ha pesato tanto sulla vita dell’autore. Scoperto a Parigi all’età di diciannove anni, durante la sua esperienza a Taranto in Marina, insegnò di come le regole che, Chierici, definisce «fascistanti» della disciplina militare fossero in contrapposizione con la sua stessa natura. Così lasciò l’Italia decidendo di trasferirsi nel «Paese dei diritti umani», cioè la Francia, la stessa di Gaulle, dei Sanculotti e di Georges Brassens. Fedelmente propone le rime troncando le parole in Italiano pur di salvaguardare la musicalità dei testi originari. Lo stesso Chierici afferma nella sua introduzione, di considerare la rima come uno dei segreti del miracolo, che fa si che in ogni dove, la lingua francese è parlata, il fare canticchiare, ripetendola nella mente an-

Abbiamo preso contatto con il grafico e disegnatore Dario Fagella che ha curato la copertina e i disegni della speciale raccolta tradotta

Beppe Chierici A centro pagina la copertina della raccolta; una illustrazione interna; e uno stralcio della lettera di Brassens a Chierici

che per giorni. Fu così che giunte a noi dagli anni 50 hanno reso immortali le sue fantastiche rime e indimenticabili, dalle più ovvie alle più erudite, e lo provano i ben cinquanta milioni di 33 giri venduti durante la carriera di Brassens. Chierici traduce i testi di Brassens come a suo parere era il modo più adatto da adottare, anche se questo ha comportato forme dialettali e elisioni delle finali di molte parole e verbi della lingua Italiana, poiché la stessa offre particolari accentuazioni dell’ultima sillaba delle parole in rarissimi casi al contrario della lingua Francese, che per questo motivo risulta più musicale. Chierici, ironicamente, aggiunge nella sua introduzione: «So bene che passerò anni negli inferi danteschi a causa degli incalcolabili crimini di “lesa parola italica”... preferendo profanare la Treccani piuttosto che tradire, con una sillaba più o meno il mio amico Brassens». Nei cd allegati all’opera, è interessante all’ascolto, a volte, il frapporsi della voce registrata di Brassens a quella di Chierici, che accompagna fino alla fine del brano. Il testo è arricchito anche di due lettere scritte dal pugno di Brassens in cui si ritiene soddisfatto delle traduzioni di Chierici. Ci sono alcune foto che li ritraggono assieme. Sono tante le canzoni poetiche regalate all’amore sotto ogni profilo, da quello rubato, a quello malinconico, a quello matrimoniale, tra queste ci ha colpito particolarmente Il Corvo e Margot. Un amore puro e innocente, che è rovinato dal Corvo che impersona la falsità «...Per quell’assurda falsità/e quella vile iniquità/triste Margot se ne partì/lungi da me e da quel dì/chiuse per sempre il proprio cuor/agli incantesimi d’amor...». La donna in questo testo è vista come un’incantatrice, speciale creatura fosse di strada e addormentata come una principessa è sempre rispettata, così come affiorano nella mente anche “le passanti”, che spesso incontrando lo sguardo pur se fugace amate e con rimpianto lasciate andare senza tentare di offrire il proprio amore, così come fece una figura mitica dell’amore carnale. Fa il suo apparire, tra le rime l’inno a Don Giovanni che non lasciò andare nessuna donna fosse bela o brutta e insegnò l’amore a quella donna di cui tutti disprezzaro LdC


XVI

sabato 23 novembre 2013

La seduzione del monocromo Museo dei Bretti e degli Enotri di Cosenza - complesso San Agostino, dal 28 novembre al 30 dicembre

Riflessioni contemporanee su Mattia Preti Apre al Museo dei Bretti e degli Enotri di Cosenza dal 28 novembre 2013 al 30 dicembre 2013 “La seduzione del monocromo, riflessioni contemporanee su Mattia Preti” una mostra promossa dal Centro internazionale di ricerca per la cultura e le arti visive contemporanee Vertigo Arte e dal Comune di Cosenza con il patrocinio della Provincia di Cosenza, l’Università degli Studi della Calabria, la Fondazione Carical e la Bcc Mediocrati. In mostra produzioni d’arte contemporanea ispirate all’opera dell’artista Mattia Preti, celebrato in occasione del IV centenario della nascita. La ricerca artistica del progetto parte dall’analisi degli elementi che costituiscono il corpus viventi della pittura seicentesca, di cui il Preti è uno dei più grandi esponenti, ossia “l’unione di luce ed ombra, di corpo ed anima”. La rassegna, con la presenza di ventisette artisti che operano in contesti internazionali quali: Salvatore Anelli, Salvatore Astore, Bizhan Bassiri, Renata Boero, Nicola Carrino, Vittorio Corsini, Elvio Chiricozzi, Bruno Ceccobelli, Giulio De Mitri, Bruna Esposito, Franco Flaccavento, Giuseppe Gallo, Francesco Guerrieri, Jannis Kounnellis, Luigi Mainolfi, Albano Morandi, Hideoshi Nagasawa, L. Maria Patella, Tarcisio Pingitore, Alfredo Pirri, Oliviero Rainaldi, Alfredo Romano, Renato Rainaldi, Carlo Rea, Marco Nero Rotelli, Giuseppe Salvatore, Antonio Violetta e un video di Orazio Garofalo, è stata realizzata in collaborazione con i critici Paolo Aita e Bruno Corà che hanno realizzato i testi dell’apposito Catalogo edito da Rubbettino nella collana d’arte diretta da Giorgio Bonomi. Scopo del Progetto è quello di operare un confronto tra una figura tipicamente seicentesca e l’arte contemporanea, invitando ad una riflessione che ponga un accento sugli elementi condivisi fra le due realtà, come ad esempio il nomadismo, traendo spunto dalla sua specifica poetica e dal suo modo di concepire la materia pittorica attraverso la seduzione del monocromo che le è insita.

