Voce ai giovani

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Anno 37 - 30 Novembre 2013 - Numero 48

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

Solo la cultura può scongiurare la scomparsa di ogni segno identitario delle minoranze arbëresh. Il libro di Oreste Parise AMARLO DA QUAND’È IN PANCIA

UN MESSAGGIO DALL’ARTE

Bimbo fortunato con la medicina che difende la vita

Un petalo rosa per non dimenticare

di Francesco Fotia

È possibile curarlo prima che nasca? Le attenzioni che non uccidono

di Elisa Le Coche

Mostra di Adele Lo Feudo dedicata alla violenza sulle donne


II

sabato 30 novembre 2013

Giorno che dovrebbe durare un anno A Pentone nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, la manifestazione 'Mai più…'

Riprendiamoci la vita

di Rita Paonessa

Si è conclusa nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la manifestazione ‘Mai Più…’. Tutta la comunità di Pentone è stata coinvolta in una serie di iniziative incentrate sul femminicidio e in generale sulla violenza contro le donne. Dallo sport all’arte, dal teatro all’incontro con gli operatori, dalla santa messa alla scuola, tutte le attività hanno avuto l’obiettivo di sensibilizzare su un problema spesso sottovalutato. Senza generalizzare o ghettizzare le donne, si è riflettuto su quanto la violenza contro le donne sia una questione di atteggiamento mentale: la violenza è un fatto quotidiano, diffuso, nascosto anche nel modo in cui la donna viene molte volte considerata, un essere al servizio dell’uomo, impossibilitata a decidere di sé e della sua vita. Decine e decine di donne e uomini di tutte le età hanno lavorato fianco a fianco per organizzare la manifestazione ‘Mai Più…’: il problema sollevato ha coinvolto e mobilitato tutti. L’evento è stato patrocinato dalle associazioni locali Carpe Diem, Proloco, InvictaPalestina, comitato civico ‘’l’arco’, associazione bandistica Pentone, Avis, protezione civile ‘Angeli della Sila’, dall’Asd Explorers di Catanzaro, dalla parrocchia e dall’amministrazione comunale. Nei bar sono state esposte le opere dei giovani artisti Movie Rush, Nicoletta Macrì, Rossana Scarfone, Kenny

Senza generalizzare o ghettizzare le donne, si è riflettuto su quanto la violenza sia una questione di atteggiamento mentale, un fatto quotidiano, nascosto anche nel modo in cui la donna viene molte volte considerata, un essere al servizio dell’uomo, impossibilitata a decidere di sé e della sua vita

e Simona Esposito. Sono stati, inoltre, raccolti dei fondi a favore del ‘Centro Aiuto Donna’-Città Solidale onlus di Catanzaro. La manifestazione si è aperta sabato con la ‘pedalata contro la violenza’. Nonostante la pioggia, decine di ciclisti, tra cui alcuni papà con i figli, hanno affrontato il percorso Pentone-Termine-CafardaPentone per dire no alla violenza contro le donne. All’arrivo, esibizione acrobatica e gimkana per i più piccoli a cura dell’Asd Explorers. Le attività fatte a scuola questa mattina, sotto la guida di alcune operatrici di Città Solidale onlus, hanno chiuso la tre giorni. Teatro e vita - Sabato pomeriggio, il momento teatrale a cura dell’associazione “Carpe diem”. In un finto programma televisivo, sono state raccontate storie di speranza e di cambiamento tra Oriente e Occidente fino a Pentone. La finta trasmissione è stata condotta da Aurelio Miriello. È stata proiettata l’intervista fatta a una ragazza nigeriana: una vittima dello sfruttamento della prostituzione. Nell’introduzione, la giornalista Antonia Marino ha spiegato alcuni passaggi: partita dalla Nigeria con l’illusione di trovare un lavoro, la ragazza diciannovenne è stata in Libia prima di arrivare in Italia. Un approdo fortunato il suo, perché è stata l’unica a salvarsi da un naufragio. Non altrettanto fortunato il seguito della sua storia: la ragazza è stata costretta a prostituirsi. Dall’Africa si è passati all’Asia. Eleonora Pugliese ha impersonato Malala Yousafzai, la ragazza nota a livello mondiale per aver avuto il coraggio di fronteggiare i talebani affermando il diritto all’istruzione delle donne. Aurelio Miriello le ha fatto un’ideale intervista per raccontare la sua storia, il suo coraggio, la possibilità del cambiamento. Dopo la conoscenza di storie apparentemente lontane, il ritorno a Pentone con la proiezione del minidossier/spot antiviolenza realizzato dai giovani del comitato ‘Mai Più…’(montaggio di Sebastiano Basile). Maria Emanuela Marino ha spiegato che i ragazzi hanno voluto intervistare alcune donne della comunità pentonese, donne positive, lontane dalla violenza, fiere di essere donne. Un convegno per conoscere - Domenica la S.Messa è stata animata dai membri del comitato ‘Mai Più…’. Poi si è tenuto il convegno sul tema ‘violenza di genere’, moderato da Caterina Salerno, assessore alle politiche sociali del Comune di Catanzaro. L’assessore alla Cultura del comune di Pentone, Francesco Citriniti ha ricordato le donne vittime di mafia. La riflessione del parroco, Don Gaetano Rocca, tra filosofia e letteratura medico-scientifica, ha trattato il binomio odio-amore. A tratteggiare caratteristiche, conseguenze devastanti della violenza, difficoltà a uscirne, Ornella Procopio del ‘Centro Aiuto Donna’Città Solidale onlus di Catanzaro e Romina Ranieri del centro regionale antiviolenza ‘Mondo Rosa’. Stefania Figliuzzi dell’associazione contro la violenza alle donne ‘Attivamente coinvolte - onlus’ ha relazionato sui profili giuridici e le novità legislative per tutelare dagli abusi e dalle violenze. Le tre relatrici hanno, inoltre, descritto i servizi dei centri di cui fanno parte: il convegno ha fatto conoscere non solo che cosa sia la violenza, ma anche che cosa si possa fare e a chi ci si possa rivolgere nel caso in cui si subisca violenza. Nell’introduzione, Antonella Accorinti ha ringraziato quanti hanno collaborato e ha ricordato che la giornata internazionale del 25 novembre è stata istituita a seguito dell’uccisione delle sorelle Mirabal. In conclusione, Gesuita Pugliese ha dato un premio a «due donne che hanno dato la luce nella vita privata» dedicando la vita alle proprie figlie, Grazia Critelli e Rosa Fava. A ritirare i premi, i figli delle due donne, Maria Critelli e Salvatore Fava. “Ti do’ il capo del filo poiché mi fido di te!” - La fiaccolata è stata fatta in chiesa per il maltempo, ma non ha perso il suo potere di raccoglimento e riflessione. Mafalda Fava, Maurizio Veraldi, Anna Rita Marino, Fiore Caroleo, Marianna Spadafora, Vincenzo Capicotto hanno drammatizzato tre declinazioni della violenza (stalking, violenza domestica, costrizione della donna a essere quello che non è esemplificata da una ragazza costretta a portare il burqa). Ma l’ultima scena è stata all’insegna della speranza e dell’apertura: è stata fatta una sorta di ragnatela umana. Per lanciare un messaggio: “ti do il capo del filo poiché mi fido di te!”. ritapaonessa@gmail.com


sabato 30 novembre 2013

Protezione in aumento Anche Cosenza nella rete interistituzionale del progetto che mira a tutelare le donne vittime di violenze fisiche e psicologiche Corso di formazione per assistente all’infanzia Adi

Una mano per i più piccoli

“Ascolto donna” Anche il Comune di Cosenza entra a far parte della rete interistituzionale del progetto “Free-Fly -Ascolto Donna”, promosso dal dipartimento di Prevenzione psichiatria forense- medicina legale dell’Asp di Cosenza, in collaborazione con l’associazione “Archè”, presentato nello scorso mese di ottobre e frutto di un accordo tra la stessa Asp, la Questura di Cosenza e il Comando provinciale dei carabinieri al fine di tutelare le donne vittime di violenze fisiche e psicologiche. La sinergia instaurata con l’amministrazione comunale di Cosenza è stata ufficializzata nel corso di un incontro, tenutosi a Palazzo dei Bruzi e che ha visto riuniti ad uno stesso tavolo gli assessori alla Comunicazione Rosaria Succurro, alla Solidarietà e Coesione sociale Manfredo Piazza e alla formazione della coscienza civica e scuola Geppino De Rose, la dottoressa Patrizia Nicotera, dirigente di psichiatria forense dell’Uoc di Medicina legale dell’Asp di Cosenza, insieme alle dottoresse Carolina Baratta e Stefania Spadafora, dirigenti dell’Uoc Medicina legale dell’Asp di Cosenza. Nel corso dell’incontro sono state illustrate le molteplici attività offerte dall’Asp, attraverso il progetto “Free-Fly -Ascolto Donna”, fortemente voluto dal direttore generale Gianfranco Scarpelli. «Il progetto, che dispone anche di un numero verde (“Ascolto donna”, già attivo da tempo, 800 050590)- è stato spiegato dalla dottoressa Patrizia Nicotera - mira a tutelare la donna vittima di violenze psicologiche e fisiche attraverso una serie di attività che vanno dalle prestazioni socio-sanitarie più adeguate, alla riduzione del danno, all’identificazione dei fattori di rischio e alla identificazione delle cause, alla prevenzione primaria e secondaria in collaborazione con le scuole, le famiglie, i servizi sanitari, le forze dell’ordine, i comuni e la Chiesa». Il progetto Free-Fly prevede una serie di interventi che vanno dal primo ascolto, attraverso il numero verde, all’accoglienza vera e propria del soggetto che ha subito maltrattamenti o violenza fisica e/o psicologica presso l’ambulatorio d’ascolto e d’accoglienza, colloqui e percorsi personali di uscita dalla spirale della violenza, visite presso l’ambulatorio di medicina legale per violenze fisiche ed abusi sessuali, eventuale ricovero presso i servizi ospedalieri, consulenze legali gratuite, attivazione di un eventuale protocollo con le forze dell’ordine e ricovero presso una casa di fuga temporanea. I rappresentanti istituzionali del Comune di Cosenza (assessori Succurro, De Rose e Piazza) hanno condiviso la necessità di creare tutte le condizioni indispensabili per assicurare la prevenzione primaria che significa, in buona sostanza, far sì che il fenomeno della violenza sulle donne non si sviluppi, attuando una politica di educazione e formazione alla non violenza diretta soprattutto nei confronti delle nuove generazioni che dovranno essere opportunamente educate ai rapporti di uguaglianza, parità e rispetto della differenza. «Non esiste riduzione del danno - ha rimarcato la dottoressa Patrizia Nicotera - se non c’è prevenzione primaria». A questo proposito, nel corso dell’incontro a Palazzo dei Bruzi, è stato deciso di fissare una nuova riunione nel mese di dicembre o, al più tardi, i primi di gennaio, alla presenza dei dirigenti scolastici per programmare le attività da svolgere nelle scuole, allo scopo anche di procedere ad un’accurata analisi dei bisogni, studiare i percorsi informativi per i docenti e di sensibilizzazione delle famiglie per quel che concerne la consapevolezza e la gestione delle proprie emozioni.

L’iniziativa prevede una serie di interventi che vanno dal primo ascolto attraverso il numero verde, alla accoglienza vera e propria del soggetto che ha subìto maltrattamenti o violenza presso l’ambulatorio

L'associazione culturale "MammacheMamme", attiva da più di un anno sul territorio, presenta il 2° corso di formazione professionale di assistente domiciliare all'infanzia Adi. Il progetto, che si svolge in partenariato con la Provincia di Cosenza, settore formazione, e l'Università della Calabria, mira a rispondere a due importanti bisogni: quelli espressi da giovani che intendono inserirsi nel mondo del lavoro, qualificando la propria professione di assistente domiciliare all'infanzia, e quelli delle famiglie, in particolare delle madri lavoratrici, che sempre più spesso richiedono l'aiuto di figure esterne alle reti informali, per l'accudimento del proprio bambino. Gli obiettivi del corso sono: maggiori garanzie in termini di affidabilità e professionalità e facilitazione nel reperimento di assistenti domiciliari all'infanzia, per le famiglie. Per gli allievi, invece, un'opportunità formativa qualificata, l'acquisizione di consapevolezza circa il suo ruolo e i suoi compiti educativi, un conseguimento di competenze relazioni rispetto al sistema familiare e al bambino, l'acquisizione di conoscenze tecniche di base in ambito psico-pedagogico e di nozioni e strumenti specifici per favorire e stimolare il gioco e la creatività. Il corso, riconosciuto a livello nazionale, internazionale ed europeo, è rivolto a persone dai 18 anni in poi, che vogliono impegnarsi nel lavoro di cura e accudimento dei bambini, qualificando la propria professione e si svolgerà all'Università della Calabria, nel Dipartimento di Studi Umanistici, il venerdì e il sabato. Al termine del progetto verrà rilasciato un attestato di partecipazione/certificazione Pbls-D Aisace secondo linee guida Ilcor 2010 valido ai sensi della normativa vigente e un tesserino identificativo che riporta la foto e i dati del discente e gli estremi della certificazione. I termini per l'iscrizione al corso, ed ulteriori dettagli, sono indicati sul sito dell'associazione.

III


IV

sabato 30 novembre 2013

Un messaggio dall’arte Una mostra ideata e realizzata dall'artista Adele Lo Feudo dedicata alla violenza sulla donna Da Perugia dove l'artista vive, a Cosenza sua città natale di Elisa Le Coche

Quotidianamente la cronaca ci fa conoscere episodi di violenza sulle donne: violenze consumate non solo nei paesi dove le donne non hanno alcun diritto, ma violenze e soprusi che si subiscono nel nostro progredito occidente. Le nostre città assistono silenziose a questi misfatti: donne sacrificate, offese, vituperate, donne che si ripiegano su se stesse per una colpa di cui non hanno colpa, donne che hanno perduto la voglia di sperare, minate nell’animo e nel corpo, psicologicamente frustrate, donne uccise disumanamente perché “donne”. La violenza sulla donna è un tema che non può più essere trascurato per le nostre madri, sorelle e figlie. È un tema che riguarda ed interessa tutti perché coinvolge l’intera società.