Mattia Preti

Il percorso educativo e formativo del progetto mira a valorizzare e diffondere la capacità di lettura dell’arte contemporanea nel territorio, in sintonia con le realtà europee e i centri più attivi per la produzione artistica. “La seduzione del monocromo” intende, altresì, far conoscere il territorio calabrese al fine di incrementare ulteriormente le sue risorse turistiche. La ricerca emersa nella realizzazione dell’iniziativa è oggetto di studio per gli studenti di ogni ordine e grado. Il centro Vertigo Arte ha avviato, in tal senso, proficue collaborazioni con l’Università degli Studi della Calabria, tangibile dal fatto che saranno gli studenti laureandi dei C. d. L. in Storia dell’arte e lettere e Beni culturali ad erogare il servizio di didattica al pubblico, oltre che partecipare attivamente nell’allestimento della rassegna. La cerimonia d’inaugurazione è prevista per giovedì 28 novembre alle ore 17,30 alla presenza del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, dell’assessore alla Cultura del Comune di Cosenza Geppino De Rose, del presidente della Provincia Gerardo Mario Oliviero, dell’assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza Maria Francesca Corigliano e del presidente della Fondazione Carical Mario Bozzo.

La ricerca artistica del progetto parte dall’analisi degli elementi che costituiscono il corpus viventi della pittura seicentesca, ossia “l’unione di luce e ombra, di corpo e anima”

Romanzo che parla di passione

La ricerca dell’amore Barbablù, l’ultimo libro di Amélie Nothomb, uscito in Italia da pochi mesi, viene stimato come romanzo ben riuscito e appassionante. È l’amore, o meglio la ricerca di esso, il leit motiv che percorre l’intera narrazione ed anche, per certi versi, l’anti-amore. Un eccentrico e misterioso nobile spagnolo in esilio a Parigi, Don Elemirio Nibal y Milcar, il Grande di Spagna, affitta una stanza del suo lussuoso appartamento a delle donne dai nomi evocativi, di cui puntualmente si innamora. Ne sono passate ben otto dalla sua dimora. La venticinquenne belga Saturnine è la nona a rispondere all’annuncio e a trasferirsi nella casa dei segreti, senza preoccuparsi dell’inquietante mistero che circonda la scomparsa delle precedenti inquiline. Da qui la storia si snoda attraverso le conversazioni serali dei due protagonisti che, complice l’ottimo champagne, conducono lentamente il lettore verso la verità: la presenza della stanza dei segreti e la scoperta dell’orrore che si cela dietro il manto dorato del luogo che li ospita. Il breve romanzo della scrittrice belga porta ad una necessaria riflessione sull’amore e sulle sue degenerazioni, attraverso un percorso inusuale fatto di immagini e metafore che spiazzano, seducono e rapiscono. Un’analisi puntuale sulla natura umana e sulle sue deviazioni, a partire dal sentimento che più profondamente unisce gli individui, ma che è anche capace di trasformarli, loro malgrado, in vittime e carnefici. Barbablù di Amélie Nothomb, Edizioni Voland pag. 128 - euro 14,00 - traduzione Monica Capuani Giusy Cuceli


sabato 23 novembre 2013

Un mix primordiale Il Teatro Olimpico di Roma prosegue col tutto esaurito con lo spettacolo per eccellenza del momento: “Momix Alchemy” by Moses Pendleton nelli di Federica Monta

Forza ed eleganza: si fa letteralmente fatica a trattenere in bocca lo stupore. Il Teatro Olimpico di Roma prosegue col tutto esaurito con lo spettacolo per eccellenza del momento: “Momix Alchemy” by Moses Pendleton. Uno spettacolo che Roberto Anselmi, inviato per l’Agenzia Ansa alla prima mondiale dei ballerini, ha definito «un mix tra il primordiale, la materia, il mondo prima del mondo e l’etereo, il futuribile». Un impasto continuo (magari potessimo degustarlo nei nostri teatri!) di raffinati effetti visivi, energiche coreografie, musiche che rafforzano i contrasti. Alla fine, lo si può testimoniare, non si conteranno gli applausi. Teatro pieno. Il viaggio inizia, con la proiezione di lingue di fuoco che ballano sul sipario ancora chiuso. In un attimo ci si ritrova immersi in un mondo d’acqua, con un pesce che galleggia sul palcoscenico quasi schermo di un film in 3d. Un 3d che diventa reale, fatto di muscoli e tendini: la prima ballerina salta sulle assi. E si muove, e inizia ad interagire con gli oggetti di scena. Oggetti semplici continuamente reinventati dai danzatori che si alternano sul palco.

Il viaggio inizia con la proiezione di lingue di fuoco che ballano sul sipario ancora chiuso

Quando il teatro è potenza... Acqua, aria, terra e fuoco. La quintessenza. La ricerca dell’oro. «L’alchemia - ha detto Pendleton, intervistato da Franco Masotti, direttore artistico di Ravenna Festival - è una metafora potente ed una fonte di immagini straordinarie, ma è anche qualcosa che significa ancora molto per noi di questo nuovo millennio. Da qualche parte c’è sempre l’oro, se scavi a fondo. Un motore di immagini straordinarie tradotte dai dieci ballerini in una continua tensione tra la terra, la materia più bassa e l’etereo. Sullo sfondo immagini, dalle pitture rupestri al cosmo profondo. Un cambio di luci e l’uomo primitivo raccolto intorno al fuoco, la dea-madre preistorica con imbottiture su seni e fianchi, diventa essere androgeno futuribile, la musica elettronica, le luci fluo. E poi le note arabeggianti, con altissime figure velate che ruotano sul palco come dervisci, donne che galleggiano su uno dei temi di ‘C’era una volta in America’. Uomini scimmia che rimbalzano tra dame. Disorientanti labirinti di muscoli e specchi. E alla fine, fa quasi impressione rivederli umani, sorridenti, a prendersi e riprendersi l’applauso insieme allo stesso Pendleton, dopo che sul sipario chiuso è apparsa la scritta ‘End’». Bisogna dirlo, la danza nella sua forma più commerciale e popolare, è un’arte assolutamente godibile e gaudente anche per il più cinico degli ignoranti!

La compagnia Conosciuta nel mondo intero per le sue opere di eccezionale inventiva e bellezza, Momix è una compagnia di ballerini-illusionisti diretta da Moses Pendleton. La sua fama è legata alla capacità di evocare un mondo di immagini surreali che fanno interagire corpi umani, costumi, attrezzi, giochi di luce. La compagnia prende il nome da un assolo ideato da Pendleton - al tempo membro dei Pilo Plus Dance Theatre - per i Giochi Olimpici invernali di Lake Placid nel 1980. Nel corso degli anni la formazione e le dimensioni del gruppo hanno subito diversi mutamenti, ma è rimasto intatto l’impegno a contribuire allo sviluppo dell’arte della danza divertendo il pubblico. Nel 1992 Momix presenta Passion, che diventa in breve tempo un successo mondiale. Si tratta di uno spettacolo ideato sulla colonna sonora del film di Martin Scorsese L’ultima tentazione di Cristo, di Peter Gabriel. Lo stesso anno la celebre squadra di Baseball San Francisco Giants affida a Momix la realizzazione di una coreografia per un’inaugurazione. Darà nascita al nuovo spettacolo chiamato, appunto, Baseball (1994). Nel febbraio 1996 debutta a Milano lo spettacolo Supermomix. Nel febbraio 2001 la compagnia presenta la prima mondiale dello spettacolo Opus Cactus al Joyce

In un attimo ci si ritrova immersi in un mondo d’acqua, con un pesce che galleggia sul palcoscenico quasi schermo di un film in 3d

Moses Pendleton Sopra, un momento dello spettacolo

Theatre di New York, osannato dalla critica mondiale. Record assoluto di pubblico nei paesi dove è stato rappresentato questi ultimi anni. Nel 2005, in occasione del 25.mo anniversario della compagnia, Moses Pendleton presenta Sun Flower Moon, un gioco di sovvertimenti e di seduzioni visuali concentrate, in cui affascinanti oggetti cosmici guizzano e fluttuano in un metafisico mare lunare. La compagnia ha spesso realizzato progetti speciali e televisivi. In Italia è apparsa in produzioni Rai trasmesse in mondovisione. Ha inoltre partecipato al programma Omaggio a Picasso a Parigi ed è stata scelta per rappresentare gli Usa al Centro culturale europeo di Delfi. Ha preso parte a numerose convention. Tra queste, nel luglio 1999, una serie di spettacoli nel complesso del Lingotto a Torino in occasione delle cerimonie del Centenario di Fiat Auto, con un gruppo di 15 ballerini e con un programma interamente inedito. Oltre alle annuali apparizioni al Joyce di New York, la compagnia si esibisce in tutto il mondo effettuando tournée in Canada, Spagna, Italia, Grecia, Francia, Inghilterra, Austria, Svizzera, Irlanda, Olanda, Portogallo, Argentina, Brasile, Russia Australia e tutto l’Oriente.

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sabato 23 novembre 2013

Una scelta consapevole Parte dall'ospedale civile di Cosenza la prima campagna di pubblicità amica in favore di temi sociali e solidali promossa per sostenere le associazioni calabresi

La forza di donare

È partita tra le mura dell’ospedale civile di Cosenza la prima campagna di pubblicità amica in favore di temi sociali e solidali promossa per sostenere le associazioni calabresi che si occupano di attività di prevenzione in materia sanitaria, di tutela della salute e di diritti dei malati, oltre a promuovere una migliore qualità della vita del cittadino attraverso messaggi di interesse collettivo. Ad aprire questo nuovo canale di comunicazione sociale è l’associazione Sud Italia trapiantati che, cogliendo l’opportunità avanzata dalle direzioni dell’azienda ospedaliera di Cosenza, lancia la sua campagna di sensibilizzazione in favore della donazione e dei trapianti di organi. “Riaccendi la Vita - manifesta anche tu la volontà di donare gli organi e i tessuti” è il leitmotiv del messaggio scelto dalla presidente dell’Asit, Rachele Celebre, e dall’addetto stampa dell’associazione, Valerio Caparelli, con cui si vuole spingere tutti i cittadini che si trovano a frequentare i luoghi dell’ospedale Annunziata di Cosenza a fare una scelta consapevole, oltre che di grande senso civico. «Dopo la recente iniziativa attivata con i Comuni calabresi che, attraverso gli uffici anagrafe, forniscono informazioni all’utenza sull’importanza della sottoscrizione della dichiarazione di volontà, abbiamo voluto cogliere immediatamente questa nuova opportunità concessa gratuitamente alla nostra associazione dal direttore generale Gangemi, dall’ex direttore sanitario De Rosa e dal direttore amministrativo Aloise, di affiggere dieci pannelli comunicativi lungo i corridori, le sale di attesa e gli ambienti collettivi del principale presidio sanitario della nostra provincia». A dichiararlo è la presidente Rachele Celebre che, nell’illustrare la lodevole iniziativa, ha così proseguito: «Visto il dato sempre più drammatico del numero dei pazienti in lista d’attesa per un trapianto e l’allungamento dei tempi per poterlo effettuare, a causa del basso numero di organi e tessuti disponibili, grazie a questa campagna di sensibilizzazione, vogliamo spingere i nostri concittadini ad informarsi meglio su quanto attiene l’essenziale conoscenza di questo delicatissimo tema, per poi assumere una posizione chiara verso quello che dovrebbe essere un dovere morale e sociale di tutti. Noi siamo certi che allargare la percezione di un atto che è un vero e proprio dono verso l’altro, dopo la nostra morte, può divenire una realtà anche della nostra amata Calabria che, oggi, purtroppo, risulta essere tra le ultime in classifica in termine di dichiarazioni di volontà sottoscritte e di organi e tessuti donati». Un ringraziamento particolare, infine, l’Asit lo rivolge a Sebastiano Vaccarisi, responsabile dell’Uo semplice di Tecniche chirurgiche e trapiantologiche dell’ospedale di Cosenza, che con atto di stima per il lavoro svolto in questi venti anni dall’associazione, ha invitato gli organi dirigenti dell’azienda ospedaliera e la società “L’Eco dei Casali” a mettere meritoriamente a disposizione alcuni pannelli pub-

Ad aprire questo nuovo canale di comunicazione sociale è l’associazione “Sud Italia trapiantati” che lancia la sua campagna in favore della donazione e dei trapianti di organi

blicitari per promuovere messaggi a sfondo sociale, come quello in favore della cultura della donazione. La campagna dell’Asit proseguirà sino al 31 dicembre 2013, per poi proseguire con il messaggio sociale di una delle tante meritevoli associazioni che si occupano quotidianamente di migliorare la qualità della vita delle persone affette da particolari patologie.