Petali rosa

L’iniziativa si conclude nella città dei Bruzi alla “Casa di Roberta” dove saranno esposte le 65 opere donate alla Fondazione Lanzino per ricordare la ragazza violentata e uccisa Adele Lo Feudo

L’artista Adele Lo Feudo, magistralmente, con il suo progetto “Un petalo rosa... Per non dimenticare” ha organizzato una mostra itinerante (da Perugia dove l’artista vive, a Cosenza sua città natale) dedicata alla violenza sulla donna. «La violenza sulla donna è un tema delicato - dice il critico d’arte Alessandra Primicerio - violenza corporea e psichica, violenza subita e combattuta violenza autoinflitta e imposta». La donna forte e fragile creatura dimostra la sua forza nel silenzio e nella sopportazione delle angherie subite e la sua fragilità nel lento annientamento del suo essere. La mostra inaugurata a Perugia, il 19 ottobre scorso, presso la biblioteca di San Matteo degli Armeni, si conclude a Cosenza, sabato 30 novembre alle ore 16.00 alla “Casa di Roberta” dove saranno esposte le sessantacinque opere donate alla Fondazione Lanzino per ricordare Roberta, ragazza diciannovenne del Cosentino, barbaramente violentata e uccisa nel 1988. Adele Lo Feudo con questa iniziativa vuole dare coraggio e voce a tutte le donne vittime di maltrattamenti: donne coraggiose che con la loro testimonianza aiutano altre donne a liberarsi dalle prepotenze subite. «L’arte è utilizzata come messaggio» asserisce Alessandra Primicerio, ed è questo messaggio forte ed incisivo che Adele vuole trasmettere con il suo progetto.

Alessandra Primicerio


sabato 30 novembre 2013

V

Quando la barella va di corsa Il dirigente medico Giorgio Ferrara di Cosenza ci parla del Congresso nazionale Fimeuc-Roma

Urgenza-emergenza

facciamo ordine etti di Carmelita Brun

Mi trovo nel Primo punto di intervento ospedaliero di Tebisacce, graziosa cittadina sul Mar Ionio, per fare una intervista al dirigente medico di Cosenza Giorgio Ferrara. La mia intervista è dedicata alle attività di pronto intervento in caso di diverse tipologie di incidenti. Ferrara mi accoglie con gentilezza e dopo aver spiegato che esistono diverse difficoltà all’interno di un Pronto soccorso mi parla del secondo Congresso nazionale Fimeuc di cui egli è membro del direttivo nazionale. Questo congresso che apre i lavori il 29 novembre e chiude il 30, è dedicato alla conoscenza del Sistema di emergenza-urgenza in Italia e riferisce Ferrara su come affrontare le maxiemergenze. I temi affrontati sono la maxiemergenza nella rete della emergenza-urgenza in Italia; gestire il caos sul territorio e in pronto soccorso, multiprofessionalità in campo: un percorso da definire, il rischio clinico: tutela dei pazienti e dell’operatore - la sicurezza delle cure. Due giornate dense di studio, dunque, che aprono nuove riflessioni e forniscono soluzioni a problemi di ordine organizzativo e gestionale delle attività di pronto intervento. Si parte con il primo incontro il 29 mattina, e ad aprire i lavori è l’interessante relazione dedicata al triage, evacuazione e peimaf, tenuta dal direttore Mario Caroli. Il 30 mattina, dopo i saluti delle autorità Federico Marmo, ispettore Sanità militare, direttore generale Eusl Roma C; Franco Gabrielli, Protezione civile; Beatrice Lorenzin, Ministero della Salute; Gabriele Lupini, Croce rossa italiana; Amedeo Bianco, Fnomceo; Roberto Lala, Ordine dei Medici di Roma; Antonio Urbino, presidente Simeup; Emilia Grazia De Biasi, commissione Sanità Senato, si apre la I sessione dedicata allo stato dell’arte della normativa in Italia. Le società scientifiche si confrontano con le istituzioni; alle 11,30 si discute di come gestire il caos sul territorio ed in pronto soccorso con l’intervento del presidente Cinzia Barletta. Nel pomeriggio l’ultima sessione è dedicata al tema del rischio clinico: Tutela dei pazienti e dell’operatore. Governo clinico e sicurezza delle cure emergenze. Un congresso importante che accredita le figure professionali di infermiere e medico per le discipline: Medicina e Chirurgia di accettazione e di urgenza, Medicina interna, Chirurgia generale, Medici di Medicina generale, Anestesia e Rianimazione. Durante queste giornate sono presentati anche argomenti e progetti che vertono sull’intervento in condizioni di instabilità geofisica nella nostra nazione in coerenza con i più recenti progetti europei. La sede congressuale a Roma è Cecchignola - Scuola Sanità militare. E nel corso di formazione satellite, organizzato dalla Faculty Dimfit, si utilizzano gli ambienti, la tecnologia, messi a disposizione dalla Scuola di Sanità militare. Le esercitazioni sono organizzate in collaborazione con il Crimedim - Centro di picerca in Medicina di emergenza e dei disastri della Università del Piemonte orientale “A. Avogadro” di Novara. Il nostro Ferrara è sempre impegnato in attività congressuali di grande importanza e di sicuro la sua presenza nel Direttivo nazionale Fimeuc dà una testimonianza della sua incessante e ricca attività professionale.

Due giornate dense di studio che aprono nuove riflessioni e forniscono soluzioni a problemi di ordine organizzativo e gestionale delle attività di pronto intervento

Giorgio Ferrara


VI

sabato 30 novembre 2013

Amarlo già da quando è nella pancia "È possibile curare il figlio prima della nascita?" Le attenzioni prenatali che non uccidono

di Francesco Fotia

La medicina prenatale, con le sue acquisizioni scientifiche, al servizio del diritto alla vita e a sostegno delle famiglie: è stato questo il punto focale dell’incontro “È possibile curare il figlio prima della nascita?”, organizzato dall’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc) a difesa del diritto alla vita, e tenuto lo scorso weekend nel Salone degli Specchi della Provincia di Cosenza. Relatore principale dell’evento è stato Giuseppe Noia, responsabile del Centro di Terapia fetale del Policlinico Universitario e docente di Medicina prenatale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il professore si è soffermato su diversi temi etici e scientifici, analizzati con chiarezza e precisione, aggiornando i presenti sulle nuove tecniche e conoscenze validate dalla scienza prenatale.

La medicina che difende la vita «Il presupposto fondamentale per applicare la medicina fetale al meglio, e quindi prevenire e curare eventuali patologie, è considerare l’embrione già persona, - ha spiegato Noia - un paziente che, in quanto tale, gode degli stessi diritti del bambino già nato. Questa premessa è necessaria per combattere quella sorta di “pigrizia mentale” che affligge alcuni ricercatori e operatori del campo socio-sanitario, e che può causare diversi danni. La coppia non informata accuratamente - ha proseguito - rischia di cadere in un particolare stato confusionale dovuto all’amplificazione della percezione del rischio che una diagnosi superficiale può causare. Da qui, c’è il forte rischio che sopraggiunga l’ansia, e con questa, lentamente, il rifiuto della gravidanza. La cosa peggiore - ha inoltre osservato il docente - è che in molti casi, nonostante la diagnosi non del tutto positiva, il bambino nasce perfettamente sano, o con una condizione malformativa di lieve entità oppure assolutamente curabile, sia in fase prenatale che perinatale. Il dato che ci da conforto, facendo sperare in una sempre più giusta applicazione della medicina fetale ha continuato - è che, grazie ai progressi della scienza, la sopravvivenza si è triplicata. Questo è il senso delle conquiste della cultura prenatale. Una cultura per curare e non per uccidere, la giusta sintesi fra scienza e fede. Un binomio, quest’ultimo, che ha il diritto dovere di difendere la vita ad ogni costo, facendo sua la filosofia della medicina che si prende cura dell’Uomo in tutte le sue forme. Una applicazione della medicina fatta propria anche dagli operatori del mondo medico che assistono psicologicamente le coppie che ne hanno bisogno». Giuseppe Noia A destra, il professore in compagnia di Madre Teresa di Calcutta

Al termine dell’intervento di Noia, l’incontro, moderato da Michele Florio, medico radiologo e docente di Bioetica, e da Antonella Canonaco, psicologa, è proseguito con le testimonianze di coppie alle quali era stato sconsigliato, da più operatori medici, di proseguire la gravidanza, ma che nonostante tutto hanno scelto di proseguire, ispirate dall’amore per la vita. Tra queste, anche una coppia appartenente all’associazione “La Quercia millenaria onlus”, della quale Giuseppe Noia è Socio Fondatore e vicepresidente.

Nel Salone degli Specchi della Provincia di Cosenza incontro organizzato dalla Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc) a difesa del diritto alla vita

L’associazione nasce dalla volontà di una coppia fortemente religiosa, alla quale era stato sconsigliato di portare al termine la gravidanza. La volontà è stata però quella di continuare nel loro personale viaggio per la vita: è nata così Giona, che oggi ha otto anni. L’esperienza è stata però all’insegna della lotta solitaria in questa complicata gestazione, non fosse stato per un gruppo di medici del Policlinico “A. Gemelli” di Roma, coordinati proprio dal dottor Noia. Da questo incontro è nata la “Quercia millenaria onlus”, la cui mission è quella di aiutare le coppie genitrici di figli nati con malformazioni. Dal 2005 l’associazione ha una delle poche strutture in Italia che assiste le coppie che devono portare avanti una gravidanza complicata. I suoi interventi sono molteplici, e vanno dalla cura del feto all’accompagnamento in un percorso di accoglienza del bambino ritenuto “incompatibile con la vita o terminale”. Inoltre,

l’associazione diffonde informazioni attraverso convegni nazionali e internazionali, la pubblicazione di libri e articoli di giornali. Inoltre, in direzione del supporto psicologico, organizza corsi di formazione permanente in Counseling, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un lavoro sul campo animato dalla fede e dal rispetto per la vita, e che è valso alla “Quercia” il riconoscimento internazionale per la struttura, considerata come unico Perinatal Hospice italiano.


sabato 30 novembre 2013

VII

Amarlo già da quando è nella pancia

Sul titolo, un momento dell’incontro Qui accanto, il pubblico del Salone degli Specchi

L’Aigoc L’AIGOC - Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici, è l’associazione che si propone di osservare, e fare osservare, l’insegnamento del Magistero della Chiesa cattolica, in particolare nell’ambito dell’assistenza sanitaria e della tutela della salute della donna e della vita nascente, della madre e del bambino. È mission dell’Aigoc impegnarsi a prestare aiuto a tutte le donne, in gravidanza e non. Un’assistenza che è sempre basata sul rispetto del diritto alla vita e sulla speranza, e apportata con le più aggiornate tecniche mediche e scientifiche, tenendo sempre ben presente il proprio indirizzo etico-morale. «Per contrastare la cultura della morte, si legge nello statuto, l’Associazione italiana di ginecologi ostetrici cattolici si fa promotrice del rispetto per la vita umana nella sua interezza, dal concepimento fino alla morte naturale, alla luce dei principi cristiani e ponendo l’accento sulla famiglia come principale custode della vita e della salute».

«Presupposto fondamentale per applicare la medicina fetale e per prevenire e curare eventuali patologie, è considerare l’embrione già persona» ha spiegato Noia, responsabile del Centro di terapia fetale del Policlinico universitario e docente di Medicina prenatale all’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma

Sotto, l’equipe e il medico con un membro della onlus


VIII

sabato 30 novembre 2013

Pillole di fede Emergenza alimentare: a Cosenza Banco alimentare, Caritas regionale e istituzioni fanno il punto

Poveri noi! di Lucia De Cicco

Si è tenuta il 21 novembre, presso il teatro Aroldo Tieri di Cosenza, l’annuale serata di presentazione della “Giornata nazionale della colletta alimentare” dal titolo “Emergenza alimentare, in Italia. Condividiamo i bisogni dei più poveri”. Tra gli ospiti, il presidente nazionale del Banco alimentare, Andrea Giussani; il presidente regionale della Caritas, don Nino Pangallo; il presidente del Banco alimentare Calabria, Franco Falcone; Manfredo Piazza, assessore alle Politiche sociali del Comune di Cosenza; Gerardo Mario Oliverio presidente della Provincia di Cosenza; Giacomo J. Mancini assessore al Bilancio della Regione Calabria; ha moderato i lavori il giornalista Francesco Di Napoli. Il primo allarme arriva dai nuovi tagli apportati dall’Ue con una drammatica riduzione di cibo e di alimenti per i bisognosi a livello continentale, dal primo gennaio 2014, con la decadenza della legge Pead (Programma europeo di aiuti alimentari agli indigenti) che, dal 1987, ha assicurato, ogni anno per tutti i Paesi dell’Ue, generi primari alle associazioni di volontariato, corrispondenti ad un valore annuo complessivo di 580 milioni di euro e che ha consentito fino ad oggi di destinare le eccedenze agricole agli indigenti dei paesi dell’Unione; si tratta di tonnellate di generi primari (come olio, pasta, riso, latte) che, associazioni, come quelle che fanno capo al Banco alimentare, distribuiscono quotidianamente a oltre 1.800.000 poveri in tutta Italia e che costituiscono una grossa parte del totale di generi alimentari a disposizione. Hanno aperto la serata alcune importanti testimonianze, pervenute dalle associazioni, che ogni anno fanno richiesta di assistenza presso il Banco alimentare. Presente anche nell’assemblea l’assessore del Comune di Castrolibero, Luca Gigliotti e don Fausto Cardamone, che ha ritenuto opportuno un intervento incitando le persone a considerare l’altro non come se fosse un fratello, perché egli è effettivamente nostro fratello. Le istituzioni, durante la conferenza hanno messo in evidenza le difficolte, che le stesse incontrano sul fronte del finanziamento. Il Comune di Cosenza, invitato a rispondere su ciò che ha intenzione di fare, nel ruolo del suo rappresentate ha risposto che è necessario tutelare la prestazione essenziale che è svolta dal Banco alimentare e che si deve, ha sottolineato Piazza, ripensare come redistribuire correttamente le merci, il denaro e il recupero e destinazione a seconda di chi ha maggiore necessità. Don Mario Pangallo, responsabile regionale della Caritas Calabria ha posto l’accento su come sia in aumento il numero dei cittadini italiani che chiedono aiuto, il 148% in più di giovani tra i diciotto e i quarantaquattro anni. La gente vede davanti un futuro incerto e molti rischiano di soffocare. «Siamo tutti a rischio, dice don Pangallo, ma paradossalmente ciò può diventare una molla di rinascita: nei momenti difficili viene fuori il meglio di un popolo, affiancato al peggio. Noi dovremmo seguire cinque semplici strade da percorrere: educarci tutti alla cittadinanzattiva, poiché la responsabilità di fronte al fragile non è sola del cristiano, ma della persona in generale; ci si deve far sentire alzando al voce verso le istituzioni, pur sapendo le difficoltà occorre fare di più, perché il rischio di tutti è altissimo. Qualche mese addietro i vescovi italiani hanno pubblicato un documento sulle politiche sociali, mettendo in evidenza il problema. Un altro aspetto è quello che bisogna ridimensionare gli stili di vita, che devono diventare essenziali e semplici. Altro aspetto, ancora, è quello che deve vedere la fine del tempo delle “vacche grasse” ridimensionando gli enti caritativi, razionalizzando di più e inventando un modo efficacie per aiutare la gente. Altro aspetto deve essere la centralità della persona, la famiglia non ha solo necessità di un pacco, ma di una serie di servizi che possa ridare dignità, uno di questo può essere la nascita dell’Emporio, dove la famiglia è libera di scegliere. Basta con l’assistenzialismo, ma ci si deve orientare verso l’accompagnamento e la presa in carico della persona».