Accorato appello del Banco alimentare

Un messaggio per non morire Ogni giorno non c’è organo di informazione che non parli e non racconti della grave emergenza alimentare che sta attanagliando il nostro Paese. Più passano i giorni e più i poveri in Italia, ma soprattutto in Calabria, aumentano. Ad oggi sono oltre 4,8 milioni uomini, donne, giovani e anziani che vivono in questo stato. Per questo motivo la fondazione onlus “Banco alimentare Calabria”, in sintonia con il Banco alimentare nazionale, si è fatta carico di affrontare in qualche modo questa situazione e ha deciso di lanciare una vera e propria campagna per l’emergenza alimentare in Italia attraverso l’invio di un sma solidale. E lo sta facendo tramite il presidente regionale del Banco alimentare Calabria Franco Falcone il quale, attraverso una vera e propria catena di email solidali, sta inviando in quasi tutte le case un appello accorato, il cui testo è il seguente: «La pensionata che abita nella porta accanto. Il compagno di scuola di tua figlia. L’amico che ha perso il lavoro. L’emergenza alimentare in Italia ha il loro volto. Persone comuni, che improvvisamente non hanno la possibilità di sfamarsi tutti i giorni. E chiedono aiuto. Per questo motivo ti chiedo di sostenerci con un sms solidale al 45599 (fino al 2 dicembre dona 1 euro da cellulare personale, 2 o 5 euro da telefono fisso) e di inoltrare una mail con questo appello a tutte le persone di buona volontà che conosci, per aiutare la rete Banco alimentare a fronteggiare l’emergenza alimentare in Italia. Grazie di cuore». Si ricorda che la rete Banco alimentare recupera ogni giorno eccedenze alimentari e le ridistribuisce a più di 8.800 strutture caritative, che aiutano 1,8 milioni di persone bisognose in Italia. Banco alimentare della Calabria - fondazione onlus


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Promessa mantenuta Mormanno: si rimarginano le ferite del terremoto

Quando a fare tremare è la gioia La terra che ribolliva quella notte del 26 ottobre del 2012 aveva segnato anche loro che nei secoli aveva resistito ad ogni tremore, simbolo della solida fede della comunità mormannese. L’indomani, per le vistose ferite riportate, erano state dichiarate inagibili al pari di case, ospedali ed uffici. A poco più di un anno di distanza, adesso, il ritorno alla normalità. Restituite a Mormanno ed alla sua gente la chiesa di Santa Maria degli Angeli, annessa al seminario vescovile estivo, e la cappella della Madonna del Suffragio. La cerimonia di riapertura al culto ha avuto luogo il 19 novembre suggellata da una messa celebrata dal vescovo della diocesi di Cassano all’Jonio, monsignor Nunzio Galantino, proprio sullaltare della Madonna del Suffragio. I due storici edifici avevano subito gravi lesioni che ne avevano imposto la chiusura per ragioni di sicurezza. Allindomani della terribile scossa che aveva ridotto in ginocchio lintero comprensorio del Pollino, monsignor Galantino aveva assunto un chiaro impegno: «Prioritario è provvedere ai bisogni delle persone e ristabilire le condizioni minimali di vivibilità, ma penseremo anche alla tutela e salvaguardia del prezioso patrimonio artistico». E così è stato: negli ultimi mesi gli interventi di recupero commissionati dalla diocesi ne hanno consentito il recupero: la chiesa di Santa Maria degli Angeli è stata restituita a nuova vita con una spesa di 70.000 euro, messi a disposizione dalla Fondazione Carime di Cosenza (il cui presidente, Mario Bozzo, presenzierà al simbolico taglio del nastro). La cappella della Madonna del Suffragio, invece, ha goduto di un contributo di 50.000 euro concesso dall’ufficio nazionale per i beni culturali della Cei. I lavori, nella fase di progettazione ed esecuzione, sono stati seguiti da apprezzati architetti e maestranze specializzate, sotto il costante monitoraggio dell’ufficio tecnico diocesano, diretto da Raffaele Bloise.

Restaurate e restituite al culto Santa Maria degli Angeli e la Madonna del Suffragio, due storici edifici che avevano subito gravi lesioni

Le chiese di Santa Maria degli Angeli e della Madonna del Suffragio Sotto, relativi particolari delle due chiese


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asabato 23 novembre 2013

Pillole di fede La Madonna del Monte Carmelo, la Vergine Santa, venerata nel santuario del Carmine di Palmi

Il miracolo che tiene viva la tradizione di Lucia De Cicco

Ogni anno, nella data del 16 novembre, per Palmi, ma potremmo affermare anche per tutti i gruppi di pietà popolare, consacrati e di abito, dell’intera Calabria, è una memoria importante, che si tramanda oralmente ed esistono testimonianze scritte fin dal 1894. La Madonna del Monte Carmelo è la Vergine Santa, che è venerata nel santuario del Carmine di Palmi (che fu interamente ricostruito, dopo una serie di terremoti, che colpirono la cittadina) elevato a titolo di Santuario per il miracolo del 16 novembre 1894. Allorché in quella data una forte scossa di terremoto rase al suolo la città di Palmi e nonostante ciò la popolazione fu salvata contando solo 9 morti e tra le persone, che anziane non poterono seguire il corteo dietro la santa effige (mai uscita, prima di allora, dalla chiesa), che sin dal 31 ottobre dello stesso anno incominciò a dare segni prodigiosi. In uno scritto di Padre Carmelo Maria Silvaggio, Rettore del Santuario del Carmine, si legge che a una tradizione orale seguì una tradizione scritta, che ricostruisce, attraverso le memorie, foto e ricerche storiche, ciò che avvenne in quel lontano 16 novembre. Questo miracolo, che comincia prodigiosamente sedici giorni prima dell’evento catastrofico, fu riportato su molti quotidiani dell’epoca: il Metauro e il Piccolo di Palmi; Fede e civiltà di Reggio Calabria e la sua fama arriva fino al Mattino di Napoli. Che cosa successe?