In occasione dell’annuale serata di presentazione della “Giornata nazionale della colletta alimentare” dal titolo “Emergenza alimentare, in Italia. Condividiamo i bisogni dei più poveri”

Le istituzioni come la Provincia di Cosenza, nel suo presidente Mario Oliverio, hanno lanciato un segnale forte all’Ue che non può girare la testa di fronte ai problemi di povertà che assillano l’Italia come lo sbarco degli immigrati sulle nostre coste che creano nuove sacche di povertà o la possibilità di possedere un reddito minimo e di avere diritto al lavoro. Una parte del Fondo finanziario europeo dovrebbe essere utilizzato per questo contenitore importante (Banco alimentare), così come farà la Provincia nel limite delle proprie funzioni, destinerà infatti una parte del suo bilancio. Mancini ha affermato che la dignità dell’uomo è salvaguardata, ed è per questo che il Governo centrale dovrebbe farsi carico di “governare” i problemi dei più deboli. L’approccio, afferma Mancini, deve essere costruttivo, ottimizzando le risorse, che sono stanziate. Spesso succede che a livello locale, quelle poche risorse, che la Regione eroga, sono dirottate verso altre finalità, il compito è dunque quello di vigilare, che le risorse siano destinate allo scopo per le quali sono nate. Il presidente nazionale del Banco alimentare, Andrea Giussani ha messo in evidenza alcune fotografie principali: la crisi che sta perdurando mentre si diceva che ne saremmo usciti presto; il mondo delle forze del volontariato che gira attorno al Banco alimentare; l’Unione europea (Ue) che ha portato alla fine un programma che terminerà a gennaio 2014 e quei pochi fondi dovranno essere divisi con grande difficoltà, si sta cercando di introdurre un concetto importante che sappia dare risposta alla responsabilità di chi riceverà quei fondi e che dovranno essere pertanto giustificati affinché garantiscano l’inclusione sociale di chi è in difficoltà; l’altra fotografia riguarda il fatto che ormai la povertà tocca noi tutti, il nostro vicino, l’amico di nostro figlio: bisogna contenere lo spreco e recuperare ciò che si va a sperperare; o spreco non deve diventare un’abitudine, bisogna cambiare il modello di consumo familiare. L’ultima fotografia riguarda la Giornata nazionale della colletta alimentare, che per i volontari dell’intero Banco rappresenta l’educazione al senso della vita, al rapporto diretto con l’altro, l’educazione al dono. Ogni cristiano sa di essere dono, ma anche i non cristiani devono partecipare e comprendere che sono dono e che l’alimento è il veicolo che fa capire in modo semplice tutto ciò. Andrea Giussani ha affermato che la corretta distribuzione deve essere fatta attraverso i servizi. Al Banco alimentare non interessa, dice Giussani, la corsa ad accaparrarsi del denaro, ma interessa che questi fondi possano diventare servizi, progetti a sostegno delle opere che funzionano e che mostrino la loro professionalità in termini di risultati. Tra le associazioni presenti che annualmente chiedono di partecipare alla lista degli enti per avere derrate per i loro assistiti, anche


sabato 30 novembre 2013

IX

Pillole di fede

Da sinistra Manfredo Piazza, don Nino Pangallo, Andrea Giussani, Mario Oliverio e Giacomo Mancini Sotto, al centro Annalisa Filice con altre volontarie

“Progetto-donna Firmo” di Adelina Aiello, che quest’anno ha deciso di partecipare per la prima volta alla Colletta alimentare, poiché l’emergenza e la mancanza fondi non ci deve spaventare e si deve dare un segnale di maggiore presenza e partecipazione. È importante supportare le famiglie, che non riescono a coniugare pranzo e cena e dare supporto e presenza ai bisogni.

telligenza nell’affrontare la situazione, per cui avere anche un supporto di tipo osservativo e di presa in carico del soggetto in difficoltà è necessario, soprattutto, con l’entrata in scena delle nuove povertà.

Tra i volontari abbiamo intervistato la responsabile regionale della Colletta alimentare, la dottoressa e farmacista, Annalisa Filice, che gestisce i punti del Banco alimentare, presenti nella regione: Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone. I delegati si occupano di prendere contatti con i supermercati che aderiranno alla Giornata nazionale e chiedere i permessi necessari, fornire il materiale, organizzare il gruppo di volontari e fare poi un resoconto su tutto per interfacciarsi con la sede nazionale di Milano. Quali sono le difficoltà maggiori che quest’anno dovrete affrontare con la riduzione dei fondi? Si deve rivelare che solo a Reggio Calabria ci sono stati diciannove supermercati che hanno chiuso, tra piccoli e grandi, mentre la domanda di partecipazione dei volontari mantiene il suo standard. Tuttavia l’anno scorso, in cui i fondi hanno cominciato a essere ridotti, la raccolta delle derrate ha tenuto lo stesso numero di pacchi raccolti e questo lo dobbiamo al numero dei volontari impegnati e rilevare che nonostante la crisi, la generosità degli utenti non è mutata. La qualità del prodotto purtroppo è cambiata, perché la gente è propensa a donare, ma dona ciò che acquista per sé, un risultato evidente di una economia che è cambiata. Da quanto tempo collabora a questa iniziativa? Ho iniziato come volontaria diciassette anni fa e da due anni sono responsabile regionale e aiuto il Banco Alimentare da quattro anni. Hai una vocazione alla mission... Devo dire che questo settore mi gratifica, collaboro anche con il Banco farmaceutico, sono una delle responsabili. Oggi si deve parlare di nuove povertà ed è questo che con la nostra opera vogliamo fare: stare accanto alle persone in difficoltà. Molti di loro sono difficilmente raggiungibili e parliamo dei nuovi poveri, quelli che erano nella fascia medio bassa della scala sociale economica, loro non riescono a chiedere, non sanno a chi rivolgersi. Riceviamo tante telefonate, anche anonime, di richiesta al Banco alimentare, perché non comprendono come risolvere questa nuova situazione. Come funziona il Banco alimentare? Al Banco sono associati enti caritatevoli, che hanno un aiuto nel sociale e poi compito dell’ente andare a vedere la difficoltà che sta attraversando la persona. All’associazione, dunque, si richiede un’in-

Il primo allarme arriva dai nuovi tagli apportati dall’Ue con una drammatica riduzione di cibo e di alimenti per i bisognosi a livello continentale

Qual è la differenza tra la carità e l’elemosina? Mentre un gesto di elemosina finisce in quel momento per essere uno scrollarsi da quella situazione, il gesto di carità affronta il bisogno non solo in termini sociali, ma attinge alle coscienze personali. La Colletta garantisce questo cammino di amore per fare emergere la realtà del bisogno, essa è tuttavia una parte marginale nel bisogno stesso. Mentre per gli anni precedenti la Colletta alimentare costituiva un simbolo, perché arrivavano altri fondi, oggi essa acquista un ruolo maggiore, si sta pensando già a una seconda raccolta e poi stiamo cercando in modo più capillare di arrivare a coinvolgere anche i piccoli supermercati, perché tutto oggi è necessario, poiché manca l’essenziale. Cosa che prima non accadeva con il supporto di Agea, che forniva i legumi e altre derrate di primaria importanza.


X

sabato 30 novembre 2013

Innovazione verde Concluso a Lorica, presso la sede amministrativa del Parco della Sila, il "Living lab" promosso dallo stesso Parco con la collaborazione organizzativa di "Calabresi creativi"

Turismo

formare e informare

E poi c’è anche il turismo culturale

Orizzonti nuovi per la Sila

Una iniziativa mirata ad informare e formare degli operatori turistici ed alberghieri rientranti nell’Area del Parco della Sila utilizzando la piattaforma SmartDmo utile a promuovere l’immagine dell’ambiente naturale ed il patrimonio culturale ed enogastronomico del territorio silano per poter attrarre interesse turistico. La piattaforma sempre più social e adattata alle esigenze degli operatori ne ha ulteriormente svelato l’utilità nella promozione turistico-territoriale arrivando, proprio nella fase sperimentale, finanche in Cina. «Ringraziamo il Parco per averci dato questa opportunità» ha sottolineato Domenico Rositano, presidente dell’associazione Calabresi Creativi, nel seminario conclusivo tenutosi a Lorica «e siamo fieri di comunicarvi che dalla Sila siamo arrivati fino in Cina, alla IV edizione del “China Italy innovation forum”». Proprio questo fatto ha portato la presidente del Parco, Sonia Ferrari, a sottolineare come ci sia bisogno nel territorio del Parco di forme di un’innovazione che riuniscano le persone; e «SmartDmo ne è un esempio positivo». Da parte loro, Francesco Paradiso e Paola Licata (Calabresi creativi), hanno illustrato ai numerosi operatori presenti (agenzie di viaggio, strutture ricettive e per la ristorazione) le nuove funzionalità della piattaforma, con la simulazione di un itinerario completo attraverso l’interazione e il monitoraggio delle informazioni provenienti da Internet e dal territorio. «Per fare promozione non servono investimenti milionari, basta un tablet usato da una persona consapevole - ha sottolineato Andrea Castello (Social media strategist) nel suo intervento - perché il caricamento dati e lo scambio di comunicazione non siano fini a se stessi, ma puntino ad avere una visione chiara delle risorse e dello stato dell’arte della filiera territoriale». La piattaforma, vincitrice del bando Miur 2012, realizzata da Calabresi Creativi, in collaborazione con il dipartimento del Turismo della Regione Calabria, associazione “Bto educational”, “Sviluppo Piemonte turismo”, associazione “Le Terre dei Savoia”, ente Turismo “Alba Bra Langhe e Roero”, vedrà la prossima sperimentazione proprio in Piemonte. È una buona occasione per presentare Made in Calabria da esportazione, che vuole creare rete per la Calabria. Per maggiori informazioni, si può utilizzare il sito www.smartdmo.it e, prossimamente, si avrà uno spazio dedicato su http://www.parcosila.it/. (Si allega foto seminario Lorica) Franco Bartucci

Promuovere l’immagine dell’ambiente naturale e il patrimonio culturale ed enogastronomico del territorio silano per suscitare interesse

Di Domenica. Di Domenica a Cosenza quando la frescura della Villa Comunale apre il cuore alla speranza. È quasi il crepuscolo quando il sole oltre il lontano crinale dell’Appennino si tuffa nel mare e Cosenza vive il momento più bello arricchito da una timida penombra che regola ai vicoli e agli slarghi, alle gradinate ed alle piazzette il fascino di un mistero colto soltanto da chi ama questa antica città. Ero su una panchina nella Villa Comunale ad inseguire pensieri, magari chimere quando dalla limitrofa Piazza che ricorda molti del quarantaquattro, quelli di marzo, ha fatto irruenza nel viale principale guardato a vista da alberi secolari, un tanto allegro quanto chiassoso gruppo di turisti proveniente da chissà dove. E certo da lontano. Da molto lontano. I convenevoli di rito e poi una domanda: dove è e quale è la strada che porta in Sila. Per sciare certamente no. Ancora non c’è neve. Per pescare nei laghi? Oppure? Immediata la risposta: per andare al luogo delle anime. E per darne ragione quello che sembra il capo gruppo trae dallo zaino non libro. Ne legge il titolo: Il luogo delle anime e ne legge l’autore: Coriolano Martirano. Un libro affascinante, dice il capo gruppo che ci ha spinto a conoscere il luogo dove Dante si sarebbe rifugiato dopo la condanna all’esilio. La selva oscura della Sila l’avrebbe accolto e messo al sicuro. E qui avrebbe scritto la Divina. E noi, veniamo da molto lontano ribadisce il capo gruppo, siamo venuti per vedere questo luogo che, dice l’Autore, allo stato delle cose è come quello cantato da Dante, una selva fitta solcato da un fiume, un cono rovesciato dove le anime trovano l’eterno riposo. Il libro di Martirano che da l’onestà di definirsi romanzo, racconta la presenza di Dante in Sila con arte creativa che si regge nelle regole del verosimile. A noi che veniamo per amore di Dante e per amore della Divina Commedia, continua il capo gruppo dei turisti, non importa se il racconto di Martirano è fantasia o realtà. Quello che conta è il fascino che Il luogo delle anime trasmette. Un saluto. E via Sul pulmino verso la Sila. Verso Cerenzia subito dopo San Giovanni in Fiore dove Dante avrebbe conosciuto il pensiero dell’Abate. Una considerazione. Per la Sila si aprono orizzonti nuovi. Fallita la riforma agraria e fallita la industrializzazione questo nuovo orizzonte è il turismo culturale. A Cosenza per il tesoro di Alarico; in Sila per Dante. Il luogo delle anime di Coriolano Martirano ipotizza che Dante è stato in Sila a scrivere la Commedia. Una ipotesi non è una prova. Ma tante ipotesi meritano attenzione. E fin quando non è provato che Dante non è stato in Sila le ipotesi di Martirano diventano prove. E non è poco. Alessandro Guarascio presidente del Convivio associazione culturale


sabato 30 novembre 2013

XI

Tutelare memoria e tradizione Riunita l’assemblea dei soci della delegazione Fai-Pollino, presso il “Punto Fai Pollino”

Cittadini custodi del territorio

Mormanno, comune che il Fai proporrà come “Luogo del cuore” a livello nazionale

Il capodelegazione, Donatella Laudadio, e i delegati, Gianluigi Trombetti, Franco Caruso e Mimmo Sancineto, hanno illustrato ai presenti alcune delle proposte programmatiche a breve, lungo e medio termine, invitando peraltro i soci presenti ad offrire, oltre alle proprie capacità e al proprio tempo, anche suggerimenti, proposte, progetti, idee, atti a valorizzare, a diffondere, a promuovere la tutela e la conoscenza del meraviglioso Parco del Pollino, unico in Italia per estensione, per peculiarità geomorfologiche e naturalistiche, per specificità architettoniche, linguistiche, culturali e religiose, per bellezze paesaggistiche, ma ad oggi assai poco conosciuto ed amato, in relazione alla ricchezza di sollecitazioni che potrebbe offrire. È un elemento di grande positività, ai fini di un’azione congiunta e interistituzionale, l’adesione, in qualità di soci, dei sindaci di Castrovillari, di Frascineto, di Mormanno, di Cerchiara, che sono appunto alcuni dei Comuni di maggiore rappresentatività del nostro territorio; è auspicabile, secondo il Fai, che tale partecipazione si estenda anche a tutti gli altri Comuni del Parco. È altresì positiva la partecipazione, in qualità di soci, dei presidenti dell’ associazione “Vigne”, avvocato Angelo Cosentino, e della associazione “Circolo cittadino”, Angelo Giannoni, come dimostrazione della volontà della delegazione di interagire in azioni comuni, anche a sostegno ed a supporto delle associazioni con finalità similari, piuttosto che in un clima di protagonismo e di isolamento, come è spesso avvenuto e sovente avviene. Proprio la volontà di agire in sintonìa, piuttosto che in competizione, con le altre associazioni, ha prodotto una intesa di collaborazione tra la delegazione Fai ed altre associazioni, tra le quali, oltre a quelle presenti, anche l’associazione Aicc, il gruppo archeologico della zona del Pollino, ed il Wwf, già da tempo operanti sul territorio, con grande passione e motivazione civile. Dai suggerimenti dei delegati e degli altri soci sono scaturite alcune proposte programmatiche, approvate dall’assemblea, la prima delle quali è l’attuazione di una mostra, presso i locali del Circolo cittadino dal 5 al 15 dicembre 2013, riguardante l’elaborazione dell’immagine della Madonna del Castello attraverso i pittori locali dal

Il capo delegazione, Donatella Laudadio, e i delegati, Gianluigi Trombetti, Franco Caruso e Mimmo Sancineto, hanno illustrato alcune delle proposte programmatiche a breve, lungo e medio termine

XVI al XX secolo, organizzata e commentata dal professor Trombetti. Altre proposte a medio e lungo termine, scaturite dall’assemblea, riguardano la scelta del “Luogo del cuore” che il Fai proporrà a livello nazionale, e che è stato individuato nel Comune di Mormanno, come grumo di memoria, di storia, di identità territoriale, da salvaguardare dai guasti del post terremoto e dall’indifferenza degli uomini. Le manifestazioni su questo oggetto saranno arricchite da una mostra, da tenersi a Mormanno, dei quadri dei pittori Angelo e Genesio Gualtieri, originari appunto di Mormanno. La proposta è stata particolarmente apprezzata dal sindaco di Mormanno, Armentano, che ha ribadito la necessità di opporsi con tutte le forze a qualunque tipo di smantellamento, capace di svuotare ulteriormente una collettività che lotta per la sopravvivenza. Altre proposte hanno riguardato lo sviluppo delle “Giornate di primavera”, da effettuarsi nella Civita di Castrovillari, con la collaborazione delle scuole cittadine associate al Fai, iniziativa che includerà anche la conoscenza e la rivalutazione della figura di Andrea Alfano; ci saranno altre iniziative, tra le quali la diffusione di una miglior conoscenza del Parco dal punto di vista geomorfologico, anche attraverso visite guidate e percorsi creativi; e quella di promuovere , oltre ad altre manifestazioni della nostra cultura, anche la conoscenza etnomusicologica della produzione territoriale, ricorrendo, se possibile, alla collaborazione dell’Università della Calabria. Infine, ma non da ultimo, il Fai si propone di partecipare alla composizione dei Quartieri, per vigilare sull’assetto urbanistico e sulla qualità e fruibilità dell’ambiente della nostra città; e anche di acquisire il Piano del Parco del Pollino, riguardante la prevenzione degli incendi, e la programmazione che l’ente Parco mette in campo per il territorio di sua competenza. Si invitano i cittadini a partecipare alle iniziative del Fai, poiché non vi è miglior custode del proprio territorio dei cittadini che vi abitano, e che hanno il dovere di trasmettere alle prossime generazioni non solo la tutela, ma anche la memoria, le tradizioni, l’arte e la bellezza della propria terra, che di ogni collettività rappresentano l’identità, senza la quale non esiste consapevolezza di sé, né per gli individui, né per le comunità.


XII

sabato 30 novembre 2013

Esperienze che arricchiscono Iniziativa del Centro polivalente per i giovani/Caffè delle Arti di Catanzaro

Altra economia, altro che economia

Grande successo di pubblico per la I edizione 2013/2014 del Mercatino dell'altra economia, tenutosi al Centro polivalente per i giovani/caffè delle arti di di Catanzaro. Un'occasione per riscoprire il valore delle tradizioni enogastronomiche e artigianali, grazie alla collaborazioni delle ditte private, delle aziende agricole e delle associazioni provenienti da tutta la regione. Tutte realtà locali, piccole ma molto affiatate a sostenere la filosofia del prodotto equosolidale a Km 0, dando la possibilità di assaporare le specialità enogastronomiche, i prodotti da agricoltura biologica, ma anche prodotti di artigianato, vestiario e bigiotteria; tutto fatto a mano e a prezzi competitivi, con lo scopo di rivalutare la manodopera artigianale. Le novità di quest'anno è stata una sezione dedicata specificatamente al Baratto e all'usato, dove poter riscoprire il valore del libero interscambio di merci, ma anche di competenze ed esperienze professionali, in grado di fornire un valido antidoto alla crisi. Un pomeriggio di cultura e intrattenimento arricchito dal I di una serie di incontri dal titolo "C'era una volta un mondo capovolto" a cura di dell'Associazione Pachamama, attiva nella rivendita e produzione di prodotti naturali per la salute del corpo e della casa e che ha come obiettivo la presentazione di un progetto basato sullo sviluppo critico, con il quale uscire dalla crisi, attraverso il rispetto per l'ambiente e la tutela dei diritti umani. Il dibattito è stato curato dalla fondatrice dell'associazione Paola Rosanò, la quale partendo dal racconto della sua personale esperienza in Chapas accanto alle comunità zapatiste, ha rivendicato la necessità di uno sviluppo del consumo critico sui prodotti di utilizzo di quotidiano nelle nostre case, prodotte da multinazionali, troppo spesso legate, al doppio filo, al sostegno dello sfruttamento minorile, di regimi dittatoriali e all'utilizzo di materiali nocivi per la salute, con un attenzione particolare rivolta anche a molte ditte farmaceutiche, colpevoli di aver controllato un sistema di diffusione dei farmaci legato anche alla classe medica. Una diversa visione del mondo è possibile, magari ritornando a riflettere, in base a quello che sta succedendo in questi giorni nel mondo, al rispetto che l'uomo deve alla terra e alla natura, affinché non sia la terra a rivoltarsi su di noi.

Tutte realtà locali, piccole ma molto affiatate a sostenere la filosofia del prodotto equosolidale a km 0, per fare assaporare le specialità enogastronomiche, i prodotti da agricoltura biologica, ma anche artigianato, vestiario e bigiotteria; tutto a mano e a prezzi competitivi, con lo scopo di rivalutare la manodopera artigianale

Donazione di Casapound a parrocchia lametina

Leggere è un bisogno di tutti «Il nucleo locale di CasaPound Italia ha donato centinaia di libri alla parrocchia del quartiere Bella. Stiamo lavorando per attivare nel quartiere una biblioteca sociale per i più bisognosi. La nostra promessa è stata mantenuta». A dichiararlo è Mimmo Gianturco, responsabile dell’associazione di promozione sociale di destra CasaPound Italia. «Pochi giorni fa - afferma Gianturco - abbiamo terminato la consegna di centinaia di libri scolastici e non, alla parrocchia ‘Natività della Beata Vergine Maria’ del quartiere Bella di Lamezia. I libri sono frutto del lavoro estivo, svolto dal nucleo locale di CasaPound Italia, durante il mercatino sociale del libro usato. Durante il mercatino sociale del libro usato - continua il responsabile di CasaPound - unico mercatino senza scopo di lucro, ci siamo posti il problema di cosa farne dei libri che sarebbero rimasti invenduti. Da subito ci siamo impegnati per attivare una biblioteca sociale nel quartiere Bella, trovando disponibilità in don Aldo Figliuzzi, il quale ci ha messo a disposizione la sua struttura parrocchiale. L’idea è di realizzare nei primi mesi del 2014, la biblioteca rivolta ai più bisognosi».


sabato 30 novembre 2013

Personalità e stile

L’orgoglio di avere gusto italiano

La bellezza dei colori e la creatività del metodo per due eventi di stile a Cosenza Uno scambio culturale avvenuto a Cosenza, prima presso la Confartigianato, poi nei locali dell’Accademia New Style e che ha visto protagonisti Bojana Amon, Alenka Lukic, Marija Toure, docenti sloveni della Hight school for design Maribor e Teresa Fiorino, Mariarosa Putignano, Carla Primiceri, Lida Micieli ed Ettore Mazzocca, docenti di stilismo, grafica, modellismo e lingua. A fare gli onori di casa Franca Trozzo, vicepresidente sezione Moda della Confartigianato Cosenza, che, aderendo a una delle iniziative dell’Euroform, ha dato vita a un confronto costruttivo sul tema della moda nella città bruzia. In occasione della visita dei docenti sloveni per approfondire i temi da trattare durante il dibattito è stata organizzata una sfilata cui hanno preso parte delle giovani promesse della moda cosentina e calabrese in genere, quali Noemi Moretti, Marina Vespa, Francesca Prostamo, Cristina Cozzolino e Antonella D’Alia (CrisAnto Vanity) con delle opere realizzate interamente da loro: dai bozzetti, alla sartoria, fino agli ultimi dettagli di accessori e abiti. Grande soddisfazione per lo scambio interculturale sui temi della moda è stata espressa da Giudiceandrea, assessore alla Formazione

Scambio culturale che ha visto protagonisti Bojana Amon, Alenka Lukic, Marija Toure, docenti sloveni della Hight school for design Maribor e Teresa Fiorino, Mariarosa Putignano, Carla Primiceri, Lida Micieli ed Ettore Mazzocca, docenti di stilismo, grafica, modellismo e lingua

professionale della Provincia di Cosenza; dall’architetto Emilio Leo, convocato in qualità di esperto del settore delle lane e dal fotografo di moda Francesco Tosti, tutti intervenuti durante il dibattito informativo. L’atmosfera è stata particolarmente entusiasmante: molto partecipato l’incontro in cui è stata espressa grande curiosità da una parte e dall’altra circa i metodi di insegnamento e la qualità delle opere prodotte. Proprio da questo confronto emerge che mentre in Slovenia si predilige un’impostazione “industriale” per formare coloro che si occuperanno di abbigliamento, l’Italia riassapora la sua identità di fucina di menti creative e laboriose. La direttrice dell’Accademia New style, Franca Trozzo, si è rivelata molto emozionata dall’incontro, sottolineando il suo orgoglio nel veder partecipi i ragazzi della sua scuola che sono intervenuti con domande e curiosità durante il confronto con gli ospiti stranieri. Uno scambio proficuo che mette in luce le potenzialità del confronto e rende ancora più ammaliante il mondo della moda, sia per chi ha la creatività e la voglia di esplorarlo, sia per chi ama semplicemente lasciarsi conquistare dal suo innegabile fascino.s

XIII


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sabato 30 novembre 2013

Talento chiama talento Intervista ad una "promessa" che sta diventando realtà

Sud fucina per grandi artisti

Igor Petrotto Nella foto di gruppo l’artista con Enrico Montesano (al centro)

nelli di Federica Monta

Classe ‘85, capacità e competenze artistiche supportate da un talento che ti rende protagonista della scena da molti anni. Cosa si prova? Essere tra i fortunati che lavorano, specialmente in un periodo di crisi come il nostro, è davvero una gran bella sensazione. Sono passati sette anni dal mio trasferimento a Roma e dopo tanti sacrifici, posso dire di essere molto soddisfatto. Negli ultimi tre anni ho lavorato molto, soprattutto in teatro, passando per il cinema, la tv e l’insegnamento. Un passo alla volta: è quello che voglio fare, purtroppo o per fortuna. Ho una passione talmente grande per questo lavoro che la fame, invece di diminuire, aumenta a dismisura. Un breve viaggio a ritroso nei tuoi studi, nella formazione artistica. Chi dei maestri che ti hanno perfezionato ti ha “convinto” che la tua scelta fosse quella giusta? Ho avuto molti Maestri. Nell’accademia che mi ha formato, il “Lim”, nei vari stage formativi e a New York ai “Susan Batson studios”. Ognuno di loro mi ha dato moltissimo, ma il “mio maestro” è stato Gianluca Ferrato. Grandissimo attore e insegnante, è stato capace di farmi amare questo lavoro e mi ha trasmesso la passione e il rispetto per un’arte come quella della recitazione. Devo moltissimo anche a Jordan Bayne, splendida attrice, acting coach e insegnante, che con il suo metodo mi ha “aperto un mondo” e un modo diverso di approcciarmi a un testo e a un personaggio. Cesare Vangeli, grande coreografo, calabrese, è partito, proprio come te, da una piccola realtà. Il successo e la determinazione lo hanno portato lontano. C’è qualcosa del Sud che dà la giusta ispirazione? Sicuramente sì, il Sud è stato sempre fucina di grandi artisti. Sarà per il nostro modo di essere solari, estroversi, il nostro gesticolare animatamente. O forse per i posti meravigliosi che abbiamo, penso al mare, che durante l’anno regala emozioni diversissime in base alle stagioni rendendoci tutti un po’ più sognatori, pensatori, artisti. Sono tornato pochi giorni fa da Napoli: la prova lampante che al Sud di sicuro qualcosa c’è: una città meravigliosa che è un Teatro all’aperto, 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno!