Il giornalino redatto dalla scuola primaria della Città Nelle due foto sopra: i carabinieri rendono omaggio al passaggio della statua; immagini delle case puntellate

All’alba del mercoledì del 31 ottobre 1894 un gruppo di donne notò un cambiamento nel volto della statua della Vergine del Carmelo, che cominciò a grondare sudore dalla fronte in un pallore che avvolse il roseo del suo viso e cosa strana anche le pareti e l’altare ripetevano lo stesso fenomeno della sudorazione, tutte bagnate di acqua. Molti furono i personaggi importanti, che si precipitarono nella città per verificare l’accaduto, tra cui anche il cardinale Gennaro Portanova, arcivescovo di Reggio Calabria. Da quel momento ogni giorno fino al 16 novembre erano tanti i pellegrini che si recarono nel Santuario per sentire la testimonianza del miracolo e pregare a loro volta. Allorché, alle ore 6,15 del 16 novembre una leggera scossa di terremoto avvertita da tutti fece decidere di portare fuori la statua miracolosa, poiché fu verso le ore 15,00 che si ripeté la strana trasformazione del volto della statua che sembrava acquistasse sembianze umane pur essendo in legno. Ancora oggi alle 18,00 in punto l’effige della Madonna (di cui nel tempo è stata riprodotta una copia, per via del restauro che l’originale ha subito nel tempo presso al Soprintendenza dei Beni artistici della Calabria Bsae) è portata in processione per le strade della città e da cui ieri come oggi, spunta gente e si unisce al corteo. All’epoca il corteo, che diventava sempre più numeroso attraversò le strade buie oggi centro città, arrivando alla fine di corso Garibaldi (la processione ancora oggi ripercorre lo stesso tragitto che fece allora), fino alla piazzetta del Rione Arangiara, ora conosciuto con il nome di Mausoleo di Cilea. Fu proprio in questo luogo che si sentirono le prime scosse del catastrofico terremoto che da lì a poco seguì. Per il paese furono erette quattro edicole votive, che sono posizionate lungo il percorso che annualmente la processione percorre, la più importante è quella posta su palazzo Mezzatesta dove la Madonna portata a spalla percorre il tratto di strada di corsa e si ferma per la solenne benedizione proprio sotto ad esso, dov’è stata posta una lapide, che ricorda la data dell’evento e regala indulgenze a coloro che reciteranno tre “Ave Maria” proprio in quel punto. La lapide è stata posta 100 anni dopo il miracolo della sudorazione. La nicchia più antica tuttavia è posta nel rione Acqualive e si chiama “Croce dei morti” e ricorda il terribile fatto successo nella cittadina per opera del corsaro Dragut Rais, nel 1500, per la battaglia tra Turchi e i Terrazzani di Palmi. (Ricordiamo che Palmi, tuttavia, visse tre grandi terremoti oltre a quello del 1894 vi furono quelli del 1783 e quello catastrofico del 1908. Sono conservate presso l’Archivio vescovile della diocesi di Mileto quarantasette testimonianze sul miracolo del 1894, scritte dalla gen-

Nel novembre del 1894 una forte scossa di terremoto rase al suolo la città Nonostante ciò la popolazione fu salvata contando solo 9 morti

te del tempo e di diversa estrazione sociale: professionisti, miscredenti, gente agiata e meno agiata. Testimonianze raccolte prima del terremoto da monsignore Leone Gallucci, mitrato di Santa Maria del Soccorso di Palmi, poiché apparve un articolo sul Giornale di Messina, che trascriveva una corrispondenza, che metteva in dubbio quanto successo a Palmi. Santa Maria del Carmelo fu incoronata dal Capitolo Vaticano il 16 luglio 1896; ai piedi della statua è posta una delle reliquie caratterizzata da un fazzoletto, che riporta le macchie del sudore asciugate dai fedeli dalle pareti e dall’altare fella chiesa Carmelitana. Interessante negli anni e ancora vivo, l’omaggio che è reso durante la processione della Vergine dalla stazione dei Carabinieri con picchetto d’onore e la deposizione di un mazzo di rose rosa ai piedi dell’effige. Anche il paese delle Serre cosentine, Cerisano ha preso parte a questa solenne processione con la Congrega del Carmine e assieme agli altri gruppi di Palmi e di Vibo Valentia ha percorso le strade della città con le bandiere e gli stendardi con la sacra effige di Maria e con i costumi tipici nei vari colori mariani dal marrone all’oro delle stelle simbolo per eccellenza dei Carmelitani anche se non sono stati, tuttavia, trascurati il bianco e l’azzurro. Quello stesso azzurro, che tra le nuvole ogni anno fa capolino sulla Città, come riporta tra i documenti, in custodia della Diocesi di Melito, negli scritti della poetessa, Ermelinda Oliva. Di fronte al Santuario mariano su un’alta stele granitica, l’immagine della Vergine. La stele fu scolpita dal maestro d’arte Antonio Romeo, mentre la statua in bronzo su di essa riposta risale al 1983, commissionata alla ditta Attilio De Luca di Napoli nel bicentenario del flagello del 5 febbraio del 1783. L’altare maggiore è del 1777, le decorazioni che si trovano nella chiesa furono realizzate nel 1851 da Francesco Morani di Polistena. La statua in legno della Vergine del Carmelo fu scolpita dallo scultore Domenico di Lorenzo. (La fonte da cui sono state prese le informazioni storiche, sui fatti del mirabile prodigio del 1894, provengono da un giornalino, redatto nel 2010, dagli alunni della classe II A della scuola primaria “R. De Zerbi” di Palmi. Arricchito di disegni e fotografie dell’epoca).


sabato 23 novembre 2013

Costruire con cognizione Prima edizione del convegno "Heart 2013" - Historic Earthquake-Resistant timber frames in the Mediterranean area