Attore, ballerino, cantante A soli 28 anni Igor Petrotto ha già calcato i palcoscenici internazionali. L’artista siciliano si racconta e rivela segreti e ricchezze del mestiere più bello del mondo

Al tuo attivo hai, l’ultimo, prezioso, successo teatrale: C’è qualche cosa in te, (Teatro Brancaccio, Roma), scritto e diretto da Enrico Montesano. Puoi dirci qualcosa su di lui e su questa esperienza? Questa esperienza credo proprio che sarà una di quelle che porterò sempre con me e che un giorno racconterò ai miei figli. Lavorare in un Teatro come il Brancaccio è un sogno, per il suo prestigio, per la sua storia e la sua bellezza. Ricordo ancora la sera dell’anteprima. Ero nascosto insieme agli altri dietro ai costumi della scenografia, pronti a fare il nostro ingresso per aprire lo spettacolo. Sbirciando attraverso i costumi ho visto la platea e per un attimo mi è mancato il respiro: una platea gremita di gente, dalla balconata alla poltronissima. Un’emozione indescrivibile che non può non restarti dentro. E poi c’era Enrico Montesano! Facevo parte di uno spettacolo da lui scritto, diretto e interpretato. Non un attore, ma l’Attore, un mostro sacro del Teatro. Conosce la scena in ogni dettaglio, non gli sfugge niente, sa dove deve stare lui, dove devi stare tu e tutto il corpo di ballo. Un professionista come credo ormai non ce ne siano più. Durante le prove è stato sempre pronto a darci consigli, tecnici e di vita, di educazione teatrale. Basta osservarlo in scena per imparare più che in anni e anni di formazione. Lavoro chiama lavoro: dal teatro alla tv al cinema. A quale, dei tre settori, però, senti di appartenere? In questi sette anni, la maggior parte del mio tempo l’ho vissuto in


sabato 30 novembre 2013

Talento chiama talento

Cesare Vangeli

teatro, da quelli piccoli da 30 posti a quelli enormi come il Brancaccio. E devo dire che le emozioni che mi dà il teatro non me le dà nient’altro, è una droga meravigliosa, dagli applausi, alle risate del pubblico, ai momenti drammatici dove senti che il pubblico avverte tutta la sofferenza, diventi un tutt’uno con il posto e le persone che sono li, ogni sera provando cose diverse. Sicuramente appartengo al teatro. Certo, il sogno più grande che ho fin da bambino è il cinema. Sono cresciuto a pane e film, da Nuovo Cinema Paradiso a C’era una volta in America, da Il Postino con Troisi a Johnny Stecchino, quindi è inevitabile che dentro di me, ogni giorno della mia vita spero che arrivi quell’occasione, e credo che finché avrò fiato in corpo ci crederò con tutte le mie forze. Sono ottimista e positivo fino alla nausea. Il momento politico ed economico non è dei migliori e l’incertezza, specie tra i giovani, regna sovrana. Cosa ti spinge a non mollare la presa? La risposta è esattamente la stessa di prima. Ho un sogno, una passione e un amore infinito, non c’è altro al mondo che vorrei fare se non questo, che sia recitare, ballare, cantare, suonare, su un palco o davanti a una macchina da presa. Se mollassi ne morirei, perderei la mia ragione di vita. Magari farei altri lavori, andrei avanti comunque, ma dentro non sarei più vivo, questo è sicuro. A mollare non ci penso proprio, anzi, come dicono a Napoli, Nun me passa manc pa a capa! Che consiglio daresti a un giovane artista ispirato da passione (e incoscienza) verso un mestiere tanto ricco quanto rischioso? Il consiglio che darei è quello che ogni giorno do a me stesso: se la

«Essere tra i fortunati che lavorano, specialmente in un periodo di crisi come il nostro, è davvero una gran bella sensazione Sono passati sette anni dal mio trasferimento a Roma e dopo tanti sacrifici posso dire di essere molto soddisfatto»

Jordan Bayne

mattina ti svegli e senti che non c’è altro che vuoi fare, che hai un pensiero fisso, che è un amore troppo grande, continua contro tutto e contro tutti. La vita è una sola, quindi perché perdere tempo a fare cose che ti fanno sopravvivere? Perché accontentarsi? Anche perché certe cose non te le puoi imporre. Se ami qualcuno, non puoi premere un interruttore e non amarlo più, può lasciarti, traditi, farti del male, ma se ami, ami a prescindere da tutto. Ecco, se amate così questo lavoro, passione, arte o come la volete chiamare, non mollate mai. O te ne innamori perdutamente e non lo lasceresti per nulla al mondo. Oppure comprendi che il gioco non vale la candela e lasci senza rimpianti. Di sicuro la salita è dura, piena di delusioni, difficoltà e fatica, ma ogni volta che fai un passo, anche piccolo, verso l’alto, è una gioia infinita e ti ripaga di tutto. L’ottimismo di Igor si fa nostro. Immersi nell’entusiasmo che appartiene ai sognatori, diventiamo tutti protagonisti di un fuoco sacro, quello dell’arte. Nulla potrà mai spegnerlo.

XV


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sabato 30 novembre 2013

Il libro

Pochi ma buoni

Gli albanesi come non li avete mai visti Presentato a Cosenza il libro “Il Risorgimento degli Arbëresh” di Oreste Parise

Giovedì 28 novembre presso la sede dell’associazione “Le Muse - Arte” a Cosenza è stato presentato il libro Il Risorgimento degli arbëresh di Oreste Parise, presente l’autore. Le relazioni sono state tenute da Cesare Marini, sindaco di San Demetrio Corone, Giovanni Belluscio, ricercatore Unical, Vincenzo Napolillo, scrittore, accademico cosentino. Ha moderato il dibattito Leopoldo Conforti. Nel salone della galleria d’arte è stata allestita una mostra personale del pittore albanese Emin Shaqja, residente a Spezzano Albanese, che resterà aperta per due settimane. L’autore: Oreste Parise è giornalista e autore di numerosi saggi di economia. Dopo la laurea a Napoli in Economia e Commercio, ha lavorato a lungo come ricercatore presso l’Ufficio Studi del Banco di Napoli; in seguito dirigente, ha ricoperto anche incarichi di studio presso la Comunità europea. Collabora con il settimanale Mezzoeuro fin dalla sua nascita come responsabile del settore economia. Acuto osservatore della vita politica ed economica-sociale, le sue considerazioni risultano sempre attente e meditate attraverso una analisi complessa del presente e un punto di vista rigoroso sui grandi temi dello sviluppo economico. In corso di pubblicazione il libro Antonio Serra e il suo tempo, Vita e pensiero del primo economista moderno, Ecra, Roma per la celebrazione del IV Centenario della pubblicazione del Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d’oro e d’argento dove non sono miniere. Antonio Serra pubblicato a Napoli nel luglio del 1613 per i tipi di Lazzaro Scorriggio. L’artista: Il maestro Emin Shaqja è diplomato al Liceo artistico “Jordan Misja” di Tirana ed è stato uno dei più importanti ed apprezzati rappresentanti del “realismo socialista” partecipando a numerose manifestazioni nazionali. Molto apprezzato in patria per la forza espressiva dei suoi quadri, che associa il realismo delle immagini con la fantasiosa rappresentazione di personaggi e paesaggi immaginari. La presenza quasi casuale di elementi estranei attribuisce alle scene un carattere onirico, suggestione di un mondo incantato. Trasferitosi a Spezzano Albanese, dove vive e svolge tuttora la propria attività, ha organizzato numerose mostre personali con un riconoscimento unanime delle sue capacità espressive. Tra le ultime si ricordano: “Ekspositë e mjeshtrit” a Lungro in occasione della “Java e Salinis” nella primavera del 2008; a Vaccarizzo nel giugno 2013 in occasione della X Esposizione dei vini arberesh; Mostra di pittura “CalabriArte - Incontro collettivo” a Rossano nell’agosto 2013, con partecipazione dei migliori artisti operanti nella regione: Sasà Santalucia, Giovanna Semeraro, Emin Shaqja, Lucia Sifonetti, Grazia Simeri, Noemi Stricagnolo, Concetta Tridico, Pasquale Vincenzo e altri. Il libro: In una prosa chiara e lineare ricostruisce il lungo rapporto tra gli albanesi e la Penisola italiana che inizia fin dalla lontana epopea di Pirro e non si è mai interrotto. Nel corso nel XV secolo si è verificato un esodo massiccio dall’Epiro a seguito della pressione dell’Impero Ottomano che ha provocato la nascita di numerose comunità locali arberesh sparse in tutto il territorio del Regno di Napoli e in Sicilia, che hanno mantenuto tenacemente usi, costumi e lingua per cinque secoli. Nel corso dei secoli XVIII e XIX la comunità arberesh ha mostrato una straordinaria vitalità contribuendo in maniera determinante alla lotta la democratizzazione dello stato, la concessione della Costituzione, l’equità e la giustizia sociale con un movimento che si può considerare come un vero e proprio “risorgimento arberesh”. Questa straordinaria esplosione di uomini e idee si inaridisce con l’unificazione della penisola per la prevalenza delle istanze unitarie che miravano alla completa soppressione delle specificità locali, delle culture e delle presenze linguistiche minoritarie. Un rapido sguardo su fatti e personaggi che hanno fatto la storia del Mezzogiorno e d’Italia esaltando una piccola comunità che ha dato un contributo molto superiore alla sua consistenza numerica.

In una prosa chiara e lineare ricostruisce il rapporto tra albanesi e Penisola iniziato fin dall’epopea di Pirro e mai interrotto

Nostalgia per quella patria lontana di Oreste Parise

Uno sguardo su fatti e personaggi che hanno fatto la storia del Mezzogiorno e d’Italia esaltando una piccola comunità che ha dato un contributo molto superiore alla sua consistenza numerica.

autore di “Il risorgimento degli arbëreshe”

Il Risorgimento degli arbëresh è un titolo che può trarre in inganno, lasciando immaginare che si voglia parlare del contributo che i membri di questa comunità meridionale ha dato al movimento risorgimentale. Ma in realtà l’epopea risorgimentale è per gran parte una ricostruzione in chiave romantica di eventi che nel momento in cui si verificavano non avevano l’obiettivo della costruzione di uno stato unitario. La ricerca di una identità nazionale è una superfetazione successiva, una invenzione retorica per creare uno spirito unitario quasi assente tra la gente. La comunità arbëresh nasce nel Mezzogiorno per ondate successive a partire dalla fine del XV secolo e per alcuni secoli resta silente. Nei due secoli successivi, segnatamente nel XVIII e nel XIX, ha un momento di grande splendore e contribuisce in maniera significativa e certamente di molto superiore al suo peso numerico alle vicende storiche del Regno delle due Sicilie. Per segnare i punti terminali di questo processo si potrebbe fare riferimento alla costituzione del Collegio Corsini di San Benedetto Ullano agli inizi del Settecento e alla proclamazione dell’Unità d’Italia. In questo periodo, che coincide con la permanenza della dinastia dei Borboni nel Regno di Napoli, c’è una straordinaria fioritura di uomini arbëresh. I sovrani borbonici in questo processo non hanno fatto molto poiché non si conoscono provvedimenti specifici a favore della popolazione arbëresh. Però, hanno consentito la caducazione delle prammatiche che impedivano agli arbëresh il pieno godimento dei diritti di cittadinanza. Infatti, ad essi era vietato la costruzione di case in muratura, di andare a cavallo e così via. Queste leggi non sono mai state abrogate, dagli inizi del Settecento furono sempre disattese e questo ha consentito l’edificazione dei numerosi paesi ancora oggi esistenti. Il lungo tempo trascorso tra il loro arrivo nel Regno e l’inizio della costruzione dei loro insediamenti stabili ha fatto sì che quando hanno iniziato le loro costruzioni i mastri muratori avevano perso ogni riferimento alla tecnica costruttiva dei loro paesi di origine, rifacendosi al modello locale. Quando nella ricostruzione di Cavallerizzo si è voluto proporre un richiamo all’architettura orientale c’è stato un risultato che stride con il panorama urbanistico circostante, da fare apparire il nuovo centro abitato un corpo estraneo. Se l’inizio della rinascita della comunità arbëresh può essere accettato senza discussioni, più problematica è l’accettazione di un processo che si interrompe con la formazione dello stato unitario. Non mi risulta che qualcuno abbia fatto cenno a un centocinquantesimo anniversario di un evento epocale capace di segnare in modo indelebile, la nostra vita e il nostro cammino di progresso. La legge Pica, approvata il 14 agosto del 1863, che ha segnato l’inizio della legislazione “speciale” nel Mezzogiorno. Quella sì che era una legge speciale, che ha provvisoriamente sospeso le guarantigie costituzionali con la dichiarazione dello stato di guerra, e l’introduzione del codice militare nella legislazione civile, con tutte le conseguenze, gli abusi e le atrocità che ne sono conseguiti. Quello che doveva essere un evento gioioso si è tramutato in una tragedia con


sabato 30 novembre 2013

Il libro Per le minoranze arbëresh mancano le risorse, ma soprattutto la fantasia perché oggi solo la cultura può scongiurare la scomparsa di ogni loro segno identitario nell’Impero Austro-Ungarico. Nel grande gioco della politica europea avevano un peso specifico limitato per la loro dimensione.