Contro il terremoto ci vuole il legno L’iniziativa si è svolta nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dalla Regione Calabria - assessorato Politiche comunitarie nell’ambito del Por-Fse 2007- 2013 denominato Rispeise (Rete internazionale per lo scambio di buone pratiche in edilizia innovativa, sismicamente sicura ed ecosostenibile) finanziato con 1.200.000 euro nel periodo 2012-2015, di cui è responsabile scientifico Raffaele Zinno, associato di Scienza delle costruzioni presso il dipartimento di Ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica (Dimes) dell’Università della Calabria. Il progetto coopera per le attività formative internazionali con la scuola di dottorato internazionale in Scienze e Tecnologie fisiche, chimiche e dei materiali, di cui è coordinatore il professor Vincenzo Carbone. Si è svolto con la collaborazione di Icomos - International wood committee, national technical University of Athens, Cnr Ivalsa di Trento, Collegio degli Ingegneri della Toscana, University of Minho (Portugal), Mimar Sinan Fine Arts University of Instanbul, Ordini degli Ingegneri e degli Architetti della Provincia di Cosenza, Fondazione Giuliani - Cosenza. Il convegno ha visto la partecipazione di oltre 45 relatori, con note scritte o con poster, provenienti da 20 Nazioni diverse (USA, Giappone, Romania, Austria, etc.) molte delle quali dell’area mediterranea (Italia, Grecia, Cipro, Egitto, etc.). L’evento è stato organizzato partendo dalla constatazione che le murature caratterizzate da un rinforzo con telai lignei rappresentano uno speciale collegamento tra diversi Paesi sismici del Mediterraneo come la Grecia, l’Italia, Portogallo e Turchia. Uno dei più antichi esempi di questo sistema costruttivo è riscontrabile nella cultura Minoica (Knossos e Phestos) dove, con un approccio empirico si scoprirono i vantaggi dell’uso del legno nelle aree sismiche. Quindi diverse e varie tipologie di telai lignei nelle costruzioni si svilupparono in altre regioni d’Europa. Ad esempio in Turchia (Himis) , nel 1755, dopo il terremoto di Lisbona un sistema costruttivo simile si sviluppò anche in Portogallo. In sud Italia, Ferdinando IV di Borbone, con piena consapevolezza delle proprietà antisismiche di tale tecnica costruttiva, obbligò i tecnici impegnati nella ricostruzione dopo il terribile evento tellurico del 1783, ad utilizzare come strutture resistente muratura con all’interno un telaio di legno. Gli edifici caratterizzati da muratura con rinforzo ligneo hanno superato, praticamente illesi, diversi terremoti (Calabria, Italia, 1905 e 1908; Kocaeli e Duzce, Turchia, 1999; Lefkas, Grecia, 2003), mostrando un’alta capacità alle azioni dinamiche. Questa tecnica costruttiva rappresenta un vero e proprio prototipo per le successive e moderne tecniche costruttive caratterizzate da telai ed al contempo è portatore di alti valore legati alla creatività ed all’inventiva. Il convegno internazionale ha voluto rappresentare un contributo alla conoscenza di tale tecnica costruttiva, un requisito fondamentale per stimolare la conservazione di tale importante documento per la storia della tecnologia di Europa. L’evento ha rappresentato un forum per ingegneri ed architetti, ricercatori nel campo della storia della tecnologia, sugli aspetti costruttivi e nell’interpretazione del comportamento sotto azioni sismiche e per la sicurezza strutturale. Gli argomenti della conferenza sono stati “aspetti storici”, “ispezione e monitoraggio”, “prove non distruttive”, “risultati sperimentali e test di laboratorio”, “comportamento strutturale sotto azione sismica”, “degrado tipico”, “valutazione della sicurezza”, “teoria della conservazione”, “tecniche di riparazione”, “casi studio”.

Le sedi del convegno sono state: la storica Villa Rendano a Cosenza, messa a disposizione dalla Fondazione Giuliani, e la sala University club dell’ateneo di Arcavacata di Rende Il convegno ha ricevuto il patrocinio della Commissione nazionale italiana per l’Unesco

Villa Rendano Nel riquadro Vincenzo Carbone

Il convegno ha preso spunto da una prova di carico ciclico, propedeutica ad altre prove di carattere dinamico, più consone allo studio antisismico delle strutture, su una riproduzione pressocché identica di una parete dell’edificio vescovile a Mileto, in scala 1:1, costituita da muratura rinforzata da un’intelaiatura lignea, così come prescritto dal codice borbonico post sisma del 1783. Tale prova è stata progettata e ideata presso l’Università della Calabria, in particolare presso lo Smart-Lab del Dimes e, tramite stipula di apposita convenzione, è stata poi realizzata in collaborazione con il Cnr Ivalsa di Trento, anche allo scopo di allargare il network per lo scambio di buone pratiche incentivato dal progetto Por-Fse Regione Calabria “Rispeise”. Fondamentale è stata la collaborazione con l’istituzione regionale, in particolare dell’assessore alle politiche comunitarie, onorevole Giacomo Mancini. Il convegno, oltre che le finalità scientifiche proprie, infatti ha inteso stimolare la Regione Calabria, alle prese con la redazione dei nuovi documenti strategici di politica comunitaria per il sessennio 2014-2020, a non sottovalutare il rischio sismico, in un territorio fra i più pericolosi della Nazione e, conseguentemente d’Europa, ed a mettere in atto azioni coordinate che non trascurino il significativo contributo che può provenire dalla ricerca. Prendere, in pratica, esempio dai Borbone, che all’epoca, con i mezzi a loro disposizione, idearono un sistema innovativo di protezione contro gli eventi sismici e misero in atto protocolli di gestione dell’emergenza e della costruzione e ricostruzione, mediante apposite leggi, risultando pionieri per il vecchio Continente. In particolare, il professor Zinno ed il neo rettore dell’Università della Calabria, Gino Crisci, hanno proposto la realizzazione di un centro di ricerca regionale per le costruzioni smicamente sicure, che può avere sede presso il Campus dell’Università della Calabria e che preveda strumentazioni e facilities (ad esempio una tavola vibrante) che pongano la Calabria a livello europeo e che trasformino una debolezza in una opportunità di crescita e di crescita economica per il territorio, nonché far divenire la Calabria punto di riferimento dell’intera area mediterranea.