migliaia di morti. La legge Pica ha una importanza fondamentale perché ha condizionato il nostro passato e rischia di essere ancora un macigno per il nostro futuro. Chiarisce in maniera palese che Garibaldi e le sue mille camicie rosse erano solo uno strumento, l’obiettivo era la conquista del Regno del Sud, la sua soggezione a uno stato coloniale. Il governo dittatoriale di Garibaldi dura solo quattro o cinque mesi, fino al famoso incontro di Teano. Il governo militare di Cialdini, che aveva al suo comando un esercito di 120.000 uomini dura quasi dieci anni, con un numero di morti, incarcerati, perseguitati con un bilancio che supera tutti gli episodi classificati ex-post come risorgimentali. Garibaldi entra a Napoli il 7 settembre del 1860, Pietro Fumel era già qui tra noi alla fine dello stesso mese pronto per la sua feroce campagna di repressione. La legislazione speciale introdotta in quegli anni per la repressione del Brigantaggio è stata giustificata dalla eccezionalità della condizione di sicurezza del Mezzogiorno, ma da quel momento esso ha goduto di uno status speciale, giustificato dalla condizione di arretratezza, dalla precarietà dei rapporti sociali, dalla ferocia della criminalità organizzata in gran parte prodotta dal lungo periodo di repressione e dalla necessità di organizzare una difesa contro l’abuso e l’arbitrio in cui erano costrette a vivere le popolazioni meridionali. Noi tutti siamo diventati sorvegliati speciali, ingovernabili e incivili, antropologicamente criminali secondo l’insegnamento di Cesare Lombroso. L’unica politica seguita dal governo nazionale è stata quella repressiva, conseguenza della convinzione che non vi era protesta politica, come dimostrava l’entusiastica partecipazione popolare ai plebisciti di annessione al Regno. Si è levata qualche protesta da parte dei parlamentari meridionali, come Luigi Miceli, ma era solo una richiesta di mitigazione degli strumenti repressivi adottati. Solo Luigi Menabrea aveva proposto qualcosa di diverso, un programma di investimenti pubblici di 20 milioni di lire per dare sollievo alle popolazioni meridionali. Una sorta di Piano Marshall ante litteram, prontamente bocciato come irrealistico dai liberali al governo e non sostenuto neanche dalla sinistra garibaldina. Di tutto questo non c’è che un cenno nel libro che vuole rappresentare il momento di crescita della comunità arbëresh e il lungo processo di integrazione nella sua nuova patria. Per essa e per l’intero Mezzogiorno la perdita dell’autonomia e della sua specificità ha rappresentato una brusca interruzione della sua evoluzione sociale e culturale, un arretramento delle sue condizioni economiche. Durante il governo borbonico il Sud ha combattuto una strenua lotta contro l’oscurantismo, per la democratizzazione dello Stato, per l’introduzione della Costituzione, per la libertà politica e civile come dimostrato dai moti che si sono succeduti lungo tutto l’Ottocento. Ma non vi era alcuna particolare attenzione verso la costruzione di uno stato unitario della Penisola. Che l’Italia fosse in mano allo straniero è un falso storico per giustificare una politica colonialista tendente a unificare la Penisola per ragioni di carattere economico, poiché l’evoluzione dell’economia richiedeva la costruzione di grandi mercati per consentire la nascita della grande industria. La Penisola era divisa in piccoli stati, ma con una precisa identità storico-culturale fatta eccezione per il Lombardo-Veneto che era stati inclusi

Nel salone della galleria d’arte de “Le Muse” è stata allestita una mostra personale del pittore albanese Emin Shaqja, residente da molti anni a Spezzano Albanese, che resterà aperta per due settimane Il maestro molto apprezzato in patria per la forza espressiva dei suoi quadri, associa il realismo delle immagini con la fantasiosa rappresentazione di personaggi e paesaggi immaginari

Non vi era una grande passione per la costruzione di una Patria. Nel Sud e in particolare nella comunità arbëresh. La dinastia borbonica pur con origine straniera era integrata nella realtà napoletana. A corte si parlava in dialetto, come a Torino il francese e la fusione dei regnanti con i costumi locali era oggetto di derisione. La popolazione meridionale aveva un forte senso identitario tanto in Sicilia che nel Regno. Gli abitanti venivano chiamati regnicoli, non in senso dispregiativo, ma come Regni incolae, abitatori del Regno e non vi era alcun sentimento diffuso di italianità. Solo una piccola minoranza di intellettuali, per lo più fuoriusciti, o esiliati politici partecipavano al movimento per l’Unità, e nei movimenti federalisti il Re di Napoli veniva indicato come il naturale candidato a presiedere l’eventuale stato federale, in alternativa al Papa. Il sentimento unitario non era sviluppato nel Mezzogiorno per la forte identità storica, per il radicamento della cultura e delle tradizioni locali. A maggior ragione, la comunità arbëresh che per lunghi anni aveva vissuto in condizione di marginalità, si era sentita straniera in una terra che li aveva ospitati tollerandoli ma che cercava di marchiare la loro diversità. Due lingue, due cuori. Due patrie che impedivano una convivenza collaborativa. Tra gli scrittori albanesi era più forte il richiamo romantico a una patria lontana e perduta e la difesa dei valori di libertà, di giustizia, di equità sociale, la rivendicazione del godimento del pieno diritto di cittadinanza. La patria come identificazione con lo genius loci che aveva occupato il territorio dove si erano insediati, mentre persisteva in loro l’ideale di una patria lontana che si tramutava in una nostalgia quasi mistica. Non vi era niente della concezione unitaria dell’Italia. Francesco Crispi ne La Riforma, un giornale edito a Napoli durante il suo soggiorno in quella città, propugnativa l’autonomia della Sicilia e con l’Apostolato agognava uno stato federalista con a capo il Re Borbone. Gerolamo De Rada, il rapsode rappresentante della letteratura colta, prima in Fjamurit të Arbërit e poi con L’Albanese d’Italia, si schierava con i movimenti indipendentisti albanesi nella loro lotta di liberazione dallo giogo turco, in questo seguito da Anselmo Lorecchio, un intellettuale di Pallagorio, con L’Albania letteraria, ma siamo già in periodo posto unitario, a dimostrazione della persistenza del sentimento nazionale albanese nella comunità. A questi si aggiunge Francescantonio Santori, il cultore della tradizione orale che trae la sua ispirazione dal popolo. La comunità arbëresh ha vissuto per due secoli in una condizione di subalternità. Ha subito limitazioni alla propria libertà e attacchi feroci, persino per la conservazione della propria religione. È stata ospitata nel Regno più per convenienza che per convinzione. È stata sopportata, guardata con molta diffidenza. Da parte sua ha risposto con una chiusura e altrettanta diffidenza.

L’integrazione Oggi la comunità arbëresh vive una fase di stanchezza, e rischia di essere completamente assorbita. Alla luce dell’attuale condizione, il processo di integrazione può dirsi concluso. Grande successo e disastroso fallimento. Gli arbëresh hanno conquistato la piena cittadinanza e sono italiani per “jus sanguinis”, non operando nei loro confronti alcuna discriminazione. Questo è avvenuto al costo della quasi completa assimilazione, della totale perdita dell’identità. Della grande tradizione che hanno difeso per cinque secoli non resta che qualche segno sporadico, qualche cartello stradale, qualche timido tentativo di ridare in arbëresh sparute delibere comunali esibite come cimeli e poco più. Questo non può bastare a impedire la sparizione della comunità in pochi decenni. La legge di protezione delle minoranze linguistiche è intervenuta tardi e male, e viene applicata ancor peggio, con distribuzione di qualche migliaio di euro per iniziative prive di qualsiasi carattere di organicità. Il confronto con quanto operato in ambienti molto più attivi e attenti è impietoso. Valle d’Aosta ed Alto Adige, hanno costruito una serie di strumenti per diffondere la lingua, la cultura con la scolarizzazione nella lingua madre in tutti i gradi della formazione scolastica. Sono stati favoriti in questo dalla ampia autonomia e dalla disponibilità finanziaria che si è protratta per molti decenni. Per le minoranze arbëresh mancano le risorse, ma soprattutto la fantasia perché oggi solo la cultura può scongiurare la scomparsa di ogni segno identitario delle comunità minoritarie.

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sabato 30 novembre 2013

Ragazzi visti da vicino Spettacolo teatrale diventato ormai appuntamento importante per il Rotary club Sibari Magna Grecia-Cassano all'Ionio e per l'intero territorio della Sibaritide A Morano lo spettacolo di Annibale Ruccello

Con “Ferdinando” niente sarà più come prima

Schegge di solidarietà Grande successo di pubblico per lo spettacolo teatrale Schegge di comicità con Andrea Solano e Carmelo Giordano al teatro comunale di Cassano. Appuntamento importante per il Rotary club Sibari Magna GreciaCassano all’Ionio e per l’intero territorio della Sibarite. Lo spettacolo è inserito in una serie di iniziative promosse dal Rotary club Sibari Magna Grecia-Cassano all’Ionio, mirate all’analisi e ricerca delle dinamiche sociopsicocomportamentali che alimentano il disagio giovanile. Il ricavato dello spettacolo è stato devoluto in favore del “Progetto disagio giovanile” a cura del Rotary club, che mira al recupero socio-strutturale di una costruzione della parrocchia Santa Maria di Loreto a Cassano. Il Club ha fortemente voluto la raccolta fondi per aiutare e sensibilizzare al progetto sul disagio giovanile. Un progetto che vedrà impegnati i soci in tutto l’anno rotariano: nelle scuole, nella comunità con un’analisi sui fenomeni sociali e culturali legati al disagio. Il grande successo di pubblico ha reso possibile il proseguimento del progetto già avviato e finanziato dal club per portare a Cassano dei risultati concreti. Lo spettacolo Schegge di comicità ha raggiunto l’obiettivo: avvalersi della professionalità, preparazione e bravura di figli del nostro territorio, valorizzandone le capacità, per offrire un servizio a quei giovani meno fortunati. Il bravissimo Andrea Solano ha voluto impreziosire la scaletta del suo spettacolo con la voce dolce e decisa di Debora Zicaro, giovane cantautrice di Terranova da Sibari e con la collaborazione del maestro/regista Liborio Salerno. Ha voluto essere vicino al club anche l’assistente Salvatore Aloisio, che è intervenuto per arricchire ulteriormente la serata di service rotariano, portando i saluti del governatore Maria Rita Acciardi. La manifestazione, che ha visto la partecipazione del consigliere regionale Gianluca Gallo e dell’assessore comunale, Stefano Petrosino, si è avvalsa del patrocinio dell’amministrazione comunale di Cassano all’Ionio.

Il ricavato dello spettacolo è stato devoluto in favore del “Progetto disagio giovanile” a cura del Rotary club, che mira al recupero socio-strutturale di una costruzione della parrocchia Santa Maria di Loreto a Cassano

Domenica 1° dicembre alle 18:30, a Morano Calabro, terzo appuntamento all’auditorium comunale con la rassegna di “TeatroMusica” 2013-2014 ideata ed organizzata da “L’allegra ribalta”, sotto la direzione artistica di Franco Guaragna. Protagonisti della scena saranno gli attori della compagnia “ Vulimm’ vula’ ” di Pozzuoli con Ferdinando, la commedia - capolavoro di Annibale Ruccello, il commediografo partenopeo che la critica ha definito il migliore esponente della drammaturgia napoletana post-eduardiana. La compagnia puteolana ha raccolto consensi e premi in tutta Italia con la messinscena di questo spettacolo ambientato nella campagna napoletana nell’agosto 1870. Il Regno delle Due Sicilie è caduto e la baronessa borbonica Donna Clotilde nella sua villa vesuviana si è “ammalata” di disprezzo per il re sabaudo e per l’Italia piccolo-borghese nata dalla recente unificazione. Con lei nella villa c’è donna Gesualda, cugina povera e zitella, con il ruolo di infermiera e l’unico uomo che frequenta la casa è Don Catellino, curato dotto e vizioso. A sconvolgere lo stagnante equilibrio domestico è l’arrivo del sedicenne Ferdinando, che getterà lo scompiglio nella casa, riaccendendo passioni sopite e smascherando vecchi delitti. «Credo che Annibale Ruccello, in questo testo, abbia voluto principalmente mettere in rilievo le peculiarità di una nobiltà che resta a testa alta nonostante la caduta, - spiega la regista Roberta Principe - la durezza di un popolo forte nonostante si rassegni alla sottomissione, le mille forme della Chiesa, che riesce ad adattarsi ad ogni epoca per restare comunque in piedi. Ruccello ha innalzato, con Ferdinando, un monumento alla napoletanità, proponendola non solo come una lingua ricca di storia e cultura, ma anche come un’anima, una veste, una personalità che dovrebbe appartenere ad ognuno di noi. Questo testo è pieno di passione! È un pugno nello stomaco, perché non ha gabbie costruite attorno alle battute, che arrivano, dirette, alla testa ed al cuore dello spettatore. È irriverente, per certi versi, ma è vero, spontaneo, ma soprattutto attuale!». Il testo fu rappresentato per la prima volta nel febbraio del 1986, pochi mesi prima della prematura scomparsa del geniale autore napoletano. Vincitore di due Premi Idi: uno nel 1985 come testo teatrale, e un secondo nel 1986, come miglior messinscena, allestita personalmente da Ruccello con la splendida scenografia di Franco Autiero e interpretata da Isa Danieli, musa ispiratrice e destinataria di questo testo. Sul palco dell’auditorium comunale di Morano ci saranno Roberta Principe nei panni di Donna Clotilde, Jenny Brascio in quelli di Donna Gesualda. Mentre Don Catellino sarà interpretato da Gennaro Saturnino e Ferdinando da Andrea Patricelli.


sabato 30 novembre 2013

Rivendicazioni A Catanzaro l’avvocato-filosofo Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli per dialogare con i giovani

Una rivoluzione culturale dalla Calabria...