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sabato 23 novembre 2013

Il racconto sindacale Peppe Siciliano, un giovane che si è fatto onore nel mondo delle due ruote denominato dilettantistico ma che per lui era più che ciclismo professionistico

Il ciclista di Condojanni di Giuseppe Aprile

Decisi di occuparmi di Peppe Siciliano. È un giovane che s’è fatto onore nel mondo ciclistico denominato dilettantistico ma che per lui era più che ciclismo professionistico. Perché di dilettantistico v’era solamente la condizione in cui era costretto a svolgerlo, visto che stava lontano dalle grandi aree geografiche del paese dove c’erano le grandi fabbriche, i grandi capitali, quindi le squadre organizzate con tanto di finanziamenti e di attività sorretta da partecipazione al meglio del ciclismo nazionale e legate alle grandi corse in linea ed a tappe che si svolgevano in Italia ed in Europa. Si dice dilettante colui che milita in una categoria inferiore ai professionisti. Il dilettante, poi, sembra pure parzialmente impegnato nell’attività. Ma questo è, per Siciliano ma anche per tanti giovani talenti del ciclismo italiano, non per limiti delle proprie capacità e qualità agonistiche. È perché non essendoci squadre attrezzate e mantenute economicamente da una delle tante industrie che al Nord pullulano ma che al Sud mancano, i corridori che stanno nelle regioni meridionali, quindi fuori dal mondo, non hanno possibilità di dedicarsi interamente ed esclusivamente all’attività cui sono dediti e vengono costretti a lavorare in altri campi per soddisfare i bisogni del loro avvenire. Oggi ci sono anche dei buoni corridori meridionali che sono riusciti ad affermarsi al livello dei migliori ciclisti nazionali ed europei, quindi che svolgono attività in modo professionale; a tempo pieno e retribuiti, quindi senza bisogno di essere legati ad attività di altra natura e di disperdere le loro energie. C’è quindi una sorta di dilettantismo che non è dovuto al fatto che sono una categoria inferiore, ma solo che gli esponenti affidano le proprie sorti e la propria passione all’impegno secondo la propria indole e la propria passione, non secondo la propria capacità ed il proprio valore atletico. Siciliano, infatti, anche per il carattere passionale del suo dedicasi alla bicicletta, supera abbondantemente i livello dilettantistico come atleta vigoroso e forte, e va ritenuto autentico professionista nel ciclismo. La sua giovinezza è stata dedicata alla bicicletta. Non ha avuto riserve mentali nel dedicarsi. S’è allenato sempre, senza sosta e senza interruzioni. Ha corso sempre, più di tanti professionisti che ufficialmente sono ritenuti tali.Ha fatto gare dappertutto ed è stata una vera coincidenza la sua attività da dilettante, fuori dalle grandi corse nazionali ed europee per la categoria professionistica. Se si pensa che ha vissuto legato alla propria terra ed al proprio paese, Condojanni, e che era figlio di contadini del Sud e di paesani in uno di questi abbandonati paesi senza futuro, si capisce bene che la sua attività merita attenzione non meno che quella di uno dei grandi corridori che hanno corso Giro d’Italia, di Francia e, che vanno per la maggiore e sono ritenuti, quindi, corridori professionisti.Sta in bicicletta con molto stile ed ha una forza. Si tiene stretti i tesori della sua attività: riviste, libri, giornali sportivi che parlano di lui, nella sua casa a Condojanni, le sue biciclette; che tiene, praticamente pur essendo, ora, lontano dall’attività che svolge con il cuore, più che con le gambe.Per molti ancora è molto considerato. Continua, ora, pur in età avanzata per un atleta, ad andare con la bicicletta facendo lunghe uscite che lo portano da un paese all’altro, in cerca di salite e discese, lunga la via per Locri ed Antonimia, dove la strada gli permette di sfogare la sua voglia di pedalare continuamente, senza sosta, guardando di qua e di là per osservare i paesaggi meravigliosi del suo ambiente. «Mi diverto ad andare in bicicletta» mi dice con larghi sorrisi sul volto contento illuminato dal piacere di stare in movimento su due ruote e andando spericolato nelle strade che scendono ripide dalle montagne che affronta, in sede di salita, senza grandi affanno.

Di dilettantistico v’era solamente la condizione in cui era costretto a svolgerlo, visto che stava lontano dalle grandi aree geografiche del Paese dove c’erano le grandi fabbriche, i grandi capitali, quindi le squadre organizzate

Peppe Siciliano oggi è un giovane sposato, che vive di un lavoro normale per aiutare la famiglia ad andare avanti. Lo sport non c’è più per lui come attività primaria. Non che si tirerebbe indietro se potesse fare delle cose legate all’attività sportiva e ciclistica. È che i tempi sono cambiati ed al Sud si vive come tanti anni addietro. Non ci sono le grandi industrie e i grandi capitali. Nel campo ciclistico ci sono solo piccole società che vivono di stenti, senza stipendi per i propri appartenenti; che si reggono solo sulla passione per la bicicletta ed offrono la loro attività e la loro esperienza gratuitamente. Il denaro, per loro, non ha una funzione. Oggi Peppe Siciliano continua solitario a pedalare quasi tutti i giorni nonostante qualche acciacco ad una caviglia che si è procurato durante una corsa nel suo periodo vitale e che dopo tanti anni si sta rivelando fastidiosa. «Ma non mi impedisce a pedalare. Sento un dolore non del tutto innocuo a volte, Ma è come niente. Lo domino perché penso alla bicicletta, al mio passato di quando partecipavo alle corse e le vincevo o arrivato tra i primi posti. Ma anche allora non facevo tante storie quando non mi andava bene.Mi piaceva vincere, ovviamente, ma l’importante era stare con gli altri, in mezzo agli atleti e, poi, in corsa non trovavo differenza tra un posto tra i primi ed uno degli ultimi. Solo la vittoria ed al massimo il secondo posto poteva farmi sentire vittorioso. Per il resto mi bastava partecipare, stare su due ruote, vivere la condizione dell’atleta in un mondo che mi piaceva per ogni cosa che lo caratterizzava. Mi piaceva correre con il maltempo, con la pioggia o col il sole indifferente-


sabato 23 novembre 2013

Il racconto sindacale

clismo e la bicicletta nel proprio sangue; nel proprio dna. Ed è giusto che in paese venga considerato per tale ragione. È una sorta di personaggio che merita attenzione e di essere collocato tra le cose più belle che l’ambiente abbia potuto godere. Ci sono i grandi pittori, gli artisti, i professionisti, i cantanti, gli attori, gli scrittori, i poeti e tanti altri che danno un senso all’ambiente e vengono ritenuti assai importanti e qualificanti per il loro paese. E Peppe Siciliano merita anche un posto di rilevanza nella storia del suo paese. In verità, poco prima di lui, c’era stato un altro giovane che aveva espresso la passione per la bicicletta ed aveva onorato il paese di Condojanni. Era Bruno Dattilo. Un altro atleta degno di segnalazione. Ma Peppe Siciliano fece molto di più e svolse una attività identica a quella che viene svolta da coloro che sono considerati professionisti e che riempiono le cronache dell’attività ciclistica in Italia ed in Europa. L’attività di questo sport non ha varcato i confini dell’Europa anche ultimamente in america ed in altri paesi americani ed africani sono emerse figure di atleti di notevole valore. Peppe Siciliano dice che in ogni campo ci sono le eccezioni, ma lui ama il ciclismo di Fausto Coppi, Gino Bartali, Alfredo Binda, e Costante Girardengo. Quando si discute con lui è un fiume di parole e di ricordi. Mi fa vedere un album dove conserva ritagli di giornali del suo periodo, con foto di corse, di arrivi al traguardo, di gruppi con cui ha avuto a che fare, è ritratto con suoi colleghi e con sue squadre e guarda con meraviglia a quei suoi tesori che custodiscono il meglio dei suoi ricordi.