Si è concluso a Catanzaro il viaggio del grande mecenate, l’avvocato- filosofo Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli, che ha dialogato con gli studenti catanzaresi. La conversazione con il professor Gerardo Marotta ha avuto luogo prima presso il liceo classico “Tommaso Campanella” di Rc e poi presso il Liceo classico “B. Telesio” di Cosenza, un itinerario voluto e promosso dall’assessore alla Cultura ed all’Istruzione della Regione Calabria, Mario Caligiuri . Nonostante la chiusura delle scuole del capoluogo, la dirigente del liceo classico “P. Galluppi” Elena De Filippis non ha rinunciato all’iniziativa, programmata presso l’auditorium e, a seguito dell’ordinanza comunale di sospensione delle attività didattiche per gli eventi climatici estremi, l’ha dirottata, per l’illuminato intervento del commissario straordinario Wanda Ferro presso la sala consiliare della Provincia. Il maestro è stato accolto da numerosi studenti, docenti e cittadini che conoscevano l’esemplare vicenda di un uomo antico e nuovo. Ha aperto i lavori la dirigente De Filippis che si è soffermata sulla storia dell’avvocato Marotta, magnanimo e raffinato interprete di una generazione viva e attiva nell’immediato dopoguerra, quando a Napoli operava Benedetto Croce, che nel 1947 diede vita all’Istituto italiano degli studi storici, diretto da Federico Chabod. Marotta, giovane studioso, frequentò l’Istituto, poi negli anni ‘70, su ispirazione della figlia di Croce Elena, abbandonò la fiorente e intensa professione di avvocato per dedicarsi alla diffusione della cultura, ed in particolare degli studi filosofici a Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia. Sull’esempio di Benedetto Croce fonda l’istituto di studi filosofici, impiegando tutti i suoi beni, prima nella sua stessa abitazione, poi nello storico Palazzo Serra Di Cassano, i cui battenti erano rimasti chiusi duecento anni, dopo che il giovane eroe della Repubblica partenopea Gennaro Serra di Cassano fu decapitato dalla feroce repressione borbonica. Il palazzo era la sede ideale dove organizzare seminari, convegni dove filosofi della levatura di Gadamer, Derrida, Bodei giunsero dall’Europa intera per nutrire un’ideale di cultura militante, orientata ad abbattere le barriere che si frapponevano tra scienza, arte, storia mediante il tessuto connettivo di una filosofia che diveniva trama e metodo unificante di tutte le branche del sapere, in una Napoli rinnovata che ritrovava il ruolo di capitale culturale il miracolo sembrava compiersi. Egli colleziona libri preziosi e rari, circa 300mila volumi mettendoli a disposizione della collettività, pubblica seimila volumi, organizza nei luoghi più disparati del sud privo di accademie corsi, scuo-

Nonostante la chiusura delle scuole del capoluogo la dirigente del liceo classico “Galluppi” Elena De Filippis, non ha rinunciato all’iniziativa e a sèguito della ordinanza comunale di sospensione delle attività didattiche per gli eventi climatici estremi, l’ha dirottata presso la sala consiliare della Provincia

le estive, consentendo a centinaia di studenti di frequentare università europee, la Sorbona, l’università di Tubinga, ricevendo riconoscimenti internazionali e nazionali di elevatissimo valore e cinque lauree ad honorem in un’Europa stupita e incantata dalla sua straordinaria vitalità. «Oggi siamo idealmente tutti occupanti della sede dell’Istituto, per scongiurarne la chiusura. Organizzeremo con gli studenti delle scuole calabresi una marcia su Napoli, un’invasione pacifica della città», ha concluso Elena De Filippis. Il presidente Marotta dichiara: «Vorrei che dalla Calabria partisse una rivoluzione culturale. Venite tutti a Napoli. Siamo qui per lanciare un appello e organizzare una grande marcia coinvolgendo gli istituti calabresi. I giovani sono il futuro e, per difenderlo, dovranno studiare ed essere preparati e rivendicare il diritto ad una cultura elevata e aperta. Ringrazio l’assessore alla Cultura Mario Caligiuri che ha promosso un’iniziativa intelligente che mi ha permesso di conoscere 3 licei calabresi: il “T. Campanella” di Reggio e il “B. Telesio” di Cosenza e oggi gli studenti del Galluppi di Catanzaro». Sono intervenuti la professoressa Rosamaria Gareri, docente del liceo classico di Catanzaro; il presidente dell’Imes Armando Vitale e il regista Marcello Sannino che ha realizzato il film La seconda natura sulla straordinaria esperienza umana e culturale di Gerardo Marotta, proiettato in sala. Giovanni Cuccunato, rappresentante d’istituto, con queste parole ha reso omaggio a nome di tutti gli studenti all’ospite d’onore: «Nonostante la sospensione delle attività didattiche noi studenti abbiamo partecipato con entusiasmo a questo incontro, dove abbiamo avuto l’opportunità di conoscere personalmente Gerardo Marotta, uomo che ha trascorso tutta la vita a promuovere la diffusione degli studi filosofici. Siamo onorati di averlo qui a Catanzaro. E’ ammirevole il suo modo di operare per promuovere la cultura, sostenendo a sue spese tutte le attività a sostegno di molti intellettuali ed è vergognosa la decisione di sfrattarlo dalla sede di Napoli, non tenendo conto del suo operare solo in vista del bene comune, per la diffusione di una cultura aperta, dialogica, viva. Dobbiamo difendere dalla definitiva chiusura l’istituto italiano per gli studi filosofici e la sua biblioteca diventata un crocevia di incontro dei piu’ grandi intellettuali mondiali, da HansGeorg a Marc Fumaroli, da Ilya Prigogine a Edgar Morin, da Paul Ricoeur a Jacques Derrida». «Ringraziamo la nostra preside - ha concluso Giovanni Cuccunato - per aver organizzato l’incontro. La nostra scuola è sempre attenta alle iniziative culturali di grande spessore».

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Amaci, Giornata del contemporaneo il Museo nazionale archeologico della Sibaritide ha accolto nei suoi spazi espositivi una mostra che si protrarrà fino a tutto il mese di dicembre dal titolo "Dialoghi contemporanei"

Tra catarsi e croce In occasione della IX Giornata del contemporaneo, indetta dall’Amaci (Associazione musei d’arte contemporanea italiani) con il sostegno della Pabaac (direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanea del ministero dei Beni Attività culturali e del Turismo, il Museo nazionale archeologico della Sibaritide ha accolto nei suoi spazi espositivi, una mostra che si protrarrà fino a tutto il mese di dicembre c.a. e dal titolo “Dialoghi contemporanei” curata da Anna Lucia Casolaro, dei Servizi educativi dello stesso museo, prolusione alla mostra del professore, Vittorio Cappelli dell’Unical (Università degli studi della Calabria). Gli artisti, selezionati: Raffaele Boemio, Carmine Cianci, Maria Credidio, Leonardo D’Amico, Enzo Palazzo. Abbiamo preso contatto con l’unica artista donna della mostra, Maria Credidio, le cui opere, si legge in una nota di Domenico Natale, critico d’arte di Napoli che ha visitato la mostra: «Si dislocano nelle diverse sale nella forma di candide istallazioni polimateriche, con la evidente intenzione di interagire con i reperti archeologici esposti sul piano dei contenuti simbolici. In questo modo, i vari ambienti possono essere poeticamente concepiti come territori del mito, nel quale è forse possibile il dialogo tra il passato più remoto e l’attualità attraverso il comune valore simbolico dell’archetipo. L’artista accenna in proposito esplicitamente alla sua intenzione di avvalersi, soprattutto, di quello della quaternità, messo in evidenza dalla psicanalisi di Gustav Jung, per confrontarsi, metaforicamente, con un possibile sé dell’arte secondo un concetto di Téchne che riassuma l’insieme di pensiero, sentimento, intuizione e sensazione; la croce, poi, con i suoi contenuti di religiosità in questo caso connotati da nitore neoclassico e dall’orfismo al quale rimandano le scritte, allude per l’arte ad una possibile Katharsis come esperienza mistica». Maria Credidio è artista riportata nel catalogo Arte moderna dal secondo Dopoguerra a oggi n.38 editoriale Giorgio Mondadori e nel Dizionario degli Artisti calabresi dell’Ottocento e Novecento a cura di Enzo Le Pera e in molte altre pubblicazioni d’Arte. La sua opera sia grafica sia pittorica ha seguito un percorso coerente in sintonia con le espressioni dell’arte del ‘900, cosi scrive il critico d’arte Luigi Tallarico. Noti critici si sono interessati alla sua Arte e alla sua incessante ricerca, solo per citarne qualcuno: Paolo Levi, Boris Brollo, Giuseppe Selvaggi. Alcune sue opere si trovano in esposizione permanente presso importanti centri d’arte come lo “Spazio Thetis” presso l’Arsenale di Venezia e importanti Musei, oltre che in diverse collezioni private. Stefano Ermellini, critico d’arte, dice ancora di lei: «L’arte di Maria Credidio aspira a una rara purezza di forme per consentire al visitatore una liberazione di pensiero limpida. Non c’é provocazione

Abbiamo parlato con l’unica artista donna della mostra, Maria Credidio le cui opere si dislocano nella forma di candide istallazioni polimateriche, con la evidente intenzione di interagire con i reperti archeologici esposti sul piano dei contenuti simbolici

Le installazioni di Maria Credidio: Crucix e Katharsis

alla Duchamp, ormai superato, da chi scrive, ma la voluta ricerca del cuore, della poesia dell’anima umana. Credidio affonda le radici della sua arte nella storia per raggiungere nel suo volo poetico il Cielo e la mente di Dio. (Pompei, venerdì 22 novembre 2013). Abbiamo chiesto all’artista Maria Credidio della sua opera dal titolo “Katharsis”. Che cosa vuole regalare a chi osserva? «La catarsi, qui è intesa come momento di amplificazione dei sensi e come liberazione dell’animo umano che scompone e libera gli elementi da tutte le impurità della materia, per ricercare in essa quella forma sublime dell’arte nell’alfabeto ancestrale del simbolo. Quali nella fissità della croce, della pietra e della parola. Esempi validi della quaternità realizzata e tracciata nella memoria». Veniamo al simbolismo per eccellenza che è la Croce e che troviamo nell’opera “Crucix”... «La Croce, che rappresento, è socchiusa, una croce ripiegata su sé, simbolo di grande spiritualità. Diventando una preghiera intimistica, che passa, come la definisco, nelle fredde acque del Mnemosyne. La memoria tende a conservare il tempo e non solo a fermarlo. Dunque la rappresento come una fune che soggettivizza la roccia nel sostenerla nel suo gravoso peso». Lucia De Cicco


sabato 30 novembre 2013

Un calcio alla monotonìa

Un campus a misura di sport

Protocollo d’intesa sottoscritto da Unical, Coni e Figc Calabria

Impegnato a valorizzare le strutture esistenti (palestre, campi di calcio, calcetto, tennis, basket, etc.), ma anche a realizzare nuovi impianti, attraverso i quali imprimere una forte accelerazione dell’identità istituzionale in questa direzione. È il profilo dell’Università della Calabria tracciato dal rettore, Gino Mirocle Crisci, durante l’intervento che ha preceduto ieri la firma del protocollo d’intesa con il Coni e la Figc della nostra regione. Un accordo, inserito nell’ambito del Master di II livello in “Diritto, Management, Etica e Giustizia dello Sport”, che apre nuove prospettive anche per la diffusione dei valori ideali e culturali che caratterizzano la pratica di ogni disciplina. «Il modello di ateneo che ho in mente - ha detto Crisci - è esattamente quello che ha fatto la fortuna del sistema universitario anglosassone, dove giocare a calcio, a tennis o a pallacanestro, non è un elemento accessorio nella valutazione del percorso formativo degli studenti. Un approccio che intendo promuovere anche all’Università della Calabria: i nostri ragazzi devono formarsi ed imparare ciò che servirà loro professionalmente, ma non possono fare a meno di acquisire l’insieme di valori, principi, regole che fanno dello sport, ad ogni livello, la migliore scuola per essere anche protagonisti e distinguersi quotidianamente nella vita». Crisci ha parlato anche di un ampliamento degli spazi attualmente a disposizione, con uno sguardo sempre più attento anche al territorio dell’area urbana: «Purtroppo - ha detto il rettore dell’Unical non so per quali ragioni, di alcuni progetti che prevedevano la realizzazione di altri impianti nel Campus si è persa traccia, ma io intendo riprendere questo discorso e passare rapidamente ad azioni concrete. Il protocollo d’intesa che oggi sottoscriviamo con il Coni e la Figc - ha concluso Crisci - agevola questa volontà e questa prospettiva che intendo perseguire con decisione». Sono seguite le considerazioni del prorettore, Guerino D’Ignazio, e del direttore del dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche, Franco Rubino (il cui consiglio, su iniziativa del professor Renato Rolli, ha deliberato la proposta del master), che hanno fatto eco alla volontà espressa dal rettore di favorire una costante valorizzazione dello sport all’interno del Campus. L’importanza dell’accordo tra l’Università della Calabria, i comitati regionali della Calabria di Coni e Figc, è stato sottolineato al numeroso pubblico presente, composto da dirigenti e atleti provenienti da ogni parte della regione, anche negli interventi di Vincenzo Perri, vice presidente vicario del Coni Calabria, di Demetrio Praticò, presidente del Coni Calabria, e di Antonio Cosentino, vice presidente della Lega nazionale Dilettanti. Perri, Praticò e Cosentino hanno inoltre ricordato il ruolo avuto nel raggiungimento di questo risultato dal prof. Renato Rolli e dal dottor Luigi Caravita. È seguita, quindi, la firma del protocollo d’intesa, sottoscritto dal

L’Università della Calabria impegnata a valorizzare le strutture esistenti ma anche a realizzare nuovi impianti, attraverso i quali imprimere una forte accelerazione dell’identità istituzionale in questa direzione

rettore dell’Unical, Gino Crisci, dal presidente della Figc Calabria, Saverio Mirarchi, e dal presidente del Coni Calabria, Demetrio Praticò, che prevede importanti momenti di collaborazione tra le parti. Specificamente, Unical, Coni e Figc, nell’ambito dei rispettivi ruoli istituzionali, si impegnano a sviluppare azioni di coordinamento didattico e formativo per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del Master di II livello in “Diritto, management, Etica e Giustizia dello Sport”, il cui inizio è previsto per marzo 2014. In particolare, attraverso l’azione di un comitato tecnico, composto da Vincenzo Perri per il Coni Calabria, Franco Funari per la Figc Calabria e Renato Rolli per l’Università della Calabria, saranno concertati stage, tirocini formativi, seminari e azione divulgative. Dopo la firma della convenzione, è seguita una partecipata riunione delle società dilettantistiche della provincia di Cosenza, con gli interventi, tra gli altri, di Gigi De Rosa, delegato provinciale Aiac, Franco Scarcelli, presidente della sezione Aia di Cosenza, Franco Longo, presidente della sezione Aia di Paola, Giuseppe Abate, consigliere nazionale del Coni.