mente. Ero contento quando partivo da casa per arrivare sul posto della corsa e quando arrivavo tra quegli amici che sembravano in festa. Tutti sorridenti, convinti di fare cosa meravigliosa. Tutti ridevano, operavano le attività preparatorie della corsa. Si correva con amore, senza fini di lucro. Non ho mai sentito osannare il valore del denaro e dell’oro. Si stava in quel mondo perchè ci piaceva, perché, perché con esso ci sentivamo vivi, attivi, atleticamente a posto. Vivevamo per la bicicletta e tutto il mondo che attorno ad essa veniva costruito. Il resto non ce ne fregava niente. Non avevamo altri interessi, non volevamo vedere il resto delle cose nella nostra vita. Era un mondo completo, quello della bicicletta e delle attività agonistiche e non volevamo sapere di latri sport se non parzialmente perché una parte dello sport è eguale. Si gareggia, ci si prepara, si passa dalla fase preparatoria a quella della partecipazione alle corse ed a tutto quanto costituisce quel mondo». Oggi Peppe Siciliano ha un figlio che corre in bicicletta, perché la sua famiglia vive anche a Torino dove il mondo è diverso e le occasioni di partecipare sono totalmente diverse. È Danilo, il suo figlio che eredita dal padre la sua passione per la bicicletta.La moglie, una brava e intelligente donna di quel Nord da tutti ritenuto una sorta di America nostrana, dove si lavora e si guadagna, dove negli anni cinquanta si andava per trovare un lavoro e guadagnare un tozzo di pane, lo asseconda ed è contenta di assecondarlo. Ora che anche il figlio si dedica a questa attività, è ovvio che il piacere della moglie diventa doppio. Si può dire che si tratta di una famiglia che ha il ci-

I corridori che stanno nelle regioni meridionali, quindi fuori dal mondo, non hanno possibilità di dedicarsi interamente ed esclusivamente alla attività cui sono dediti e vengono costretti a lavorare in altri campi per necessità

Abita in cima al paese, al termine di una salita, ai confini del centro abitato. La sua casa è l’ultima del paese. Dopo la strada continua in piano sterrato e porta dentro le campagne dei Petti, note per il buon vino che consentono. È la contrada dell’antico vigneto locale e caratteristica perché è una sommità dalla quale si scorge tutto il litorale ionico della provincia di Reggio Calabria che va da capo Spartivento a punta Stilo. La casa di Siciliano è al lato di un meraviglioso orto dove, nel tempo libero, coltiva aiuole, peperoncini, fichi, arance, mandarini, annone, melanzane, peperoni grossi di diversi colori e di diversi gusti. E assiste la crescita di ottimi alberi di frutta che vanta con orgoglio soprattutto perché ad essi dedica la sua voglia di giardinaggio; che è tanta davvero. Il suo orto si sporge in una vallata immensa, ripida, con sotto la fiumara che porta il nome del paese ai cui piedi sviluppa il suo corso ghiaioso. È tanto ripida la vallata che si scorge che fa paura e gira la testa se la si guarda bene. Sulla collina di fronte, con pareti a strapiombo e misti tra il colore verde dell’erba e il bianco dei resti di roccia una volta caduta per via delle alluvioni passate, sorge il meraviglioso castello. Era il Castello di Condojanni, del suo passato antico. Da esso davvero e meravigliosamente si scorge la grande distesa del mare jonio con il litorale pieno di agrumeti, strade bitumate, alberi di ulivo, spazi di verdi diversi. È un ambiente che invita a godere il meglio della natura. Un paesaggio senza eguali e che rappresenta orgoglio per tutta la laboriosa popolazione di Condojanni; gente operosa, onesta, civile, intelligente, produttiva. Gente seria, si deve dire, davvero seria e giusta. Orgoglio per le antichità che rappresenta e da cui proviene. E accanto a Peppe vive la sua signora che viene da Torino molto spesso assieme a lui ed al figlio Danilo.Vicino, poche famiglie. La più vicina quella di due meravigliose e belle sorelle, Memma e Rosa Sainato i cui genitori non ci sono più, purtroppo; anch’essi gente per bene e lavoratrice indefessa che tutti ricordano in paese perché nobili di animo, giusti nei comportamenti. Per molte parti dell’anno la famiglia vive a Torino dove la signora Siciliano lavora in una importante casa editrice torinese. Ma la vita nella casa natìa resta il centro della loro attenzione e della loro vita. «Stiamo più qui, che lì» dice amorevolmente la signora di Peppe. Infatti Peppe tiene le biciclette in questa casa dove s’è confermato il suo regno di vita. Ha tutte le comodità e sembra un mondo autosufficiente, completo di tutte le comodità. Locale per contenere il vino, minutaglie di masserizie per il mestiere che faceva suo padre, campagnolo per sempre, il locale per conservare ogni cosa per la sua cucina. I fagioli, piselli, bottiglie di pomodoro conservato, vasi di terracotta, vasi che contengono cose in aceto, sottoli. Ha tutto quanto una volta costituiva parte quasi unica della vita agricola di questi paese. Non gli manca quasi nulla, si può dire. E quando arrivo io mi accoglie a braccia aperte, memore del nostro periodo passato, da giovanissimi; io giornalista e lui corridore e mi ricorda subito un articolo che scrissi in occasione di due corse, una in Sicilia ed una a Soverato in Calabria, quando feci la cronaca sportiva ed ho scritto di lui in modo particolare. Ci andavamo con Nandino Mollica per seguirlo e passavamo belle giornate di spensieratezza e di passione sportiva. Bei tempi!

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