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Il racconto sindacale Decima parte

I lavoratori sanno...

Nella terra di origine a qualsiasi costo di Giuseppe Aprile

Il sindacato ha avuto una sua vita solo fino ai primi Anni Novanta. Fino ad allora, tra alti e bassi, s’è andati avanti e le speranze si sono alternate alle crisi, i fatti del tutto importanti perché positivi, si sono alternati con periodi di magra, con vicende dove restava, comunque, in piedi, una storia di evoluzioni che nulla faceva presagire il crollo pressoché tortale di ogni potere di difesa del mondo del lavoro e dei lavoratori. Fino ad allora anche da parte governativa si operava in modo positivo perché si tenesse conto che i lavoratori avevano le loro rappresentanze, sindacali ma anche politiche, in grado di dire una parola utile. Poi abbiamo avuto anni ed anni di crolli fino al punto che il sindacato s’è trasformato in ben altra cosa; è diventato solo strumento di vita per “sindacalisti” e mai più uno strumento di tutela e di difesa per i lavoratori ad essa aderenti. Forse sarà stata la crisi del processo unitario che ha determinato la incapacità del sindacato di svolgere un ruolo. Che non motiva la crisi generale che l’ha preso, ma offre uno spaccato per spiegare quello che da quel tempo in poi, ha preso la piega di una degenerazione fino a diventare una nullità; che dico? peggio che una nullità. Una nullità si sarebbe potuta sopportare meglio di quanto è avvenuto. Oggi trovi che non ci sono lavoratori disposti a tollerare la presenza sindacale anche se, per effetto delle deleghe e della sua istituzionalizzazione, mai smentita, è arrivato al punto di essere comunque fatto di riferimento di tanta gente perché, con il nuovo corso degenerativo che ha preso il settore dell’assistenza e delle collaterali espressioni associative ad esso collegato, non c’è quello che sarebbe stato inevitabile: la cancellazione anche formale dalle sue stanze. Vai per le strade e trovi la gente che ti dice: «I sindacati sono stati la rovina dell’Italia. Sicuramente del mondo del lavoro». «Hanno solamente operato per non perdere iscritti, anche a loro stesso danno». Nel senso che i “sindacalisti” e gli addetti relativi, pur di non perdere simpatie e spirito di associazione, hanno continuato a dimostrarsi propensi alla loro causa e pronti ad intervenire per la tutela dei loro interessi. Senza accorgersene che i loro “interessi” sono stati ridotti al fatto salariale. Quasi tutti, infatti attribuiscono al comportamento di parte sindacale, il costo del lavoro mai ragione di seria trattativa con il governo e mai affrontato con dovizia di conoscenze e per riferimenti positivi. Quello che viene salvaguardato, in fatti di ambiente di lavoro e di altre manie rispetto al datore di lavoro, fosse lo stato o fosse il privato, è codificato dalle leggi vigenti che, non dando fastidio ad alcuno, sono diventate presenti ed utili. Il fatto dominante sul piano sindacale è stato il difendere il livello raggiunto del salario con due consequenziali danni: la scala mobile e quello che era stata la sua funzione nel passato, è stata eliminata e il livello raggiunto dei salari e dagli stipendi non poteva più essere ragione di trattativa, quindi condizione da adeguare rispetto al costo complessivo dell’impresa. Immaginate gli anni persi senza potere, le imprese indifese, senza tenere conto dei costi del lavoro dove tra stato e mano d’opera, ma soprattutto le “professionalità garantite per leggi e per contrattazione passata”, con l’aggiunta della burocrazia e del ruolo deleterio delle banche e dei loro poteri, quanto è costato? Tutto poteva variare tranne le conseguenze dei mali suddetti. Potere bancario, salario concreto, immediato e costi al servizio dello stato sempre più assente e sempre più presente al solo scopo di prendere senza dare, condizione dei prezzi ai mercati del consumo e della produzione, diminuzione del commercio e dei negozianti e la frittata è stata fatta. Il tutto nel mentre, come pascolo abusivo e senza alcuna forma di difesa della struttura produttiva delle fabbrica italiana e dello stato, i mercati italiani sono stati invasi da presenze straniere dove si produceva (e si produce) con il lavoro al minimo, i lavoratori al massimo di sacrificio sia in termini di orario di lavoro sia in termini di salario percepito, a che punto è arrivata la concorrenza? E i sindacati, crollata ogni speranza di unità,

Il sindacato ha avuto una sua vita solo fino ai primi Anni Novanta. Fino ad allora, tra alti e bassi, s’è andati avanti e le speranze si sono alternate alle crisi

lavorando magari con false intenzioni unitarie, ma facendo a chi la sparava più grossa, non sapendo offrire altro ai lavoratori per via del crollo anche della qualità dei quadri dirigenti sindacali, di fatto si sono prestati consapevolmente al loro crollo ed alla loro nullità. L’unico pensiero è stata la iscrizione per delega, non importando la fine dei metalmeccanici e il sopravvento dell’era autentica dei pensionati poco pretendenti e sicuramente più facilmente paganti (per delega). Povero sindacato! Il processo unitario non aveva una sua strategia permanente se non per estendersi, adeguarsi, aggiornarsi, affrontare ulteriormente le problematiche del lavoro in modo funzionale al procedere del costo del lavoro, alla totale fine di ogni attività governativa e, soprattutto, con il futuro che si presentava e mai aveva avuto l’idea di tenere conto dei costi del lavoro altrove. Con una sorta di sola difesa dei lavoratori stranieri dei quali non si era mai capita, né si è capito, storia, funzionalità rapporto nel mondo del lavoro di provenuena. Dei lavoratori stranieri s’è presa in considerazione solamente una esigenza di difesa; offrendo servizi a loro vantaggio e per nulla, mai con riferimento al mondo da cui provenivano, del perché da noi con tanta numerosità fino a sembrare una invasione. Invasione che nel campo femminile ha avuto un carattere di assoluta somiglianza, se non proprio di chiara appartenenza. Tutto il lavoro fatto dalle donne straniere, marocchine, ucraine, polacche, era cosa diversa dal lavoro per le italiane e, comunque, una cosa su cui il sindacato non aveva alcunché da dire in termini di riflessioni e di problematiche reali contraddistinguendosi in mondo del lavo-


sabato 30 novembre 2013

Il racconto sindacale

trodomestico ed un qualunque mezzo utilizzabile come consuetudine in Italia, che ora si produce con un costo del lavoro decisamente concorrenziale al nostro e, quindi, con le imprese nostrane che sono costrette ad andare dove pagano meno, dove hanno meno tasse, dove possono vivere anche per leggi meno ipocrite e più utili all’impresa e, magari, senza la rottura di scatole di quel sindacato che nei suoi anni giusti non solo non ha saputo far camminare la linea del proprio sviluppo e del rispetto della propria funzione, ma ha addirittura perso la via maestra del suo futuro ed è finito per essere causa del disastro economico dell’intero nostro paese; peggio che dei politici! Mi dice un amico che gestisce una libreria dove potrebbero lavorare una decina di persone: «E chi può permettersi il lusso di fare anche una sola assunzione con queste leggi e questo Stato? Mi sono messo a chiamare qualcuno e a fine mese dovevo dargli settecentocinquanta euro per lui persona e di più allo Sstato, con leggi che con il passare del tempo consolidavano la sua posizione e facevano diventare impossibile la mia vita ed i miei ricavi. Sono finito che devo arrangiarmi con l’aiuto di miei famigliari, dato che lo Stato impedisce assunzioni di lavoro senza pretendere la rottura della testa dell’impresario! Senza le sue “mazzette” - che di questo si tratta - se vogliamo usare un linguaggio realistico e fuori da ogni finzione e diplomazia linguistica. Questa è diventata l’Italia!» ha concluso. Ed ancora: «Dove potevo prendere i soldi per pagare? E prenderne altri? Il guadagno non bastava per le tasse».

ro e della produzione. Mai ci siamo domandati cosa fossero, perché venissero, perché il lavoro da loro fatto non veniva fatto dalle italiane. E i sindacati hanno dimenticato che il lavoro in Italia aveva una sua dimensione ed una sua storia ed all’estero un’altra. In Italia non aveva più senso la condizione delle raccoglitrici del gelsomino, delle mondine, della raccolta degli agrumeti. In tutti questi settori la dimensione del lavoro aveva una sua evoluzione in questo nostro paese. Tutti si sono messi a criticare le italiane che non volevano lavorare - così si diceva - ed ad elogiare le straniere che facevano di tutto in casa per pulizia e per assistenza agli anziani ed agli ammalati. Per le italiane nessuna considerazione; solo ingiurie e giudizi assai negativi e spregiativi. L’evoluzione del mondo del lavoro in Paesi assai arretrati, nelle lontane terre di Africa e di Asia, non era materia per quattro deficienti di nuovi “sindacalisti” che oramai si erano impadroniti del sindacato con le loro pochezze mentali, la loro assoluta impreparazione; anche essi a sfruttare la funzione come mestiere per vivere e, per tanti, per arricchirsi e farsi una vecchiaia da nababbi. Tanto nel mondo del lavoro e dell’impresa, in questo Paese, non c’è più posto dove affrontare problemi e svolgere un ruolo. Fermo il livello retributivo, con lo stato che sempre ha aumentato le sue tasse, sempre ha ricavato dalle pensioni mai rivalutate e mai adeguate ai costi della società e dei suoi servizi, ora ci troviamo con un mondo retributivo che fa a pugni proprio con quei paesi stranieri che mentre prima non avevano alcun riferimento con il nostro paese e le nostre imprese, e ci troviamo con una paio di scarpe, un vestito, un qualunque elet-

Da parte governativa si operava in modo positivo perché si tenesse conto che i lavoratori avevano le loro rappresentanze, sindacali ma anche politiche, in grado di dire una parola utile

Chi ha consentito a questo Stato di fare il grande con i lavoratori italiani dimenticando che senza l’impresa il lavoratore non c’è? Qui basta fare l’interesse del vicino di casa e non ci si accorge che sta bruciando sia la sua che l’altra. Ed alla fine si resta senza tetto. Oggi tante imprese se ne stanno andando. Qualcuna grossa, la cui uscita sarebbe uno scandalo, per frenarla, ricade su di noi il costo della sua resistenza. Con gli Anni Novanta, il sindacato ha la sua fine. Speriamo di no, ma definitiva. Un’altra storia. Ne riparleremo i modo approfondito. L’argomento sarà determinante per capire il male, la sua origine, il futuro da costruire fin quando sarà anche possibile. Io ho passato anni ed anni, i più della mia vita, per la costruzione di una organizzazione dei lavoratori che fosse il sindacato secondo l’interpretazione della volontà dei lavoratori ed alla fine mi ritrovo che il successo ottenuto è stato assai poco significante. Non era quanto avvenuto, il mio obiettivo. Ben altro pensavo e ben altra ragione sociale per il sindacato doveva avverarsi. Siamo che trovo spesso assai disdicevole quello che sarebbe stato il mio vanto: il sindacato. Oggi sono in pochi o nulli coloro che ti dicono bene del sindacato e non lo additano, magari, come responsabile primario della crisi dei lavoratori, della mancanza di democrazia in fabbrica, delle cose più brutte che possono capitare nella vita di ognuno di noi. Molti additano il sindacato d’oggi come il principale responsabile della crisi economica che sta attraversando il paese e della fuga all’estero minacciata dalle imprese, nonché del fatto che anche la politica è degradata. La busta paga dell’operaio e dei lavoratori tutti in genere, è il pensiero dei nostri governanti che non si sentono soddisfatti se non la portano alla nullità totale come valore economico. Su ogni coda di cui ha bisogno il bilancio dello stato - ammesso che si possa parlare di bilancio - si pensa dubito a come utilizzare il denaro previsto in busta paga dei lavoratori per sanare ogni debito. C’è chi dice, e il mio amico Enzo tra questi, la cui passione per il mondo dei lavoratori e della sua fede politica è fuori discussione, che arriva al punto di dire che è colpa esclusiva dei sindacati, se un lavoratore costa un abisso al giorno, impossibile a mantenerlo per il datore di lavoro. «Altrove, quasi ovunque» dice, «le imprese possono assumere perché una volta fatto non si impelagano il una legislazione stupida e fuori luogo come questa italiana e se le cose non vanno alle prime esperienze, non di trova difficoltà a fare un passo indietro per tutti». «Si finisce» aggiunge con convinzione estrema, «che il fatto che nel regime comunista della Cina, dove i cosiddetti diritti dei lavoratori non sono nemmeno sfiorati dal pensiero dei governanti, e dove il mondo del lavoro non ha storia come in Italia, diventa la ragione della loro attuale ricchezza così come in Italia, l’impoverimento sta raggiungendo vette mai immaginate. Altrove si paga meno, si lavora assai, il lavoratore non ha un minimo di tutela ma sgobba dalla mattina alla sera e con paghe minime, e la produzione aumenta, costa di meno ed invade i mercati internazionali. I nostri sindacalisti, di questo, non sanno nulla». Grande problema è che del costo del lavoro non si può parlare se non con i riferimenti degli altri paesi. Sapendo che un prodotto vale anche nella misura che esiste un prezzo per il loro ricavo. Il costo del lavoro non potrà mai più essere un fatto solamente interno ad uno stato.

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